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In un celebre opuscolo dedicato allo “spirito di geometria” e all’“arte di persuadere”, Pascal afferma che ci sono tre oggetti possibili nello studio della verità: “scoprirla, quando la si cerca; dimostrarla, quando la si possiede e... more
In un celebre opuscolo dedicato allo “spirito di geometria” e all’“arte di persuadere”, Pascal afferma che ci sono tre oggetti possibili nello studio della verità: “scoprirla, quando la si cerca; dimostrarla, quando la si possiede e infine distinguerla dalla falsità quando la si esamina”. Scoprire la verità, dimostrarla e distinguerla dal falso: in queste tre operazioni si può riassumere anche la funzione della filosofia. Solo la prima di queste tre operazioni è però una azione solitaria. Si ricerca da soli, ma se si dimostra una verità che già si possiede lo si fa essenzialmente per gli altri. E anche l’operazione di distinguere il vero dal falso è sempre frutto di un dialogo, fosse anche il dialogo interiore che intratteniamo con i nostri passati errori e pregiudizi. Ma non appena si apre lo spazio del dialogo si affaccia anche l’esigenza di come impostarlo: quale parola usare per dire una verità che si possiede o che si crede possedere? E quali parole sollecitare per condurre anche gli altri ad accoglierla o quanto meno ad accettarla? La questione dello stile diventa in questo senso indistricabile da quella della verità. Nessun testo filosofico è formulato da una voce anonima. Il punto di vista “da nessun luogo” (“the view from nowhere”), che ha teorizzato il filosofo Thomas Nagel ci resta inaccessibile. Anzi, più un testo si vuole neutro, privo di inflessione personale, lucido, più lo stile emerge con forza: come sentiamo la voce di Spinoza che parla negli scolii che scartano dalla litania delle proposizioni dell’Etica, o quella di Wittgenstein a dare il tono a ognuna delle proposizioni del suo Trattato! A tal punto che la mancanza di stile in un testo filosofico potrebbe essere quasi un indice infallibile che l’autore non possiede, ma soltanto recita, la verità che propone.
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Questo numero si presenta sotto il titolo, suggestivamente vago, di Miscellanea e sostituisce il dossier tematico programmato sul tema della complessità. Tuttavia, come si dice in francese, il caso fa bene le cose. Quasi tutti gli... more
Questo numero si presenta sotto il titolo, suggestivamente vago, di Miscellanea e sostituisce il dossier tematico programmato sul tema della complessità. Tuttavia, come si dice in francese, il caso fa bene le cose. Quasi tutti gli articoli qui presentati conducono infatti, in maniera assai esplicita, una riflessione sulla complessità. D’altronde, dietro ogni miscellanea non c’è forse un filo segreto, che svela, in controluce dell’apparente eterogeneità, la complessità di un ordine quasi impercettibile?
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Il senso comune accusa spesso i filosofi di mancare di concretezza. In una pagina famosa, Platone racconta che Talete, intento a studiare gli astri, cadde in un pozzo, suscitando le risa di una servetta che gli fece seduta stante la... more
Il senso comune accusa spesso i filosofi di mancare di concretezza. In una pagina famosa, Platone racconta che Talete, intento a studiare gli astri, cadde in un pozzo, suscitando le risa di una servetta che gli fece seduta stante la morale: “Invece di occuparti tanto delle cose che stanno in cielo, avresti fatto meglio a guardare quello che ti stava davanti ai piedi!”. Ma cosa significa concretezza? Che la filosofia deve per forza farsi pratica e politica (smettere di interpretare il mondo, rimboccarsi le maniche e cambiarlo?) Oppure che la filosofia dovrebbe essere sempre in grado di reagire al modificarsi delle condizioni storiche e sociali (o ecologiche), se non di dirigerne il corso? O ancora, una filosofia più concreta, meno astratta, è forse una filosofia che non dimentica il corpo e gli affetti di cui spesso è preda, e resiste alla tentazione di ridurre l’uomo che pensa ad una mente disincarnata?

L’esigenza di concretezza, e le domande e le prospettive che ne derivano in filosofia, sono al centro di molti dei contributi di questo numero che, nella sezione “La Questione Filosofica”, propone un dossier su “Alfred North Whitehead e la filosofia del concreto” curato e presentato da Maria Regina Brioschi. Noto ai più come coautore con Russell dei Principia matematica, Whitehead fu filosofo poliedrico e fecondo, che spese molte pagine a tematizzare la nozione di “concreto”. Nell’idea del concreto si cristallizza infatti per Whitehead l’esigenza di pensare la natura e la conoscenza come dei processi, degli eventi cioè dove la relazionalità indica la dimensione di con-crescita. Nessuna dottrina filosofica o scientifica nasce perfetta e già tutta armata, come Minerva. Al contrario, la razionalità emerge come un disegno in un arazzo da un tessuto spesso intricato e contradditorio di istanze concettuali e materiali.
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Il dossier riunito da Diego D’Angelo ci invita a riflettere su un fenomeno psichico che è centrale nella vita della mente ma che resta tuttavia sfuggente. L’attenzione si situa infatti alla soglia tra passività e attività: le cose del... more
Il dossier riunito da Diego D’Angelo ci invita a riflettere su un fenomeno psichico che è centrale nella vita della mente ma che resta tuttavia sfuggente. L’attenzione si situa infatti alla soglia tra passività e attività: le cose del mondo attirano la nostra attenzione, la suscitano, ma al tempo stesso è compito nostro “dare” attenzione. Anzi, l’attenzione si presenta spesso come un bene prezioso, da maneggiare con parsimonia quando la si accorda, oppure da concedere solo in cambio di un congruo compenso da parte di ciò
che viene percepito. L’economia dell’attenzione (l’inglese dice giustamente “to pay attention to”) costituisce in questo senso un elemento centrale delle nostre società contemporanee. I testi qui raccolti da Diego D’Angelo, che li presenta in dettaglio nella sua introduzione a cui rimandiamo, ricostruiscono la riflessione sul fenomeno dell’attenzione sviluppata dalla fenomenologia novecentesca, sia nei suoi momenti iniziali (Husserl, Heidegger), che negli sviluppi degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso (Sartre, Merleau-Ponty), per giungere alle proposte contemporanee che incrociano fruttuosamente analisi fenomenologiche e evidenze neuro scientifiche.
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Il titolo della “Questione filosofica” di questo numero, Paul Ricoeur tra moderno e postmoderno, rappresenta una novità nei confronti di una lettura più consolidata – e sicuramente appropriata – di questo filosofo, dunque, in certa... more
Il titolo della “Questione filosofica” di questo numero, Paul Ricoeur tra moderno e postmoderno, rappresenta una novità nei confronti di una lettura più consolidata – e sicuramente appropriata – di questo filosofo, dunque, in certa misura, una sfida. Abbiamo provato a operare una rivisitazione delle sue opere, evidenziandone la tensione con due prospettive alternative, il moderno e il post-moderno, che nel tempo hanno mostrato i loro limiti. Partendo dal presupposto di ripensare la filosofia come pensiero critico della complessità, si ritrova in Ricoeur un ampio campionario di spunti innovativi su temi attuali quali la corporeità, la identità, la tecnologia, la spazialità urbana e naturale. Il suo percorso ricostruttivo, da lui stesso definito come voie longue, non perviene a esiti definitivi, ma attraversa molteplici spazi plurali di riflessione ai quali fare proficuo riferimento. In base a queste intenzioni, i contributi raccolti esibiscono una fedeltà “eterodossa” e non convenzionale a Ricoeur, convinti che la incompiutezza del suo itinerario filosofico ci inviti a oltrepassarne i limiti, facendo tesoro della parte più viva del ricco patrimonio ideale che ci tramanda. Come scrivono nella loro accurata Introduzione Alessandro Colleoni e Francesca D’Alessandris «la riflessione polifonica di Ricoeur ci invita a sfidare la logica binaria delle dicotomie e da “eterni principianti” che si interrogano sulla realtà, come avrebbe detto Merleau-Ponty, ad abitare la crisi come la forma più propria e autentica del pensare».
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In francese si dice che “il caso fa bene le cose”. Quando progettammo più di un anno e mezzo fa la “Questione filosofica” di questo numero, “Dal corpo oggetto alla mente incarnata”, non potevamo immaginare quanto questo tema sarebbe... more
In francese si dice che “il caso fa bene le cose”. Quando progettammo più di un anno e mezzo fa la “Questione filosofica” di questo numero, “Dal corpo oggetto alla mente incarnata”, non potevamo immaginare quanto questo tema sarebbe diventato attuale. Perché il caso, o forse meglio, “il destino cinico e baro” ci ha imposto, spesso nostro malgrado e non senza perdite e dolori, di capire che i nostri corpi sono sì degli oggetti – sociali, politici, estetici – ma soprattutto il luogo dove la nostra mente si incarna. La crisi pandemica è stata anche questo: il momento in cui il nostro corpo, malato, da preservare, limitato nei suoi movimenti, coperto e ridotto a icona su uno schermo, ha ripreso il centro della scena, come esigenza e problema. Ed è forse a causa di questa contingenza che ci accomuna e determina, impercettibilmente ma inevitabilmente, le nostre giornate da un anno a questa parte, che molti dei contributi di questo numero sembrano condurre una riflessione comune sulla nostra condizione di soggetti incarnati.
Oltre che della “Questione filosofica”, per la quale rimandiamo alla presentazione dettagliata della guest editor Francesca Brencio, il tema della soggettività incarnata e delle esperienze che la costituiscono, la precedono o la dissolvono, malgari minandola o crivellandola dall’interno, è al centro anche dei quattro contributi raccolti nella sezione “Laboratorio”. Silvia Zanelli riprende la decostruzione della nozione di soggetto proposta da Deleuze a partire da un tentativo di empirismo trascendentale e radicale che possa fare accedere al campo di forze della pura, a-soggettiva immanenza della vita. Ma, segnala Zanelli, c’è forse qui il rischio di una sorta di metafisica dell’immanenza, ossia di “un immanentismo così radicale e nomade che in un’ultima analisi finisce per sganciarsi dai corpi e dalle singole esperienze soggettive”. Che la soggettività si costituisca a partire da un processo in cui il confine tra noi e il mondo resta lungamente ambiguo e mobile, è, come mostra Marco Casiraghi, uno dei grandi temi della riflessione di Lacan. Il cui pensiero è qui affrontato a partire da due paradigmi dell’oggettivazione visuale. Si vedrà così farsi avanti il paradosso di un soggetto che diviene tale non solo istituendo il proprio oggetto (ciò che è gettato davanti, ob-jectum, e chiude l’orizzonte), ma anche e soprattutto scoprendosi egli stesso oggetto, se non addirittura spettacolo, come un orizzonte infinito e non mai oggettivabile.
Questa mediazione sulla falsa coscienza di una soggettività che si vorrebbe uscita tutta armata (e formata) dalla testa di Minerva del cogito, continua idealmente nel contributo di Monica Gorza che segue le riflessioni di Nancy sull’io non-singolare del corpo politico. Il pensiero di Nancy si alimentata al contempo di una ripresa del cartesianesimo misurato nei suoi limiti, dell’esperienza dell’estraneo che ci diventa intimo (meditando la condizione di un corpo che accoglie un trapianto) e della necessaria definizione del sé come sé comunitario. Questo intersecarsi di soggettività, corporeità patologica e politica trova una sorta di detonatore teoretico nella crisi pandemica ed è proprio alle pagine di Nancy sul COVID che Gorza dedica una parte della sua ricostruzione. Ma la questione della soggettività non riguarda solo l’ontogenesi ma anche la filogenesi, e ce lo ricorda Domenico Dodaro, riprendendo in maniera polemica le tesi di Gehlen sull’ominazione. L’idea che l’uomo sia l’animale non specializzato perché aperto al mondo nel suo tutto e non ad un ambiente specifico o a un set di condizioni dipende in Gehlen da un certo numero di assunti che hanno a che fare con la storia naturale e la dottrina dell’evoluzione. Assunti che tuttavia, argomenta Dodaro, appaiono talvolta fragili se non pretestuosi. La singolarità dell’uomo, unica specie che costruisce, per così dire, soggettivamente la sua specificità, può essere comunque salvaguardata o la teoria dell’evoluzione nella sua forma attuale impone di negare ogni privilegio all’ominazione?
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«Nietzsche umanista» oppure «Nietzsche umanista?». La Questione filosofica di questo numero, curata da Carlotta Santini, raccoglie la sfida concettuale rappresentata dal rapporto tra una affermazione senz’altro vera (Nietzsche fu un... more
«Nietzsche umanista» oppure «Nietzsche umanista?». La Questione filosofica di questo numero, curata da Carlotta Santini, raccoglie la sfida concettuale rappresentata dal rapporto tra una affermazione senz’altro vera (Nietzsche fu un umanista a pieno titolo, in quanto filologo e storico della cultura) e una domanda che vale come una tesi (l’autore di Umano, troppo umano può considerarsi un pensatore umanista?). Iscrivendosi nello spazio aperto da questa duplice opzione, i contributi raccolti nella sezione, e presentati in dettaglio da Carlotta Santini nel suo editoriale, propongono un approccio inedito di Nietzsche. Ne esce infatti una immagine del filosofo tedesco come critico di un certo umanesimo, propugnatore di un pensiero radicalmente anti-umanitarista ma al contempo – o forse proprio per questo – capace di elaborare una riflessione autenticamente centrata sull’umano.

La seconda sezione, Laboratorio, propone tre contributi che affrontano alcune tematiche centrali della riflessione filosofica contemporanea. Paolo Parrottino rischia una lettura incrociata delle tesi di Girard sulla logica del capro espiatorio e della ricostruzione hobbesiana dello stato di natura. Lo scopo è quello di schizzare una etica della “responderabilità” che permetta di ripensare il fondamento delle dinamiche sociali e politiche. Federico Squillacioti ci offre una ampia panoramica sul dibattito attuale attorno alla nozione di “accelerazionismo” e le sue molteplici declinazioni in ambito socioeconomico. Distinguendo differenti e talvolta opposti approcci del concetto di “accelerazione”, l’autore ne evidenzia la plasticità e la forza ermeneutica, anche in rapporto alla attuale contingenza pandemica. Chiude la sezione un articolo di Iñaki Pertierra che prolunga la riflessione consacrata dal numero 9 della rivista alla coppia “Natura – Cultura”. Il rapporto tra le due nozioni viene qui ripensato alla luce delle più recenti riformulazioni della teoria evoluzionistica. Ciò permette a Pertierra di ribaltare, in maniera abile e talvolta sorprendente, alcuni pregiudizi impliciti nel riferimento alla coppia natura-cultura, solo apparentemente dicotomica.

La sezione Culture accoglie un contributo di Aristide R. Nzameyo consacrato al filosofo camerunense Marcien Towa (1931-2014). Seguendo l’interpretazione della nozione di “spirito astratto” proposta da Towa nella sua opera maggiore, l’autore ci consente di scoprire la vasta e complessa ricezione di alcuni temi dell’idealismo tedesco nel dibattito filosofico africano.

Conformemente al suo titolo, la sezione Intersezioni presenta due testi a cavallo rispettivamente tra ideologia e letteratura e tra filosofia e storia dell’arte. Nel suo contributo sul marxismo francofortese di Pasolini, Francesco Garbelli ricostruisce le varie fasi del confronto condotto dal poeta italiano con i pensatori della Scuola di Francoforte, in particolare con Adorno e poi, a partire dal 1968, con Marcuse. Maurizio Ghelardi, grande esperto ed editore delle opere di Warburg, propone invece una densa analisi del debito dello storico dell’arte Aby Warburg nei confronti di Nietzsche, del quale fu al contempo lettore accanito, critico e continuatore. Il testo di Ghelardi costituisce in questo senso una appendice essenziale al dossier proposto dalla Questione filosofica.

La sezione Controversie accoglie per la prima volta una vera e propria tribuna di confronto articolata attorno ad un testo di Andrea Sangiacomo, al quale hanno reagito cinque noti specialisti del pensiero di Spinoza. Sangiacomo lancia infatti nel suo contributo una provocazione, segnalando un errore teorico plateale che minerebbe la coerenza della dottrina spinozista e, soprattutto, la renderebbe inefficace dal punto di vista pratico. Ci si può domandare allora se la filosofia di Spinoza sia veramente una Etica, e cioè se si possa concretamente vivere spinozianamente ed attendersi i risultati che il filosofo olandese prospetta. Attorno a questo interrogativo Sangiacomo e i suoi interlocutori rispondono con una vera e propria controversia, fatta di tesi e sed contra.

In Corrispondenze, Sofia Quaglia ci propone una testimonianza della sua esperienza di studio e ricerca all’Università di Nimega. Il confronto con differenti pratiche di insegnamento e di interazione tra studenti e docenti permette all’autrice di gettare una luce indiretta su analogie e differenze con le pratiche e le tradizioni dell’università italiana.

Nella sezione Pratiche Filosofiche ospitiamo due contributi consacrati alla “philosophy for children”, firmati da Pierpaolo Casarin e Silvia Bevilacqua, da anni impegnati nella diffusione e valorizzazione di questa pratica oramai ampiamente attestata anche in Italia. Casarin sottolinea in particolare la specificità della “philosophy for children” in quanto filosofia sui generis, la cui specificità, definita dal contesto di applicazione, impone un ripensamento tanto delle figure dell’insegnante e del discente che delle forme e funzioni dell’indagine filosofica. Bevilacqua ampia ulteriormente lo spettro della riflessione iscrivendo la nascita della “philosophy for children” all’interno di un più vasto rinnovamento dell’approccio all’infanzia, sia in quanto realtà psicologica e sociale, che come figura dell’immaginario, e in particolare dell’immaginario filosofico.

Come di consueto la sezione Letture ed eventi accoglie alcune recensioni di volumi recentemente pubblicati. In questo caso si va dalle questioni legate all’etica delle macchine e all’intelligenza artificiale, alla storia della biologia e della fenomenologia, fino ai dibattiti in corso nell’ambito di didattica della filosofia.

Del percorso del pensiero sull’estetica di Gabriele Scaramuzza si occupa infine Contributi speciali. Il testo di Manuele Bellini, “Gabriele Scaramuzza. Per una estetica del brutto”, mette in evidenza l’originalità della ricerca di un autore che, sulle tracce della estetica di Dino Formaggio, assume il brutto come categoria in grado di esplicitare valori estetici pregnanti nell’opera d’arte, in particolare quella contemporanea.

Vorremmo infine spendere qualche parola, a nome dei decani di InCircolo e di tutta la redazione, a ricordo di Marcello Montedoro, amico e collaboratore recentemente scomparso. Marcello non era di formazione filosofica. Dalle Puglie aveva studiato Ingegneria a Pavia e aveva lavorato alla Olivetti Software & Systems, fino a raggiungere l’età della pensione. Ma una costante voglia di conoscere e di condividere problemi di rilevanza teorica l’avevano portato a frequentare prima gli incontri di InCircolo e successivamente le riunioni per preparare
la nostra rivista, sino a diventarne per un certo periodo, con slancio e intelligenza, un partner nella formazione dei più giovani collaboratori di redazione. Per questo lo salutiamo con grande affetto, ora che ci ha lasciati per sempre.
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La Questione Filosofica a cui è dedicata la sezione I di questo nuovo numero 9 di InCircolo discute l’intreccio sempre più intricato di Natura e Cultura, due concetti le cui relazioni reciproche hanno da sempre stimolato la riflessione... more
La Questione Filosofica a cui è dedicata la sezione I di questo nuovo numero 9 di InCircolo discute l’intreccio sempre più intricato di Natura e Cultura, due concetti le cui relazioni reciproche hanno da sempre stimolato la riflessione filosofica e oggi più che mai richiedono di essere indagate.

Inaugura il numero un breve Contributo Speciale in cui Susy Ferrario racconta e riporta alcune riflessioni di Patrizia Pozzi, filosofa milanese da qualche tempo malata di SLA che con coraggio e perseveranza continua a praticare intensamente la vita filosofica.

La prima sezione si apre con una introduzione tematica di Matteo Canevari, ideatore e curatore della stessa, a cui rimandiamo per una discussione più ampia circa il modo in cui il tema è stato declinato. Ad essa fa seguito la traduzione di uno scritto dell’antropologo Philippe Descola che, a partire dai suoi studi sul campo presso le popolazioni amazzoniche, ha sviluppato una ampia riflessione critica sulle pretese universalizzanti della dicotomia natura/cultura che informa il pensiero occidentale, emergendo come uno dei massimi studiosi del problema. Gaspare Polizzi segue l’evoluzione del pensiero di Michel Serres, l’autore del Contratto naturale in cui tematizza la necessità di un nuovo rapporto tra uomo e natura, a partire dal ripensamento dello statuto dell’umano alla luce del processo di ominazione. Andrea Bonato e Gioacchino Orsenigo, due giovani studiosi, allargano il discorso includendo gli aspetti politici che il cambiamento di paradigma nella concezione della natura implica, prospettando la necessità di “un popolo a venire” capace di andare oltre la fine del modo occidentale di abitare il mondo, sulla scia delle posizioni di Eduardo Viveiros de Castro. Laura Volpi, antropologa milanese, si immerge nella ricerca sul campo presso la comunità amazzonica kichwa El Wayku, dando sostanza etnografica alla concezione ecologica nativa, che supera la distinzione natura/cultura nella direzione di un sistema integrato di relazioni orizzontali tra tutti gli esistenti, alternativo alla nostra concezione naturalista. Chiude la sezione Giovanni Fava di Bologna, che ripercorre analiticamente la formazione della riflessione di Descola, proponendo una utile sintesi.

La sezione II, Laboratorio, ospita invece tre contributi che tornano ad affrontare il tema dello scorso numero 8, ovvero l’attualità di Spinoza e le molte questioni aperte relative all’interpretazione del suo pensiero. Nel primo saggio Alessio Caselli indaga la ripresa critica da parte di Giovanni Gentile di alcune idee del filosofo olandese. Michael A. Istvan Jr. propone una densa e approfondita analisi della relazione di sostanza e attributi come cifra caratteristica del suo concetto di Dio ed esplora punti di convergenza e tensione con altre determinazioni che il pensatore offre del medesimo concetto. Infine, Dimitris Vardoulakis rilegge in maniera inedita il rapporto tra Hobbes e Spinoza, riconoscendovi due tentativi opposti di fondare la politica sul principio epicureo secondo il quale l’uomo agisce sempre in base alla propria utilità.

Per quanto riguarda le sezioni successive, in Culture Ayşe Yuva riflette sull’identità della tradizione filosofica europea a partire da un punto di vista eccentrico ed estremamente intrigante: quello proposto da due autori “materialisti” attivi nella Turchia di fine Ottocento.

In Intersezioni Marco De Paoli prende in esame gli scritti di Giorgio De Chirico e indaga le ragioni che stanno alla base della sua energica polemica contro l’intero contemporanea.

Per Controversie Sofia Quaglia si concentra sul confronto tra Roberto Esposito e Peter Sloterdijk sulle nozioni di comunità ed immunologia.

La sezione Corrispondenze presenta un contributo di Anna Bertelli che racconta un’esperienza di ricerca tra i giardini di Pavia e Monaco.

In Pratiche Filosofiche Alessandra Modugno riflette su quali possano essere le modalità migliori per comunicare il valore dell’esperienza filosofia alla società.

Chiude il numero una ricca sezione di Letture e Eventi. La sezione si apre con un breve intervento che Silvana Borutti avrebbe dovuto esporre in occasione di un incontro (poi annullato a causa dell’emerganza Covid-19) su Etica del ribelle di Giulio Giorello, purtroppo recentemente scomparso. Seguono infine ben sei recensioni: Gianni Trimarchi su Il futuro di ieri di Paolo Calegari; Cristiano Vidali su Identità della persona e senso dell’esistenza di Andrea Zhok; Franco Sarcinelli su Corpo e rappresentazione di Massimo Mezzanzanica; Enrico Palma su Tempo e materia di Alberto Biuso; Fabio Fossa su Using Words and Things di Mark Coeckelbergh, e Elvira Gravina su Strange Tools di Alva Noe.

Le vicende che hanno segnato la storia del mondo nei mesi in cui il numero è stato pensato e preparato – e che ancora gettano una luce obliqua su questi primi giorni estivi – si sono in piccolo riverberate anche sul lavoro di organizzazione, edizione ed impaginazione. Ci congediamo dunque ringraziando di cuore tutti i membri del team di InCircolo per lo straordinario contributo che ognuno di essi ha saputo dare alla buona riuscita del progetto. Un sentito ringraziamento va anche ai revisori che, con il loro impegno, assicurano la qualità dei contributi pubblicati sulla nostra rivista: Luca Brovelli, Tiziano Cancelli, Giovanni Carletti, Alessandro Carrieri, Giovanna Cosenza, Simona Di Paola, Francesca Giuliano, Caterina Moruzzi, Mario Porro, Nicola Russo, Martino Sacchi, Andrea Sangiacomo, Alice Sarcinelli, David Silva Labra, Irene Sucameli e Cristina Zaltieri.
"Attualità di Spinoza" è il tema principale del presente numero 8 della rivista, che occupa l’intera Sezione I, “La Questione Filosofica”, ma è presente anche in altre sezioni successive. Precede la serie delle 8 sezioni “Contributi... more
"Attualità di Spinoza" è il tema principale del presente numero 8 della rivista, che occupa l’intera Sezione I, “La Questione Filosofica”, ma è presente anche in altre sezioni successive.
Precede la serie delle 8 sezioni “Contributi Speciali”, uno spazio dedicato a interventi di rilievo a proposito della scena filosofica contemporanea. In esso compare il contributo di Michele Rizzi, Ricordando Ágnes Heller, un omaggio alla filosofa ungherese di recente scomparsa nel Luglio del 2019. L’autore fa riferimento alla presenza della Heller a Verbania in occasione della sua lezione magistrale tenuta il 7 Settembre 2016, di cui riporta alcuni passaggi peculiari e aggiunge successivamente alcune note per offrire un quadro della sua personalità e della sua attività filosofica. Si delinea un ritratto a tutto tondo di una figura di grande vitalità umana e di alta qualità intellettuale, attenta a cogliere i problemi del nostro presente, in stretta connessione con il suo attraversamento delle vicende che hanno caratterizzato una buona parte del Novecento. Il testo qui pubblicato vuol essere un piccolo contributo della nostra rivista a tener viva la memoria di una importante rappresentante della filosofia contemporanea.
Il tema scelto per la Sezione “La Questione Filosofica” potrà suonare come una tautologia. Spinoza, in effetti, non ha mai smesso di essere attuale. Le sue tesi sono al centro del dibattito filosofico del XVII secolo, vengono riprese con ammirazione dagli Illuministi, alimentano la filosofia dell’Ottocento e costituiscono un riferimento centrale per una buona parte dei filosofi (e degli intellettuali) del primo Novecento. Ma è proprio questa costante attualità di Spinoza che permette (e impone) di interrogarsi oggi, di nuovo, su quanto di profondamente e proficuamente inattuale si possa trovare nelle pagine dell’autore dell’Ethica.
In questo senso, i contributi di Étienne Balibar e Vittorio Morfino riconoscono nella filosofia di Spinoza un “punto di eresia” che esibisce le tensioni e i limiti di un orizzonte condiviso di dottrine, e apre così la via a possibilità di pensiero inedite. Balibar mette a confronto le tesi di Spinoza e di Locke su una serie di temi centrali (il rapporto tra coscienza e conoscenza, intelletto e affetti, le nozioni di identità personale e di trans-individualità, l’etica come liberazione dal corpo). L’analisi in parallelo permette di mostrare come, al di là delle affinità apparenti, sussistano una serie di divergenze profonde tra i due filosofi. Ma proprio questa divaricazione radicale di opzioni concettuali suggerisce delle prospettive di pensiero che vanno ben al di là degli obiettivi teorici tanto di Locke che di Spinoza. Morfino si concentra invece sulla Spinoza-Renaissance della fine del XVIII secolo e in particolare sulla ripresa della concezione spinozista della temporalità da parte di Jacobi e Herder. Anche qui, Spinoza funge da elemento destabilizzante: Jacobi e Herder ne mobilizzano infatti le dottrine per criticare la teoria kantiana del tempo come forma a priori dell’intuizione sensibile. Tuttavia, come sottolinea l’autore in conclusione, le tesi di Spinoza restano irriducibili anche all’uso polemico che ne fanno Jacobi ed Herder, e invitano a concepire una “temporalità plurale” difficilmente conciliabile con ogni forma di schematismo.
Forse il segreto di questa costante, feconda, inattualità di Spinoza risiede nella sua ontologia. Conferme in questo senso vengono dai contributi di Alberto Giovanni Biuso, Steph Marston e Isabelle Ledoux-Sgambato. Biuso propone una sintesi del rapporto tra “Necessità e tempo nella metafisica di Spinoza”, insistendo sull’articolazione tra essere e divenire. Ciò permette di ricordare che Spinoza è anche, se non soprattutto, il pensatore della temporalità che caratterizza le “cose finite”, una temporalità che è eminentemente “etica e politica”. Questo nesso tra metafisica e politica è al centro anche del testo di Marston che riconosce nella percezione di una “concordanza di natura” tra individui diversi il fondamento ontologico ed epistemologico della costituzione delle società umane. Tuttavia, in quanto derivata da processi immaginativi, e dunque sempre parziale e inadeguata secondo Spinoza, una simile percezione implica necessariamente la posizione di un “altro”, la cui affinità con i membri della comunità viene misconosciuta. Questa fondazione epistemologica dei legami sociali permette di sottolineare l’attualità della concezione spinozista della politica come luogo di necessari e continui conflitti tra istanze identitarie e aspirazioni a rimuovere i limiti dell’appartenenza di gruppo.
L’attualità della metafisica di Spinoza non riguarda però soltanto la politica. Come mostra Ledoux-Sgambato in Spinoza, Freud et l’intelligence artificielle, Spinoza fornisce alcuni elementi teorici per pensare anche gli sviluppi più recenti delle tecnologie di intelligenza artificiale. La questione è capitale, perché ogni tentativo di simulare artificialmente l’intelligenza e le performances umane presuppone, seppure implicitamente, una concezione di cosa l’uomo sia e di come agisca. Spinoza può svolgere ancora una volta la funzione di inattuale reagente critico, che fa emergere le precomprensioni spesso non indagate della scienza del nostro tempo.
Gli ultimi tre contributi della Sezione “La Questione Filosofica” si concentrano sull’attualità di Spinoza nell’ambito del pensiero politico contemporaneo. Matteo De Toffoli ricostruisce il dibattito tra Isaiah Berlin e David West a proposito della concezione spinozista della libertà. Berlin riconosce in Spinoza uno dei teorici della concezione “positiva” della libertà, associandolo a Platone, Kant, Hegel, Fichte e Marx. Ma, come si sa, la distinzione di “libertà positiva” e “libertà negativa” si carica in Berlin di un giudizio di valore che denuncia nelle concezioni positive della libertà il germe di un paternalismo proprio dei regimi autoritari. Contro Berlin, David West propone una rilettura del Trattato teologico politico dalla quale emerge un approccio più sfumato al tema della libertà, in cui dimensione positiva e negativa si intrecciano costantemente. Uno Spinoza dunque meno autoritario, perché meno razionalista di quanto affermi la vulgata dei manuali. Ciò diventa ancora più evidente, se, come propone Alfonso Vergaray nel suo contributo, si tiene conto del ruolo svolto dall’incertezza nelle dinamiche affettive che, secondo Spinoza, sono alla base delle forme di convivenza politica. Ne emerge una valutazione positiva dell’incertezza come fondamento epistemologico della speranza che deve animare il vivere civile delle comunità di uomini liberi. A tal punto che l’incertezza finisce quasi per essere il principio motore di tutte quelle forme politiche democratiche che pretendono di fornire ai cittadini qualcosa di più rispetto alla semplice garanzia di una sicura incolumità. Ma si può fare un passo ancora ulteriore in questo processo di revisione della figura di Spinoza come padre della modernità “laica” e dell’“illuminismo radicale”. In Spinoza and the Remaking of American Civil Religion, Heidi Ravven insiste sulla funzione che Spinoza attribuisce alla religione civile come strumento di una politica che si fondi non soltanto sulla forza della ragione ma anche su quella degli affetti. Il modello è costituito dalla religione ebraica, ma Ravven rischia l’ipotesi di una sua applicabilità più ampia e avanza l’ipotesi di una possibile declinazione per promuovere nuove forme di partecipazione politica nel contesto dell’attuale democrazia americana. Sempre contemporaneo, sempre attuale, Spinoza è in grado soprattutto di suscitare un approccio inedito alla contemporaneità e di offrire così l’occasione per tentare vie di pensiero radicalmente inattuali.
Il numero ha come titolo generale “Ri-pensare la democrazia”, di cui si occupa la sezione “La questione filosofica” che apre la rivista. L’Introduzione di Gianfranco Pasquino presenta questo tema affrontato riflessivamente nei testi... more
Il numero ha come titolo generale “Ri-pensare la democrazia”, di cui si occupa la sezione “La questione filosofica” che apre la rivista. L’Introduzione di Gianfranco Pasquino presenta questo tema affrontato riflessivamente nei testi successivi mediante l’elenco ragionato dei problemi in essi discussi. Comune a tutti i contributi è la notazione che la riflessione sulla democrazia non può che partire dalle analisi delle sue criticità. Umberto Curi in "Note sulla crisi della democrazia rappresentativa" presenta le contraddizioni storiche e attuali della nozione teorica e delle circostanze concrete del sistema democratico, che riprende nel contesto italiano e propone come antidoto l’ingresso nella scena politica di associazioni volontarie di cittadini in formazioni civiche. Il contributo di Luigi Ferrajoli, "La crisi del principio democratico di uguaglianza", offre argomentazioni etiche, politiche e giuridiche finalizzate a denunciare con forza il mancato compimento della democrazia a causa delle insostenibili disuguaglianze connesse alla negazione dei diritti umani – è il caso del disumano trattamento dei migranti – e alle crescenti sperequazioni economiche nella scala sociale. "Sui controversi confini di etica e politica: il dibattito tra liberalismo politico e agonismo populista" di Paolo Monti presenta una ampia rassegna di differenti posizioni, che vanno da Rawls a Mouffe, Laclau e, più nel dettaglio, Habermas, per giungere ad auspicare la costruzione e il rafforzamento di uno spazio di riflessione che aggiorni i principi etico-politici della nostra convivenza. Le carenze della liberal-democrazia esposte da Andrea Apollonio nel suo contributo, "La liberal-democrazia tra crisi e rinascimento", trovano per l’autore una chance positiva di rimedio in un quadro più complessivo avente come struttura portante la realizzazione di uno stato federale europeo, come già auspicato a suo tempo nel Manifesto di Ventotene da Altiero Spinelli.
La sezione “La Questione filosofica”, curata da Fabio Fossa, affronta il tema che dà il titolo a questo numero della rivista: “Filosofia e robotica”. Le tecnologie autonome, destinate a incidere sempre più profondamente sulla nostra... more
La sezione “La Questione filosofica”, curata da Fabio Fossa, affronta il tema che dà il titolo a questo numero della rivista: “Filosofia e robotica”. Le tecnologie autonome, destinate a incidere sempre più profondamente sulla nostra esistenza, pongono una sfida cruciale al pensiero critico. I contributi qui raccolti hanno lo scopo di offrire al lettore un colpo d’occhio sui diversi approcci che si interrogano sull’oggetto robotico e l’intelligenza artificiale da una prospettiva filosofico-morale. La sezione si apre con il saggio "La filosofia e lo specchio delle macchine", di Adriano Fabris, dedicato alle diverse modalità in cui le macchine, in un gioco specchi, riflettono e confondono la nostra immagine con la loro – e viceversa. Il robot, infatti, è da sempre ben più che un semplice artefatto di cui rendere conto affidandosi alle sole forze delle scienze tecnologiche coinvolte nella sua realizzazione. Alla natura tecnologica del robot si intrecciano immaginari poetici e politici antichi e moderni, di cui Barbara Henry offre una penetrante analisi in "Cultura di massa, immaginario, etica e politica". Così come il robot riunisce nella sua immagine i saperi, spesso artificiosamente separati, delle scienze tecnologiche e umane, così le peregrinazioni dell’intelligenza tra il naturale e l’artificiale richiedono anche una discussione critica dei concetti in gioco nella sua interpretazione – a partire proprio, come evidenziato da Paolo Beretta nel suo "Odissea dell’intelligenza nell’infinito", dalla separazione di naturale e artificiale. Ma come concepire allora l’oggetto robotico, come interpretarne l’immagine? Ci si muove in un mondo di metafore e analogie. Fabio Fossa, in "Fare e funzionare. Sull’analogia di robot e organismo", si interroga sulla tradizione di pensiero che si richiama all’organismo per pensare la macchina e alla macchina per rendere conto dell’organismo, riflettendo sulle ragioni di una tanto influente analogia ma anche sui pericoli insiti in essa. Il saggio "Elementi di Roboetica. Analisi di alcune metaetiche nella progettazione e programmazione di veicoli autonomi" di Fiorella Operto si occupa poi delle diverse intersezioni di pensiero etico e robotica, portando anche l’esempio delle questioni morali relative alle macchine a guida autonoma. Chiudono la sezione Daniele Amoroso e Guglielmo Tamburrini i quali, in "Le implicazioni etico-giuridiche delle nuove tecnologie robotiche ed informatiche in campo militare tra lex lata e lex ferenda" presentano il controverso caso delle armi autonome da un punto di vista morale e normativo.
La sezione principale della rivista, “La Questione filosofica”, ospita sul tema “Filosofia oggi” una serie di interventi “ad invito” di professori universitari appartenenti ad atenei dislocati nelle differenti aree del territorio... more
La sezione principale della rivista, “La Questione filosofica”, ospita sul tema “Filosofia oggi” una serie di interventi “ad invito” di professori universitari appartenenti ad atenei dislocati nelle differenti aree del territorio italiano, i quali si sono assunti l’onere – e la responsabilità - di inviare scritti in riferimento alla nostra richiesta di esporre il significato di fondo delle loro indagini e opzioni teoriche, inserite nel dibattito filosofico contemporaneo. Pur nel numero ridotto di contributi ospitati e con l’intenzione di aggiungerne altri nel prossimo numero della rivista, è possibile fare un primo bilancio provvisorio e non esaustivo della ricchezza di spunti offerti. Emergono posizioni differenti e per diversi aspetti contrapposte, ma si presentano alcuni tratti convergenti di una certa significatività. In primo luogo, appare comune un orientamento che, attingendo a risorse del pensiero passato e del presente, tende a
riabilitare percorsi di ricerca “affermativi” rispetto ad una ondata che in termini assai grossolani è stata definita nichilista o puramente decostruzionista.
Un secondo aspetto riguarda un atteggiamento di apertura e di attenzione nei confronti delle scienze – sia scienze umane che scienze della natura –, senza riserve pregiudiziali aprioristiche.
Un terzo elemento è la volontà di affrontare temi miranti a misurarsi con aspetti rilevanti della realtà contemporanea: una filosofia aggiornata, non ripetitiva e, assumendo un prestito lessicale nietzschiano, non prettamente “monumentale”. Non lo è neppure chi si richiama ad una tradizione consolidata quale la metafisica, come fa Dario Sacchi, che si impegna a declinarla mettendola in comparazione con le più significative tendenze della filosofia moderna e contemporanea.         
Del resto, l’approdo ad una “metafisica della materia” su cui intende attualmente volgere il suo esercizio teoretico Alberto Biuso è l’esito di un percorso alimentato da una attenta esplorazione di tipo antropologico e di una ripresa in chiave contemporanea del tema del tempo.
A proposito di scienze, l’asse di ricerca documentato nell’intervento di Vinicio Busacchi è quello della ermeneutica critica, aperta ad un approccio interdisciplinare nei confronti delle scienze sia nelle procedure metodologiche che nella pratica filosofica nella prospettiva di un superamento della frammentarietà indotta da approcci riduttivi,
settoriali e poco solidi sul piano teorico. Assai caratterizzata è la posizione che presenta Rocco Ronchi basata su una tesi decisamente “forte” e suggestiva, secondo la quale la filosofia dominante come pensiero critico e della crisi ha di fatto rinunciato a sé stessa,
rinunciando ad un pensiero speculativo, che egli propone configurarsi in quanto “immanenza assoluta”. Diversa la posizione di Francesca Brezzi, che richiama una possibilità nuova di coniugare pensiero speculativo ed esperienza, aperta dalla cosiddetta “Philosophy of Gender”, che può trovare inediti e significativi sviluppi in direzione di una “filosofia delle differenze”, sorretta da una chiara intonazione etica.
Infine Silvana Borutti coniuga riflessione critica e necessaria astrazione concettuale nel condurre un lavoro filosofico, a partire dalle scienze umane, fondato sul carattere costruttivo e configurante che assume la nozione di forma costituente gli oggetti – aspetto epistemologico – per approdare ad una idea della conoscenza – aspetto teoretico – produttrice di senso sullo sfondo di un imprescindibile non-pensato, che ne detta e circoscrive i limiti.
La sezione “La questione filosofica” è imperniata sul tema del rapporto tra filosofia e neuroscienze. Ne sottolinea le reciproche interferenze Alfredo Paternoster, che delinea con chiarezza i possibili esiti proficui che questo scambio... more
La sezione “La questione filosofica” è imperniata sul tema del rapporto tra filosofia e neuroscienze. Ne sottolinea le reciproche interferenze Alfredo Paternoster, che delinea con chiarezza i possibili esiti proficui che questo scambio può apportare alle rispettive discipline. De Caro affronta il tanto disputato tema del libero arbitrio, e lo ripropone con forza polemizzando con l’assunto di Benjamin Libet, il quale, in base ai suoi studi sulle attività celebrali, smentirebbe l’idea della libertà come aspetto caratterizzante le azioni umane.  Dal canto suo, Emiliano Loria assume i contributi delle neuroscienze sul tema della “action interpretation” a proposito dei percorsi di apprendimento sociale dei bambini, e configura scenari di osservazione differenti a partire dalla distinzione tra azioni strumentali e azioni comunicative.
Questo numero della rivista si apre con i “contributi speciali” di due studiosi noti per qualità filosofica e lunga carriera accademica. Carlo Sini sintetizza le sue riflessioni sulla ragione filosofica collegata ai modi del discorso in... more
Questo numero della rivista si apre con i “contributi speciali” di due studiosi noti per qualità filosofica e lunga carriera accademica. Carlo Sini sintetizza le sue riflessioni sulla ragione filosofica collegata ai modi del discorso in cui essa si esprime e alla esigenza dell’esercizio genealogico che ne mette in luce la provenienza. Francesca Calabi svolge una raffinata analisi del ruolo preponderante della immaginazione insito nel sentimento della nostalgia. Di seguito, Elio Franzini si occupa della cosiddetta svolta iconica, che egli non ritiene possa essere determinata in modo prevalente dalle attuali influenze dell’universo mediologico sulla visione. Roberto Diodato pone la questione se definire la natura dell’immagine e della immaginazione sul piano della percezione e della psicologia, oppure, su quello ontologico.
La serie dei “Contributi speciali” si avvale di due presenze significative: Ágnes Heller e Diego Marconi. Filosofia alla prova dell’Europa è il tema generale per la sezione 1, denominata “La questione filosofica”. Matteo Canevari... more
La serie dei “Contributi speciali” si avvale di due presenze significative: Ágnes Heller e Diego Marconi. Filosofia alla prova dell’Europa è il tema generale per la sezione 1, denominata “La questione filosofica”. Matteo Canevari l’affronta facendo riferimento all’area balcanica come paradigma per la comprensione dei problemi attuali e perviene a presupporre una idea d’Europa plurale e insieme capace di traduzione tra le differenti lingue e culture che la compongono. Gli interventi successivi riprendono i temi dei conflitti e della crisi a partire dalle elaborazioni di importanti autori europei: Natalia Rodríguez Martín fa riferimento a Miguel de Unamuno, Laura Sanò ad Hannah Arendt, Sara Pasetto a Edmund Husserl.
La questione filosofica scelta per la prima sezione riguarda il concetto di umanesimo, rivisitato alla luce della sensibilità riflessiva contemporanea. Silvana Borutti argomenta nel suo testo il contributo che l’antropologia può dare a... more
La questione filosofica scelta per la prima sezione riguarda il concetto di umanesimo, rivisitato alla luce della sensibilità riflessiva contemporanea. Silvana Borutti argomenta nel suo testo il contributo che l’antropologia può dare a un’idea di umanesimo aperta al senso della alterità e all’attraversamento della varietà delle culture umane. Dal canto suo, Rossella Fabbrichesi propone una lettura aggiornata delle Tesi su Feuerbach di Marx incentrata sulla figura dell’uomo nella sua configurazione sociale mediante il riferimento ad autori quali Peirce, Wittgenstein e Althusser. Enrico Redaelli tende a rivedere l’opposizione radicale tra l’umanesimo di Husserl e l’anti-umanesimo di Foucault, in quanto entrambi, sia pure in base a presupposti e obiettivi diversi, ricorrono a uno stile di ricerca basato su una retrospezione storico-genealogica dell‘umano.
Call for Papers n. 17/2024: "Cristallo-Deleuze" [Deadline: 08/09/2024]
Research Interests:
Call for Papers n. 16/2023: "Stile e filosofia" [Deadline: 24/11/2023]
Research Interests:
Call for Papers n. 15/2023: "Pensiero della Complessità" [Deadline: 15/05/2023]
Research Interests:
Call for Papers n. 14/2022: "Whitehead e la filosofia del concreto"
[Deadline: 15/10/2022]
Research Interests:
Call for Papers n. 13/2022: "Fenomenologia e pratica dell'attenzione"
[Deadline: 01/04/2022]
Research Interests:
Call for Papers n. 12/2021: "Paul Ricoeur tra moderno e postmoderno" [Deadline: 15/10/2021]
Research Interests:
Call for Papers n. 11/2021: "Dal corpo oggetto alla mente incarnata" [Deadline: 01/04/2021]
Research Interests:
Call for Papers n. 10/2020: "Nietzsche umanista" [Deadline: 15/11/2020]
Research Interests:
Call for Papers n. 9/2020: "Natura/Cultura" [Deadline: 15/05/2020]
Research Interests:
Call for Papers n. 8/2019 "L'attualità di Spinoza"
[Deadline 15/11/2019]