ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
NUOVI STUDI STORICI – 119
LA CORONA D’ARAGONA E L’ITALIA
Atti del XX Congresso di Storia della Corona d’Aragona
Roma-Napoli, 4-8 ottobre 2017
a cura di
G. D’AGOSTINO – S. FODALE – M. MIGLIO – A.M. OLIVA
D. PASSERINI – F. SENATORE
Volume II/1
ROMA
NELLA SEDE DELL’ISTITUTO
PALAZZO BORROMINI
2020
Nuovi Studi Storici
collana diretta da
Massimo Miglio
Pubblicato con il contributo della Società Napoletana di Storia Patria (Napoli);
del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli
(fondi dipartimentali 70% 2017, ricerca su Linguaggi artistici, tradizioni discorsive e “scritture del potere” nel Regno tra Medioevo e prima età moderna,
diretta da Francesco Montuori; 70% 2019, ricerca su Testi e scritture nelle
città del Regno: forme, strutture e lessico, diretta da Chiara de Caprio) e del
Ministero dell’Università (erogato attraverso il Dipartimento di Studi Umanistici
dell’Università Federico II nell’ambito del PRIN 2015 su La signoria rurale nel
XIV-XV secolo: per ripensare l’Italia tardomedievale, unità di Napoli diretta da
Francesco Senatore).
Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo
Redattore capo:
Salvatore Sansone
ISSN 1593 - 5779
ISBN 978-88-31445-06-1
Stabilimento Tipografico « Pliniana » - V.le F. Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (Perugia) - 2020
Relazioni/Ponencias
GENNARO TOSCANO
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA
COME INSTRUMENTUM REGNI *
A Guido D’Agostino,
difensore delle memorie aragonesi
1. Introduzione
Fra le istituzioni volute dai monarchi aragonesi, la biblioteca reale
fondata a Napoli in Castel Nuovo da Alfonso il Magnanimo non solo
divenne l’exemplum tangibile della politica culturale dei sovrani, ma ne
tramandò la memoria ben oltre i confini del Regno. La sua dispersione
diede vita poi ad altre istituzioni che ad essa si ispirarono. Il trasferimento in Francia di 1.140 volumi da parte di Carlo VIII nel 1495 fu
infatti motore per l’organizzazione della biblioteca di “stato” dei monarchi francesi prima ad Amboise, poi a Blois 1. I centotrentotto volumi
* Abbreviazioni:
BAV = Biblioteca Apostolica Vaticana
BL
= British Library
BnF = Bibliothèque nationale de France
BNN = Napoli, Biblioteca nazionale
Vbhu = Valencia, Biblioteca Historica de la Universidad
Ringrazio Guido D’Agostino e Francesco Senatore che invitandomi a partecipare
questo convegno mi hanno permesso di ritornare su un argomento a me particolarmente caro.
1 U. BAURMEISTER - M.P. LAFFITTE, Des Livres et des rois. La bibliothèque royale
de Blois, catalogo della mostra (Blois, 20 giugno-30 agosto 1992; Parigi, 15 ottobre
1992-17 gennaio 1993), Paris 1992; G. TOSCANO, Les bibliothèques des princes de la
Renaissance: à propos de l’exposition “Des livres et des rois”, «Bulletin du bibliophile»,
2 (1993), pp. 363-378; TOSCANO, Les manuscrits de la librairie des rois d’Aragon de
Naples saisis par Charles VIII, in Passer les Monts: Français en Italie - l’Italie en France
(1494-1525), cur. J. BALSAMO, Paris-Fiesole 1998, pp. 345-360; BAURMEISTER, D’Amboise
à Fontainebleau: les imprimés italiens dans les collections royales aux XVe et XVIe siècles,
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GENNARO TOSCANO
della biblioteca aragonese venduti da Federico d’Aragona al cardinale
Georges d’Amboise verso il 1503 divennero il nucleo principale della
prima biblioteca umanistica in Francia, quella allestita dal prelato nel
castello di Gaillon 2.
La biblioteca reale di Napoli quale memoria tangibile dell’humanitas
della dinastia aragonese fu poi immortala dagli umanisti della corte che
in essa vi avevano trovato naturale asilo. «Librorum volumina prope infinita Bibliothecam suam mirifice ornatam conjecit», scrisse Bartolomeo
Facio a proposito di Alfonso il Magnanimo nel suo De Viris illustribus 3.
Nel 1455, era giunto al servizio del Magnanimo Giannozzo Manetti
con una rendita di 900 ducati annui. Nella vita dell’umanista scritta da
Vespasiano da Bisticci leggiamo:
giunto a Napoli, andò a visitare la Maestà del Re, e giunse a tempo
oportuno, perché trovò la Maestà sua nella libreria com più singulari
uomini che disputavano De Trinitate, di cose difficilissime. Messer
Gianozzo entra ancora lui nella disputazione, et ebbe il di grandissimo
onore in presenzia del Re. Finita la disputatione, nella libreria è una
finestra che guarda inverso la marina, la Maestà del Re n’andò a quella
finestra e posesi a sedere secondo la sua consuetudine 4.
ibid., pp. 360-386; TOSCANO, Il bottino di guerra di Carlo VIII: i manoscritti della biblioteca reale di Napoli, in La Biblioteca reale di Napoli al tempo della dinastia aragonese.
Catalogo della mostra (Napoli, Castel Nuovo, 30 settembre-15 dicembre 1998), cur.
TOSCANO, Valencia 1998, pp. 279-287; BAURMEISTER, I libri a stampa della biblioteca reale
di Napoli, ibid., pp. 289-298; M. HERMANT - TOSCANO, Les manuscrits de la Renaissance
italienne: modèle et sources d’inspiration pour les enlumineurs français, in La France et
l’Europe autour de 1500. Croisements et échanges artistiques, cur. G. BRESC-BAUTIER T. CRÉPIN-LEBLOND - E. TABURET-DELAHAYE. Atti del convegno (Parigi, 9-11 dicembre
2010), Paris 2015, pp. 107-128.
2 G. TOSCANO, De Naples à Gaillon. Les manuscrits de la librairie des rois d’Aragon
acquis pas le cardinal d’Amboise, in Une Renaissance en Normandie. Georges d’Amboise,
bibliophile et mécène. Catalogo della mostra (Evreux, musée d’Art, Histoire et Archéologie, 8 luglio-22 ottobre 2017), cur. F. CALAME-LEVERT - M. HERMANT - TOSCANO, Paris
2017, pp. 139-189.
I manoscritti della biblioteca aragonese di Napoli conservati al Département des
Manuscrits della BnF sono descritti nella banca dati online su <http://archivesetmanuscrits.bnf.fr/>; per gli incunaboli conservati presso la Réserve des livres rares della BnF,
cfr. <http://catalogue.bnf.fr/index.do>.
3 B. FACIO, De Viris Illustribus, Firenze 1745, p. 78.
4 VESPASIANO BISTICCI, Commentario della vita di Messer Giannozzo Manetti, in Le
Vite, ed. A. GRECO, 2 voll., Firenze 1970-1976, I, p. 603.
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La biblioteca reale di Napoli ebbe vita breve: sistemata in Castel
Nuovo verso il 1455 5, esattamente quarant’anni dopo, nel 1495, con la
discesa di Carlo VIII ne inizia la dispersione. Proprio in quell’anno, il
veneziano Marin Sanudo la descrisse rapidamente: «La libraria dil Re
era in una camera sopra la marina, dove era assà copia di libri, in carta
bona, scritti a penna, et coverti di seda et d’oro, con li zoli d’argento
indorati, benissimo aminiati, et in ogni facultà» 6.
Eppure, nonostante questa breve esistenza, la sua fama valicò ben
presto i confini del Regno ed essa continuò ad essere designata con il
nome del suo fondatore. Ancora nel Cinquecento, infatti, alcuni libri
della biblioteca reale, giunti all’Escorial al tempo di Filippo II, furono
contrassegnati dalla scritta «est regis Alfonsi» o indicati come appartenenti alla «libreria del Rey Don Alfonso de Nápoles» 7.
La memoria della biblioteca dei re d’Aragona di Napoli è stata
definitivamente consolidata dagli studiosi che tra Otto e Novecento
hanno tentato di ricostruirla. Sin dal 1868, Léopold Delisle, direttore
del Cabinet dei manoscritti dell’allora Bibliothèque impériale, aveva
consacrato pagine importanti ai codici della biblioteca reale di Napoli
conservati in Francia identificando circa 256 manoscritti 8 e 170 incunaboli 9. Pochi anni dopo, Giuseppe Mazzatinti aveva tentato un primo
censimento delle raccolte aragonesi nella Biblioteca dei re d’Aragona in
Napoli (Rocca San Casciano, 1897) individuando ben 629 codici, ed
infine don Marcelino Gutierrez del Caño, nel suo Catalogo de los manuscritos existentes en la Biblioteca Universitaria de Valencia (Valencia,
1913) aveva offerto un valido contributo per i codici aragonese giunti
a Valencia dopo il 1527.
5 G. TOSCANO, La formazione della biblioteca di Alfonso il Magnanimo: documenti,
fonti, inventari, in La biblioteca reale di Napoli cit., pp. 211ss.
6 M. SANUDO, La spedizione di Carlo VIII in Italia, ed. R. FULIN, Venezia 1873,
p. 239.
7 Cfr. i Saturniala di Macrobio, Real Biblioteca del Monasterio de El Escorial,
ms Q.I.1 (La Biblioteca reale di Napoli cit., pp. 500-501, n. 4), o l’Historia naturalis di
Plinio, ms h.I.3, realizzata durante il regno di Ferrante ma indicato come della «libreria
del Rey don Alfonso de Nápoles» nell’inventario dei manoscritti inviati all’Escorial da
Filippo II nel 1567: J. RUGGERI, Manoscritti italiani nella Biblioteca dell’Escuriale, «Bibliofilia», 33 (1930), pp. 421ss.
8 Le cabinet des manuscrits de la Bibliothèque impériale, I, Parigi 1868, pp. 94ss.
9 L. DELISLE, Notes sur les anciennes impressions des classiques latins et d’autres
auteurs conservés au XVe siècle dans la librairie royale de Naples, in Mélanges Graux,
Parigi 1884, pp. 245-296.
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GENNARO TOSCANO
Questi primi tentativi di ricostruire la biblioteca reale di Napoli
trovarono il loro coronamento ne La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, titolo della monumentale opera in sei volumi che Tammaro De
Marinis consacrò dopo anni di ricerche alle prestigiose collezioni librarie
dei monarchi 10. Lo studioso pubblicò tre volumi nel 1947: uno con il
catalogo dei manoscritti, gli inventari e i documenti (il secondo volume
dell’opera), nonché due volumi di tavole (terzo e quarto volume). Nel
1952, pubblicò il primo volume, vera e propria introduzione all’opera,
consacrando un capitolo a ogni sovrano, altri agli stemmi, alle imprese,
ai copisti, ai miniatori e alle legature; il tutto accompagnato da dense
note e vasta bibliografia. Nell’introduzione De Marinis aveva scritto:
«Questo contributo alla storia del Rinascimento, pur con le manchevolezze che vi si potranno osservare, servirà anch’esso a mostrare come
la dominazione aragonese debba essere considerata come il periodo più
glorioso del reame di Napoli».
Naturalmente, il catalogo dei codici pubblicato nel secondo volume
non poteva costituire un sistema “chiuso”. Basti come esempio il ritrovamento, tra la pubblicazione del catalogo nel 1947 e quella del volume
introduttivo nel 1952, del Breviario di Ferrante d’Aragona 11. Nel 1969,
furono poi pubblicati i due volumi di supplemento, concepiti per colmare le lacune dei primi volumi. Nei vent’anni che separano la pubblicazione del catalogo e dei due volumi di Supplemento, il bibliofilo aveva
ritrovato altri importanti cimeli della biblioteca reale come ad esempio
l’Officium Beatae Mariae Virginis di Alfonso il Magnanimo, capolavoro
dello scriptorium palatino a metà Quattrocento 12, acquistato dallo Stato
italiano per la Biblioteca Nazionale di Napoli nel 1955 13. Grazie alla
10 T. DE MARINIS, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona, 6 voll., Verona-Milano
1947-1969. Sul soggetto cfr. G. TOSCANO, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona da
Tammaro De Marinis ad oggi. Studi e prospettive, in Biblioteche nel Regno fra Tre e
Cinquecento. Atti del convegno (Bari, 6-7 febbraio 2008), cur. M. DE NICHILO - C. CORFIATI, Bari 2009, pp. 23-57.
11 Il codice, che si trovava all’epoca presso William H. Robinson, fu poi comprato
dallo Stato italiano presso Sotheby’s nel novembre del 1969 e destinato alla BN di Napoli dove giunse nel 1970 (ms I.B.57). Per il manoscritto, oltre alle indicazioni fornite
da De Marinis (La Biblioteca napoletana cit., I, p. 210), cfr. La Biblioteca reale di Napoli
cit., pp. 572-575, n. 25 (E. AMBRA).
12 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., Supplemento, I, pp. 72-72.
13 A. PUTATURO MURANO, Miniature napoletane del Rinascimento, Napoli 1973,
pp. 55-56; G. TOSCANO, Corali e minii per Santa Maria di Monteoliveto, in Miniatura
napoletana dal ’400 e ’600, cur. A. PUTATURO MURANO - A. PERRICCIOLI SAGGESE, Napoli 1991, pp. 37, 42-46; Libri a corte. Testi e immagini nella Napoli aragonese, Napoli
1997, pp. 105-107, n. 1 (E. AMBRA); La Biblioteca reale di Napoli cit., pp. 518-523,
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collaborazione di alcuni conservatori della Bibliothèque nationale di
Parigi, furono inoltre schedati i manoscritti dei baroni ribelli, quasi
tutti arrivati in Francia con il bottino di guerra di Carlo VIII, nonché
numerosi altri codici realizzati per la corte o appartenuti alla biblioteca
reale, 55 contrassegnati dalla scritta «galiacza», e fu aggiunta la lista di
169 incunaboli già pubblicati da Léopold Delisle nel 1884 14.
I sei splendidi volumi in folio, stampati su carta pregiata, e il
ricco apparato iconografico provocavano un’ammirazione mista ad un
sentimento di rispetto quasi sacro. Si aveva l’impressione che tutto fosse stato fatto, tutto fosse stato visto. Niente poteva essere aggiunto al
lavoro del grande bibliofilo e antiquario. Come giustamente ha scritto
Armando Petrucci, la conoscenza approfondita di questa biblioteca in
tutti i suoi aspetti – il catalogo dei codici, i documenti, i bibliotecari,
i copisti, i miniatori – l’avvolse in una nebbia “deformante”. La biblioteca napoletana dei re d’Aragona usciva dall’opera di De Marinis come
un’entità monolitica, perfetta, quasi intoccabile 15. Si aveva l’impressione
che la biblioteca reale di Napoli fosse caduta dal cielo in una sala di
Castel Nuovo che dava sulla marina, per poi disperdersi tra la Francia
e la Spagna 16. Mancava per l’appunto il confronto con le altre istituzioni
dell’epoca e cioè quelle dei Malatesta, degli Este, dei Visconti-Sforza,
dei Montefeltro, dei Gonzaga e soprattutto con le biblioteche pontificie
organizzate da Niccolò V a Sisto IV.
Negli ultimi quarant’anni nuove ricerche hanno consentito di rivedere alcuni aspetti relativi alla genesi e alla storia dei vai fondi di questa
biblioteca 17, mentre gli studi di Concetta Bianca sui libri e gli umanisti
di Alfonso il Magnanimo 18 e quelli di Gabriella Albanese su Facio e lo
n. 6 (E. AMBRA); TOSCANO, Nápoles y el Mediterráneo: relaciones entre miniatura y
pintura en la transición de la casa de Anjou a la casa de Aragón, in El Renacimiento
Mediterráneo. Viajes de artista e itinerarios de obras entre Italia, Francia y España en
el siglo XV. Catalogo della mostra, cur. M. NATALE, Madrid-Valencia 2001, pp. 8586, 401-405, n. 61.
14 DELISLE, Notes sur les anciennes impressions cit., pp. 245-296.
15 A. PETRUCCI, Biblioteca, libri, scritture nella Napoli aragonese, in Le biblioteche
del mondo antico e medioevale, cur. G. CAVALLO, Roma-Bari 1988, pp. 187-202.
16 Sul metodo di De Marinis, cfr. TOSCANO, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona da Tammaro De Marinis ad oggi cit., pp. 23ss.
17 Oltre agli interventi dello scrivente citati nelle note di questo lavoro, cfr. soprattutto G. TOSCANO, Le biblioteche dei sovrani aragonesi di Napoli, in Principi e signori. Le
biblioteche nella seconda metà del Quattrocento. Atti del convegno (Urbino, 5-6 giugno
2008), cur. G. ARBIZZONI - C. BIANCA - M. PERUZZI, Urbino 2010, pp. 163-216.
18 C. BIANCA, Alla corte di Napoli: Alfonso, libri e umanisti, in Il Libro a corte, cur.
A. QUONDAM, Roma 1994, pp. 177-201.
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GENNARO TOSCANO
scriptorium palatino 19 hanno a loro volta consentito di inserire tali codici
nel loro giusto contesto culturale.
La biblioteca reale di Napoli era stato il frutto di un’attenta politica
culturale iniziata sicuramente dal Magnanimo, ma continuata con grande
oculatezza dal figlio Ferrante, che non solo commissionò durante il suo
lungo regno (1458-1494) lussuosi codici miniati, veri e propri capolavori
dello scriptorium di Castel Nuovo 20, ma confiscò anche le biblioteche
dei baroni ribelli e incamerò le raccolte librarie del figlio, il cardinale
Giovanni, morto nel 1485 21. Anche gli altri membri della famiglia reale
commissionarono codici miniati e lottarono per evitarne la totale dispersione. Alfonso duca di Calabria e sua moglie Ippolita Sforza, ad esempio,
avevano fondato una splendida e lussuosa biblioteca in Castel Capuano 22
mentre Federico d’Aragona, ultimo sovrano aragonese sul trono di Napoli, e sua moglie Isabella del Balzo cercarono di salvare, nonostante le
loro ristrettezze economiche, il nucleo principale della biblioteca reale 23.
2. La biblioteca alfonsina
Il Magnanimo è giustamente considerato come l’ideatore nonché
l’artefice di questo progetto di “Biblioteca di Stato”. È vero che sin da
giovane Alfonso si era interessato personalmente all’acquisto di libri: a
17 anni possedeva una raccolta di 24 codici formata da cronache, opere
19 G. ALBANESE, Tra Napoli e Roma. Lo scriptorium e la biblioteca dei re d’Aragona,
«Roma nel Rinascimento», 1997, pp. 72-86; ALBANESE, La sezione “De Pictoribus” e
“De Sculptoribus” nel “De Viris Illustribus” di Bartolomeo Facio, «Letteratura & Arte»,
1 (2003), pp. 63-64. Si vedano anche i lavori di G. FERRAÙ, Il “De rebus ab Alphonso
primo gestis” di Bartolomeo Facio, «Studi umanistici», 1 (1990), pp. 69-113; D. PIETRAGALLA, La fortuna dei “Rerum gestarum Alfonsi regis libri” di Bartolomeo Facio. Stampe,
lettori, volgarizzamenti, «Archivio storico italiano», 156 (1998), pp. 257-292; FERRAÙ, Il
tessitore di Antequera: storiografia umanistica meridionale, Roma, 2001.
20 G. TOSCANO, La biblioteca di Ferrante, in La biblioteca reale di Napoli cit.,
pp. 223-232.
21 T. HAFFNER, Die Bibliothek des Kardinals Giovanni d’Aragona (1456-1485),
Wiesbaden 1997.
22 G. TOSCANO, Le collezioni di Ippolita Sforza e la biboioteca di Alfonso, duca di
Calabria, in La biblioteca reale di Napoli cit., pp. 251-276.
23 S. LÓPEZ-RÍOS, A New Inventory of the Royal Aragonese Library on Naples,
«Journal of Warburg and Courtauld Institutes», 65 (2002), p. 210-243; TOSCANO, De
Naples à Gaillon cit., pp. 140-142. Tra il 2010 e il 2012, 294 manoscritti della Biblioteca
reale di Napoli, conservati essenzialmente presso la BnF e la Bhuv, sono stati digitalizzati e schedati nell’ambito del programma Europeana Regia, online su <http://www.
europeanaregia.eu/fr/manuscrits>.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
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di storia e soprattutto Bibbie 24, mentre nel 1417 la sua piccola biblioteca
contava già 61 titoli 25.
Tuttavia, l’idea di organizzare una grande biblioteca emblema tangibile del suo potere e della sua humanitas, come già sottolineato in
altre occasioni, fu sicuramente stimolata dalla sua avventura italiana 26.
Catturato dai genovesi durante la battaglia di Ponza (5 agosto 1435),
il Magnanimo fu inviato a Milano come prigioniero di guerra. Filippo
Maria Visconti «ricevè re Alfonso da ospite, non già da prigioniero» 27,
e ai primi di ottobre dello stesso anno il duca e il re firmarono accordi per un’azione comune. Tra Milano e Pavia il Magnanimo ebbe la
possibilità di ammirare la biblioteca Viscontea, fondata da Galeazzo II
nella seconda metà Trecento. Arricchitasi con Gian Galeazzo Visconti
(1351-1402), signore di Milano dal 1385 e duca nel 1395, ed in seguito
con Filippo Maria Visconti (1392-1447) duca di Milano dal 1412, la
biblioteca viscontea contava nel 1426 ben 988 manoscritti 28. Si trattava
sicuramente della più importante biblioteca della Penisola, una raccolta
fondata già nella seconda metà del XIV secolo, mentre la maggior parte
delle grandi biblioteche delle altre corti italiane conobbero il massimo
splendore nel corso del Quattrocento 29.
Il contatto del sovrano aragonese con una delle più prestigiose biblioteche d’Europa e la vivacità dello studium di Pavia stimolarono le
sue ambizioni di uomo di lettere e di bibliofilo: la biblioteca dei Visconti
divenne in un primo tempo un vero e proprio modello per il Magnanimo.
24
E. GONZÁLEZ-HURTEBISE, Inventario de los bienes muebles de Alfonso V de Aragón
como infante y como rey (1412-1424), «Institut d’Estudis Catalans, Anuari», I (1907),
pp. 148-188.
25 R. D’ALOS, Documenti per la storia della biblioteca d’Alfonso il Magnanimo, in
Miscellanea Ehrle, IV, Roma, 1924, pp. 394-406; DE MARINIS, La Biblioteca napoletana
cit., pp. 219-224.
26 Sul soggetto cfr. G. TOSCANO, In margine al Maestro delle Vitae Imperatorum e
al Maestro di Ippolita Sforza. Codici lombardi nelle collezioni aragonesi, «Rivista di storia
della miniatura», 1-2 (1996-1997), pp. 169-178; TOSCANO, La formazione della biblioteca
di Alfonso, pp. 192-202; TOSCANO, Le biblioteche dei sovrani aragonesi cit., pp. 170-172.
27 P. GIANNONE, Istoria civile del Regno di Napoli, III, Napoli 1723, pp. 338-339.
28 E. PELLEGRIN, La bibliothèque des Visconti et des Sforza ducs de Milan au XV e
siècle, Paris 1955; Supplément, Paris 1969. Per la storia della biblioteca visconteosforzesca, si vedano anche i contributi più recenti di M.G. ALBERTINI OTTOLENGHI, La
biblioteca dei Visconti e degli Sforza: gli inventari del 1488 e del 1490, «Studi Petrarcheschi», 8 (1991), pp. 1-238; U. ROZZO, La biblioteca visconteo-sforzesca, in Principi
e signori cit., pp. 3-38.
29 Cfr. TOSCANO, Les bibliothèques des princes de la Renaissance cit., pp. 375-378,
nonché Principi e signori cit.
550
GENNARO TOSCANO
Sin dal 1437, infatti, il sovrano, pur essendo impegnato nella conquista di Napoli, a Gaeta continua a procurarsi libri e a organizzare una
sorta di biblioteca dato che già in quell’anno il valenzano Johan Serra
appare come «guardian des libres de casa del Senyor rey». Il 14 luglio
dello stesso anno, Serra ricevette 18 pergamene «per ops de scriver un
libre al dit senyor» 30. Un altro spagnolo, Luis Cescases, è registrato al
servizio di Alfonso a partire dal 1434; lo stesso appare in un altro documento del 18 novembre 1441 per l’acquisto di un «libre appellat Concordancies de la bibia lo qual fou livrat a Luis Cescases qui a carrecho
de tenir en custodia los libres del Senyor Rey» 31. Poco dopo, Cescases
trasporta le Concordanze della Bibbia da Gaeta all’accampamento nei
pressi di Napoli, mentre il re stava per impadronirsi della città 32.
Al momento della conquista di Napoli nel 1442, Castel Nuovo era
completamente in rovina e il re fece sistemare la biblioteca a Castel
Capuano. Il 9 maggio 1443, infatti, Tommaso Aulesa, «dela libreria del
Senyor rey», ricevette un pagamento per «messions e despeses ques son
fetes en fabbrar de posts e entaular un studi en lo Castell de Capuana
de Napols on sta la dita libreria per ops e servey del dit Senyor» 33. Nel
giugno dello stesso anno, Tommaso Aulesa, «deputat a tenir en custodia
los libros dela libreria del Senyor Rey», ricevette un altro pagamento
di 16 ducati «en accorriment deles messions e despeses que li cove fer
en compra de pells vermells, preguemins, cantoneres, e guafets de leuto
taxtes, posts, e fil per cobrir e ligar los libros del dit Senyor qui stan en
la dita libreria» 34. Sin dai primi anni di vita, la “libreria” del Magnanimo
comincia ad avere una vera e propria équipe di scribi e bibliotecari, retribuiti regolarmente: Tommaso Aulesa, Jaume Torres, Jacopo Curlo, e
Juan de Caspe 35. Nei documenti di quegli anni appare anche il calligrafo
catalano Gabriel Altadell, già al servizio del re nel 1443 36.
30
DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, p. 228, doc. 5.
Ibid., I, p. 11; II, p. 228, doc. 9.
32 Ibid., II, p. 228, p. 10; II, p. 228, doc. 10.
33 Ibid., II, p. 228, doc. 20.
34 Ibid., II, p. 229, doc. 22. Nel 1443, giunse a Napoli dalla Spagna anche il confessore del re, Alfonso da Cordova, che aveva anche il compito di comprare i libri di
teologia: C. MINIERI RICCIO, Alcuni fatti di Alfonso d’Aragona, «Archivio storico per le
province napoletane», 6 (1881), p. 245.
35 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana, II, pp. 229-230, docc. 27-28, 39.
36 Ibid., II, p. 230, doc. 39; Sull’attività di Altadell cfr. ibid., I, pp. 15-16; II,
doc. 135; PETRUCCI, Biblioteca, libri cit., pp. 12-13; F.M. GIMENO BLAY, Una aventura
caligràfica; Gabriel Altadell y su “De Arte scribendi”, «Scrittura e Civiltà», 17 (1993),
pp. 203-270.
31
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Gli anni centrali del secolo furono sicuramente i più importanti per
la confezione di numerosi codici nello scriptorium di corte: il 24 agosto
1451, Tommaso Aulesa compra 600 pergamene, poi 400, il 13 settembre 3000 e il 19 ottobre 450 37. L’11 dicembre 1451, Pedro di Capua,
«scriptor dela sua libreria», ricevette 40 ducati; si tratta del celebre
scriba Pietro Ursuleo, al servizio di Alfonso dal 1448 38.
Il 13 dicembre 1451 dello stesso anno, Cola Rapicano viene remunerato come «scriptor, en compensación dels treballs sostenguts [...] en
la libreria» 39. Si tratta del primo documento relativo all’attività di Cola
Rapicano, scriba e miniatore, destinato di lì a qualche anno a diventare il responsabile della bottega di miniatori attiva all’interno di Castel
Nuovo. È probabile che Cola abbia iniziato la sua carriera presso la
corte aragonese come scriba e che in seguito sia diventato miniatore 40.
Nell’ottobre del 1455, infatti è citato come «illuminador dels libres dela
libreria», insieme ad un altro miniatore, Alfonso Spanyol. In altri documenti dello stesso anno, Alfonso Spanyol o da Cordova appare indicato
con la qualifica «dela libreria del Senyor», per cui risulta difficile stabilire se lo stesso miniatore spagnolo avesse svolto anche le funzioni di
scriba. In un’altra cedola del maggio 1456, Alfonso Spanyol è definito
«illuminador dela libreria del Senyor Rey» 41.
In quegli anni numerosi sono i documenti relativi all’acquisto o
alla rilegatura di bibbie e messali: il 31 maggio 1452, il Magnanimo fa
rilegare una bibbia e un messale per la cappella reale 42. Il 28 agosto
1455, «mosser Jaume Torres dela libreria del Senyor Rey» riceve un
pagamento di sei ducati «per comprar pergamins per fer unes Ores per
al dit Senyor», mentre in un secondo pagamento lo stesso Torres riceve
altri sei ducati «per comprar pergamins necessaris per unes Ores que
37
DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, pp. 230-231, doc. n° 59-60, 62.
Ibid., II, pp. 66, 232, doc. 66. Pietro Ursuleo fu uno dei copisti di spicco dello
scriptorium palatino diretto da Facio, dove operò dal 1448 al 1465. Per un profilo
dell’Ursuleo cfr. ibid., I, pp. 16-19 ed i recenti saggi di M. SCIANCALEPORE, Scrivere per
ricordare. La lingua della memoria di Pietro Ursuleo, in Sul latino degli Umanisti, cur.
F. TATEO, Bari 2006, pp. 173-191; SCIANCALEPORE, Un copista tra i crociati: l’Itinerarium
classis apostolicae in Turcos di Pietro Ursuleo, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», 49 (2006), pp. 319-339, con ampia bibliografia.
39 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, p. 232, doc. 66.
40 G. TOSCANO, La bottega di Cola e Nardo Rapicano, in La Biblioteca reale di
Napoli cit., pp. 385-415; TOSCANO, Cola et Nardo Rapicano, in Dizionario biografico dei
miniatori italiani, ed. M. BOLLATI, Milano 2004, ad vocem.
41 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, p. 241.
42 Ibid., II, p. 233, docc. 80-82.
38
552
GENNARO TOSCANO
fa scrivre per al dit Senyor» 43. Come già a suo tempo sottolineato da
Guerriera Guerrieri, queste due cedole della Tesoreria reale si riferiscono sicuramente all’acquisto per le pergamene necessarie alla confezione
del prestigioso libro d’ore del Magnanimo, oggi conservato alla BN
di Napoli (ms I.B.55) 44. Poiché il lavoro risulta già in corso nel 1455,
la decorazione di questo libro, a causa della sua destinazione, dovette
avere la priorità assoluta nel contesto della febbrile attività dei miniatori
che lavoravano per il Magnanimo e, quindi, sicuramente ultimata prima
del gennaio 1456. In quella data, infatti, Baldassarre Scariglia ricevette
un pagamento per «ligar quernar e metre a punt XIIIJ volums de libres
dela libreria», tra i quali figura «un altre apellat de laudibus Virginis» 45.
Proprio in quegli anni, si registrano anche i primi pagamenti ai
miniatori Alfonso da Cordova e Cola Rapicano: nell’ottobre 1455, Cola
Rapicano, «illuminador dels libres dela libreria» e «Alfonso Spanyol,
del propedit offici», ricevono rispettivamente 15 ducati 46. Lo stesso
artista Alfonso, citato come «de Cordoba», ritorna in altri due documenti del novembre e dicembre dello stesso anno 47. Tuttavia, anche se
la genericità di questi pagamenti non consente di stabilire un legame
diretto con la realizzazione del breviario, Alfonso Spanyol – come già
ipotizzato dalla critica – fu con buona probabilità l’artefice principale
del breviario alfonsino 48.
Il fatto che il Magnanimo si fosse interessato personalmente alla
costituzione della sua biblioteca è confermato dalle richieste di acquisi43
Ibid., II, p. 237, docc. 116-117.
G. GUERRIERI, Il “Libro d’ore” di Alfonso il Magnanimo, «Accademie e Biblioteche d’Italia», 24 (1956), pp. 3-17.
45 Cfr. C. MINIERI RICCIO, Cenno storico dell’Accademia alfonsina istituita nella città
di Napoli nel 1442, Napoli 1875, pp. 9-10; DE MARINIS, La Biblioteca napolatana cit., II,
p. 240, doc. 152; G. TOSCANO, Mécènes et artistes du livre dans l’Italie du Quattrocento.
Manuscrits enluminés provenant de Naples dans les collections du cardinal de Granvelle,
in Le Granvelle et l’Italie au XVIe siècle. Le Mécénat d’une famille. Actes du colloque
international organisé par la Section d’italien de l’Université de Franche-Comté (Besançon, 2-4 octobre 1992), cur. J. BRUNET - TOSCANO, Besançon 1996, p. 31.
46 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana, II, p. 238, doc. 129.
47 Ibid., II, docc. 139, 145.
48 TOSCANO, Mécènes et artistes du livre cit., pp. 31-32; A. PUTATURO MURANO
DONATI, Libri miniati per Alfonso e Ferrante, in Libri a corte cit., pp. 20-22; TOSCANO,
Nápoles y el Mediterráneo cit., pp. 86-87, 401-405, n. 61. Per l’identificazione di Alfonso
da Cordova con Alfonso Rodriguez, miniatore prima al servizio del Magnanimo, poi di
Carlo di Viana, cfr. J. MOLINA, Las rutas mediterráneas de Alfonso Rodríguez, pintor y
miniaturista e corte, in Imágenes y promotores en el arte medieval. Miscelánea en homenaje a Joaquín Yarza Luaces, Barcellona 2001, pp. 521-529.
44
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
553
zione di volumi mancanti alla propria collezione. Nel maggio 1453, ad
esempio, inviò al catalano Clavier una lista di venticinque testi da comprare per la biblioteca «ben scrits et vertaders», in modo da colmare le
lacune esistenti. Si tratta essenzialmente di classici latini: testi di Ovidio,
Orazio, Lucrezio e Tibullo 49. La collezione continua ad arricchirsi mediante l’acquisto di altri testi classici quali Cicerone o Seneca, ma anche
di scrittori della Chiesa come Nicola di Lira, sant’Agostino e Scoto 50.
Nel 1455, oltre ai miniatori già citati Cola Rapicano e Alfonso Spanyol,
fra gli «scriptors e altres dela libreria» del re, figura un certo Maffeo o
Masseo 51, identificato con il miniatore Matteo o Maczeo Felice (fig. 10),
attivo per la biblioteca reale fino all’ultimo decennio del Quattrocento 52.
Lo stesso anno, un altro catalano, Garcia de Urrea, comprò altri
ventiquattro codici per la biblioteca di corte: la lista comprende per lo
più testi riguardanti le Sacre Scritture, quali Nicola di Lira e Scoto 53.
L’interesse di Alfonso si rivolge anche ai testi di geografia: il 28 febbraio
1456, ad esempio, fa comprare presso il mercante fiorentino Tommaso
Artani «un libre apellat Cosmografia Tolomei de forma maior, scrit en
pergaminis de letra antigua» 54.
Verso il 1455, come accennato, le collezioni librarie vennero trasferite da Castel Capuano in Castel Nuovo e proprio in quegli anni vengono
registrate le spese per la rilegatura di numerosi codici. Il 30 aprile 1456,
ad esempio, Baldassarre Scariglia, ricevette un pagamento
per ligar quernar e metre a punt XIIIJ volums de libres dela libreria
del dit Senyor apellats Lactancio, La primera pars de Sent Tomas,
les oraciones de Eschines e de Demostanes transfert des de grech en
lati, hun breviari, un libre de falcons, la gesta del Realme, dos libres
vocabularis, un missal en frances, un altre libre de Tullio e un altre
de Tullio apellat de Oratore, un altre apellat de laudibus Virginis e un
49
DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., I, pp. 9 e 34.
Ibid., II, p. 237, docc. 106, 161-117.
51 Ibid., II, p. 239, doc. 135.
52 G. TOSCANO, Matteo Felice: un miniatore al servizio dei re d’Aragona di Napoli,
«Bollettino d’Arte», 93-94 (1995), pp. 87-118; TOSCANO, Miniatori al servizio di Alfonso
il Magnanimo, Matteo Felice, in La Biblioteca reale di Napoli cit., pp. 374-381, 417-436;
TOSCANO, Felice, Matteo, in Dizionario biografico dei miniatori italiani cit., pp. 215-218;
TOSCANO, Felice, Matteo, in Allgemeines Künstler-Lexikon, 38, Monaco-Lipsia 2003,
pp. 59-61.
53 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., I, pp. 9-10.
54 MINIERI RICCIO, Alcuni fatti cit., p. 446; DE MARINIS, La Biblioteca napoletana
cit., pp. 241-242, doc. 168.
50
554
GENNARO TOSCANO
altre apellat Quinto Curcio: son stats guarnitis ab posts noves aludes
et correges emprentades ab porges de seda de moltes colors per los
gaffets 55.
Alcuni dei codici menzionati nella lista erano stati vergati e miniati
nello scriptorium palatino negli anni napoletani di Alfonso, come ad
esempio le Divinae Institutiones di Lattanzio (Besançon, Bibliothèque
municipale, ms 170), miniato dal Maestro «napoletano-catalaneggiante» 56,
il Moamyn, Trattato di falconeria, («un libre de falcons»), miniato verosimilmente da Alfonso da Cordova (New Haven, Yale University,
Beinecke Rare Book and Manuscript Library, ms 446), il Libro d’ore
(«un altre apellat de laudibus Virginis») della BN di Napoli (ms I.B.55)
e le Orationes di Cicerone della BnF (ms Latin 7782), codice miniato
dal Maestro di Isabella di Chiaromonte 57.
Negli ultimi anni di vita del sovrano, si assiste ad una vera e propria frenesia nell’acquisto di pergamene e nella committenza di codici
destinati alla biblioteca. Secondo la lucida interpretazione di Armando
Petrucci, la collezione di libri costituita da Alfonso in quegli anni, grazie
alla presenza di numerosi classici latini e traduzioni di autori greci, sembra superare il carattere cortese e aristocratico di tradizione medioevale,
per assumere la fisionomia di una vera e propria “Biblioteca di Stato”,
destinata a far crescere il prestigio del sovrano e a creare nello stesso
tempo un luogo d’incontro per gli umanisti disposti a tessere le lodi e
a celebrare il buon governo del Magnanimo 58.
A che cosa è legata questa metamorfosi delle raccolte librarie del
Magnanimo da “Biblioteca di corte” a “Biblioteca di Stato” e quale fu
la causa di quella vera e propria bulimia che caratterizzò il re bibliofilo
55 C. MINIERI RICCIO, Cenno storico della Accademia Alfonsina istituita nella città
di Napoli nel 1442, Napoli 1875, pp. 9-10; MINIERI RICCIO, Alcuni fatti cit., pp. 443-444;
DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, p. 240, doc. 152.
56 TOSCANO, Mécènes et artistes du livre cit., pp. 34-38.
57 La Biblioteca reial de Nàpols d’Alfons el Magnànim al duc de Calàbria 1442-1550.
Catalogo della mostra (Valencia, Monastero de San Miguel de los Reyes, 23 aprile-27
giugno 1999), cur. G. TOSCANO - M. C. CABEZA SANCHEZ ALBORNOZ, Valencia 1999,
pp. 56-59, n. 7.
58 PETRUCCI, Biblioteca, libri cit., pp. 10-11; G. TOSCANO, La formazione della biblioteca di Alfonso il Magnanimo: documenti, fonti, inventari, in La Biblioteca reale di
Napoli cit., pp. 183-219; TOSCANO, Alfonso il Magnanimo (1396-1458): un re bibliofilo
tra cultura tardogotica e umanesimo latino, in La Divina Commedia di Alfonso d’Aragona
re di Napoli, cur. M. BOLLATI, Modena 2006, pp. 11-61; TOSCANO, Le biblioteche dei
sovrani aragonesi cit., pp. 170-181.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
555
negli ultimi anni della sua vita? Se la biblioteca dei Visconti era imposta come modello per quella che il monarca aragonese aveva deciso di
organizzare durante i primi anni del suo regno napoletano, la libreria
reale sistemata in Castel Nuovo ebbe sicuramente altri modelli, ben più
complessi rispetto all’ancor medievale biblioteca pavese. È opportuno, in
realtà, rivolgere lo sguardo verso Roma, ed in particolare alla politica culturale del papa umanista Niccolò V (1397-1455), il quale, secondo il successore Pio II, aveva fatto «costruire una biblioteca riccamente decorata
di codici vecchi e nuovi, nella quale dispose circa tremila volumi» 59. Sulle
relazioni tra il pontefice e il monarca aragonese rimandiamo all’ampia bibliografia esistente; qui basti riprendere un’affermazione di Vespasiano da
Bisticci. Il celebre libraio considerò infatti il papa e il monarca come due
veri e propri protagonisti del Rinascimento italiano: «avevano i secoli dati
loro dua singulari benefattori, che l’uno era papa Nicola V, l’altro era
il re Alfonso. Che se avessino seguito come avevano cominciato questi
dua singulari prencipi, ne sarebono assai più non sono in tempi nostri,
et sarebono in più riputatione e più istimati che non sono» 60.
Quando Tomaso Parentucelli giunse sulla cattedra di San Pietro
(1447), la Biblioteca vaticana contava 351 codici (inventario del 1443),
mentre alla sua morte (1455) ne contava in realtà circa 1.230, tra manoscritti greci e latini 61. Grazie ai proventi del giubileo del 1450, il
pontefice si preoccupò non solo di fare edificare l’ala nord del Palazzo
vaticano, ma soprattutto di organizzare e incrementare la biblioteca,
sistemata nell’area nord del Palazzo e divisa in tre sezioni. Il pontefice
riunì i codici dispersi nei vari palazzi pontifici riorganizzandoli grazie
al personale appositamente stipendiato, commissionò nuove traduzioni
dal greco al latino e fece acquistare numerosi codici sacri e profani 62.
Manetti scrive inoltre che il pontefice aveva raccolto uno straordinario
numero di libri greci e latini per la comune utilità di tutti i prelati
59
Aeneae Sylvii Piccolomini Commentaria, in Opera Omnia, Basilea 1541, p. 459,
cit. e trad. da L.E. BOYLE, Per la fondazione della Biblioteca vaticana, in A. MANFREDI,
I codici latini di Niccolò V: edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città
del Vaticano 1994, p. XVI.
60 V. BISTICCI, La vita di Re Alfonso di Napoli, in Le Vite cit., I, p. 101.
61 Cfr. MANFREDI, I codici latini di Niccolò V cit.; MANFREDI, La nascita della Vaticana in età umanistica. Da Niccolò V a Sisto IV, in Storia della Biblioteca Apostolica
Vaticana, I, Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (14471534), cur. MANFREDI, Città del Vaticano 2010, pp. 147-236.
62 P. PIACENTINI, Le Biblioteche papali. La Biblioteca Vaticana, in Principi e signori
cit., pp. 132-141.
556
GENNARO TOSCANO
della chiesa ma anche «ad perpetuum quoque et eternum sacrii palatii
ornamentum» 63.
A Niccolò V successe Callisto III, il vecchio Alfonso Borgia, fedelissimo del Magnanimo 64. L’inventario dei libri compilato in quell’occasione da Cosimo di Montserrat, datario, confessore e bibliotecario del
papa, descrive i codici latini (824), i codici greci (412) e quelli presenti
nella collezione privata del papa (243) 65.
Le relazioni tra Niccolò V e il Magnanimo e tra questi e il vecchio
papa Borgia facilitarono un nuovo asse di scambi tra Roma e Napoli.
E fu sicuramente questo nuovo asse che permise al Magnanimo di conoscere ed apprezzare il nuovo progetto della biblioteca vaticana voluta
da Niccolò V.
In questa congiuntura Roma-Napoli bisogna richiamare un altro
personaggio: Antonio de la Cerda, abile teologo, uomo di fiducia di
Niccolò V e di Alfonso il Magnanimo. Su proposta del monarca, Niccolò V gli conferì l’arcivescovato di Messina, e sempre grazie all’intervento
del re il 16 febbraio 1448 fu elevato alla dignità cardinalizia. Il papa
lo nominò poi inquisitore generale nel regno d’Aragona. Tra il 1449
e il 1452, Antonio de la Cerda alterna infatti la sua vita tra Roma e
Napoli dove Alfonso gli aveva affidato tra l’altro l’educazione del figlio
Ferrante: risultato di quest’esperienza fu la redazione del suo trattato
De educatione principum.
Amico e protettore degli umanisti, il cardinale de la Cerda possedeva una raccolta di preziosi manoscritti che vennero acquistati alla sua
morte (12 settembre 1459) da Pio II, suo esecutore testamentario 66.
Come recentemente riproposto da Laura Zabeo, per la decorazione
dei suoi codici si rivolse non solo al prolifico e monotono Gioacchino
de’ Gigantibus, ma anche ad un miniatore fiammingo-borgognone cui
si deve la splendida miniatura tabellare con l’Annunciazione che orna
il frontespizio delle Epistulae di San Gerolamo (BAV, Vat. Lat. 362) 67.
63 G. MANETTI, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontifici, ed. A. MODIGLIANI,
Roma 2005, p. 56. Il corsivo è mio.
64 Sui rapporti tra Alfonso Borgia e il Magnanimo cfr. M. NAVARRO SORNÌ, Calixto III, Valencia 2008, pp. 177-241.
65 MANFREDI, La nascita della Vaticana in età umanistica cit., pp. 182-189.
66 Cfr. A.A. STRAND, Cerda y Lloscos, Antonio, in Dizionario biografico degli italiani,
23, Roma 1979, pp. 704-706.
67 L. ZABEO, I libri per i papi umanisti. La miniatura a Roma nel primo Rinascimento, tesi di dottorato, Università degli studi di Firenze, relatore A. De Marchi, 2016,
pp. 97-102.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
557
Vicino ai modi di Roger van der Weyden, il miniatore impagina la
scena seguendo i canoni della pittura monumentale: a sinistra, la scena
dell’Annunciazione è rappresentata in una camera con loggiato dipinta
secondo la prospettiva empirica, mentre a destra sono raffigurati il
committente accompagnato dai santi Girolamo e Antonio Abate. Anche
l’iniziale istoriata con San Girolamo dipinto all’interno di uno spazio
gotico richiama l’ars nova fiamminga. Il codice era stato trascritto da
Giovanni Caldarifex di Monthabur, copista tedesco al servizio del cardinale de la Cerda 68.
Il frontespizio della Postilla super Novum Testamentum di Niccolò da
Lira vergato nel 1458 con buona probabilità per lo stesso cardinale de la
Cerda e con stemma aggiunto da Federico da Montefeltro (BAV, Urb.
Lat. 13) fu anch’esso miniato da un artista nordico 69. Il f. 5 con la raffigurazione dell’albero di Jesse in corrispondenza alla Genealogia di Cristo
nel Vangelo di Matteo presenta infatti caratteri spiccatamente nordici.
Il cardinale de la Cerda condivideva dunque con Alfonso il Magnanimo il gusto per l’ars nova fiamminga. Come è noto, il Magnanimo
aveva raccolto una delle più importanti collezioni di dipinti di Jan van
Eyck nonché di arazzi da cartoni di Roger van der Weyden, sicuramente
la più ricca dei suoi tempi 70. La maniera fiamminga fu infatti particolarmente in voga nello scriptorium di Castel Nuovo al tempo del sovrano
come dimostrano le miniature del suo Libro d’ore (BNN, ms I.B.55)
nonché le pagine del Libro d’ore oggi al Getty Musem di Los Angeles
(ms Ludwig IX 12) 71.
La biblioteca di corte voluta dal Magnanimo sull’esempio di quella
viscontea di Pavia si trasformò negli ultimi anni di vita del monarca in
vera e propria Biblioteca di Stato in linea con quella organizzata da Nic-
68
Cfr. anche J. RUYSSCHAERT, Une Annonciation inspirée de Roger de la Pasture
dans un manuscrit romain de 1459, in Mélanges d’archéologie et d’histoire de l’art offerts
au professeur Jacques Lavalleye, Louvain 1970, pp. 249-258.
69 ZABEO, I libri per i papi umanisti cit., pp. 102-103.
70 G. TOSCANO, Opere fiamminghe nelle collezioni di Alfonso il Magnanimo, in Le
carte aragonesi. Atti del convegno (Ravello, 3-4 ottobre 2002), cur. M. Santoro, PisaRoma 2004, pp. 165-189; C. CHALLÉAT, Dalle Fiandre a Napoli. Committenza artistica,
politica diplomazia al tempo di Alfonso il Magnanimo e Filippo il Buono, Roma 2012;
G. TOSCANO, Naples et la cour de Bourgogne à l’époque des rois d’Aragon (1442-1495),
in La cour de Bourgogne et l’Europe. Le rayonnement et les limites d’un modèle culturel, Atti del convegno (Parigi, Institut Historique Allemand, 9-11 ottobre 2007), cur.
W. PARAVICINI, Memmingen 2013, pp. 559-579.
71 El Renacimiento Mediterráneo cit., pp. 406-409, n. 62 (G. TOSCANO).
558
GENNARO TOSCANO
colò V nei palazzi vaticani. Alla morte di Alfonso, nel 1458, la biblioteca
reale di Castel Nuovo aveva una sua vera e propria fisionomia con copisti,
miniatori e rilegatori al suo servizio. Essa diventa il simbolo tangibile della
potenza aragonese in Italia e emblema dell’humanitas del Magnanimo.
3. La biblioteca di Ferrante d’Aragona
Ad Alfonso succedette il figlio naturale Ferrante, la cui personalità è
stata a lungo occultata dal mito dell’età d’oro del Magnanimo. Tuttavia,
le scelte culturali di Ferrante furono di primaria importanza per la vita
intellettuale napoletana dell’epoca. Oltre all’affermazione del volgare
toscano fra i letterati napoletani, al tempo di Ferrante si consolidò una
vera e propria classe dirigente formata da napoletani e più in generale
da italiani. Se la corte di Alfonso era stata un polo di attrazione per
gli umanisti, i letterati, i bibliotecari e i miniatori spagnoli, quella di
Ferrante fu particolarmente attenta allo sviluppo delle energie locali e
di una letteratura in lingua volgare.
Anche la sua biblioteca fu caratterizzata da un’intensa italianizzazione dei testi che finì per eliminare l’antico plurilinguismo romanzo e
le tracce mediterranee della presenza iberica. Sin dal primo decennio
del suo regno si consolida, infatti, il prestigio della letteratura in lingua
volgare che trova nella corte il suo pubblico naturale. La traduzione
dell’Historia naturalis di Plinio, realizzata da Cristoforo Landino e inviata a Ferrante verso il 1473, apre il dibattito su quale fosse la lingua più
adatta all’esercizio letterario. La posizione assunta da Giovanni Brancati,
«librero mayor del Senyor Rey», incaricato di rivedere la traduzione
in volgare del Landino, permette di misurare la temperatura di tale
dibattito. Egli esprime, infatti, vere e proprie riserve nei confronti del
toscano, proponendo come alternativa una lingua «sermoni nostro quotidiano proprior» 72. Nonostante le riserve espresse in generale sull’uso
del volgare, Giovanni Brancati accettò la sfida e la sua traduzione di
Plinio rimane il documento più organico del volgare comune del Regno.
Come ha giustamente scritto Armando Petrucci, negli anni in cui
Ferrante successe al padre, a «quell’asse di corrispondenza letteraria,
libraria, grafica e artistica che aveva collegato per decenni Napoli a
72
G. PUGLIESE CARRATELLI, Due epistole di Giovanni Brancati su la “Naturalis
historia” di Plinio e la versione di Cristoforo Landino, testi inediti del secolo XV, «Atti
dell’Accademia Pontaniana», N. Ser., 3 (1951), pp. 179ss.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
559
Barcellona, se ne venne sostituendo, anche (se non soprattutto) sul terreno della produzione libraria, un altro tutto italiano e tutto umanistico:
quello tra Firenze e Napoli» 73. Questo nuovo asse Napoli-Firenze fu
facilitato dall’attività di mediazione svolta dal celebre libraio fiorentino
Vespasiano da Bisticci. Nel 1463, Vespasiano riuscì ad ottenere da
Ferrante un privilegio che lo liberava da qualsiasi concorrenza da parte di altri mercanti fiorentini nel suo commercio librario a Napoli; in
questo era sostenuto da Jacopo Acciaiuoli, allora eletto consigliere del
re. I rapporti tra il sovrano e il libraio erano eccellenti; quest’ultimo lo
informava su tutte le «cose degne» che accadevano a Firenze 74, mentre
Ferrante lo raccomanda a Piero dei Medici 75.
Oltre ai documenti, sono soprattutto i numerosi codici realizzati a
Firenze per Ferrante che testimoniano il suo interesse per tutto ciò che
veniva prodotto nella capitale toscana (fig. 11). Negli stessi anni, anche a
Napoli si cominciarono a produrre manoscritti miniati alla “fiorentina”,
caratterizzati non soltanto dalla scrittura di tipo umanistico-fiorentina,
ma soprattutto dalla grande diffusione della decorazione a bianchi girari.
I rappresentanti di questa tendenza furono, per la decorazione, Cola
Rapicano (fig. 12) 76 e il miniatore di origine tedesca Gioacchino de Gigantibus (fig. 13) 77, e per la scrittura, lo scriba Giovanni Marco Cinico
da Parma, al servizio degli Aragonesi dal 1458 al 1498. Quest’ultimo,
allievo del fiorentino Piero Strozzi, abitava in Castel Nuovo, beneficiava
di un salario fisso ed era protetto da Ferrante 78.
73
PETRUCCI, Biblioteca, libri cit., p. 16.
Cfr. le lettere scritte da Ferrante a Vespasiano nel 1467 e nel 1468: M. CAGNI,
Vespasiano da Bisticci e il suo epistolario, Roma 1969, pp. 154ss.
75 La lettera è del 1467: F. TRINCHERA, Codice aragonese o sia lettere regie [...],
Napoli 1866-1874, I, pp. 133-134.
76 Cfr. supra, nota 40.
77 G. TOSCANO, Gioacchino de Gigantibus, in La Biblioteca reale di Napoli cit.,
pp. 437-440; F. PASUT, Gioacchino di Giovanni de’ Gigantibus, in Dizionario biografico
dei miniatori cit., pp. 265-267; TOSCANO, Gioacchino di Giovanni de’ Gigantibus, in
Allgemeines Künstler- Lexikon, 54, 2007, pp. 382-383.
78 DE MARINIS, Biblioteca napoletana cit., I, pp. 42-51. Sul calligrafo cfr. M. DE
NICHILO, Cinico, Giovan Marco, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25, 1981, pp. 634636; P. FARENGA - A. MODIGLIANI, Nella biblioteca aragonese: un copista e il suo re.
Giovan Marco Cinico per Ferrante, in Biblioteche nel Regno fra Tre e Cinquecento cit.,
pp. 65-88; C. CORFIATI - M. SCIANCALEPORE, “Et non se trova in libraria”: note sull’Elenco
historico del Cinico, ibid., pp. 89-117. Altri scribi, quali Tommaso da Venia, Oddo
Quarto, Antonio Sinibaldi, Ippolito da Luni, Giovanni Rainaldo Mennio, Venceslao
Crispo e ancora altri offrirono i loro servigi a Ferrante: DE MARINIS, La Biblioteca
napoletana cit., II, pp. 42ss.
74
560
GENNARO TOSCANO
Durante il regno di Ferrante, la biblioteca “alfonsina” fu ristrutturata attraverso l’impiego di personale regolarmente retribuito – scribi e
miniatori – come appare nel Memoriale presentato da Giovanni Brancati, bibliotecario del re 79.
Sfortunatamente, non si conservano inventari della biblioteca reale
al tempo di Ferrante, tranne una lista di 266 libri che il re, nel 1481,
fu costretto a dare come pegno alla banca dei Pandolfini di Firenze in
cambio di un prestito di 38.000 ducati 80. Questo inventario, che rispetto
alle collezioni alfonsine presenta alcune novità, quali la presenza di 40
manoscritti greci e 46 incunaboli, contiene un centinaio di testi classici
e una cinquantina di autori moderni. Tuttavia, come ha suggerito A. Petrucci, questa lista fornisce un’idea parziale e deformata, quindi erronea
della biblioteca reale. La scelta degli articoli, infatti, offerti in pegno fu
effettuata dagli esperti dei Pandolfini i quali privilegiarono i libri che
sembravano di miglior qualità e più moderni agli occhi dei fiorentini;
non a caso trascurarono alcuni lussuosi capolavori appartenenti all’eredità aragonese-mediterranea e alla tradizione medioevale 81.
La mancanza di inventari della biblioteca di Ferrante non consente
quindi di quantificare il numero di codici fatti realizzare dal re: solo
l’esame codicologico e l’analisi storico-artistica di ogni manoscritto proveniente dalla biblioteca reale di Napoli possono dare un’idea, anche
se parziale, di quella che fu con la biblioteca vaticana una delle più
importanti raccolte librarie del secondo Quattrocento in Europa.
Il regno di Ferrante, oltre all’apertura verso Firenze, è caratterizzato anche da nuovi e proficui scambi con le altre corti della penisola,
quali quella degli Sforza e degli Este, e con monarchie straniere come
quella di Mattia Corvino, re d’Ungheria. I figli del re, infatti, si legarono alle più illustri casate dell’epoca: il primogenito, Alfonso duca di
Calabria, sposò nel 1465 Ippolita Sforza; Eleonora andò in sposa nel
1473 ad Ercole d’Este e, infine, Beatrice a Mattia Corvino nel 1476.
Di conseguenza, anche lo scriptorium di Castel Nuovo, diretto da Cola
Rapicano, cominciò a produrre a partire dagli anni ’70 codici nei quali
79
Il testo è tratto dalle Orationes di Giovanni Brancati, ms 774 (nuova segnatura)
della Vbhu, pubblicato da DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., I, pp. 184-186,
251ss.; II, p. 35.
80 H. OMONT, Inventaire de la Bibliothèque de Ferdinand Ier d’Aragon roi de Naples,
«Bibliothèque de l’Ecole des Chartes», 70 (1909), pp. 456-479; DE MARINIS, Biblioteca
napoletana cit., II, pp. 187-192.
81 PETRUCCI, Biblioteca, libri cit., p. 16.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
561
la tradizionale decorazione fiorentina a bianchi girari viene associata al
repertorio naturalistico-floreale di gusto ferrarese e lombardo.
L’introduzione della stampa costituisce un altro elemento nuovo
del lungo regno di Ferrante. Nel 1470, lo stampatore tedesco Sixtus
Riessinger aprì bottega nella capitale meridionale. Nel corso dell’ultimo
trentennio del secolo a Napoli furono stampati circa 300 libri 82. L’introduzione della stampa era stata salutata con entusiasmo dall’umanista
Iuniano Maio nella lettera dedicatoria del suo De priscorum proprietate
verborum, stampato nel 1475. Nella dedica a Ferrante, Iuniano Maio
esalta il ruolo del processo meccanico della riproduzione e nota un parallelismo tra la rinascita degli studi classici e questo tipo di produzione
dei testi che ne facilitava la circolazione.
Una breve parentesi solo per ricordare che i rapporti con Firenze e
la Toscana in quello stesso giro di anni si rivelano profondi e fruttuosi
anche sul piano della letteratura in volgare. A Napoli fu stampata l’editio princeps del Decameron, la così detta Deo Gratias (Napoli, Tipografia
del Terenzio, 1470), che non poca influenza esercitò sulla raccolta di
novelle più ambiziosa prodotta da un regnicolo, il Novellino di Masuccio Salernitano, che, nella distribuzione e nel dosaggio delle dediche
premesse alle singole novelle, rivela fino a che punto fosse organico
alla corte di Ferrante dopo l’iniziale tirocinio compiuto a Salerno. Il
decennio ’70-’80 registra almeno altri tre episodi decisivi per gli sviluppi
della letteratura in volgare a Napoli, che va progressivamente liberandosi
dagli impacci della koiné linguistica meridionale per attingere un più
sostenuto decoro formale nello studio e nel confronto con i modelli
toscani. Si tratta di fatti notissimi: l’arrivo della Raccolta aragonese nel
1476, il commento ai Rerum vulgarium fragmenta di Francesco Patrizi,
umanista senese vescovo di Gaeta, l’ambientazione a Napoli della “moderna” poesia bucolica di provenienza senese-fiorentina, di cui l’Arcadia
di Sannazaro rappresenterà l’esito più maturo: ciò che va sottolineato è
che tutti e tre i casi sono riconducibili a precise scelte di committenza
di membri della casa regnante: il principe Federico nel primo caso, il
duca Alfonso negli altri due 83.
Anche se la biblioteca di Ferrante era ricca di incunaboli, i fondi
della biblioteca regia si arricchirono di un gran numero di manoscritti
82
M. SANTORO, La stampa a Napoli nel Quattrocento, Napoli 1984, pp. 12ss.
Cfr. T.R. TOSCANO, Linee di storia letteraria dal regno aragonese alla fine del
viceregno spagnolo, in Storia e civiltà della Campania. Il Rinascimento e l’Età Barocca,
cur. G. PUGLIESE CARRATELLI, Napoli 1993, pp. 413-439: 417-421.
83
562
GENNARO TOSCANO
realizzati per Ferrante proprio tra il 1470 e il 1495, cioè nel momento
in cui la stampa aveva fatto il suo ingresso nella capitale del regno. Pur
proteggendo le officine di stampatori e facendo acquisire per la biblioteca regia un certo numero di incunaboli, Ferrante continuò tuttavia a
commissionare codici non solo alle botteghe fiorentine, ma anche a tutti
gli artisti che gravitavano in ambito regio, quali i Rapicano, Gioacchino
de Gigantibus, Cristoforo Majorana e Matteo Felice. Questi stessi artisti
furono chiamati anche per miniare i frontespizi e le iniziali degli incunaboli destinati alla biblioteca regia 84. Anche se i rapporti tra officine
tipografiche, miniatori e scribi si intensificarono – spesso il testo di
un incunabolo servì da modello agli scribi – l’arte della stampa riuscì
difficilmente, almeno nell’ambito della corte, a soppiantare il libro manoscritto. I lussuosi codici miniati, con le loro solide rilegature in legno
ricoperte di cuoio, di velluto o di seta e i loro fermagli in argento e in
oro erano oggetti troppo ammirati per essere rapidamente sostituiti dai
severi e poco eleganti incunaboli 85.
Dopo la congiura dei baroni, nel 1486 Ferrante fece confiscare le
raccolte librarie dei ribelli e le fece trasferire a Castel Nuovo. La maggior parte dei volumi appartenenti ai baroni fu presa come bottino di
guerra da Carlo VIII nel 1495 e trasferita in Francia. Conservati presso
la BnF, tali codici sono stati pubblicati nei due volumi di supplemento
alla Biblioteca napoletana dei re d’Aragona: 25 provenivano dalle collezioni di Giovanni II Caracciolo, duca di Melfi; 58 in latino e in volgare, nonché 21 codici greci erano appartenuti al segretario Antonello
Petrucci 86; 31 a Pietro de Guevara, principe di Sirignano, marchese del
Vasto e Gran Siniscalco del Regno; 18 ad Angilberto del Balzo, conte
di Ugento 87, 14 a Girolamo Sanseverino, principe di Bisignano 88.
84
BAURMEISTER, Libri a stampa della Biblioteca reale di Napoli cit., pp. 289-298.
A. MAURO, Francesco del Tuppo e il suo “Esopo”, Città di Castello 1926,
pp. 47-48.
86 Sulla biblioteca di Antonello Petrucci cfr. ora R. RUGGIERO, «Homines talem
scribendi qualem vivendi formulam tenent». Appunti intorno alla biblioteca di Antonello Petrucci “secretario” ribelle, in Biblioteche nel Regno fra Tre e Cinquecento cit.,
pp. 171-192.
87 H. OMONT, La Bibliothèque d’Angilberto Del Balzo duc de Nardò et comte
d’Ugento au Royaume de Naples, «Bibliothèque de l’Ecole des Chartes», 62 (1901),
pp. 241-250. Sul soggetto si veda ora anche L. PETRACCA, Gli inventari di Angilberto
del Balzo, conte di Ugento e duca di Nardò, Roma 2013.
88 Altri contributi sulle raccolte librarie di alcuni baroni ribelli hanno consentito
di ampliare i profili forniti da De Marinis: C. DE FREDE, Biblioteche e cultura di signori
napoletani del ’400, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 25 (1963), pp. 18785
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
563
Contemporaneamente alla confisca delle raccolte librarie dei baroni
ribelli, Ferrante eredita la splendida collezione di codici e incunaboli
del figlio, il cardinale Giovanni morto nel 1485; molti di questi codici
presentano infatti la nota «cardenale». Tammaro De Marinis aveva
consacrato pochissime pagine alla raccolta libraria del prelato, una collezione raffinatissima che vantava alcuni tra i capolavori della miniatura
all’antica realizzati tra il Veneto e Roma, e che oggi è possibile ricostruire grazie agli studi di Albinia de la Mare 89 et di Thomas Haffner 90.
Dopo la morte precoce di Giovanni, quasi tutti i suoi libri, che allora
erano forse custoditi nel suo palazzo presso l’Abbazia di Montevergine,
furono incorporati nella Biblioteca Reale in Castel Nuovo. Nella maggior parte dei codici del prelato, sia il cappello protonotarile sia quello
cardinalizio – miniati al di sopra dello stemma napoletano-aragonese
sui frontespizi – furono ricoperti dalla corona reale, come si evince nel
bas-de-page del frontespizio del Caecilius Cyprianus, Epistolae (BnF, ms
Latin 1659, fig. 14), codice vergato a Napoli dal Mennio e miniato a
Roma da Gaspare da Padova 91.
Dopo la congiura dei baroni e l’ingresso dei volumi del cardinale, la
biblioteca regia contava circa 2.000 volumi tra manoscritti e incunaboli.
Con buona probabilità fu proprio in quell’occasione che Ferrante chiese
al Cinico un indice alfabetico per materia di tutti gli autori e di tutte
le opere; il re volle mettere un po’ d’ordine nella sua ormai ricchissima
biblioteca. Di quella richiesta del sovrano rimane l’Elenco Historico et
cosmografo del Cinico (BAV, ms Chigi M VIII 159), pubblicato dal
De Marinis e recentemente studiato da Claudia Corfiati e Margherita
Sciancalepore 92.
Oltre all’Elenco historico il Cinico redasse anche un elenco philosofico, ma mancano tracce di lavori simili riguardanti la retorica, la musica,
la dialettica, ecc. Come affermato da Claudia Corfiati, «è probabile che
197; G. VITALE, Le rivolte di Giovanni Caracciolo, duca di Melfi, e di Giacomo Caracciolo, conte di Avellino, contro Ferrante I d’Aragona, «Archivio Storico per le Province
napoletane», 84-85 (1966-1967), pp. 64-73; M. DEL TREPPO, La Biblioteca dei Gesualdo,
feudatari nel Regno di Napoli, in Italia et Germania. Liber amicorum Arnold Esch,
Tübingen 2001, pp. 583-601.
89 A.C. DE LA MARE, The Florentine scribes of cardinal Giovanni of Aragon, in
Il Libro e il testo. Atti del convegno (Urbino, 20-23 settembre 1982), cur. C. QUESTA R. RAFFAELLI, Urbino 1984, pp. 245-295.
90 HAFFNER, Die Bibliothek des Kardinals Giovanni d’Aragona cit.
91 Une Renaissance en Normandie cit., pp. 178-179, n° 54 (G. TOSCANO).
92 CORFIATI - SCIANCALEPORE, “Et non se trova in libraria” cit.
564
GENNARO TOSCANO
il Cinico nell’organizzare il suo lavoro si attenga semplicemente alla
struttura con la quale si presentava ai suoi occhi in quel momento la
biblioteca del re» 93.
Le note e antiche segnature poste su numerosi codici aragonesi hanno indotto gli studiosi della biblioteca ad ipotizzare che i volumi fossero
divisi per materia: Theologia, Philosophia, Philosophia e Nigromantia, Eloquentia, Poeti, Istorici, Theologi vulgari, ecc. e che i libri fossero sistemati
in armadi o posti su banchi. Purtroppo, non abbiamo nessuna immagine
della disposizione dei codici all’interno della biblioteca. Anche su numerosi codici miniati a Napoli presentano raffigurazioni di studioli nelle iniziali
miniate (fig. 10), risulta tuttavia difficile immaginarli come evocazioni
della biblioteca reale. Manca in realtà una raffigurazione della biblioteca
aragonese comparabile all’affresco relativo alla biblioteca sistina o al frontespizio delle Histoires romaines in cui Jean Mansel restituisce l’immagine
della biblioteca del cardinale d’Amboise nel castello di Gaillon 94.
Comunque sia, le antiche segnature e le indicazioni della materia
poste sulle antiporte di alcuni codici aragonesi che hanno conservato
la loro legatura quattrocentesca permettono di affermare che la biblioteca regia aveva ormai una sua precisa organizzazione. Qui di seguito
qualche esempio.
Nella sezione consacrata alla Theologia fu sicuramente sistemato
dopo la morte del cardinale d’Aragona (1485), il bel volume Super
secundo libro Sententiarum di Duns Scoto (BnF, ms Latin 3063) 95, la
cui antiporta presenta la scritta «scoto a la theologia n° VIII» (fig. 15).
Nella stessa sezione erano conservati il Tractatus fidei di Francesco da
Gaeta e la Cronaca di Partenope (BnF, ms. Italien 304) 96, la cui antiporta presenta la nota «teologia presso a lo tecto».
Nella sezione Philosophia era, ad esempio, conservato l’esemplare
del De Physica, Metaphysica di Aristotele nella traduzione di Giovanni
Argyropulo (BnF, ms Latin 6324), appartenente al cardinale Giovanni
d’Aragona 97, sulle cui antiporte si legge «cardenale | tab. II philoso-
93
Ibid., p. 95.
Si veda la raffigurazione della biblioteca del prelato sul frontespizio delle Histoires romaines di Jean Mansel, BnF, ms Français 54: Une Renaissance en Normandie cit.,
pp. 219-221, n. 72 (M. HERMANT).
95 Ibid., pp. 199-200, n° 64 (M. HERMANT).
96 DE MARINIS, Biblioteca napoletana cit., II, p. 56.
97 HAFFNER, Die Bibliothek des Kardinals Giovanni d’Aragona cit., pp. 229-230,
n° 12.
94
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
565
phie liber XIIII» e «In philosophia et nigromantia … numero VIIII»
(fig. 16).
Nella sezione Philosophia e Logica si trovano il volume contenente
il De officiis di Cicerone, le Epistolae ad Paulum e il De Providentia
di Seneca nonché i Septem psalmi poenitentiales di Petrarca (BnF, ms
Latin 6344) 98. Sul frontespizio di questo codice si legge la nota «De re
Alfonso | Tabula eloquentie in medio liber xl XV» mentre sull’antiporta
la scritta «A li philosophi et logica».
Tra gli Historici era conservato il San Gerolamo (BnF, ms Latin
1795) 99 sulle cui antiporte appaiono le indicazioni «Historici n° XVIII»
e «Tabula historie versus hostium ad terram, liber XV».
Il lussuoso codice di Andalo di Negro, contenente il Tractatus de
Sphaera e la Theorica planetarum (BnF, ms Latin 7272) e miniato a Napoli verso il 1325-30 100, era conservato nella sezione Astronomia, come
si evince dalla nota della seconda antiporta «Astronomye».
Tra i Poeti era l’esemplare del De Arte poetica, Satyrae et Epistulae
di Orazio (BnF, ms Latin 7980), codice del XII-XIII secolo appartenuto
ad Antonello Petrucci e giunto nelle collezioni reali dopo la congiura
dei Baroni 101. Sulla prima antiporta è la scritta «tabula poetice ad terram
liber X Sunt alii» (fig. 17), sul f. 1v l’indicazione «secretario» e sulla
seconda antiporta «ad poetae».
Nella sezione Vulgari erano conservate ad esempio le Ricette per
ammazare li vermi a li falconi di Panuntio (BnF, ms Italien 457) 102,
come testimoniato dalla nota scritta sulla seconda antiporta «recette de
amazare li vermi a li vulgale».
Una volta riorganizzata la biblioteca reale dopo l’arrivo delle collezioni del cardinale Giovanni e dei baroni ribelli, Ferrante fece miniare
alla fine del suo regno uno dei codici più lussuosi del Rinascimento
napoletano: il De Maiestate di Iuniano Maio (BnF, ms Italien 1711) 103.
98
DE MARINIS, Biblioteca napoletana cit., I, p. 8; II, p. 46.
Ibid., I, p. 177; II, p. 81.
100 Ibid., Supplemento, I, pp. 42-44.
101 Ibid., p. 235.
102 DE MARINIS, La Biblioteca napoletana cit., II, p. 122.
103 Per l’edizione critica del testo cfr. I. MAIO, De Majestate, inedito del sec. XV,
ed. F. GAETA, Bologna 1956. Sul codice, cfr. G. TOSCANO, À la gloire de Ferdinand
d’Aragon, roi de Naples: le De Majestate de Iuniano Maio, ms it. 1711 de la Bibliothèque
Nationale, in L’Illustration. Essais d’iconographie, cur. M.T. CARACCIOLO - S. LE MEN,
Paris 1999, pp. 125-144; TOSCANO, Pour Nardo Rapicano enlumineur: le Missel d’Alfonso
Strozzi de la bibliothèque universitaire de Leipzig, in Quand la peintures était dans les
99
566
GENNARO TOSCANO
Dedicato alla gloria di Ferrante d’Aragona e scritto una trentina di anni
dopo il De Principe di Giovanni Pontano, il trattato celebra l’apoteosi
della dinastia aragonese nel momento in cui i conflitti interni si erano
affievoliti, sebbene altre nubi si addensassero all’orizzonte. Il sovrano vi
appare come il garante della concordia tra i sudditi e dello splendore
dello stato nella politica estera.
Iuniano Maio, professore tra il 1465 e il 1480 presso lo Studium
napoletano e precettore di alcuni membri della corte e di Jacopo Sannazaro, sottolinea l’incapacità dello spirito nel penetrare il significato
del concetto di maestà e delle sue virtù. Prosegue enumerando alcune
categorie come la liberalità, la magnanimità, ecc., mostrando che è possibile coglierne l’essenza attraverso l’osservazione e la frequentazione di
Ferrante d’Aragona. Sin dalle prime battute, l’autore afferma una sorta
di primato dell’esperienza rispetto alla conoscenza libresca, e descrivendo le virtù tradizionalmente attribuite al principe ideale, Maio le illustra
attraverso gli esempi desunti dalla vita di Ferrante 104.
Pochi codici sono così ben documentati come questo parigino. Innanzitutto, nell’explicit si legge: «Finisce la opera de Majestate composta
da Missere Juniano Maio Cavalere Neapolitano 1492» (f. 64r). Nello
stesso anno, lo scriba Giovan Marco De Russis riceve un pagamento per
il testo di quest’opera 105 e, nell’aprile del 1493, Nardo Rapicano riceve
la somma di 15 ducati, 4 tarì e grana 16, e cioè 4 tarì «per uno principio istoriato che ha facto in un libro, che ha composto messer Juliano
de Magio de laudi de Soa Maestà in vulgare; XV duc. per trenta istorie
che ha fatte in dicto libro; che ciascuna è uno quatro dintro multe figure; et XV grana per vinti una lictera perusina fatte in ditto libro» 106.
Il codice di Parigi non è l’esemplare offerto al re dall’autore, ma
la versione realizzata su incarico di Ferrante in «littera antiqua fina»,
da Giovan Matteo de Russis e riccamente miniata da Nardo Rapicano.
livres. Mélanges offerts à François Avril, cur. M. HOFMANN - E. KOËNIG - C. ZÖHL,
Turnhout-Paris 2007, pp. 352-365: 352-353.
104 L. MIELE, Politica e retorica nel “De Maiestate” di G. Maio, «Quaderni dell’Istituto nazionale di studi sul rinascimento meridionale», 4 (1987), pp. 27-60; J. BARRETO,
La Majesté en images. Portraits du pouvoir dans la Naples des Aragon, Roma 2013,
pp. 229-265.
105 MINIERI RICCIO, Cenno storico dell’Accademia Alfonsina cit., p. 17; E. PÈRCOPO,
Nuovi documenti sugli scrittori e gli artisti dei tempi aragonesi, «Archivio Storico per le
Province Napoletane», 19 (1894), p. 754.
106 N. BARONE, Le cedole di tesoreria dell’Archivio di Stato di Napoli dall’anno 1460
al 1504, «Archivio Storico per le province napoletane», 20 (1885), pp. 22-23.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
567
Il testo è diviso in venti capitoli illustrati da 26 miniature di forma
quadrata; ne mancano quattro rispetto alle 30 citate nel pagamento del
1493 107. Il frontespizio presenta un fregio a bianchi girari con lo stemma
di Ferrante d’Aragona, secondo un gusto assai diffuso nella miniatura
napoletana del secondo Quattrocento, decorazione che era stata particolarmente utilizzata per i testi classici o umanistici.
Che i ricchi volumi miniati della biblioteca reale venissero letti, ammirati e commentati dagli umanisti di corte è testimoniato da un sonetto
di Sannazaro, come recentemente ha dimostrato Tobia R. Toscano. Il
sonetto 85, fin qui creduto rivolto a re Federico a celebrazione di un
dipinto che si ammirava nella villa di Poggio Reale, si rivela come tessera cui è consegnata la traccia superstite di un dialogo tra il sovrano
e un poeta della sua cerchia:
Vedi, invitto signor, come risplende
in cor real virtù con saper mista;
vedi colui, che sol, sì fiero in vista,
da tre nemici armati or si difende.
Sotto breve pittura qui si intende
come offesa ragion più forza acquista,
e come l’empia frode, irata e trista,
con vergogna se stessa al fin riprende.
Oh quanta invidia e meraviglia avranno
al secol nostro di sì rara gloria
gli altri, che dopo noi qui nasceranno!
E forse alcun sarà, che, per memoria
di sì bel fatto e di sì crudo inganno,
al mondo il farà noto in chiara istoria 108.
107 Il volume presenta infatti una lacuna tra i ff. 58 e 59. La prima e la seconda
magnificentia, trattate nel XIX capitolo, sono ognuna illustrata da una scena miniata,
e dato che la lacuna delle carte 58 e 59 doveva trattare di altre tre magnificentiae, è
possibile suppore che anche questi tre incipit fossero illustrati da altrettante miniature
tabellari. L’ultimo capitolo, il cui inizio è andato perduto, doveva anch’esso essere accompagnato da una scenetta come gli altri capitoli. Aggiungendo quest’ultima miniatura
scomparsa alle altre tre che illustravano le magnificentiae scomparse, si ottiene allora
il numero 30 precisato nel documento del 1493: S. GENTILE, A proposito dell’edizione
del trattato De Majestate di Iuniano Maio, «Filologia romanza», 5 (1958), pp. 206-207;
TOSCANO, À la gloire de Ferdinand d’Aragon cit.
108 Cfr. T.R. TOSCANO, Ancora sulle strutture macrotestuali della princeps delle
rime di Sannazaro: note in margine al commento del sonetto 85, in Classicismo e sperimentalismo nella letteratura italiana tra Quattro e Cinquecento. Sei lezioni, Atti del
Convegno (Pavia, Collegio Ghislieri, 20-21 novembre 2014), cur. R. PESTARINO - A.
568
GENNARO TOSCANO
Il poeta coglie l’occasione per esaltare la condotta del re in un
frangente pericoloso, riconducendola al “sapere” che è nutrimento di
“virtù”. Viene qui ripreso il topos tutto umanistico e rinascimentale
della conoscenza dell’antico come alimento della condotta esemplare del
re. La vittoria alla fine arride alla ragione contro l’empia frode, ed è un
concetto non dissimile dall’esito sperato nella canzone 69 indirizzata ai
baroni ribelli, grazie al connubio di virtù e sapere che fortifica il cor real.
La breve pittura fa riferimento ad una composizione pittorica di piccole dimensioni che allude al valore militare e alla prudenza di condotta
del re. Come dimostrato da Tobia Toscano, si tratta della prima vignetta
del De Maiestate raffigurante un esempio di fortitudine di Ferrante in
occasione dell’agguato testo contro di lui da Marino Marzano, Jacopo
da Montagano e Diofebo dell’Anguillara il 29 maggio 1460 a Torricella,
tra Calvi e Teano (fig. 17). L’evento è stato considerato come l’episodio
emblematico della congiura dei baroni. La miniatura accompagnata dal
testo di Iuniano Maio raffigura a sinistra il re a cavallo (l’unico cavaliere
con corona).
Inutile ridire che Iuniano Maio era stato maestro del Sannazaro e
che questi aveva facile accesso alle collezioni reali. Anzi anche il capitolo
di Iuniano Maio si fonda, come il sonetto di Sannazaro, «sul contrasto
tra virtus regale e fraus baronale» 109.
Esemplo de la Fortitudine.
Tucte queste auctoritate sono ad confirmare la prima conditione della
magnanimitate la quale, secondo dice Aristotile ne la Ethica, è mai non
se accettare per vinciuto al nimico, nè per insulto de la iniusta fortuna
mai se arrendere. Ne la quale prima conditione meritamente se può
allegrare la tua insuperabile virtute et invicta celsitudine contra li multi
insulti de Fortuna, contra lo Stato et contra la regale corona et contra
la persona. Ma, sopra tucti li altri toi famosi gesti, non con poca gloria se può fare mentione de la gloriosa giornata quando, assaltato con
insidiose arme da tre non manco animosi che insidiosi cavaleri, Marino
Marzano, Jacobo de Montagana et Diofebo socto colore de simulata
pace, et tuo animo intrepido | ad resistere, forte ad defendere, riccho
de valore et de recordato consiglio contra tanta perfidia et violente
MENOZZI - E. NICCOLAI, Pavia 2016, pp. 19-52, poi in TOSCANO, Tra manoscritti e
stampati. Sannazaro, Vittoria Colonna, Tansillo e altri saggi sul Cinquecento, Napoli
2018, pp. 13-47: 19-24.
109 Ibid., p. 22.
LA BIBLIOTECA DEI RE D’ARAGONA COME INSTRUMENTUM REGNI
569
forza, uno contra tre, restoe inclito et vincitore reboctando in fuga loro
perfida impresa. Tu, magno et invicto, reportasti indietro illesa fama,
inclito nome et victoriosa palma per generosa natura ben difesa et per
naturale magnanimitate ben mantenuta. Ma non è maraviglia animoso
valore vincere viltà de core, animosa fede, de integritate armata, contra
perfidia de doloso inganno, necto coragio contra pensieri falsi (BnF, ms
Italien 1711, ff. 9v-10r).
Come nel sonetto, anche nel capitolo di Iuniano Maio il sovrano
appare come «magno et invicto». La miniatura di Nardo Rapicano
permette quindi di capire perfettamente il significato del sonetto 85 del
Sannazaro. Il De Majestate fu, quindi, un libro letto e “commentato”
coram Regi dall’autore dell’Arcadia.
Per concludere, si tratta di una delle poche testimonianze dirette
della fruizione comune di un libro della biblioteca reale da parte di un
umanista al tempo di Ferrante, di una finestra aperta all’interno della
camera che dava sulla marina. Il sonetto di Sannazaro ci immette in
una conversazione di corte e testimonia che anche al tempo dell’invictus
Ferrante, la biblioteca di Castel Nuovo fu un vivace luogo di scambi
tra il sovrano e i suoi umanisti, vero e proprio asilo delle Muse per la
corte e gli intellettuali del regno, questi ultimi veri e propri ambasciatori
per tramandarne la memoria.
Con il passaggio dal quasi confidenziale e affettuoso signor mio car
della prima redazione al più solenne invitto signor della versione definitiva (v. 1), Sannazaro, che lavorò alla sistemazione definitiva delle sue
rime tra il secondo e il terzo decennio del Cinquecento 110, consegnava
agli archivi della memoria poetica e storica l’immagine del monarca
invictus che aveva regnato ininterrottamente per 36 anni, sintetizzandone
l’alto profilo nel felice connubio di valore militare e di virtù morali e
delle quali i libri erano a un tempo testimoni e nutrimento.
GENNARO TOSCANO
Bibliothèque nationale de France
110 Per gli argomenti a sostegno di una revisione del testo delle rime protrattasi
fin quasi alla vigilia della morte di Sannazaro, cfr. ibid., pp. 35-43.
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
1527
Fig. 10 - Matteo Felice, Frontespizio. SENECA, De quaestionibus naturalibus, De remediis
fortuitorum, Liber proverbiorum. BnF, ms Latin 17842, f. 1.
1528
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
Fig. 11 - Francesco Antonio del Chierico, Frontespizio. ARISTOTELE, De Moribus, trad.
latina di Giovanni Argyropulo; ARISTOTELE, Aeconomia et Politica, trad. latina di Leonardo Bruni. BnF, ms Latin 6310, f. 1.
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
1529
Fig. 12 - Cola Rapicano, Frontespizio. ANDREA CONTRARIO, Reprehensio sive objurgatio
in calumniatorem divini Platonis. BnF, ms Latin 12947, f. 3.
1530
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
Fig. 13 - Gioacchino de Gigantibus. Frontespizio. BESSARIONE, Adversus Georgium
Trapezuntinum calumniatorem Platonis defensionum opus. BnF, ms Latin 12946, f. 29.
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
1531
Fig. 14 - Gaspare da Padova, Frontespizio. SAN CIPRIANO, Epistolae. BnF, ms Latin
1659, f. 1.
1532
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
Fig. 15 - DUNS SCOTO, Super secundo libro Sententiarum. BnF, Ms. Latin 3063, seconda
antiporta, particolare.
Fig. 16 - ARISTOTELE, De Physica, Metaphysica, trad. di Giovanni Argyropulo. BnF, ms
Latin 6324, prima antiporta, particolare.
Fig. 17 - ORAZIO, De Arte poetica, Satyrae et Epistulae. BnF, ms Latin 7980, prima
antiporta, particolare.
GENNARO TOSCANO - ILLUSTRAZIONI
1533
Fig. 18 - Nardo Rapicano, Agguato testo contro Ferrante da Marino Marzano, Jacopo da
Montagnana e Diofebo dell’Anguillara il 29 maggio 1460. IUNIANO MAIO, De Majestate.
BnF, ms Italien 1711, f. 3, particolare.
INDICE GENERALE
vol. I
Massimo Miglio, Parole di saluto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pag.
VII
Salvador Claramunt i Rodríguez, Palabras inaugurales del XX
Congreso de Historia de la Corona de Aragón. La Corona
d’Aragona e l’Italia. La Corona d’Aragona e la Curia negli
anni dello Scisma. La memoria degli Aragonesi nel regno
di Napoli e nei domini italiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
IX
Asunción Blasco Martínez, Maria Isabel Falcón Perez, en el
recuerdo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
XI
Salvatore Fodale, La rilevanza politica dello Scisma per la Corona
d’Aragona da Pietro il Cerimonioso a Ferdinando di Trastámara
»
3
Umberto Longo, La Corona d’Aragona e gli “antipapi” . . . . . . . .
»
19
Esther Tello Hernández, La Cámara Apostólica Real y la provisión de las vacantes en Cataluña durante los primeros años del
Cisma de Occidente (1379-1387) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
35
Concepción Villanueva Morte - Germán Navarro Espinach,
Clemente VIII en la Corona de Aragón: el último papa de la
obediencia de Aviñón . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
51
Eduard Juncosa Bonet, Pedro el Ceremonioso y el Cisma o cómo
sacar provecho de la indiferencia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
71
Andrea Bartocci, Alle origini dello Scisma (1378): la lettera di
Giovanni da Legnano al cardinale Pedro de Luna . . . . . . . . . .
»
83
SESSIONE 1. RAPPORTI
DELLA
CORONA D’ARAGONA
CON I PONTEFICI
E GLI ANTIPAPI
Relazioni/Ponencias
Comunicazioni/Comunicaciones
1656
INDICE GENERALE
Chiara Mancinelli, In arctissima paupertate et regulari observantia.
Sviluppo dell’Osservanza francescana nella Corona d’Aragona
tra papato avignonese e romano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mauro Gambini de Vera d’Aragona, Martin de Vera y Romeu,
ambasciatore di Alfonso il Magnanimo a Roma per l’investitura del Regno di Napoli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Anna Maria Oliva, I Conservatori dell’Alma città di Roma e
Benedetto XIII. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Patrícia Santacruz, La galera de Sant Martí prestada per la ciutat
de Barcelona al papa Benet XIII per anar a Niça l’any 1415
Maria del Camí Dols Martorell, La prelatura de d. Pedro de Luna
i les determinacions del Capítol de la Seu de Mallorca durant
el Cisma d’Occident (1375-1420). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Damien Ruiz - Nelly Mahmoud Helmy, «Ipsa solummodo confortante»: le vicende dello Scisma nello specchio dell’epistolario
di Caterina da Siena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pag.
97
»
107
»
121
»
139
»
153
»
161
Vicente Ángel Álvarez Palenzuela, La Corona de Aragón ante el
Cisma: iniciativas para su resolución . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
193
Miguel Navarro Sorní, Alfonso V y el Cisma: las intervenciones
de Alfonso de Borja para la solución del problema. . . . . . . . . .
»
271
»
301
»
315
»
355
»
379
»
389
SESSIONE 2. INTERVENTI
ARAGONESI PER LA SOLUZIONE DELLO
SCISMA
Relazioni/Ponencias
Comunicazioni/Comunicaciones
Nieves Munsuri Rosado, El clero valenciano tras la resolución
del Cisma. Las huellas de Gil Sánchez Muñoz en la diócesis
de Valencia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Juan B. Simó Castillo, Reivindicación de la Curia de Benedicto XIII
(1394-1423) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Manuel Vte. Febrer Romaguera, La intervención de Alfonso de
Borja, en el final del Cisma de Occidente y su relación con el
jurista valenciano Pedro Belluga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Xavier Serra Estellés, Libri de Schismate. El Arm. LIV del Archivo
Secreto Vaticano. Proyecto de un catálogo de documentos . . . . .
Albert Cassanyes Roig, El Capítol catedralici de Mallorca durant
el Cisma d’Occident (1378-1429): una aproximació prosopogràfica als seus membres. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1657
INDICE GENERALE
SESSIONE 3. CORONA D’ARAGONA
CONCILI
E
Relazioni/Ponencias
Alberto Cadili, La Corona d’Aragona e i concili di Pavia-Siena
e Basilea: diplomazia regia, ecclesiologia e istituzione conciliare
a confronto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Johannes Grohe, Il Concilio di Costanza e i tre Concili provinciali
di Lérida (1418), Tarragona (1424) e Tortosa (1429). . . . . . . .
SESSIONE 4. CORONA
D’ARAGONA E
LETTERARIE INTORNO ALLO
ROMA:
Pag.
405
»
431
»
457
CORRENTI ARTISTICO
SCISMA
Relazioni/Ponencias
Francisco M. Gimeno Blay, Hoc tempore presentis scismatis.
Amistad y colaboración entre Vicente Ferrer y Benedicto XIII . .
Comunicazioni/Comunicaciones
Francesca Tota, Il contributo dei cardinali alla “rinascita” di Napoli. Arte e committenza al tempo del grande Scisma . . . . . . .
María Narbona Cárceles, El Papa Luna y el fomento de la
devoción a Santa María del Pilar en el contexto del Cisma de
Occidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
481
»
497
Illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
511
vol. II, 1-2
Guido D’Agostino, Gli Aragonesi di Napoli: dal “segno” al “sogno”.
Discorso di apertura delle sessioni napoletane . . . . . . . . . . . . . .
SESSIONE 5. LA
Pag.
VII
MEMORIA ARTISTICO-LETTERARIA
Relazioni/Ponencias
Francesco Caglioti, In morte dei Re aragonesi: genesi, contesto e destino del Sepolcro di Guido Mazzoni in Monteoliveto a Napoli
»
523
Gennaro Toscano, La biblioteca dei re d’Aragona come instrumentum Regni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
543
1658
INDICE GENERALE
Comunicazioni/Comunicaciones
Bárbara Barberá Matías - Carlos M. García Giménez, De mano
en mano: los manuscritos de la biblioteca napolitana en El
Escorial . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pag.
571
Joana Barreto, La confusion mémorielle comme stratégie de légitimation puis d’assimilation . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
585
Adrian Bremenkamp, Il concetto d’imitazione nella lettera di
Pietro Summonte (1524): la pittura fiamminga e la costruzione
di un’identità culturale napoletana aragonese. . . . . . . . . . . . . . .
»
599
Gema Belia Capilla Aledón, Imágenes para la legitimación y la
memoria: el discurso de la representación de Alfonso V el
Magnánimo (1416-1458). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
619
Guido Cappelli, Quale princeps? Il De instituendis liberis principum di Belisario Acquaviva d’Aragona, duca di Nardò . . . . .
»
633
Gianluca D’Agostino, Memoria e musica nei primi anni napoletani di Alfonso d’Aragona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
643
Mario Del Franco, I santi “aragonesi” nel De laudibus divinis di
Giovanni Pontano: cultura, politica e religione nella Napoli dei
Trastámara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
663
Marc Deramaix, Auribus non picatis. La memoria degli Aragonesi nella Laus Neapolis di Egidio da Viterbo . . . . . . . . . . . . .
»
675
Josep A. Ferre Puerto, De Jacomart a Marco Cardisco. Memòria i
difusió a Nàpols de la pintura de Jan Van Eyck. . . . . . . . . . . .
»
685
Gaëtan Lecoindre, Tristia fata. Sannazar et la chute de la dynastie aragonaise dans les Eclogae Piscatoriae III et IV . . . . . . .
»
693
Abel Soler, Curial e Güelfa: l’obra literària més emblemàtica
del regnat napolità d’Alfons el Magnànim . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
703
Luigi Tufano, La memoria degli Aragonesi nelle epigrafi funerarie
della nobiltà napoletana del primo Cinquecento tra modelli
culturali e promozione dell’immagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
717
Caroline Vrand, Mémoires aragonaises dans les collections d’Anne
de Bretagne. Vestiges des collections des rois de Naples en Val
de Loire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
733
Paola Vitolo, La memoria rappresentata, la memoria raccontata.
Rilavorazione e riallestimenti dei sepolcri dei sovrani aragonesi a
Catania in età moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
747
1659
INDICE GENERALE
SESSIONE 6. LA
MEMORIA POLITICO-ISTITUZIONALE
Relazioni/Ponencias
Carlos López Rodríguez, El Recuerdo de la memoria políticoinstitucional del dominio aragonés en Nápoles y su uso historiográfico (de 1458 a la II Guerra Mundial) . . . . . . . . . . . . . . .
Pag.
763
Giovanni Muto, «I quadri sociali della memoria». Usi dell’esperienza politica aragonese nel Mezzogiorno spagnolo . . . . . . . . .
»
785
Neus Ballbé - Gaetano Damiano, L’empremta catalana a Nàpols:
el Monte dei Catalani durant el virregnat austríac . . . . . . . . . .
»
801
Giulia Calabrò, La “questione di Cipro” del 1473: la memoria
della rottura dei rapporti tra Napoli e Venezia nelle fonti diplomatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
807
Pau Cateura Bennàsser † - Lluís Tudela Villalonga, En los inicios
de la crisis: política, finanzas y comercio en el reino de Mallorca (1380-1405). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
821
Potito d’Arcangelo, La memoria degli Aragonesi e la riforma della
dogana della mena delle pecore di Foggia . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
839
Bianca Fadda - Roberto Poletti, La “lunga durata” degli istituti
catalano-aragonesi ad Iglesias. La continuità d’uso del Breve
di Villa di Chiesa: note codicologiche e paleografiche . . . . . . . .
»
853
Alfredo Franco, «Per delizia de’ Sovrani». Cacce, cavalli e cavallerizze dei tempi aragonesi in due opere del Settecento . . . . . .
»
867
Rossano Grappone, L’influenza aragonese in Irpinia attraverso la
figura di Vincenzo Ferrer. Tra politica, religione e folklore . . .
»
881
Maria Giuseppina Meloni, La memoria della Corona d’Aragona,
il primato degli arcivescovi e la città di Cagliari nei conflitti
municipali del XVI secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
895
Germán Navarro Espinach - Concepción Villanueva Morte, Juan
Ruiz en Nápoles (1451-1452). La estancia del merino de Zaragoza en la corte del Magnánimo a partir de los documentos
del notario Juan Barrachina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
909
Rafaella Pilo, Il duca di Montalto e il regno di Napoli (1614-1647)
»
921
Daniel Piñol-Alabart, L’activitat dels notaris catalans a la ciutat
de Roma al segle XVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
935
Marcello Proietto, Anguillas, morectos et tenchas... Risorse ittiche
e dieta monastica nella Sicilia orientale (secoli XIV-XVI) . . . .
»
951
Comunicazioni/Comunicaciones
1660
INDICE GENERALE
Mariangela Rapetti - Eleonora Todde, Una istituzione aragonese
nella Sardegna sabauda: il Protomedicato di Sardegna (1455-1848)
Pag.
965
Roberto Ricci, Identità familiare e scelta borbonica nei cardinali
Acquaviva e Bentivoglio d’Aragona ambasciatori a Roma . . . .
»
979
Francesco Senatore, La memoria degli Aragona nei privilegi
cinquecenteschi in favore delle città del regno di Napoli . . . . .
»
985
Simona Serci, L’eredità catalano-aragonese nell’amministrazione
patrimoniale del Regno di Sardegna: continuità istituzionale,
giuridica e archivistica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
999
Alessandro Silvestri, La tesoreria del regno di Sicilia e la tesoreria
generale della Corona d’Aragona nell’età di Alfonso il Magnanimo: subalternità o complementarità? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1013
Maria Sirago, La politica marittima degli Aragonesi a Napoli
(1442-1500) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1029
Pierluigi Terenzi, Le revisioni istituzionali nelle città del Mezzogiorno spagnolo: l’eredità aragonese nel Cinquecento . . . . . . . .
»
1041
Nuria Verdet Martínez, Aproximación a la trayectoria política de
Juan Vives de Cañamás embajador en Génova (ca. 1600-22) y
virrey de Cerdeña (1622-25) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1055
»
1071
»
1089
»
1111
»
1131
»
1145
SESSIONE 7. LA
MEMORIA STORIOGRAFICA
Relazioni/Ponencias
Fulvio Delle Donne, Il governo della memoria: le eredità della
prima storiografia aragonese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rafael Narbona Vizcaíno, Alfonso el Magnánimo y la conquista
de Nápoles en la memoria escrita de la Corona de Aragón
(ss. XV-XVI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Comunicazioni/Comunicaciones
Giancarlo Abbamonte, Il racconto della storia di un re europeo di
età moderna e l’elaborazione aragonese di una storiografia
celebrativa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Gustavo Alares López, El V Congreso de Historia de la Corona
de Aragón de 1952: políticas del pasado, modernización historiográfica e internacionalización . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Cristian Caselli, Memoria del nemico, memoria del regno: Napoli
aragonese e l’impero ottomano nella cronachistica dell’Italia
meridionale alle soglie dell’età moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1661
INDICE GENERALE
Pietro Colletta, Il caso siciliano: trasmissione, ricezione ed edizione delle cronache di età aragonese (XV-XVIII sec.) . . . . . . .
Pag. 1159
Claudia Corfiati, Tristano Caracciolo, Girolamo Borgia e gli Aragonesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1175
Josepa Cortés - Antoni Furió, Realtà, mito e memoria della Corona d’Aragona nella storiografia italiana. . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1191
Saverio Di Franco, Il popolo di Napoli in età aragonese: un’idea,
un’istituzione, uno strumento di potere contro l’armonia sociale
»
1207
Vicent Josep Escartí, La conquista di Napoli negli storiografi
iberici della Corona d’Aragona (sec. XV-XVI) . . . . . . . . . . . . . .
»
1223
Antoni Ferrando, Curial e Guelfa come documento per la storia
italo-aragonese del XV secolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1239
Giuseppe Germano, Un’opera postuma fra problemi ecdotici e costruzione ideologica: il De bello Neapolitano di Giovanni
Pontano e l’eredità di Alfonso il Magnanimo . . . . . . . . . . . . .
»
1257
Antonietta Iacono, I modelli e le fonti del De bello Neapolitano
di Giovanni Pontano come supporto della costruzione di una
memoria dinastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1269
Rosanna Lamboglia, L’immagine dei primi sovrani aragonesi
nell’Historia del Regno di Napoli di Angelo di Costanzo. . . .
»
1283
Mariarosa Libonati, Tommaso de Chaula, storiografo alfonsino
siciliano nella memoria storiografica spagnola . . . . . . . . . . . . . .
»
1297
Lorenzo Miletti, La memoria dell’età aragonese nel De Nola di
Ambrogio Leone (1514) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1309
Ivan Parisi, Alexander VI, dominus beneficiorum: un progetto
di ricerca dell’IIEB sulla documentazione borgiana conservata
nell’Archivio Segreto Vaticano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1325
Mateu Rodrigo Lizondo, Sobre el Dietari del Capellà d’Alfons el
Magnànim, el seu autor i el Regne de Nàpols . . . . . . . . . . . . .
»
1339
Enza Russo, Sulla memoria degli Aragonesi nella storiografia
napoletana di età moderna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1357
Monica Santangelo, Lessico civico di legittimità dei Seggi e
memoria degli Aragonesi nell’inedito Discorso circa li Seggi di
questa città di Napoli (1568-1580 ca.) di Cola Anello Pacca
»
1367
Elisabetta Scarton, Camillo Porzio, la congiura dei baroni e le
sue fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1383
Francesco Storti, Assenze eminenti e altri misfatti. Istituzioni militari e impegno bellico degli aragonesi di Napoli nella storiografia dell’Età moderna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1399
1662
INDICE GENERALE
Giuliana Vitale, La nostalgia per i prisci nativi nostri reges nella
storiografia napoletana del primo Cinquecento. . . . . . . . . . . . . .
SESSIONE 8. LA
Pag. 1417
MEMORIA TOPOGRAFICA E URBANISTICA
Relazioni/Ponencias
Marco Rosario Nobile, Nuovi maestri e nuovi cantieri: l’architettura in Sicilia nel XV secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Leonardo Di Mauro, Poggioreale: la villa ritrovata . . . . . . . . . . . .
Massimo Visone, Napoli aragonese e le delizie di Campovecchio
Javier Martí Oltra - Federico Iborra, Urbanismo y edilicia civil
en Valencia en tiempos de Alfonso el Magnánimo . . . . . . . . . .
»
»
»
1433
1445
1457
»
1479
Comunicazioni/Comunicaciones
Maria Antonietta Russo, Memoria aragonese/anti-aragonese o confusione nella memoria? Castelli “federiciani” in Sicilia . . . . . . .
»
1505
Illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
1519
Indici
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indice dei toponimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indice delle fonti manoscritte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
»
»
1579
1623
1645
Finito di stampare nel mese di novembre 2020
dallo Stabilimento Tipografico « Pliniana »
Viale F. Nardi, 12 – 06016 Selci-Lama (PG)
www.pliniana.it