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La dimensione civica della partecipazione
Rosa Di Gioia, Lucia Fagnini, Valentina Pappalardo
Contesto e obiettivi della ricerca
1. Il capitale sociale
Nel suo lavoro su “La tradizione civica degli italiani” del 1993,1 Putnam, come è noto, afferma
che il governo democratico è rafforzato dal confronto con una comunità civica intessuta di relazioni
fiduciarie estese, norme di reciprocità generalizzata e reti di impegno civico, ossia dall’esistenza di
capitale sociale. In realtà, l’espressione “capitale sociale” è stata introdotta esplicitamente negli anni
settanta soprattutto nell’ambito dello studio delle attività economiche [Trigilia, 2001] ma
l’attenzione della comunità scientifica e non2 cresce notevolmente, alimentando un ampio dibattito,
solo dopo la pubblicazione dell’opera di Putnam.
Infatti, nella letteratura sociologica e politologica è possibile trovare molteplici e, spesso,
contrastanti definizioni di tale concetto che rimandano ad altrettante interpretazioni. Naturalmente,
a differenti definizioni corrispondono differenti punti di osservazione rendendo, se non altro,
complicato il confronto tra i risultati delle ricerche empiriche sviluppatesi negli ultimi anni intorno
a questo concetto3. Donati [2003] classifica le teorie esistenti in cinque approcci che possono essere
ricondotte tutte a due paradigmi: individualista-strumentale e olista-comunitario, a seconda che il
capitale sociale venga considerato come una proprietà attribuibile agli individui o alle strutture
sociali. Nell’ambito dell’approccio individualistico, il capitale sociale è, in buona sostanza,
strumentale, una risorsa importante, secondo Loury [1977], per accrescere il capitale umano;
1
Suscitando numerose critiche (vedi, tra gli altri, Bagnasco [1994; 1999], Mutti [1994], Piselli [1999]), nella sua
analisi sulle regioni italiane, Putnam sostiene l’esistenza di una correlazione tra capitale sociale (definito come
civicness) e rendimento delle regioni, ipotizzando che la minore diffusione della cultura civica nel Mezzogiorno sia
imputabile al mancato influsso dell’esperienza dei comuni medievali nel Sud.
2 Cartocci [2002, 32] evidenzia come la ricerca scientifica di Putnam abbia avuto una forte risonanza sulla stampa
anche italiana.
3 Solo per citare qualche esempio di ricerche recenti sul tema del capitale sociale in Italia: Cartocci [2007] usa dati
ecologici e, come indicatori di capitale sociale, la diffusione della stampa quotidiana; il livello di partecipazione
elettorale; la diffusione delle donazioni di sangue; la diffusione delle associazioni dello sport di base. Chiesi [2007]
usa sempre dati ecologici e, come indicatori, la presenza di associazioni culturali e ricreative; il livello di
partecipazione elettorale al referendum del 2001; la quantità di tempo dedicato ad attività di volontariato o rivolte
alla comunità e la circolazione di quotidiani. Donati [2008], di cui parleremo più avanti in questo stesso paragrafo,
basata su dati individuali prevede una distinzione del capitale sociale in: capitale sociale familiare, capitale sociale
di parentela, capitale sociale comunitario allargato, capitale sociale associativo e capitale sociale generalizzato. Tutti
gli indici di capitale sociale usano come indicatori la fiducia nei confronti dei membri dei vari contesti e l’aiuto
reciproco con gli stessi membri. Per quanto riguarda il capitale sociale associativo vengono considerati anche
l’adesione ad almeno un’associazione tra: cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, associazioni sociali,
familiari, sportive etc., organizzazioni non governative, sindacati, movimenti sociali religiosi o culturali e partiti
politici. In più, la media dei valori di fiducia verso membri dell’associazione frequentata maggiormente; aiuto
ricevuto dai membri dell’associazione più frequentata; fiducia negli amici e conoscenti dei membri dell’associazione
più frequentata; aiuto reciproco con gli amici dei membri dell’associazione più frequentata.
1
funzionale, per Bourdieu [1980], al raggiungimento di fini personali e al miglioramento della
propria posizione sociale; o utile, nell’analisi di Granovetter, al funzionamento del mercato del
lavoro e all’organizzazione delle attività produttive [Trigilia 2001].
Per gli autori che adottano l’approccio macro, di contro, il capitale sociale è una risorsa della
collettività, un insieme di tradizioni culturali e civiche che favoriscono la cooperazione, che
consentono agli attori di operare più efficacemente per raggiungere obiettivi comuni. «Per capitale
sociale intendiamo qui la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo
civico, elementi che migliorano l'efficienza dell’organizzazione sociale promuovendo iniziative
prese di comune accordo ... il capitale sociale facilita la cooperazione spontanea» [Putnam, 1993
196]. Il capitale sociale è, pertanto, un insieme composito di aspetti diversi (dalle norme morali alla
partecipazione ad associazioni) che consente agli individui il superamento di interessi
individualistici in visione del bene comune.
Tra questi due approcci contrastanti e irriducibili, si pone in un certo senso l’analisi di Coleman,
costante riferimento nei lavori sul capitale sociale anche da parte di autori che usano approcci
differenti [Cartocci 2002, 45]. Nella costruzione di una teoria sociale generale basata sull'assunto
della razionalità degli esseri umani, egli usa il concetto di capitale sociale per ribaltare la tesi
individualista dell'economia classica e neoclassica, considerandolo come: «definito dalla sua
funzione. [...] una varietà di entità differenti (che) consistono tutte di vari aspetti di una struttura
sociale e facilitano certe azioni degli individui dentro la struttura. [...] il capitale sociale è produttivo
rendendo possibile la realizzazione di certi fini che non si potrebbero ottenere in sua assenza»
[Coleman 1990, 302]. Quindi, anche se il capitale sociale consente di raggiungere fini individuali,
esso si presenta comunque come un aspetto della struttura sociale, peraltro riconoscibile come tale
solo dalla funzione di integrazione svolta da pratiche con un significato immediato diverso per gli
attori coinvolti [Cartocci 2002, 59].
Oltre al tentativo di Coleman, molteplici sono stati gli sforzi per combinare i due paradigmi, a
volte semplicemente in regime di coesistenza, altre volte mescolandoli e dando vita a una
concezione lib-lab del capitale sociale [Donati 2008, 52], ossia come risorsa a disposizione degli
individui, i quali però sono condizionati dalla posizione che occupano nella struttura sociale.
Seguendo Coleman, Piselli [2001, 49] ritiene che il capitale sociale sia costituito, da una parte,
dall’insieme delle risorse relazionali dell’individuo ereditate e costruite; dall’altra, si concretizza
nelle organizzazioni, norme, istituzioni, di un determinato sistema sociale. Dimensione strutturale e
soggettiva quindi interagiscono e il ricercatore sceglie di volta in volta cosa studiare, concentrandosi
sull’individuo e sulla quantità di capitale sociale di cui dispone o esaminando la totalità delle
relazioni sociali di un determinato sistema per studiarne la dotazione.
Per Cartocci, al contrario, la strada da percorrere è la mediazione, possibile a patto di non
2
ricondurre le motivazioni dell’azione umana esclusivamente alla logica strumentale, ma accettando
la coesistenza di due registri diversi con i quali gli uomini conferiscono senso al mondo. A questo
punto, il capitale sociale, inteso come risorsa collettiva, designa l’esistenza di quelle condizioni che
fanno di un collettivo di individui una comunità: un ethos condiviso, un’obbligazione morale
vissuta nei confronti di un’idea di bene comune, il conseguente senso di una comunione di intenti,
di fiducia e solidarietà reciproca.
Un terzo paradigma, l’approccio relazionale introdotto da Donati [2003], legge il capitale
sociale, attribuendogli valenza positiva e non neutra, come una qualità delle relazioni sociali e non
come una proprietà degli individui, delle strutture sociali o del loro mix [Donati 2008, 53]. In
qualità di specifica relazione sociale, sui generis, presenta quattro dimensioni analitiche studiate
attraverso lo schema AGIL: economica (l’insieme di risorse/strumenti necessari per raggiungere i
propri scopi); politica (la relazione deve essere mobilitabile in ogni momento per perseguire uno
scopo condiviso); normativa (relativa alle aspettative di fiducia e alle norme di cooperazione e
reciprocità) e valoriale (che attiene alla valutazione positiva della relazione che dà senso all’agire).
La differenza con gli altri paradigmi sta nel fatto che questi si concentrano di volta in volta su una
di queste dimensioni senza vedere il carattere emergenziale della relazione che chiamiamo capitale
sociale [ibidem, 56]. Inoltre, mentre in molti studi il capitale sociale viene identificato con le
associazioni, qui le associazioni, per l’appunto anche quelle civiche, non sono considerate di per sé
capitale sociale, né capaci di creare direttamente capitale sociale, ma lo creano solo a patto di dar
vita a relazioni che abbiano valore in sé, che siano configurabili come beni relazionali. Tra l’altro, si
ipotizza che il capitale sociale possa incidere sul senso civico, ma che non coincida con esso.
Rispetto alla questione, poi, se esista un capitale sociale associativo e se vi sia un legame tra questo
e l’impegno civico, l’indagine mostra che in Italia «il fatto di associarsi, o comunque di impegnarsi
in reti associative, non produce automaticamente né capitale sociale, né impegno civico».
Pur con differenze più o meno accentuate, tutti gli approcci (individualista, collettivista,
relazionale) pongono attenzione all’associazionismo e alla capacità relazionale degli individui
(come stimolo al miglior funzionamento delle istituzioni, come risorsa personale o come origine
della cultura civica). Di seguito, ci concentreremo principalmente sulla partecipazione associativa
considerandone il legame con la dimensione della fiducia, che sarà trattata più approfonditamente in
un contributo specifico.
3
2. La responsabilità civica
Nella letteratura specialistica, all’associazionismo, soprattutto volontario, viene attribuita la
capacità di esercitare una certa pressione sul sistema politico (advocacy) ovvero la capacità di
un’azione di modificare gli interessi dominanti della società, tutelando i gruppi sociali non
sufficientemente rappresentati o esclusi dall’arena istituzionale [Lori 2003, 91].
Bisogna guardare alla possibile associazione esistente tra il potenziale di partecipazione politica
diretta di una società e la ricchezza del tessuto associativo; cioè considerare le adesioni e le
aggregazioni regolate come fondamenta per la creazione di nuove identità collettive, basate su
interessi specifici. Anche se indirettamente, quindi, l’azione volontaria può rappresentare una
risorsa per l’azione politica.
È a partire dagli anni settanta che in Italia si afferma in maniera più consistente
l’associazionismo volontariato, con una crescita che si registra soprattutto nel decennio successivo,
periodo in cui i movimenti e le lotte sociali e politiche subiscono una battuta d’arresto, così come
l’adesione a partiti e sindacati.
Con il declino dei progetti politici di trasformazione radicale della società e la crisi delle
ideologie, l’associazionismo si propone come una sorta di fuga nel privato (anche se sociale) ovvero
come disillusione di poter incidere sul sistema politico e quindi l’uscita, anche se collettiva,
dall’arena politica [Lori 2003, 92].
In Italia, la partecipazione alla vita partitica e l’adesione ad altri organismi intermedi della
democrazia rappresentativa (sindacati, associazioni di categoria) ha subito un’ampia riduzione negli
ultimi decenni.
Nello specifico, il partito che accompagna «la vita del militante dalla culla alla tomba» sembra
essere una modalità di partecipazione ormai residuale; tali aggregazioni non sembrano più in grado
di fornire un’identità collettiva e una visione del mondo unitaria. Donatella Della Porta mette in
luce come la riduzione degli iscritti ai partiti abbia subito una forte accelerazione nel corso degli
anni ’90. Nell’arco di un ventennio (1980 – 2000) i partiti italiani hanno perso oltre due milioni di
membri, avviandosi così a vedere dimezzato il numero di iscritti rispetto alla membership originale
[Della Porta 2001, 62 - 63].
Nell’ambito dell’indagine da noi condotta, il 5,6% degli intervistati toscani risulta iscritto a
qualche partito politico; l’11,3% lo era in passato.
Tale processo di distacco, inoltre, è visibile anche dalla scarsa partecipazione tra gli stessi
iscritti4. La stessa disponibilità alla partecipazione (anche poco impegnativa) rimane confinata a
4
Dom. 44: Negli ultimi dodici mesi, con che frequenza le è capitato di partecipare ad attività politiche interne di
questo partito, come dibattiti, votazioni o iniziative di propaganda’ [FILTRATA]: mai 57.7%; una volta all’anno
4
un’area ristretta, in parte sovrapposta a chi già fa attività o l’ha fatta5. Questo allontanamento è
infine visibile anche in termini di (de)strutturazione della decisione di voto.
Lo scollamento tra cittadini e politici appare come un «dialogo tra sordi» in cui la classe politica
toscana sembra non riuscire a capire i problemi della gente (65%) e ad agire negli interessi dei
cittadini, nonostante la pressione dei grandi gruppi economici (70,3%). D’altronde la problematicità
del rapporto politici-cittadini è visibile anche dalla poca fiducia che gli intervistati hanno dichiarato
di avere nelle istituzioni. Tale rottura tra istituzioni e cittadini si traduce in una distanza tra gli
interessi dei politici e quelli degli elettori, e in una disillusione nella politica tout court. Questo ha
spinto e spinge la società civile a cercare nuovi luoghi nei quali orientarsi e strumenti alternativi
attraverso cui farsi ascoltare che siano diversi dai canali ufficiali di costruzione del consenso
democratico come le sezioni di partito, le votazioni, le manifestazioni ufficiali di protesta.
È soprattutto negli anni novanta che si registra un aumento del numero di chi partecipa ad attività
di volontariato, di chi aderisce alle associazioni del terzo settore, di chi promuove comportamenti
filantropici o responsabili (consumo critico, difesa individuale dell’ambiente, etc.) [Caltabiano
2003, 51; Caltabiano, 2006].
Massimo Lori riconosce nelle nuove sfide poste dalla globalizzazione e nella riforma del welfare
state i moventi della ripresa dell’azione volontaria:
«i temi e le questioni sociali legati alla globalizzazione divengono […] lo spazio
per un nuovo protagonismo sociale, attraverso il quale avanzare ipotesi di
trasformazione della società globale […]. Nel caso del welfare state, le riforme di
politica sociale avviate nel corso degli anni novanta, hanno orientato il sistema di
protezione sociale verso un “welfare state mix a regia pubblica”, con un maggiore
partecipazione dei soggetti privati e, in particolare, delle organizzazioni del terzo
settore. Il riassetto del welfare state in termini sussidiari ha implicato la ricerca di
nuove strategie, sia individuali che collettive, per soddisfare la domanda sociale di
beni e servizi, più articolate sul piano delle risorse utilizzate, con un maggiore
ricorso alla sfera delle solidarietà informali. Senza dubbio tali scenari sociali
possono aver contribuito a rafforzare la partecipazione sociale nella società civile»
[Lori 2003, 76].
Inoltre, come suggerisce Caltabiano nel VIII Rapporto sull’associazionismo sociale [2003], è
bene evidenziare il processo di ridefinizione dell’agenda politica ormai in atto in quasi tutti i paesi
sviluppati. La difesa dell’ambiente, la critica al pensiero unico propugnato dal neoliberismo, il
divario tra nord e sud del mondo, la lotta all’esclusione sociale, il riconoscimento delle identità
5
10.7%; due o tre volte all’anno 18.4%; tutti i mesi 13.2%.
Dom. 17: Lei sarebbe interessato a dare ogni mese il suo parere al partito politico che è più vicino a lei? (ad
esempio assemblea, intervista, sondaggio) [FILTRATA]: per niente 56.9%; poco 20.8%; molto 16.4%; moltissimo
4%.
5
culturali, le pari opportunità fra i generi, il pacifismo rappresentano, attualmente, questioni
costitutive dell’immaginario collettivo dell’Occidente [Ceri 2002].
Ad oggi, infatti, tali tematiche non sono difficilmente ravvisabili nell’opinione pubblica,
considerando sia il clima sociale maggiormente libertario sia lo spirito di autodeterminazione
presente nella cittadinanza.
Per quanto riguarda l’ingresso delle stesse nelle agende building governative, la spinta non è
giunta da attori ‘prettamente democratici’ (partiti, parlamenti, governi), ma da alcuni più marginali
rispetto al sistema politico, ovvero movimenti e associazioni.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad una nuova forma di cultura della responsabilità pubblica: un
nuovo tipo di civismo risorto da un buio periodo causato, parafrasando Lyotard, dalla morte delle
‘grandi narrazioni’ e da un lungo periodo di sfiducia nelle istituzioni dovuto agli scandali di
Tangentopoli, all’avvio del sistema bipolare e ai continui conflitti alimentati dalle coalizioni
politiche alternative.
Questo nuovo civismo si fonda sull’impegno dei cittadini ad occuparsi di problemi sociali di
natura pubblica con lo stesso vigore che adotterebbero per quelli privati. Si produce, quindi, uno
spirito interventista profondamente proficuo per la collettività, anteponendo in forte rilievo il
legame sociale con i concittadini all’interesse privato. Disposizioni soggettive, quindi, che
assumono un carattere ‘impolitico’.
Da tali premesse, appare quindi necessario indagare gli intrecci e le reciproche influenze tra
queste due modalità di coinvolgimento nella sfera pubblica: partecipazione sociale e partecipazione
politica. Tocqueville e, secondariamente, altri studiosi, dibatteva sugli ‘effetti virtuosi’ che
l’associazionismo poteva avere per la coesione sociale. Di qui la nostra esigenza di riscontrare, sulla
base dell’evidenza empirica, l’esistenza di relazioni tra l’associazionismo da un lato e la fiducia e
alcune forme di mobilitazione politica dall’altro.
Con questo lavoro, infatti, si è cercato di: fornire un contributo più dettagliato di tale situazione
con dati relativi alla vita associativa dei cittadini toscani e sul rapporto che intercorre tra questa e
altri importanti aspetti di partecipazione sociale (fiducia nelle istituzioni, spirito civico, relazioni
sociali, esposizione ai media);
evidenziare l’effetto che la partecipazione sociale ha sulla
disponibilità alla partecipazione politica, soprattutto in termini di esistenza di rapporti reciproci e di
entità di questi ultimi (coinvolgimento politico, impegno nelle attività di partito, etc.).
In sintesi si è cercato di capire se il rapporto partecipazione sociale – partecipazione politica stia
assumendo o meno nuove sembianze, con un occhio di riguardo a quella politica nelle sue forme
definite “non convenzionali” (Albano, 2005) poiché sembrano profilarsi come un ottimo rimedio
all’eccessiva professionalizzazione della politica e al suo progressivo allontanamento dalla
collettività.
6
3. Le dimensioni dell’analisi
Il legame civico è multidimensionale: in esso si intrecciano valori, atteggiamenti culturali,
condotte sociali di varia natura. Nel presente lavoro si è scelto di esaminarlo, in relazione alla
partecipazione politica “non convenzionale”, considerando alcuni dei diversi aspetti affrontati nel
questionario somministrato nell’indagine: la fiducia nelle istituzioni, il coinvolgimento personale in
attività di carattere sociale e politico (partecipazione politica “non convenzionale”/partecipazione
associativa), il reticolo delle relazioni sociali e l’esposizione ai media.
La fiducia nelle principali istituzioni democratiche ed il giudizio sull’efficacia del lavoro del
governo incidono fortemente sul coinvolgimento dei cittadini.
Diverse indagini [Eurobarometro 2005, Eurispes 2010, Istituto C. Cattaneo 2005, Ispo 2010,
Demos 2007, Itanes 2006] rilevano una forte disaffezione nei confronti di quasi tutte le istituzioni
(Chiesa, forze dell’ordine, scuola, partiti); quelle politiche sono da tempo le più sfiduciate e la
diffidenza appare accentuarsi con il trascorrere del tempo.
Nell’analisi sono state prese in considerazione differenti istituzioni, politiche e non (Chiesa,
associazioni di volontariato, partiti a livello comunale e nazionale), e il relativo grado di fiducia
dichiarato dagli intervistati. Parallelamente si è tenuto conto anche della frequenza in Chiesa poiché
«l’insieme di credenze che fanno riferimento ad entità trascendenti e che fungono da legittimazione
a una comunità politica possono costituire la base di comportamenti solidaristici o pro-sociali»
[Rusconi 1999].
Considerando poi che la partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini risulta essere
legata alla convinzione che hanno di poter contare su un sistema politico capace [Caltabiano 2003,
63], non sono stati tralasciati alcuni indicatori della partecipazione politica ‘classica (l’impegno
partitico, livello di coinvolgimento, partecipazione al voto, giudizio sulla classe politica in Toscana)
e dell’associazionismo nei principali agenti di intermediazione democratica (associazioni di
categoria e sindacati).
Lo studio però si è concentrato soprattutto sulla forma partecipativa politica “non
convenzionale” ovvero su quelle forme di azione collettiva intrise di una certa dose di ‘politicità’.
Sono state esaminate le modalità con cui si realizza la partecipazione civica, analizzando le
caratteristiche del campione toscano in relazione sia al coinvolgimento in attività di volontariato in
senso stretto, sia all'attivazione dei cittadini rispetto ai problemi concreti del territorio attraverso
l’adesione a iniziative collegate alla vita nel proprio quartiere o connesse a problematiche
ambientali. Per un ulteriore focus sulla partecipazione associativa, si sono valutate le relazioni
quotidiane intercorrenti tra intervistati e comunità, considerando la frequenza con cui gli intervistati
sono soliti salutare gente e chiacchierare per strada, nei negozi, o frequentare altre persone.
7
Il quadro è stato ulteriormente arricchito scegliendo le variabili relative al pattern ‘Reticolo
Relazioni Sociali’, attraverso cui si è osservata la frequenza con cui gli intervistati parlano di
politica con il proprio coniuge/compagno/a, altri familiari e parenti, amici/compagni di studi,
colleghi/e di lavoro e persone appartenenti alle associazioni da loro frequentate. Questo per rilevare
la presenza o meno di una fusione tra comportamenti sociali e comportamenti politici.
Infine, una certa importanza è stata attribuita anche all’esposizione ai media (frequenza di lettura
dei quotidiani); aspetto che insieme al livello di scolarizzazione e al patrimonio di capitale culturale
costituisce un background tale da poter favorire l’attivazione degli individui nell’arena pubblica6.
4. Il contesto toscano e l’analisi bivariata
L'analisi qui presentata si è concentrata sulle diverse forme in cui si concretizza la partecipazione
civica e il suo rapporto con il coinvolgimento e la partecipazione politica, esaminando le
caratteristiche del campione toscano in relazione all'attivazione dei cittadini nell'ambito
associazionistico (nel campo del volontariato come del tempo libero) e della partecipazione civica,
rilevata attraverso l’adesione a iniziative attinenti a problemi ambientali e altre questioni concrete
relative al proprio territorio.
Un primo commento obbligato è relativo ai semplici livelli di partecipazione.
Come noto la Toscana è tra le regioni con più elevata presenza di organizzazioni di volontariato:
2144 nel 2003 con un aumento del 13,2% dal 2003 e del 60,0 % dal 1995 [Istat 2003], presentando
anche un elevato indice di densità rispetto alla popolazione (6 organizzazioni ogni 10000 abitanti
nel 2003). Si tratta comunque di numeri in continua crescita: sono, infatti, 2939 le associazioni
censite dal Cesvot nel 2008, distribuite su tutto il territorio regionale, con punte più elevate nelle
delegazioni di Firenze (558 associazioni)7 e Lucca (436 associazioni) [Bilancio sociale Cesvot
2008].
L'elevato attivismo dei toscani è confermato anche da dati su altre modalità di partecipazione
rilevate dall'indagine Multiscopo del 2003. La Toscana presenta, infatti, percentuali sempre più alte
della media italiana e della media dell'Italia centrale non solo per l'attività gratuita presso
associazioni di volontariato (10,6% della popolazione sopra i 14 anni), ma anche per la
partecipazione a riunioni in associazioni ecologiche (3,2%), in associazioni culturali (9,3%), per
l'attività gratuita in associazioni non di volontariato (3,8%), per un sindacato (2,2%) e per aver
6
Le persone altamente istruite sono più riflessive, più consapevoli. Caltabiano presenta la tesi, ampiamente condivisa
in letteratura, secondo cui «i ceti colti dispongono di un ampio bagaglio di risorse culturali tale da renderli più abili a
decodificare il dibattito pubblico […]sarebbero assimilabili all’opinione pubblica informata, […] che in virtù di
questa apertura cognitiva nei confronti di quanto avviene nella società, presentano livelli di partecipazione
potenziale superiori alla media»[Caltabiano, 2003, 62].
7 La delegazione di Firenze comprende la provincia di Firenze con l'esclusione del circondario di Empoli.
8
versato un contributo economico ad un'associazione (22,6%).
In base ai dati emersi dal nostro campione, la modalità di partecipazione di gran lunga più
diffusa tra i cittadini toscani è quella in associazioni culturali, sportive e ricreative (47,2% vi
partecipa almeno una volta all’anno)8; a un livello nettamente più basso seguono le associazioni di
volontariato (33,8%), le iniziative relative all’ambiente e al territorio (32,2%), e quelle collegate ai
problemi del quartiere o della città (29,7%). Interessante notare come la partecipazione a tali attività
e iniziative supera ampiamente la partecipazione a iniziative di carattere politico (nella duplice
accezione delle forme tradizionali (20,6%) che di quelle di protesta vere e proprie (12,6%).
Vengono pertanto riprodotti abbastanza fedelmente dati analoghi, relativi all’Italia nel suo
complesso, sebbene con livelli di partecipazione, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione
ad associazioni di volontariato e associazioni culturali, che in Toscana appaiono leggermente più
alti.9
Prendendo in considerazione complessivamente coloro che hanno dichiarato di aver
partecipato almeno una volta nell'anno precedente ad una delle forme di partecipazione sociale e
civica proposte dal questionario è possibile individuare un gruppo, decisamente minoritario, che
può essere considerato “socialmente attivo”. Benché
all'interno di questo gruppo possano
manifestarsi diverse modalità di adesione e di partecipazione (tenuto conto del fenomeno della
pluri-appartenenza, della partecipazione centrale o periferica nell'organizzazione e della tendenza
crescente a modificare nel corso del tempo la propria adesione rifuggendo adesioni “totalizzanti”),
la tabella 3.1 permette di leggere trasversalmente le principali caratteristiche socio-demografiche di
questo gruppo (“attivi”).
8 Non è possibile conoscere a quale tipo di associazione, tra loro diversificate, gli intervistati abbiano fatto
riferimento, tuttavia quanto emerso rispetto alle caratteristiche socio-demografiche sembra confermare che in larga
parte questa risposta abbia rilevato la partecipazione ad associazioni a carattere sportivo e ricreativo e solo in misura
minore la frequentazione attiva di spazi ricreativo culturali, quali possono essere le Case del popolo,
tradizionalmente più vicine alle tematiche politiche.
9 Cfr. i dati emersi dalle indagini Demos [2007, 2008 e 2009], Gli Italiani e lo Stato, condotte sulla base dello stesso
insieme standard di possibilità di partecipazione.
9
Tab. 1 - Caratteristiche socio-grafiche degli attivi e dei non attivi
Genere
Classe d'età
Attività
Titolo di Studio
Capitale Culturale
Non attivi
Attivi
N
Maschio
27,8
72,2
482
Femmina
40,4
59,6
525
18-34
20,1
79,9
219
35-54
31,4
68,6
385
Oltre 55
44,9
55,1
403
Operaio
34,1
65,9
167
Impiegato
21,3
78,7
225
Autonomo
28,2
71,8
103
Studente
20,0
80,0
95
Casalinga
55,6
44,4
124
Disoccupato
24,0
76,0
25
Pensionato
43,8
56,2
267
Basso
46,0
54,0
494
Medio
24,3
75,7
387
Alto
20,0
80,0
125
Basso
46,0
54,0
472
Medio
23,3
76,7
262
Alto
19,8
80,2
202
Agli “attivi” si contrappone il gruppo di coloro che hanno affermato di non aver mai partecipato
a nessuna delle attività proposte dal questionario. Tra questi ultimi prevalgono nettamente le donne,
le persone oltre i 55 anni, con livelli bassi sia per quanto riguarda la scolarizzazione che il
patrimonio di capitale culturale.
Scendendo più nello specifico, è possibile però individuare caratteristiche diverse delle persone
che partecipano alle diverse modalità di attivazione civica e sociale indagate nel questionario.
Considerando la partecipazione assidua alle diverse attività10, il volontariato è l'unica modalità in
cui non emergono differenze di genere significative, mentre per le altre forme di partecipazione si
registra una netta prevalenza della partecipazione maschile.
Sicuramente influiscono sui livelli di partecipazione le differenti disposizioni e disponibilità, in
termini di interessi, competenze e risorse, soprattutto temporali, che si presentano nel corso del
ciclo di vita determinando spesso differenze di ruolo all'interno dell'organizzazione tra diverse classi
d'età e influendo sulle modalità partecipative, così da distinguere nettamente tra coloro che possono
far parte del nucleo centrale, partecipando in modo “denso” e chi si limita a far parte dei nodi della
rete, a distanza variabile, partecipando alle attività solo in modo finalizzato e discontinuo.
Cambiano a seconda dell'età anche i significati attribuiti all'azione volontaria: per i giovani la
10 Considerando cioè, solamente chi ha affermato di aver partecipato almeno due o tre volta l'anno oppure tutti i mesi.
10
partecipazione ad attività sociali rappresenta oggi un elemento di costruzione dell'identità
individuale su cui investire, mentre tra gli adulti e gli anziani prevale una connotazione più
strumentale e l'idea che il ruolo del volontario sia soprattutto quello di svolgere compiti che il
“pubblico e il “mercato” non riescono a svolgere” [Cesvot 2005]. Nel campione toscano, in
relazione alle classi di età, i più giovani presentano percentuali di partecipazione maggiore rispetto
alle altre classi nel caso di volontariato, confermando così la tendenza nazionale che mostra una
sensibile ripresa dell’impegno giovanile in questo settore [Istat 2003]11, e nelle associazioni
culturali, mentre non emergono differenze di età significative per la partecipazione ad iniziative di
quartiere e ambientali. In particolare per le associazioni culturali il valore di gamma pari a 0,358***, sebbene non particolarmente elevato, conferma una relazione tra il crescere dell'età e la
diminuzione della partecipazione ad associazioni di carattere sportivo, ricreativo e culturale. Nello
specifico tra gli intervistati tra i 18 e i 34 anni ben il 53,4% partecipa con una certa frequenza,
mentre la percentuale è poco superiore alla metà per coloro che hanno oltre 55 anni. Per le iniziative
di quartiere si può segnalare una maggiore percentuale tra gli oltre 55enni che non partecipano mai
ad attività di questo genere (75,4%) rispetto agli intervistati appartenenti alle classi d'età più
giovani.
Rispetto all'attività lavorativa, le percentuali più alte si registrano generalmente tra i lavoratori
autonomi e gli impiegati, con alcune minime differenze per quanto riguarda la partecipazione a
iniziative legate a tematiche ambientali e del territorio, che vedono una partecipazione elevata anche
da parte dei disoccupati, e la partecipazione ad associazioni culturali e sportive, dove si registra
un'alta percentuale di studenti. Le percentuali più basse di partecipazione assidua si registrano
invece generalmente per casalinghe, pensionati e studenti, sebbene questi ultimi affermino in
percentuale maggiore di aver partecipato una volta l'anno sia alle iniziative di quartiere (17%) che a
quelle di tipo ambientale (18,7%). Queste percentuali sono abbastanza elevate se si tiene in
considerazione il fatto che si tratta di iniziative comunque relativamente poco frequenti, soprattutto
rispetto alla continuità con cui si realizzano le attività di volontariato, sportive, ricreative e culturali.
Le diverse modalità di partecipazione sembrano presentare tutte una relazione positiva con il
titolo di studio, in particolare per quanto riguarda la partecipazione a iniziative di tematica
ambientale (gamma 0,368***) e ad associazioni di carattere culturale e sportivo (gamma 0,400***).
Meno forte, seppur presente, appare invece la relazione con il patrimonio di capitale culturale,
che risulta avere un ruolo più significativo per quanto riguarda la partecipazione ad associazioni
culturali (gamma 0,417***), mentre non presenta relazioni significative con la partecipazione ad
11 Secondo l'indagine condotta da FIVOL (2006), in Italia i giovani sono presenti come volontari continuativi nel
47,8% delle organizzazioni di volontariato esaminate e nel 13,3% dei casi costituiscono la metà o la maggioranza di
essi, con un picco nel Mezzogiorno.
11
associazioni di volontariato.
Accanto a livelli evidentemente elevati di partecipazione sociale e civica, il campione toscano
presenta un 68% della popolazione con un basso livello di coinvolgimento a cui corrisponde uno
scarsissimo interesse per la politica, una scarsa o nulla frequenza di discussione politica in vari
ambiti e l’incapacità di fornire risposte corrette a domande fattuali di conoscenza politica. A tale
situazione non sembra associarsi, però, né l’allentamento di una serie di vincoli, confermati proprio
dalla presenza di reti partecipative ed associative, né un'elevata individualizzazione della vita
sociale e professionale, con un indebolimento del senso di comunità.
Questo permette di ipotizzare, pertanto, che i cittadini non coinvolti politicamente non siano
periferici in tutti i sensi, ovvero alienati anche in senso sociale. Sebbene si tratti di individui con un
basso livello di interesse e conoscenza, questo rimane spesso limitato allo specifico ambito della
politica. A livelli bassi di coinvolgimento ci saremmo attesi infatti, un segmento di cittadinanza
caratterizzato da apatia generalizzata, perifericità e conseguente alienazione anche in termini
generali di interazione sociale; viceversa osserviamo livelli significativi di partecipazione ad attività
a carattere sociale e civico.
Risultati interessanti vengono dall’analisi bivariata relativa al rapporto tra il livello individuale di
coinvolgimento politico e le diverse forme di partecipazione sociale. Tutte le varie forme di
partecipazione presentano una relazione con il livello di coinvolgimento, ma con differenze
importanti che rivelano come le diverse modalità di partecipazione abbiano caratteristiche diverse.
In particolare l’attività in associazioni culturali in senso lato (0,257***), ma soprattutto l’attività di
volontariato (0,142**) presentano valori bassi di gamma confermando il fatto che la tendenza a
partecipare a questo tipo di attività è scarsamente dipendente dal livello individuale di
coinvolgimento politico: quello del volontariato sembra, infatti, un linguaggio in grado di andare
decisamente oltre la sfera politica e di motivare all’azione un ambito di cittadini più ampio e
trasversale rispetto a quello interessato alla politica.
Tabella 2 Partecipazione in associazione di volontariato per livello di coinvolgimento
Livello di
coinvolgimento_
Partecipazione in
Associazioni di
volontariato
mai
Basso
Totale
N
Alto
67,1
60,3
64,4
658
6,2
6,6
6,4
65
spesso
26,7
33,2
29,2
298
Totale
100,0%
100,0%
100,0
1021
una volta
12
Esaminando nella tabella 2 le modalità di effettiva partecipazione alle attività di volontariato
(“una volta” e “spesso”) si osserva come la relazione con il coinvolgimento politico sia molto
debole e soprattutto sia presente un livello significativo di partecipazione (quasi il 27%) anche tra i
cittadini caratterizzati da un livello “basso” di coinvolgimento politico.
A conferma di questo, tra coloro che frequentano assiduamente associazioni di volontariato
solamente il 18,9% parla spesso di politica, anche se si raggiunge il 45,5% considerando coloro che
ne parlano 'talvolta'.
La relazione tra partecipazione e coinvolgimento è limitata anche nel caso della
partecipazione ad associazioni culturali e sportive (gamma 0,257***). Tuttavia ancora una volta è
rilevante osservare come anche nel segmento di cittadini politicamente più periferico si mantiene un
livello significativo di attività: nella fascia caratterizzata da coinvolgimento “basso”, la percentuale
di partecipanti è, infatti, complessivamente del 46,9%. Tenendo in considerazione quanto emerso
nelle interviste in profondità, si può supporre che il tipo di associazioni frequentate sia scarsamente
legato a motivazioni ideologiche e politiche e maggiormente all'uso del tempo libero (associazioni
di caccia, attività ricreative e sportive...). In questo caso risulta ancora inferiore la percentuale di
coloro che affrontano tematiche politiche con le persone che frequentano le stesse associazioni,
tant'è che meno del 18% di coloro che frequentano assiduamente associazioni culturali, parlano
spesso di politica con gli altri partecipanti, mentre più del 60% lo fa solo raramente o mai.
La relazione esistente con il coinvolgimento politico tende invece a crescere lievemente per
quanto riguarda la partecipazione ad attività di quartiere (gamma 0,417***) e ad attività legate alle
tematiche ambientali (gamma 0,460***). Come nei casi precedenti, però, l'abitudine di parlare di
tematiche politiche con persone che partecipano alle stesse attività rimane abbastanza limitata,
attorno al 20%.
Concentrando l'attenzione trasversalmente su quel nucleo ristretto di persone attive socialmente
che parlano di politica all'interno della propria associazione (11,4% del campione) emerge che si
tratta prevalentemente di uomini sopra i 55 anni, con un livello di coinvolgimento politico basso,
non legati alla pratica religiosa, appartenenti soprattutto ad associazioni culturali e di volontariato.
Anche i dati relativi al livello di socialità e di centralità sociale, rilevata attraverso l'abitudine a
salutare, chiacchierare e parlare con persone del proprio quartiere, mettono in luce che i cittadini
non coinvolti politicamente non sono persone alienate dal proprio contesto sociale, sebbene emerga
una lieve percezione di diminuzione di queste abitudini: nel confronto con il passato, la percentuale
di intervistati che afferma di farlo “di meno” è significativamente superiore (undici punti
percentuali) a quella di chi afferma che capita “di più”. Infine, soltanto un 4,3% di intervistati
afferma di non interagire per niente con il proprio ambito comunitario; nel complesso ben il 63,6%
degli intervistati afferma di farlo “molto” o” moltissimo”.
13
Volendo analizzare quanto la tendenza ad interagire nella propria comunità aumenta (o
diminuisce) a seconda del livello individuale di coinvolgimento politico non emerge una tendenza
di chi è più interessato alla politica ad essere una persona che interagisce di più con la comunità:
l’interazione sociale è praticamente indipendente dal livello individuale di coinvolgimento politico.
Si può a questo proposito segnalare certamente una tendenza positiva per quanto riguarda la
partecipazione frequente ad attività di volontariato. Questa appare associata ad una maggiore
socialità all'interno dello spazio comunitario, come confermato anche dal valore di Gamma
(0,367***). La tabella 3.3 evidenzia infatti come solo in un numero ridotto di casi una frequente
partecipazione alle attività di volontariato sia associata a rapporti nulli o limitati nella propria
comunità, mentre la percentuale sale per coloro che affermano di chiacchierare e frequentare altre
persone del quartiere molto o moltissimo.
Tabella 3 Socializzazione nel quartiere per partecipazione in associazioni di volontariato
Partecipazione in Associazioni di volontariato
mai
una volta
Totale
N
spesso
Per Niente
77,3
6,8
15,9
100,0
44
Poco
79,5
3,1
17,4
100,0
322
Molto
61,2
7,1
31,8
100,0
510
Moltissimo
48,5
9,2
42,3
100,0
130
Totale
66,1
6,1
27,8
100,0
1006
La relazione positiva tra partecipazione e interazione all'interno del quartiere si registra anche per
le altre forme partecipative, benché con valori decrescenti, più alti per la partecipazione a iniziative
cittadine e di quartiere (gamma 0,324***) e successivamente più bassi per la partecipazione a
iniziative su tematiche ambientali (gamma 0,305 ***) e associazioni culturali e sportive (gamma
0,292***).
La partecipazione ad associazioni di volontariato si differenzia nettamente dalle altre modalità
partecipative indagate anche per quanto riguarda la pratica religiosa. Si registra infatti, una
maggiore propensione tra coloro che frequentano la chiesa a partecipare ad attività di volontariato
(37,3%) rispetto a chi non la frequenta (24,6%), tendenza che non si ritrova nell'analisi degli item
relativi ad altri tipi di partecipazione. Questo conferma il fatto che parte dell'associazionismo
continui ad essere legato ad una matrice cattolica. Tuttavia, considerando solamente coloro che
frequentano spesso associazioni di volontariato si riscontra che ben due terzi dei casi non frequenta
la chiesa (66,7% rispetto al 33,3% che partecipa assiduamente alla messa domenicale) a riprova del
14
fatto che la motivazione religiosa all'attività solidaristica non è sicuramente predominante.
Sebbene infatti, possa essere ancora presente uno stretto rapporto tra volontariato e mondo
cattolico, tuttavia, i dati relativi alle associazioni descrivono una situazione di distanza generale che
si concretizza in autonomia organizzativa dalle autorità ecclesiali e partecipazione pluralista
all'interno delle associazioni, dove solitamente non viene fatta distinzione tra credenti e non [Ranci
2006, Fivol 2006].
Un ragionamento simile può essere effettuato nell'analisi delle motivazioni a carattere
ideologico. I dati mostrano chiaramente la predominanza tra coloro che risultano attivi in ambito
sociale, di soggetti che affermano di autocollocarsi prevalentemente a sinistra del panorama
politico. Tale situazione è probabilmente dovuta, almeno in parte, alle caratteristiche dell'elettorato
toscano ma l'associazione è confermata da un livello di significatività statistica elevato. Tale elevato
livello di significatività è confermato anche analizzando le bivariate di ogni modalità di
partecipazione, ma appare inferiore per quanto riguarda le associazioni culturali, ricreative e
sportive e ancor più il volontariato, rispetto al quale quindi è possibile scartare l'ipotesi di una forte
ideologizzazione. Da segnalare inoltre che tra coloro che si dichiarano non collocati, la
maggioranza (51,8%) risulta comunque socialmente attivo, partecipando almeno una volta l'anno ad
una delle diverse modalità di partecipazione sociale indagate.
Le caratteristiche dell'associazionismo italiano confermano queste riflessioni. Dai dati relativi
alle nuove associazioni di volontariato emerge, infatti, da una parte la diminuzione della
tradizionale capacità di affiliazione delle centrali nazionali del volontariato, dall'altra il fatto che la
nascita delle organizzazioni è sempre più connotata dall’iniziativa di gruppi autonomi di cittadini.
Tra le Associazioni di volontariato nate dal 2000 al 2005 in Italia, quelle “indipendenti”
costituiscono il 73,8% a fronte del 63,8% del 1996-2000 e del 57,4% del periodo 1990-1995 [Fivol
2006]. Allo stesso tempo si rileva la prevalenza relativa di piccole dimensioni organizzative, sia in
termini di volontari attivi che di risorse economiche disponibili, con un assottigliamento consistente
delle compagini solidaristiche [Istat 2003, Fivol 2006].12
Questi cambiamenti, iniziati negli anni '90, possono essere letti come un effetto della fine del
collateralismo e del controllo sul mondo dell'associazionismo dei grandi partiti [Marcon 2005] e
sebbene comportino una maggiore frammentazione nell'analisi dei bisogni così come
nell'organizzazione pratica, confermando forse in qualche modo la deriva individualista e il
prevalere di logiche localiste, tuttavia dimostrano anche la presenza di una novità di senso nell’agire
volontario come strumento di partecipazione diretta. Anche gli ambiti di attività hanno visto infatti
12 Le piccole dimensioni sono dovute sia alla nascita di associazioni con pochissimi fondatori, sia al modesto numero
di partecipanti. Il 33% delle Organizzazioni di Volontariato esaminate dall'indagine Fivol si basano sull’attivismo di
non più di 5 volontari e senza alcuna differenza sostanziale nelle tre aree geografiche del Paese.
15
nel corso degli anni un allargamento dai tradizionali settori della sanità e dell’assistenza sociale,
all'ambito della partecipazione civica, in particolare negli ambiti dell’educazione e formazione,
della protezione civile, della solidarietà internazionale, della tutela e promozione dei diritti e della
cultura dimostrando un'elevata reattività rispetto ai temi e ai problemi sociali emergenti e
testimoniando una maggiore presenza in tutti i campi del sociale [Istat 2003, Fivol 2006].
Tra le motivazioni che giustificano una partecipazione elevata a livello civico e sociale associata
ad un ridotto coinvolgimento politico è possibile ipotizzare anche un certo livello di disaffezione e
sfiducia nei confronti del sistema politico tradizionale: tra coloro che in passato sono stati iscritti a
un partito ma non lo sono più oggi, prevalgono nettamente gli attivi (70,3%), che sono comunque
molto numerosi anche tra coloro che non sono mai stati iscritti ad un partito.
Tuttavia, rispetto all'eventuale sfiducia nei sistemi tradizionali di rappresentanza democratica, si
può notare che non emergono grosse differenze nelle pratiche di voto. L'item relativo al voto alle
elezioni politiche dell'aprile 2008 presenta infatti una differenza di soli quattro punti percentuali per
gli attivi (89,9%) rispetto ai non attivi (85,3%).
Prendendo in considerazione infine, i giudizi espressi dagli intervistati rispetto ad alcune
caratteristiche dei politici in toscana e la partecipazione ad attività sociali e civiche, emerge che,
all'interno di un generale giudizio tendenzialmente negativo, tra coloro che partecipano
assiduamente alle attività associative o alle iniziative civiche e ambientali, prevale comunque un
giudizio generalmente positivo. In particolare emerge una certa associazione tra partecipare ad
attività legate alle tematiche ambientali e un giudizio tendenzialmente più positivo rispetto al livello
percepito di onestà da parte dei politici, rispetto alla capacità di fare l'interesse dei cittadini
nonostante le pressioni dei grandi gruppi economici e di prendere decisioni anche se impopolari.
5. Un tentativo di sintesi
Dopo una prima analisi descrittiva si è pensato di condurre un’ACM (Analisi delle
Corrispondenze Multiple) per poter sintetizzare e ridurre, in modo ottimale e immediato, la quantità
dei dati disponibili. La procedura di analisi è stata condotta operando già a priori alcune
semplificazioni. In particolare, è stata eseguita una procedura di ACM nell’intento di distinguere i
profili degli intervistati in relazione alle sottodimensioni individuate. Infatti, allo scopo di rilevare
l’esistenza di associazione, sono state analizzati contemporaneamente sia alcuni item scelti come
indicatori di capitale sociale sia alcune delle variabili sociografiche, illustrate più dettagliatamente
nel paragrafo relativo alle dimensioni d’indagine.
Nel rilevare la fiducia nelle istituzioni, abbiamo deciso di distinguere, all’interno delle istituzioni
politiche, il livello locale dal livello nazionale, vista la differenza che emerge tra essi, sia
16
dall’analisi bivariata, sia dalle interviste in profondità. Abbiamo quindi costruito un indice di fiducia
nelle istituzioni politiche locali, sommando i punteggi rilevati sulle tre variabili: Regione, Comune,
partiti del Comune. L’indice così costruito è stato ricodificato in tre classi: nullo/basso, medio, alto.
Per l’analisi sono state scelte 33 variabili per complessive 88 modalità. Di seguito si riporta
l’elenco completo delle variabili e delle modalità attive con le relative etichette:
Variabili
Genere
Titolo di studio
Età in classi
Auto-collocazione continuum politico
Attività lavorativa
Frequenza lettura quotidiani
Capitale culturale
Frequenza Chiesa
Iscrizione a partito
Iscrizione a sindacato
Iscrizione a associazione di categoria
Indice di coinvolgimento politico
Giudizio onestà della classe politica
Giudizio comprensione dei bisogni della gente
Giudizio capacità di fare interessi dei cittadini
Fiducia nella Chiesa
Fiducia nelle Associazioni di volontariato
Indice di fiducia nelle istituzioni politiche locali
Fiducia nei partiti nazionali
Nel suo quartiere le capita di salutare gente e chiacchierare per strada, o
nei negozi, o di frequentare altre persone?
Partecipazione ad attività di volontariato
Partecipazione ad attività di quartiere
Partecipazione ad attività ricreative, sportive, culturali
Partecipazione ad iniziative ambientali
Partecipazione a manifestazioni di protesta
Partecipazione a manifestazioni politiche
Parla di politica con coniuge
Parla di politica con parenti e altri familiari.
Parla di politica con amici
Parla di politica con colleghi
Parla di politica con appartenenti alle associazioni che frequento
Modalità attive
Maschio, Femmina
basso, medio, alto
18-34, 35-54- oltre 55
Sinistra, destra, non collocato
operaio, impiegato, autonomo, studente,
casalinga, disoccupato, pensionato
no mai, raramente, tutti i giorni.
basso, medio, alto
sì, no
mai iscritto, attualmente, non ora ma in
passato sì,
attualmente, non ora ma in passato sì, mai
iscritto
attualmente, non ora ma in passato sì, mai
iscritto
basso, alto
positivo, negativo
positivo, negativo
positivo, negativo
sì, no
sì, no
sì, no
sì, no
moltissimo, molto,
spesso, una volta mai
spesso, una volta, mai
spesso, una volta, mai
spesso, una volta mai
spesso, una volta mai
spesso, una volta mai
spesso, talvolta, mai
spesso, talvolta, mai
spesso, talvolta, mai
spesso, talvolta, mai
spesso, talvolta, mai
È possibile identificare quattro profili.
Sulla prima dimensione, quella riguardante in maniera più netta la partecipazione, possiamo
distinguere gli Outsider e gli Insider.
I primi sono coloro che non sono iscritti né a partiti né a sindacati e non sono attivi in alcuna
delle associazioni ed iniziative considerate. Non si confrontano sulla politica in nessun ambito della
vita quotidiana e hanno bassissima fiducia nei confronti delle istituzioni locali. D’altra parte, hanno
fiducia nella chiesa e la frequentano. Rispetto al giudizio sulla classe politica, si esprimono e
negativamente, solo in merito all’onestà. Non leggono mai i giornali, sono femmine e casalinghe.
17
Sul polo opposto, si collocano gli Insider, iscritti a partiti e /o a sindacati, e attivi nei vari tipi di
associazioni ed iniziative considerate. Questo gruppo si confronta sulle tematiche politiche in tutti
gli ambiti della vita quotidiana. Rispetto alla sottodimensione della fiducia, gli insider mostrano
livelli nulli nei confronti della chiesa, che tra l’altro non frequentano, alti nei confronti delle
istituzioni politiche locali (partiti comunali, regione, comune). Considerano la classe politica
toscana positivamente su tutti gli aspetti che abbiamo considerato (onestà, comprensione dei bisogni
e capacità di fare gli interessi dei cittadini). Sono maschi, impiegati, di sinistra, con titolo di studio e
livello di coinvolgimento alti e leggono i giornali quotidianamente.
Come si nota, su questo continuum dimensione civica e dimensione politica vanno di pari passo;
gli attivi risultano attivi in tutti i campi e mostrano un interesse costante e un’abitudine al confronto,
mentre i non attivi, sono estranei a entrambe le dimensioni, frequentando solo la chiesa e non
affrontando mai argomenti politici.
Anche sulla seconda dimensione, apparentemente, dimensione civica e dimensione politica
vanno di pari passo, ma ad uno sguardo più attento possiamo notare segnali di separazione. Il primo
profilo può essere definito dei Contestatori: sono stati iscritti in passato a partiti e relativamente alla
partecipazione sociale, risulta alta solo la frequenza alle manifestazioni di protesta. Non hanno
fiducia in nessun tipo di istituzione: politiche locali e nazionali, chiesa e associazioni di
volontariato. Si confrontano, per quanto riguarda la politica in tutti i contesti della quotidianità,
risultando tuttavia poco ‘socievoli’ nel quartiere di appartenenza. Non si collocano sul continuum
destra-sinistra, sono disoccupati o lavoratori autonomi. Qui sembra il motivo della scarsa
partecipazione sia dettato da aspettative deluse da partecipazioni passate. Il giudizio sembra
negativo o l’attestazione di sfiducia comunque poggia su alti livelli di coinvolgimento
(partecipazione invisibile), accompagnati da un continuo confronto su tematiche politiche e
attivismo passato, mentre dal punto di vista della partecipazione associativa questa è assente o
residuale.
Gli appartenenti al quarto profilo, al contrario, sono iscritti a partiti e/o sindacati, tuttavia non
parlano con nessuno di politica. Partecipano prevalentemente ad associazioni di volontariato e in
misura minore a tutte le altre attività ed iniziative (quartiere, ambiente, ricreative/culturali).
Mostrano un elevato livello di fiducia nei confronti di tutte le istituzioni, compresa la chiesa che
frequentano. Esprimono giudizi positivi sulla classe politica toscana in relazione ai tre aspetti
considerati. Abbiamo definito gli appartenenti a questo gruppo come Conformisti, in special modo
per quel che riguarda la dimensione politica, ritenendo che una interpretazione possibile del
mancato confronto, dell’essere iscritti a partiti e partecipare ad associazioni ma non parlare mai di
argomenti politici, potesse essere una accettazione passiva, a-critica di ciò che viene proposto.
18
Conclusioni
A fronte del senso di inefficacia e di sfiducia nei confronti della classe politica, sulla base dei dati
rilevati sul campione toscano sembra mantenersi elevato il desiderio di contribuire in modo
concreto e fattivo alla vita pubblica, attraverso pratiche che tendono però a discostarsi dalle
tradizionali modalità collettive di partito, con l'affermarsi di forme di attivismo più privatistiche,
spontanee e meno vincolanti. Se, infatti, appaiono sempre più diffuse manifestazioni di distacco
dalle istituzioni e dalla partecipazione elettorale, tuttavia rimangono quantitativamente rilevanti le
esperienze di partecipazione alla vita pubblica sia in ambito associazionistico che attraverso nuove
forme più individualizzate ed estemporanee di volontariato e di attivazione civica. Sembrano essere
queste, almeno in parte, le risposte dei cittadini ad alcuni fenomeni propri della crisi della
partecipazione partitica, come l'indebolimento del ruolo degli iscritti ai partiti e la riduzione dei
rapporti tra la classe politica e la base, sostituiti da canali di comunicazione massmediatici e
unidirezionali. Al di fuori della politica dei partiti, appare, infatti, ben presente una politica diffusa,
finalizzata alla promozione del bene comune, fondata sulla pratica sociale, sull'assunzione di
impegni concreti; una partecipazione pragmatica, flessibile ma allo stesso tempo continua e
strutturata, il cui obiettivo non è la conquista del potere, ma diritti da ottenere e trasformazioni
sociali da realizzare.
Questo permette di mettere in dubbio l'ipotesi di una crescente apatia e di un generalizzato
disinteresse nei confronti della vita pubblica da parte dei cittadini, sebbene questi elementi siano
riscontrabili in parte della popolazione, spingendo invece ad indagare in quali forme si relazionino
la dimensione civica della partecipazione e quella politica, tradizionalmente legata ai partiti.
I dati relativi alla partecipazione nazionale (vedi ad es. le indagini Demos 2007 - 2009) mostrano
infatti come l' incremento della partecipazione sociale e civica e la ripresa della mobilitazione
politica vadano di pari passo.
I profili emersi dall'ACM permettono alcune riflessioni in proposito. Innanzitutto i quattro profili
possono essere collocati lungo due assi, il primo dei quali può essere riferito al livello di
partecipazione sociale globalmente intesa, mentre il secondo attiene maggiormente alla
condivisione, all’interiorizzazione, all’accettazione non solo della situazione politica in generale,
ma anche del ruolo attribuito ai cittadini all'interno del sistema politico.
La prima dimensione illumina il rapporto tra i due profili che sono stati definiti insider/outsider.
Mentre i primi, gli insider, sono soggetti centrali, con una fitta rete di relazioni, capacità e
competenza, i secondi, gli outsider sono elementi marginali rispetto alla partecipazione sociale e
politica, con scarsa fiducia, ma poco interessati e informati sugli argomenti.
19
La seconda dimensione vede invece contrapposti coloro che seppur particolarmente attivi in tutti
i campi, mostrano un'adesione tendenzialmente acritica, come suggerisce la loro inesistente
propensione al confronto (i conformisti), a chi, dopo aver toccato con mano l'esperienza partitica, se
ne è allontanato e presenta un atteggiamento fortemente critico, che ora si concretizza
principalmente solo in manifestazioni di protesta (i contestatori). Per questi ultimi la disaffezione si
manifesta in sentimenti di sfiducia nei confronti delle istituzioni e nei giudizi negativi nei confronti
dei politici, che li porta anche alla difficoltà a collocarsi sul continuum destra-sinistra.
Si evidenzia così, tra i quattro profili, anche una contrapposizione tra partecipazione più rituale,
evidente nei conformisti e presente, anche se in forma negativa, negli oustider, ed una
partecipazione più consapevole (insider e contestatori), che si concretizza nel mantenimento di una
attività partecipativa di base, anche se attuata attraverso modalità fortemente differenziate: al
permanere della partecipazione partitica si associa, per gli insider, l'attivazione in altri campi del
sociale, mentre la sfiducia nell'efficacia dei meccanismi di partecipazione sembra prevalere per i
contestatori, con il conseguente sviluppo di un atteggiamento tendenzialmente oppositivo. Fra tante
differenze, emergono però alcuni elementi comuni: in entrambi gli atteggiamenti appare, infatti,
determinante il senso percepito di efficacia della partecipazione, intesa come effettiva capacità della
classe politica di ascoltare e di dare risposta alle istanze dei cittadini, e possono essere letti gli effetti
da una parte dell'alleggerimento simbolico-valoriale dei partiti e dall'altra della limitatezza delle
possibilità partecipative all'interno del sistema politico attuale.
Emerge quindi chiaramente un rapporto circolare tra esperienze associative, partecipazione
civica e attivazione politica, che, combinandosi in modo diverso, possono divenire strumento di
integrazione sociale, facilitando la produzione di fiducia intersoggettiva e creazione di reti
solidaristiche e di impegno civico che arricchiscono il capitale sociale dell'intera comunità.
Contemporaneamente la partecipazione ai gruppi locali risulta essere un canale di socializzazione
alla politica anche a livello individuale, permettendo l'acquisizione di competenze tecniche e
politiche, la creazione di canali di interazione con le istituzioni e l'acquisizione di conoscenze
specifiche rispetto ai temi su cui si attiva la mobilitazione. In quest'ottica i partiti, che conservano
la funzione di selezione del personale politico e il controllo delle istituzioni rappresentative, pur
avendo perso la capacità di costruire identità collettive e la fiducia, agli occhi dei cittadini, di poter
essere, da soli, effettivi strumenti di cambiamento, mantengono comunque il compito di instaurare
canali di dialogo con gruppi, associazioni, comitati e movimenti, attraverso strumenti semplici,
inclusivi ed efficaci.
20
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