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Diritto e Stato, un contratto tra uomini liberi, in «Ideazione», n. 5, 2004, pp. 159-163 di Antonio Masala Ormai da alcuni anni viene tenuto in sempre maggiore considerazione il ruolo svolto nella rinascita del liberalismo durante il secondo dopoguerra da Bruno Leoni, il quale ha rappresentato un riferimento costante per gli autori (Hayek, Buchanan e Tullok, Milton Friedman, Rothbard, solo per citare i più importanti) che diedero luogo a quella rinascita. Tuttavia, la sua importanza è stata a lungo sottovalutata dalla critica, e questo per due motivi. Il primo è che Leoni non è stato un pensatore sistematico, e dunque le sue importanti intuizioni non ebbero sempre una forma compiuta, ma si manifestarono spesso in modo estemporaneo senza poter essere un riferimento bibliografico preciso. Finché Leoni fu in vita, con la sua incessante attività all'interno della Mont Pélerin Society, con le sue numerose conferenze (soprattutto negli Stati Uniti), e con i suoi intensi rapporti epistolari, le sue riflessioni vennero tenute in grande considerazione1, ma poi con la sua prematura scomparsa non rimasero degli scritti che testimoniassero a sufficienza quanto effettivamente la su influenza fosse stata vasta e rilevante. Il secondo motivo della sua sottovalutazione consiste proprio nella prematura e tragica scomparsa di Leoni, che interruppe la sua riflessione in un momento in cui sembrava dovesse dare i suoi frutti più maturi. Dopo la pubblicazione di Freedom and the Law, che rimane il suo unico libro (se si eccettuano due opere giovanili, di importanza marginale), egli dedicò i suoi sforzi ad elaborare una teoria in grado di spiegare come nascono il diritto e lo stato a partire dalle pretese e dai poteri degli individui. Tale teoria non raggiunse mai una forma compiuta, anche se nella sostanza non era certo più allo stato embrionale, ed essa ci rimane in forma di saggi sparsi e appunti dei corsi delle sue lezioni all'Università di Pavia2. Tuttavia essa nella sostanza era conosciuta, come dimostra anche la pubblicazione, nel 1991, in appendice alla terza edizione inglese di Freedom and the Law, Si ricordi come ad esempio egli fosse ringraziato (unico italiano) in The Constitution of Liberty di Hayek e in The Calculus of Consent di Buchanan e Tullock, o basti pensare alla recensione che Rothbard fece di Freedom and the Law. Se poi si scorre la lista di coloro che lo vollero ricordare in occasione della commemorazione tenuta all'università di Pavia, si potranno individuare molti dei nomi più importanti del liberalismo contemporaneo, cfr. A.A.V.V. (1969). 2 È in corso di pubblicazione un volume che si propone appunto di riproporre tutti i testi, alcuni inediti, in cui tale teoria venne presentata: Bruno Leoni, Il diritto come pretesa individuale, a cura di Antonio Masala, con introduzione di Mauro Barberis, Macerata, Liberilibri, 2004. 1 1 di quattro saggi presentati ad un seminario tenuto negli Stati Uniti nel 1963. A questo proposito Orval Watts, che coordinava quel seminario scrisse «The following excerpts from manuscript soon to appear in book form were the basis for some of his lectures» Quel libro non venne mai alla luce, ma nella sostanza la maggior parte delle sue idee era conosciuta nell'ambiente liberale e una parte di quegli interventi era già stata pubblicata sotto forma di articolo3. Era infatti quello il modo in cui allora circolavano le idee, e si può ricordare ad esempio come anche Freedom and the Law fosse frutto di un seminario del 1958, in cui Hayek presentò il contenuto di The Constitution of Liberty e Friedman quello di Capitalism and Freedom, un occasione dalla quale è possibile datare la rinascita del Classical Liberalism, e alla quale appunto Leoni prese parte come apprezzato relatore. Se in Freedom and the Law Leoni elabora un modello normativo di come il diritto deve evolversi e di quali caratteristiche deve avere per garantire la libertà, nei suoi scritti sulla teoria della pretesa egli propone un modello conoscitivo di come il diritto e lo stato nascano a partire dall'agire individuale. Egli riprende la tradizione della Scuola Austriaca, che vede la nascita delle istituzioni, e in generale dei rapporti sociali complessi, non da un atto politico e da una scelta deliberata, ma da un processo di adattamento spontaneo e libero da parte dei singoli individui, e indica il processo di formazione ed evoluzione spontanea come lo schema interpretativo valido per tutte le scienze sociali. Ma egli individua, e qui sta la sua originalità all’interno della tradizione austriaca, la chiave di volta di tale processo nel concetto di scambio, che può essere applicato alla politica e al diritto in modo analogo a come viene applicato all’economia. Conseguentemente a ciò egli ricerca gli elementi propri dello scambio per questi due aspetti, ossia l’equivalente per la politica e il diritto di ciò che per l’economia sono i beni, e li individua nel potere (o meglio nel potere politico) e nella pretesa. In Diritto e politica, il suo scritto forse più importante, Leoni definisce lo stato come la “situazione“ in cui si trovano i poteri presenti nella società, e tali poteri vengono attribuite tre caratteristiche: sono diffusi, possono essere scambiati e sono complementari, ossia dal loro scambio si ha un miglioramento per tutti coloro che partecipano al proLa citazione è contenuta in un “work draft” che venne distribuito agli studenti del seminario ma che poi ebbe larga circolazione tra i colleghi di Leoni. La copia che si è potuto consultare è conservata al Mises Institute in Alabama e apparteneva a Rothbard. 3 2 cesso, come nel caso dell’economia in cui si ricava un’utilità marginale maggiore dal bene che si acquisisce rispetto a quello che si cede. Tutti gli individui hanno una certa quantità di potere politico, il quale consiste nella capacità di far rispettare la propria persona e i propri beni. Questi poteri vengono scambiati dagli individui, dando origine all’ordine sociale, ossia ad una situazione in cui è possibile effettuare previsioni sui comportamenti altrui e sugli esiti dei propri comportamenti. Contrariamente ad altre teorie della politica fondate sul concetto di potere, il potere dei governanti non appare come il potere politico, il quale sarà invece «la possibilità di ottenere rispetto tutela o garanzia dell’integrità e dell’uso di beni che ogni individuo considera fondamentali e indispensabili alla propria esistenza: la vita, il possesso di taluni mezzi per conservare la vita, la possibilità di creare una famiglia e preservare la vita dei suoi membri e così via»4. La vita sociale è dunque vista come basata sullo scambio di poteri, e tali poteri, per essere complementari, devono manifestarsi come capacità di tutelare la propria libertà. Ottenere rispetto da parte degli altri, che rinunciano a modificare la nostra situazione senza il nostro consenso, e in cambio di una nostra corrispondente rinuncia, ha infatti una stretta relazione con la libertà negativa, il non impedimento da parte altrui su questioni che riguardano la nostra vita privata. Dalla complementarità di questi poteri e dallo scambio di essi, Leoni delinea con notevole originalità la nascita di organizzazioni sociali complesse, quali appunto lo stato, inserendo elementi nuovi e quasi rielaborando empiricamente e concretamente la teoria delle istituzioni di Menger, la teoria dell’azione umana di Mises e le osservazioni di Hayek sull’importanza della compatibilità delle aspettative e delle previsioni individuali per la formazione di un ordine sociale. Tale impostazione è utilizzata, con risultati più lineari, anche nel caso del diritto, in cui l’analogia con l’economia è ancor più evidente e ben riuscita. Leoni costruisce la sua teoria del diritto (in contrapposizione a Kelsen, che partiva dall’obbligo) sul concetto di pretesa, che nella sua ultima versione definiva così: «La pretesa è la richiesta di un comportamento altrui considerato da chi lo richiede come probabile e corrispondente ad un proprio interesse (cioè utile), nonché come determinabile con una qualche specie di in4 LEONI (1961c), pp. 218-219. 3 tervento, qualora esso comportamento non si verifichi spontaneamente, sulla base di un potere di cui chi pretende si considera dotato»5. In base alla teoria del diritto come pretesa individuale avviene che ogni individuo avanza delle pretese riguardo ad alcuni comportamenti altrui, ed esse vengono rispettate (esaudite) perché si offre in cambio la disponibilità (e dunque si contrae l’obbligo) a rispettare le pretese simili esercitate dagli altri. Il processo è, ancora una volta, analogo a quello che si studia in economia: «gli economisti hanno fatto risalire i prezzi, come fenomeno sociale, alle scelte individuali tra beni scarsi. Propongo che anche i filosofi del diritto debbano far risalire le norme giuridiche, come fenomeni sociali, a qualche atto o attitudine individuale. Questi atti si riflettono, in qualche modo, nelle norme entro un sistema giuridico, proprio come le scelte individuali tra beni scarsi si riflettono nei prezzi di mercato entro un sistema monetario […] Propongo anche che quegli atti e attitudini individuali siano chiamate domande o pretese»6. La norma giuridica allora non sarà altro che la formulazione linguistica di una pretesa giuridica, o meglio dell’incontro tra il comportamento di chi esercita la pretesa e di chi si adegua ad essa. Vi è dunque l’incontro tra due pretese, perché chi si adegua ad una pretesa lo fa per pretendere a sua volta qualcosa. In tal senso la norma corrisponderà al prezzo di mercato, che è appunto l'incontro tra domanda e offerta (che è anch’essa una domanda). Ecco allora che l’ordinamento giuridico sarà «una risultante effettiva dei comportamenti e delle pretese di tutti»7. Infatti, nel mondo umano l’influenza del singolo individuo sul fenomeno che viene studiato può talvolta apparire impercettibile, ma è in realtà sempre determinante. Questo vale per l’economia, ove ogni agente con i suoi acquisti influisce in modo singolarmente impercettibile sul prezzo, vale per la lingua, ove il modo di parlare di ognuno può influire in modo singolarmente impercettibile sul linguaggio, e vale per il diritto, ove sono le pretese individuali, singolarmente impercettibili, che determinano ciò che è giuridico e ciò che non lo è. Ogni individuo «con il suo comportamento influisce sia pure impercettibilmente sulle norme giuridiche stesse. Ognuno di noi si trova davanti le norme oggettive, come risultante di tutte le pretese soggettive, ma LEONI (1966e), p. 52. LEONI (1964c), p. 122. 7 LEONI (1966e), p. 74. 5 6 4 ognuno di noi influisce su tali norme proprio perché esse sono la risultante anche delle sue pretese. […] Tutti concorrono a creare quell’ordinamento giuridico che è la risultante dell’intrecciarsi dei vari ordinamenti soggettivi che ognuno ha nella sua mente»8. Anche la formazione del diritto è dunque, come già la formazione dello stato, ricondotta all’azione e alle scelte dei singoli individui. Elaborando la teoria del diritto come pretesa, Leoni rivede, alla luce del concetto di scambio, l’intera impalcatura della sua concezione della politica e della società. Ad essere determinante, nel diritto come nella politica, non è l’elemento competitivo o coercitivo, ma quello cooperativo: gli uomini si scambiano beni (economia), pretese (diritto), poteri (politica). Da questi scambi scaturiscono degli assetti, delle situazioni che sono poi delle “costellazioni” composte dagli infiniti contributi individuali. Guardando insieme la teoria del diritto come pretesa e della politica come scambio di poteri emerge come ciò che ci offre Leoni sia una spiegazione su come possa sorgere un ordine sociale, costruita a partire dagli individui e dai loro scambi, volti a soddisfare bisogni e a rendere prevedibili i comportamenti e le azioni umane. Si tratta di una risposta alla domanda classica della filosofia politica su come sia possibile l’ordine sociale, domanda che precede logicamente lo stesso concetto di stato, che infatti nella concezione leoniana è una delle risultanti, seppure la più importante, del modo di svolgersi degli scambi individuali. Allo stesso modo, in ambito giuridico, si può dire che dal punto di vista della filosofia del diritto gli elementi primi sono le pretese degli individui, che precedono logicamente le norme giuridiche stesse, le quali sono regole in senso statistico. Freedom and the Law9, nonostante sia precedente alla concezione della politica come scambio di poteri e del diritto come scambio di pretese, può essere in parte vista come una sorta di “ramificazione empirica” di quella visione del diritto e della politica. Se infatti con la concezione dello scambio di poteri e del diritto come pretesa individuale viene in luce una spiegazione sul fondamento dell’ordine sociale, grazie ad una teoria dell’azione umana esplicativa di come, a partire dal concetto di scambio, possano nascere e svilupparsi le istituzioni sociali (stato e diritto), nel libro del 1961 si danno precise indicazioni pratiche su come, coerentemente con quelle idee, si dovrebbe produrre il diritto 8 LEONI (1959), pp. 87-88. 9 Ma sono da ricordare anche i due saggi………………….. 5 e considerare la rappresentanza politica. In questo senso la prima è una teoria conoscitiva, che spiega come sia possibile la nascita di un ordine, mentre la seconda è una teoria prescrittiva, in cui si dice cosa bisogna fare per mantenere quell'ordine. Quest'ultima, con la sua critica della legislazione e della rappresentanza, e la difesa della common law e della produzione giurisprudenziale del diritto, è la parte più conosciuta della riflessione di Leoni (e per alcuni versi la più attuale), ma rischia di essere fraintesa o quantomeno sminuita se non la si colloca accanto a quella articolata spiegazione di come possa nascere e svilupparsi il diritto e le altre istituzioni politiche, che fa di Leoni, anche quando non se ne condividono gli esiti normativi10, un “classico” della filosofia del diritto e della filosofia politica. In Freedom and the Law Leoni riprende il paragone con l’economia, facendo in questo caso riferimento alla critica della pianificazione come sviluppata da Mises e Hayek. Le riflessioni austriache sull’impossibilità di un’economia centralizzata, che non può tener conto dei prezzi, ossia delle informazioni provenienti da coloro che devono usufruire dei beni, appare a Leoni come un caso particolare di una teoria generale: non si può arrivare a un vero ordine, giuridico e sociale, che soddisfi tutti gli appartenenti alla comunità, senza partire dagli individui, dalle loro esigenze e dai loro bisogni, come avviene, nel caso dell’economia, nel sistema di libero mercato. Questa teoria generale viene dunque applicata da Leoni al caso del diritto ed egli osserva come la legislazione faccia perdere agli individui quella omogeneità di sentimenti e convincimenti giuridici che in altre epoche era esistita, e che aveva consentito di rendere prevedibili le azioni umane, ossia proprio quell’elemento necessario alla teoria della pretesa individuale. Così come la pianificazione rende impossibile il calcolo economico, e dunque l’attribuzione di un valore ai beni, ugualmente la legislazione è incompatibile con la teoria del diritto come pretesa, poiché impedisce agli individui di distinguere tra ciò che è legittimo e ciò che non lo è. La legislazione trova la sua giustificazione in quella che Leoni considera la grande “mitologia politica” del nostro secolo: la rappresentanza, la quale, non potendo prescindere dalla libera interpretazione che i rappresentanti devono fare 10 In tal senso si veda anche l'introduzione di Barberis a Il diritto come pretesa individuale…cit. 6 della volontà dei rappresentati e dei compiti a loro attribuiti, si trasforma inevitabilmente in un’illusione. A questo argomento è dedicato anche A “neo-jeffersionian” Theory of the Province of the Judiciary in a Democratic Society11, in cui Leoni propone un’appassionata difesa del ruolo dei giudici, i quali, per il loro modo di operare e per i limiti entro i quali sono confinati, si prestano ad essere considerati i veri rappresentanti del popolo, molto più rispettosi della libertà individuale di quanto non lo siano le assemblee legislative che procedono con votazioni di maggioranza e nelle quali la rappresentanza si palesa come “falso mito”, poiché «il “popolo” non ha alcun mezzo per giudicare la maggior parte delle leggi fatte dai propri rappresentanti»12, e «sarebbe tempo di ammettere in tutta franchezza che i “rappresentanti” del popolo nelle moderne democrazie non […rappresentano] la volontà di persone reali, quantomeno al di là del modo estremamente vago ed incerto in cui può darsi che essi riflettano le effettive opinioni di un certo numero di individui su argomenti non meno vaghi ed incerti»13. libertà individuale e democrazia possano essere in “fondamentale conflitto”, tanto che Leoni giunge a domandarsi «se l’individuo sia obbligato ad accettare tutte le limitazioni che “la democrazia” può imporre alla libertà individuale […] semplicemente perché l’individuo è una minoranza, cioè viene a trovarsi di fronte a quel “popolo” che è validamente “rappresentato” dal legislatore»14. Leoni sostiene dunque che il diritto può formarsi con un processo diverso da quello legislativo e più simile al modo in cui avviene lo sviluppo scientifico e al modo in cui si formano, ad esempio, il linguaggio, le mode e l’arte, ossia un processo che egli ha descritto nella sua teoria dello stato e del diritto. Alla legislazione, ossia alla creazione e all’imposizione del diritto in modo coercitivo da parte di maggioranze variabili e contingenti, si contrappone un processo che privilegia, come nelle scoperte scientifiche, la libertà individuale e «la convergenza di azioni e decisioni spontanee da parte di un grande LEONI (1963a). LEONI (1963a), p. 79. 13LEONI (1963a), trad. it. p. 86. 14 LEONI (1963a), trad. it. pp. 83-84. 11 12 7 numero di individui»15 per adottare quelle che si ritengono le soluzioni migliori. Era quella concezione che appunto caratterizzò la storia romana e quella inglese: il diritto era qualcosa che non andava creato (decretato), ma qualcosa di preesistente che andava scoperto tramite l’opera dei giureconsulti o dei giudici. Il processo davanti ad un giudice, a differenza del procedimento legislativo, è molto più assimilabile al procedimento dell’economia di mercato. Esso, infatti, si fonda su una sorta di collaborazione tra tutte le parti in causa per cercare di scoprire quale sia la volontà delle persone in una serie di casi simili e così risolvere il caso concreto sollevato dalle parti. Al contrario la produzione legislativa non ha niente di simile alla cooperazione che caratterizza l’economia di mercato e il processo di scoperta del diritto tramite l’opera dei giureconsulti. Essa appare sempre più come un Diktat di maggioranze vincenti su minoranze perdenti, e Leoni richiama, anche in questa sede, la contrapposizione tra le decisioni individuali nel mercato, nelle quali è sempre possibile, almeno in parte, avere qualcosa in cambio di ciò che si da, e le decisioni di gruppo in politica, nelle quali vi sono sempre dei vincitori e dei perdenti in ogni caso vincolati in toto dalla decisione altrui. L’accettazione cieca del punto di vista giuridico contemporaneo condurrà alla distruzione graduale della libertà individuale di scelta nella politica come nel mercato e nella vita privata, perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali e l’eliminazione progressiva degli aggiustamenti spontanei, non solo fra domanda e offerta, ma anche fra ogni tipo di comportamento, attraverso procedure rigide e coercitive come quella della regola di maggioranza.16 Nella legislazione è dunque contenuto un elemento coercitivo non presente nel mercato. In particolare, le decisioni di gruppo nella società contemporanea portano troppo spesso, imponendo la decisione alle minoranze perdenti anche quando questo non appare come assolutamente necessario, alla violazione di quella che Leoni considera la “regola aurea” del diritto, contenuta nel pensiero di Confucio prima ancora che nel Vangelo: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. È questo un principio pretta15 16 LEONI (1961e)., trad. it. p. 10. LEONI (1961e)., trad. it. p. 144. 8 mente negativo ed adatto più di ogni altro a connotare la libertà. Il compito del diritto dovrebbe consistere proprio nel proteggere da ciò che non si vuole sia fatto, e in ogni società esiste pressoché omogeneità di giudizio su alcune cose che non si dovrebbero fare, ossia che nessuno vorrebbe fossero fatte a lui. Leoni indica dunque la strada per ridurre il più possibile la sfera delle decisioni collettive e della legislazione ed arrivare così ad un sistema che, guardando al prezioso insegnamento del diritto romano e della common law, sia veramente in grado di tutelare la libertà individuale. [Sono] convinto che più riusciamo a ridurre la vasta area attualmente occupata dalle decisioni collettive nella politica e nel diritto, con tutti i parafernali delle elezioni, della legislazione e così via, più riusciremo a stabilire uno stato di cose simile a quello che prevale nell’ambito del linguaggio, della common law, del libero mercato, della moda, del costume, etc., ove tutte le scelte individuali si adattano reciprocamente e nessuna è mai messa in minoranza. Nel nostro tempo, l’estensione dell’area in cui sono ritenute necessarie, o anche convenienti, le decisioni collettive è stata grossolanamente sovrastimata, e l’area in cui gli adattamenti individuali spontanei sono stati ritenuti necessari o convenienti è stata circoscritta ben più severamente di quanto non sia consigliabile se vogliamo conservare il significato tradizionale dei grandi ideali dell’Occidente17. Per attuare questo cambiamento, si devono sottrarre alla sfera delle decisioni collettive tutte quelle decisioni che non sono tra loro incompatibili e che quindi devono rimanere tra le scelte individuali. Questo comporta non dimenticare mai che ogni volta che si sostituisce, senza una vera necessità, la regola di maggioranza alla scelta individuale, la democrazia si pone in contrasto con la libertà individuale. Ciò che Leoni prospetta è allora una sorta di grande rivoluzione con la quale molte delle norme che ora sono leggi scritte passino nell’area delle leggi non scritte. «Il processo di formazione del diritto dovrebbe essere riformato in modo da diventare un processo principalmente, se non esclusivamente spontaneo, come il commerciare il parlare o il trattenere relazioni complementari da parte di individui con altri individui»18. Lo strumento di questa “rivoluzione” consiste nel separare nettamente il potere giudiziario dagli altri poteri, restituendogli 17 18 LEONI (1961e), trad. it., p. 145. LEONI (1961e), trad. it., p. 147. 9 il compito di “scoprire” il diritto che si forma spontaneamente, e le soluzioni giurisprudenziali sono più idonee a svelare il diritto perché quel «processo può essere descritto come una specie di collaborazione ampia, continua e per lo più spontanea fra giudici e giudicati allo scopo di scoprire qual è la volontà della gente […] una collaborazione che può essere paragonata per molti aspetti, a quella che esiste fra tutti i partecipanti ad un mercato libero»19 Contrariamente alla legislazione, queste decisioni vengono prese solo su richiesta degli interessati, sono valide principalmente nei confronti delle parti in causa e solo occasionalmente nei confronti di terzi ed infine fanno costantemente riferimento a decisioni simili precedenti ed anch’esse rivolte a scoprire la volontà comune delle parti. Leoni osserva allora come scoprire la volontà comune sia anzitutto scoprire che cosa la gente non vorrebbe che le venisse fatto, scoperta assai più semplice del determinare cosa la gente vorrebbe fare. In ogni società infatti le convinzioni riguardo le cose da non fare sono molto più omogenee di quelle sulle cose da fare, e su tali questioni si può dire che non esistano minoranze. In alternativa alle decisioni collettive Leoni propone dunque la rivalutazione della volontà comune, ossia di quella «volontà che emergere dalla collaborazione di tutte le persone interessate, senza ricorso alle decisioni di gruppo e ai gruppi di decisione»20, dunque senza che nessuno sia costretto coercitivamente ad accettare una certa decisione. È lo stesso processo che si verifica nell’economia, nelle scoperte scientifiche, nella moda, nell’arte e nel linguaggio. In questi ambiti nessuno viene costretto a comprare una determinata merce, ad adottare una determinata innovazione tecnologica o ad usare una certa parola. Tuttavia da questi processi emergono spontaneamente le merci che più soddisfano i bisogni, le invenzioni più efficaci e le parole che più delle altre corrispondono a certi scopi (che risultano più intelligibili ecc.), e vengono adottate spontaneamente dalla collettività, che le trova migliori e più soddisfacenti delle altre. Il problema delle decisioni collettive è dunque l’epicentro di tutto il ragionamento di Leoni. La domanda sul come si possa manifestare la volontà comune nelle decisioni 19 20 LEONI (1961e), trad. it., p. 25. LEONI (1961e), trad. it., p. 151. 10 collettive è una costante nella sua riflessione: mentre in un primo momento egli ritiene che i due termini siano inconciliabili e che l’elemento coercitivo sia ineliminabile nella politica, successivamente egli tenta sempre più, attribuendo maggiore importanza al concetto di scambio, e quindi alle azioni complementari, di trovare una possibile corrispondenza tra decisioni collettive e volontà comune, giungendo a porre la pretesa individuale a fondamento della teoria del diritto e definendo la politica come scambio di poteri. Leoni tenta dunque di superare l’elemento coercitivo presente nella politica e nel diritto sostituendo alle decisioni di gruppo delle decisioni frutto di una volontà comune intesa come libera adesione da parte degli individui. In Freedom and the Law si ha un importante passaggio a questa seconda concezione, che assume soprattutto la forma della critica della legislazione, poiché essa «non costituisce un’appropriata alternativa all’arbitrio, ma spesso concentra gli ordini vessatori dei tiranni o di maggioranze arroganti contro tutti i processi spontanei di formazione di una volontà comune»21. Bisogna dunque ridurre potentemente le norme emanate dal potere legislativo e concepite come esito di decisioni collettive anziché di scelta individuale e rivalutare il diritto che nasce spontaneamente nel popolo e viene scoperto per via giurisprudenziale con un processo che ricorda da vicino quello del mercato come esso è stato descritto dagli austriaci, in cui sono i consumatori a dettare la produzione di ciò di cui hanno bisogno; quel diritto che Leoni descrive con la sua teoria della pretesa individuale, la quale come si è visto è una brillante e originale applicazione al campo del diritto di quelli che sono gli strumenti metodologici austriaci. Il tratto saliente di Freedom and the Law è dunque rivalutare la possibilità che la formazione spontanea del diritto (che, lo ricordiamo ancora, è uno dei casi di nascita ed evoluzione spontanea e culturale delle istituzioni) possa funzionare ed essere efficiente anche senza l’intervento del legislatore, e indicare nel diritto romano e nella common law degli esempi storici di una tale efficienza. Leoni individua questa possibilità, e ne fa il cardine per la tutela della libertà individuale nel campo del diritto, prima e più incisivamente di Hayek il quale sposerà compiutamente tale prospettiva solo nel 1973, e senza riconoscere debitamente l’importanza della riflessione di Leoni in questa sua svolta. Ma 21 LEONI (1961e)., trad. it., p. 171. 11 vi è anche qualcosa di qualitativamente diverso in Leoni rispetto ad Hayek, infatti prima ancora che una critica della legislazione, Freedom and the Law è una critica distruttiva della rappresentanza e dell’opportunità di cercare le soluzioni ai problemi “sociali” tramite scelte collettive, ossia tramite il potere politico. Se la sua visione della politica e del diritto è indubbiamente debitrice alla tradizione austriaca, bisogna però anche rilevare che per alcuni aspetti si allontana da essa, e in particolare dalla concezione che della politica e dello stato avevano Mises e Hayek. Infatti in Leoni si trova una “radicalità” che non si trova negli austriaci: il suo è un tentativo di sottrarre la formazione del diritto ai politici e alla logica della maggioranza per ricollocarlo in un processo di evoluzione spontanea staccato dalla politica. Ma egli va ancora oltre, poiché sembra non solo riconoscere che un ordine sociale possa nascere prima e indipendentemente dal potere politico (inteso come potere che fa capo all’apparato statale), ma sembra anche supporre che possa esistere ed evolversi senza scelte collettive, ossia senza coercizione e con un processo di adattamento spontaneo degli individui rispetto a quelle che appaiono le migliori soluzioni. Il suo rifiutarsi, a differenza di Mises, di cercare la tutela del mercato e della libertà individuale nello stato e nella coercizione, e il suo non seguire la strada di Hayek, che si concentra nella ricerca di nuove soluzioni costituzionali per la tutela di quelle libertà, lo porta dunque, e prima della fioritura del pensiero Libertarian, a pensare alla possibilità di una politica che sia “altro” rispetto alle scelte collettive e alla necessità di individuare un principio ordinatore della società diverso dagli individui, e dunque a prospettare un diritto e una politica che siano meramente descrittive della capacità umana di autoregolarsi. Vi è dunque in Leoni una venatura anarchica, che non appare sopita neanche nel momento in cui egli sembra guardare alla tradizione del rule of law come un freno al proliferare delle scelte collettive, le quali sembrano idealmente scomparire dal suo orizzonte teorico. Nella sua riflessione non vi è solo l’assimilazione tra libertà e proprietà, ma vi è anche l’avversione per lo stato e l’idea di poter fare a meno di esso, ossia proprio ciò che differenzia gli anarchici dai liberali. Ed questo, a ben guardare, che gli impedisce di cercare una mediazione con la tradizione democratica e che lo distanzia dalla tradizione “storica” della Scuola Austriaca, per farci vedere in lui uno dei primi momenti di passaggio a 12 quel filone anarco-capitalista (da cui lo allontana la mancata adesione al Natural Right, di cui pure egli proponeva un non ben precisato “recupero empirico”) che secondo alcuni rappresenta il coronamento della tradizione austriaca e secondo altri ne è una particolare diramazione. Rimane comunque il fatto che con Leoni, almeno per quanto riguarda la produzione del diritto, il liberalismo “austriaco” finisce la sua corsa; oltre rimane soltanto il recupero del diritto naturale e la negazione di ogni funzione dello stato. 13