- Ph.D in Philosophical and Social Sciences (University of Roma Tor Vergata - Université de Toulouse Jean Jaurès)
Research assistant at Università degli Studi di Torinoedit
In Materia e memoria (1896), Henri Bergson pone all’origine della percezione umana un campo a-centrato di immagini “in sé”; più di cinquant’anni dopo Gilles Deleuze inizia a elaborare la nozione di piano di immanenza quale condizione... more
In Materia e memoria (1896), Henri Bergson pone all’origine della percezione umana un campo a-centrato di immagini “in sé”; più di cinquant’anni dopo Gilles Deleuze inizia a elaborare la nozione di piano di immanenza quale condizione virtuale di ogni stato di cose. Da Bergson a Deleuze – e attraverso una serie di illustri mediatori – emerge così un’eterogenea riflessione intorno a quel dispositivo che Sartre ha battezzato “campo trascendentale impersonale”. Il presente saggio si propone di ricostruire la genesi di tale istanza, mostrandone al contempo alcune decisive implicazioni: dalla riscrittura in senso immanentista del motivo trascendentale kantiano sino alla conseguente riabilitazione della speculazione metafisica e cosmologica. Dalle riflessioni di Bergson e Deleuze emerge una linea minoritaria nel panorama filosofico novecentesco, in grado di concepire un cosmo “univoco” abitato da una molteplicità di relazioni non più profilate a partire da uno sguardo umano.
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Il saggio che presentiamo per la prima volta in lingua italiana, Verso il concreto. Studi di storia della !loso!a contemporanea – William James, Whitehead, Gabriel Marcel, esce nel 1932 per la casa editrice J. Vrin, quando Jean Wahl,... more
Il saggio che presentiamo per la prima volta in lingua italiana, Verso il concreto. Studi di storia della !loso!a contemporanea – William James, Whitehead, Gabriel Marcel, esce nel 1932 per la casa editrice J. Vrin, quando Jean Wahl, ormai quarantaquattrenne, pur non avendo ancora ottenuto il posto di professore di Storia della filosofia alla Sorbona, è un filosofo ormai riconosciuto in Francia; la sua originale tesi di dottorato sulle filosofie pluraliste inglesi e americane, uscita dodici anni prima, era stata accolta positivamente, così come la tesi complementare sul ruolo dell’istante nel pensiero di Descartes, il successivo studio sul Parmenide di Platone e, soprattutto, l’importante lavoro sulla coscienza infelice nella filosofia hegeliana. Giunto ormai alla sua quinta opera, Wahl dà alle stampe Verso il concreto, saggio che rappresenta, a nostro avviso, una tappa fondamentale nel percorso filosofico che egli stava cominciando a delineare. Cosa rende quest’opera così importante? Iniziamo a chiarirlo da un punto di vista ‘interno’, prospettando quattro nuclei tematici che, ben presenti nel testo, diventeranno dei veri e propri capisaldi della rifessione di Wahl.
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In Whitehead's philosophy, perception is enlarged to every entity of the world: "prehensions" and "feelings" constitutes reality as a series of events. In other words, Whitehead builds a "cosmo-aesthetics", mixing up aesthetics-in its... more
In Whitehead's philosophy, perception is enlarged to every entity of the world: "prehensions" and "feelings" constitutes reality as a series of events. In other words, Whitehead builds a "cosmo-aesthetics", mixing up aesthetics-in its ety-mological sense-and cosmology (beyond Kantian interdiction). Aim of this work is to study the implications of these intuitions according to which what we perceive (and feel) in the world should serve as a basis for a speculative analysis of the world itself.
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When Henri Bergson, in Duration and simultaneity, intends to show that durée constitutes the ‘pattern’ of reality, he refers to Alfred North Whitehead’s «beautiful» book on the philosophy of nature (The Concept of Nature). Whitehead, in... more
When Henri Bergson, in Duration and simultaneity, intends to show that durée constitutes the ‘pattern’ of reality, he refers to Alfred North Whitehead’s «beautiful» book on the philosophy of nature (The Concept of Nature). Whitehead, in return, paid his respect multiple times to bergsonian philosophy, from which he had been deeply influenced. The relationship between Bergson and Whitehead is not, however, that of a merely mutual admiration, but it is based on a common naturalistic view, intent in building a consistent cosmology of beings. Aim of my presentation is – following some pioneering remarks made by Jean Wahl – to study the reflections on perception of Bergson and Whitehead: both in the first chapter of Matter and Memory and in the third part of Process and Reality, the two extend perceptivity from the domain of subject to reality in itself, building an original «cosmo-aesthetics» which reunites immediate experience, metaphysics and scientific thought.
Research Interests: Philosophy, Metaphysics, Aesthetics, Perception, Gilles Deleuze, and 6 moreHenri Bergson, Jean Wahl, Alfred North Whitehead, Philosophy of Cosmology, Cosmopolitics, and Alfred North WhiteheadxProcess Philosophy (PeirceWhitehead)xWilliam JamesxHenri BergsonxAlgebraxPrincipia MathematicaxMetaphysicsxOntologyxEpistemologyxPolitical SciencexTheologyxPhilosophy Of Religionx
Al netto di una certa “aria di famiglia” tra le riflessioni di Bergson e Simondon, ci sembra che il fulcro – a nostro parere ancora poco studiato in sede critica – in grado di evidenziare una fondamentale prossimità tra i due pensatori... more
Al netto di una certa “aria di famiglia” tra le riflessioni di Bergson e Simondon, ci sembra che il fulcro – a nostro parere ancora poco studiato in sede critica – in grado di evidenziare una fondamentale prossimità tra i due pensatori sia il comune riferimento alla decisiva nozione di campo. Proprio a partire da tale concetto, introdotto da Bergson nel primo capitolo di Materia e memoria e largamente utilizzato da Simondon al fine di spiegare i meccanismi che presiedono al processo di individuazione, si rende evidente la posta in gioco comune della metafisica bergsoniana e simondoniana, impegnata a cogliere il reale prima della sua svolta in senso umano o “individuato” e di riposizionare conseguentemente l’emergenza della soggettività (nonché, specularmente, dell’oggettività) e della conoscenza a tappe di un più ampio e organico processo ontogenetico.
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Tra le differenti declinazioni della questione che dopo Kant identifichiamo con il nome di trascendentale – forse la sola che, perlomeno dall’aporia su cui si conclude il Menone platonico in avanti, torna costantemente a inquietare il... more
Tra le differenti declinazioni della questione che dopo Kant identifichiamo con il nome di trascendentale – forse la sola che, perlomeno dall’aporia su cui si conclude il Menone platonico in avanti, torna costantemente a inquietare il pensiero filosofico – una delle principali è stata senza dubbio quella del complesso rapporto tra materia e forma. Dietro tale dicotomia, infatti, si articolano una serie quasi infinita di dualismi (anima versus corpo, stile versus contenuto, ecc.) che costituiscono il modo stesso attraverso cui concettualizziamo il reale, articolando aspe!i ontologici ed epistemologici: in altri termini, risuona, dietro il tentativo di comprendere i rapporti tra materia e forma, il quesito stesso della filosofia, da sempre orientata all’aggancio tra concetti e realtà, e i cui due estremi pseudo filosofici oscillano così ogni volta da un ingenuo empirismo dei fatti fino a un astra!o idealismo delle nozioni.
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Between 1956 and 1976, cognitive science led the philosophical debate, claiming that mind and body are separated and that mind is located inside the body. The more recent speculations on embodied, situated and external cognition have... more
Between 1956 and 1976, cognitive science led the philosophical debate, claiming that mind and body are separated and that mind is located inside the body. The more recent speculations on embodied, situated and external cognition have challenged these assumptions. Core of my work is to enlighten Gilbert Simondon's and Gilles Deleuze's intuitions on perception, body and mind in order to suggest the possibility of giving to the externalist field an original ontological framework.
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Quando Gilles Deleuze, ne L’immagine-movimento, sta concludendo una serrata analisi dedicata al concetto di fuori campo, a essere citato, oltre al Theodor Dreyer de La passione di Giovanna d’Arco e di Gertrud, è Michelangelo Antonioni,... more
Quando Gilles Deleuze, ne L’immagine-movimento, sta concludendo una serrata analisi dedicata al concetto di fuori campo, a essere citato, oltre al Theodor Dreyer de La passione di Giovanna d’Arco e di Gertrud, è Michelangelo
Antonioni, capace, attraverso i suoi spogli quadri geometrici, di raggiungere una zona di vuoto, un «“bianco su bianco” impossibile da filmare, propriamente invisibile» (Deleuze 1983: 31-32)1. A partire da questa intuizione, che richiama in gioco uno dei cardini della filosofia deleuziana
– il cosiddetto divenire-impercettibile –, si tenterà di mettere in luce l’originalità dell’estetica antonioniana del paesaggio, all’interno della quale pare emergere una concezione di genius loci che è al tempo stesso astratta
e concreta, preumana e genetica, paesaggistica eppure interiore. Si tratterà, insomma, di comprendere, attraverso l’analisi di qualche lungometraggio e di alcune dichiarazioni di poetica del regista ferrarese, la visione del paesaggio
secondo Antonioni, nel suo riarticolare con originalità i rapporti tra uomo, spazio e sguardo e, più in generale, tra astrazione e concretezza.
Antonioni, capace, attraverso i suoi spogli quadri geometrici, di raggiungere una zona di vuoto, un «“bianco su bianco” impossibile da filmare, propriamente invisibile» (Deleuze 1983: 31-32)1. A partire da questa intuizione, che richiama in gioco uno dei cardini della filosofia deleuziana
– il cosiddetto divenire-impercettibile –, si tenterà di mettere in luce l’originalità dell’estetica antonioniana del paesaggio, all’interno della quale pare emergere una concezione di genius loci che è al tempo stesso astratta
e concreta, preumana e genetica, paesaggistica eppure interiore. Si tratterà, insomma, di comprendere, attraverso l’analisi di qualche lungometraggio e di alcune dichiarazioni di poetica del regista ferrarese, la visione del paesaggio
secondo Antonioni, nel suo riarticolare con originalità i rapporti tra uomo, spazio e sguardo e, più in generale, tra astrazione e concretezza.
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It is well known that Gilles Deleuze is the heir of a complex vitalistic tradition, beginning with Henri Bergson’s Creative Evolution and spanning through an important part of 20th century French philosophy. According to this line of... more
It is well known that Gilles Deleuze is the heir of a complex vitalistic tradition, beginning with Henri Bergson’s Creative Evolution and spanning through an important part of 20th century French philosophy. According
to this line of thought, philosophy has to sharpen its vision in order to grasp the irreducible nature of the living. On one hand Deleuze seems to
explicitly follow these intuitions, on the other though he strives to find a
viable ontological framework for an actual philosophy of life, reaffirming the Nietzschean notion of being as becoming, the Bergsonian virtual coexistence of memory and Scotist univocity of the being. Through such operation, Deleuze actually seems to distance himself from a simply vitalistic approach, and to build instead an original metaphysics that understands life as a powerful inorganic force crossing all levels of reality. The organic, thus, is what traps and diverts (détourne) this impersonal and germinal life. Aim of the presentation is to clarify the originality of Deleuze’s vitalistic ontology and point to its ambiguities and debts towards other philosophical traditions. Even if Deleuze apparently overturns his vitalistic roots, it is nevertheless undeniable that the vital domain will engage him throughout all of his work.
to this line of thought, philosophy has to sharpen its vision in order to grasp the irreducible nature of the living. On one hand Deleuze seems to
explicitly follow these intuitions, on the other though he strives to find a
viable ontological framework for an actual philosophy of life, reaffirming the Nietzschean notion of being as becoming, the Bergsonian virtual coexistence of memory and Scotist univocity of the being. Through such operation, Deleuze actually seems to distance himself from a simply vitalistic approach, and to build instead an original metaphysics that understands life as a powerful inorganic force crossing all levels of reality. The organic, thus, is what traps and diverts (détourne) this impersonal and germinal life. Aim of the presentation is to clarify the originality of Deleuze’s vitalistic ontology and point to its ambiguities and debts towards other philosophical traditions. Even if Deleuze apparently overturns his vitalistic roots, it is nevertheless undeniable that the vital domain will engage him throughout all of his work.
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Dziga Vertov era considerato da Sergej Michailovič Ėjzenštejn un formalista impreciso, autore di «ingiustificati effetti speciali della macchina da presa», così come di «deviazioni e stramberie». Allo stesso modo, è difficile non pensare... more
Dziga Vertov era considerato da Sergej Michailovič Ėjzenštejn un formalista impreciso, autore di «ingiustificati effetti speciali della macchina da presa», così come di «deviazioni e stramberie». Allo stesso modo, è difficile non pensare all’opera di Ėjzenštejn quando Vertov liquidava gran parte del cinema a lui contemporaneo perché ancora troppo legato alle forme mimetiche proprie del teatro e della
letteratura. Obiettivo di questo lavoro è analizzare il conflitto estetico, filosofico e politico che, ben al di là di sterili accuse o antipatie personali, divide Ėjzenštejn e Vertov. Ben lontano dalla pretesa di illuminare nel dettaglio le poetiche dei due registi e il contesto storico-culturale di appartenenza, lo studio che si vuole qui proporre prende piuttosto le sue mosse da una serie di intuizioni di Gilles Deleuze, che ha dedicato alcune parti de L’immagine-movimento e de L’immagine-tempo a Vertov e Ėjzenštejn: a partire da queste intuizioni, si cercherà di rendere chiaro il conflitto che divide i due registi, compresente in almeno tre ambiti tematici differenti, seppur tra loro strettamente legati.
letteratura. Obiettivo di questo lavoro è analizzare il conflitto estetico, filosofico e politico che, ben al di là di sterili accuse o antipatie personali, divide Ėjzenštejn e Vertov. Ben lontano dalla pretesa di illuminare nel dettaglio le poetiche dei due registi e il contesto storico-culturale di appartenenza, lo studio che si vuole qui proporre prende piuttosto le sue mosse da una serie di intuizioni di Gilles Deleuze, che ha dedicato alcune parti de L’immagine-movimento e de L’immagine-tempo a Vertov e Ėjzenštejn: a partire da queste intuizioni, si cercherà di rendere chiaro il conflitto che divide i due registi, compresente in almeno tre ambiti tematici differenti, seppur tra loro strettamente legati.
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In his analysis of memory, Henri Bergson introduces the key concept of 'virtuality', understood as a non-actual reality, an unpredictable and pre-human élan vital. Several years later, the virtual will play a key role in the way that... more
In his analysis of memory, Henri Bergson introduces the key concept of 'virtuality', understood as a non-actual reality, an unpredictable and pre-human élan vital. Several years later, the virtual will play a key role in the way that Gilles Deleuze tries to conceive the notion of a 'plane of immanence', that is, a whole that guides an inexhaustible process of actualisation. Deleuze, however, refers not only to Bergson but to Gilbert Simondon and to his concept of 'preindividual field', which corresponds to a metastable state, full of potential energy, from which a structured process can arise. This article undertakes an analysis of the different theoretical pathways leading to the concept of the virtual in Bergson, Simondon and Deleuze. It will investigate the transformations of this concept by focusing on the memory of the present individuated by Bergson, then applied to the cinema of the time-image by Deleuze, and on the figure of the crystal as an emblematic materialisation of the virtual, deeply present in the philosophy of both Deleuze and Simondon. The intention is to show – apart from the inevitable differences ‒ the significant continuity between these three authors, who share a common attempt to build an affirmative ontology of life. Combined Bergsonian and Simondonian influences lead in Deleuze to a metaphysics of becoming, where virtuality is always on the point of actualising itself in percepts, affects and concepts.
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Henri Bergson, in Matter and memory, theorizes a universe of images that exist before subject; after almost ninety years, Gilles Deleuze, following Bergson, defines cinema as a non-centered set of movement-images. Through the study of... more
Henri Bergson, in Matter and memory, theorizes a universe of images that exist before subject; after almost ninety years, Gilles Deleuze, following Bergson, defines cinema as a non-centered set of movement-images. Through the study of Dziga Vertov’s kinoglaz, Michelangelo Antonioni’s desolate shots and Alain Resnais’ sheets of memory, this paper aims to highlight the main points of a cinema-thing, where ontology and aesthetics, creation and construction coincide in the end with a virtual plan of immanence, conceived as the impersonal genesis of every reality.
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Gilles Deleuze, in Cinema 1. The movement-image, approaches Henri Bergson to Dziga Vertov: while Bergson theorizes the image in-its self, Vertov reaches it through the cine-eye (Kinoglaz). The sovietic director realizes then, through the... more
Gilles Deleuze, in Cinema 1. The movement-image, approaches Henri Bergson to Dziga Vertov: while Bergson theorizes the image in-its self, Vertov reaches it through the cine-eye (Kinoglaz). The sovietic director realizes then, through the technique of a constructivist montage, the materialist program drawn by Bergson in the first chapter of his classic book Matter and memory. In other words, Vertov overcomes the human’s point of view on reality. The goal of this presentation is to study Deleuze’s approach and to search out the persistent bergsonian influence on Vertov and, more in general, on both western and russian’s avant-garde.
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Nel 1919, Alfred North Whitehead interviene nel corso di un convegno interdisciplinare dedicato ai dati scientifici ultimi, mostrando come né il tempo né lo spazio né alcun tipo di materiale siano in grado ricoprire questo ruolo. La... more
Nel 1919, Alfred North Whitehead interviene nel corso di un convegno interdisciplinare dedicato ai dati scientifici ultimi, mostrando come né il tempo né lo spazio né alcun tipo di materiale siano in grado ricoprire questo ruolo. La natura, ai suoi occhi, è invece un insieme in continua crescita di eventi ed oggetti che si intersecano e si sovrappongono tra loro, totalmente irriducibile a ogni visione materialistica e atomistica. Il testo, finora inedito in lingua italiana, si presenta come un’efficace panoramica intorno ad alcuni concetti-chiave della filosofia di Whitehead (evento, oggetto, cogredienza, avanzamento creativo) ed è corredato da una breve introduzione, utile a contestualizzarlo.
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Con "Vers le concret" (1932) Jean Wahl si inserisce, non senza ironia, in quel dibattito sul "concreto" che aveva saputo catturare, nel primo dopoguerra, l'attenzione di molti intellettuali francesi, portando sulla scena tre filosofi... more
Con "Vers le concret" (1932) Jean Wahl si inserisce, non senza ironia, in quel dibattito sul "concreto" che aveva saputo catturare, nel primo dopoguerra, l'attenzione di molti intellettuali francesi, portando sulla scena tre filosofi atipici, legati al "vecchio" Bergson (William James, Alfred North Whitehead e Gabriel Marcel). Nelle pagine del saggio emerge una linea filosofica votata a un empirismo immanentista, capace di connettere speculazione metafisica, senso del reale, indagine filosofica, scientifica e persino estetico-poetica:" Verso il concreto" anticipa così tanto le future direzioni di ricerca dell'autore quanto i più recenti dibattiti intorno al realismo, al naturalismo e alla metafisica. Postfazione di Barbara Wahl.
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The end of the world raises questions that cannot be inscribed only in the complex development of historic cultures: the disturbing echo of the recall to the end of the world – from Judaic apocalyptic up to early Christendom, from eastern... more
The end of the world raises questions that cannot be inscribed only in the complex development of historic cultures: the disturbing echo of the recall to the end of the world – from Judaic apocalyptic up to early Christendom, from eastern Asian religions up to Germanic mythologies, from Hellenistic philosophies up to the advent of digital technologies – has never ceased to be heard.
La fine del mondo suscita interrogativi che difficilmente possono essere inscritti solo nella complessa vicenda delle culture storiche: l’eco inquietante del richiamo alla fine del mondo – dall’apocalittica giudaica al cristianesimo primitivo, dalle religioni dell’Asia orientale alle mitologie germaniche, dalle filosofie ellenistiche all’avvento delle tecnologie digitali – non ha mai smesso di farsi sentire
La fine del mondo suscita interrogativi che difficilmente possono essere inscritti solo nella complessa vicenda delle culture storiche: l’eco inquietante del richiamo alla fine del mondo – dall’apocalittica giudaica al cristianesimo primitivo, dalle religioni dell’Asia orientale alle mitologie germaniche, dalle filosofie ellenistiche all’avvento delle tecnologie digitali – non ha mai smesso di farsi sentire