L’ermellino, lo struzzo, la ventosa, l’alloro, le fiamme abbinate al monogramma e poi ancora la s... more L’ermellino, lo struzzo, la ventosa, l’alloro, le fiamme abbinate al monogramma e poi ancora la scopetta e la moraglia: cosa sappiamo delle imprese usate da Federico di Montefeltro? Da cosa derivano le nostre convinzioni? Sono tutte uguali le imprese usate da Federico? Come si presentano realmente? L’analisi della storiografia e delle fonti iconografiche compiuta da Antonio Conti risponde a queste domande, permettendo di avere una diversa percezione delle singole imprese, delle divise e dei colori di livrea usati da Federico come strumenti di autorappresentazione. Liberate dalle ricostruzioni simboliche apocrife, le imprese di Federico si offrono agli storici e agli storici dell’arte quali rinnovate fonti di studio; ma anche come oggetto di una rinnovata curiosità per quanti ancora oggi si aggirano nelle sale dei palazzi ducali di Urbino, Gubbio e Fossombrone, così come a quanti ammirano i superbi codici miniati, potendo percepire la magnificenza del duca Federico espressa anche attraverso questi emblemi.
Questo saggio attribuisce la titolarità dello stemma della lastra terragna presente nel presbiter... more Questo saggio attribuisce la titolarità dello stemma della lastra terragna presente nel presbiterio dell'ex chiesa di San Domenico in Fano alla famiglia Martinozzi e non più alla famiglia Del Cassero come proposto ancora dalla più recente storiografia. L'occasione di questo saggio ha permesso di soffermarsi sullo stemma dei Martinozzi alla luce delle diverse fonti disponibili; il saggio soprattutto presenta fonti inedite dell'arma dei Del Cassero - segnatamente di Jacopo del Cassero (1296) - che fu oggetto d'interesse della storiografia cittadina fin dal XVII secolo.
Partendo da fonti del Quattrocento (Pierantonio Paltroni) ho rintracciato le presenze araldiche d... more Partendo da fonti del Quattrocento (Pierantonio Paltroni) ho rintracciato le presenze araldiche dei Montefeltro in alcuni importanti monumenti pisani del Trecento.
Talvolta citati nella storiografia dei più noti Montefeltro, gli Accomanducci ottengono per la pr... more Talvolta citati nella storiografia dei più noti Montefeltro, gli Accomanducci ottengono per la prima volta la ricostruzione di un profilo storico che evidenzia il rilievo raggiunto nei decenni a cavallo dei secoli XIV e XV. Originari del castello di Monte Falcone, nei pressi di Acqualagna, divennero parte del più ristretto entourage dei conti di Urbino, raggiungendo il rango comitale sul castello di Petroia nel territorio di Gubbio. Dalla ricerca araldica qui ricostruita e dalla delineazione del profilo storico, è scaturita la felice intuizione dell’autore, che ipotizza il collegamento degli Accomanducci con una delle più importanti opere pittoriche del Gotico internazionale: gli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino realizzati da Lorenzo e Jacopo Salimbeni intorno al 1416. L’ipotesi proposta, basata su fatti documentati messi in relazione con l’evidenza della rappresentazione pittorica, permette di illuminare almeno in parte il lato oscuro dell’opera: la committenza.
Il saggio riguarda la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nell'antico Palazzo del Po... more Il saggio riguarda la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nell'antico Palazzo del Podestà di Fano, ad opera dell'autore. Si tratta di tre ampi lacerti di affreschi a tema sacro nei quali sono inseriti gli stemmi del Comune di Fano e di Galeotto I Malatesti. Per le ragioni che il saggio ricostruisce, questi affreschi sono stati fino ad ora sconosciuti alla storiografia e alla storia dell'arte malatestiana e della città di Fano.
L'articolo descrive l'evoluzione dello stemma dei Della Rovere signori di Senigallia e poi duchi ... more L'articolo descrive l'evoluzione dello stemma dei Della Rovere signori di Senigallia e poi duchi di Urbino, nel periodo della generazione di Giovanni, primo signore di Senigallia dal 1474 al 1501. Nella ricerca sono coinvolti gli stemmi di Giuliano Della Rovere (cardinale dal 1471, poi papa Giulio II), di Leonardo Della Rovere (Prefetto di Roma dal 1472 e duca di Sora e Arce dal 1472) e di Giovanna da Montefeltro moglie di Giovanni Della Rovere. Si descrivono così gli incrementi aragonesi e poi quelli montefeltreschi dell'arma roveresca. La ricerca si sofferma poi sulle decorazioni araldiche della rocca di Senigallia e del convento senigalliese di Santa Maria delle Grazie, oltre alla descrizione degli stemmi presenti in alcuni castelli del dominio di Giovanni.
Lo stemma della città di Urbino e quello della famiglia dei Montefeltro sono strettamente legati,... more Lo stemma della città di Urbino e quello della famiglia dei Montefeltro sono strettamente legati, anzi, si può dire che tra la fine del XV s. e l'inizio del XVI s. il comune di Urbino adottò l'arma dei signori. Su questo mi sono soffermato, in ultimo, nel libro Le Marche sugli scudi. Atlante storico degli stemmi comunali, edito da Andrea Livi Editore, nel 2015, a cura di Mario Carassai. Resiste, però, una tradizione ampiamente ripresa dalla storiografia, secondo la quale Urbino ebbe per stemma un'aquila, poi variamente individuata tra le varie che appaiono anche nello stemma comitale e poi ducale dei Montefeltro. Esiste l'importante descrizione di un sigillo del comune di Urbino, recente un'aquila, impresso nel 1232, pochi decenni dopo la formazione del comune e due anni prima dell'avvento al potere dei Montefeltro, in una città che riconosceva l'autorità imperiale. Tuttavia, dopo questa antica testimonianza (che è relativa al sigillo e non allo stemma, e che precedette radicali e violenti cambi di regime tra le parti ghibellina e guelfa), non c'è più traccia di un'aquila tre le insegne della città. Può darsi che questa assenza sia dovuta solo alla perdita dei documenti, ma questo è lo stato dell'arte. Anzi, se un'aquila compare tra le insegne civiche nelle terre dei Montefeltro, ciò accade nel territorio del Montefeltro, non nel comitato di Urbino (si veda sempre Le Marche sugli scudi. La storiografia dei Montefeltro e la storiografia araldica sulla casata che ha seguito la prima, hanno però individuato un documento più recente del sigillo comunale del 1232: il sigillo di Corrado da Montefeltro, vescovo di Urbino dal 1309 al 1317. In questo sigillo è stato individuato uno stemma con l'aquila ed è pertanto stato sostenuto che quello stemma (comunale) campeggiava nel sigillo vescovile in virtù dell'antico titolo di vescovo conte o comunque in virtù del ruolo svolto dall'istituzione vescovile nella nascita del comune. Questa interpretazione nasce dalla lettura del sigillo offerta da Bramante Ligi, e dall'immagine dell'impronta pubblicata nel suo libro I vescovi e arcivescovi di Urbino. Notizie storiche, Urbino 1953. L'osservazione diretta dell'impronta, però, ha permesso al sottoscritto di escludere la presenza di uno stemma con l'aquila. Come ho già scritto più volte in altre sedi, l'aquila sembra comparire come stemma autonomo solo col conte Antonio da Montefeltro, tra gli ultimi decenni del XIV s. e i primi anni del XV. Compare come insegna che i conti useranno come propria e del tutto verosimilmente non come insegna "civica".
In "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", a. XXIV, n. 138-139, maggio-agosto 2017, pp. 329-340. ISSN 1122 6412
L'articolo tratta degli stemmi di due importanti famiglie italiane del Medioevo: i della Faggiola... more L'articolo tratta degli stemmi di due importanti famiglie italiane del Medioevo: i della Faggiola e i di Vico, noti anche come Prefetti di Vico. Entrambe le famiglie ebbero un ruolo molto importante nell'Italia centrale del XIV secolo, per lo più tra le schiere del partito ghibellino.
L'articolo riprende il discorso sul vessillo della città di Fano, già affrontato da altri autori ... more L'articolo riprende il discorso sul vessillo della città di Fano, già affrontato da altri autori su "Vexilla Italica" nei numeri 8 e 9 del 1977. Riconsiderando e precisando alcuni dati storiografici, questo intervento offre una rilettura di alcuni documenti (opere d'arte e cronache), indicando un modello di antica bandiera del Comune che fu, verosimilmente, quello da cui nacque lo stemma comunale.
Nel volume "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione archeologia dell'arch... more Nel volume "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione archeologia dell'architettura e restauri storici" di Daniele Sacco e Alessandro Tosarelli, trova posto il mio intervento sui reperti araldici. Praticamente tutti gli stemmi presenti nel poderoso complesso sono stati abrasi e hanno subito le ingiurie del tempo. Solo il contesto architettonico, la forma dello scudo e alcuni c.d. ornamenti esteriori permettono di formulare delle ipotesi. L'indagine ha inoltre permesso di individuare una decorazione araldica scolpita, di grandi dimensioni, fino ad ora totalmente sconosciuta, che potrebbe risalire all'epoca medicea.
Il volume è il frutto di una ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, Introduce l... more Il volume è il frutto di una ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, Introduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare redatto da Alessandro Savorelli e da Vieri Favini. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte da Antonio Conti, Vieri Favini e Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità. Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche. L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa. Il volume è il frutto di una accurata ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche . Intruduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte come l’introduzione, da Antonio Conti, Vieri Favinie Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità. Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche. L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa. Chiude l'atlante una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora. La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali. L'atlante si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche. Chiude l'opera una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora. La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
Paragrafi:
- Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto
- L'arma originari... more Paragrafi: - Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto - L'arma originaria dei conti di Piagnano - Il capo d'Angiò - L'arma inquartata - Altre armi e imprese
L'analisi degli stemmi di alcuni sigilli dei Montefeltro permette di ricostruire gli usi araldici... more L'analisi degli stemmi di alcuni sigilli dei Montefeltro permette di ricostruire gli usi araldici della casata fin dal XIV secolo (un caso certo di ereditarietà del cimiero) e altri aspetti. Con questo intervento viene anche precisata l'attribuzione della titolarità di un sigillo custodito presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
Partendo da alcune indicazioni di Pierantonio Paltroni, segretario e biografo del duca di Urbino... more Partendo da alcune indicazioni di Pierantonio Paltroni, segretario e biografo del duca di Urbino Federico da Montefeltro, e attraverso la verifica e l'interpretazione araldica, è stato possibile offrire alla storiografia e alla storia dell'arte alcuni dati ed elementi interpretativi che colmano alcuni vuoti e precisano passaggi fino ad ora impervi relativi a tre monumenti trecenteschi di Pisa: il Pergamo del duomo, per il quale Paltroni risulta essere la più antica fonte (fino ad ora non considerata) dell'originale iscrizione poi ricostruita sulle indicazioni del Vasari; una lapide commemorativa ai Bagni di San Giuliano Terme che necessitava di una rilettura araldica; la chiesa di Santa Maria della Spina, dove l'apparato decorativo araldico pare oggi poter essere interpretato come opera realizzata nel contesto del dominio di Enrico VII di Lussemburgo imperatore del Sacro Romano Impero, e non ad un panegirico della committenza in chiave locale come inteso fino ad oggi.
Prova di stampa della guida alla Sala dell'araldica del Museo del castello dei conti Oliva a Pian... more Prova di stampa della guida alla Sala dell'araldica del Museo del castello dei conti Oliva a Piandimeleto (PU). L'improvvisa e prematura scomparsa di Filiberto Corsucci (responsabile del progetto per il Comune di Piandimeleto) comportò la mancata concretizzazione del progetto.
L'esame degli stemmi rappresentati nei sigilli del duca di Urbino Oddantonio da Montefeltro (+144... more L'esame degli stemmi rappresentati nei sigilli del duca di Urbino Oddantonio da Montefeltro (+1444) permette di aggiornare la consueta ricostruzione storica dell'evoluzione dell'arma dei Montefeltro. Confermando l'uso dell'aquila quale arma di famiglia e stabilendo che la costruzione dell'arma inquartata avvenne vivente suo padre Guidantonio (+1443). I sigilli di Oddantonio mostrano poi una varietà di composizioni araldiche inedite e mai più utilizzate in seguito, un uso degli stemmi che appare tipico di un giovane signore dell'autunno del Medioevo.
A pag. 14 di questo numero de "L'Eugubino", analizzo il caso di uno stemma affrescato in un palaz... more A pag. 14 di questo numero de "L'Eugubino", analizzo il caso di uno stemma affrescato in un palazzo di Gubbio. Attraverso la sostituzione delle lettere iniziali che l'accompagnano, si volle modificarne la titolarità: prima Oddantonio da Montefeltro (+1444), poi il fratellastro Federico salito alla signoria dei domini aviti dopo l'omicidio del primo.
Con questo lavoro si ripercorrono le tappe dell'evoluzione dello stemma dell'Università degli Stu... more Con questo lavoro si ripercorrono le tappe dell'evoluzione dello stemma dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" dal sigillo del XVI secolo al logo adottato nei primi anni Duemila.
Rocca Costanza di Pesaro offre un bel pavese di scudi con le armi e le imprese degli Sforza, sign... more Rocca Costanza di Pesaro offre un bel pavese di scudi con le armi e le imprese degli Sforza, signori della città dal 1445 al 1512.
L’ermellino, lo struzzo, la ventosa, l’alloro, le fiamme abbinate al monogramma e poi ancora la s... more L’ermellino, lo struzzo, la ventosa, l’alloro, le fiamme abbinate al monogramma e poi ancora la scopetta e la moraglia: cosa sappiamo delle imprese usate da Federico di Montefeltro? Da cosa derivano le nostre convinzioni? Sono tutte uguali le imprese usate da Federico? Come si presentano realmente? L’analisi della storiografia e delle fonti iconografiche compiuta da Antonio Conti risponde a queste domande, permettendo di avere una diversa percezione delle singole imprese, delle divise e dei colori di livrea usati da Federico come strumenti di autorappresentazione. Liberate dalle ricostruzioni simboliche apocrife, le imprese di Federico si offrono agli storici e agli storici dell’arte quali rinnovate fonti di studio; ma anche come oggetto di una rinnovata curiosità per quanti ancora oggi si aggirano nelle sale dei palazzi ducali di Urbino, Gubbio e Fossombrone, così come a quanti ammirano i superbi codici miniati, potendo percepire la magnificenza del duca Federico espressa anche attraverso questi emblemi.
Questo saggio attribuisce la titolarità dello stemma della lastra terragna presente nel presbiter... more Questo saggio attribuisce la titolarità dello stemma della lastra terragna presente nel presbiterio dell'ex chiesa di San Domenico in Fano alla famiglia Martinozzi e non più alla famiglia Del Cassero come proposto ancora dalla più recente storiografia. L'occasione di questo saggio ha permesso di soffermarsi sullo stemma dei Martinozzi alla luce delle diverse fonti disponibili; il saggio soprattutto presenta fonti inedite dell'arma dei Del Cassero - segnatamente di Jacopo del Cassero (1296) - che fu oggetto d'interesse della storiografia cittadina fin dal XVII secolo.
Partendo da fonti del Quattrocento (Pierantonio Paltroni) ho rintracciato le presenze araldiche d... more Partendo da fonti del Quattrocento (Pierantonio Paltroni) ho rintracciato le presenze araldiche dei Montefeltro in alcuni importanti monumenti pisani del Trecento.
Talvolta citati nella storiografia dei più noti Montefeltro, gli Accomanducci ottengono per la pr... more Talvolta citati nella storiografia dei più noti Montefeltro, gli Accomanducci ottengono per la prima volta la ricostruzione di un profilo storico che evidenzia il rilievo raggiunto nei decenni a cavallo dei secoli XIV e XV. Originari del castello di Monte Falcone, nei pressi di Acqualagna, divennero parte del più ristretto entourage dei conti di Urbino, raggiungendo il rango comitale sul castello di Petroia nel territorio di Gubbio. Dalla ricerca araldica qui ricostruita e dalla delineazione del profilo storico, è scaturita la felice intuizione dell’autore, che ipotizza il collegamento degli Accomanducci con una delle più importanti opere pittoriche del Gotico internazionale: gli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino realizzati da Lorenzo e Jacopo Salimbeni intorno al 1416. L’ipotesi proposta, basata su fatti documentati messi in relazione con l’evidenza della rappresentazione pittorica, permette di illuminare almeno in parte il lato oscuro dell’opera: la committenza.
Il saggio riguarda la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nell'antico Palazzo del Po... more Il saggio riguarda la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nell'antico Palazzo del Podestà di Fano, ad opera dell'autore. Si tratta di tre ampi lacerti di affreschi a tema sacro nei quali sono inseriti gli stemmi del Comune di Fano e di Galeotto I Malatesti. Per le ragioni che il saggio ricostruisce, questi affreschi sono stati fino ad ora sconosciuti alla storiografia e alla storia dell'arte malatestiana e della città di Fano.
L'articolo descrive l'evoluzione dello stemma dei Della Rovere signori di Senigallia e poi duchi ... more L'articolo descrive l'evoluzione dello stemma dei Della Rovere signori di Senigallia e poi duchi di Urbino, nel periodo della generazione di Giovanni, primo signore di Senigallia dal 1474 al 1501. Nella ricerca sono coinvolti gli stemmi di Giuliano Della Rovere (cardinale dal 1471, poi papa Giulio II), di Leonardo Della Rovere (Prefetto di Roma dal 1472 e duca di Sora e Arce dal 1472) e di Giovanna da Montefeltro moglie di Giovanni Della Rovere. Si descrivono così gli incrementi aragonesi e poi quelli montefeltreschi dell'arma roveresca. La ricerca si sofferma poi sulle decorazioni araldiche della rocca di Senigallia e del convento senigalliese di Santa Maria delle Grazie, oltre alla descrizione degli stemmi presenti in alcuni castelli del dominio di Giovanni.
Lo stemma della città di Urbino e quello della famiglia dei Montefeltro sono strettamente legati,... more Lo stemma della città di Urbino e quello della famiglia dei Montefeltro sono strettamente legati, anzi, si può dire che tra la fine del XV s. e l'inizio del XVI s. il comune di Urbino adottò l'arma dei signori. Su questo mi sono soffermato, in ultimo, nel libro Le Marche sugli scudi. Atlante storico degli stemmi comunali, edito da Andrea Livi Editore, nel 2015, a cura di Mario Carassai. Resiste, però, una tradizione ampiamente ripresa dalla storiografia, secondo la quale Urbino ebbe per stemma un'aquila, poi variamente individuata tra le varie che appaiono anche nello stemma comitale e poi ducale dei Montefeltro. Esiste l'importante descrizione di un sigillo del comune di Urbino, recente un'aquila, impresso nel 1232, pochi decenni dopo la formazione del comune e due anni prima dell'avvento al potere dei Montefeltro, in una città che riconosceva l'autorità imperiale. Tuttavia, dopo questa antica testimonianza (che è relativa al sigillo e non allo stemma, e che precedette radicali e violenti cambi di regime tra le parti ghibellina e guelfa), non c'è più traccia di un'aquila tre le insegne della città. Può darsi che questa assenza sia dovuta solo alla perdita dei documenti, ma questo è lo stato dell'arte. Anzi, se un'aquila compare tra le insegne civiche nelle terre dei Montefeltro, ciò accade nel territorio del Montefeltro, non nel comitato di Urbino (si veda sempre Le Marche sugli scudi. La storiografia dei Montefeltro e la storiografia araldica sulla casata che ha seguito la prima, hanno però individuato un documento più recente del sigillo comunale del 1232: il sigillo di Corrado da Montefeltro, vescovo di Urbino dal 1309 al 1317. In questo sigillo è stato individuato uno stemma con l'aquila ed è pertanto stato sostenuto che quello stemma (comunale) campeggiava nel sigillo vescovile in virtù dell'antico titolo di vescovo conte o comunque in virtù del ruolo svolto dall'istituzione vescovile nella nascita del comune. Questa interpretazione nasce dalla lettura del sigillo offerta da Bramante Ligi, e dall'immagine dell'impronta pubblicata nel suo libro I vescovi e arcivescovi di Urbino. Notizie storiche, Urbino 1953. L'osservazione diretta dell'impronta, però, ha permesso al sottoscritto di escludere la presenza di uno stemma con l'aquila. Come ho già scritto più volte in altre sedi, l'aquila sembra comparire come stemma autonomo solo col conte Antonio da Montefeltro, tra gli ultimi decenni del XIV s. e i primi anni del XV. Compare come insegna che i conti useranno come propria e del tutto verosimilmente non come insegna "civica".
In "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", a. XXIV, n. 138-139, maggio-agosto 2017, pp. 329-340. ISSN 1122 6412
L'articolo tratta degli stemmi di due importanti famiglie italiane del Medioevo: i della Faggiola... more L'articolo tratta degli stemmi di due importanti famiglie italiane del Medioevo: i della Faggiola e i di Vico, noti anche come Prefetti di Vico. Entrambe le famiglie ebbero un ruolo molto importante nell'Italia centrale del XIV secolo, per lo più tra le schiere del partito ghibellino.
L'articolo riprende il discorso sul vessillo della città di Fano, già affrontato da altri autori ... more L'articolo riprende il discorso sul vessillo della città di Fano, già affrontato da altri autori su "Vexilla Italica" nei numeri 8 e 9 del 1977. Riconsiderando e precisando alcuni dati storiografici, questo intervento offre una rilettura di alcuni documenti (opere d'arte e cronache), indicando un modello di antica bandiera del Comune che fu, verosimilmente, quello da cui nacque lo stemma comunale.
Nel volume "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione archeologia dell'arch... more Nel volume "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione archeologia dell'architettura e restauri storici" di Daniele Sacco e Alessandro Tosarelli, trova posto il mio intervento sui reperti araldici. Praticamente tutti gli stemmi presenti nel poderoso complesso sono stati abrasi e hanno subito le ingiurie del tempo. Solo il contesto architettonico, la forma dello scudo e alcuni c.d. ornamenti esteriori permettono di formulare delle ipotesi. L'indagine ha inoltre permesso di individuare una decorazione araldica scolpita, di grandi dimensioni, fino ad ora totalmente sconosciuta, che potrebbe risalire all'epoca medicea.
Il volume è il frutto di una ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, Introduce l... more Il volume è il frutto di una ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, Introduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare redatto da Alessandro Savorelli e da Vieri Favini. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte da Antonio Conti, Vieri Favini e Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità. Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche. L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa. Il volume è il frutto di una accurata ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche . Intruduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte come l’introduzione, da Antonio Conti, Vieri Favinie Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità. Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche. L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa. Chiude l'atlante una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora. La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali. L'atlante si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche. Chiude l'opera una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora. La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
Paragrafi:
- Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto
- L'arma originari... more Paragrafi: - Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto - L'arma originaria dei conti di Piagnano - Il capo d'Angiò - L'arma inquartata - Altre armi e imprese
L'analisi degli stemmi di alcuni sigilli dei Montefeltro permette di ricostruire gli usi araldici... more L'analisi degli stemmi di alcuni sigilli dei Montefeltro permette di ricostruire gli usi araldici della casata fin dal XIV secolo (un caso certo di ereditarietà del cimiero) e altri aspetti. Con questo intervento viene anche precisata l'attribuzione della titolarità di un sigillo custodito presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
Partendo da alcune indicazioni di Pierantonio Paltroni, segretario e biografo del duca di Urbino... more Partendo da alcune indicazioni di Pierantonio Paltroni, segretario e biografo del duca di Urbino Federico da Montefeltro, e attraverso la verifica e l'interpretazione araldica, è stato possibile offrire alla storiografia e alla storia dell'arte alcuni dati ed elementi interpretativi che colmano alcuni vuoti e precisano passaggi fino ad ora impervi relativi a tre monumenti trecenteschi di Pisa: il Pergamo del duomo, per il quale Paltroni risulta essere la più antica fonte (fino ad ora non considerata) dell'originale iscrizione poi ricostruita sulle indicazioni del Vasari; una lapide commemorativa ai Bagni di San Giuliano Terme che necessitava di una rilettura araldica; la chiesa di Santa Maria della Spina, dove l'apparato decorativo araldico pare oggi poter essere interpretato come opera realizzata nel contesto del dominio di Enrico VII di Lussemburgo imperatore del Sacro Romano Impero, e non ad un panegirico della committenza in chiave locale come inteso fino ad oggi.
Prova di stampa della guida alla Sala dell'araldica del Museo del castello dei conti Oliva a Pian... more Prova di stampa della guida alla Sala dell'araldica del Museo del castello dei conti Oliva a Piandimeleto (PU). L'improvvisa e prematura scomparsa di Filiberto Corsucci (responsabile del progetto per il Comune di Piandimeleto) comportò la mancata concretizzazione del progetto.
L'esame degli stemmi rappresentati nei sigilli del duca di Urbino Oddantonio da Montefeltro (+144... more L'esame degli stemmi rappresentati nei sigilli del duca di Urbino Oddantonio da Montefeltro (+1444) permette di aggiornare la consueta ricostruzione storica dell'evoluzione dell'arma dei Montefeltro. Confermando l'uso dell'aquila quale arma di famiglia e stabilendo che la costruzione dell'arma inquartata avvenne vivente suo padre Guidantonio (+1443). I sigilli di Oddantonio mostrano poi una varietà di composizioni araldiche inedite e mai più utilizzate in seguito, un uso degli stemmi che appare tipico di un giovane signore dell'autunno del Medioevo.
A pag. 14 di questo numero de "L'Eugubino", analizzo il caso di uno stemma affrescato in un palaz... more A pag. 14 di questo numero de "L'Eugubino", analizzo il caso di uno stemma affrescato in un palazzo di Gubbio. Attraverso la sostituzione delle lettere iniziali che l'accompagnano, si volle modificarne la titolarità: prima Oddantonio da Montefeltro (+1444), poi il fratellastro Federico salito alla signoria dei domini aviti dopo l'omicidio del primo.
Con questo lavoro si ripercorrono le tappe dell'evoluzione dello stemma dell'Università degli Stu... more Con questo lavoro si ripercorrono le tappe dell'evoluzione dello stemma dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" dal sigillo del XVI secolo al logo adottato nei primi anni Duemila.
Rocca Costanza di Pesaro offre un bel pavese di scudi con le armi e le imprese degli Sforza, sign... more Rocca Costanza di Pesaro offre un bel pavese di scudi con le armi e le imprese degli Sforza, signori della città dal 1445 al 1512.
Sopra il portale di palazzo Bonaventura di Urbino, sede del locale ateneo, campeggiano due impone... more Sopra il portale di palazzo Bonaventura di Urbino, sede del locale ateneo, campeggiano due imponenti stemmi comunemente attribuiti dalla storiografia al conte Antonio da Montefeltro (+1400) e a sua moglie Agnesina dei Prefetti di Vico (+1416). Sono invece lo stemma di Guidantonio da Montefeltro (+1443) e di suo cugino Antonio da Montefeltro (+ 1448 c.). In questo articolo descrivo gli stemmi, e ne traccio un profilo storico.
"Pesaro città e contà", 23 (2006), pp. 7-15.
Si ripercorrono le origini della casata sulla base d... more "Pesaro città e contà", 23 (2006), pp. 7-15. Si ripercorrono le origini della casata sulla base delle fonti disponibili che escludono una pur vantata parentela con i Della Rovere torinesi. Tuttavia da questi ultimi sembrerebbe essere stata mutuata l'arma da Francesco Della Rovere (futuro papa Sisto IV), verosimilmente quando divenne cardinale giacché fu ordinato vescovo solo al momento di salire al soglio pontificio. Allo stato delle ricerche non risulta l'uso dello stemma da parte del padre Leonardo, né da parte dello stesso Francesco quale generale dei Francescani. Lo stemma divenne emblema della politica nepotista del papa e fu adottato dai parenti e dalle famiglie con questi imparentate. Le caratteristiche della rovere di questo stemma, ormai universalmente noto, sono talvolta ritenute quelle della quercia in araldica. Lo testimonia l'ultima versione dell'arma dei Carabinieri. Il seguito di questo studio, "La prima evoluzione dell'arma dei Della Rovere: la generazione di Giovanni Signore di Senigallia", è stato pubblicato su "Studi Pesaresi", 3 (2015), pp. 51-69.
"Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", 89 (2009)
Lo studio ripercorre ... more "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", 89 (2009) Lo studio ripercorre le vicende che portarono Federico da Montefeltro ad essere aggregato all'Ordine dell'Ermellino fondato da Ferdinando d'Aragona re di Napoli nel 1465. Descrive compiutamente le insegne dell'Ordine introducendole correttamente nella pubblicistica dedicata al Montefeltro. In conclusione viene analizza il celebre ritratto del duca rappresentato nelle tarsie dello studiolo del palazzo ducale di Urbino, giungendo all'inedita conclusione che non sono abiti da filosofo o da umanista, quelli indossati dal Montefeltro, ma proprio l'abito dell'Ordine dell'Ermellino.
Relazione alla Summer School della Fondazione Zeri
"Federico Da Montefeltro e le arti. Un laborat... more Relazione alla Summer School della Fondazione Zeri "Federico Da Montefeltro e le arti. Un laboratorio del Rinascimento" a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Andrea De Marchi Urbino-Gubbio, 10-16 Luglio 2022
Relazione alla giornata di studio "Ottaviano Nelli e il suo mondo. Uno sguardo fra Umbria e March... more Relazione alla giornata di studio "Ottaviano Nelli e il suo mondo. Uno sguardo fra Umbria e Marche all'inizio del Quattrocento", promossa dal Comune di Gubbio e dalla Scuola di specializzazione in Beni Storico-Artistici dell’Università degli Studi di Perugia. Gubbio 16.12.2021
Intervento nel seminario "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione, archeo... more Intervento nel seminario "La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione, archeologia dell'architettura e restauri storici", organizzato dalla Scuola interdisciplinare di Storia dell'Arte e dalla Scuola di Conservazione e Restauro dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo". Urbino, 29 marzo 2017, palazzo Battiferri.
Presentazione del progetto di una mostra sui sigilli, i vessilli e lo stemma del Comune di Fano, ... more Presentazione del progetto di una mostra sui sigilli, i vessilli e lo stemma del Comune di Fano, proposto all'Assessorato alla Cultura del Comune di Fano, in collaborazione dell'Assessorato alle Biblioteche e dell'Archivio di Stato di Pesaro - Sezione di Fano. Sede: sala Morganti del Museo civico del palazzo malatestiano di Fano.
Presentazione del volume a cura di W. Monacchi "Lunano e Piandimeleto nel Montefeltro. Ricerche e... more Presentazione del volume a cura di W. Monacchi "Lunano e Piandimeleto nel Montefeltro. Ricerche e restauri", nel quale è pubblicato il mio saggio "Osservazioni sull'araldica degli Oliva, conti di Piagnano, signori di Piandimeleto".
Partendo dall'indicazione del segretario e biografo del duca di Urbino Federico da Montefeltro (+... more Partendo dall'indicazione del segretario e biografo del duca di Urbino Federico da Montefeltro (+1482), Pierantonio Paltroni, si è proposta un'inedita interpretazione del pavese araldico che decora la facciata meridionale della chiesa pisana di S. Maria della Spina, riconducendo l'intervento decorativo all'epoca del brevissimo dominio di Enrico VII di Lussemburgo. La relazione, ulteriormente precisata e ampliata, è pubblicata nel volume "L'Arme Segreta" a cura di Matteo Ferrari, Le Lettere, Firenze 2015, col titolo I Montefeltro nell'araldica monumentale trecentesca di Pisa.
In questa relazione ripercorro le tappe dell'evoluzione degli emblemi della città di San Leo, dai... more In questa relazione ripercorro le tappe dell'evoluzione degli emblemi della città di San Leo, dai primi sigilli conosciuti (inizio XVI sec.) allo stemma partito in uso ancora oggi (dal XVIII secolo).
Rapporti tra l'araldica civica e l'araldica signorile nel territorio del Ducato di Urbino. Relazi... more Rapporti tra l'araldica civica e l'araldica signorile nel territorio del Ducato di Urbino. Relazione svolta alla luce delle risultanze della ricerca condotta per conto della Regione Marche, presentata nella conferenza Segni di Marca il 5 febbraio 2010 presso la sala convegni di Palazzo Raffaello di Ancona
Intervento di presentazione del mio contributo al n. 31 della rivista "Nuovi Studi Fanesi".
L'art... more Intervento di presentazione del mio contributo al n. 31 della rivista "Nuovi Studi Fanesi". L'articolo illustra la ricerca svolta per la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nella controfacciata dell'antico Palazzo del Podestà di Fano. Rinvenuti nel corso del restauro dell'edificio, dopo i danni bellici della Seconda Guerra Mondiale, questi affreschi non sono stati fino ad ora oggetto di alcun intervento e sono rimasti sconosciuti alla storiografia. Gli affreschi hanno finalità devozionali in ambito prettamente civile essendo realizzati nella principale sala del palazzo podestarile e comparendo accanto alle immagini di santi anche la prima testimonianza pittorica dell'arma comunale e quella del signore: Galeotto I Malatesti, che permette di datare l'opera nel più ampio arco temporale tra il 1339 e il 1385. _____________________________ Precisazioni - Illustrando gli affreschi, indico inizialmente quello a sinistra, dicendolo a destra. - Per un lapsus ho chiamato Ferri l'architetto Giovanni Battista Fabbri.
L'inedita delineazione di un profilo storico della famiglia Accomanducci e una ricerca sul suo st... more L'inedita delineazione di un profilo storico della famiglia Accomanducci e una ricerca sul suo stemma, ha permesso all'autore di ipotizzare che uno dei personaggi rappresentati negli affreschi dipinti nel 1416 dai fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni all'Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino, possa essere Guidopaolo Accomanducci e che forse un altro possa essere Filippo Accomanducci.
Alla prima edizione della "Festa in Armi" (Urbino 20-22 luglio 2012) fu allestito il banco dell'a... more Alla prima edizione della "Festa in Armi" (Urbino 20-22 luglio 2012) fu allestito il banco dell'araldo, una postazione dedicata all'araldica e al ruolo dell'araldo. Per l'occasione vestimmo la cotta d'arme araldica dei Montefeltro e le calzabrache divisate (di verde, bianco e rosso) che, per la prima volta dopo cinquecento anni, uscivano dai manoscritti della biblioteca ducale per rappresentare sul campo l'antica casata dei signori di Urbino.
Articolo nel quale preannuncio la pubblicazione di un libro sulle imprese di Federico di Montefel... more Articolo nel quale preannuncio la pubblicazione di un libro sulle imprese di Federico di Montefeltro, anticipando una delle novità più importanti: l'impresa comunemente ritenuta una granata esplodente è una ventosa per salasso, un'identificazione dimenticata dalla storiografia nel corso degli ultimi novant'anni.
Uploads
Books by Antonio Conti
L'occasione di questo saggio ha permesso di soffermarsi sullo stemma dei Martinozzi alla luce delle diverse fonti disponibili; il saggio soprattutto presenta fonti inedite dell'arma dei Del Cassero - segnatamente di Jacopo del Cassero (1296) - che fu oggetto d'interesse della storiografia cittadina fin dal XVII secolo.
Dalla ricerca araldica qui ricostruita e dalla delineazione del profilo storico, è scaturita la felice intuizione dell’autore, che ipotizza il collegamento degli Accomanducci con una delle più importanti opere pittoriche del Gotico internazionale: gli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino realizzati da Lorenzo e Jacopo Salimbeni intorno al 1416. L’ipotesi proposta, basata su fatti documentati messi in relazione con l’evidenza della rappresentazione pittorica, permette di illuminare almeno in parte il lato oscuro dell’opera: la committenza.
Papers by Antonio Conti
Per le ragioni che il saggio ricostruisce, questi affreschi sono stati fino ad ora sconosciuti alla storiografia e alla storia dell'arte malatestiana e della città di Fano.
Si descrivono così gli incrementi aragonesi e poi quelli montefeltreschi dell'arma roveresca.
La ricerca si sofferma poi sulle decorazioni araldiche della rocca di Senigallia e del convento senigalliese di Santa Maria delle Grazie, oltre alla descrizione degli stemmi presenti in alcuni castelli del dominio di Giovanni.
Resiste, però, una tradizione ampiamente ripresa dalla storiografia, secondo la quale Urbino ebbe per stemma un'aquila, poi variamente individuata tra le varie che appaiono anche nello stemma comitale e poi ducale dei Montefeltro.
Esiste l'importante descrizione di un sigillo del comune di Urbino, recente un'aquila, impresso nel 1232, pochi decenni dopo la formazione del comune e due anni prima dell'avvento al potere dei Montefeltro, in una città che riconosceva l'autorità imperiale. Tuttavia, dopo questa antica testimonianza (che è relativa al sigillo e non allo stemma, e che precedette radicali e violenti cambi di regime tra le parti ghibellina e guelfa), non c'è più traccia di un'aquila tre le insegne della città. Può darsi che questa assenza sia dovuta solo alla perdita dei documenti, ma questo è lo stato dell'arte. Anzi, se un'aquila compare tra le insegne civiche nelle terre dei Montefeltro, ciò accade nel territorio del Montefeltro, non nel comitato di Urbino (si veda sempre Le Marche sugli scudi.
La storiografia dei Montefeltro e la storiografia araldica sulla casata che ha seguito la prima, hanno però individuato un documento più recente del sigillo comunale del 1232: il sigillo di Corrado da Montefeltro, vescovo di Urbino dal 1309 al 1317. In questo sigillo è stato individuato uno stemma con l'aquila ed è pertanto stato sostenuto che quello stemma (comunale) campeggiava nel sigillo vescovile in virtù dell'antico titolo di vescovo conte o comunque in virtù del ruolo svolto dall'istituzione vescovile nella nascita del comune. Questa interpretazione nasce dalla lettura del sigillo offerta da Bramante Ligi, e dall'immagine dell'impronta pubblicata nel suo libro I vescovi e arcivescovi di Urbino. Notizie storiche, Urbino 1953.
L'osservazione diretta dell'impronta, però, ha permesso al sottoscritto di escludere la presenza di uno stemma con l'aquila.
Come ho già scritto più volte in altre sedi, l'aquila sembra comparire come stemma autonomo solo col conte Antonio da Montefeltro, tra gli ultimi decenni del XIV s. e i primi anni del XV. Compare come insegna che i conti useranno come propria e del tutto verosimilmente non come insegna "civica".
In "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", a. XXIV, n. 138-139, maggio-agosto 2017, pp. 329-340.
ISSN 1122 6412
Entrambe le famiglie ebbero un ruolo molto importante nell'Italia centrale del XIV secolo, per lo più tra le schiere del partito ghibellino.
Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche.
L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa.
Il volume è il frutto di una accurata ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche .
Intruduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte come l’introduzione, da Antonio Conti, Vieri Favinie Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità.
Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche.
L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa.
Chiude l'atlante una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora.
La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
L'atlante si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche.
Chiude l'opera una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora.
La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
- Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto
- L'arma originaria dei conti di Piagnano
- Il capo d'Angiò
- L'arma inquartata
- Altre armi e imprese
Con questo intervento viene anche precisata l'attribuzione della titolarità di un sigillo custodito presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
L'improvvisa e prematura scomparsa di Filiberto Corsucci (responsabile del progetto per il Comune di Piandimeleto) comportò la mancata concretizzazione del progetto.
I sigilli di Oddantonio mostrano poi una varietà di composizioni araldiche inedite e mai più utilizzate in seguito, un uso degli stemmi che appare tipico di un giovane signore dell'autunno del Medioevo.
L'occasione di questo saggio ha permesso di soffermarsi sullo stemma dei Martinozzi alla luce delle diverse fonti disponibili; il saggio soprattutto presenta fonti inedite dell'arma dei Del Cassero - segnatamente di Jacopo del Cassero (1296) - che fu oggetto d'interesse della storiografia cittadina fin dal XVII secolo.
Dalla ricerca araldica qui ricostruita e dalla delineazione del profilo storico, è scaturita la felice intuizione dell’autore, che ipotizza il collegamento degli Accomanducci con una delle più importanti opere pittoriche del Gotico internazionale: gli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino realizzati da Lorenzo e Jacopo Salimbeni intorno al 1416. L’ipotesi proposta, basata su fatti documentati messi in relazione con l’evidenza della rappresentazione pittorica, permette di illuminare almeno in parte il lato oscuro dell’opera: la committenza.
Per le ragioni che il saggio ricostruisce, questi affreschi sono stati fino ad ora sconosciuti alla storiografia e alla storia dell'arte malatestiana e della città di Fano.
Si descrivono così gli incrementi aragonesi e poi quelli montefeltreschi dell'arma roveresca.
La ricerca si sofferma poi sulle decorazioni araldiche della rocca di Senigallia e del convento senigalliese di Santa Maria delle Grazie, oltre alla descrizione degli stemmi presenti in alcuni castelli del dominio di Giovanni.
Resiste, però, una tradizione ampiamente ripresa dalla storiografia, secondo la quale Urbino ebbe per stemma un'aquila, poi variamente individuata tra le varie che appaiono anche nello stemma comitale e poi ducale dei Montefeltro.
Esiste l'importante descrizione di un sigillo del comune di Urbino, recente un'aquila, impresso nel 1232, pochi decenni dopo la formazione del comune e due anni prima dell'avvento al potere dei Montefeltro, in una città che riconosceva l'autorità imperiale. Tuttavia, dopo questa antica testimonianza (che è relativa al sigillo e non allo stemma, e che precedette radicali e violenti cambi di regime tra le parti ghibellina e guelfa), non c'è più traccia di un'aquila tre le insegne della città. Può darsi che questa assenza sia dovuta solo alla perdita dei documenti, ma questo è lo stato dell'arte. Anzi, se un'aquila compare tra le insegne civiche nelle terre dei Montefeltro, ciò accade nel territorio del Montefeltro, non nel comitato di Urbino (si veda sempre Le Marche sugli scudi.
La storiografia dei Montefeltro e la storiografia araldica sulla casata che ha seguito la prima, hanno però individuato un documento più recente del sigillo comunale del 1232: il sigillo di Corrado da Montefeltro, vescovo di Urbino dal 1309 al 1317. In questo sigillo è stato individuato uno stemma con l'aquila ed è pertanto stato sostenuto che quello stemma (comunale) campeggiava nel sigillo vescovile in virtù dell'antico titolo di vescovo conte o comunque in virtù del ruolo svolto dall'istituzione vescovile nella nascita del comune. Questa interpretazione nasce dalla lettura del sigillo offerta da Bramante Ligi, e dall'immagine dell'impronta pubblicata nel suo libro I vescovi e arcivescovi di Urbino. Notizie storiche, Urbino 1953.
L'osservazione diretta dell'impronta, però, ha permesso al sottoscritto di escludere la presenza di uno stemma con l'aquila.
Come ho già scritto più volte in altre sedi, l'aquila sembra comparire come stemma autonomo solo col conte Antonio da Montefeltro, tra gli ultimi decenni del XIV s. e i primi anni del XV. Compare come insegna che i conti useranno come propria e del tutto verosimilmente non come insegna "civica".
In "Nobiltà. Rivista di araldica, genealogia, ordini cavallereschi", a. XXIV, n. 138-139, maggio-agosto 2017, pp. 329-340.
ISSN 1122 6412
Entrambe le famiglie ebbero un ruolo molto importante nell'Italia centrale del XIV secolo, per lo più tra le schiere del partito ghibellino.
Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche.
L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa.
Il volume è il frutto di una accurata ricerca storica promossa dall’Amministrazione Regionale, si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche .
Intruduce l’opera un saggio sull'araldica civica generale e su quella marchigiana in particolare. L'atlante vero e proprio è stato composto dalle schede dei singoli Comuni redatte come l’introduzione, da Antonio Conti, Vieri Favinie Alessandro Savorelli, sulla base dei territori storici e non in base alla ripartizione amministrativa provinciale attuale, con un chiaro riferimento all'epoca nella quale si sono formati gli stemmi delle comunità.
Talvolta la trattazione supera la formula della "scheda" e assume i connotati di un piccolo saggio. Per ogni stemma si offrono dati bibliografici e indicazioni archivistiche.
L'atlante è stato aggiornato fino ai più recenti mutamenti amministrativi, ma comprende anche gli stemmi dei comuni che lasciarono le Marche per l'Emilia-Romagna nel 2009, quando la ricerca che oggi viene pubblicata era di fatto conclusa.
Chiude l'atlante una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora.
La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
L'atlante si presenta riccamente illustrato, anche dagli stemmi ridisegnati appositamente all’acquarello da Massimo Ghirardi, fedelmente alle fonti storiche.
Chiude l'opera una rassegna degli stemmi dei comuni soppressi (e aggregati ad altri) appositamente disegnati sulla base delle fonti rinvenute, alcuni dei quali mai pubblicati fino ad ora.
La realizzazione di un’unica opera ha permesso anche la redazione di un testo che si differenzia sostanzialmente da altri lavori collocati nell’universo degli stemmari comunali; l’impostazione generale del volume ricostruisce il percorso araldico della simbologia marchigiana andando alla ricerca dei suoi caratteri originali.
- Considerazioni generali sugli stemmi del castello di Piandimeleto
- L'arma originaria dei conti di Piagnano
- Il capo d'Angiò
- L'arma inquartata
- Altre armi e imprese
Con questo intervento viene anche precisata l'attribuzione della titolarità di un sigillo custodito presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
L'improvvisa e prematura scomparsa di Filiberto Corsucci (responsabile del progetto per il Comune di Piandimeleto) comportò la mancata concretizzazione del progetto.
I sigilli di Oddantonio mostrano poi una varietà di composizioni araldiche inedite e mai più utilizzate in seguito, un uso degli stemmi che appare tipico di un giovane signore dell'autunno del Medioevo.
In questo articolo descrivo gli stemmi, e ne traccio un profilo storico.
Si ripercorrono le origini della casata sulla base delle fonti disponibili che escludono una pur vantata parentela con i Della Rovere torinesi. Tuttavia da questi ultimi sembrerebbe essere stata mutuata l'arma da Francesco Della Rovere (futuro papa Sisto IV), verosimilmente quando divenne cardinale giacché fu ordinato vescovo solo al momento di salire al soglio pontificio. Allo stato delle ricerche non risulta l'uso dello stemma da parte del padre Leonardo, né da parte dello stesso Francesco quale generale dei Francescani. Lo stemma divenne emblema della politica nepotista del papa e fu adottato dai parenti e dalle famiglie con questi imparentate. Le caratteristiche della rovere di questo stemma, ormai universalmente noto, sono talvolta ritenute quelle della quercia in araldica. Lo testimonia l'ultima versione dell'arma dei Carabinieri.
Il seguito di questo studio, "La prima evoluzione dell'arma dei Della Rovere: la generazione di Giovanni Signore di Senigallia", è stato pubblicato su "Studi Pesaresi", 3 (2015), pp. 51-69.
Lo studio ripercorre le vicende che portarono Federico da Montefeltro ad essere aggregato all'Ordine dell'Ermellino fondato da Ferdinando d'Aragona re di Napoli nel 1465. Descrive compiutamente le insegne dell'Ordine introducendole correttamente nella pubblicistica dedicata al Montefeltro.
In conclusione viene analizza il celebre ritratto del duca rappresentato nelle tarsie dello studiolo del palazzo ducale di Urbino, giungendo all'inedita conclusione che non sono abiti da filosofo o da umanista, quelli indossati dal Montefeltro, ma proprio l'abito dell'Ordine dell'Ermellino.
"Federico Da Montefeltro e le arti. Un laboratorio del Rinascimento"
a cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Andrea De Marchi
Urbino-Gubbio, 10-16 Luglio 2022
La relazione, ulteriormente precisata e ampliata, è pubblicata nel volume "L'Arme Segreta" a cura di Matteo Ferrari, Le Lettere, Firenze 2015, col titolo I Montefeltro nell'araldica monumentale trecentesca di Pisa.
L'articolo illustra la ricerca svolta per la riscoperta degli affreschi trecenteschi presenti nella controfacciata dell'antico Palazzo del Podestà di Fano.
Rinvenuti nel corso del restauro dell'edificio, dopo i danni bellici della Seconda Guerra Mondiale, questi affreschi non sono stati fino ad ora oggetto di alcun intervento e sono rimasti sconosciuti alla storiografia.
Gli affreschi hanno finalità devozionali in ambito prettamente civile essendo realizzati nella principale sala del palazzo podestarile e comparendo accanto alle immagini di santi anche la prima testimonianza pittorica dell'arma comunale e quella del signore: Galeotto I Malatesti, che permette di datare l'opera nel più ampio arco temporale tra il 1339 e il 1385.
_____________________________
Precisazioni
- Illustrando gli affreschi, indico inizialmente quello a sinistra, dicendolo a destra.
- Per un lapsus ho chiamato Ferri l'architetto Giovanni Battista Fabbri.