PriscA AMoroso e giAnlucA de fAzio
DALL’ARCA TERRA ALLO SPIELRAUM.
NATURA, CORPO, SPONTANEITÀ1
Nell’Aprile 1939, Merleau-Ponty si reca per la prima volta presso gli
Archivi Husserl di Lovanio e vi trascorre all’incirca una settimana. Sappiamo
dal racconto di Van Breda2 che ha modo di leggere il manoscritto D17 sul
Rovesciamento della dottrina copernicana nella corrente visione del mondo3,
insieme ad altri inediti che potrà nuovamente consultare quando essi, tra il
1944 e il 1948, saranno temporaneamente conservati a Parigi.
L’inedito sul Rovesciamento avrà tanta inluenza nel pensiero di MerleauPonty, che lo citerà, nel corso della propria produzione, sempre più diffusamente.
In quel testo, Husserl ricostruisce la rivoluzione che ha prodotto, mediante un
unico gesto ilosoico, una riconigurazione del nostro rapporto tanto con la
Terra, quanto con il corpo vivente. La modernità ha tradotto il Boden, questo
suolo che “non viene dapprima esperito come corpo”4 in Boden-Körper, in un
suolo-corpo, un corpo in senso pieno. Questa trasformazione fa sì che la Terra
sia dimenticata in quanto suolo d’esperienza e ancoraggio imprescindibile
del vissuto e che sia concepita come grande masso: oggi diremmo come blue
marble – così la deinisce il titolo della celeberrima fotograia spaziale5.
Ripercorrere, in un’analisi che si sa inevitabilmente parziale, le occorrenze
del confronto di Merleau-Ponty con il manoscritto D17 permette di avvicinare
l’idea di Spielraum, anch’essa di matrice husserliana, che si affaccia, nell’opera
del nostro, in luoghi non numerosi ma signiicativi, e che è connessa all’idea
di Boden. Le radici dell’interesse per questi temi sono da rintracciarsi sin nei
primi passi del pensiero di Merleau-Ponty, nella sua indagine della costituzione
del corpo-oggetto e dell’oggetto assoluto.
1. Corpo-oggetto e oggetto assoluto
Nella Struttura del comportamento, Merleau-Ponty si propone, in prima
battuta, di avviare il suo studio confrontandosi con i procedimenti tradizionali
della scienza, considerando il comportamento umano e animale dal punto di
vista dello spectateur étranger. Ma, nel porsi in quest’ottica, deve rilevare in
da subito la riduzione cui la scienza classica costringe il fenomeno. Il vivente
è una struttura non scomponibile di comportamenti, cui le parti forzatamente
isolate sempre rinviano, e di fronte alla quale le reazioni automatiche ottenute
in condizioni artiiciali hanno una valenza esplicativa quasi nulla. Similmente,
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la via corta della rilessione come pura coscienza, che Descartes propone
nelle Meditazioni, manca di cogliere il fatto fondamentale del fenomeno che
si vuole studiare: il darsi spontaneo della percezione. È questo che MerleauPonty intende quando annuncia di voler partire dal basso nella sua indagine:
non già nel senso di un volgersi a fenomeni isici parcellari, né a un qualche
circoscritto punto della coscienza chiaro e distinto, ma a un contatto con i
fenomeni guidato dalla percezione stessa. Si passa così a uno studio della
percezione dal didentro: e, allorché questo aspetto si fa esplicito, si produce un
cambiamento di metodo che già preigura le istanze della Fenomenologia della
percezione. Se è vero che l’in sé è mediato dai suoi aspetti prospettici, per sé,
“non si tratta di una mediazione logica, poiché essa ci introduce alla loro realtà
carnale”6 in cui le distinzioni ilosoiche non sono ancora operanti – scrive il
giovane Merleau-Ponty con un’espressione che anticipa il lessico più tardo.
Il contatto per cui io, mondo, anima, corpo sono settori di un unico campo,
che è vissuto come universo di esperienza, è smarrito quando la coscienza
crede di scoprire il corpo reale come uno schermo tra me e le cose, “un
insieme di organi di cui l’esperienza immediata non ci dà notizia alcuna e che
frappongono, tra noi e le cose, i loro meccanismi, i loro poteri sconosciuti”7.
Ed ecco che il mondo è ormai doppio: il corpo dell’anatomia è l’intermediario
tra mondo reale e mondo della percezione, da esso disgiunto.
Speculare alla frattura tra il corpo vissuto e il corpo-oggetto dell’anatomia è
la cesura tra il per-sé e l’in-sé, il movimento di rottura con cui viene a costituirsi
l’oggetto assoluto. C’è una solidarietà fondamentale, rilevata già da Husserl,
tra i due momenti8. Per comprendere l’oggetto come in sé dobbiamo assumerlo
come interamente dispiegato, mediante un’estasi9 dalla nostra esperienza
corporea che non può essere che intellettuale: si tratta di un’uscita impossibile
dal corpo, poiché ritroviamo il corpo-proprio sempre a disposizione10. In altri
termini, se la deinizione moderna dell’oggetto lo indicava come partes extra
partes, coinvolto in relazioni esteriori e meccaniche, per omologare il corpo
vivente a questa idea bisognava tradurne il comportamento in funzionamento,
scoprirne la dipendenza da cause deterministiche locali11. Ma l’oggetto stesso
si presenta come invariabile non malgrado le prospettive parziali che ne ho,
ma proprio in esse: la sua assenza possibile è il correlato della sua presenza
effettiva. Così, io mi formo implicitamente, senza rappresentarmelo, un
orizzonte costituito dalla sintesi dei miei campi di esperienza virtuali, o dei
campi intersoggettivi attuali o possibili12.
Diversamente, l’oggetto sarebbe vero come un’idea, non presente come una
cosa: la presentazione prospettica degli oggetti risponde all’essere situato del
mio corpo, al suo offrirsi ostinatamente a me sempre sotto lo stesso angolo. È
attraverso questa ambiguità – che mi rivela il corpo come parte dell’orizzonte
delle cose, come un per-altri, ma anche e insieme come insuperabile ancoraggio
della mia vita – che il mondo può essere riconosciuto come tale, non dunque
come l’Universo della scienza. Molto eficacemente Merleau-Ponty scrive che
lo spazio corporeo avviluppa parti dello spazio esterno, come riserva di una
certa potenza.
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Un corpo così pensato è inserito in uno schema di relazione punto-orizzonte.
Sono gli psicologi della Gestalt a venirci in aiuto:
La distribuzione degli sforzi e delle tensioni in un dato ambiente determina quello
che deve fare un corpo avente una costituzione in un tale ambiente. Inversamente,
se conosciamo il corpo e osserviamo cosa fa in un certo ambiente, possiamo dedurre
le proprietà del campo in quell’ambiente13
A partire da un’analisi dei rapporti tra il corpo e la sua Umwelt – le sue
potenzialità – è possibile cogliere le relazioni processuali, e non partes extra
partes, tra gli elementi del campo terrestre e deinire i rapporti che legano gli
enti come relazioni transterrestri o, se si vuole, transindividuali.
Seguendo la teoria della Gestalt, Merleau-Ponty mostra come la percezione
non abbia a che fare né con una coscienza introspettiva, né con un semplice
comportamento nel mondo, ma con una potenzialità eminentemente corporea.
Tuttavia, la percezione non ha, propriamente, un soggetto, ma fa il soggetto; è la
sua dimensione pre-rilessiva e pre-soggettiva, quella propriamente selvaggia.
È molto chiaro Merleau-Ponty quando scrive che il soggetto della sensazione
non è un pensatore che annota delle qualità, ma una potenza co-nascente a un
contesto di esistenza condiviso con gli oggetti14. Le qualità sensibili non ci
giungono come semplici qualia, ma come portatrici di un signiicato vitale, di
una isionomia motoria, di un’allure che è impossibile sottrarre loro. Da qui
l’uso di espressioni come appello, impegno, prendere partito, essere votato a
che l’autore introduce nel rendere conto di tale sincronizzazione corpo-mondo:
il senso vitale degli oggetti non è secondo alla loro conigurazione isicogeometrica; è, al contrario, ciò che permette di derivare questa conigurazione.
La percezione è “l’incontro, l’intersezione, l’intreccio, lo scontro”15 di
molteplicità pre-individuali che, solo in ultima istanza e non esclusivamente,
daranno vita al soggetto intenzionale e all’oggetto in sé. Essa è per deinizione
l’apertura di un campo d’apparenza, perché è sempre determinata, limitata ad
un qui ed ora che non coincide con – ma eccede – le nozioni di Spazio e di
Tempo del pensiero trascendentale16.
2. Terra
Merleau-Ponty cita il Rovesciamento in vari luoghi, e i riferimenti si fanno
più itti con il procedere della sua rilessione. Il primo è in Fenomenologia
della percezione, in nota ad un passaggio ove l’idea di suolo è messa in
diretta connessione con quella fenomenologica di orizzonte. Merleau-Ponty
procede nel solco della Struttura del comportamento, e deve avere in mente la
Gestaltpsychologie, quando lega l’idea di orizzonte, da un lato al movimento
di determinazione con cui l’orizzonte interno di una cosa può divenire oggetto,
dall’altro al movimento parallelo e fondativo con cui, in questa emergenza,
qualcosa si indetermina, si fa sfondo17.
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E in effetti è proprio in una struttura punto-orizzonte che MerleauPonty rintraccia “il fondamento dello spazio”18. Tale struttura emerge tanto
dal rapporto tra il corpo e il mondo, quanto da quello tra l’oggetto puntuale
dell’intenzionalità e gli oggetti che fanno orizzonte attorno ad esso e che
permettono di intenzionarlo. Quanto si dice del corpo, che esso è “l’oscurità
della sala necessaria alla chiarezza dello spettacolo, [...] la zona di non-essere
di fronte alla quale possono apparire degli esseri precisi, delle igure e dei
punti”19 si applica, con una equivalenza strutturale, alla Terra in quanto suolo
mai abbandonabile.
Il suo abbandono, cioè, è inconcepibile al livello della relazione immediata
del soggetto al mondo, e la mossa ilosoica che lo tenta – la rivoluzione
copernicana che trasforma il mondo in Universo e il soggetto in interiorità
– è la traccia di un’ontologia piena e non porosa, governata dall’istanza di
rappresentazione che produce una “smaterializzazione dell’ente e dello
spazio in funzione della loro astrazione algebrica”20. Ora, se questa istanza
di rappresentazione si applica agli oggetti sulla Terra senza scandalo per la
ragione e se è vero che per essi dobbiamo accettare il paradosso per cui esistono
degli in sé per un per sé, bisogna, come ha fatto Husserl, individuare rispetto
a queste blosze Sachen non soltanto dei soggetti che, intellettualisticamente, le
fronteggiano, ma anche dei quasi-oggetti che le sostengono e che presentano
una inaggirabile resistenza alla riduzione.
Diciamo inaggirabile non a caso, nel senso in cui Merleau-Ponty scrive che
il corpo è un ancoraggio cieco, di cui non posso fare il giro, e nel senso in cui
uscendo dall’atmosfera terrestre e guardando la Terra da un’astronave o dalla
Luna, eleggo giocoforza l’astronave o la Luna a Terra, una Terra non seconda,
ma proprio questa Terra che mi è sempre presente e senza la quale io non sarei
presente: l’ipotesi delle due Terre presentata nel Rovesciamento signiicava
proprio questo.
Possiamo concepire un altro luogo come suolo, a condizione di eleggerlo,
per un momento e come nell’Einfülhung con cui riconosciamo un alter ego,
a nostro ancoraggio. Merleau-Ponty ha in mente questa impostazione quando
affronta la questione del relativismo, con un confronto, da un lato, con il
relativismo culturale di Lévi-Strauss, dall’altro – e più signiicativamente per
la nostra lettura – con la teoria di Einstein.
Riferendosi all’esperimento mentale sulla simultaneità relativa, che
immagina due uomini, Paul e Pierre, che si trovano in due punti distanti
dell’Universo, Merleau-Ponty sostiene che, per rendere conto della relatività
reciproca del tempo di Paul e del tempo di Pierre, Einstein, credendosi
spettatore universale, deve di fatto collocarsi nel tempo dell’uno o dell’altro,
assumendolo come sistema di riferimento della propria asserzione. Bisogna
scavare al fondo di questo relativismo, essere più Einstein di Einstein,
per trovare un relativismo ancor più radicale, che permetta di ristabilire il
mondo della percezione con le sue simultaneità, “parce que pour chacun
son temps est universel et qu’il ne peuvent rien savoir d’un temps qui ne le
serait pas”21.
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Quella che abbiamo deinito un’equivalenza strutturale tra corpo-proprio
e suolo, intesi come punti rispetto ai quali si dispiega un orizzonte, trova
conferma in alcune pagine in cui il ilosofo mette a tema lo statuto del qui, in
cui la medesima idea sostiene l’indagine dello spazio corporeo e dello spazio
esterno:
Applicata al mio corpo, la parola ‘qui’ non indica una posizione determinata in
rapporto ad altre posizioni o in rapporto a coordinate esterne, ma l’installazione
delle prime coordinate, l’ancoraggio del corpo attivo in un oggetto [...] Per
principio, la molteplicità dei punti o dei ‘qui’ può costituirsi solamente grazie a
una concatenazione di esperienze nella quale, per ogni volta, uno solo di essi è dato
come oggetto e che si effettua essa stessa nel cuore di questo spazio.22
Questa idea di concatenazione di esperienze sarà ripresa nel primo corso
sul concetto di Natura, in un ine passo nel quale Merleau-Ponty rilette sullo
statuto degli antipodi per l’esperienza.
Tra gli antipodi e noi c’è solo un concatenarsi di motivazioni, so che altri vi
sono stati, che in linea di principio posso andarci, ma che impiegherò del tempo e
che quando sarò arrivato non sarò affatto agli antipodi. Tale ubiquità del pensiero,
che fa sì che io creda all’esistenza degli antipodi, si fonda su una trasmutazione
del qui in laggiù paragonabile in parte alla replica del mio insostituibile essere qui
nell’Einfühlung d’altri23
L’Einfühlung era chiamata in causa già da Husserl per mostrare la mia
comprensione del rapporto tra un altro corpo-proprio capace di esperienze
anche molto differenti dalla mia, per esempio un uccello in volo, e il suo suolo.
La possibilità dell’uccello di volare è da me compresa in quanto allargamento
delle cinestesi dell’animale ad uno spazio aereo, che non lo svincola dalla
comunanza a questa stessa Terra-suolo che io abito24, e ciò mi permette di
accompagnarlo nel suo volo. La comprensione corporale mediante la quale
comprendo come suolo qualcosa che non può darsi a me in quanto suolo è
messa in rapporto al “modo in cui, nel comprendere un corpo vissuto estraneo,
presuppongo comunque proprio il mio corpo primordiale”25. Vi è un noi che
vive insieme26 – si legge nel corso dedicato a Husserl – che presuppone la
costituzione del mio corpo proprio e che costituisce il centro d’orientamento
della nostra comune esperienza di terrestri, alla quale appartengono gli altri
uomini, gli animali non umani, e gli orizzonti da questi aperti, “distribuiti in
uno spazio-nello-spazio che come campo aperto di vicinanza e lontananza dei
corpi circonda la Terra e dà loro il signiicato di corpi terrestri e allo spazio
quello di spazio terrestre.”27
Questo spazio nello spazio è il mondo inteso nell’apertura dell’Umwelt,
incluso in un universo che solo in questo senso è pensabile dalla scienza.
Un’astroisica e una isica atomica, rivolte l’una all’ininitamente grande,
l’altra all’ininitamente piccolo, mantengono validità a condizione che
non perdano di vista l’esser-già-dato come sorgente di ogni senso reale e
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possibile, a condizione, cioè, che si autocomprendano come possibilità di
questo mondo. Per le stesse ragioni per le quali bisogna dire che lo scienziato
parla sempre con il proprio corpo28 si deve dire che noi parliamo sempre da
questa Terra.
È in questo senso che Husserl si chiede se possiamo ancora, con Galileo,
affermare che eppur si muove, per quanto, dal punto di vista della dominante
concezione naturalistica, tale dubbio sia addirittura ridicolo. Se il movimento
si fa in relazione ad uno spazio, poiché il suolo è il nostro spazio onninclusivo,
di esso non potrà darsi movimento: “Même spatialement, la terre est un être
englobant”29. Ancora un’equivalenza con il corpo-proprio, che in rapporto a
me non si muove, che non mi si avvicina e non mi si allontana mai, costituendo
il centro rispetto al quale le cose sono vicine o lontane.
Husserl non vuole con ciò destituire di validità le scienze naturali – e tanto
meno vorrà farlo Merleau-Ponty -, bensì fare breccia nell’ingenuità che fa sì
che, anziché limitarsi a proporre una sistematizzazione dei loro oggetti, esse
credano di conseguire per questa via “l’assoluta verità dell’universo, anche se
con gradi relativi di perfezione”30. È dunque ancora una volta ad un pensiero di
sorvolo che i nostri autori rivolgono il loro scetticismo, ad una teoria nel senso
suggerito dall’etimo, come sguardo d’insieme di uno spettatore del mondo31.
Se il suolo è già sempre dato, non possiamo considerarlo come un evento
tra gli altri nella grande storia naturale, perché non c’è idea di Natura senza
riferimento ad esso.
3. Pre-copernicanesimo della fenomenologia?
Le criticità implicate da una visione del mondo non copernicana sono presto
dette: andare in direzione contraria alle acquisizioni della scienza moderna e
ricollocare l’uomo al centro del mondo può avere il senso di un’ostinazione
antiscientiica che nega le evidenze che hanno ristrutturato, ormai da molti
secoli, il nostro rapporto intellettuale con l’Universo; il senso, insomma, di
un volgersi indietro e retrocedere al mondo pre-copernicano. Ma si tratta, qui,
più di un anti-copernicanesimo ilosoico, che non di un pre-copernicanesimo
scientiico. Come abbiamo detto, né Husserl né Merleau-Ponty intendono
invalidare le acquisizioni delle scienze naturali: l’intento è piuttosto reinscrivere
il sapere in una fondamentale relazione con il suolo, nell’ancoraggio al mondo
che esso trova nel corpo dello scienziato, che era perduto, in campo ilosoico,
da Descartes: “Descartes come Galileo”32, annota Merleau-Ponty. È importante
precisare che non si tratta di un relativismo, ma di una accettazione del limite
in quanto possibilità fondamentale della conoscenza.
È lo stesso Husserl a chiedersi se non stia qui una certa hybris ilosoica,
per giungere a chiarire che non si tratta di una rivendicazione delle essenze
contro le verità di fatto, ma, al contrario, di un recupero dell’esperienza come
fondamento ultimo. Commenta Merleau-Ponty:
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poiché non siamo alla congiunzione della Natura, del corpo, dell’anima e della
coscienza ilosoica, poiché noi la viviamo, non si può concepire nessun problema la
cui soluzione non sia delineata in noi e nello spettacolo del mondo [...]. Se Husserl
si tiene fermo alle evidenze della costituzione, non è per una follia della coscienza,
né perché essa abbia il diritto di sostituire ciò che per essa è chiaro a dipendenze
naturali che sono constatate, ma perché il campo trascendentale ha cessato di essere
soltanto quello dei nostri pensieri per divenire quello dell’intera esperienza33
Proprio il problema della Natura34 è al centro dell’interesse di MerleauPonty quando, nella seconda metà degli anni Cinquanta, i riferimenti al
Rovesciamento si fanno diffusi nelle note dei corsi al Collège de France. Nel
corso del 1958-1959 intitolato La ilosoia oggi, Merleau-Ponty offre una
trattazione dell’idea di suolo alla luce della crisi dei nostri rapporti con la
Natura, con riferimento alla issione nucleare che è stata evidenziata dall’uomo
nella bomba atomica – cosa che fa della tecnica non già soltanto applicazione
della scienza, ma sua condizione – e del razzo spaziale.
Di fronte all’evento sconvolgente dell’atomica, Merleau-Ponty vede il
pensiero gettato in una crisi radicale: anzitutto l’essere si rivela esplosivo, e
ciò denuncia, al pensiero, delle forze che fuoriescono dal quadro del mondo,
dunque la contingenza dell’esistenza; dall’altro lato, la Natura si trova in uno
statuto quanto mai problematico, in misura del fatto che la issione nucleare
è indecidibilmente prodotto di natura e insieme costrutto umano. Il razzo
spaziale, per parte sua, che apre alla possibilità di abitare altri pianeti, di
incontrare altre forme intelligenti, è un ultimo passo verso la destituzione della
Terra dal suo privilegio di centro metaisico, ne fa un pianeta tra gli altri, come
appunto presagiva Husserl.
Ma Merleau-Ponty è molto lontano dal tentativo ultra-umanistico di
ricollocare l’uomo al centro del mondo in quanto arteice del naturale: al
contrario, in queste note vi è un’aspra denuncia al museo degli orrori35
costituito da un artiicialismo estremo, che nel volgersi inevitabilmente verso
il proprio opposto – la rinuncia a vedere il ruolo dell’umanità sulla Natura, la
sua deresponsabilizazione –, è insieme riaffermazione prometeica dell’uomo
sul possibile altro: l’altro uomo, o il marziano36.
In deinitiva, questi avanzamenti della tecnica conducono ad un ritorno
di quel grande rimosso che è la Natura, e da questa consapevolezza bisogna
ripartire per tematizzare, ancora e nuovamente, l’idea di suolo – e ciò che essa
può rivelarci rispetto al problema della contingenza. Il Boden è spiegato già
da Husserl come Spielraum di possibilità. Proprio la relazione tra Boden e
Spielraum bisognerà pensare, a partire dai corsi sul concetto di Natura37.
4. Dal cosmo al campo: gioco e spontanietà
Come sostiene Merleau-Ponty nei corsi sulla Natura, “la peculiarità di una
ilosoia dell’intelletto” è di “prendere come tema solo ciò che essa ottiene
dopo un processo di puriicazione”38 perdendo di vista il rapporto tra gli
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elementi terrestri e la Terra. Se, da un lato, “non dobbiamo applicare alla
Terra le relazioni intramondane che applichiamo all’interno della Terra”39,
ciò non implica, dall’altro, che dobbiamo rinunciare ad abitare le cose: il
loro senso non è mai dato come puramente presente. Il senso tutto terrestre
che sostiene le relazioni intramondane è caratterizzato da una ambivalenza di
fondo: è e non è di questo mondo. E questa ambivalenza è possibile a patto
che esso non sia un in sé celato dietro i fenomeni, ma che sia reale nel suo
manifestarsi: “il reale non si ottiene […] incalzando l’apparenza, esso è […]
l’apparenza”40.
La critica alla ilosoia dell’intelletto, dunque, è complementare all’idea
per la quale l’apparenza basta a se stessa e non necessita di essere giustiicata
dal concetto41. È per questo motivo che, tanto nell’ultimo Husserl quanto in
Merleau-Ponty, la riscoperta della corporeità diventa centrale: riconoscere una
certa autonomia all’apparenza signiica, infatti, riscoprire il valore ilosoico –
e ontologico – della corporeità e il “decentramento della soggettività umana”,
che perde “la propria posizione ontologica di cardine del mondo percepito”42.
Se la Fenomenologia consisteva nel mostrare che la percezione, lungi
dall’essere una facoltà interna ad un soggetto43, è tra le cose e il soggetto,
cerniera ontologica tra i due poli, lo sviluppo più maturo della rilessione
merleau-pontyana si concentra sull’indagine del chiasma, pensato come
processo d’individuazione cui corrisponde un’intrinseca apertura del soggetto
e delle cose. Questa apertura era deinita da Husserl nel senso di uno Spielraum
di possibilità:
Il muoversi dei corpi, [concepito] in base alla funzione intuitiva originaria
della Terra come ‘suolo’, ovvero come corpo inteso nella sua originarietà, [si
realizza] nell’ambito di una mobilità e variabilità possibile. [...] I corpi si trovano
effettivamente nell’ambito di possibilità aperte, che si realizzano in ciò che di essi
effettivamente avviene, nel loro movimento, nella loro variazione (invarianza come
peculiare forma di possibilità della variazione). [...] è la possibilità (e l’universo
delle possibilità aperte) che costituisce un elemento di fondo [Grundbestand]
della realtà effettiva del mondo. Il nucleo dell’esperienza attuale [...] diventa il
nucleo di ciò che esso stesso preigura, e che prescrive come ambito [Spielraum]
di possibilità44
In altri termini, in ogni individuazione, come in ogni percezione, non si dà
mai adeguamento completo, non tutti i possibili vengono realizzati: rimane
sempre uno scarto, una dimensione di latenza45. L’incompletezza delle relazioni
intraterrestri non è una mancanza, bensì un’eccedenza: una completezza
aperta. Tra gli enti terrestri vi è sempre un di più invisibile, che non appare e
che, tuttavia, non è un nulla, ma una negatività operante46. L’intellettualismo
– che per Merleau-Ponty è la coincidenza di positivismo e negativismo, cui
opporrà un’ontologia indiretta47 – tenta di epurare questa eccedenza, che resiste
all’analisi razionale e che tuttavia emerge in negativo, nel senso fotograico.
La Terra richiama proprio questa irriducibilità che l’analisi fenomenologica
ha il merito di portare all’evidenza. Essa non è un dato, ma è “l’esperienza
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eminentemente corporea”, la “radice dalla quale scaturiscono […] le cose con
i loro contorni deiniti e le loro determinazioni”48, un campo.
Il ricorso all’idea di campo mette in luce non una relazione binaria tra due
enti, ma i processi, necessariamente molteplici, “che hanno luogo nel mezzo
in cui […] due corpi sono immersi”49. Si tratta, dunque, di una immanenza
chiasmatica tra i poli estremi della relazione intraterrestre che, tuttavia, non
si richiude su se stessa, ma lascia aperta la possibilità di altre polarizzazioni:
in questo senso il soggetto, lungi dall’essere una res cartesiana, è “a leeting
process”50.
La rivoluzione copernicana, radicando l’immagine del pensiero nell’interiorità
di un Kosmotheoros, ha misconosciuto i rapporti tra gli enti mondani. La
rivalutazione della Terra come Boden permette di offrire un pensiero alternativo
a quello che la tradizione moderna ci ha consegnato. Un pensiero, cioè, che agli
oggetti preferisca i rapporti che li fanno essere ciò che sono.
L’idea di Terra ha, così, una duplice funzione. Da un lato, riabilita la possibilità
di una invarianza non sussuntiva51, dall’altro permette di pensare l’immanenza
in modo non monistico né assoluto. La Terra appare come la ragion suficiente
dell’esperienza – una ragione a posteriori rispetto all’esperienza corporea –,
irriducibile al costrutto della soggettività costituente e da questa inseparabile,
perché della soggettività costituisce il campo di possibilità. La Terra è una
spazialità grezza che nulla ha a che fare con le forme a priori della sensibilità.
Qui si giocano gli statuti principali dell’ontologia indiretta di MerleauPonty: come pensare questo essere barbaro senza costituirlo come nuovo a
priori? Dando privilegio ontologico alla relazione piuttosto che alle sostanze.
In Merleau-Ponty, le sostanze non preesistono agli attributi e la
percezione è sempre il grado 0 di determinazione. Abbiamo già notato come
il processo di determinazione ne attivi immediatamente uno complementare
di indeterminazione. Così, una sostanza non è, di fatto, nient’altro che l’effetto
di una composizione di attributi ai quali essa non preesiste. Si pensi al colore:
esso non precede né è secondo ai rapporti di luminosità e materialità, non è
separabile dal contesto se non per via astrattiva. Esso è il fatto fondamentale
della visione: è a partire da una differenza di colore che sarà possibile
determinare oggettivamente questa cosa, questo soggetto, questo orizzonte. Il
colore è l’evento della visione, e in quanto evento è un divenire-colorato del
campo52. Al minimo, potrà esserci un chiaro/scuro che sfugge alla dialettica del
Tutto e del Nulla: “vedere del nero, non è non vedere nulla”53.
L’idea di visione come divenire-colorato mostra tutta la sua potenza se si
pensa alla concezione di lume naturale della tradizione moderna. Il pensiero
non è un lume naturale che illumina la notte inerte dell’in-sé, ma l’effetto
“della resistenza e dell’attrito che la materia esercita”54 sul nostro corpo. Ciò
è possibile solo a condizione di non assumere il primato ontologico della
sostanza e di riconoscere il corpo del soggetto e quello delle cose come fatti
della medesima stoffa.
Un pensiero che non voglia riproporre le alternative classiche dovrà partire
da questa inerenza inestricabile tra la Terra e i rapporti interterrestri. Per farlo
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dovrà concepire le essenze non più come “il senso primitivo dell’Essere”55, ma
come un Sosein di fatto. Le essenze non sono delle rigidità sostanziali, ma “ciò
che organizza la fatticità secondo linee morfologiche e luttuanti, senza tuttavia
che tale vaghezza morfologica, la stessa segnalata [...] da Husserl, si concreti
mai in qualcosa di dato”56: esse sono, fenomenologicamente, sempre legate
alla manifestazione, all’esperienza; non rispondono all’istanza di conoscenza
“bensì alla creazione”57: ogni essenza è un “evento creativo”58 , “a transient
structure which can ind a ‘good shape’ but […] can also diverge”59.
Il piano delle essenze è il piano della contingenza e della initezza. L’essenza,
lungi dall’essere il Medesimo è, al contrario, il grado massimo di deinizione
che è, al contempo, il grado massimo di sfocatura dello sfondo. La stessa
esperienza ha una portata ontologica: non solo accesso alle cose stesse, ma
sperimentazione essenziale basata sulla complementarietà di “situazionalità
e indeterminazione”60. La Terra opera la variazione essenziale degli enti
determinati, per questo è irriducibile al grande sasso della tradizione moderna.
Essa è quella passività operante e creativa che “derrière la chose, la fait être
chose: lacunes, [...] allusions du monde sensible, écart, variante, différence
du ‘monde’”61. Rivalutarla signiica rivalutare lo scarto come operatore
ontologico.
Inoltre, come è stato messo in luce, se il gioco non appartiene “a una
dimensione di libertà assoluta” come nella concezione moderna del soggetto,
ma “trova nel limite […] la sua risorsa”62, appare sensato pensare il rapporto
intraterrestre come un gioco, nel senso in cui lo Spiel è contenuto nello
Spielraum, che alla lettera signiica spazio-di-gioco, spazio di libertà, margine
d’azione – nello stesso senso in cui diciamo che un ingranaggio ha spazi di
gioco all’interno di una macchina.
È un punto importante: se, con Husserl, lo Spielraum è già ambito di
possibilità, sembra che Merleau-Ponty ne accentui la dimensione ontologica
che lo speciica rispetto al Boden. Lo Spielraum diventa così un concetto
cardine per pensare le relazioni trans-terrestri: è lo spazio di manovra che
non elide la totalità, ma che funziona come processo di mutamento. Vi è una
passività operante dello Spielraum, che non è, però, un mero automatismo. Le
variazioni che vi prendono luogo sono spontanee e non semplicemente derivate
da una ricettività – che riproporrebbe un pensiero dualista e oggettivista.
L’automatismo non differirebbe infatti dal decisionismo soggettivista63:
in ambo i casi, la passività operante viene misconosciuta. La spontaneità –
che, segnaliamo, richiama alla mente motivi leibniziani – indica, invece, il
punto d’incontro tra le passività pre-determinative (la Terra) che determinano
processualmente gli enti determinati (gli enti terrestri). Il rapporto transterrestre, lo Spielraum, procede per differenza e spontaneità, negli interstizi
d’indeterminazione. Questi, che per un pensiero intellettualista sono nulla (di
fatto o di principio), per un pensiero terrestre divengono il motore ontologico
principale.
Grazie ai concetti di Spielraum e di Boden, è pensabile una compossibilità
tra determinismo e contingenza senza che si debba “comprendere il divenire
336
a partire dal divenuto”64, bensì cogliendo gli enti nei loro processi creativi65.
Non è un caso, allora, che l’interesse ontologico converga in Merleau-Ponty
con quello per l’animalità e la vita. Esso risponde alla necessità di pensare
un’ontologia dei campi.
Se le relazioni transterrestri sono deinite dalla capacità creativa, dalla
variazione e dall’essenza contingente, l’animalità appare a Merleau-Ponty,
nell’ottica del decentramento della soggettività umana, il luogo d’analisi
privilegiato per cogliere la caratteristica di una ontologia del divenire, a partire
da un fondo ineliminabile: la “creativité réside dans la manière qu’a l’animal
d’accueillir le monde […]: la creativité est le trait fondamental du procès du
monde”66.
Se, da un lato, il soggetto è “champ de champs”67, la vita non sarà altro
che “l’apertura di un campo di azioni possibili”68, un universo – tanto umano
quanto animale69 – che “non è il prodotto di una libertà in senso kantiano […]
è piuttosto una libertà strutturale”70: il soggetto (animale e umano) è “transspaziale e trans-temporale”71. Ogni elemento terrestre, in quanto in rapporto
profondo con il suolo che lo sostiene, è a propria volta uno Spielraum, o un
divenire-individuale.
Il passo sull’axolot72 può essere un valido esempio di ciò che abbiamo
argomentato.
Come avviene per l’oggetto della isica quantistica, anche l’individualità
biologica sfugge alla dinamica del tutto o niente73. Essa è un focolaio di
certe tracce, di certe potenze, e, nel senso detto, un focolaio di spontaneità.
L’individualità biologica non ha affatto una dimensione sostanziale, né può
essere considerata alla stregua di una mera cosa, piuttosto, è l’effetto dei
concatenamenti degli attributi che la vanno a comporre – ad esempio le sue
caratteristiche organico-comportamentali.
Appare arbitrario operare una riduzione inalistica sullo sviluppo embrionale,
in quanto ogni stadio attuale dello sviluppo non contiene quello futuro come
un atto la sua potenza: ogni stadio è contingente e processuale, cioè aperto e in
continuo squilibrio.
Questa apertura fa sì che il concatenamento abbia un carattere deterministico
– sebbene non meccanicistico – e allo stesso tempo presenti un aspetto di
contingenza radicale, che non deve essere pensata come una impossibilità di
cogliere, nei singoli casi, delle caratteristiche speciiche: al contrario, è proprio
la caratteristica di variazione e apertura a permettere di cogliere le speciicità
che identiicano una molteplicità di casi nell’identità oggettiva axolot.
In altri termini, questa distribuzione di attributi, che tende ad una
omogeneizzazione epistemologica, è ontologicamente contingente, in quanto
non determina l’axolot singolare, ma è da esso determinata: è la conoscenza –
in questo caso la biologia – che, mediante analisi di un certo numero di casi,
coglierà l’unità speciica dei concatenamenti di attributi come invarianza di
specie.
Quanto al singolo, l’essere-axolot non è altro che un divenire-axolot in
un regime di variazione attorno a certi poli di intensità, che favoriscono certi
337
sviluppi piuttosto che altri e ogni individuo avrà sempre un certo gioco rispetto
all’invarianza normale74. La possibilità di errare rispetto all’invarianza,
non è concepita da Merleau-Ponty come una situazione patologica rispetto
alla condizione normale. Al contrario, è ciò che differenzia l’animale dalla
macchina, e dunque distingue quel determinismo contingente, cui abbiamo
accennato, dal determinismo meccanicistico. L’individualità biologica ha
la possibilità di produrre “errori buoni”75, a partire dai quali essa ristruttura
il campo esistenziale e lo normalizza sempre e di nuovo76. Un individuo
biologico, ente eminentemente terrestre, è contemporaneamente una situazione
di squilibrio e una molteplicità fenomenica sensata: uno Spielraum.
5. Terra e Natura. Una conclusione
Il ritorno alla Terra sembra centrale nel rapporto tardo di Merleau-Ponty con
la fenomenologia. Sebbene egli appaia distante e spesso critico verso l’opera
del 1945, nondimeno l’ontologia degli anni Cinquanta rilancia alcune istanze
presentate in nei primi lavori. Terra e Natura tendono a legarsi sempre di
più, in una concezione ontologica della visibilità che riiuta le alternative tra
soggettivismo e oggettivismo, tra determinismo e libertà.
Ritrovare il contatto con il Boden diventa compito cruciale per una ilosoia
che voglia evitare le insidie classiche del pensiero dualista, antropocentrico
e prometeico77. Signiica poter cogliere la portata ontologicamente decisiva
del discorso sul vivente. Come abbiamo cercato di argomentare, per fare
ciò è necessario orientare l’interrogazione ilosoica verso i rapporti che si
instaurano tra la totalità e le parti che la compongono, rapporti che non sono
di semplice esteriorità partes extra partes, ma che si presentano come processi
complessi, soggetti a variazioni continue. Tali variazioni, d’altra parte, non
iniciano la possibilità della soggettività rilessiva: sono, anzi, le sue stesse
condizioni di possibilità – non è un caso che Merleau-Ponty abbia lasciato
l’abbozzo di uno studio sull’Origine della verità. Ogni soggettivazione,
come ogni oggettivazione, si basa sempre su un processo di variazione
spontanea che, al di là del dualismo tra meccanicismo e vitalismo, esprime
la dimensione carnale e inglobante della Natura, che non si cela dietro agli
oggetti, ma traspare in iligrana tra gli enti terrestri. La strada più feconda che
un ripensamento della nozione di Terra può aprire è una riproposizione del
problema della Natura, nel suo aspetto – forse il più profondo – di relazione
transindividuale tra i visibili e l’Invisibile.
Prisca Amoroso
prisca.amoroso2@unibo.it
Gianluca De Fazio
gianluca.defazio@cfs.unipi.it
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NOTE:
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Sigle opere di Merleau-Ponty (edizione francese/edizione italiana): SdC = Structure
du comportement, PUF, Paris, 1942/ Struttura del comportamento, ed.it. M. Ghilardi
e L. Taddio, Mimesis, Milano-Udine, 2010. PhP = Phénoménologie de la perception,
Gallimard, Paris, 1945/ Fenomenologia della percezione, ed. it. A. Bonomi, Bompiani,
Milano, 2009. IP = L’Institution, la passivité. Notes de cours au Collège de France
1954-1955, Belin, Paris, 2003. NdC 59-61 = Notes de cours. 1959-1961, Gallimard,
Paris, 1996/ È possibile oggi la ilosoia? Lezioni al Collège de France 1958-1959 e
1960-1961, ed. it. M. Carbone, Cortina, Milano, 2003. N = La Nature, Ed. de Seuil,
Paris, 1995/ La natura, ed. it. M. Carbone, Cortina, Milano, 1996. OG = Notes de cours
sur L’origine de la géométrie de Husserl, PUF, Paris, 1998. S = Signes, Gallimard,
Paris, 1960/ Segni, ed. it. A. Bonomi, il Saggiatore, Milano, 1975. VI = Le visible et
l’invisible, Gallimard, Paris, 1964/ Il visibile e l’invisibile, ed. it. A. Bonomi, Bompiani,
Milano, 2009.
H.L. Van Breda, Maurice Merleau-Ponty et les archives-Husserl à Louvain, “Revue de
métaphysique et de morale”, 67, 1962, pp. 410-430; A Bonomi, Esistenza e struttura.
Saggio su Merleau-Ponty, Il Saggiatore, Milano, 1967, p. 43 ss.
E. Husserl, Umsturz der koperkanischen Lehre in der gewöhnlichen weltanschaulichen
Interpretation in M. Farber (ed), Philosophical Essays in Memory of Edmund
Husserl, Harvard University Press, Cambridge, 1940, pp. 307-325, tr. it. G.D. Neri,
Rovesciamento della dottrina copernicana nella corrente visione del mondo, « autaut » , 245, 1991, pp. 1-18
Ivi, p. 2
Scattata il 7.12.1972 dall’Apollo 17. Cfr. M. Ciardi, Terra. Storia di un’idea, Laterza,
Roma-Bari, 2013. Sul rapporto tra fotograia aerea e spazi sociali, J. Haffner, The view
from above, MIT Press, Cambridge, 2013.
SdC, p. 202/205
SdC, p. 204/207
PhP, p. 85/118
PhP, p. 84/117
PhP, p. 96/129
F. Leoni, Habeas corpus. Sei genealogie del corpo occidentale, Mondadori, Milano,
2008, pp. 16 ss.
E. Husserl, Rovesciamento, cit., p. 2
K. Koffka, Principles of Gestalt Psychology, Lund Humphries, London, 1935, tr. it. di
C. Sborgi, Principi di psicologia della Forma, Bollati-Boringhieri, Torino, 1970, p. 53.
PhP, p. 245/288
NdC 59-61, p. 363/265
Cfr. VI, pp. 306-307/270 e T. Toadvine, Tempo naturale e natura immemoriale, “Discipline
Filosoiche”, XXIV-2, 2014
PhP, p. 82/114.
PhP, p. 118/155
PhP, p. 117/154. Sull’intenzionalità nella natura, T. Toadvine, Merleau-Ponty’s
Philosophy of Nature, Northwestern University Press, Evanston, 2009, pp. 99 ss.
S. Righetti, Etica dello spazio, Mimesis, Milano-Udine, 2015, p. 92. M. Carbone,
Filosoia-schermi, Cortina, Milano, 2016, pp. 89 ss.
IP, p. 117
PhP, pp. 117-119/153-156
N, p. 111/116
E. Husserl, Rovesciamento, cit., p. 9
Ivi, p. 10
OG, pp. 86-87
E. Husserl, Rovesciamento, cit., p. 10
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OG, p. 85
E. Husserl, Rovesciamento, cit., p. 13
IP, p. 56.
NdC 59-61, p.82/54
S, p. 223/231.
Sul rapporto con Husserl in relazione al tema della physis, T. Toadvine, Appendix, in
T. Toadvine, L. Embree (eds), Merleau-Ponty’s reading of Husserl, Kluwer Academic
Publishers, Dordrecht-Boston-Londra, 2002, in particolare pp. 263 ss.
NdC 59-61, p. 43/11
NdC 59-61, pp. 33 ss./7 ss. e 45/13
Nel 1959-1960, Merleau-Ponty tiene parallelamente, al lunedì e al giovedì, i corsi su
Husserl (OG) e il corso sulla Natura in cui si riferisce esplicitamente allo Spielraum,
cfr. N, p. 286/324.
N, p. 171/188
N, p. 110/115
N, p. 209/231
Cfr. S. Righetti, Etica dello spazio, cit. p. 21.
T. Toadvine, Tempo naturale e natura immemoriale, cit. p. 9
PhP, p. 213/254.
E. Husserl, Rovesciamento, cit., p. 4
D. Meacham, Sense and life: Merleau-Ponty’s Philosophy of Nature and Evolutionary
Biology, “Discipline Filosoiche”, XXIV-2, 2014, p. 144
M. Iofrida, Per una storia della ilosoia francese contemporanea da Jacques Derrida
a Maurice Merleau-Ponty, Modena Mucchi, pp. 103-112.
Cfr. S. De Carlo, L’ inlessione dello sguardo, Melangolo, Genova, 2012.
R. Lanfredini, Essenza e Natura: Husserl e Merleau-Ponty sulla fondazione dell’essere
vivente, “Discipline Filosoiche”, XXIV-2, 2014, p. 58.
K. Koffka, Principles of Gestalt Psychology, cit., p. 52.
L. Vanzago, Togetherness and Separation, in S. Borutti, L. Fonnesu, L. Vanzago (eds),
Intersoggettività, Mimesis, Milano-Udine, 2011, p. 113.
L. Vanzago, La Natura secondo Merleau-Ponty: processualità, indeterminazione,
negatività, in R. Lanfredini (ed), Divenire di Merleau-Ponty, Guerini, Milano, p. 40.
VI, p. 172/148-149. NdC 59-61, pp. 168 ss/ 156 ss
N, p. 137/146
R. Lanfredini, Essenza e Natura, cit., p. 58
VI, p. 145/129.
R. Lanfredini, Essenza e Natura, cit., pp. 59-60.
Ivi, p. 59.
T. Toadvine, Tempo naturale e natura immemoriale, cit., p. 17.
L. Vanzago, The Problem of Nature between Philosophy and Science. MerleauPonty’s Phenomenological Ontology and its Epistemological Implications, “Discipline
Filosoiche”, XXIV-2, 2014, p. 33.
E. Coppola, Merleau-Ponty e l’epistemologia, in R. Lanfredini (ed), Divenire di
Merleau-Ponty, cit., p. 55.
IP, p. 174.
M. Iofrida, Presentazione, in Id. (ed) Ecologia, esistenza, lavoro, Modena, Mucchi, p.
17.
S. Ménasé, Passivité et création. Merleau-Ponty et l’art moderne, PUF, Paris, 2003,
pp. 148-149.
L. Vanzago, La Natura secondo Merleau-Ponty, cit. p. 35.
F. Robert, Merleau-Ponty, Whitehead, une pensée de la vie, “Discipline Filosoiche”,
XXIV-2, 2014, p. 168.
Ivi, p 175.
IP, p. 35.
N, p. 227/254.
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73
74
75
76
77
Cfr. T. Toadvine, The time of animal voices, “Environmental Philosophy”, 11:1, 2014.
N, p. 233/260.
N, p. 233/260.
N, pp. 188 ss./206 ss.
N, p. 156 e 202/171 e 224. Cfr. IP, pp. 172 ss.
N, p. 239/268.
N, p. 215/239, VI, p. 164/143.
Merleau-Ponty deinisce la macchina non tanto come congegno partes-extra-partes,
bensì a partire da una certa rigidità rispetto alla variazione e alla spontaneità: il
“margine d’imprevisto della macchina è molto limitato”, N, p. 215/239.
Cfr. M. Iofrida, È ancora attuale oggi il concetto di natura di Merleau-Ponty? in Id
(ed), Emergenza ecologica, alienazione, lavoro, Mucchi, Modena, 2016. T. Toadvine,
C. Brown (eds), Ecophenomenology. Back to the Earth itself, SUNY Press, New York,
2003
341