in Ludwig von Mises: le scienze sociali nella grande Vienna, (eds. L. Infantino and N. Iannello),
Soveria-Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 243-258.
Su alcune differenze tra Mises e Leoni
di Antonio Masala
1 – Aspetti metodologici: un incontro naturale
È ormai opinione condivisa che Ludwig von Mises sia l’autore che più di tutti, insieme a
Friedrich A. von Hayek, ha influenzato uno dei più eminenti esponenti italiani del
liberalismo contemporaneo, il filosofo e giurista Bruno Leoni1.
Tale influenza è immediatamente riscontrabile dal punto di vista metodologico,
ossia dall’adesione di Leoni alla prasseologia di Mises. Tale adesione è esplicitamente
riconosciuta dallo stesso Leoni, ad esempio quando scrive che a suo giudizio il merito
della Scuola Austriaca è consistito nell’individuare l’autonomia della scienza economica e
delimitarne i confini in relazione alle altre scienze. A quei risultati e a quelle “esperienze
metodologiche”, deve guardare la scienza politica poiché essa non può prescindere
“dall’utilizzazione delle tecniche di ricostruzione e d’interpretazione, nonché di previsione, della condotta
umana, già elaborate dalla scienza economica”2 la quale “è forse l’unica scienza dell’uomo
che ha elaborato uno schema interpretativo valido non soltanto per l’azione
comunemente chiamata economica, ma per tutte le azioni umane degne di questo nome:
ossia le condotte aventi uno scopo”3. Chiunque abbia dimestichezza con le teorie
misesiane capisce subito, anche da queste brevi citazioni, come Leoni nel suo
confrontarsi con la tradizione austriaca abbia in Mises un punto di riferimento
privilegiato.
Sul rapporto tra Mises e Leoni si veda C. LOTTIERI Prasseologia del giuridico e pretesa individuale. La lezione di Bruno
Leoni, in E. COLOMBATO, e A. MINGARDI (a cura di) Il coraggio della libertà. Saggi in onore di Sergio Ricossa, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2002. Per una ricostruzione del pensiero e dell’opera di Leoni rimando a A. MASALA Il
liberalismo di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003
2 LEONI Oggetto e limiti della scienza politica, in “Il Politico”, n. 4, 1962; ora in Le pretese e i poteri: le radici individuali del
diritto e della politica, Milano, Società Aperta 1997, p. 66.
3 LEONI Oggetto e limiti … cit., p. 59.
1
È anche interessante notare che quando Leoni, in molti suoi scritti, tratta della
avalutatività e della possibilità di risolvere scientificamente i problemi umani, se il nome
più citato è quello di Max Weber, probabilmente egli ha in mente Mises anche più di
quest’ultimo. Si tratta in realtà di un punto centrale nella riflessione leoniana, la quale si
caratterizza per essere un tentativo di studiare scientificamente la politica e il diritto a
partire dai singoli individui e dalla loro capacità di fare previsioni esatte sul
comportamento dei propri simili. Questo intento lo si può già vedere chiaramente nei
primi scritti di Leoni, nei quali egli, ancora lontano dal conoscere gli autori della Scuola
Austriaca, cerca in pensatori classici come Aristotele, Cournot, Pascal, Daniele Bernoulli
e Leibniz elementi per costruire una teoria che consentisse di interpretare l’azione umana,
reputata il presupposto indispensabile per comprendere i fenomeni politici e giuridici.
A questo proposito può essere interessante leggere insieme da una parte i primi
saggi sul diritto nel mondo antico4 e sulla teoria della probabilità5, ossia i saggi che
potremmo definire “pre-austriaci”, e dall’altra la Prolusione dell’Anno Accademico 1949506 e l’articolo Il nostro compito7, ossia i due saggi, scritti dopo aver già conosciuto alcuni
scritti di Hayek e Mises, in cui più schiettamente Leoni indica quale è a suo giudizio il
compito delle scienze sociali. Nei suoi primi scritti, infatti, egli ha già in mente un preciso
indirizzo di ricerca: studiare scientificamente le interazioni tra individui e risalire dal
momento soggettivo (le idee e le intenzioni degli individui) a quello oggettivo (la
formazione di un ordine giuridico e politico) guardando al mercato, o più precisamente
al modo in cui nel mercato avviene la determinazione dei prezzi. Negli altri due saggi
citati si vede come egli abbia già “interiorizzato” il metodo austriaco, arricchendo di
nuovi elementi il suo indirizzo di ricerca e proponendosi degli obbiettivi che per tanti
aspetti sono decisamente identificabili con quelli di Mises.
4
LEONI, Lezioni di filosofia del diritto: vol. I, Il pensiero antico, Pavia, Viscontea, 1949 (litografia).
LEONI Per una teoria dell'irrazionale nel diritto, Torino, Giappichelli, 1942; Norma, previsione e speranza nel mondo
storico, in “Temi Emiliana”, n. 4, 1943, ora in Scritti di scienza politica e teoria del diritto, Introduzione di M. Stoppino,
Milano, Giuffrè, 1980; Probabilità e diritto nel pensiero di Leibniz, in “Rivista di Filosofia”, n. 1-2, 1947; ora in Scritti di
scienza… cit..
6
LEONI Scienza politica e azione politica, in “L'Industria”, n. 4, 1949; ora in Scritti di scienza… cit..
7
LEONI Il nostro compito, in “Il Politico”, n. 1, 1950.
5
È dunque possibile sostenere che quello con la Scuola Austriaca, e in particolare
con Mises, sia per Leoni, più che una “scoperta”, un incontro quasi naturale con una
tradizione di pensiero e un apparato di strumenti metodologici che almeno in parte egli
aveva già intuito autonomamente con lo studio di alcuni autori classici. Incontrando gli
austriaci egli incontra degli studiosi che non solo avevano un programma di ricerca
simile al suo, ma si erano già spinti molto avanti in quella direzione, e questo proprio
perché erano appunto una “scuola”, una corrente di pensiero matura e consolidata.
Quelle teorie gli sapranno dischiudere più ampi orizzonti per quanto concerne le scienze
sociali e in un certo senso si potrebbe dire che l’incontro con le teorie di Mises e Hayek
concluderà quella ricerca di un modello generale per interpretare l’agire dell’uomo
cominciata in parte nei saggi giovanili.
Nella Scuola Austriaca Leoni si inserirà con contributi e intuizioni orinali, che
trarranno grande beneficio dalla metodologia misesiana, della quale per molti anni egli
sarà in Italia l’unico e originale propugnatore. A questo proposito è interessante
ricordare non solo la lunga e articolata recensione di Human Action8, che Leoni scrisse nel
1950 per la rivista L’Industria, e che rappresenta probabilmente il suo primo contatto,
insieme a Individualism and Economic Order di Hayek9, con la tradizione austriaca, ma anche
che nella sua rivista, Il Politico, egli recensì o fece recensire, tra il 1950 e il 1962, ben otto
opere di Mises. A questo si deve poi aggiungere che i primi tre Quaderni monografici
della rivista di Leoni furono dedicati ad uno dei temi più cari a Mises: la critica della
pianificazione10.
Oltre alla grande sintonia sulle questioni metodologiche, va poi rilevato che tutta
la produzione scientifica di Leoni è costellata di somiglianze con il pensiero di Mises,
anche su questioni specifiche. Ad esempio nel considerare il Cristianesimo indifferente
rispetto ad ogni sistema sociale, e dunque incapace di fornire un insieme di norme cui
LEONI Recensione di L. MISES, Human Action, in “L'Industria”, n. 3, 1950, ora in La sovranità del consumatore,
Roma, Ideazione, 1997.
9 LEONI Recensione di F. A. HAYEK, Individualism and Economic Order, in “L'Industria”, n. 1, 1950, ora in La
sovranità del consumatore, op. cit.
8
conformare il nostro comportamento11 (cosa sostenuta probabilmente prima di aver
letto Socialism, la cui prima edizione inglese è, come noto, del 1951). Ma anche nel
valutare il Marxismo alla stregua di un mito (o meglio una riproposizione di vecchi miti)
atto a consentire la soluzione tramite la scienza dei problemi umani, con tutto ciò che vi
è connesso in termini di chialiasmo12.
Vi è poi la ripresa della teoria della sovranità del consumatore e del mercato come
vera democrazia, che si vede bene nelle critiche a D. Black e J. Buchanan13, oltre che nel
breve e brillante saggio La fabbrica del diritto, che non a caso fu fatto tradurre dai misesiani
della “New Individualistic Review” con il titolo “Consumer Sovereignty” and the Law14. Si
possono poi vedere le molte polemiche condotte da Leoni sulle pagine dell’allora “24
ore”, come ad esempio la critica all’idea di De Gasperi che bastasse mettere economisti e
manager privati a capo di strutture pubbliche per risolvere i problemi di efficienza di
quelle strutture15 (tesi combattuta da Mises in Burocracy). E questo per tacere degli articoli
di economia, che spesso sono vere e proprie esposizioni ragionate delle teorie di Mises
(si veda ad esempio Il mito del piano16). In questo modo, magari senza saperlo, in Italia si è
letto e conosciuto un po’ di Mises.
La ricomparsa delle teorie della pianificazione economica in Occidente, Quaderno n. 1 della rivista “Il Politico”, Milano,
Giuffrè, 1963; Nuovi studi sulla pianificazione, Quaderno n. 2 della rivista “Il Politico”, Milano, Giuffrè, 1965;
Problemi della pianificazione sovietica, Quaderno n. 3 della rivista “Il Politico”, Milano, Giuffrè, 1966.
11
Cfr. LEONI Il Cristianesimo e l'idea del diritto, in “Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche”, n. 1-4, 1949; ora in
Scritti di scienza… cit..
12
LEONI Il “Capitale” di Carlo Marx, cent'anni dopo, in V. FROSINI, C. HARMEL, B. LEONI, K. PAPAIOANNOU, E.
VOEGELIN, 1867-1967: un secolo di marxismo, Firenze, Vallecchi, 1967. Anche in questo caso la somiglianza è
soprattutto con MISES Socialism: An Economic and Socilogical Analysis, New Haven, Yale University Press. 1951
[1922]; trad. it. Socialismo, Milano, Rusconi, 1990.
13
Cfr. LEONI Lezioni di dottrina dello Stato, raccolte da F. Boschis e G. Spagna, Pavia, Viscontea, 1957 (litografia);
The Meaning of “Political” in Political Decisions, in “Political Studies”, n. 3, 1957; trad. it. Natura e significato delle
“decisioni politiche”, in “Il Politico”, n. 1, 1957; ora in Scritti di scienza… cit.; Political Decisions and Majority Rule, in “Il
Politico”, n. 4, 1960c; trad. it., Decisioni politiche e regola di maggioranza, in “Il Politico”, n. 4, 1960, e ora in Scritti di
scienza… cit.; The Economic Approach to the Politics, in “Il Politico”, n. 3, 1960, trad. it. L'approccio economistico nello
studio delle scelte politiche, in “Il Politico”, n. 3, 1960; ora in Le pretese e i poteri… cit.
14
La fabbrica del diritto, in “Le Stagioni”, inverno 1961-62, 1962; trad. inglese “Consumer Sovereignty” and the Law, in
“New Individualist Review”, Summer 1963, n. 1; trad. it. in La sovranità del consumatore, in Le pretese e i poteri… cit.
15 LEONI Postilla a un discorso, in “24 Ore”, 17 novembre 1950
16 LEONI Il mito del piano, in “Nuovi studi sulla pianificazione”, quaderno n. 2 della rivista “Il Politico”, Milano,
Giuffrè, 1965, ora in La sovranità del consumatore …cit..
10
Le cose tuttavia sono più complesse quando si passa al cuore delle più originali
elaborazione leoniane, ossia la teoria del diritto come pretesa e la teoria della politica
come scambio di poteri.
2 – Diritto come fenomeno storico
Per quanto riguarda la teoria leoniana del diritto17, indubbiamente c’è, nel concetto di
pretesa, l’idea di azione umana come intesa da Mises: la pretesa è individuale (e
corrisponde sempre a un interesse individuale), è razionale, è soggetta a limiti naturali
ecc. C’è indubbiamente, ed è fondamentale, il paragone con l’economia (la norma
giuridica è l’incontro tra pretese, come il prezzo di mercato è l’incontro tra domanda e
offerta), la quale a sua volta è intesa da Leoni come una branca della prasseologia18.
La teoria del diritto come pretesa si caratterizza dunque per essere un tentativo di
ricondurre la formazione del diritto alle azioni individuali, nell’analisi delle quali si fa un
largo utilizzo dell’apriorismo misesiano. Tuttavia bisogna rilevare che l’apriorismo, pure
così importante nella costruzione leoniana, non si estende mai aldilà della logica delle
azioni individuali. Se è vero che la norma giuridica è il risultato dell’incontro di pretese
soggettive, è anche vero che a produrre il diritto sono solo le pretese legittime, e il
requisito della legittimità può essere fissato solo ex post: ad essere legittime sono solo
quelle pretese che sono reputate tali dalla stragrande maggioranza degli appartenenti a
17
Cfr. in particolare l’ultima versione della teoria leoniana: Appunti dal corso di Lezioni di “filosofia del diritto”,
(ciclostilate), a cura di S. Lenghi, 1966, in cui la “prestesa” è definita come “la richiesta di un comportamento
altrui considerato da chi lo richiede come probabile e corrispondente ad un proprio interesse (cioè utile), nonché
come determinabile con una qualche specie di intervento, qualora esso comportamento non si verifichi
spontaneamente, sulla base di un potere di cui chi pretende si considera dotato” (p. 52).
18 In The Law as Claim of the Individual, Leoni indica come la sua teoria giuridica affondi le radici nella metodologia
della scienza economica: “gli economisti hanno fatto risalire i prezzi, come fenomeno sociale, alle scelte
individuali tra beni scarsi. Propongo che anche i filosofi del diritto debbano far risalire le norme giuridiche, come
fenomeni sociali, a qualche atto o attitudine individuale. Questi atti si riflettono, in qualche modo, nelle norme
entro un sistema giuridico, proprio come le scelte individuali tra beni scarsi si riflettono nei prezzi di mercato
entro un sistema monetario […] Propongo anche che quegli atti e attitudini individuali siano chiamate domande o
pretese” The Law as Claim of the Individual in “Archiv für Rechts - und Sozialphilosophie”, trad. it. Il diritto come
pretesa individuale, in Le pretese e i poteri… cit., p. 122. Questo paragone è ripreso negli Appunti del 1966, in cui Leoni
osserva che la norma giuridica non è altro che l’incontro tra il comportamento di chi esercita la pretesa e di chi si
adegua ad essa: “la norma giuridica corrisponde al prezzo di mercato. Il prezzo di mercato esprime la condizione
alla quale la stragrande maggioranza dell’offerta (che è anch’essa una domanda) si incontra con la domanda.
Nello stesso modo la norma giuridica esprime la condizione alla quale le pretese si incontrano nella stragrande
maggioranza dei casi e con la maggiore probabilità”, Appunti dal corso di filosofia del diritto… op. cit., p.72
quella comunità, e che quindi hanno un’altissima probabilità di essere avanzate e
soddisfatte in quell’ambito. In questo senso, l’unico modo per passare dalla soggettività
delle pretese individuali all’oggettività del diritto è ricorrere alla constatazione oggettiva,
empirica, ad una “verifica a posteriori”. “La giuridicità delle pretese può essere accertata,
verificata, solo come fatto storico, e in base a una constatazione storica; non con metodi
logici o scientifici”19.
Dunque, non appena si passa dall’analisi dell’azione individuale all’interazione tra
più persone, interazione che produce il diritto, si entra inequivocabilmente nel campo
empirico. Ecco allora che, in ultima istanza per Leoni il diritto è un “fenomeno storico”,
e non una scienza logica (a priori). L’oggettività delle pretese, che nel ragionamento di
Leoni è ciò che conferisce loro giuridicità, può essere giudicata solo a posteriori, in base
all’esperienza storica. In questo senso si può anche dire che quella di Leoni è una teoria
“formale” del diritto, non basata sui contenuti della pretesa ma solo su “un suo aspetto
formale: il fatto che essa ha forte possibilità di essere avanzata e di essere soddisfatta”20
A ben guardare, questa mancata estensione dell’apriorismo al di la delle sole azioni
individuali è anche uno degli elementi che segna la differenza, oltre che tra Mises e
Leoni, anche tra Mises e Hayek, in quest’ultimo caso riguardo alla teoria di mercato.
Infatti lo stesso Hayek a dichiarato che il suo celebre saggio del 1937, Economics and
Knowledge21, “era un tentativo di convincere Mises stesso che egli sbagliava quando
asseriva che la teoria di mercato era un a priori; solo la logica delle azioni individuali era
un a priori, ma nel momento stesso in cui si passava da questo all’interazione di molte
persone si entrava in un campo empirico”22. Leoni ha una posizione speculare a quella di
Hayek, ma riguarda il campo del diritto. Qui bisogna ammettere che Leoni è più
hayekiano che misesiano: sempre parafrasando quanto lo stesso Hayek continua a dire,
LEONI Appunti dal corso di … op. cit., pp. 80-81.
LEONI Appunti dal corso di … op. cit., p. 66.
21
Si tratta naturalmente di un saggio conosciuto da Leoni, poiché fu ripubblicato in HAYEK, Individualism and
Economic Order, London, Routledge & Kegan Paul Ltd, 1948; trad. it. parziale in Conoscenza, mercato pianificazione,
Bologna, Il Mulino, 1988. Il saggio introduttivo di quella raccolta, Individualism: True and false ha invece la seguente
traduzione: Individualismo: quello vero e quello falso, Sovera Mannelli, Rubbettino, 1997.
22 HAYEK, Hayek on Hayek. An autobiographical dialogue, Chicago, The University of Chicago Press, 1994, trad. it.
Hayek su Hayek, Firenze, Ponte alle Grazie, 1996, p. 104.
19
20
possiamo sostenere che per Leoni l’ordine dipende da una scelta, da una selezione che si
incarna nella tradizione, esso non può essere il risultato di capacità intellettuali ma è
frutto di una tradizione morale e la ragione non può fare meglio della tradizione.
Di qui si comprende anche la critica leoniana alla legislazione e la sua forte
preferenza per il diritto di formazione giurisprudenziale e per la common law23. Secondo
Leoni la produzione del diritto che avviene tramite la legislazione, risulta soltanto uno
dei possibili tentativi (e per di più uno dei meno riusciti) di descrivere (e prescrivere)
pretese che sono giuridiche statisticamente, ossia sono tali solo quando trovano un
riscontro nell’agire effettivo degli individui. Ma questo spiega anche perché egli non
compirà mai compiutamente quel passaggio (che invece, sulla scorta di Mises, compirà
Rothbard), che consente di individuare nel diritto un contenuto universalmente valido,
ossia non aderirà mai compiutamente alla dottrina diritto naturale. Tale dottrina esercitò
su Leoni sempre una forte attrazione, ed egli propose spesso, sin dai suoi primi scritti, un
recupero del diritto naturale. Tuttavia quello cui egli pensava fu sempre un “recupero
empirico” di tale diritto, ossia probabilmente qualcosa che si avvicina per molti aspetti
all’idea di Hayek secondo cui la common law conserva e “storicizzazione” molte delle
garanzie di libertà che nacquero dai principi del vecchio diritto naturale, a cui si
contrappone il positivismo giuridico e la sua idea che il diritto è frutto della volontà
umana24.
3 – Stato e coercizione: tra liberalismo e anarchia.
C’è un altro importante aspetto che segna la distanza tra Mises e Leoni, legato al
fatto che quest’ultimo sembra focalizzare più intensamente il rapporto tra stato e
coercizione25.
LEONI Law Freedom and the Law, Princeton, Van Nostrand Company Inc., 1961; trad. it. La libertà e la legge,
Macerata, Liberilibri, 1995.
24 Il riferimento è naturalmente all’ultimo paragrafo della seconda parte di HAYEK The Constitution of Liberty,
London, Routledge and Kegan Paul, 1960; trad. it., La società libera, Firenze, Vallecchi, 1969. Non a caso la
seconda parte di questo libro si intitola esattamente come il libro di Leoni: Freedom and the Law.
25 A questo proposito è interessante ricordare l’intervento tenuto da Leoni al Congresso della Mont Pelerin
Society nel settembre del 1954 a Venezia. Dopo aver ricordato la definizione di socialismo data da Mises, “una
politica che mira a costruire una società, in cui i mezzi di produzione siano socializzati”, Leoni la giudica corretta
23
Per Mises lo stato è un apparato necessario e indispensabile di coercizione, che serve a
correggere l’imperfezione umana26. Considerando un tale apparato necessario Mises
risolve almeno in parte il problema dell’ordine sociale (o quantomeno il problema del
mantenimento dell’ordine) facendo ricorso al potere e alla coercizione. La sua è la
soluzione classica del liberalismo: si eliminano il potere e la coercizione dalla società per
collocarli nello stato, il quale viene ridotto al minimo poiché il suo unico scopo è
preservare il funzionamento del mercato. Sotto questo aspetto Mises, per sua stessa
ammissione, non è un anarchico, ossia non ripudia la coercizione come tecnica sociale,
non avversa lo stato ma anzi gli attribuisce un ruolo centrale nel creare e mantenere
l’ordine sociale. Per questa via vi può essere un incontro con la teoria democratica,
poiché la scelta a maggioranza dei governanti può essere un utile strumento di
limitazione del potere.
Una tale visione dello stato e della politica è propria anche della prima concezione
della politica in Leoni: lo stato è caratterizzato dai rapporti di potere, ed è necessario per
inquadrare e prevedere i comportamenti altrui. La coercizione è così caratteristica
insopprimibile della politica in senso stretto, la quale è intesa come dominio delle scelte
collettive (valide coercitivamente anche per le minoranze). Questa prima concezione è
sviluppata con la critica, in precedenza già accennata, di autori che, come lo stesso Leoni,
tentavano di individuare analogie tra economia e politica: Duncan Black27, Antony
Downs28, James M. Buchanan e Gordon Tullock29. Tutte queste posizioni, pur nella loro
consistente diversità, tentavano infatti di individuare somiglianze tra la scelta economica
ma incompleta. A suo giudizio, infatti, il carattere saliente del socialismo è appunto la coercizione, implicita in
ogni sistema in cui i mezzi di produzione sono socializzati. Dunque egli definisce il socialismo come “una politica
che mira a costruire una società in cui la coazione subentri alla libertà di iniziativa nella direzione dell’intera
produzione”, cfr. LEONI Democrazia, socialismo e norma giuridica, in “Il Politico”, n. 3, 1954, pp. 544-545.
26 Cfr. MISES Omnipotent Government: The Rise of the Total State and Total War, New Rochelle - New York, Arlington
House, 1969; trad. it. Lo stato onnipotente, Milano, Rusconi, 1995; pp. 71 e ss. e Human Action, London, William
Hodge 1949; trad. it. L’azione umana, Torino, Utet, 1959, pp. 68 e ss.
27
D. BLACK The Unity of Political and Economic Science, in “The Economic Journal”, 1950, September e The Theory of
Committes and Elections, Cambridge, Cambridge University Press, 1958.
28
A. DOWNS An Economic Theory of Democracy, New York, Harper & Row 1957, e In Defense of Majority Voting,
Chicago, University of Chicago, 1960, February (saggio ciclostilato per uso privato).
29
J. M. BUCHANAN e G. TULLOCK The Calculus of Consent, Ann Arbor, University of Michigan Press, 1962; trad.
it. Il calcolo del consenso, Bologna, Il Mulino, 1998.
che avviene nel mercato e la scelta politica che avviene tramite la votazione. Al di là delle
considerazioni specifiche su queste diverse teorie sembra esservi un’unica fondamentale
idea, anch’essa di misesiana, alla base delle critiche di Leoni: l’economia e la politica
vanno considerate qualcosa di radicalmente diverso nel momento in cui si intende
quest’ultima come insieme di scelte collettive. Infatti nelle scelte economiche individuali
si ha sempre qualcosa in cambio di ciò che si è dato, mentre nella votazione politica colui
che è in minoranza non ottiene nulla in cambio del suo voto30.
A partire da queste critiche Leoni matura la consapevolezza che non è possibile,
“un perfetto parallelismo tra scienza politica e scienza economica”, poiché la politica è il
dominio delle scelte collettive, nelle quali la coercizione è ineliminabile. Tale visione lo
porta a quella che Mario Stoppino ha chiamato la prima definizione31 dei concetti della
politica, nella quale è appunto centrale il problema della coercizione32.
Ma proprio dalla critica del tentativo di analizzare le decisioni collettive con gli
stessi criteri con cui si analizzano le scelte economiche, prende piede la seconda fase
della riflessione di Leoni. Essa consiste in una ripresa della tradizione “austriaca”,
inaugurata da Menger, che vede la nascita delle istituzioni, e in generale dei rapporti
sociali complessi, non da un atto politico e da una scelta deliberata, ma da un processo di
adattamento spontaneo e libero da parte dei singoli individui. Un tale approccio
consente di porre in secondo piano le scelte collettive, che diventano secondarie e
contingenti per la comprensione di quella che Leoni chiamava la “politicità”, e di seguire
una strada completamente diversa.
La prima concezione della politica e le critiche alle teorie “economistiche” della politica sono contenute in
LEONI Lezioni di dottrina dello Stato, raccolte da F. Boschis e G. Spagna, Pavia, Viscontea (litografia), 1957; The
Meaning of “Political” in Political Decisions, in “Political Studies”, 1957, n. 3, trad. it. Natura e significato delle “decisioni
politiche”, in “Il Politico”, n. 1, 1957; ora in Scritti di scienza politica e … cit., Political Decisions and Majority Rule, in “Il
Politico”, 1960, n. 4; trad. it., Decisioni politiche e regola di maggioranza, in “Il Politico”, n. 4; ora in Scritti di scienza
politica e … cit. e The Economic Approach to the Politics, in “Il Politico”, 1961, n. 3; trad. it. L'approccio economistico nello
studio delle scelte politiche, in “Il Politico”, 1961. n. 3; ora in Le pretese e i poteri… cit..
31
Cfr. M. STOPPINO Potere e potere politico nel pensiero di Bruno Leoni, in “Il Politico”, 1969, n. 1, ora ampliato e
ripubblicato Potere ed élites politiche, Milano, Giuffré, 2000.
32 Tuttavia già in questa prima concezione sono presenti i germi che lo porteranno a pensare ad una politica
senza coercizione. Su questo aspetto rimando a MASALA Il liberalismo di Bruno Leoni op. cit., in particolare al cap.
5.
30
Questa seconda fase della riflessione di Leoni consiste nell’indicare il processo
mengeriano di formazione ed evoluzione spontanea come lo schema interpretativo
valido per tutte le scienze sociali. Leoni individua però, e qui sta la sua originalità
all’interno della tradizione austriaca, la chiave di volta di tale processo nel concetto di
scambio, che può essere applicato alla politica e al diritto in modo analogo a come viene
applicato all’economia. Conseguentemente a ciò egli ricerca gli elementi propri dello
scambio per questi due aspetti, ossia l’equivalente per la politica e il diritto di ciò che per
l’economia sono i beni, e li individua nel potere (o meglio nel potere politico) e nella
pretesa.
La “seconda” concezione della politica è dunque tutta incentrata sulla
complementarità delle azioni umane e sull’importanza del concetto di scambio come
chiave di volta dei fenomeni sociali. Col tempo, scrive Leoni, “l’azione politica mi si è
venuta configurando come uno scambio di poteri” in una società in cui tutti, anche il più
umile dei soggetti, sono dotati di un qualche potere nei confronti degli altri:
conseguentemente la scienza politica sarà “l’interpretazione e la spiegazione di questo
scambio di poteri”33.
In Diritto e politica, Leoni definisce lo stato come la situazione in cui si trovano i
poteri presenti nella società34, e a tali poteri vengono attribuiti in modo compiuto tre
caratteristiche, che nella prima definizione non sembravano proprie della politica: sono
diffusi, possono essere scambiati e sono complementari, ossia dal loro scambio si ha un
miglioramento per tutti coloro che partecipano al processo, come nel caso dell’economia
in cui si ricava un’utilità marginale maggiore dal bene che si acquisisce rispetto a quello
che si cede. Tutti gli individui hanno una certa quantità di potere politico, il quale
consiste nella capacità di far rispettare la propria persona e i propri beni. Questi poteri
vengono scambiati dagli individui, dando origine all’ordine sociale, ossia ad una
LEONI Oggetto e limiti … cit., p. 67.
Ecco la definizione data da Leoni: “Lo stato è dunque una situazione di potere o, se più piace, una costellazione,
sovente assai complessa di poteri, i quali, cosa estremamente degna di nota, non si esercitano mai in una sola direzione,
poiché coloro che obbediscono ottengono, o finiscono per ottenere a loro volta obbedienza, e coloro che
comandano consentono, o finiscono per consentire, all’obbedienza, almeno in certi rispetti ed entro certi limiti,
33
34
situazione in cui è possibile effettuare previsioni sui comportamenti altrui e sugli esiti dei
propri comportamenti.
Contrariamente ad altre teorie della politica fondate sul concetto di potere, e
diversamente dalla sua prima concezione della politica, il potere dei governanti non
appare come il potere politico, il quale sarà invece “la possibilità di ottenere rispetto
tutela o garanzia dell’integrità e dell’uso di beni che ogni individuo considera
fondamentali e indispensabili alla propria esistenza: la vita, il possesso di taluni mezzi per
conservare la vita, la possibilità di creare una famiglia e preservare la vita dei suoi membri
e così via”35. La vita sociale è dunque ora vista come basata sullo scambio di poteri: dalla
complementarità di questi poteri e dallo scambio di essi, Leoni delinea con notevole
originalità la nascita di organizzazioni sociali complesse, quali appunto lo stato,
inserendo elementi nuovi e quasi rielaborando empiricamente e concretamente la teoria
delle istituzioni di Menger, la teoria dell’azione umana di Mises e le osservazioni di
Hayek sull’importanza della compatibilità delle aspettative e delle previsioni individuali
per la formazione di un ordine sociale. Ciò che fa Leoni è applicare, al diritto e alla
politica, con originalità e coerenza il concetto di processo sociale spontaneo in modo
pratico e sino alle sue estreme conseguenze. Egli, seguendo l’individualismo
metodologico, riduce il diritto e la politica ai loro elementi ultimi: la pretesa di un
comportamento ritenuto doveroso e il potere che ognuno ha di tutelare i beni che ritiene
fondamentali, incardina tali pretese e tali poteri sul concetto di scambio e così delinea un
modello di società in cui le decisioni di gruppo, e quindi la coercizione, non rivestono
più un ruolo primario.
Dunque la seconda concezione della politica di Leoni si caratterizza come
tentativo di pensare a un ordine che si costituisce senza ricorso alla coercizione. Lo stato
non è più inteso come un apparato coercitivo, ma come status, come costellazione di
poteri individuali. È una concezione che si trova in parte in Freedom and the Law, e che si
sviluppa compiutamente nel saggio Diritto e politica: l’ordine sociale nasce prima e
nei confronti di coloro che normalmente non comandano, ma obbediscono”, LEONI Diritto e politica, in “Rivista
Internazionale di Filosofia del Diritto”, 1961, fasc. I, ora in Scritti di scienza politica e … cit., p. 216.
indipendentemente dallo stato, e si può evolvere facendo a meno delle scelte collettive e
quindi dello stato stesso.
Se questa visione della politica è indubbiamente debitrice alla tradizione austriaca,
bisogna però anche rilevare che per alcuni aspetti si allontana da essa, e in particolare
dalla concezione che della politica e dello stato aveva Mises. Infatti in Leoni si trova una
“radicalità” che non si trova negli austriaci: il suo è un tentativo di sottrarre la
formazione del diritto ai politici e alla logica della maggioranza per ricollocarlo in un
processo di evoluzione spontanea staccato dalla politica, ma egli va ancora oltre, poiché
sembra non solo riconoscere che un ordine sociale possa nascere prima e
indipendentemente dal potere politico (inteso come potere che fa capo all’apparato
statale), ma sembra anche supporre che possa esistere e evolversi senza scelte collettive,
ossia senza coercizione e con un processo di adattamento spontaneo degli individui
rispetto a quelle che appaiono le migliori soluzioni. Il suo rifiutarsi, a differenza di Mises,
di cercare la tutela del mercato e della libertà individuale nello stato e nella coercizione, e
dunque anche il suo non seguire la strada di Hayek, che si concentra nella ricerca di
nuove soluzioni costituzionali per la tutela di quelle libertà, lo porta dunque, e prima
della fioritura del pensiero Libertarian, a pensare alla possibilità di una politica che sia
altro rispetto alle scelte collettive e alla necessità di individuare un principio ordinatore
della società diverso dagli individui, e dunque a prospettare un diritto e una politica che
siano meramente descrittive della capacità umana di autoregolarsi.
Vi è dunque in Leoni una venatura anarchica, che non appare sopita neanche nel
momento in cui egli sembra guardare alla tradizione del Rule of Law come un freno al
proliferare delle scelte collettive, le quali sembrano idealmente scomparire dal suo
orizzonte teorico. Egli non cerca più (come invece fanno Mises e Hayek) una
mediazione con la tradizione democratica, o almeno con la dottrina classica del
liberalismo come limitazione del potere, ma si pone come momento di passaggio verso
l’anarco-capitalismo (da cui pure lo separa, come si è visto, la mancata adesione ai natural
rights). Nella sua riflessione non vi è solo, come invece in Mises, l’assimilazione tra libertà
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Diritto e politica, cit. pp. 218-219.
e proprietà, ma vi è anche l’avversione per lo stato e l’idea di poter fare a meno di esso,
che secondo le parole dello stesso Mises è proprio ciò che differenzia gli anarchici dai
liberali.