Workshop 6
Smart planning, big data e
computational social science
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Coordinatori: Romano Fistola, Daniele Ronsivalle
Discussants: Luciano De Bonis, Paolo Fusero, Ferdinando Trapani
La pubblicazione degli Atti della XIX Conferenza nazionale SIU
è il risultato di tutti i papers accettati alla conferenza.
Solo gli autori regolarmente iscritti alla conferenza sono stati
inseriti nella pubblicazione.
Ogni paper può essere citato come parte degli “Atti della XIX
Conferenza nazionale SIU, Cambiamenti. Responsabilità e strumenti
per l’urbanistica al servizio del paese, Catania 16-18 giugno 2016,
Planum Publisher, Roma-Milano 2017.
© Copyright 2017
Planum Publisher
Roma-Milano
ISBN 9788899237080
Volume pubblicato digitalmente nel mese di marzo 2017
Pubblicazione disponibile su www.planum.net | Planum Publisher
È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,
anche ad uso interno e didattico, non autorizzata. Diritti di traduzione,
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Workshop 6
SMART PLANNING, BIG DATA E COMPUTATIONAL SOCIAL SCIENCE
Coordinatori: Romano Fistola, Daniele Ronsivalle
Discussants: Luciano De Bonis, Paolo Fusero, Ferdinando Trapani
Le nuove frontiere dell’ICT impongono cambiamenti epocali alle pratiche d’uso della città e del territorio. Allo stesso
tempo deve cambiare il modo in cui si studiano i sistemi
insediativi tenendo conto di una quantità e qualità del tutto
diversa dei dati disponibili. Quali sono le pratiche che fanno
propria questa continua innovazione, al di là delle retoriche
e del senso comune che avvolge spesso questi temi? I campi
di applicazione delle nuove tecnologie ai sistemi insediativi
sono talmente ampi e pervasivi che richiedono una riflessione
ampia e articolata.
Le città sperimentano sistemi insediativi più complessi, distribuiti per reticoli interagenti in cui tutte le parti agiscono entro
una relazione integrata e metabolica, orientata alla loro qualità materiale e immateriale e al benessere dei loro abitanti.
Le città si compongono sempre più come sistemi di dati e informazioni, di sensori e attuatori, si arricchiscono di intelligenze
distribuite. Tuttavia, non basta una immissione di tecnologia
e la distribuzione di protesi urbane, bisogna accoppiare alla
componente tecnologica i fattori abilitanti della social innovation. La Smart City ci obbliga a un ritorno a una visione olistica
e metabolica della città: la città intelligente è soprattutto una
Human Smart City e richiede un nuovo approccio analitico e
pianicatorio per governarne l’evoluzione.
Obiettivo del workshop è quello di cogliere i segnali che emergono nelle forme più innovative della comunicazione, della
produzione e della gestione di servizi che interessano la città e
il territorio. Si intende costruire, a partire dalle diverse esperienze e competenze dei partecipanti, una riflessione attorno
alla necessità di elaborare protocolli di pianicazione integrata
e strategica capaci di accelerare lo sviluppo di intelligenza urbana come fattore abilitante per lo sviluppo di città creatrici di
valore, più ricche di intelligenza sociale e più resilienti rispetto
ai cambiamenti climatici.
PAPER DISCUSSI
La relazione tra percezione e caratteristiche dello
spazio. Un’analisi empirica come fondamenta per un
sistema di valutazione dello spazio urbano
Dario Canu
Le Smart Grid nelle politiche di sviluppo territoriale
Sebastiano Curreli
Global Smart City Pillars: metodo di valutazione
dell’intelligenza urbana
Giulia Esopi
Smart City e cambiamenti nel governo delle
trasformazioni urbane
Romano Fistola
Le città come piattaforme di sviluppo socio-economico.
I Living Lab come laboratori di sperimentazione per
costruire un sistema di welfare community in ambito
urbano
Giancarlo Gallitano
Sull’integrazione de-facto della bigliettazione per il
TPL in area metropolitana: Puglia e Catalogna a
confronto
Federica Greco, Antonio V. Scarano
Innovazione delle analisi urbanistiche: i Big Data per la
ricerca dei valori identitari urbani
Carmelo Ignaccolo, Paolo La Greca, Francesco Martinico
Competitività e vulnerabilità delle città turistiche:
la prospettiva Smart City
Rosa Anna La Rocca
Riconoscere e monitorare la potenziale fragilità dei
sistemi commerciali urbani: una proposta per la
Regione Lombardia
Giorgio Limonta, Mario Paris
CAMBIAMENTI
Nuove tecnologie e gestione dell’informazione per la
costruzione di quadri conoscitivi integrati e innovativi
per la pianificazione climatica locale
Denis Maragno, Francesco Musco, Federica Appiotti
Verso uno strumento di SMART planning per la
pianificazione dei centri storici: il caso studio di Assolo
Stefano Pili
Mobilità pedonale e accessibilità al TPL:
Applicazione di un modello di calcolo all’ambiente GIS
Silvia Rossetti, Michela Tiboni, David Vetturi
Una sperimentazione di strumenti web-based per la
partecipazione dei cittadini ai processi di rigenerazione
urbana: l’infrastruttura ICT CAST e l’Urban Center
Virtuale
Piergiuseppe Pontrandolfi, Francesco Scorza
Nuove frontiere dell’ICT: smart planning e uso dei Big
Data
Sara Maria Serafini
Ecosistema digitale per la valorizzazione e la crescita
del territorio
Alessandro Seravalli
Smart Planning per la città contemporanea
Susanna Sturla
Reti per la mobilità e struttura sociale dello spazio
urbano: una rappresentazione multidimensionale dei
cambiamenti in corso a Palermo
Ignazio Vinci, Roberto Raimondi
La relazione tra percezione e caratteristiche dello spazio.
Un’analisi empirica come fondamenta per un sistema
di valutazione dello spazio urbano
Dario Canu
Università degli studi di Sassari
DADU – Dipartimento di Architettura Design e Urbanistica di Alghero
Email: dacanu@uniss.it
Abstract
Questo studio è progettato per esaminare i fattori associati alla camminabilità percepita dai pedoni, come la qualità, il
comfort e la piacevolezza dello spazio urbano. Lo studio si concentra sui fattori fisici dell’ambiente urbano e tenta di
determinare la loro correlazione con la percezione della qualità dichiarata dai pedoni.
Per mezzo di un’indagine sul campo, sono state raccolte informazioni su 24 attributi stradali (variabili indipendenti)
ed un giudizio sintetico di qualità percepita (variabile dipendente), per l’intera rete stradale (408 segmenti) della città
di Alghero.
Attraverso un’analisi di regressione si sono individuati 9 attributi significativi (Larghezza utile del marciapiede,
Attrattività ambientale e urbana, Densità di servizi e attività, Sosta (Panchine), Ripari e ombra, Larghezza carreggiata
automobili, Ciclabilità, Separazione pedoni-veicoli e Illuminazione) che definiscono un modello di stima della qualità
dello spazio con una bontà di adattamento R2=0,59.
Lo scopo dello studio è quello di fornire indicazioni utili sia per modellizzazione e valutazione della pedonabilità
urbana, sia per suggerire gli elementi importanti nella progettazione e pianificazione urbana, che possono
incoraggiare la camminabilità e gli spostamenti a piedi.
Parole chiave: percezione della pedonabilità, regressione lineare multipla, level of service.
1 | Introduzione
Una misura della pedonabilità può essere di supporto ai policy maker per valutare la qualità dei percorsi
urbani. Nell’ottica dello sviluppo di un sistema di valutazione della camminabilità urbana, basato sulla
costruzione di un modello formale di misurazione, è opportuno identificare i fattori che influenzano gli usi
dello spazio pubblico. Quando un pedone sceglie un percorso la sua decisione è influenzata da un certo
numero di fattori; questi possono essere catalogati in caratteristiche socio-demografiche (età, reddito,
genere, ecc.), caratteristiche di viaggio (motivo dello spostamento, frequenza, ecc.) e attributi dell’ambiente
pedonale. Almeno dal punto di vista della pianificazione urbana i primi due gruppi sono fissi e non
possono essere modificati, mentre il terzo, quello composto dagli attributi dello spazio, può essere
trasformato (Mateo-Babiano, 2016).
Scopo del lavoro è quello di identificare quali caratteristiche ambientali (variabili modificabili)
condizionano comportamenti e percezioni degli individui nello spazio urbano. La ricerca di una relazione
tra percezioni e attributi ha radici in una visione della qualità dello spazio legata alla fruibilità piuttosto che
alla sola disponibilità, la valutazione di questi aspetti è una questione fondamentale per le iniziative
politiche di incoraggiamento all’attività pedonale, verso un tentativo di migliorare le condizioni dello
spazio condiviso.
La ricerca sulla qualità dello spazio trova i fondamenti nella teoria delle capacità di A. Sen (2009),
l’acquisizione del benessere individuale è un processo di interazione tra l’individuo, la sua percezione dello
985
spazio e le caratteristiche dell’ambiente fisico per lui disponibili. La sola contabilizzazione delle
componenti della città non è sufficiente ad intercettare una misura della qualità; ciò che serve è identificare
il loro ruolo nella percezione e quindi nell’effettiva fruizione degli elementi base dello spazio pubblico.
Il metodo di investigazione trova le proprie radici nella interazione tra l’approccio psicometrico e i sistemi
di valutazione del Level Of Service (LOS) dell’ingegneria dei trasporti (National Research Council, 2010);
secondo una visione delle performances stradali applicate alla pedonabilità ed una definizione della misura in
funzione di percezioni soggettive piuttosto che di qualità oggettive.
Lo studio proposto si basa su un’intervista condotta su tutta la rete stradale di Alghero, una città costiera
di circa 40.000 abitanti nel nord-ovest della Sardegna. Ogni semento stradale è stato oggetto di verifica per
24 attributi (audit) e di classificazione secondo il grado di qualità percepita. I dati raccolti sono elaborati
con approcci statistici per definire correlazioni e relazioni di causa-effetto tra le variabili di descrizione
dello spazio ed i giudizi di qualità.
Nella prossima sezione (2) si discute una breve rassegna degli approcci e dei metodi di studio analoghi
riportati in letteratura. In seguito è presentata (3) la metodologia e le impostazioni dello studio
sperimentale oltre ai (4) principali risultati e (5) conclusioni.
2 | Background
Sul tema della relazione tra lo spazio e la sua percezione, gli studiosi hanno impiegato una serie di diversi
modelli statistici e metodi di interviste differenti. Come variabili dipendenti si possono trovare misure di
soddisfazione dell’ambiente urbano, come la sua qualità, il giudizio sul LOS e la percezione di sicurezza o
comfort. I dati sono raccolti sia su sementi stradali che su incroci, e sono spesso posti in relazione alle
caratteristiche personali (es. bambini e genitori). Quando si tenta di acquisire misure ‘oggettive’ piuttosto
che giudizi valutativi o preferenze dichiarate, gli studiosi utilizzano dati osservati sull’attività (e inattività)
fisica, sulle relazioni con i sistemi di trasporto e sulla la scelta del percorso.
Tra le variabili indipendenti, assunte come indicatori della pedonabilità, in letteratura si incontrano tre tipi
di variabili lungo l’asse oggettivo-soggettivo: caratteristiche dello spazio fisico (es. larghezza del
marciapiede, numero di corsie per auto, presenza di aree verdi, grado di manutenzione, ecc.), pratiche
d’uso dello spazio (frequenza, densità, flussi, tassi di utilizzo, ecc.) e percezioni o reazioni allo spazio (es.
senso di sicurezza, qualità percepita, senso di appartenenza, ecc.).
Per quanto riguarda la raccolta dei dati e metodi di indagine, sono stati intrapresi percorsi diversi. I metodi
in-strada illustrati da Ling, Ni, Cherry e Li (2014) possono essere riassunti in:
• Observational Method (OM), calcolo del LOS basato sull'osservazione del processo di attraversamento dei
pedoni in-situ (densità di pedoni, flusso di pedoni e velocità dei pedoni).
• Intercept survey (IS), consiste nell’intercettare i pedoni dopo il loro passaggio o attraversamento e
chiedere loro un giudizio sul segmento appena percorso.
• Contingent Field Survey (CFS), consiste nell’analisi di segmenti o incroci prestabiliti che l’intervistato
percorre e classifica. A differenza del primo metodo questo coinvolge i soggetti intervistati
preventivamente permettendo di avere più giudizi da uno stesso soggetto.
• Controlled Field Valuation (CFV), consiste in un’analisi osservativa dei segmenti o incroci prestabiliti che
l’intervistato valuta senza necessariamente attraversare. È generalmente adottato per la valutazione di
incroci.
• Laboratory/Simulation Study (LSS), consiste nella valutazione di una rappresentazione dello spazio
pedonale. Le simulazioni adottano differenti metodi di rappresentazione: descrizioni fisiche dello
spazio, rappresentazioni 3D, fotografie e fotomontaggi o sequenze video.
Altri approcci, basati su interviste standard (in strada, via telefono, via mail, via web, ecc.) sono usati per
determinare la percezione o il comportamento dei pedoni. I metodi di preferenze rilevate (PR) sono usati
per indagare la scelta del percorso, mentre le preferenze dichiarate (PD) per conoscere giudizi o
preferenze sulle caratteristiche dello spazio. Mentre metodi di comparazione a coppie (CC) (o paired
comparison) sono usati per stimare l’importanza delle caratteristiche urbane.
3 | Metodologia
L’analisi proposta applica una Contingent Field Survey basata sull’approccio psicometrico di valutazione del
livello dei servizi LOS. Agli intervistati è stato chiesto di valutare la qualità dello spazio di circa
quattrocento segmenti stradali secondo le istruzioni:
986
«Per ogni via assegnata va espresso un giudizio sintetico di percezione della qualità e della camminabilità
dal punto di vista del pedone. Il giudizio è espresso su una scala Qualitativa Ordinale, da 1 (insufficiente) a
5 (eccellente), tenendo conto delle Caratteristiche Fisiche del percorso pedonale; delle Caratteristiche
Qualitative complessive dello spazio; ed in generale di quanto la strada è Sicura, Comoda, Piacevole,
Attrattiva, Attraversabile. Per valutare la camminabilità NON occorre considerare la distanza dal centro e
gli elementi temporanei di disturbo (es. lavori in corso).»
Le risposte sono espresse su scala Likert a 5 punti, specificando il significato di ogni livello:
5. Eccellente: massimo confort del pedone, strada molto piacevole da percorrere con elementi di
particolare pregio e attrattività dello spazio urbano o del paesaggio circostante, nella quale è
interessante sostare o passeggiare;
4. Molto Buona: strada confortevole percorrere, nella quale il transito è piacevole e privo di intralci;
3. Buona: strada percorribile, transito non troppo difficoltoso ma spazio non di particolare pregio;
2. Sufficiente: strada percorribile con difficoltà, ostacoli nel transito o qualità dello spazio scarsa;
1. Insufficiente: strada impossibile o molto insicura da percorrere, qualità dello spazio scarsa
Le variabili indipendenti sono definite in accordo con studi preliminari (Ble i , Cecchini, Congiu,
Fancello, Trunfio, 2015) ed incrementate con l’uso della procedura del Value Focused Thinking proposta da
Keeney (1996). I livelli di ogni indicatore sono espressi in forma qualitativa ordinale su scala da 1
(situazione migliore) a 2, 3, 4 o 5 (situazione peggiore). La lista delle variabili indipendenti è proposta in
Tabella I. Ogni livello (modalità) delle caratteristiche dello spazio (variabili indipendenti) è descritto ai
revisori in maniera dettagliata e per mezzo di esemplificazioni, per tentare di limitare ambiguità e
interpretazioni soggettive. Ad esempio, l’attributo ‘larghezza del marciapiede’ è composto dai cinque livelli:
Ampio, Comodo, Minimo, Inadeguato e Assente. Secondo i differenti sistemi di stima degli intervistati,
queste descrizioni potrebbero essere dissimili, per questo — nelle line guida fornite per l’audit — ogni
livello è stato descritto accuratamente. Quindi, per la larghezza del marciapiede i cinque livelli sono:
1. Ampio (consente il passaggio di 4 persone senza ostacoli)
2. Comodo (consente il passaggio di 3 persone con qualche ostacolo ma irrilevante)
3. Minimo (consente il passaggio di 2 persone ma con presenza di ostacoli che costringono ogni tanto a
deviare il percorso)
4. Inadeguato (consente il passaggio di 1 persona con presenza di numerosi ostacoli lungo il percorso)
5. Assente (assente o in condizioni di impossibilità d’uso)
Tabella I | Lista attributi e livelli.
Attributi
[1] Larghezza utile del marciapiede
[2] Attrattività ambientale e urbana
[3] Densità servizi e attività
[4] Densità edifici
[5] Sosta (panchine)
[6] Ripari e ombra
[7] Pendenza
[8] Senso di marcia
[9] Larghezza carreggiata automobile
[10] Limite di velocità
[11] Ciclabilità
[12] Permeabilità pubblico/privato
[13] Presenza di parchi/aree sportive e piazze
[14] Separazione pedoni veicoli
[15] Illuminazione
[16] Qualità pavimentazione
[17] Parcheggio su strada
[18] Riduttori di velocità fisica (dossi,
attraversamenti rialzati, attraversamenti controllati,
isole di traffico, minirotatorie)
[19] Riduttori di velocità non fisica (densità
semafori o enclosure)
[20] Fermate di trasporto pubblico
Livelli
1 Ampio, 2 Comodo, 3 Minimo, 4 Inadeguato, 5 Assente
1 Molti elementi, 2 Alcuni elementi, 3 Assenza di elementi, 4 Alcuni
elementi di disturbo, 5 Molti elementi di disturbo
1 Abbondanti, 2 Alcuni, 3 Rari, 4 Assenti
1 Densa, 2 Spazi aperti, 3 Bassa densità, 4 Terreni non edificati
1 Estesa, 2 Rada, 3 Assente
1 Forte, 2 Debole, 3 Assente
1 Piatta, 2 Leggera, 3 Salita
1 Strada pedonale, 2 Senso unico, 3 Senso doppio
1 Strada pedonale, 2 Una corsia, 3 Due corsie, 4 Tre corsie, 5 Quattro
(o più) corsie
1 Strada pedonale, 2 ≤20km/h, 3 30km/h, 4 50km/h, 5 ≥70km/h.
[Se non indicato scegliere 50km/h]
1 Corsia esclusiva, 2 Corsia su strada, 3 In-strada condivisa con veicoli,
4 Non permesso
1 Integrato, 2 Filtrato, 3 Separato
1 Sì, 2 No
1 Strada pedonale, 2 Forte, 3 Debole, 4 Assente
1 Eccellente, 2 Buona, 3 Inadeguata, 4 Assente
1 Ottima, 2 Buona, 3 Mediocre, 4 Dissestata, 5 Assente
1 Strada pedonale, 2 Proibito, 3 Permesso, 4 Illegale
1 Strada pedonale- 2 Abbondanti, 3 Alcuni, 4 Rari -5 Assenti
1 Strada pedonale, 2 Alta, 3 Media, 4 Bassa, 5 Assente
1 Sì, 2 No
987
[21] Fermate di trasporto condiviso
[22] Densità attraversamenti (opportunità di
attraversamento)
[23] Ostacoli (muri/ferrovie che costeggiano la via)
[24] Tipo strada
1 Sì, 2 No
1 Strada pedonale, 2 Forte, 3 Debole, 4 Assente
1 Sì, 2 No
1 Pedonale, 2 Carrabile
L’esperimento è stato condotto nella città di Alghero nel periodo di gennaio 2016. Le strade sono state
suddivise in segmenti (408) e l’intera città in 10 aree (Figura 1). I dati sono stati raccolti da 24 studenti
suddivisi in 12 gruppi, ogni coppia ha condotto un audit per la raccolta dei 24 attributi di un’area ed ha
fornito una valutazione sintetica personale di qualità dello spazio di un’altra area. Ogni gruppo ha raccolto
dati per aree differenti per non avere una conoscenza analitica dettagliata che potesse influenzare
fortemente la valutazione sintetica delle strade.
Figura 1 | Aree di suddivisione della città (destra), e segmenti stradali (esempio dell’area 7).
Fonte: elaborazione propria.
4 | Risultati
Un primo test esplorativo è il calcolo del valore di correlazione tra la variabile dipendente (giudizio di
percezione sulla qualità del LOS) e le variabili indipendenti (caratteristiche dello spazio). Diciotto dei
ventiquattro indicatori hanno una correlazione positiva >0,30 con il giudizio espresso dagli intervistati
(Tabella II); è perciò plausibile ipotizzare un rapporto di causa-effetto delle caratteristiche dello spazio con
la qualità percepita, rapporto indagato più nel dettaglio adottando una regressione lineare multipla.
Tabella II | Matrice di correlazioni tra Variabile dipendente e Variabili indipendenti [X].
Var. [X]
Correlaz.
[1]
0,63
[2]
0,56
[3]
0,46
[4]
0,45
[5]
0,40
[6]
0,40
[7]
-0,13
[8]
0,43
[9]
0,38
[10]
0,51
[11]
0,57
[12]
0,31
Var. [X]
Correlaz.
[13]
0,19
[14]
0,60
[15]
0,44
[16]
0,54
[17]
0,45
[18]
0,50
[19]
0,22
[20]
0,13
[21]
0,06
[22]
0,56
[23]
0,11
[24]
0,45
A partire dal primo modello di regressione, che include tutte le variabili (R2=0,61), sono state escluse
quelle non significative e la regressione è stata condotta con le dieci variabili indipendenti rimanenti. Una
di queste (parcheggio su strada) è stata scartata per poca variabilità. Il modello finale di nove variabili
(Larghezza utile del marciapiede [1], Attrattività ambientale e urbana [2], Densità di servizi e attività [3],
Sosta (Panchine) [5], Ripari e ombra [6], Larghezza carreggiata automobili [9], Ciclabilità [11], Separazione
pedoni-veicoli [14] e Illuminazione [15]) ha una bontà di adattamento di R2=0,59; dato in linea con i
risultati della letteratura di riferimento. La Tabella III mostra in dettaglio i risultati della regressione lineare
per il modello a nove variabili; una rappresentazione grafica della variabilità e della relazione tra variabile
dipendente e variabili indipendenti è presentata dal diagramma a mattonelle in Figura 2. Una varianza
maggiore è rappresentata dall’uniformità dei colori, mentre più contingenza è indicata dalla linearità delle
frequenze.
988
Un ulteriore test è stato condotto con un’analisi di regressione stepwise, il risultato del modello include oltre
le dieci variabili già discusse nel precedente modello, il ‘parcheggio su strada’ e il ‘tipo di strada’, entrambe
con significatività 0,1 e R2=0,60. I due caratteri soffrono però di una ridotta variabilità, in un’ottica d’uso
dell’analisi come perditore della qualità dello spazio è preferibile semplificare il modello, scartando le due
variabili. Questo a discapito di un punto percentuale sulla bontà di adattamento, ma con il vantaggio di
una riduzione dei possibili errori di stima.
Tabella III | Risultati della regressione lineare, modello finale.
(Intercetta)
Larghezza utile del marciapiede
Attrattività ambientale e urbana
Densità servizi e attività
Sosta (panchine)
Ripari e ombra
Larghezza carreggiata automobile
Ciclabilità
Separazione pedoni veicoli
Illuminazione
Coefficiente
-1.04917
0.20256
0.23638
0.12629
0.17816
0.11252
0.11852
0.17042
0.16041
0.26554
Errore st.
0.23159
0.04764
0.05601
0.03976
0.07688
0.05648
0.06706
0.07589
0.06841
0.06305
Valore t
-4.530
4.252
4.220
3.176
2.317
1.992
1.767
2.246
2.345
4.212
Pr(>|t|)
7.80e-06
2.65e-05
3.03e-05
0.00161
0.02099
0.04702
0.07793
0.02527
0.01953
3.14e-05
Sign.
***
***
***
**
*
*
.
*
*
***
Codici di significatività: 0 ‘***’ 0.001 ‘**’ 0.01 ‘*’ 0.05 ‘.’ 0.1
Figura 2 | Diagramma a mattonelle della distribuzione di frequenza dei giudizi e delle caratteristiche stradali.
Fonte: elaborazione propria.
989
Tabella IV| Matrice di correlazione variabili X1, X2, X3, X11 e X14.
X1
X2
X3
X11
X14
X1
1
X2
0,48
1
X3
0,43
0,38
1
X11
0,51
0,49
0,25
1
X14
0,59
0,45
0,36
0,69
1
Per un’analisi di importanza relativa delle variabili indipendenti significative, si sono effettuate regressioni
lineari monovariate. La regressione semplice mostra che cinque variabili X1, X2, X3, X11 e X14 hanno un
forte effetto singolo (R2>0,20). Un modello di regressione lineare multivariato per questi quattro caratteri
produce un R2=0,56. Questi risultati stanno a significare che esiste una dipendenza tra le variabili, così
come intuibile dalla matrice di correlazione in Tabella IV.
Figura 3 | Confronto tra giudizi rilevati (A) e giudizi stimati (B).
Fonte: elaborazione propria.
Adottando il modello a nove variabili (che minimizza gli errori di stima) è possibile predire il valore !
secondo l’equazione: != "o+ "1X1 +"2 X2 +"3 X3 +"5 X5 +"6 X6 +"9 X9 +"11 X11 +"14 X14 +"15 X15
Dove ! è il giudizio stimato, "o è l’intercetta, "i sono i coefficienti della i-esima variabile e Xi i valori della
variabile.
La valutazione del LOS stimato è stata calcolata per ogni segmento stradale campionato nell’indagine, la
Figura 3 mostra le differenze tra i giudizi dichiarati (y) e i giudizi stimati dal modello (!).
Come rilevato in figura non ci sono diversità significative, questo è confermato dalla differenza tra i giudizi
reali e stimati, che presentano bassi valori e bassa dispersione:
Min.
1° Qu.
Mediana
Media
3° Qu.
Max
-2.4090
-0.4184
-0.0659
0.0000
0.4973
2.0640
Graficamente, la frequenza dei residui è illustrata nell’istogramma in Figura 4; si ha una probabilità pari al
55% di classificare correttamente le nuove unità statistiche (segmenti stradali) (errore: -0,5 ÷ +0,5) ed il
95% di classificarle al più in una classe superiore o inferiore (errore: -1,5 ÷ +1,5).
990
5 | Discussione
Questo studio - condotto nell’ottica della definizione di uno strumento di misurazione della pedonabilità
(Ble!i" et al., 2015) - propone un esempio di analisi empirica che indaga quali caratteristiche dello spazio
camminabile influenzano la percezione della qualità dell’ambiente urbano. L’analisi ha il pregio di svolgere
una rilevazione sul campo delle percezioni e degli attributi dello spazio urbano; a differenza della
letteratura di riferimento lo studio analizza un ampio numero di attributi (variabili) definendo nel dettaglio
i possibili livelli (modalità). Dei metodi di raccolta dei dati la Contingent Field Survey ha permesso di stimare
la significatività e l’importanza degli indicatori in maniera indiretta, a partire dalla percezione di qualità
dello spazio, così da minimizzare gli errori di stima ‘diretta’ delle preferenze dichiarate. Come sottolineato
da Guo e Loo (2013) «contingent rating based on stated preference may overestimate the importance of
more tangible attributes, such as distance and safety, because pedestrians were often unable to articulate
intangible amenities, such as streetscapes and façade designs».
Figura 4 | Istogramma dei residui.
Fonte: elaborazione propria.
I dati sui giudizi e sulle caratteristiche fisiche degli archi stradali sono inoltre stati raccolti in-situ per
catturare il più possibile le reali sensazioni nello spazio urbano; sensazioni che possono perdersi con
metodi di intervista standard. I risultati della regressione indicano nove attributi significativi che
descrivono il modello con una buona bontà di adattamento (R2=0,59), ed in linea con la letteratura di
riferimento; i risultati usati come modello di previsione del LOS garantiscono un errore minimo (95% di
fiducia di classificare le alternative al massimo in una categoria superiore o inferiore), che rende il modello
un buon metodo di classificazione basato su esempi di assegnazione. Gli attributi sono relativi alla
piacevolezza dello spazio, al comfort ed alla sicurezza, che in accordo con la gerarchia dei bisogni dei
pedoni di Alfonzo, Boarnet, Day, McMillan e Anderson (2008) si trovano in cima alla piramide.
Ricerche future sono orientate all’analisi dei dati con differenti approcci statistici, come l’analisi ordinale, la
conjoint analysis e modelli che adottano funzioni part-worth. Sarà inoltre investigata la correlazione tra le
variabili con choice modeling e modelli ad equazioni strutturali (path analysis). I metodi di stima dei valori
predetti saranno analizzati con differenti procedure di supporto alla decisione, compatibili con la
definizione dei parametri a partire da esempi di assegnazione, come il modello ELECTRE TRI, il modello
MR Sort o il Dominance Based Rough set Approach.
991
Riferimenti bibliografici
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Sen A. K. (2009), The idea of justice, Harvard University Press, Cambridge, Mass.
992
Le Smart Grid nelle politiche di sviluppo territoriale
Sebastiano Curreli
Università degli Studi di Cagliari
DICAAR - Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura
Email: sebastiano.curreli@tiscali.it
Le politiche incentivanti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili hanno determinato un aumento
considerevole della Generazione Distribuita. Questo nuovo scenario impone un ripensamento delle norme di utilizzo
e gestione della rete elettrica e dei relativi flussi di energia: da flusso unidirezionale a flusso bidirezionale. Sorge
quindi la necessità di regolare e controllare questi flussi energetici convertendo la gestione passiva del sistema
elettrico in gestione attiva. A livello internazionale il nuovo scenario del sistema elettrico è associato all’uso delle
Smart Grid e inquadrato nel più ampio paradigma delle Smart Cities.
Le Linee di Indirizzo del recente Piano Energetico Ambientale Regionale (PEARS) evidenziano come la Sardegna sia
un laboratorio ideale per lo sviluppo delle Smart Grid e la sperimentazione di modelli energetici innovativi, sia per la
sua configurazione geografica, ambientale e climatica, sia perché caratterizzata da una presenza diffusa di competenze
e di strutture di ricerca in tale settore.
Tra i progetti pilota quello inserito nel Protocollo d’Intesa stipulato tra la Regione Sardegna, l’Università di Cagliari e
le municipalità di Benetutti e Berchidda per la sperimentazione di una rete intelligente che utilizza le infrastrutture già
presenti nel territorio integrandole secondo il paradigma delle Smart Grid.
Parole chiave: governance, energy, smart city.
1 | Ruolo strategico delle Smart G rid
La necessità di mitigare i cambiamenti climatici ha favorito nell’ultimo decennio un crescente utilizzo delle
risorse energetiche rinnovabili. Tuttavia alcune di queste forme di energia risultano fortemente
intermittenti, funzioni delle situazioni meteorologiche, dei cicli giornalieri e stagionali, ponendo la
necessità di essere coniugate con l’esigenza degli utilizzatori finali di disporre di un flusso di energia
elettrica sempre adeguato alle proprie necessità.
Una gestione efficace dello scenario che si sta profilando si basa sulle reti e sulle infrastrutture elettriche
controllate in modo intelligente, in grado quindi di gestire flussi di potenza e di influenzare gli utilizzatori
finali di energia elettrica attraverso informazioni relative alla produzione di energia elettrica presente e di
quella necessaria. In questo quadro si colloca anche l’efficientamento del trasporto, che accanto alla
riduzione locale degli inquinanti, renderà utilizzabili risorse strategiche per l’ottimizzazione del sistema
elettrico locale e nazionale.
L’accresciuto ruolo delle reti elettriche e la maggiore consapevolezza circa le potenzialità di questo settore,
ha generato il concetto di Smart Grid. La Smart Grid (SG) è una concezione innovativa di infrastruttura di
rete che, con i limiti imposti dalla complessità e dall’estensione dell’infrastruttura esistente, ha come
obbiettivo primario di supportare le strategie di utilizzo dell’energia elettrica in chiave di affidabilità,
sostenibilità e competitività.
1.1 | Fattori qualificanti delle SG ed evoluzione del sistema elettrico
I fattori qualificanti le SG risiedono nelle tecnologie che garantiscono l’integrazione delle risorse
energetiche diffuse e rinnovabili, sia in termini di energia che di potenza; all’integrazione di natura fisica si
somma la necessità di disporre di adeguati modelli di business. Finanziare e operare in un contesto
993
competitivo di libero mercato richiede l’impiego di opportuni modelli di business che prevedano relazioni,
transazioni, pagamenti e remunerazioni quanto più possibile adeguati ai reali servizi offerti/richiesti ai
diversi attori operanti nell’intero sistema SG.
Il coinvolgimento del consumatore finale, come attore principale del modello di business SG, è necessario
per aprire con esso un canale di comunicazione bidirezionale; l’infrastruttura più adatta al raggiungimento
di tale scopo è certamente quella dei misuratori di elettricità intelligenti. I gruppi di misura intelligenti sono
lo strumento per trasmettere agli utenti finali i prezzi dell’energia che rispecchiano i reali costi di
produzione e di fornitura di prodotti e servizi. Le SG non si limitano evidentemente alla diffusione dei
contatori elettronici. Per fornire un servizio orientato al cliente, garantire il mantenimento o il
miglioramento del livello attuale di qualità della fornitura, in regime competitivo è richiesta una
funzionalità nuova e ultimamente un adeguato livello di conoscenza e formazione per tutti gli attori
coinvolti. Gli adeguamenti richiesti al sistema elettrico sono necessariamente di ampio spettro e avranno
conseguenze sulla progettazione, pianificazione e operazione, interessando in misura diversa tutti i
portatori di interesse1 del sistema elettrico.
I sistemi elettrici sono realtà estremamente complesse: con estensioni geografiche molto vaste, essi
devono garantire il costante equilibrio tra generazione e consumo, per mezzo di sofisticati sistemi di
controllo automatici, e la supervisione di operatori esperti in centri di telecontrollo. Tale necessità è dettata
dalla scarsa capacità di stoccare a basso costo e in grossi quantitativi l’energia elettrica; ciò richiede
pertanto di assicurare continuamente il bilancio fra la potenza elettrica generata e la potenza assorbita,
ossia di produrre la potenza esattamente quando serve.
La pianificazione energetica si occupa dell’evoluzione del sistema e considera una scala temporale con un
orizzonte di medio e lungo termine. Appare evidente che la necessità di garantire il costante equilibrio tra
energia prelevata ed energia immessa sulla rete, è l’obiettivo perseguito tanto dalle funzioni di esercizio,
ovvero dalla gestione e controllo del sistema in tempo reale (con un orizzonte che arriva a qualche ora),
quanto dalla funzione di pianificazione, che deve preoccuparsi oggi dello sviluppo del parco di
generazione, della rete e di tutti gli apparati di regolazione e controllo, per far fronte alle esigenze che si
presenteranno negli anni a venire.
2 | Servizi e Funzioni delle Smart Grid
Per facilitare l’implementazione delle SG a livello dell’Unione, la Commissione Europea ha promosso una
serie di iniziative volte a definire una visione comune. I portatori di interesse sono chiamati a sintetizzare
le loro aspettative sul sistema elettrico del futuro. Sono stati costituiti a tal fine gruppi di esperti con
diverse finalità, tra le quali l’identificazione dei servizi e delle funzionalità delle SG. L’interesse di questi
tavoli tecnici ha riguardato sia le reti elettriche della distribuzione che della trasmissione. Infatti, la
diffusione della Generazione Distribuita (GD) sulle reti della distribuzione, inevitabilmente impatterà
anche le reti elettriche della trasmissione che dovranno compensare eventuali squilibri che potrebbero
verificarsi sulle reti elettriche della distribuzione a fronte di un’elevata penetrazione della GD.
2.1 | Coordinamento tra le reti di trasmissione e di distribuzione
Molte delle caratteristiche proprie delle SG sono insite nelle reti di trasmissione tradizionale dell’energia.
Esse tuttavia richiedono alcuni adattamenti per rendere disponibile tutta la flessibilità necessaria a
dispacciare non solo la GD allacciata alle reti elettriche della distribuzione, ma anche le grandi rinnovabili
geograficamente diffuse, attraverso nuove interconnessioni, corridoi di energia, capacità di controllare
flussi di potenza e sistemi di accumulo2. La politica energetica europea ha delineato un percorso verso
innovative reti di trasmissione che prevede precisi obblighi degli operatori del sistema di trasmissione
(TSO) e la sottomissione alle autorità regolatrici di un piano di sviluppo di rete di medio termine
computato in 10 anni con aggiornamenti biennali.
Inoltre la Direttiva 2009/714/CE richiede a tutti i TSO europei di collaborare attraverso l’ENTSO-E2
(European Network of Transmission System Operators for Electricity) elaborando i codici di rete,
integrando il mercato transfrontaliero, armonizzando e standardizzando le regole e i dati da scambiare.
I principali portatori di interesse nelle Smart Grid: Produttori (centralizzati, decentralizzati e prosumers). Utilizzatori (finali puri).
Operatori delle reti di trasmissione (TSO). Operatori delle reti di distribuzione (DSO). Venditori di energia (elettricità, gas,
acqua e calore). Operatori di bilanciamento e loro coordinatori, compresi gli aggregatori (controllo della domanda, degli
accumuli e della fornitura di potenza reattiva). Fornitori dei servizi di misura. Operatori del mercato elettrico (raccolta e
negoziazione delle offerte). Operatori delle reti di comunicazione. Fornitori di tecnologia per le Smart Grid. I regolatori.
2 È il concetto di Super Grid.
1
994
Le reti intelligenti di trasmissione dovranno avere i seguenti effetti:
• aumento della capacità di trasmissione sulla base di scambi di dati in tempo reale;
• migliore monitoraggio e controllo in tempo reale dello stato operativo del sistema;
• migliore flessibilità e controllo dei flussi di potenza, al fine di aumentare la capacità di trasmissione.
Migliorare il coordinamento internazionale, aumentare la capacità di interconnessione, promuovere il
bilanciamento transfrontaliero, gestendo in modo efficace il sistema: significa a tutti gli effetti la
promozione di un mercato elettrico unico europeo.
Per assicurare il contributo delle risorse energetiche diffuse, anche di taglia ridotta, alla sicurezza globale
del sistema è necessario coordinare l’esercizio tra la rete di trasmissione e le reti di distribuzione: in
particolare, per quanto riguarda il controllo della domanda, l’esercizio e la gestione della GD specialmente
se di piccola taglia.
Più in dettaglio, tale coordinamento è volto a garantire gli sviluppi di seguito elencati:
• un migliore coordinamento in situazioni di emergenza sulla base di procedure comuni, piani di difesa
in grado di gestire il contributo delle risorse rinnovabili e diffuse, della domanda attiva anche durante le
situazioni di emergenza;
• un controllo della domanda operato a livello di gestore delle reti di trasmissione: esso può costituire
un’importante risorsa per il sistema elettrico, a patto che il gestore delle reti di trasmissione disponga di
un’adeguata capacità di controllo anche degli utenti sulle reti di distribuzione. A tal fine è di primaria
importanza il ruolo dei distributori che hanno il ruolo dell’implementazione pratica delle azioni di
controllo della domanda sulle reti di distribuzione;
• un’aggregazione dell’offerta di energia operata attraverso la virtualizzazione degli impianti di
generazione (VPP, virtual power plant) formati dalla gestione organizzata di impianti di GD anche
molto distanti tra loro. Tale sistema necessita di un scambio di informazioni tra gli operatori della
distribuzione e della trasmissione. Solo in questo modo è possibile garantire un adeguato controllo
della frequenza, stabilità di sistema, controllo del flusso di potenza, affidabilità della rete e livelli di
sicurezza del sistema pari o migliori degli attuali. I VPP potrebbero essere gestiti come risorsa per le
operazioni di sistema.
Le SG aumentano di fatto la flessibilità della rete introducendo una maggiore intelligenza sulla rete stessa,
integrata all’interno delle apparecchiature e in grado di assicurare una migliore capacità di comunicazione
tra i diversi soggetti del panorama elettrico.
4 | Caso di studio
Le municipalità di Berchidda e Benetutti, situate nel nord Sardegna (rispettivamente nelle province di
Olbia-Tempio e di Sassari), possedendo una gestione diretta della rete di distribuzione elettrica rivestono
una posizione di privilegio unica nell’isola.
Nei territori comunali interessati dalla sperimentazione, vi è una scarsa penetrazione di impianti da fonti
rinnovabili, se escludiamo un grande parco eolico ai confini di Berchidda (comune di Tula); in compenso è
presente una discreta diffusione di impianti di piccola/media taglia di fotovoltaico nei Comuni confinanti
entro il raggio di 20 km, più specificatamente Berchidda beneficia della presenza di almeno 11 impianti per
una produzione pari a 2,35 GWh, pari al 30% del fabbisogno e Benetutti beneficia di almeno 14 impianti
per una produzione pari a 5 GWh , pari al 75%. Nella situazione attuale le due reti di distribuzione non
possono accedere a questo potenziale locale di produzione di energia, in quanto entrambi non hanno
standard tecnologici adeguati e si forniscono dall’acquirente unico senza nessuna possibilità di influire sul
prezzo.
Il progetto sperimentale si propone pertanto di realizzare, attraverso una corretta pianificazione energetica
del territorio, un upgrade della rete in chiave SG. Le caratteristiche territoriali, demografiche, del tessuto
produttivo e la presenza di impianti di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (FER), permettono
infatti di strutturare un’ipotesi di sviluppo del progetto senza prevedere ulteriori interventi particolarmente
importanti e onerosi per i bilanci comunali3.
Gli obiettivi specifici del progetto sono i seguenti:
1. monitorare i consumi dei territori locali creando delle vere e proprie isole energetiche;
2. ridurre i consumi in modo consapevole;
3. promuovere il consumo dell’energia prodotta in loco;
3
Il progetto prevede un piano di investimenti di € 1.800.000.
995
4. favorire la produzione di energia verde da fonti rinnovabili;
5. creare un nuovo modello di gestione energetica del territorio.
Il progetto, a regime, porterà significativi vantaggi per lo sviluppo economico delle comunità:
1. riduzione dei consumi e dei relativi costi in bolletta. Al momento i costi in bolletta del territorio di
Berchidda e Benetutti hanno un valore stimato di € 3.600.000; il progetto prevede una riduzione
progressiva dei costi energetici fino al 30% nel terzo anno di gestione, successivamente il livello di
gestione sulla rete fisica permetterà di ottimizzare i costi progressivamente fino al 50%. Questi vantaggi
economici una volta acquisiti rimarranno costanti;
2. riduzione delle emissioni. Attraverso la realizzazione dei Piani di Azione per l’Energia Sostenibile
(PAES) si prevede una riduzione delle emissioni almeno del 20%;
3. aumento della produzione di energia locale. Il progetto include la realizzazione di mini-impianti di
produzione da fonti rinnovabili che determineranno un aumento della produzione di energia pari al
30% del fabbisogno locale.
5 | Sviluppi della sperimentazione: il modello Energy People
Il Progetto sperimentale si fonda su un modello tecnologico denominato Energy People. Pensato per le
comunità locali prevede di collegare tutte le utenze, siano esse imprese o residenze, pubbliche o private e i
punti dove si consuma e si produce energia con dispositivi di nuova generazione in grado di monitorare
costantemente i consumi sulla base di innovativi software di gestione di dispositivi di misura intelligente.
Il sistema permette così di razionalizzare da subito i consumi e di relazionarsi all’esterno, con chi fornisce
e distribuisce l’energia, come un’unica utenza per acquistare l’energia a prezzi migliori, eliminare i costi
accessori di commercializzazione, ridurre i costi associati alle perdite derivanti dalle inefficienze delle reti
di distribuzione.
Agendo in maniera unitaria, conoscendo in maniera puntuale il fabbisogno energetico e amministrando i
flussi di energia grazie al sistema di monitoraggio intelligente, si creano le condizioni per produrre e
consumare l’energia prodotta localmente.
5.1 | Il partenariato pubblico-privato
Un grande ostacolo allo sviluppo di politiche energetiche virtuose da parte dei Comuni è rappresentato dal
patto di stabilità; le stringenti normative sugli investimenti infatti, rendono difficoltoso pianificare e
realizzare qualsiasi intervento. Il partenariato pubblico-privato rappresenta lo strumento idoneo per gli
enti pubblici per attuare le politiche energetiche senza far gravare i costi sul proprio bilancio: il modello
Energy People si serve di Shardana Energia, società in accomandita per azioni, alla quale i Comuni
possono aderire in qualità di soci accomandanti, con la possibilità di programmare le azioni energetiche
insieme ai soci e raggiungere l’autonomia energetica senza la necessità di investire fondi e senza sostenere
rischi di impresa.
All’interno della società in accomandita il Consorzio S.I.E.S., come socio accomandatario, sostiene i rischi
di impresa e programma su indicazione delle comunità gli interventi da realizzare, acquistando ed offrendo
energia per le esigenze dei soci a condizioni immediatamente più favorevoli e reinvestendo quanto
risparmiato per realizzare gli interventi previsti.
I Comuni eleggono il Collegio dei Sindaci e rappresentano gli interessi territoriali per politiche energetiche
e interventi di pianificazione energetica. Cittadini e imprese sono coinvolti con meccanismi cooperativi e
diventano anch’essi soci di Shardana Energia in un processo trasparente dove tutti possono diventare
protagonisti della nuova comunità energetica mantenendo pari diritti.
5.2 | Caratteristiche del modello
Fino a qualche anno fa i ruoli nel mercato dell’energia erano ben definiti: c’era chi consumava energia, chi
la produceva e chi si occupava della distribuzione e vendita. Con la liberalizzazione del mercato elettrico e
con il diffondersi dei sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, complici anche le politiche
europee e nazionali a sostegno di queste ultime, l’univocità del ruolo è andata perdendosi; il caso simbolo
è dato dal “prosumer” in cui il ruolo di produttore e consumatore si fondono in un unico soggetto4.
Questo di fatto mette in crisi l’infrastruttura della rete elettrica che è stata concepita per una gestione
dell’energia con flusso unidirezionale dai centri di produzione ai punti di consumo; su questo punto si
4
Nel seguito sotto la denominazione prosumer sono da intendersi inclusi anche i soli produttori, prosumer a consumo nullo, e i
soli consumatori, prosumer con produzione nulla.
996
incentra il modello di business Energy People. Il prosumer diventa il punto centrale del sistema ed in
quanto tale deve essere in grado di comunicare con gli altri prosumer. Il modello si basa sul
coinvolgimento diretto degli stakeholder di un territorio nella fruizione e nella produzione di energia;
l’insieme di più prosumer in un determinato territorio costituisce di fatto l’implementazione di una Micro
Grid basata sulla generazione distribuita con un suo mercato energetico locale. In questo modo nasce un
nuovo mercato dell’energia, quello locale dove la domanda e l’offerta si incontrano, non su un mercato
virtuale condizionato solo dal fattore prezzo, ma su un mercato reale e locale dove alla determinazione del
prezzo contribuiscono altri fattori come la distanza, il clima, il matching tra curva di produzione e curva di
consumo.
Il Consorzio S.I.E.S., servendosi di un’apposita architettura tecnologica, si pone come catalizzatore e
coordinatore delle Micro Grid distribuite sul territorio divenendo a tutti gli effetti soggetto operatore
elettrico grazie al quale i prosumer potranno valorizzare l’energia prodotta e ridurre i costi legati a quella
consumata. Gli smart device consentono a S.I.E.S. di avere in tempo reale i dati di energia consumata e
prodotta e di ridurre al minimo la sbilanciamento tra domanda e offerta con conseguente ottimizzazione
dei profitti aziendali; il modello Energy People inoltre incentiva il prosumer ad avere un ruolo attivo nella
gestione della propria energia, consentendogli di acquisire consapevolezza dei propri usi e costumi
energetici così da trarne un diretto vantaggio in termini di risparmi e di esser protagonisti di una corretta
politica di sviluppo energetico territoriale.
Il modello Energy People si ispira a due principi fondamentali:
1. energia a chilometri zero, in quanto produzione e consumo di energia hanno luogo nello stesso
territorio;
2. energia Verde, poiché l’energia prodotta e consumata proviene interamente da fonti rinnovabili.
I vantaggi hanno ricadute di natura ambientale, economica e sociale sviluppandosi su tre aspetti
fondamentali:
1. Il prezzo competitivo ottenuto attraverso:
• la capacità di controllo dei costi di approvvigionamento dell’energia, degli oneri associati ai servizi di
rete;
• la previsione puntuale del fabbisogno energetico dei propri cittadini monitorati in tempo reale.
2. La trasparenza e l’assistenza per la riduzione dei consumi verso l’utente, il quale è dotato di strumenti
di controllo per incidere sui propri consumi e di servizi informativi per adottare pratiche tendenti al
risparmio energetico;
3. L’up grade tecnologico per la gestione dei flussi energetici e il bilanciamento dei carichi costituito da:
• software di gestione del sistema centrale;
• strumenti web, utili per un personale monitoraggio dell’uso dell’energia.
In sintesi il modello Energy People risponde a due grandi fenomeni caratterizzanti la pianificazione
energetica degli ultimi anni: lo sviluppo e la diffusione delle fonti rinnovabili nel quadro della
liberalizzazione del mercato elettrico. Entrambi i fenomeni hanno contribuito allo sviluppo di un nuovo
paradigma energetico, una generazione decentralizzata che condivide l’idea che i consumatori possano
essere agenti attivi nell’utilizzo dell’energia e nella gestione delle reti.
Riferimenti bibliografici
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d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che
abroga la direttiva 2004/17/CE.
Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’efficienza energetica, che modifica le
Direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le Direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.
Regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011,
concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso.
Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione
dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle Direttive
2001/77/CE e 2003/30/CE.
Direttiva 2009/714/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio relativa alle condizioni di
accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e che abroga il regolamento (CE) n.
1228/2003.
997
EU Commission Task Force for Smart Grids. Expert Group 1: Functionalities of smart grids and smart
meters. Final Deliverable for Steering Committee on 2010 June 22nd.
Riconoscimenti
L’autore del presente paper collabora con la Società Ener.Med. ideatrice e proprietaria del modello
sperimentale Energy People.
998
Global Smart City Pillars:
metodo di valutazione dell’intelligenza urbana
Giulia Esopi
Università degli Studi di Pavia
DICAr - Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura
Email: giulia.esopi01@universitadipavia.it
Abstract
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso il tema della Smart City ha avuto molta rilevanza all’interno della
letteratura scientifica: inizialmente inteso come applicazione delle nuove tecnologie (Information and
Communication Technologies) al contesto urbano, il tema successivamente si è occupato dell’utenza della Smart City
(Smart Community) focalizzandosi sul capitale umano e sulle pratiche di partecipazione sociale. Il dibattito
contemporaneo è scaturito in un approccio integrato delle due componenti al fine di migliorare sia l’efficienza sia la
vivibilità delle città (Papa, Gargiulo, Galderisi, 2013; Morandi, Rolando, Di Vita, 2013; Barresi, Pultrone, 2013). Da
alcuni anni l’Unione Europea, attraverso il Programma Horizon 2020, ha lanciato numerose iniziative mirate alla
crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, tra le quali il bando ‘Smart Cities and Communities’. Recentemente,
alcune città italiane, aderenti all’Osservatorio Nazionale Smart City, hanno avviato progetti finalizzati alla tutela ed
alla valorizzazione del territorio locale.
La International Summer School ‘Flexible City for Smart Communities’ organizzata dall’Urban Project Laboratory
dell’Università di Pavia è divenuta occasione di riflessione sul tema. In particolare, si è ricercato un set di risposte a
quesiti come: quali caratteristiche deve possedere una reale Smart City? quali strategie possono contribuire a rendere
smart una città? come si valuta il livello di smartness di un insediamento urbano? Tra le interessanti riflessioni
emerse, una proposta è stata l’estensione al contesto internazionale delle dimensioni della Smart City (Smart Mobility,
Smart Environment, Smart Living, Smart People, Smart Economy e Smart Governance) attraverso l’elaborazione di
‘pilastri globali’. Per la loro definizione sono stati considerati case studies noti nel mondo scientifico per l’elevato
livello di smartness.
Il paper si propone di individuare i ‘pilastri globali’ della Smart City e di elaborare successivamente un metodo di
valutazione validabile a livello internazionale, attraverso il quale sarà possibile stimare il livello di smartness delle città.
Parole chiave: Smartness; global pillars; metodo di valutazione.
La Smart City: dalle origini al dibattito contemporaneo
Il tema della Smart City, entrato a far parte della letteratura scientifica internazionale a partire dagli ultimi
decenni del secolo scorso, si è evoluto concettualmente nel tempo: inizialmente inteso come città digitale e
successivamente come città inclusiva, attualmente il termine connota un insediamento urbano efficiente e
vivibile. Durante gli anni Ottanta, lo sviluppo delle tecnologie informatiche e di comunicazione venne
interpretato come mezzo in grado di condurre verso nuove forme di organizzazione e gestione del
territorio e, quindi, di contribuire alla crescita urbana. Nacque così il concetto di Smart City, riferito ad
un’organizzazione urbana che basava la pianificazione del territorio e la gestione delle risorse sulle nuove
tecnologie (Information and Communication Technologies). A partire dalla seconda metà degli anni 2000
si iniziò a riflettere sul ruolo fondamentale del capitale umano e l’attenzione venne spostata sull’utenza
della Smart City, la Smart Community. In particolare, questa fase si focalizzò su temi quali l’inclusione
sociale e le pratiche partecipative. Il dibattito contemporaneo, invece, è scaturito in un approccio integrato
delle due componenti (tecnologia e capitale umano) al fine di migliorare sia l’efficienza sia la qualità della
vita delle città (Papa, Gargiulo, Galderisi, 2013; Morandi, Rolando, Di Vita, 2013; Barresi, Pultrone, 2013).
999
Attualmente non esiste una definizione univoca e condivisa di Smart City, tuttavia alcuni autori hanno
proposto interessanti formulazioni concettuali. «A city to be smart when investments in human and social
capital and traditional (transport) and modern (ICT) communication infrastructure fuel sustainable
economic growth and a high quality of life, with a wise management of natural resources, through
participatory governance» (Caragliu, Del Bo, Nijkamp, 2009: 50)1. Secondo Carlo Ratti una città è
intelligente quando mette le tecnologie al servizio delle persone (Senseable City). «Il termine Senseable ha
doppia connotazione, significa sia di buon senso sia ‘capace di sentire’. Penso che questa definizione sia il
modo migliore di esprimere la nostra visione che è proprio focalizzata sulla componente umana più che su
quella tecnologica» (senseable.mit.edu, 2014: 1). La città intelligente utilizza la tecnologia come mezzo
finalizzato alla tutela dell’ambiente, alla valorizzazione delle risorse e ad una gestione integrata e coordinata
del territorio. Essa si basa su una struttura snella, dotata di strumenti efficienti in grado di fornire
informazioni aggiornate e condivise con i cittadini e, quindi, di rispondere alle loro esigenze in tempo reale
(Axhausen, Batty, Bazzani, Giannotti, Ouzounis, Portugali, Pozdnoukhov, Wachowicz, 2012; Costantino,
2012).
Le dimensioni della smartness
La ricerca condotta dal Politecnico di Vienna, in collaborazione con l’Università di Lubiana ed il
Politecnico di Delf, ha definito le principali dimensioni della Smart City attraverso l’analisi di alcune città
europee. I settori chiave, riportati in tabella, consentono di valutare il livello di smartness di un
insediamento urbano e di evidenziare gli ambiti sui quali intervenire (www.smart-cities.eu;
osservatoriosmartcity.it).
Tabella I | Le dimensioni della Smart Cities.
Smart
Mobility
Smart
Environment
Smart
Living
Smart
People
Smart
Economy
Smart
Governance
1
Dimensione
Mobilità
interconnessa
(spostamenti agevoli e rapidi),
sicura (tutela della mobilità
dolce) e sostenibile (a basso
impatto ecologico) attraverso
l’utilizzo delle tecnologie
Sostenibilità
ambientale
ed
efficienza energetica
Miglioramento della qualità della
vita, valorizzazione dell’identità
urbana e del patrimonio
culturale
Società inclusiva a favore del
dialogo, della partecipazione e
dell’interazione tra gli individui, i
quali divengono co-autori delle
politiche urbane
Aumento della produttività,
flessibilità del mercato del lavoro
e crescita della imprenditorialità
attraverso l’innovazione, la
ricerca e la creatività
Amministrazione trasparente e
aperta attraverso lo scambio di
informazioni con i cittadini e la
cooperazione tra i diversi
soggetti (pubblici e privati)
coinvolti nei processi urbani
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Esempi applicativi
Rete di sensori lungo le arterie stradali capaci di dirottare i flussi di
traffico grazie ai dati rilevati
Nodi intermodali che integrano al loro interno diversi sistemi di
trasporto
Sistemi car sharing, car pooling e bike sharing
Programmi di raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti
Sistemi di illuminazione a risparmio energetico
Sistemi innovativi di monitoraggio della qualità dell’aria e dell’acqua
Tutela dei parchi e del verde urbano
Utilizzo di fonti di energia rinnovabili
Piattaforme digitali per migliorare la fruizione e la valorizzazione delle
risorse artistico, culturali ed ambientali;
Servizi di nuova generazione basati sul social networking in grado di
migliorare l’esperienza turistica dell’utente.
Infrastrutture tecnologiche innovative per la comunicazione tra la
Pubblica Amministrazione e i cittadini
Percorsi formativi volti a sensibilizzare i cittadini sulle tematiche
ambientali, sociali ed economiche
•
Sistema sinergico di collaborazione tra enti pubblici, imprese private e
istituti di ricerca
Norme per favorire la nascita e la gestione di imprese innovative
(startup)
Centri tecnologici high tech
•
•
•
•
Portali open data che rendono disponibili le informazioni
Creazioni di network tra enti pubblici e privati
Erogazione di servizi per la collettività efficienti
Partecipazione dei cittadini alle scelte politiche
•
«Una città è smart quando gli investimenti in capitale umano e sociale e nelle infrastrutture tradizionali (trasporto) e moderne
(ICT) alimentano una crescita economica sostenibile e un’elevata qualità della vita, con una gestione consapevole delle risorse,
attraverso una governance partecipativa».
1000
Iniziative europee a sostegno della Smart City
Lo sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata, sul progresso sociale e sulla tutela
dell’ambiente, rappresenta uno degli obiettivi cardine dell’Unione Europea. A questo scopo, sono state
promosse diverse iniziative volte a migliorare l’efficienza e la vivibilità delle città europee, tra le quali il
bando ‘Smart Cities and Communities’ e il Programma Horizon 2020 dedicato alla ricerca e
all’innovazione. In particolare, quest’ultimo mira al raggiungimento dei seguenti obiettivi tematici
(europa.eu):
• ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione;
• accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
• competitività delle piccole e medie imprese;
• transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio;
• adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione e gestione dei rischi;
• tutela dell’ambiente e delle risorse;
• trasporto sostenibile e infrastrutture di rete;
• occupazione sostenibile e di qualità e mobilità dei lavoratori;
• inclusione sociale e lotta contro povertà e discriminazione;
• istruzione, formazione e apprendimento permanente;
• efficienza della Pubblica Amministrazione.
A completamento dei fondi strutturali, l’Unione Europea ha previsto altre forme di finanziamento:
• ‘European Energy Efficiency Fund’ (EEEF): partnership pubblico-privata mirata all’aumento
dell’efficienza energetica ed alla promozione dell’energia rinnovabile (www.eeef.lu)
• ‘European Local Energy Assistance’ (ELENA): programma di assistenza finanziaria e tecnica a
supporto di progetti nell’ambito dell’efficienza energetica, delle fonti di energia rinnovabili e del
trasporto urbano sostenibile (www.covenant.it)
• ‘Green Investment Scheme’ (GIS): programma basato sullo scambio di quote di emissioni a livello
internazionale e su un’attività di ecologizzazione consistente nell’implementazione di progetti verdi
• ‘Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas’ (JESSICA): strumento finanziario
destinato allo sviluppo urbano sostenibile ed alla coesione sociale (www.covenant.it)
• ‘Competitiveness of Enterprises and Small and Medium Size Enterprises’ (COSME): programma che
agevola l’accesso ai finanziamenti alle piccole e medie imprese (ec.europa.eu)
• ‘Connecting european facility’ (CEF): strumento finalizzato alla promozione della crescita,
dell’occupazione e della competitività; esso supporta lo sviluppo di efficienti reti trans-europee nei
campi dei trasporti, dell’energia e dei servizi digitali (ec.europa.eu)
Successivamente all’introduzione del Fondo Kyoto (2007), in accordo con le politiche europee, sono stati
emanati bandi nazionali a sostegno di soluzioni urbane innovative. Alcune di questi progetti sono raccolti
nell’Osservatorio Nazionale Smart City, piattaforma digitale finalizzata alla produzione e alla condivisione
di conoscenza sui temi dell’innovazione e della sostenibilità urbana, oltre che all’individuazione di
esperienze pratiche e soluzioni tecnologiche in grado di guidare le amministrazioni locali
(osservatoriosmartcity.it).
Metodo di valutazione dell’intelligenza urbana
La International Summer School ‘Flexible City for Smart Communities’ organizzata dall’Urban Project
Laboratory dell’Università di Pavia è divenuta occasione di riflessione sul tema.
L’evento, tenutosi a Pavia lo scorso settembre 2015, ha coinvolto universitari provenienti del corso di
laurea in Ingegneria Edile e Architettura dell’ateneo pavese e dal College of Architecture and Urban
Planning della Tongji University di Shanghai.
1001
Figura 1 | Logo Summer School ‘Flexible City for Smart Communities’.
Fonte: http://summerschoolteam4.wix.com/.
In particolare, l’obiettivo della Summer School è stato quello di ricercare un set di risposte a quesiti come:
quali caratteristiche deve possedere una reale Smart City? quali strategie possono contribuire a rendere
smart una città? come si valuta il livello di smartness di un insediamento urbano? A questo scopo sono
state analizzate soluzioni progettuali innovative sperimentate nel panorama internazionale.
Tra le interessanti riflessioni emerse, una proposta è stata l’estensione al contesto internazionale delle
dimensioni della Smart City definite dal Politecnico di Vienna (Smart Mobility, Smart Environment, Smart
Living, Smart People, Smart Economy e Smart Governance) attraverso l’elaborazione di ‘pilastri globali’.
La metodologia proposta è stata articolata in tre fasi distinte: l’analisi degli ambiti della smartness, la loro
rielaborazione e la valutazione finale.
La fase di analisi è stata incentrata sugli ambiti chiave della Smart City focalizzandosi sugli aspetti legati alla
mobilità (Smart Mobility) e all’ambiente urbano (Smart Environment). In particolare, sono state ricercate
soluzioni e progetti innovativi adottate smartness sperimentate nel panorama nazionale (Copenaghen,
Amsterdam, Aarhus, Gent, etc.). Nella fase successiva ad ogni macro-ambito è stato associato un elenco di
criteri, i quali vengono riportati nella tabella sottostante.
Tabella II | Criteri per Smart Mobility e Smart Environment.
Smart Mobility
Sistema di trasporto locale
• infrastrutture stradali
• infrastrutture ferroviarie
Accessibilità
• parcheggi
• connessioni intermodali
Accessibilità internazionale
• aeroporti
• porti
Infrastrutture ITC
• WiFi Areas
• dispositivi elettronici di controllo dei flussi e del
traffico
• App per la condivisone dei dati rilevati
Sostenibilità del sistema di trasporto
• percorsi pedonali-ciclabili
• rete di trasporto pubblico efficiente
Smart Environment
Qualità dell’aria
• percentuale di sostanze inquinanti
• temperatura
• percentuale di umidità
Qualità dell’acqua
• percentuale di sostanze inquinanti
• ph – concentrazione di ioni di idrogeno
Sostenibilità ecologica
• raccolta differenziata
• sistemi di riciclo dei rifiuti
• fonti di energia rinnovabile
Aree verdi
• polmoni verdi urbani
• connessioni ecologiche
Qualità dei prodotti alimentari
• misure per il controllo di qualità
Conservazione e tutela degli habitat:
• protezione degli habitat naturali
• mantenimento della biodiversità
I parametri sono stati utilizzati nella valutazione finale, dove sono state confrontate fra loro le città di
Pavia e Shanghai. In questa fase, ad ogni criterio è stato attribuito un peso, un valore numerico da 1 a 5
connesso al livello di smartness (il giudizio 1 corrisponde ad un basso livello, mentre il giudizio 5 ad un
livello elevato). Di seguito vengono riportati i risultati della valutazione effettuata sulle due città.
1002
Figura 2 | Rappresentazione grafica dei risultati della valutazione effettuata sulle città di Pavia e Shanghai.
Fonte: http://summerschoolteam4.wix.com/.
Considerazioni e conclusioni
Dalla valutazione si evince che il livello di smartness di un insediamento urbano non può essere prestante
su tutti i singoli temi, ma varia a seconda della dimensione considerata. Come evidenziato da Godshalk
esistono alcuni elementi conflittuali ‘strutturali’ tra temi tra loro indipendenti. La città di Pavia risulta
essere meno efficiente rispetto a Shanghai nel settore della mobilità e dei trasporti mentre, per quanto
riguarda l’ambiente urbano, si verifica il contrario. «Nella pratica, non si ravvisano smart city “a tutto
tondo” (…); piuttosto applicazioni del concetto ad ambiti specifici e limitati» (ABB, 2012: 68). La
valutazione consente di verificare quali sono gli elementi e gli ambiti urbani carenti da potenziare
attraverso l’avvio di progetti innovativi. Le città contemporanee diventano, così, laboratori di
sperimentazione di nuovi modelli di sviluppo urbano. Questa caratteristica le rende estremamente
competitive, in grado di offrire posti di lavoro e servizi efficienti, di attrarre investitori e ceti emergenti e di
garantire una migliore qualità della vita. Per la creazione di un sistema urbano competitivo fondamentale è
il ruolo delle politiche, le quali devono pianificare la crescita del territorio fungendo «da raccordo fra lo
sviluppo di capitale fisico e lo sviluppo di capitale sociale» (www.cliclavoro.gov.it, 2014: 8).
1003
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http://www.covenant.it/
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http://europa.eu/scadplus/european_convention/objectives_it.htm
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https://www.cliclavoro.gov.it/Progetti/Green.../1_I%20riferimenti%20strategici.pdf
Obiettivo del Fondo, disponibile su European Energy Efficiency Fund, Il Fondo
http://www.eeef.lu/obiettivo-del-fondo.html
Osservatorio Nazionale Smart City
http://osservatoriosmartcity.it/
Priorità per il periodo 2014-2020, disponibile su Commissione Europea, Politica Regionale, Politica, Come
interviene?
http://ec.europa.eu/regional_policy/it/policy/how/priorities
Smart City Event: intervista a Carlo Ratti, disponibile MIT Sensible City Lab, News
http://senseable.mit.edu/news/pdfs/20140416_UrbanoCreativo.pdf
Vademecum per la città intelligente, disponibile su Osservatorio Nazionale Smart City
osservatoriosmartcity.it/wp-content/uploads/Vademecum_def_2_light.pdf
1004
Smart City e cambiamenti nel governo delle trasformazioni urbane
Romano Fistola
Università degli Studi del Sannio
DING – Dipartimento di Ingegneria
Email: rfistola@unisannio.it
Abstract
Molta parte della crisi della pianificazione urbanistica nel nostro Paese è da ricondursi all’incapacità di considerare il
territorio come un sistemo dinamico e complesso che evolve in se e che richiede conseguentemente processi di
governo delle trasformazioni di tipo attivo e circolare, non certo fondati sulla meccanica applicazione di dettami
normativi generali che appaiono non più in grado di valutare le diversità di contesto e le specificità sistemiche. La
riduzione della prefigurazione urbanistica dell’evoluzione sistemica alla sterile applicazione della norma, che ha
caratterizzato molta dell’attività pianificatoria nei centri di medie e piccole dimensioni (cosi numerosi all’interno dei
confini nazionali), ha caratterizzato la pianificazione in Italia negli ultimi 30 anni.
Come spesso accade i momenti di crisi consentono una riconsiderazione radicale della disciplina che sembra oramai
imporsi anche per il campo urbanistico. La definizione di una smartness urbana generata dalla capacità di indirizzare
l’evoluzione del sistema città attraverso nuovi approcci al governo delle trasformazioni territoriali, dalla
considerazione di una nuova visione del rapporto fra città ed innovazione tecnologica e dalla promozione dei
catalizzatori del capitale sociale urbano, può rappresentare il primo effettivo cambiamento verso nuove dimensioni
scientifico-disciplinari.
Parole chiave: smart city, spatial planning, new technologies and big data.
Crisi della pianificazione urbanistica e freccia del tempo
La pianificazione urbanistica in Italia è attualmente e diffusamente percepita come un’attività non più
centrale per la definizione del futuro del Paese ed, in particolare, non più in grado di prefigurare
efficacemente un assetto dei contesti antropizzati e prevedere un opportuno disegno del territorio.
Le ragioni della crisi sono molte, endogene ed esogene alla disciplina urbanistica, ma il dato emergente è
che, mentre alcuni decenni fa si assegnava all’urbanistica (ed agli urbanisti), forse con eccessivo
affidamento, il compito di disegnare gli scenari territoriali della nazione, oggi l’urbanista è un ruolo di
difficile “identificazione” e riconoscibilità essendosi nel tempo diluita l’autorevolezza di tale figura
professionale (Fistola, 2011). Avendo perso tale riconoscibilità l’urbanistica non riesce più a svolgere quel
ruolo di servizio al Paese che, nelle attuali condizioni di elevato rischio dei sistemi urbani (di matrice
antropica e/o naturale) e di scarsità di risorse a disposizione (il territorio è una risorsa non rinnovabile),
risulta vitale tornare ad assumere.
L’innovazione tecnologica, e la mancata comprensione dei fenomeni che tale rivoluzione catalizza
all’interno dei contesti antropizzati, hanno contribuito alla deriva e rappresentano oggi un formidabile
acceleratore del processo di polverizzazione disciplinare.
Come è possibile continuare ad immaginare scenari futuri della città utilizzando approcci, metodi e
procedure nati ed elaborati quando il contesto socio-funzionale era totalmente diverso da quello attuale ed
in ogni caso descrivibile attraverso variabili (ad andamento lineare) spesso utilizzate proditoriamente per
disegnare prospettive di sviluppo rivelatisi ampiamente sovradimensionate. I processi di crescita, connessi
alla rendita fondiaria (che ci si è illusi di controllare attraverso i dettami normativi di una pianificazione
territoriale drammaticamente in ritardo) hanno prodotto devastanti effetti di cementificazione e di perdita
1005
di territorio agricolo pari a circa 30 milioni di ettari negli ultimi trent’anni e 80 mila solo negli ultimi 4 (il
consumo di suolo avanza in Italia al ritmo di 7 mq. al secondo) (ISPRA).
Alla pianificazione urbanistica era anche riconosciuto il ruolo di attività orientata ad innalzare i livelli di
vivibilità dei contesti antropizzati attraverso l’obbligatoria predisposizione di spazi, gli standard urbanistici,
destinati ad accogliere i servizi alla residenza. Come è noto, in molti casi, tali attrezzature non sono state
realizzate, lasciando aree defunzionalizzati all’interno di contesti edilizi privati di ogni decoro. D’altro
canto le nuove e consistenti pressioni fiscali sulle piccole e singole proprietà immobiliari, che da sempre
caratterizzavano la prospettiva di serenità delle famiglie italiane, hanno ulteriormente contribuito a
trasformare il mercato e l’attività edilizia che attualmente, in particolare al Sud Italia, segna un consistente
rallentamento. Questo, per sommi capi, il contesto nel quale l’attività di pianificazione urbanistica sembra
perdere ogni efficacia in un panorama nazionale caratterizzato da preoccupanti fenomeni quali i processi
di senilità nazionale, la mancanza di politiche significative nei settori trainanti e nell’ambito della cultura, le
nuove pressioni migratorie, etc.. In questo variegato contesto di crisi si innesta l’azione, ulteriormente
destabilizzante, dell’innovazione tecnologica che ha completamente mutato il modo di agire ed interagire
degli individui all’interno della città. L’innovazione tecnologica ha totalmente trasformato le componenti
del sistema urbano, ma tale trasformazione non è stata percepita e men che mai formalizzata all’interno dei
metodi di modellizzazione delle traiettorie evolutive urbane che necessiterebbero di una profonda
revisione e ridefinizione anche per configurare una nuova cassetta degli attrezzi dell’urbanista.
Le nuove tecnologie agiscono sul sistema urbano modificandone gli assetti sosttosistemici, virtualizzando
le funzioni, trasformando la mobilità, alterando le relazioni fra gli attori urbani. La rivoluzione infotelematica ha prodotto in ambito urbano una sostanziale modificazione delle interazioni sociali, delle
organizzazioni funzionali, delle scelte di mobilità, della base economica, etc.. La tecnologia si diffonde in
maniera pervasiva in ogni ambito di attività della città e ne trasforma dall’interno le caratteristiche
strutturanti. La attività urbane sono quelle che mostrano una maggiore sensibilità a tale trasformazione
subendo un progressivo processo di “virtualizzazione” (Fistola, 2001).
Le funzioni urbane informano il sottosistema funzionale del quale si dirà nell’immediato seguito.
Ciò che in questa sede si intende sottolineare, relativamente al processo di pianificazione urbanistica, è che
la tecnologia impatta principalmente sul tempo, contraendolo sensibilmente a parità di attività svolta.
Si pensi al tempo della produzione industriale o a quello della produzione agricola, tradizionalmente
scandita dai cicli stagionali e dalle culture rurali locali e che oggi, grazie all’innovazione tecnologica, è in
grado di produrre qualsiasi cosa, ovunque.
La freccia del tempo, che caratterizza il passaggio fra passato e futuro di un sistema complesso (quale è la
città), si è sensibilmente contratta mandando in crisi tutte le attività previsionali e/o prefigurative dei futuri
assetti sistemici come la pianificazione urbanistica. L’errore che può condurre alla scomparsa dell’attività
pianificatoria risiede nel continuare ad ignorare gli effetti sul sistema urbano delle nuove tecnologie o
orientarsi verso azioni di addizione della componente tecnologica alla città invece di prefigurare nuovi
metodi, processi e strumenti urbanistici che adottino la tecnologia nella loro ridefinizione.
Continuare a constatare la crisi conduce ad un pericoloso stallo disciplinare mentre tutto intorno continua
a modificarsi. È necessario ripartire dalla ridefinizione aggiornata dei paradigmi interpretativi orientandosi
verso quelli in grado di spiegare, definire e modellizzare al meglio il processo evolutivo urbano.
L’approccio sistemico, opportunamente riveduto, appare in tal senso il paradigma sufficientemente in
grado di rappresentare la metamorfosi urbana nelle sue dinamiche evolutive e utile a mettere a punto
nuove procedure di governo delle trasformazioni sistemiche, introiettando i potenziali delle nuove
tecnologie.
Interpretazione sistemica della città
Come già richiamato in precedenti contributi (Fistola, 1992), l’adozione della logica sistemica congiunta al
riferimento paradigmatico alla teoria della complessità, strutturano il modello interpretativo di maggior
efficacia ed utilità per comprendere le evoluzioni e le modificazioni che caratterizzano le attuali dinamiche
urbane. Muovendo dalla definizione di Prigogine che interpreta la città come un ecosistema complesso
(Prigogine e Nicolis, 1977), è possibile affermare, che la complessità è un fattore che assicura
l’autorganizzazione dei sistemi ambientali. È oramai matura la definizione interpretativa della città come
sistema dinamicamente complesso che evolve nello spazio e nel tempo e per il quale è necessario
governare lo sviluppo assicurando opportuni livelli di sostenibilità, dichiarando però che uno sviluppo
“totalmente” sostenibile, non potrà mai essere assicurato al sistema urbano.
1006
L’approccio sistemico consente l’individuazione di molteplici sottosistemi urbani che contribuiscono, in
senso olistico, allo stato ed alla conformazione dell’intero sistema. È possibile definire una sequenza di
azioni da operare per giungere a definire un’opportuna configurazione del sistema.
In prima istanza è necessario definire il contesto sistemico e modellizzare le traiettorie di sviluppo;
successivamente vanno individuati i sottosistemi significativi per la definizione di azioni di governo delle
trasformazioni territoriali; quindi è opportuno creare una classificazione dei sottosistemi alfine di
individuarne la sequenza generativa; infine vanno distinte le parti e la struttura (insieme delle relazioni di
ciascun sosttosistema componente) con l’obiettivo di comprendere come poter intervenire sulla struttura e
quali siano le parti da controllare, nel processo evolutivo.
È quindi possibile suddividere il sistema urbano in sottosistemi componenti per rilevanza e caratteristiche
(Figura 1). Tali sottosistemi possono essere distinti in: generativi, generati e caratterizzanti. I sotto-sistemi
generativi sono il socio-antropico ed il geo-morfologico, che rappresentano gli elementi fondanti la città e
riconducibili alla componente umana ed al substrato territoriale sul quale l’insediamento antropico si
colloca. Da tali sistemi ne scaturiscono altri quali il sottosistema funzionale (atività/relazioni) e quello
fisico (spazi/connessioni materiche). In ultimo si possono individuare ulteriori sistemi, definiti
caratterizzanti, che connotano ulteriormente il sistema urbano quali il sottosistema economico, quello
percettivo, etc. (Figura 1). Non si condurrà oltre l’approfondimento interpretativo, peraltro già proposto
altrove, ma risultava utile richiamare tale approccio per rendere in maniera più efficace l’urgente necessità
di adottare nuove visioni nello studio e nel governo del sistema urbano ed anche per una migliore
definizione del rapporto fra città e innovazione tecnologica che conduce naturalmente verso la definizione
di Smart City.
Figura 1 | Schema concettuale dell’articolazione del sistema urbano in sottosistemi generativi, generati e caratterizzanti.
Sostenibilità, entropia e smartness urbana
In ogni sistema, aperto o chiuso, la misura dell’energia non più disponibile per compiere un lavoro è
espressa dall’entropia. Per estensione, considerando l’eco-sistema (e quindi anche il territorio) si può
affermare che l’entropia misuri il livello del disordine, della discrasia del malfunzionamento del sistema
stesso (Rifkin, 1989).
Il principale antagonista della sostenibilità all’interno della città è l’entropia antropica, espressione del
malfunzionamento e della somma (sinergica) delle discrasie nei diversi sotto sistemi.
Alfine di innescare opportuni processi in grado di indirizzare il sistema urbano verso assetti di sostenibilità
è necessario agire per la riduzione dell’entropia urbana totale. Nell’entropia antropica possono distinguersi
effetti diretti, che si traducono nel consumo di suolo ed un effetto indotto che si manifesta nelle emissioni
inquinanti riconducibili alla presenza ed al funzionamento delle attività sul territorio.
In maniera sintetica è possibile affermare che la città è una struttura dissipativa che assorbe energia ed
emette entropia.
All’interno del sistema urbano l’entropia che supera una determinata soglia non è più metabolizzabile ed
agisce riducendo la complessità, attraverso la distruzione delle interrelazioni fra le parti, inficiando
conseguentemente la capacità autorganizzativa dell’intero sistema.
In altri termini è possibile ritenere che l’entropia agisca riducendo l’energia che consente l’attivarsi delle
relazioni fra le parti, arrivando a inibirle del tutto; conseguentemente il sistema perde la capacità
1007
autorganizzativa e si innescano al suo interno processi di “atrofizzazione entropica”. Da quanto detto ne
deriva che una città con elevati valori entropici può difficilmente offrire servizi efficienti ai suoi cittadini,
presentare un contesto spaziale di elevata qualità e caratterizzarsi per un alto capitale sociale nella
componente socio-antropica.
L’adozione della teoria generale dei sistemi (von Bertanlaffy, 1972) per l’interpretazione urbana consente
di pervenire ad una definizione di Smart City nella quale l’interesse di ricerca è in generale posto
nell’identificazione dei fattori e delle caratteristiche sistemiche in grado di configurare un contesto urbano
come smart tentando di utilizzare un approccio sostanzialmente dissimile da quello attualmente più diffuso.
La maggior parte dei lavori presenti in letteratura individua la smartness urbana attraverso una serie di
indicatori, più o meno condivisi. Seguendo tale approccio però sono state definite smart città con evidenti
discrasie e problematicità all’interno delle componenti strutturali, che potrebbero definirsi ad elevata
entropia. Richiamando quanto appena esposto in merito alla teoria generale dei sistemi ecodinamici è forse
possibile riuscire a definire la urban smartness in maniera antinomica rispetto all’entropia urbana. In altre
parole si ritiene possibile partire dalle caratteristiche e proprietà del sistema per comprendere se vi sia un
livello di smartness di una qualche significatività all’interno di un dato contesto urbano formalizzando, in
primo luogo, il livello di entropia presente nel sistema. L’entropia può essere quindi pensata come
un’antagonista della smartness e va considerata come l’energia negativa in grado di far evertere il sistema
urbano dalla sua traiettoria di evoluzione spazio-temporale. La smartness va intesa come la capacità del
sistema di riorganizzare le proprie componenti (o di autorganizzarsi) in presenza di liberazione entropica
(esogena/endogena). Come suggerito da recenti lavori è da approfondire, non tanto l’autorganizzazione
come redistribuzione delle componenti, ma come variazione del rango endosistemico delle stesse in
risposta ad eventi perturbanti. In tale visione la prefigurazione di azioni orientate all’innalzamento del
capitale sociale (espressione del sottosistema socio-antropico), assumono una particolare rilevanza, in
quanto è oramai opinione condivisa che l’unica possibilità di mitigare l’entropia e favorire un innalzamento
della smartness urbana è riconducibile alla trasformazione dei comportamenti antropici. L’innovazione
tecnologica, se opportunamente adottata, può in tal senso risultare un elemento strategico, determinante.
Innovazione tecnologica e cambiamenti nel governo della città: prime conclusioni
L’informazione rappresenta il nuovo bene di riferimento per l’economia urbana. La città produce, elabora
e trasferisce informazione; su tale produzione immateriale basa attualmente il suo posizionamento nei
ranking internazionali ed attiva i processi di competizione. Gran parte del livello di smartness di ciascun
insediamento antropico è riconducibile al livello e qualità dell’informazione che è in grado di produrre.
Ogni città genera una nuvola informativa, una quantità di dati, un concentrato di big data.
La sfida nell’immediato futuro si giocherà sulla capacità di ciascun aggregato urbano di estrarre senso dalla
nuvola di dati ed utilizzarlo per configurare opportune procedure di governo dell’evoluzione del sistema
urbano. Muovendo da tali assunzioni appare chiaro come le nuove tecnologie, che modificano dall’interno
il sistema urbano, possano essere adottate per guidare opportunamente la città verso stati compatibili con
le risorse a disposizione, all’interno di traiettorie di sostenibilità e mitigando l’entropia. Le nuove
tecnologie consentono di simulare condizioni future del sistema, studiarne gli stati, modellizzarne il
comportamento. Allo stesso tempo, grazie all’enorme diffusione sociale, permettono una generazione di
dati informativi continua ed in tempo reale grazie a reti di sensori ed anche ai cosiddetti: «sensori
antropici» (Fistola, 2013). L’innovazione tecnologica va adottata nei nuovi processi di governo delle
trasformazioni urbane attraverso la misura dei suoi effetti sul sistema funzionale, l’interpretazione in
tempo reale dei dati generati e la prefigurazione delle evoluzioni sistemiche che consentono una
prevalutazione del miglior impiego delle risorse disponibili (economiche, sociali, ambientali, etc.).
L’intelligenza urbana va ricondotta alla sua capacità di mitigare l’entropia, ed innalzare il capitale sociale.
Il livello di smartness urbana va connesso alla potenzialità della città di interpretare opportunamente i
processi in atto, individuare tempestivamente i generatori entropici, intervenire per riportare il sistema
lungo traiettorie di sostenibilità. La smart city si contraddistingue per la tecnologia «adottata» nei processi
di governo e non semplicemente «addizionata» al contesto fisico (Fistola, La Rocca, 2013). L’innovazione
tecnologica consente di attivare sincronicamente tali azioni ed assicurare al sistema uno sviluppo orientato
alla sostenibilità.
La pianificazione urbanistica deve quindi orientarsi verso nuove dimensioni dinamiche, caratterizzate da
azioni di controllo e reindirizzo continuo del sistema che solo un uso opportuno ed adottivo delle nuove
tecnologie può consentire.
1008
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von Bertalanffy L. (1972), General System Theory, Penguin Books, Harmondsworth.
1009
Le città come piattaforme di sviluppo socio-economico.
I Living Lab come laboratori di sperimentazione per costruire un
sistema di welfare community in ambito urbano
Giancarlo Gallitano
Università degli Studi di Palermo, Scuola Politecnica
D'Arch, — Dipartimento di Architettura
Email: giancarlo.gallitano@unipa.it
Abstract
La ricerca valuta l'adattabilità in ambito urbano del modello, di matrice aziendale, dei Living Lab: «interaction spaces,
in which stakeholders form public-private-people partnership (4Ps) of companies, public agencies, universities, users,
and other stakeholders, all collaborating for creation, prototyping, validating, and testing of new technologies,
services, products, and systems in real-life context» (Westerlund, Leminen, 2011: 20.); interpretate come piattaforme
di sviluppo basate su un approccio multidisciplinare non formalizzato e aperto in cui la distanza tra finanziatori,
produttori e consumatori è azzerata.
A partire dallo studio di esperienze di Living Lab già attivi in Europa e in Italia, la ricerca ne evidenzia l'utilità quali
laboratori di sperimentazione urbana per nuovi sistemi di servizi in ambito welfare a partire da iniziative legate alla
dimensione di comunità.
Ragionare su ruoli e potenzialità dei Living Lab rappresenta un tema di ricerca trasversale che, richiamando la
tradizione dei laboratori urbani, attinge contemporaneamente alla letteratura sulle Smart City e sulle Creative City,
offrendo una lettura sincretica che incorpora anche i fenomeni di auto-appropriazione e gestione legati al tema degli
urban commons.
Parole chiave: collaborative urban design, governance, neighborhood.
1 | Premessa
La distanza fra spazializzazione del welfare urbano e reale capacità prestazionale dei servizi manifesta una
generale ‘disattenzione pubblica’ verso le specificità di realtà locali complesse e mutevoli. Tale
“disattenzione”, motivata da un sistema di pianificazione territoriale necessariamente burocratizzato, è
accompagnata dal diffondersi di pratiche di auto-appropriazione e gestione di spazi, beni e servizi.
Il concetto di 'condivisione' in ambito economico ha generato nuove forme di economia; analogamente
esso si è inserito nell'ambito della progettazione di servizi in ambito welfare, generandone nuove forme
(Cottam, Leadbeater, 2004; Ferrera, Maino, 2013; Boyle, Harris, 2009).
Diversi autori affermano che, attraverso logiche mutuate dalla sharing economy e da ambienti aziendali basati
sulla innovazione aperta, le città possano essere lette come piattaforme di condivisione di risorse e servizi
in cui i cittadini possano concorrere alla costruzione di ambienti di vita secondo un'ottica smart.
Parallelamente la città volontaria crea la propria realtà attraverso pratiche non formalizzate che necessitano
di piattaforme in cui utenti, enti pubblici, settore economico-produttivo e Terzo Settore possano
collaborare per gestire al meglio beni e strutturare i servizi urbani sulla base delle reali necessità della
popolazione locale.
Alla luce di queste osservazioni iniziali, il contributo s'interroga sul reale contributo in ambito urbano del
modello dei Living Lab intesi come «user-driven innovation environments where users and producers co-
1010
create innovation in a trusted, open ecosystem that enables business and societal innovation»1. Tale
definizione consente di evidenziare i caratteri generali utili ad adattare tali piattaforme a processi di
sperimentazione urbana per nuovi sistemi di servizi in ambito welfare.
2 | Cosa sono i Living Lab
Un Living Lab è un ecosistema di open-innovation guidato dagli utenti2, può operare in un contesto
territoriale, integrando i processi di ricerca e innovazione all'interno di un sistema di Public-Private-People
Partnership (4Ps)3.
Rispetto al partenariato pubblico-privato (PPP), basato su tradizionali rapporti acquirente-fornitore, in cui
l'acquirente (pubblico) rappresenta l'“omogeneità” degli utenti finali del servizio, un modello 4Ps consente
una fornitura flessibile di servizi regolata su una domanda mutevole (Majamaa, 2004).
Un Living Lab si basa su un approccio sistematico di co-creazione, esplorazione, sperimentazione e
valutazione di idee innovative, scenari, concetti e manufatti tecnologici e consente a tutti gli stakeholder
coinvolti di valutare contemporaneamente sia le caratteristiche di prodotti o servizi che la loro potenziale
adozione da parte degli utenti in base ai feedback avuti durante il processo.
Figura 1 | Caratteristiche dei modelli di Living Lab, in evidenza il tipo user-driven.
Fonte: Leminem et al. (2012, modificato).
Un Living Lab non è un semplice banco di prova per prodotti e servizi, la sua filosofia è quella di
trasformare gli utenti, tradizionalmente considerati soggetti osservati nei test prestazionali, in produttori di
valore nel loro contribuire alla co-creazione e all'esplorazione di idee emergenti. Un Living Lab rappresenta
piuttosto un ambiente di apprendimento pratico, dove gli utenti sono immersi in uno spazio sociale
creativo per progettare e sperimentare. In altri termini, essi agiscono come catalizzatori dell'innovazione,
Questa è la più comune definizione adottata dall'ENoLL Secretariat e da alcuni dei membri dell'ENoLL. Per altre definizione è
possibile consultare la letteratura sui Living Lab citata dal sito www.openlivinglabs.eu.
2 Almirall E., Wareham J. (2011), “Living Labs: Arbiters of Mid- and Ground-Level Innovation”, in Technology Analysis and Strategic
Management, no. 23, voll. 1, 2011 pp. 87-102.
3L'attenzione è posta all'interfaccia tra utenti finali e fornitori dei servizi, sia pubblici che privati. Anche se la loro fornitura si basa
su modelli standard di servizi pubblici e su contratti di tipo PPP, un fornitore di servizi privato, all'interno di un sistema di tipo
4Ps, può ampliare l'offerta di servizi, se necessario anche attraverso la mobilitazione di terzi, sulla base delle necessità degli
utenti. In questo modo le loro esigenze sono riconosciute da due canali separati: formalmente tramite le decisioni politiche
locali e in modo informale attraverso il contatto quotidiano fornitore-utente. Nel modello PPP, invece, anche quando un
fornitore di servizi privato è a diretto contatto con l'utente finale, ogni feedback formalmente arriva tramite l'ente pubblico.
1
1011
come propulsori e attuatori del processo di innovazione dei servizi in chiave: strategica, competitiva,
organizzativa e sistemica.
Il movimento dei Living Lab è stato promosso con il Manifesto di Helsinki4, durante la presidenza
finlandese dell'UE nel 2006, in risposta alla necessità di un modello europeo efficiente di innovazione
basato sulla open-innovation (Chesbrough, 2003). Ciò ha portato alla formazione della rete europea dei Living
Lab (EnoLL, European Network of Living Lab), che da allora è cresciuta fino a diventare
un'organizzazione ombrello per quasi 350 realtà nel mondo.
Dato il successo del modello Living Lab e la rapida crescita del loro numero in Europa e nel mondo, due
autori, Leminen e Westerlund (2015) si sono interessati al loro rapporto con lo sviluppo urbano e alla
trasferibilità del concetto di piattaforma di innovazione collaborativa alla città stessa.
In generale la letteratura sui Living Lab ha concentrato progressivamente la sua attenzione su questioni
legate al tema delle smart city, a differenza dei primi studi concentrati su ricerche nell'ambito di tecnologie
integrate in contesti più ristretti, come edifici o piccoli quartieri. C'è chi sostiene (Coenen et al., 2014) che i
Living Lab siano particolarmente utili, come metodologia, nella creazione di servizi nelle 'città intelligenti',
anche perché, come altri studiosi affermano (Ballon et al., 2011), le iniziative Smart City dovrebbero essere
intese come processi locali.
Nel suo insieme, la prima letteratura dei Living Lab documenta diverse forme di innovazioni e di
collaborazione in città. Tuttavia, Baccarne et al. (2014) sottolineano che gli studi sul loro valore nella
creazione delle Smart City non abbiano raggiunto un adeguato grado di approfondimento.
Un chiaro punto di forza di queste piattaforme è che strutturano partnership esclusive con le istituzioni
produttrici di conoscenza, come università e istituti di ricerca. Attualmente questi partenariati sono
prevalentemente orientati verso temi legati alla sostenibilità, come ad esempio la riduzione delle emissioni
di CO2 nelle città, ma se guardiamo indietro nella storia, potremmo cogliere delle analogie già nelle attività
di ricerca connesse al panorama immobiliare britannico del 1960 (Strebel e Jacobs, 2014) e ancora con
l'esperienze della Scuola di Chicago, i cui studiosi hanno lavorato nella prospettiva che società e città
fossero dei laboratori (Gross e Krohn, 2005; Gieryn, 2006).
3 | La città come laboratori di innovazione
L'idea di paragonare la città ad ambienti aziendali capaci di far evolvere gli utenti in prosumer5 implica un
critico ripensamento dell'idea di città e della figura del cittadino inteso come consumatore di beni e servizi
urbani 'attivabile' nella produzione degli stessi.
Figura 2 | Collaborative innovation in cities. Fonte: Leminen e Westerlund (2015: 170).
4 Il 'Manifesto di Helsinki' del 20 Novembre 2006 ha infatti posto la modalità incentrata sull'essere umano (human centric way) al
centro delle misure richieste per trasformare in effettiva realtà la strategia di Lisbona. Il tema della competitività e
dell'innovazione si è così arricchito di nuovi strumenti, orientati a favorire la collaborazione co-creativa con gli utenti dei
prodotti e dei servizi quando questi sono ancora in fase di sviluppo e realizzazione.
5 Crasi dei termini producer e consumer, coniata da Alvin Toffler nel libro The third wave (1980), che indica un consumatore che è a
sua volta produttore o, nell’atto stesso che consuma, contribuisce alla produzione.
1012
La citata ricerca di Leminen e Westerlund (2015), analizza esperienze avviate in diverse città e produce un
modello concettuale per la comprensione dell'innovazione collaborativa in città (Figura 2). Il modello
comprende due dimensioni: l'asse orizzontale, il 'bersaglio della collaborazione', che distingue se
l'innovazione sia orientata al miglioramento dell'esistente o alla creazione di qualcosa di nuovo, e l'asse
verticale, la 'iniziazione', si riferisce al fatto che le attività di innovazione possano essere avviate da società
o da parte dei cittadini.
Il quadro elaborato, incrociando 'bersagli' e 'promotori', fornisce quattro forme di innovazione
collaborativa in città: I) la città come piattaforma per migliorare le attività quotidiane e le condizioni di vita
da parte dei cittadini, tra cui l'aumento delle opportunità di lavoro per i cittadini (tali iniziative si ritrovano
in particolare nei Living Lab in Svezia e Sud Africa: cfr. Nyström et al., 2014); II) la città come piattaforma
per esperimenti di consumo creativo, che coinvolgono cittadini-consumatori, trasformandoli in prosumer
nel corso di attività creative di base, come nelle attività di co-creazione di Rotterdam City (Mulder, 2012),
o come il Citilab Living Lab a Barcellona (Leminen et al., 2014); III) sperimentazione e implementazione
di nuove tecnologie, per esempio l'iniziativa Manchester Smart City attua molti esperimenti con tecnologie
digitali, ad esempio l'uso di tecnologie IoT (Internet of Things) in collaborazione con i 'cittadini intelligenti';
IV) città come una piattaforma per la creazione/ri-creazione di nuove opportunità economiche, in tal
senso la Silicon Valleye e l'area metropolitana di Helsinki, sono esempi di creazione di nuove opportunità
di business in città.
Figura 3 | Guidelines for various forms of collaborative innovation. Fonte: Leminen e Westerlund (2015: 171).
Va osservato che l'attuale letteratura presenta i Living Lab come un modello ideale di 'democratizzazione
del processo produttivo' che può essere trasferito tout court alle città solo se le si assume come piattaforme
in cui è possibile sperimentare nuove tecnologie e aprire nuovi mercati, in un'ottica assolutamente neoliberista.
Se si sposta invece l'accento sulla produzione di beni e servizi legati all'abitare, il passaggio non è
immediato. La città è un dispositivo che eroga determinati beni e servizi in funzione di una domanda che
va costantemente interpretata, ma tali servizi non possono essere inseriti esclusivamente in logiche di
mercato. Allora il modello dei Living Lab diventa una matrice di riferimento all'interno di processi di
cittadinanza attiva e di costruzione di forme condivise di welfare.
1013
4 | Una nuova attenzione verso i quartieri
Concentrandosi sulle sole forme di innovazione attivate dai cittadini, sia che si vogliano migliorare le
attrezzature e i servizi esistenti che crearne di nuovi, la dimensione del quartiere è una opportunità di
lavoro. Una comunità di quartiere coinvolge e integra i diversi ruoli e le attività dei residenti, che spesso
sono sia produttori che consumatori di beni e servizi che tale realtà abbraccia.
La domanda di ricerca è se i Living Lab possano rappresentare modelli validi per laboratori di cittadinanza
attiva nei quartieri? Ovvero guarda a tali laboratori/piattaforme come dispositivi di 'rimodulazione' delle
attrezzature pianificate, basata su considerazioni di tipo prestazionale, a partire da forme stabili di
partecipazione attiva dei cittadini nella progettazione, pianificazione ed erogazione di servizi e nella
costruzione di attrezzature suppletive.
Le forme di innovazione collaborativa realmente guidate dai cittadini sono da considerarsi prioritarie
perché dal loro successo deriverebbe la mobilitazione di un numero maggiore di soggetti e la possibilità di
incrociare le diverse forme di innovazione collaborativa e ottenerne diversi gradi e benefici, non solo
nuove opportunità economiche.
Ragionando sulla citata definizione di Living Lab, i quartieri sono 'ambienti di vita reale', aree delle città in
base a cui generalmente vengono erogati 'servizi, beni e infrastrutture sociali'. Questi beni e servizi
possono essere co-prodotti, ciò avviene anche in modo informale attraverso pratiche di autoappropriazione e gestione degli spazi sottoutilizzati.
Ma è possibile contestualizzare i movimenti di rinnovamento urbano all'interno del paradigma della openinnovation secondo una 'democratizzazione' di tipo aziendale?
Ciò è possibile con i dovuti accorgimenti. Il quartiere è un terreno di sperimentazione naturale per i
processi di innovazione sociale, un campo di prova in cui metodi e risultati possono essere validati prima
di venire esportati in altre aree della città e in altri contesti urbani analoghi. Un punto a favore
dell'innovazione aperta è che prevede il coinvolgimento di soggetti esterni al processo decisionale abituale,
soprattutto cittadini e terzo settore, favorendo, nel superare forme stereotipate di governance, la loro
partecipazione in processi trasparenti, collaborativi e spesso non codificati.
Dalla convinzione che nelle comunità si trovi il vero potenziale del cambiamento e della sostenibilità delle
trasformazioni urbane contemporanee, un Living Lab, limitato alla dimensione di quartiere, potrebbe
essere un utile strumento nella costruzione di comunità di cittadini attivi intorno a obiettivi e progetti
comuni. Attraverso la mobilitazione che può derivare dal senso di appartenenza e dalle criticità del
quotidiano, in un Living Lab di quartiere (da ora LLdQ) possono essere capitalizzate pratiche già collaudate
quali il crowdsourcing, che rivoluziona grazie alla rete la dinamica del bando pubblico estendendone la
partecipazione a popolazioni sconosciute; il citizen sensing, che trasforma gli abitanti in antenne volontarie
della città senziente; le tecniche di co-design, che consentono di inserire il punto di vista dei cittadini nelle
fasi fondamentali della progettazione dei servizi e degli spazi urbani; le logiche di gamification, che applicano
le tecniche dei videogiochi per realizzare simulazioni delle funzioni del quartiere e della città e supportare i
processi decisionali; il co-working, che rimodella gli spazi produttivi su nuove forme più vicine alle esigenze
del lavoratore, e che per tanto può diventare un catalizzatore delle realtà economiche e produttive del
quarti
Tabella I | Difference between advantages in living lab and living lab di quartiere.
ADVANTAGE IN LIVING
LAB (Leminem, 2015)
Area
INNOVATION
Area
INNOVATION
enhance learning
tackle complex real-life
problems
foster vertical integration
enhance SME incubation
filtrer problems
enable open collaboration
between actors
enhance multi-organizational
collaboration
act as a focal point for multiorganizational collaboration
engage all key actors for
innovation
1014
ADVANTAGE IN LIVING LAB DI
QUARTIERE
enhance learning
tackle complex real-life problems
foster vertical integration
enhance SME incubation
filtrer problems
enable open collaboration between actors
enhance multi-organizational
collaboration
act as a focal point for multiorganizational collaboration
engage all key actors for innovation
understand innovation
enable unique knowledge
access real interaction data and
real application contexts
motivate users
enhance sustainable solution
development
CONTEXT
understand social innovation
enable unique knowledge
motivate citizan
enhance sustainable solution
development
CONTEXT
can be used in different
contexts
provide an environment to
study richness of complex user
behaviour and use of
technology in home
integrate fundamental and
applied research
empower rural communities in
developing countries
advance smart city opearations
upscale urban development
provide assets for the
innovation environment
BUSINESS
OPPORTUNITIES
provide an environment to understand
complex citizen behaviours and needs
integrate fundamental and applied
research
empower rural communities in
developing countries
advance smart city opearations
upscale urban development
provide assets for the innovation
environment
SOCIAL
OPPORTUNITIES
create new business
opportunities
localize products
lead to unexpected market
opportunities
create new social opportunities
enhance social coesion
create new business opportunities
Nei LLdQ sarebbe possibile adattare più facilmente aspetti peculiari degli incubatori d'impresa e della coprogettazione alle pratiche emergenti di gestione condivisa di beni e servizi, secondo forme di
progettazione avviate e centrate sugli utenti a partire dalla messa a sistema di competenze e risorse offerte
dalla realtà locale, capitalizzando e reinvestendo il capitale della comunità all'interno della comunità stessa.
Un coinvolgimento continuativo dei cittadini, utenti finali dei beni e servizi urbani, limita il rischio di un
uso retorico degli strumenti di co-progettazione, strutturandoli in forme stabili di “innovazione guidata da
parte degli utenti”.
Alcune iniziative condotte dal Malmö Living Labs (Björgvinsson et al., 2010) illustrano come il modello
possa essere facilmente orientato verso pratiche di innovazione sociale. Tra queste possono essere citati i
laboratori collaborativi di produzione culturale, come 'The Stage', istituito nel 2007 e seguito da altri due
nel 2009 e nel 2010, e il lavoro di miglioramento dell'immagine delle popolazioni di immigrati residenti nei
sobborghi di Molmö condotto insieme all'associazione di giovani repper RGRA.
All'interno di un LLdQ si potrebbe realizzare la progettazione integrata tra design di servizi e il design
strategico che si concentra sulle partnership da creare, attraverso la piena collaborazione degli attori
pubblici e sociali, idealmente orientati all'interesse generale della comunità.
Un LLdQ sarebbe una piattaforma in cui poter progettare i servizi collaborativi, in esso i cittadini
verrebbero mobilitati nella loro co-progettazione e co-produzione, attivando processi di costruzione di
'comunità creative' (Moroni, 2007). Un esempio potrebbe essere rappresentato dall'esperienza di Cascina
Cuccagna a Milano nell'ambito del progetto Cittadini Creativi del Politecnico di Milano (Selloni, 2013;
2014) che si configura come un 'fab-lab di servizi', uno spazio ibrido tra profit e no-profit.
Un LLdQ non sarebbe un 'laboratorio di consensi' ma una piattaforma di dialogo fra istituzioni e cittadini,
capace di superare il modello 4P, basato sempre sul concetto di feedback, a favore di un modello 'codecisionale' propositivo. All'interno del LLdQ le istituzioni, le aziende municipalizzate erogatrici di servizi,
la realtà imprenditoriale locale, le associazioni e i privati cittadini concorrerebbero al miglioramento della
qualità di vita, alle università e agli istituti di ricerca spetterebbe il compito di avviare e facilitare il
processo.
1015
Tabella II | Confronto tra le caratteristiche dei Living Lab e dei Living Lab di quartiere.
OBJECTIVE
KIND OF PROJECT
MANAGER
Living Lab
Living Lab di quartiere
argeted to an undefined objectives
targeted to identified objectives of the
community
final objectives change based on the needs of
users
final objectives change based on the needs of
citizen
company project manager
university
local authority
citizen
local authority
ROLE OF PROJECT
MANAGER
management and control of own resources
management and control of neighbourhood
resources and activities
facilitation and encouragement of users
engagement, facilitation and encouragement of
citizen
CONTROL POINT
adjustments can even be made daily
adjustments can even be made daily
KIND OF USERS AND
USER-COMMUNITIES
end-users of service or product
citizen
citizen
neighbourhood association
business owner
ROLE OF USERS AND
USER-COMMUNITIES
equal and active partecipants in the project
co-creators of products or services
co-creators of products or services
equal and active partecipants in the project
shared management activities.
RESOURCES AND
CAPABILITIES
readjustment and redefinition are the next steps readjustment and redefinition are the next steps
flexibility in integrating different types of
flexibility in integrating different types of
knowledge in the livin lab network/community knowledge in urban issue
TOOLS
facilitation of end users and user communities
facilitation of citizen and communities.
facilitative methods and group work tools
facilitative methods, partecipative methods and
group work tools
Tali laboratori urbani agirebbero su aree limitate e in contesti in cui sono attivabili nuove forme di
partenariato e di governance a partire dalla necessità di cambiamento e dall'indeterminatezza della agenda
politica che collega le questioni di potere a quelle del luogo (Karvonen e van Heur, 2014).
I singoli LLdQ, come piattaforme di sviluppo costante di beni e di servizi di comunità, potrebbero essere
una infrastruttura operante all'interno della città e capace di relazionarsi con le altre realtà urbane nel
diffondere e adattare velocemente processi e metodi d'intervento adatti alle diverse realtà urbane così
come avviene già per le reti di Living Lab in ambito economico-produttivo.
Inteso come piattaforma collaborativa, il principale compito di un LLdQ sarebbe quello di costruire un
ambiente in ci i membri della comunità possano interagire tra loro, mutuando il modello dalle piattaforme
collaborative on-line che si basano sul ruolo attivo dei membri. Nel nostro caso i servizi collaborativi
coinvolgerebbero i cittadini e le piattaforme sarebbero arene di dibattito attraverso cui costruire strumenti
di fiducia. Spesso tali strumenti sono già operanti nella dimensione della prossimità e della quotidianità,
essi devono solo essere rivitalizzati e implementati.
Oltre allo sviluppo di processi partecipativi, la piattaforma, se istituita in forma stabile, promuoverebbe in
senso ampio lo scambio e il rafforzamento dell'interazione sociale. Ciò attraverso la promozione di forme
di attivazione sociale in accompagnamento alle azioni di trasformazione di tipo tradizionale.
1016
5 | Conclusioni
Le città sono per definizione luoghi di progresso socio-culturale, in esse ideologie e modelli politici ed
economici si sviluppano e vengono messi in crisi, quindi sono luoghi deputati all'innovazione.
Come Evans e Karvonen (2014) sostengono, i laboratori urbani e le specifiche sperimentazioni
costituiscono 'nicchie classiche' per l'innovazione, dato che sono stati ideati per 'proteggere' idee e pratiche
innovative dalle pressioni tradizionali che si possono manifestare in uno specifico contesto urbano e,
grazie a particolari partnership di ricerca con le università (Strebel e Jacobs, 2014), approcci specifici,
apparentemente puntuali, possono avere effetti più ampi.
L'applicazione del modello di 'innovazione aperta' di tipo aziendale in città rischia di produrre derive neoliberiste nella costruzione del welfare urbano. Quando la fornitura di servizi pubblici risulta insufficiente è
possibile sia delegare soggetti privati attraverso partenariati pubblico-privati che attivare forme di
produzione collaborativa del welfare, approfittando dei modelli propri delle piattaforme di condivisione online e applicandoli ai reali contesti locali. La differenza è sostanziale riflettendo sulla reale accessibilità dei
servizi. Quali piattaforme-laboratori di quartiere i Living Lab garantirebbero il superamento di una logica di
partenariato che favorirebbe il settore privato a sostegno di un approccio collaborativo di tipo orizzontale
in cui cittadini, enti pubblici e il terzo settore rispondono insieme alla domanda di beni e servizi di valenza
pubblica e collettiva.
Rispetto al Living Lab aziendale, un LLdQ riporta l'attenzione dall'utente al cittadino, una loro istituzione
non rappresenta un salto culturale per le amministrazioni, ma la possibilità di migliorare forme collaudate
di governance, spesso confinate a soluzioni occasionali, raramente implementabili. Elevare le performance della
città operando attraverso una piattaforma-laboratorio di tipo collaborativo, anche grazie al supporto dalle
tecnologie ICT, è un obiettivo raggiungibile se si pensa che già i cittadini, anche grazie ai social media, si
organizzano e intervengono laddove l'amministrazione locale è meno presente. Questo tipo di iniziative
troverebbe nei LLdQ una piattaforma di condivisione e in tal senso essi potrebbero rappresentare un
luogo di apprendimento, miglioramento e crescita della comunità. Affinché ciò sia possibile, tale
dispositivo deve farsi garante di approcci 'civicentrici' in cui i processi sono avviati a partire dalle
motivazioni dei cittadini accompagnate da una loro adeguata informazione e preparazione rispetto a
criticità e benefici di determinate scelte. In questi luoghi i cittadini, incontrando amministrazioni, aziende
municipalizzate che gestiscono i servizi urbani e settore privato, possono proporsi come ideatori,
produttori e gestori di beni e servizi utili alla comunità. In un'ottica sistemica essi rappresenterebbero i
nodi attivatori di un ecosistema d’innovazione urbana, basato su 'nuovi cittadini' caratterizzati da un
sentimento di co-responsabilità e di impegno nei confronti del proprio territorio.
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1018
Sull’integrazione de-facto della bigliettazione per il Tpl
in area metropolitana: Puglia e Catalogna a confronto
Federica Greco
Master in Architettura del Paesaggio, UPC, Barcellona
Email: federicagreco@libero.it
Antonio V. Scarano1
Agenzia Regionale per la Mobilità nella regione Puglia
Email: a.scarano@arem.puglia.it
Abstract
L'integrazione delle funzioni che la città è sollecitata a garantire e l'organizzazione dei propri spazi e tempi è un tema
di interesse politico, ambientale, sociale ed economico. Il presente lavoro riporta un confronto tra due realtà
territoriali, oltre che strutturalmente differenti, asincrone dal punto di vista delle politiche di integrazione in tema di
trasporto pubblico: la situazione pugliese e della Città Metropolitana di Bari e quella dell'area metropolitana di
Barcellona. In particolare si confrontano i meccanismi di integrazione tariffaria già diventati 'buona pratica' in
Catalogna, con i tentativi in corso in tema di “Sistema tariffario integrato”, “che consenta all'utente l'utilizzo di tutti i
servizi di T.P.R.L. sul proprio territorio con il pagamento di un unico titolo di viaggio, anche con carte multiservizi”,
posto tra gli obiettivi dichiarati dalla L.R. n. 18/2002 pugliese (Testo Unico sulla disciplina del trasporto pubblico
locale), ma che ancora stentano a concretizzarsi. Per la Puglia si fornisce una interpretazione in chiave 'inversa'
dell'attuazione delle politiche pubbliche in tema di bigliettazione unica.
Parole chiave: strategic planning, integration, mobility.
1 | Integrazione e sostenibilità del sistema tariffario per il Tpl
Il tema dell’integrazione tra le componenti strutturali delle comunità e l’ambiente che le ospita è di rilevo
nel governo delle trasformazioni socio territoriali nell'ottica di uno sviluppo ‘smart’. Allo stesso modo la
relazione diretta tra l’accesso alla mobilità territoriale e le opportunità di crescita economica, culturale ed
intellettiva si è spostata, ormai, verso l’accesso ad una molteplicità di servizi integrati per i trasporti e non
solo a quelli di spostamento.
La garanzia di mantenere relazioni positive tra i bisogni di spostamento, i 'tempi e gli spazi delle città' e i
servizi di trasporto collettivo si basa principalmente su fattori di qualità del servizio garantiti da misure
sostenibili di finanziabilità che non possono più esporre, come accaduto in passato, il sistema a ricorrenti
rischi di default.
Nel caso delle misure di integrazione tariffaria finalizzate ad agevolare, in molti casi, oltre che il viaggio
multimodale anche l’accesso ai servizi delle città, i caratteri di sostenibilità economica degli interventi stessi
rappresentano condizioni imprescindibili per il successo delle iniziative.
In generale gli sforzi di migrazione verso un sistema di integrazione tariffaria ricomprendono sia costi volti
ad offrire particolari vantaggi sull’acquisto di titoli di viaggio sia costi indiretti ascrivibili alle politiche di
clearing2 e agli apprestamenti tecnologici necessari a governare l’integrazione: unificazione degli algoritmi di
1Le
opinioni qui espresse sono frutto dell’autore e non coinvolgono, in nessun modo, l’Ente di appartenenza.
procedure di clearing identificano le compensazioni tra i entità aderenti a formule di integrazione tariffaria. Tali regole
ricomprendono le modalità di ascrizione, alle diverse gestioni (operatori differenti, modalità differenti), dei principali fattori di
2Le
1019
codifica/decodifica dei titoli di viaggio, applicazioni multi-operatore e multi-modo per l’emissione del
titolo di viaggio, armonizzazione dei software gestionali d’impresa, ecc.
Il panorama nazionale offre particolari spunti di riflessione circa le modalità di sussidio delle iniziative di
integrazione tariffaria per i servizi di trasporto pubblico locale. Un esempio di evoluzione delle politiche di
integrazione tariffaria è quello attuato dal consorzio UnicoCampania.
Con un meccanismo a clearing fisso, basato in larga parte sulla ricostruzione storica dei ricavi da traffico
per le singole modalità e per i singoli soggetti consorziati, sin dall’anno 2003 in tutta la regione Campania è
possibile viaggiare con un titolo di viaggio unico, differenziato per zone omogenee di traffico.
Recentemente, anche per sanare alcune distorsioni, la struttura tariffaria è stata rivista e sono stati
reintrodotti i c.d. titoli di viaggio aziendali (ossia fuori dal meccanismo di integrazione tariffaria multioperatore) al fianco del TIC – Ticket Integrato Campania.
La situazione pugliese mostra invece uno spettro di esperienze di integrazione di titoli di viaggio per lo più
basato su accordi commerciali tra operatori. Quello che da un lato non offre unitarietà alle integrazioni in
atto a causa della geografia frammentata delle buone pratiche di integrazione, dall’altro si è rivelato uno
schema economicamente sostenibile per la diffusione del titolo di viaggio unico. Piuttosto che di una vera
e propria integrazione tariffaria, dove l’integrazione si manifesta anche in un’agevolazione sul costo del
biglietto, il panorama pugliese, negli ultimi tempi ha visto crescere due modelli di integrazione frutto di
accordi commerciali: il biglietto unico (privo di alcuna agevolazione sul costo) e il biglietto integrato (con
agevolazioni a carico degli operatori) che però, quest’ultimo, attualmente non risulta più attivo.
2 | Il servizio di trasporto pubblico locale nell'Area Metropolitana di Barcellona
L'area metropolitana di Barcellona, in tema di trasporto pubblico integrato, rappresenta senz'altro un
esempio di buona pratica, sia in tema di organizzazione, sia per l'attenzione posta alla qualità del servizio
offerto.
In merito al soddisfacimento degli utenti, infatti, una indagine svolta dalla Swedish Opinion Institute (TEMO),
in base ad uno studio comparato su otto città europee3 ha mostrato come l’area metropolitana di
Barcellona risultati essere al primo posto per la soddisfazione del cliente. Tale indagine è avvenuta
attraverso più di 1000 interviste telefoniche fatte a coloro, con più di 15 anni d’età, che utilizzano il
trasporto pubblico locale nelle città interessate.
Inoltre, si evidenzia che la TMB (Transports Metropolitans de Barcelona), la società che si occupa di controllare
e garantire alla cittadinanza il corretto funzionamento delle compagnie che erogano il servizio di trasporto,
ha sviluppato il 'Quality Action Plan', una strategia volta a dare una concreta implementazione agli impegni
dichiarati nella Carta dei Servizi. La qualità del servizio è monitorata attraverso i cosiddetti 'Customer Care
Centre', a servizio dei passeggeri.
Nel merito del funzionamento e coordinamento del sistema di trasporto pubblico nell'area metropolitana
di Barcellona, come ben rappresentato nel testo "Il Servizio di Trasporto Pubblico a Barcellona"4, un
ruolo chiave è svolto dall’Autoritat Metropolitana del Transport(ATM), un consorzio intra-authority, istituito
nel 1997, i cui membri sono:
- La Generalitat de Catalunya (il governo della Regione);
- La Municipalidad di Barcellona (il governo locale della città);
- La Entitat Metropolitana del Transport, EMT (un organismo composto dai 18 municipi che fanno parte
dell’area metropolitana di Barcellona).
La EMT rappresenta l’ente governativo che stabilisce le linee di condotta delle aziende erogatrici del
servizio di trasporto nella regione di Barcellona, i cui membri provengono dalle 18 municipalità dell’area
metropolitana.
La Transports Metropolitans de Barcelona (TMB),come già anticipato, è la società, interamente partecipatada
EMT, cui spetta il controllo delle compagnie Ferrocarril Metropolità de Barcelona AS e Transports de Barcelona
che erogano il servizio di trasporto. La TMB, tenendo conto delle indicazioni fornite dal consiglio
dell’Entitat Metropolitana, organizza e gestisce i servizi di trasporto su autobus (80 linee per 750 Km), su
metropolitana (5 linee per 81,2 km), ed i servizi erogati attraverso modalità particolari (funicolare di
Monjuic, cabina di funivia di Monjuic, la Tranvia Blau e i bus turistici), nonché ne controlla le fasi di
produzione.
produzione dei servizi di trasporto (passeggeri, passeggeri×km, sussidio, ricavi da traffico, eventuale pricing della sosta e/o della
circolazione, ecc…).
3 Barcellona, Copenaghen, Helsinki, Monaco, Oslo, Stoccolma, Torino e Vienna.
4 https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/Scheda_Tpl_Barcellona.pdf, consultato il 26-04-2016.
1020
Essa fornisce il servizio attraverso le società controllate: Ferrocarril Metropolità de Barcelona SA, per il
trasporto su metropolitana, e Transports de Barcelona SA, per il trasporto su autobus.
Le compagnie che operano nella città di Barcellona e collegano tra di loro le 18 municipalità sono:
• Ferrocarrils de la Generalitat de Catalunya (FGC):totalmente di proprietà della Regione che realizza
servizi di trasporto su ferrovia locale e regionale;
• Rodalies Renfe (Renfe Cercanias-Barcelona): ferroviaria statale che realizza il servizio di trasporto su
ferrovia interurbana;
• Compagnie private: sono circa 40 e realizzano il servizio di trasporto nella modalità bus e
garantiscono il collegamento tra i comuni.
Le imprese pubbliche, in particolare TMB e FGC, stipulano con ATM dei Contratti di Programma che
stabiliscono il grado di copertura dei deficit operativi, gli investimenti in manutenzione e rinnovo delle
infrastrutture e l’eventuale ricorso a procedure di indebitamento, cui corrispondono degli obblighi da parte
degli operatori, atti a garantire la quantità e qualità del servizio.
La RodaliesRenfe, invece, stipula un contratto di programma direttamente con il Governo Centrale.
I 40 operatori privati che offrono un servizio di trasporto su gomma interurbano operano attraverso una
concessione rilasciata da ATM.
Il finanziamento del trasporto urbano è regolato dalla Legge sulla Finanza Locale (Legge 25/1988),in base
alla quale gli Enti locali possono godere di crediti agevolati da parte dello Stato. É possibile usufruire di tali
crediti o attraverso la stipula di contratti di programma tra Governo centrale e Ente locale, oppure
attraverso il trasferimento, da parte del governo centrale, di sussidi atti a finanziare determinate
infrastrutture. È possibile usufruire di tali sussidi solo dopo un’attenta analisi della domanda di servizi di
trasporto in quella specifica area e delle caratteristiche più generali del territorio.
Nel merito del ruolo delle amministrazioni, centrali e locali, nel finanziamento degli investimenti e delle
operazioni di manutenzione, vi è una ripartizione delle responsabilità tra Stato, Comunità e Municipalità.
Sicuramente, in materia di finanziamento, un ruolo chiave è svolto dallo Stato, che finanzia, per il 100%,
gli investimenti (in materiale rotabile, manutenzione delle reti, sviluppo di nuove linee) che riguardano
Rodalies Renfe; partecipa alla manutenzione e al nuovo acquisto di materiale rotabile di TMB e FGC;
finanzia parte degli investimenti in capitale rotabile della rete di trasporto su autobus, gestita da
concessionari privati. Complessivamente, finanzia un terzo dei progetti di investimento in infrastrutture.
La regione finanzia gli investimenti in materiale rotabile di TMB e di FGC (sia per la manutenzione che
per nuovi acquisti) e, per il trasporto interurbano, il 55% degli investimenti in materiale rotabile, per le
linee di competenza regionale.
La Comunità partecipa, per i due terzi, al finanziamento delle nuove infrastrutture, mentre le
amministrazioni municipali finanziano solo gli investimenti in materiale rotabile5.
A partire dall’anno 2000, ATM ha optato per un sistema di integrazione tariffaria valido per tutta la
Catalogna, prevedendo in particolare, che i biglietti siano prodotti da ATM; ATM riceva le entrate
derivanti dalla vendita dei titoli di viaggio; vengano realizzate le necessarie deduzioni, in relazione alla
copertura dei costi di stampa, distribuzione e vendita; una apposita commissione di monitoraggio stabilisca
i criteri di distribuzione delle entrate tariffarie; la distribuzione delle risorse e le operazioni di
compensazione vengano realizzate su base mensile.
Nel merito del biglietto integrato, in particolare, esistono diverse possibilità d'acquisto per l'utente, a
partire dal biglietto singolo, al T10, con validità illimitata all'interno dell'anno solare, pluripersonale, che dà
diritto a 10 tratte in metropolitana, FGC, autobus, tram e Rodalies Renfe, acquistabile per una o più zone tra
le 6 in cui è suddivisa l'intera area metropolitana (il T10 per una zona permette l'utilizzo dei citati mezzi di
trasporto purché il viaggio abbia una durata inferiore ad 1 ora e 15 minuti), al T50 (50 corse,
unipersonale), Tmes (corse illimitate per un mese, unipersonale).
5
Tutte le informazioni relative al trasporto pubblico locale dell'Area metropolitana di Barcellona sono tratte da 'Il Servizio di
Trasporto Pubblico a Barcellona' (https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/scheda_tpl_barcellona.pdf).
1021
Figura 1 | Servizio di trasporto pubblico su metropolitana, Barcellona.
3 | Il trasporto pubblico metropolitano di Bari e le integrazioni incipienti
L’organizzazione del tpl pugliese ispirala sua struttura gestionale al principio di sussidiarietà tra lo Stato e i
livelli periferici dell’Amministrazione pubblica: Regione, Province/Città Metropolitana e Comuni. Sebbene
il Piano Triennale dei Servizi di tpl recentemente approvato con (Delibera di Giunta Regionale pugliese
n.598 del 26/04/2016) delinea importanti mutamenti di questo modello di sussidiarietà, ad oggi è del tutto
plausibile trovare, in una stessa area geografica pugliese, almeno tre diversi Enti titolari di contratti di
servizio di trasporto, oltre che, ovviamente, operatori differenti.
Oltre a ciò, l’unicità, tutta pugliese, di poter contare sui servizi di tre ferrovie regionali oltre il gruppo FSI,
moltiplica gli sforzi di integrazione che gli Enti sono chiamati a sostenere per garantire servizi di qualità ai
cittadini che risultano utenti e finanziatori dello stesso servizio.
All’interno della Città Metropolitana di Bari, che ospita oltre un milione di abitanti, convergono tre di
queste ferrovie oltre ad una fittissima rete di servizi automobilistici extraurbani, eserciti sia dagli stessi
operatori (servizi sostitutivi/integrativi) sia dal Consorzio Co.Tr.A.P.. A ciò devono aggiungersi i servizi
gestiti dai singoli Comuni nei propri territori.
La molteplicità di questi servizi si traduce in una frammentazione dei meccanismi di sussidio che,
attraverso lo Stato e gli Enti, raggiungono gli operatori.
Il servizio ferroviario e automobilistico sostitutivo/integrativo è regolato da contratto di servizio con la
Regione Puglia che, al contempo, ha sottoscritto anche un contratto di servizio con il consorzio degli
operatori automobilistici extraurbani.
Similmente la Città Metropolitana di Bari gestisce il proprio contratto di servizio con lo stesso Consorzio,
ma su ulteriori relazioni extraurbane tra i comuni dell'area. Ancora, il Comune di Bari gestisce il servizio
urbano, attraverso Amtab: il proprio operatore di trasporto in-house providing.
Solo una parte di questi servizi di trasporto concorre, ad oggi, all'integrazione del sistema tariffario. Sulla
scorta di accordi commerciali esistenti, infatti, nella Città Metropolitana di Bari6 si è realizzata
'spontaneamente' la bigliettazione unica tra due ferrovie metropolitane, una sub-urbana, tra linee
automobilistiche extraurbane gestite da queste ultime (integrazione intra-operatore) e il trasporto urbano
6In
realtà gli accordi commerciali tra operatori di tpl sono presenti in diverse realtà territoriali, non solo nella Città Metropolitana
di Bari. Alcuni esempi sono: l'integrazione tra ATAF-Foggia e la ferrovia garganica, o ancora, la ferrovia Bari-Barletta e i servizi
urbani di Barletta.
1022
del capoluogo7 sulla scorta di accordi commerciali esistenti e senza sussidio specifico da parte degli Enti
locali.
Le immagini che seguono presentano lo scenario attuale delle reti di tpl, ferroviario ed automobilistico,
che concorrono al sistema tariffario integrato.
Figura 2 | Città Metropolitana di Bari. Infrastruttura ferroviaria.
In arancio le Ferrovie Appulo Lucane, in blu la Ferrotramviaria, in verde le Ferrovie del Sud-Est.
Fonte: Elaborazione grafica degli autori su dati del Sistema informativo territoriale della Regione Puglia.
Lo scenario di integrazione tariffaria tra le ferrovie regionali Bari-Matera e Bari-Barletta e quella suburbana Bari-q.re San Paolo concretizza solo parzialmente l'indirizzo della L.R. 18/2002 di generare un
‘sistema integrato’ della mobilità.
Figura 3 | Città Metropolitana di Bari. Rete dei servizi automobilistici sostitutivi/integrativi di Ferrovie Apulo-Lucane s.r.l..
Fonte: Elaborazione grafica degli autori su dati Ferrovie Appulo-Lucane s.r.l. - www.ferrovieappulolucane.it.
7Circa
dieci anni fa venne attivato il primo esempio di integrazione tariffaria ad esclusivo carico degli operatori tra i treni della
Linea ferroviaria Bari-Barletta e il trasporto urbano di Bari. Ad oggi è possibile viaggiare con un titolo di viaggio unico su treno e
autobus di Ferrotramviaria (ferrovia Bari-Barletta e ferrovia sub-urbana Bari-San Paolo e relative autolinee), Ferrovie Appulo-Lucane
(ferrovia Bari-Altamura-Matera e relative autolinee) e Amtab (autolinee urbane di Bari).
1023
Figura 4| Città Metropolitana di Bari. Rete dei servizi automobilistici sostitutivi/integrativi esercìti da Ferrotramviaria s.p.a..
Fonte: Elaborazione grafica degli autori su dati Ferrovie Appulo-Lucane s.r.l - www.ferrotramviaria.it.
4 | Le politiche pugliesi in materia di bigliettazione unica: il ‘modello inverso’
Come visto in precedenza, la frammentazione degli Enti titolari di contratti di servizio di tpl, talvolta
anche su relazioni sovrapponibili, rende laborioso ogni sforzo di integrazione del sistema tariffario.
Piuttosto che affrontare il tema dell'integrazione tariffaria in senso stretto, con la necessità di evitare gli
insuccessi dei modelli di clearing prefissato, in Puglia si va determinando un modello de-facto di
bigliettazione integrata che si poggia sull'armonizzazione degli accordi esistenti tra gli operatori oltre che
su modesti investimenti in tecnologia.
In questo senso l’Amministrazione regionale, in relazione ai propri compiti istituzionali di governance del
settore del trasporto pubblico nonché di garantire l’accesso equo, indiscriminato, sostenibile e non in
ultimo smart, favorisce la diffusione degli accordi commerciali inter-operatore garantendo massa critica
all'intero sistema del trasporto pubblico ed accompagna il processo con i necessari investimenti in upgrade tecnologico8.
In particolare si fa riferimento al caso pilota del progetto di cooperazione internazionale GIFT 2.0
(Greece-Italy Facilities for Trasport 2.0), che permette l''armonizzazione' dei sistemi informativi di
tariffazione, bigliettazione e clearing di tre operatori di trasporto pubblico che, attraverso un accordo
commerciale di tipo privatistico, hanno, di fatto, concretizzato un sistema unico di bigliettazione che
coinvolge due ferrovie metropolitane (la Ferrovia Bari-Barletta e la Ferrovia Bari-Altamura-Matera), una
ferrovia sub-urbana (Bari–San Paolo) e il vettore urbano di tpl della città di Bari.
Per il caso pugliese, dunque, si può parlare di un approccio di revers-engeneering rispetto al processo di
costruzione ed attuazione delle politiche pubbliche in materia di bigliettazione unica per il tpl.
Le esperienze italiane in tale campo individuano come strategico il sussidio pubblico a copertura della
spesa corrente di clearing tariffario tra le diverse modalità di trasporto nonché tra i diversi operatori.
Il modello pugliese, invece, ha desunto la strategia direttamente dalle azioni incipienti riferite agli accordi
commerciali che andavano configurandosi spontaneamente: è questo il senso dell'inversione del
meccanismo di attuazione delle strategie pubbliche.
Questo paradigma, inoltre, ha il pregio di garantire il coinvolgimento di stakeholder qualificati nella
costruzione della strategia: il solo fatto di aver preso come modello gli accordi commerciali esistenti e
averne fatto diventare un’azione di governo gratifica gli 'operatori pionieri' con sufficiente garanzia di
successo dell'intervento pubblico.
8I
modesti investimenti cui si fa riferimento costituiscono parte dell'output di uno dei progetti pilota del più ampio progetto di
cooperazione transfrontaliero GIFT 2.0 (Greece Italy Facilities For Transport 2.0).
1024
5 | ‘Ritardi’ e sostenibilità: un modello possibile
Alla luce di quanto rappresentato, appare chiaro come lo scenario pugliese si presenti tutt’altro che lineare.
É ragionevole presupporre che la frammentarietà delle competenze nella gestione dei servizi di trasporto,
sia stato l'elemento frenante del processo di integrazione indirizzato dalla L.R. Puglia 18/2002. Risulta
altrettanto evidente come, l’integrazione multiservizi catalana sia, invece, il risultato dell'unitarietà delle
competenze programmatorie e gestionali del sistema della mobilità. In una regione come la Puglia, con
cinque operatori ferroviari e una costellazione di operatori automobilistici, sia pure consorziati, la governance
di un sistema di bigliettazione integrata risulterebbe oneroso dal punto di vista della sua sostenibilità
economica se classicamente inteso. In questo senso, il ritardo e l’asincronia di attuazione dell'integrazione
tariffaria pugliese ha spontaneamente munito il sistema di caratteristiche di autosostenibilità economica
evitando il continuato sussidio di queste misure da parte degli Enti competenti.
Riferimenti bibliografici
Greco F., Mangialardi G., Scarano A.V. (2015), “Mobilità e trasporti nella città metropolitana di Bari”, in
Urban@it Centro nazionale di studi per le politiche urbane, Metropoli attraverso la crisi, Rapporto sulle città
2015, disponibile su: http://www.urbanit.it/wp-content/uploads/2015/10/BP_A_Greco-2.pdf.
Indagine conoscitiva di Roma Capitale su organizzazione dei servizi di trasporto nelle capitali europee “Il
Servizio
di
Trasporto
Pubblico
a
Barcellona”,
disponibile
su:
https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/Scheda_Tpl_Barcellona.pdf.
Piano triennale dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale 2015-2017, disponibile su:
http://www.regione.puglia.it/www/web/files/trasporti/piano_regionale_trasporti/Progetto_del_Piano
_Attuativo/Piano_Triennale_dei_Servizi_2015_2017.pdf.
Sitografia
Materiale informativo e presentazione delle reti di Tpl dell’Area Metropolitana di Barcellona, disponibile
sul portale della società in-house TMB - Trasnsports Metropolitans de Barcelona dell’Area Metropolitana
di Barcellona
http://www.tmb.cat.
1025
Innovazione delle analisi urbanistiche:
i Big Data per la ricerca dei valori identitari urbani
Carmelo Ignaccolo
Fulbrighter at Columbia University, NYC, GSAPP
Email: i.carmelo@columbia.edu
Paolo La Greca
Università degli Studi di Catania
Dipartimento di Ingegneria Civile Architettura (DICAR)
Email: plagreca@dau.unict.it
Francesco Martinico
Università degli Studi di Catania
Dipartimento di Ingegneria Civile Architettura (DICAR)
Email: fmartinico@dau.unict.it
Abstract
Le città devono essere sempre più studiate come reti sociali di contatti e interazioni. Lo spazio urbano aumenta la sua
complessità, anche a causa della aumentare dei livelli di informazioni che in esso si sovrappongono.
La ricerca di elementi che caratterizzano valori identitari delle città costituisce un campo di interessante
sperimentazione per individuare nuovi strumenti di pianificazione e gestione della città consolidata. In questa
prospettiva, la tematica identitaria dei nuclei storici urbani è una questione di primario interesse in quanto queste
parti della città pongono, tradizionalmente impegnative sfide concettuali ai pianificatori, a partire dalla loro
individuazione. L’utilizzazione dei big data può fornire interessanti spunti per innovare i metodi di analisi della
complessità urbana, ma richiede un notevole sforzo interpretativo.
Questo studio, presenta alcuni elementi utili a definire metodologie innovative, da combinare con gli strumenti
tradizionali dell’analisi urbanistica, per la definizione e identificazione dell’identità e della percezione della qualità da
parte di abitanti e city users. La metodologia proposta si base sull’estrazione e l’elaborazione dei dati relativi alle
fotografie geo-localizzate condivise dagli utenti del social network Flickr.
Parole chiave: surveys & analyses, identity, historic centers.
Il più delle volte gli ideografi vedono solo le cartacee rappresentazioni del mondo e non
guardano il mondo reale. Eppure lo spazio ideografico esiste perché materializza i rapporti
tra esseri umani e manufatti.[...]. Occorrerebbero molti “fumetti” e cioè notazioni verbali
complementari, per arrivare a capire qualcosa. Ma anche questo non arriva a dare quello
che dà l’esperienza fisica della percezione diretta, tridimensionale e sensuale
Ismè Gimdalcha, Il progetto Kalhesa
L’urbanistica al tempo dei big data. Le nuove sfide
La grande diffusione dell’ICT costituirà un inevitabile punto di svolta per innovare i metodi tradizionali
propri della pianificazione urbana. Una sfida di grande portata sarà quella di studiare con nuovi metodi le
città come complesse reti sociali, dense di contatti e interazioni, evidenziandone le relazioni con la
struttura insediativa per definire i nuovi strumenti per gestirne e governarne il funzionamento.
1026
Se già negli anni sessanta G. Astengo (1966) evidenziava la palese inadeguatezza degli strumenti
conoscitivi a fronte del fascino e della straordinaria ampiezza del fenomeno urbano, ogni qual volta ci si
confronta con il tentativo di disegnarne il futuro1, non si può non riconoscere una sensazione di
disorientamento nelle discipline territoriali dovuta agli innumerevoli strumenti analitici oggi disponibili
attraverso i Big Data. Tuttavia, questi aprono prospettive del tutto inedite per una comprensione orientata
al piano e al governo della città.
E. Schmidt, executive chairman di Google, sostiene che se l’insieme delle informazioni prodotte dal
sorgere delle prime civiltà al 2003 può essere quantificato in 5 Exabyte, oggi la stessa quantità viene creata
in due giorni2. Ancora più disorientante è la considerazione relativa alla qualità e disponibilità dei dati.
Oggi siamo tutti produttori di una gigantesca quantità di informazioni che possono diventare disponibili in
modo molto più agevole rispetto al passato, quando il processo di storing delle informazioni era
infinitamente più selettivo e molto più elitario era l’accesso alle informazioni3.
Lo spazio urbano può essere letto come un sistema complesso, in cui diversi livelli di informazioni si
sovrappongono. Si può interpretare la città come una vera e propria struttura hardware e software che può
essere compresa grazie ad un’analisi d’insieme delle sue dinamiche. Un approccio parametrico (Karled e
Kelly, 2011) diventa quindi un modo di relazionare i tangible and intangibile systems. Questo approccio,
avviato da circa un decennio, utilizza parametri quantificabili dei fenomeni urbani e delle loro interazioni,
con l’obiettivo di tradurre in regole matematiche, gli aspetti dinamici della città. Applicando queste
metodologie si possono comprendere i processi di adaptation e self organization di un sistema, verificando
come alcune decisioni possono creare nuovi equilibri di coesistenza (Fusero et al., 2013).
Come ha affermato Ratti (2011), «utilizzare le informazioni urbane catturate in tempo reale e renderle
pubblicamente accessibili può permettere alla popolazione di fare scelte più oculate riguardo l’uso delle
risorse urbane, in termini di mobilità e interazione sociale». Questo feedback loop crea un’esperienza urbana
in cui atomi di materia e bits si amalgamano in una koinè di informazioni accessibili, che spingono a
immaginare l’avvento di uno smart bottom-up approach nella cultura della pianificazione.
Le analisi tradizionali rischiano di ridursi a mera cristallizzazione statica delle dinamiche odierne di una
città. Per contro, una metodologia parametrica può offrire molteplici snapshots che discretizzano un
processo in continua evoluzione, restituendone la dinamicità e consentendo di avviare la successiva sintesi
interpretativa (Batty, 2013).
L’idea di una città, intesa come sistema attivo di infiniti elementi facilmente e/o difficilmente
parametrizzabili, in realtà era già stata espressa da sociologi ed urbanisti del secolo scorso, i quali
constatavano la necessità di andare oltre una visione eccessivamente semplificata indotta anche
dall’assenza delle tecnologie oggi invece disponibili. K. Lynch, per esempio, affermava come, a volte, le
forme fisiche degli spazi urbani non abbiano un ruolo significativo nella soddisfazione di importanti valori
umani, che invece dipendono dalla complesse relazioni umane e di vicinanza. Si può essere infelici in una
isola paradisiaca e felici in un slum (Lynch, 1984). Al pianificatore spetta il compito di comprendere queste
relazioni, di «guardare da vicino le città, poiché oltre a guardarle egli potrebbe anche ascoltare e pensare a
quello che sta vedendo» (Jacobs 1961).
Lynch constatava che molte importanti caratteristiche spaziali delle città non venivano considerate. Mentre
vi era la possibilità di registrare il traffico veicolare già nella seconda metà del XX secolo, lo stesso non
avveniva per i flussi d’informazioni e comunicazioni. Egli denunciava, allora, l’impossibilità di valutare
l’attrattività percettiva dei luoghi da parte degli abitanti. Oggi è possibile tentare di utilizzare social
networks come Facebook, Twitter, Flickr o Instagram per mettere a punto degli indicatori di attrattività
dei luoghi (Paldino et al., 2015) cogliendone gli aspetti identitari (Zou et al. 2014).
Nei centri storici delle città italiane questa ricerca assume un significato di particolare rilevanza. La densità
e concentrazione di emergenze architettoniche, assieme alla crescente pressione dovuta alle modalità d’uso
spesso fortemente impattanti che si affermano nei centri maggiori o più vitali, richiede, oltre a corrette
politiche di pianificazione orientate alla conservazione del patrimonio architettonico, accurate metodologie
di gestione degli spazi da individuare e verificare anche in base alla percezione degli utenti.
Per una dettagliata disamina degli strumenti consolidati di analisi cfr. Palermo 1992.
http://techcrunch.com/2010/08/04/schmidt-data/.
3 Sul ruolo della Documentalità nella società contemporanee cfr. Ferraris 2009.
1
2
1027
Identità e centri storici
Il tòpos del centro storico italiano si presenta come un interessante ambito esplorativo di queste
metodologie innovative, volte a captarne l’attrattività e il valore percettivo.
Il concetto di centro storico si è consolidato attraverso un lungo e articolato processo culturale e
normativo. Non a caso, nella legislazione nazionale non esiste una definizione di stretto rilevo giuridico di
“centro storico” (Urbani e Matteucci, 2010) proprio per garantire la giusta discrezionalità
nell’individuazione di un ambito la cui definizione è determinata da molteplici fattori che si evolvono nel
tempo e che da un cinquantennio utilizzano le tradizionali analisi storico – critiche e tipologico –
morfologiche normalmente utilizzate nei Piani Urbanistici Comunali4.
Le strategie urbanistiche sul centro storico, quasi sempre ridotte al blocco di ogni sostanziale alterazione
dei caratteri edilizio-architettonici della parte più antica e rappresentativa della città, sono state la giusta
reazione alle distruzioni brutali e rozze della speculazione edilizia del dopoguerra. Tuttavia, i più attenti
osservatori evidenziano da oltre un trentennio, una visione più articolata del centro-città, inteso come
punto centrale della vita sociale e delle relazioni di scambio, in cui confluiscono i problemi connessi all’uso
del patrimonio edilizio di pregio e quelli di controllo rigoroso degli effetti sul piano sociale (Ciardini e
Falini, 1978).
In questo senso l’evoluzione dell’approccio ai centri storici non può prescindere dal contributo offerto da
G. Astengo e G. Campos Venuti, rispettivamente nelle esperienze di Assisi nel 1955 e di Bologna nel
1970. Se alla prima esperienza si deve la codificazione dell’inscindibilità del rapporto tra analisi e piano, la
seconda fa emergere in modo evidente la chiave di lettura identitaria, interpretata nella sua dimensione
politica. Il caso bolognese, in un momento storico in cui l’opinione pubblica considerava i centri storici
“un fastidio da eliminare”, introduce la componente identitaria nelle scelte di piano. «Il fatto che fossero i
comunisti a difendere una chiesa, fece scalpore a livello nazionale e aiutò a lanciare l'operazione della
salvaguardia di tutto il centro storico» (Campos Venuti, 2007) Nella Bologna d'inizio anni Sessanta, fu
proprio la classe operaia a interpretare e raccogliere i valori culturali della città, schierandosi per la difesa
del centro storico. Anche nel caso di Catania, una lettura innovativa venne proposta all’inizio degli anni
1980, evidenziando la dualità del patrimonio edilizio corrispondente a una precisa polarizzazione delle
classi sociali che avevano prodotto il tessuto storico (Dato, 1983)
I casi del Piano Regolatore di Assisi e quello di Bologna si propongono come esempi di rottura con un
corredo analitico dei piani poco più che descrittivo, ampiamente diffuso nell’Italia degli anni ’50 e ’60. Da
queste basi è necessario prendere le mosse, mettendo a frutto la disponibilità di nuovi strumenti analitici
che le tecnologie mettono a disposizione dei pianificatori.
Metodologie per la quantificazione di un indicatore di vitalità
Lynch aveva già evidenziato come le persone che vivono in un luogo creano delle mappe mentali, basate
sulle loro personali esperienze e reazioni all’ambiente urbano circostante. Quercia et al. (2014) hanno
realizzato un web-game che mostra come le aree con maggiori problemi sociali di Londra sono raramente
presenti nella immagine mentale dei residenti. Utilizzando i data-set come Flickr e Foursquare gli autori
individuano inoltre i parametri che rendono una strada più o meno sicura.
Batty (2005) offre una visione d’insieme della lettura delle dinamiche urbane tramite modelli che
dimostrano come la teoria della complessità può coinvolgere molteplici processi ed elementi in un tutt’uno
organico. Modelli basati sugli automi cellulari (cellular automata – CA), a cui seguono gli ABM (agent-based
models), applicati a specifiche situazioni e a differenti scale (dalla strada a una intera regione metropolitana)
possono servire a discutere e mettere a fuoco le criticità, le potenzialità e le fasi di transizione, a
prescindere dalla loro capacità di fornire soluzioni operative.
Lo studio svolto sul centro storico catanese utilizza come principale data source il social network di photosharing Flick che contiene oltre 5 miliardi di foto, molte delle quali ricche di metadati come tags e geolocalizzazioni. Rispetto ad altri social network di condivisione di foto, Flickr si caratterizza per una
maggiore attenzione degli utenti alla qualità della foto e alla loro corretta geo-localizzazione. A differenza
di altri data source come Google Street View, le fotografie su Flickr non sono limitate agli spazi che
possono essere esplorati dalla Google car. Su Flickr, quindi, emergono in maniera più chiara quelli che
sono le AOI (Area of Interest) come siti storici, luoghi di aggregazione ecc.
4
Nella circolare del Ministero dei LL.PP. n. 3210 del 1967 si descrivono tre tipologie di strutture urbane, identificabili quali centri
storici basate sul principio di datazione evidenziando prioritariamente le strutture urbane in cui prevalgono edifici costruiti in
epoca anteriore al 1860.
1028
Ulteriore elemento che ha condotto alla scelta di Flickr è la possibilità di consentire interessanti estrazioni
di dati tramite API (Application Programming Interface) attraverso la sezione developer del sito. La procedura di
estrazione dei dati ha compreso le seguenti fasi:
1. Conversione attraverso il flickr.places.find del nome della città con un codice specifico;
2. Accuracy del dato, impostata a “9” (livello urbano);
3. Tipo del contenuto da estrarre (“6”=foto);
4. Specificazione dell’arco temporale (dal 2000, anno precedente alla creazione del sito stesso);
5. Esportazione su file di testo di: id dell’immagine, longitudine, latitudine e livello di accuracy.
L’analisi del centro storico di Catania
Le fotografie estratte dal social network Flickr sono state 26.696. Queste sono le foto che hanno
informazioni di geo-localizzazione, quindi la ricerca ha, per semplicità escluso, un’analisi tag-based. Il dataset
è stato quindi importato su piattaforma GIS e successivamente sono state eliminate quelle foto che:
• erano state scattate fuori dal territorio comunale;
• presentavano un codice identificativo analogo ad altre fotografie (repetition bias).
Figura 1 | Zone di concentrazione delle foto estratte da Flickr.
Il primo dato rilevante è che all’interno del territorio comunale (181,63 Km2) solo un’area di 9,37 Km2 ha
una concentrazione di Flickr digital footprints. Quest’area coincide appunto con quella che è la città
consolidata (il 5,5 % del territorio comunale). [Figura 1].
L’area del centro della città è stata suddivisa in celle da 50x50 m per individuare i luoghi con più alta
densità di scatti. Un DEM (Digital Elevation Model), in cui le informazioni di quota z sono sostituite dal
numero di fotografie presenti è stato prodotto utilizzando MatLab, mostrando i cinque luoghi a più alta
concentrazione puntuale di fotografie Flickr che coincidono con i punti di maggior rilievo turistico [Figura
2].
1029
Figura 2 | DEM della densità fotografica che evidenzia le concentrazioni delle foto nelle zone di maggior rilevanza monumentale.
Poiché l’obiettivo dello studio è quello di identificare un indicatore di vitalità diffuso e non puntuale, si è
adoperata una metodologia di clustering, la quale si basa su semplici criteri di:
− Prossimità geografica;
− Riduzione di errori da imprecisa geo-localizzazione;
− Verifica del contenuto per le foto scattate in prossimità di due o più poli;
− Aggregazione per evitare la perdita di informazioni a discapito di aree vaste meno densamente
fotografate.
Dal processo di clustering è emerso che l’immagine del centro può essere sintetizzata in sedici clusters
[Figura 3], di cui nove si trovano all’interno del perimetro delle mura cinquecentesche e i rimanenti sette si
trovano nelle zone di espansione, della città dal tardo ’800 sino a quella degli anni ’60. L’analisi si è
concentrata sui 9 clusters del centro storico, in cui i valori di densità fotografica sono tutti maggiori della
mediana, pari a 1.69 x 10-3 pts/m2.
Le aree al di fuori del perimetro delle mura cinquecentesche sono caratterizzate da una maggiore
dispersione del dato ma in esse emergono chiaramente le “pratiche sociali locali”. Quindi, se da un lato il
centro storico attira l’attenzione maggiore degli utenti Flickr, le fotografie scattate nell’area più moderna
della città evidenziano gli usi e abitudini locali. Emblematica è la concentrazione di foto attorno ai chioschi
di vendita di bevande fresche, localizzati in una piazza della zona di espansione tardo ottocentesca che
testimoniano una abitudine molto diffusa in città e che accomuna tutte le generazioni. Un fenomeno
simile è stato riscontrato in altri luoghi come lo stadio nel quartiere Cibali e un noto laboratorio dolciario
sito nelle espansioni degli anni 1950-60 che rimane aperto tutta la notte e pertanto attrae la vastissima
comunità di flâneur che popola le notti cittadine.
1030
Figura 3 | Classificazione dei clusters di concentrazione delle foto.
La concentrazione di fotografie nel centro storico è principalmente dovuta al “fattore monumentale” dei
luoghi. La qualità percepita della città, continua a essere percepita, essenzialmente, nel tessuto della citta
tardobarocca della ricostruzione post-terremoto del 1693. Non vi è alcuna area al di fuori delle mura
cinquecentesche in cui la concentrazione di photo digital footprints sia uguale o maggiore al valore di densità
fotografica del centro storico. Il 53% del dataset Flickr è all’interno delle mura, un’area di soli 0.8 Km2
rispetto all’intero territorio comunale di 181,63 Km2. La densità di foto è, infatti, pari a 2246.25 pts/Km2
rispetto ai 18.48 pts/ Km2 dell’intero comune. Poiché l’obiettivo dello studio era l’individuazione di
indicatori di vitalità urbana basati sulla distribuzione di photo digital footprints, si è proceduto ad escludere dal
dataset di analisi quei cluster il cui valore di densità fotografica risultava condizionato dalla presenza di una
particolare emergenza architettonica. Questo processo di esclusione, si è avvalso del documento ufficiale
UNESCO del 2002 che individua gli edifici di pregio della core area. Tuttavia, vi sono delle zone comprese
tra i poli con edifici di pregio come via dei Crociferi e il Monastero dei Benedettini che non sono
rappresentati dal dataset Flickr. Questi dataset holes si possono spiegare considerando il carattere
prevalentemente residenziale e popolare di queste zone non ancora non interessate da quei processi di
gentrification che appaiono già consolidati nella zona del Teatro Massimo Bellini ed in corso nella zona del
Castello Ursino. Escludendo quindi i cluster che contengono beni patrimonio dell’umanità, la ricerca
dell’area con un indicatore di vitalità diffusa si è concentrata sui 4 cluster rimanenti [Figura 4]:
ü Piazza Stesicoro – San Domenico –Minoriti
ü Teatro Greco Romano – Terme della Rotonda
ü Piazza Teatro Massimo Bellini
ü Castello Ursino – Piazza Mazzini – Gammazita
1031
Figura 4 | Clusters privi degli edifici di pregio (campiti in rosso), inclusi nella Core Area UNESCO.
L’ultima fase dello studio ha utilizzato dei dati censuari del 2011, al fine di verificare la relazione tra la
presenza di digital footprints e la densità abitative, un indicatore tradizionale della vitalità della città. In
[Figura 5] emerge come il cluster “Castello Ursino – Piazza Mazzini – Gammazita” abbia un valore di
densità abitativa media, maggiore rispetto alle rimanenti aree di studio (135,51 abitanti/ha). Infatti
nonostante tutti i quattro clusters rimanenti abbiano degli importanti monumenti e/o siti archeologici,
l’area circostante il castello Ursino è quella che risulta non solo più densamente popolata ma anche quella
in cui la presenza di photo digital footprints non è catalizzata dal maniero federiciano. Sono numerose le
fotografie scattate in vicoli con particolari scorci o elementi di interesse non monumentale che
testimoniano un elevato interesse per un’area in trasformazione. È appunto questo il cluster che, alla luce
di questa ricerca, risulta quello più attrattivo del territorio comunale.
Figura 5 | I cluster sovrapposti alla mappa della densità di popolazione per sezione Censuaria (elaborazione su dati Istat 2011).
1032
Alcune considerazioni e i passi successivi
Lo studio qui brevemente presentato si iscrive all’interno di un emergente corrente di ricerca che punta
all’utilizzo dei Big Data per una maggiore comprensione del dinamismo urbano (De Nadai et al., 2016).
Seppure ancora limitata nell’ampiezza, l’indagine condotta ha evidenziato come, anche l’analisi di una
singola fonte di dati conferma alcuni dei complessi fenomeni in atto nel sistema urbano catanese e nella
differenti parti del centro storico. Questo ha subito profondi mutamenti, dovuti a vari fenomeni di
gentrification e di concentrazione di attività legate al tempo libero e all’uso notturno della città da parte di un
consistente numero di city users.
Un ulteriore valore aggiunto risiede quindi nella capacità di questi strumenti di rilevare abitudine ed usanze
di una comunità, in modo molto più rapido rispetto ai costosi e complessi strumenti analitici, come ad
esempio i questionari e le interviste. La possibilità di analizzare dataset come quello di Flickr può porre il
pianificatore nelle condizioni di conoscere i dinamismi del territorio oggetto di studio. Luoghi anche non
significativi da un punto di vista della qualità architettonica costituiscono, per altri ragioni, spazi di
aggregazione di cui il pianificatore dovrebbe tener conto per migliorarne le condizioni di agibilità e
fruizione.
È un campo di ricerca aperto a notevoli sviluppi che richiede, tuttavia, una grande sforzo interpretativo
per comprenderne, non solo le potenzialità ma anche i limiti e i rischi. Nel caso analizzato, emerge come
una mancata conoscenza di alcune pratiche sociali radicate non riesca a spiegare la concentrazione di foto
in punti apparentemente banali dal punto di vista della qualità urbana. Poiché inoltre non tutta la
popolazione utilizza pienamente gli strumenti digitali il dataset deve essere accettato nella sua parzialità. Per
quanto riguarda l’analisi dell’user Flickr, bisognerà comprendere se l’utente sia un turista o un residente
nella città in cui la foto è stata scattata.
Un successivo passo sarà l’utilizzazione dei dati open source (ad esempio Open Street Map) che geolocalizzano le attività non residenziali per studiare le correlazioni con la densità fotografica. La
comprensione dei fenomeni di gentrification e dell’emergere di usi conflittuali nelle aree storiche delle città
potrà essere di grande utilità nell’orientare le azioni di trasformazione e governo, attraverso piani di
dettaglio del centro storico di nuova generazione fissando, per esempio, priorità di intervento e modalità
di gestione anche in base ai comportamenti e alle percezioni dei city-users, secondo le logiche di un vero e
proprio smart bottom-up approach.
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1034
Competitività e vulnerabilità delle città turistiche:
la prospettiva Smart City
Rosa Anna La Rocca
Università degli Studi di Napoli Federico II
DICEA Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale
Email: larocca@unina.it
Tel: 0817685976
Abstract
Il paper parte dalla considerazione che i sistemi urbani turistici siano maggiormente vulnerabili poiché sottoposti ad
un carico aggiuntivo espresso dalla domanda d’uso turistica. Gli effetti di tale carico sono difficilmente governabili e
richiedono la predisposizione di misure e politiche urbane che siano integrate nel processo di governo del sistema
urbano interessato. Il paradigma smart city può rappresentare una occasione per riflettere sulle possibilità di tale
integrazione che consentirebbe al sistema urbano di non compromettere il suo equilibrio.
Parole chiave: urban tourism, land use, governance.
Turismo urbano1: un’attività a doppio taglio
La relazione tra città e turismo è complessa: le città sono il luogo fisico dove si concentrano diverse
domande d’uso che richiedono (alle città) servizi ed infrastrutture adeguate alle loro esigenze e bisogni. In
tale ottica, il rapporto turismo-città può essere inteso come relazione tra la domanda espressa da una
particolare categoria di utenza (con stabilità temporanea) e l’offerta urbana orientata al suo
soddisfacimento.
Nelle città turistiche, in particolare, tale “richiesta” (domanda turistica) può essere un fattore di
vulnerabilità in quanto esprime un “carico aggiuntivo” che può compromettere l’equilibrio ed il
funzionamento del sistema urbano. Ciononostante, questo aspetto nel governo delle trasformazioni
urbane viene raramente considerato, probabilmente sottovalutando come e quanto le città stiano mutando
anche per effetto di questo particolare segmento di domanda urbana.
La doppia natura del turismo consiste nell’esser al tempo stesso una opportunità di sviluppo e un
generatore di impatti negativi (sovraffollamento, inquinamento acustico, inquinamento ambientale,
consumi energetici, consumo di acqua, produzione di rifiuti, ecc.) se non opportunamente gestito e
pianificato2.
Se, infatti, da un lato, il turismo è un settore chiave dell’economia mondiale3 in continua crescita (fig. 1),
dall’altro lato l’elevata concentrazione di flussi turistici può diventare un elemento di instabilità per i
sistemi urbani interessati, incidendo negativamente sui livelli di vivibilità urbana (fig. 2). In tal caso, sono
Si fa riferimento all’attività turistica come ad una delle attività urbane, considerando il turismo che si concentra prevalentemente
nelle città e che comprende al suo interno differenti tipologie turistiche. Per un approfondimento sulle caratteristiche del
turismo urbano si veda Ashworth e Page, 2010.
2 A partire dagli anni Sessanta il turismo diventa un fenomeno di massa che, in Italia, interessa prioritariamente il territorio
costiero. La rivista Casabella nel 1964 dedica due numeri a questa tematica (Casabella nn. 283 e 284, 1964) evidenziando gli
effetti di un fenomeno esploso in carenza di regole.
3 Nel rapporto del WTTC, nel 2015, il contributo totale del settore è stato di circa 7,170.3 miliardi di dollari, pari al 9,8% del PIL,
con un aumento previsto pari al 3,5% nel 2016. Le proiezioni al 2016 prevedono un aumento del 4% su base annua,
corrispondente circa all’11% del PIL mondiale.
1
1035
necessarie azioni correttive che possano ricondurre il sistema verso stati compatibili in grado di consentire
alla città di assorbire la perturbazione e ristabilire uno stato di equilibrio.
Se integrato in tale processo, il turismo non rappresenta solo un eccezionale volano economico, ma può
essere una funzione driver verso il miglioramento dell’efficienza del sistema urbano.
L’integrazione tra obiettivi di competitività (sostanzialmente concentrati in politiche di promozione e
sviluppo dell’attività turistica) ed esigenze di salvaguardia e tutela rappresenta il punto di convergenza
verso il quale orientare politiche e strumenti di governo delle città turistiche.
Figura 1 | Arrivi turistici internazionali 1995-2015. Fonte: UNWTO World Tourism Barometer, marzo 2016.
Scopo di questo contributo è proporre una riflessione sulle potenzialità di tale integrazione per la
transizione verso città maggiormente resilienti e vivibili, capaci, cioè, di reagire alle sollecitazioni esterne
preservando l’uso delle risorse esistenti.
L’aspirazione della gran parte delle città attuali di essere “destinazioni turistiche” dipende necessariamente
dalla capacità di proporsi non come contenitore di elementi di attrazione ma come articolato sistema di
offerta integrato, organizzato e fruibile4.
L’affermarsi di un modello “smart city”, per quanto ancora suscettibile di concreta applicabilità e condivisa
definizione, può esser inteso come possibile assetto urbano che, attraverso l’utilizzo di strumenti
innovativi (ITCs), può supportare l’azione di governo delle trasformazioni consentendo una revisione
delle logiche, delle procedure e degli strumenti.
4
Si fa riferimento al concetto di destinazione turistica intesa come un articolato sistema di offerta dove l’insieme delle risorse,
attori e attività congiuntamente concorrono ad incrementare l’attrattività (investimenti e flussi turistici) di un territorio o di una
città. Gli studi di matrice più strettamente geografica definiscono la destinazione come luogo, non individuabile in termini
dimensionali, nel quale vengono offerti prodotti turistici diversi sulla logica del modello marshalliano del distretto
manifatturiero. A tale modello si può ricondurre la definizione di Sistema Turistico Locale riportata nella legge di riforma della
legislazione nazionale del turismo (135/2001) inteso come «contesto turistico omogeneo contesti turistici omogenei o integrati,
comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali,
ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di
imprese turistiche singole o associate». L’individuazione di tali sistemi è il presupposto della integrazione tra politiche di
sviluppo turistico e obiettivi di governo del territorio, come evidenziato nello stesso testo di legge. La capacità applicativa è
demandata alle singole Regioni.
1036
Figura 2 | A sinistra: la pressione turistica nelle città metropolitane; a destra: la relazione tra turisti e residenti a Venezia.
Carico turistico e sistema urbano
All’interno del sistema urbano5, la domanda turistica si concentra in specifici luoghi, maggiormente
attrattivi per la presenza di elementi del patrimonio artistico, storico o ambientale. Quando il carico
turistico supera la soglia della compatibilità, il sistema urbano entra in crisi ed il livello di vivibilità urbana
decresce rapidamente. In tal senso, l’equilibrio della città è connesso al concetto di carrying capacity6.
Riferito all’attività turistica, la carrying capacity può essere definita come l’idoneità del sistema a svolgere
funzioni turistiche senza compromettere l’esercizio delle attività essenziali per la popolazione residente
(Thurot, 1980; Mathesion & Wall, 1982; Grasselli, 1989). In realtà, la capacità di carico è un concetto
complesso e anche controverso che, in riferimento ai tre principali sottosistemi urbani, può essere:
• fisico: si riferisce al numero massimo che un luogo può accogliere senza che ne sia compromesso il
funzionamento;
• funzionale: si riferisce alla percezione della qualità della esperienza turistica da parte dei visitatori;
• sociale: si riferisce più direttamente alla relazione tra turisti e popolazione residente, sia in termini di
comportamenti sia in termini di sradicamento delle identità di un luogo nella definizione del disegno di
sviluppo turistico.
L’equilibrio tra le tre componenti concorre alla definizione della capacità di carico turistico dell’intero
sistema urbano ed è dipendente sia dalla composizione del sistema di offerta (risorse locali, composizione
della popolazione, posizione geografica, struttura economica, ecc.), che dalle caratteristiche della domanda
turistica (tipologie e tipi di turismo).
I livelli di crisi si manifestano quando il sistema urbano non è in grado di sostenere la pressione turistica,
reagendo con un incremento di produzione di entropia7. Esiste, quindi, una soglia (ideale, non numerica e
non universalmente definibile) che individua il punto limite, oltre il quale il sistema cade nella zona di
produzione entropica (Fistola, La Rocca 2013 a). L’equilibrio tra la domanda (crescente e sempre più
settorializzata) e l’offerta urbana dovrebbe corrispondere ad un “valore” difficile da definire in maniera
univoca e numericamente definita. Più che un valore numerico, quindi, è possibile pensare ad uno stato
compatibile corrispondente ad una condizione di sostenibilità per il sistema interessato. Il raggiungimento
di tale condizione può essere perseguito anche attraverso il supporto delle nuove tecnologie soprattutto in
5
6
7
L’approccio sistemico (von Bertlanffy, 1972) è alla base dello studio proposto. In relazione a tale approccio la città può essere
interpretata come un sistema dinamico e complesso composto da elementi materiali (sistema fisico) ed immateriali (sistema
funzionale) tra loro in relazione. Un terzo sottosistema è rappresentato dalla componete antropica (residenti, utilizzatori, attori,
decisori) che rappresentano gli elementi del sottosistema sociale. La complessità dinamica del sistema ne determina l’evoluzione
verso stadi che non sono facilmente definibili. L’azione di governo delle trasformazioni urbane consiste nel mantenere la
traiettoria di evoluzione del sistema all’interno di un possibile campo di azione compatibile con le caratteristiche del sistema.
L’approccio sistemico, anche inteso come quadro di riferimento concettuale (Palermo, 1992), appare ancora oggi fra i paradigmi
per l’interpretazione della complessità urbana (con diverse accezioni, adattamenti ed evoluzioni) in grado di consentire efficaci
analisi studi e proposizioni di procedure di governo della trasformazione urbana e territoriale (Pulselli & Tiezzi, 2008).
La definizione del World Tourism Organization (UNWTO) fa riferimento a «the maximum number of people that may visit a
tourist destination at the same time, without causing destruction of the physical, economic and socio-cultural environment and
an unacceptable decrease in the quality of visitors’ satisfaction». In realtà il concetto di capacità di carico turistica ampiamente
dibattuto in letteratura con posizioni anche critiche che ne sottolineano la complessità (Lindberg, 1997).
In questo studio, l’entropia viene considerate come uno stato negativo che inibisce il processo di evoluzione della città verso la
sostenibilità urbana (Fistola R. & La Rocca R. A. 2013a, 2014).
1037
riferimento alla gestione e al controllo del fenomeno turistico (misurazione dei flussi, accessibilità alle
risorse, monitoraggio, definizione dei profili di utenza, ecc.).
In tal senso, la “smartness” urbana può essere intesa come una condizione di equilibrio (seppur dinamico)
possibile nella quale la città raggiunge livelli di qualità urbana diffusa per tutte le categorie di utenza:
residenti, city users, turisti.
La transizione verso tali stadi di equilibrio può essere veicolata anche dalla capacità di promuovere nuove
forme di fruizione turistica della città orientate alla riduzione dei consumi energetici e delle risorse primarie
(acqua e suolo), alla salvaguardia del patrimonio culturale, al rispetto dei valori identitari di un luogo.
Il cambiamento interessa prevalentemente il sistema dell’offerta urbana di servizi connessi in particolare al
settore dei trasporti, all’ospitalità e all’intrattenimento.
La capacità di riformulare tale offerta in un’ottica di sostenibilità ed operando in maniera sinergica tra il
settore pubblico e il settore privato rappresenta una delle possibilità di evoluzione verso una dimensione
“smart” delle città a vocazione turistica.
Il turismo sostenibile8, in tal senso, più che una tipologia turistica può essere inteso come un approccio per
mitigare gli impatti derivanti da uno sviluppo non pianificato e per incrementare (attraverso indirizzi di
sostenibilità) la competitività delle città-destinazione.
Il ricorso a forme di turismo sostenibile rappresenta una costante delle più recenti strategie di sviluppo
urbano e territoriale sebbene ancora carente di una visione strategica e di sistema9.
Pur in mancanza di una concertazione tra differenti attori, recenti analisi di settore evidenziano una
crescente sensibilità verso le tematiche ambientali da parte dell’utenza che preferisce strutture e prodotti
certificati anche a fronte di una maggiore spesa (OCSE, 2011, ONT 2014).
Questa tendenza consente di fare una considerazione riguardo le possibilità di un cambiamento culturale e
negli stili di vita che dal turismo potrebbe generarsi.
Il turismo, infatti essendo un fenomeno caratterizzato da una elevata trasversalità e da una altrettanto
consistente pervasività10 può avere un ruolo chiave per diffondere modalità di comportamento alternative
agli attuali insostenibili modelli di sviluppo.
La città come destinazione turistica smart
Il concetto di smart tourism si è sviluppato per analogia a quello di smart city ed è altrettanto indefinito e
persino ambiguo. Nel 2009, durante il primo Meeting del Tourism Resilience Committee e dell’ UNWTO
è stato definito come «clean, green, ethical and quality at all levels of the service chain». Tale definizione fa
riferimento ad un turismo in grado di soddisfare esigenze a breve termine (crisi economica) ed impegni a
lungo termine (sviluppo sostenibile, lotta alla povertà, cambiamento climatico).
La ricerca verso forme di turismo sostenibile risale agli anni Novanta in occasione della Globe 90 Conference a Vancouver
riconosciuta come la prima occasione ufficiale di applicazione dei principi della sostenibilità al settore del turismo. Nel
Rapporto “An action strategy for sustainible tourism development” vengono indicati sette principi per la promozione del
turismo sostenibile. Tali principi si riferiscono a: 1) limitare su scala globale e locale l’impatto prodotto dalle attività umane sugli
ecosistemi, rispettando le loro capacità di carico; 2) conservare lo stock di risorse naturali presenti nell’area; 3) minimizzare lo
sfruttamento delle risorse non rinnovabili; 4) promuovere uno sviluppo economico di lungo termine, che incrementi i benefici
ricavabili da un dato stock di risorse; 5) realizzare un’equa distribuzione dei benefici e dei costi derivanti dalla gestione delle
risorse naturali; 6) realizzare una effettiva partecipazione delle comunità locali e dei gruppi di interesse nelle decisioni che li
riguardano in modo diretto; 7) promuovere quei valori che risultano di incoraggiamento per altri nel perseguimento dello
sviluppo sostenibile.
Per un approfondimento della evoluzione del concetto di turismo sostenibile nella letteratura si veda Pazienza P. e Vecchione
V. (2006)
9 Le iniziative, infatti, riguardano prevalentemente interventi alla scala dell’edificio (in questo caso delle strutture ricettive) per
l’utilizzo di materiali e/o impianti per la riduzione dei consumi energetici. Le procedure per il rilascio delle certificazioni di
sostenibilità sono, invece, demandate quasi esclusivamente alla iniziativa dei singoli privati evidenziando una scarsa integrazione
di obiettivi tra il settore privato e quello pubblico in materia di contenimento degli impatti del settore turistico sull’ambiente.
La certificazione EMAS (Eco Management System) ad esempio introdotta a livello europeo alla fine degli anni Novanta (V
programma d’azione a favore dell’ambiente), rappresenta uno strumento volontario per il riconoscimento di livelli qualitativi
delle prestazioni delle strutture di medie dimensioni per la riduzione degli impatti ambientali. Dal 2003 la certificazione è stata
estesa anche al settore turistico attraverso il riconoscimento ECOLABEL che distingue un’offerta ricettiva improntata a criteri
di sostenibilità ambientale. I criteri ecologici su cui si basa l’attribuzione del marchio riguardano il contenimento degli impatti
ambientali derivanti dall’offerta dei servizi e correlati all’acquisizione dei prodotti, all’erogazione del servizio e alla produzione
dei rifiuti. Per quanto concerne l’Italia, nel settore ricettivo si registra il maggior numero di licenze ottenute (ISPRA 2015),
tuttavia tale dato non è dimostrativo di una consolidata cultura verso le problematiche ambientali.
10 Il turismo è un fenomeno trasversale che interessa differenti settori (mobilità e trasporti, beni culturali, riqualificazione urbana,
industria alberghiera, ecc.). Allo stesso tempo l’attività turistica è divenuta una pratica irrinunciabile per tutti i livelli sociali.
Sensibilizzare tale componente può essere una strategia per promuovere comportamenti virtuosi maggiormente sostenibili.
8
1038
In una visione più tecnocentrica il concetto di smart tourism è connesso all’uso della tecnologia e alla sua
applicazione come parte della “esperienza turistica” (Kim & Morrison, 2008) sia nella fase della
pianificazione che in quella di fruizione.
In tal senso, il turista non è più un semplice utilizzatore di servizi ma ha un ruolo più attivo nel processo di
consumo divenendo allo stesso tempo produttore e consumatore.
Il termine “prosumer” viene utilizzato per descrivere l’attuale domanda turistica caratterizzata dalla
possibilità di interagire in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo per effetto delle nuove tecnologie (Web
2.0, social network, blog, chat, ecc.).
Al tempo stesso, lo scambio di informazioni viene analizzato per “captare” le preferenze dei turisti e
modellare la qualità dell’offerta in base alle diverse esigenze espresse; tuttavia la transizione verso
un’offerta efficiente e smart ancora non può dirsi realizzata.
Si tratterà, nel breve tempo, di essere in grado di saper utilizzare il grande flusso di informazioni non più
solo per promuovere una specifica città come appetibile meta turistica bensì per integrare le informazioni
nel processo di pianificazione dell’offerta turistica sia privata (tour operator e stakeholder) che pubblica
(amministratori e decisori).
La smart tourism destination (Buhalis & Amaranggana 2014), quindi, si prefigura come un sistema
complesso nel quale le nuove tecnologie sono incorporate nel processo di sviluppo e di produzione
turistica. «Smart Tourism Destinations (STD) can be perceived as places utilizing the available
technological tools and techniques to enable demand and supply to co-create value, pleasure, and
experiences for the tourist and wealth, profit, and benefits for the organizations and the destination» (Boes
et al., 2015)
Con riferimento a tali definizioni si può affermare che le priorità di una STD possano essere individuate
in:
• progettazione di piattaforme tecnologiche per la condivisione delle informazioni all’interno della
destinazione;
• ottimizzazione delle condizioni di fruizione dell’intero sistema di attrattori presenti nella destinazione
per migliorare l’esperienza turistica;
• distribuire i benefici sociali ed economici derivanti dal settore turistico nella destinazione.
In tale visione, la pianificazione dello sviluppo turistico si basa anche sulla capacità di creare cooperazione
tra differenti attori (pubblici e privati) alfine di distribuire i benefici sull’intero sistema di destinazione.
Tuttavia alcune condizioni di contesto si rendono necessarie per la definizione di un modello di sviluppo
turistico orientato alla smartness urbana come precedentemente definita.
Tali condizioni si riferiscono a:
• gestione e condivisione della conoscenza
Una delle potenzialità della Smart City consiste nella possibilità di utilizzare la tecnologia per monitorare in
tempo reale lo stato del sistema urbano. La sfida consiste nella capacità di capire, interpretare e gestire la
grande quantità di dati prodotta dai “sensori tecnologici” e dai “sensori antropici” (Fistola, 2013).
La SC funziona se i dati raccolti vengono poi elaborati per mettere in essere opportuni interventi, ma
soprattutto se vengono resi disponibili, alla collettività che può operare delle scelte, prendere delle
decisioni e definire il proprio comportamento nello spazio urbano. Il turismo può rappresentare un settore
nel quale sperimentare meccanismi e procedure di condivisione delle informazioni attraverso il
coinvolgimento dell’utenza per il miglioramento sia dell’offerta urbana di servizi pubblici (p. e. mobilità)
sia del patrimonio di risorse attrattive presenti sul territorio (localizzazione, orari, prenotazioni, eventi,
ecc.).
• integrazione tra settore pubblico e privato (coinvolgimento degli stakeholder)
La promozione della smartness urbana come condizione diffusa di vivibilità non può prescindere dalla
esistenza di un progetto di coordinamento di attori e livelli coinvolti. Il turismo è per sua natura un settore
che in maniera trasversale interessa differenti livelli e rappresenta forse più di altri, il campo ideale per
l’integrazione, il coordinamento e la co-operazione tra settore pubblico e settore privato. Tale condizione
consente di coniugare obiettivi di promozione con esigenze di salvaguardia del patrimonio di risorse
presenti.
• interesse della ricerca scientifica
Il concetto della smart city soffre ancora di una certa discontinuità nelle definizioni e nell’applicazione in
campo scientifico nonostante la sua larga diffusione. In tal senso il coinvolgimento della ricerca scientifica
1039
in tale campo appare fondamentale sia in riferimento alla necessità di mettere a punto basi metodologiche
condivise, sia in riferimento al ruolo della ricerca nel sostenere la fase decisionale ai diversi livelli.
Conclusioni (competitività vulnerabilità)
L’instabilità dei sistemi urbani turistici deve far riflettere sulla necessità di una integrazione tra obiettivi di
competitività, esigenze di salvaguardia e contenimento dei consumi al fine di consentire il passaggio a
forme di sviluppo urbano maggiormente “smart”. In tale transizione il ruolo della pianificazione
urbanistica è decisivo ma necessita di un revisione sostanziale dei processi e degli strumenti di intervento
(Fistola & La Rocca, 2013 b). La capacità di integrare obiettivi di promozione con esigenze di tutela e
riduzione dei consumi sembra essere la principale sfida per le città turistiche
Il paper ha cercato di evidenziare come il turismo possa veicolare virtuosi meccanismi di sviluppo se
opportunamente pianificato. Sinora la maggiore attenzione sembra essersi concentrata sulla sua
promozione piuttosto che sulla necessità di predisporre azioni e politiche urbane per ridurre la
vulnerabilità delle città turistiche agendo sugli elementi dell’offerta urbana (servizi, infrastrutture, mobilità)
destinati all’utenza turistica. La smart city sembra rappresentare lo scenario urbano più prossimo e il
turismo sembra possa essere un campo di sperimentazione per testarne le potenzialità se supportato dalla
definizione di un disegno di sviluppo basato su una visione olistica capace di superare la logica settoriale
che ancora sembra prevalere.
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1041
Riconoscere e monitorare la potenziale fragilità dei sistemi
commerciali urbani: una proposta per la Regione Lombardia
Giorgio Limonta
Politecnico di Milano
Laboratorio Urb&Com - DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani
Email: giorgio.limonta@yahoo.it
Tel: 02.2399.9443
Mario Paris
Politecnico di Milano
Politecnico International Fellowship - DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani
Email: mario.paris@polimi.it
Tel: 02.2399.9443
Abstract
In Italia l’insieme dei cambiamenti socio-economici e tecnologici recenti hanno contribuito ad una profonda
trasformazione dei comportamenti d’acquisto e delle pratiche di consumo tradizionali. Questa si manifesta in modo
evidente anche nello spazio, con una pluralità di dinamiche sovrapposte e, a volte, interrelate che marcano il
territorio contemporaneo. Fra le altre negli ultimi anni è emersa la dismissione commerciale come fenomeno
pervasivo che si presenta, in modo differenziato, sia all’interno dei tessuti densi delle città che negli ambiti
extraurbani.
In questo quadro, gli enti locali manifestano l’esigenza di un supporto tecnico per la prefigurazione di politiche e
strumenti orientati alla costruzione di linee guida e indirizzi qualitativi per l’azione pubblica, sia alla scala regionale
che comunale per il rilancio dell'attrattività urbana. L’obiettivo dell’intervento è la presentazione degli esiti di un
lavoro di ricerca effettuato per il territorio della regione Lombardia, orientato al riconoscimento degli ambiti urbani
potenzialmente soggetti a fragilità commerciale attraverso la definizione di indicatori territoriali atti a realizzare
affondi analitici e monitorare le dinamiche in corso. Nelle conclusioni si rilancia il possibile ruolo degli indicatori e, in
generale, della produzione di spatial knowledge come elemento di supporto e di rafforzamento per le azioni ed i
progetti sviluppati dagli attori pubblici che, in questo caso, sono legati alla rivitalizzazione del commercio come
elemento rafforzativo e qualificante della rigenerazione urbana
Parole chiave: Governance, urban regeneration, spatial knowledge.
1 | Introduzione
Due decenni fa, diversi autori appartenenti al campo degli studi urbani (come ad esempio Schor, 1999;
Featherstone, 1999) riconoscevano ancora all’interno dei loro studi dedicati alla società occidentale,
crescenti tendenze legate all’auto-affermazione attraverso l’acquisto di beni e servizi, all’omologazione dei
desideri e delle aspirazioni della classe media e al ruolo del consumo come agente di sviluppo per le
economie e le filiere produttive. Meno di venti anni più tardi, alcuni mutamenti nelle condizioni generali
del mercato (concorrenza spaziale, crisi finanziaria), nei gusti dei consumatori (personalizzazione e
frammentazione del mercato) e la competizione con nuovi format e modalità d’acquisto (e-commerce,
ecc.), così come i fattori legati alle realtà dei singoli contesti (come la saturazione dei mercati dovuta alla
moltiplicazione dei punti vendita e delle superfici commerciali, l’obsolescenza dei formati e la scarsa
qualità dell’offerta presente all’interno di ogni singola realtà) hanno determinato una profonda
1042
trasformazione nei comportamenti e nelle pratiche di consumo tradizionali. Dal punto di vista spaziale,
questi cambiamenti si manifestano con una pluralità di dinamiche sovrapposte e -a volte- interrelate che
marcano il territorio contemporaneo e con l’emergere di fattori nuovi, che influenzano fortemente il
quadro attuale e gli scenari futuri. Fra di essi si segnala, per novità, pervasività e dirompenza, il fenomeno
della dismissione di spazi e funzioni commerciali. Si tratta di un processo che contrasta i principi sui quali
si era basato lo sviluppo recente delle attività del settore, marcato tradizionalmente da una tendenza alla
crescita continua, che impone una riflessione agli operatori e ai decisori pubblici che devono gestirne le
esternalità territoriali.
L’obiettivo di questo paper è mettere in luce la necessità di adattare alcuni degli strumenti concettuali ed
operativi utilizzati all’interno delle discipline della pianificazione del territorio a questa mutata situazione,
marcata dalla presenza di un sistema multicanale in cui convivono polarità commerciali extraurbane e reti
commerciali di prossimità che mostrano livelli diversi di sviluppo, capacità attrattiva degli utenti e specifici
sintomi di fragilità che possono portare a fenomeni di chiusura delle attività esistenti. Per raggiungere
quest’obiettivo si utilizza come campo di studio la regione Lombardia, mostrando gli esiti di alcuni recenti
lavori di ricerca1 nei quali sono stati evidenziati degli ambiti urbani potenzialmente soggetti a fragilità
commerciale grazie al lavoro su dati derivati esclusivamente da fonti Open Data ufficiali messi a
disposizione dall'Osservatorio regionale del commercio di Regione Lombardia dall'ISTAT. Tutto ciò è
utile a dimostrare, in linea con le tematiche dell’atelier, il ruolo dei dati, anche settoriali, e del loro
trattamento nell’elaborazione di indicatori e strumenti di analisi della realtà territoriale come base per la
costruzione di politiche ed interventi nell’ambito della pianificazione.
La prima parte del paper è quindi dedicata alla ricostruzione dei caratteri e delle dinamiche del mercato
lombardo, la seconda al racconto degli esiti ottenuti dalla lettura del territorio attraverso due indicatori
(afferenti l’andamento delle reti commerciali locali e la fragilità commerciale delle aree urbane) elaborati
all’interno del Laboratorio Urb&Com del Politecnico di Milano. Nelle conclusioni si discutono i risultati di
questa lettura, con particolare attenzione al ruolo degli indicatori elaborati e, più in generale, dello spatial
knowledge come strumenti di monitoraggio della realtà esistente e di sostegno all’azione dei policy makers
nella costruzione di azioni e programmi specifici.
2 | Il mercato lombardo: caratteri e dinamiche
Dal punto di vista commerciale il territorio lombardo è fortemente presidiato ed è caratterizzato
principalmente dalla presenza di un sistema multicanale, nel quale tipologie di insediamento e format
diversi permettono agli utenti/consumatori di effettuare i propri acquisti, trovando in esse caratteristiche
ed esperienze di consumo a volte simili e a volte profondamente differenziate. Fra questi si segnalano:
• polarità2 pianificate (centri commerciali3, parchi commerciali4, FOC5, aggregati commerciali
extraurbani,6 ecc.) ovvero strutture di medie e grandi dimensioni7 concepite, progettate e organizzate in
In particolare l’incarico per l’attività di ricerca denominata “Analisi delle criticità e delle opportunità di sviluppo del fenomeno
della dismissione commerciale ai fini dell’attrattività urbana” coordinata dal Prof. Luca Tamini, nell’ambito del progetto di
ricerca “Attuazione strategie europee 2014/2020: individuazione priorità e linee di azione ed evento di confronto sulle
tematiche del commercio tra le Regioni dei Quattro motori” affidato da Èupolis Lombardia, attraverso il Decreto n. 2771 del 1
ottobre 2014 e consegnato nella versione definitiva il 30 marzo 2015.
2 Per polarità commerciali si intendono quelle strutture che, per la loro dimensione o specificità, presentano una grande
attrattività potenziale. Questa attrattività è ridimensionata dalla presenza sul territorio di altre strutture simili nella tipologia dei
prodotti e nei servizi erogati.
3 Come definito dall’articolo 4, comma 1, lettera g del D.lgs 114/98 […] una media o una grande struttura di vendita nella quale
più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di
servizio gestiti unitariamente. […] per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma
delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti”.
4 Sistema costituito da una aggregazione, in aree commerciali contigue, di almeno due medie o grandi strutture di vendita
localizzate anche sul medesimo asse viario e con un sistema di accessibilità comune.
5 Struttura con superficie di vendita variabile costituita da una media o da una grande struttura di vendita, localizzata in luogo
diverso da quello di produzione, in cui più aziende produttrici, direttamente o indirettamente, effettuano la vendita di prodotti
appartenenti al settore merceologico non alimentare prevalentemente prodotti invenduti, di fine serie, fallati, collezioni di anni
precedenti e prodotti campionari. Presentano un’altissima attrattività (anche superiore ai 60 minuti) e necessitano di una
localizzazione che garantisca loro un’altissima accessibilità al fine di massimizzare il bacino d’utenza potenziale.
6 I multiplex rappresentano l’integrazione di un cinema multisala (con un numero di sale elevato tendenzialmente superiore a otto)
ed attività complementari aggregate sia commerciali che para-commerciali (piastre alimentari, pubblici esercizi, superfici
specializzate, bowling, centri fitness, ecc.). Nel centro commerciale con multisala la funzione cinema risulta essere invece
un’ancora della struttura commerciale.
7 Il D.Lgs 114/98 classifica gli esercizi commerciali in:
1
1043
forma unitaria, a volte formatesi per addizioni temporali successive lungo i principali assi e nodi
viabilistici; insieme a queste dovrebbero essere considerate anche alcune strutture paracommerciali
come gli Entertainment centre8, i multiplex cinematografici e i parchi a tema (Morandi & Paris, 2015a;
Tamini, 2012; Morandi, 2009) e dove i principali elementi attrattivi sono costituiti da attività di
intrattenimento e svago e da attività di somministrazione di alimenti e bevande, dove il commercio al
dettaglio costituisce esclusivamente una componente complementare.;
• polarità spontanee o ‘naturali’, caratterizzate dall’addensamento di attività commerciali (EdV, MSV e
GSV) lungo vie o piazze urbane, di solito individuabili negli ambiti centrali di città medio-grandi
eventualmente organizzate in Distretti Urbani del Commercio (DUC) o Distretti Diffusi di rilevanza
interregionale (DID)9;
• commercio diffuso o non addensato, rappresentato dall’insieme delle attività commerciali di media e
grande dimensione non polarizzate o inserite in contesti commerciali urbani che non presentano
evidenti fenomeni di addensamento;
• un crescente ruolo di protagonismo della componente ‘immateriale’ del mercato rappresentato dal ecommerce, canale di acquisto a volte complementare a volte concorrenziale alle forme di acquisto
tradizionali.
Alcune recenti ricerche10 hanno evidenziato come i consumatori segnalino per ogni tipologia di shopping
punti di forza e punti di debolezza dei formati, soprattutto per quanto riguarda: (i) le modalità d’accesso e
il livello di servizio offerto ai clienti/visitatori, (ii) la convenienza dei prezzi, (iii) la qualità e l’ampiezza
dell’offerta e delle funzioni complementari presenti (come ristorazione, intrattenimento, attività culturali
ed eventi), (iv) la qualità dei contesti in cui sono localizzati, insieme a quella dei sistemi insediativi e dei
progetti. Articolata su queste chiavi, l’offerta di modalità d’acquisto risulta particolarmente ampia e non
permette di individuare una domanda univoca da parte dei consumatori che, al contrario, articolano le
proprie abitudini di consumo in relazione alle esperienze che ne derivano più che rispondere a effettive
necessità (Amin & Thrift, 2005). In questo contesto di mercato è dunque improprio parlare di dualismo
tra polarità pianificate e spontanee o -ancor più in generale, fra commercio ‘tradizionale’ e ‘moderno’-, in
quanto essi rappresentano modalità di offerta che si materializzano in luoghi così differenti da non
rappresentare scelte alternative bensì complementari e, in alcuni casi, addirittura simbiotiche.
La competizione sia verticale (fra formati) che orizzontale (fra operatori) per il presidio dei mercati e la
crisi dei consumi degli ultimi anni hanno generato fenomeni di saturazione del mercato e un aumento della
fragilità di alcuni elementi del sistema commerciale esistente, legati sia all’obsolescenza delle strutture
commerciali meno recenti che alla perdita di attrattività di alcuni aggregati urbani consolidati. Infatti, al
progressivo indebolimento dell’offerta presente ai piani terra degli ambiti della città densa si
accompagnano i primi casi di dismissione commerciale anche per strutture di medie e grandi dimensioni,
in particolare per le attività del commercio diffuso e non polarizzato.
Negli Stati Uniti, dove la concorrenza tra gli insediamenti commerciali è molto più marcata rispetto allo
scenario italiano ed europeo, numerose strutture di vendita sono soggette a fenomeni di crisi e abbandono
(deadmall), dimostrando come questo problema sia endemico per questa tipologia di strutture (Cavoto &
Limonta, 2015; Cavoto, 2014). Pur considerando attentamente le enormi differenze tra la realtà italiana e
quella statunitense, è opportuno interrogarsi sulle possibili evoluzioni di questo fenomeno e dei sui suoi
Esercizi di vicinato (EdV): esercizi commerciali con superficie di vendita (SdV) inferiore ai 250 mq nei comuni con popolazione
superiore ai 10.000 abitanti e superficie di vendita inferiore ai 150 mq nei comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.
Medie Strutture di Vendita (MSV): esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore ai 2.500 mq nei comuni con
popolazione superiore ai 10.000 abitanti e superficie di vendita inferiore ai 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore ai
10.000 abitanti.
Grandi Strutture di Vendita (GSV): esercizi commerciali con superficie di vendita superiore ai 2.500 mq nei comuni con
popolazione superiore ai 10.000 abitanti e superficie di vendita superiore ai 1.500 mq nei comuni con popolazione inferiore ai
10.000 abitanti.
8 Struttura commerciale prevalentemente no food caratterizzata dalla presenza di attività per l’intrattenimento e svago, in particolare
cinema multisala con un numero di sale generalmente superiore a otto, integrato a palestre fitness, sale gioco e numerosi punti
vendita della ristorazione organizzate in ampie food court.
9 Regione Lombardia definisce come “Distretto del Commercio” ambiti territoriali nei quali «[…] i cittadini, le imprese e le
formazioni sociali liberamente aggregati sono in grado di fare del commercio il fattore di innovazione, integrazione e
valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio, per accrescere l’attrattività, rigenerare il tessuto urbano e sostenere la
competitività delle sue polarità commerciali.» (art. 5, comma 1, L.R. 6/2010 “Testo unico delle leggi regionali in materia di
commercio e fiere”)
10 Si richiamano in particolare gli esiti delle ricerche presentate nel contesto del Convegno “Dove va lo shopping” che si svolge a
Milano ogni anno dal 2014 ed è organizzato da TradeLab, con il patrocinio del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.
1044
effetti in termini economici e sociali, oltre a innescare un inedito dibattito sulle possibilità e sulle modalità
di riuso degli ambiti e dei contenitori commerciali dismessi (demalling).
Nei paragrafi successivi si ricostruiscono le geografie delle polarità commerciali pianificate e spontanee
(legate al commercio di prossimità) della regione Lombardia, con l'obiettivo di usare questo territorio
come caso di studio, attraverso cui esemplificare le dinamiche evolutive in atto e proporre alcune
riflessioni sulle modalità di individuazione e monitoraggio del fenomeno della dismissione e della "fragilità
commerciale".
2.1 | Polarità commerciali pianificate: definizione degli ambiti di potenziale saturazione dell’offerta
In questo paragrafo si è scelto di ricostruire la geografia delle polarità pianificate esistenti e autorizzate e
successivamente analizzarne l'attrattività potenziale in termini di bacini gravitazionali per definire gli ambiti
territoriali interessati da fenomeni di potenziale saturazione dell'offerta.
La geografia delle polarità commerciali pianificate
Nel lavoro di ricerca sono state utilizzate le informazioni relative alle “strutture di vendita organizzate in
forma unitaria”11 secondo le categorie tipologiche previste da Regione Lombardia con la D.G.R. X/1193
del 20 dicembre 201312. Per questo si è scelto di costruire un geodatabase a partire dall’elenco delle GSV e
MSV autorizzate al 30 giugno 201413 che comprende cinque tipologie di polarità (centri commerciali,
centri commerciali aggregati, centri commerciali multifunzionali, Factory Outlet Centre e i parchi
commerciali). Da questa prima lettura emerge che in Regione Lombardia esistono 220 polarità
commerciali pianificate autorizzate ed effettivamente attive e 28 autorizzate non attive (di cui 2 dismesse).
Figura 1 | Geografia delle polarità commerciali pianificate: inquadramento regionale e dettaglio per l’ambito metropolitano di
Milano. Fonte: Elaborazione degli autori.
11 Ai
sensi del paragrafo 2, comma 1, lettera f della D.G.R. X/1193 si considerano come strutture di vendita organizzate in forma
unitaria «[…] una media o una grande struttura di vendita nella quale due o più esercizi commerciali siano inseriti in un
insediamento edilizio o in un complesso urbanistico-edilizio organizzato in uno o più edifici, nella medesima area o in aree
contigue, destinato in tutto o in parte alle attività commerciali, anche composto da più edifici aventi spazi di distribuzione
funzionali all’accesso ai singoli esercizi e con spazi e servizi gestiti anche unitariamente».
12 Disposizioni attuative finalizzate alla valutazione delle istanze per l’autorizzazione all’apertura o alla modificazione delle grandi
strutture di vendita conseguenti alla D.C.R. 12 novembre 2013 n. X/187 “Nuove linee per lo sviluppo delle imprese del settore
commerciale”, Allegato 1, “Il rapporto di impatto – elementi costitutivi”, paragrafo 2 “Definizioni e altre disposizioni comuni”
(Regione Lombardia, BURL n. 53 del 31 dicembre 2013, S.O.).
13 http://www.commercio.regione.lombardia.it/
1045
La definizione della geografia delle polarità racconta solo in parte la complessità e il livello di competizione
fra operatori per il presidio del territorio. Così si è scelto di raccontare questo aspetto attraverso la
definizione geografica dei bacini di gravitazione potenziale14 delle strutture e la loro sovrapposizione.
Definizione degli ambiti di potenziale saturazione dell’offerta
Dopo aver definito la geografia delle polarità commerciali pianificate e, per ognuna di esse, la relativa
isocrona di accessibilità veicolare si è proceduto alla costruzione di una overlay map, ovvero una mappa
delle sovrapposizioni che considera tutte le possibili interazioni geometrie tra le isocrone analizzate. In
questo caso, si contano fino a 80 sovrapposizioni dei bacini di gravitazione potenziale. Il risultato
dell’elaborazione è stato suddiviso e classificato attraverso l’individuazione di 5 classi caratterizzate dallo
stesso numero di elementi (metodo del quantile).
Figura 2 | Sovrapposizione dei bacini gravitazionali delle polarità commerciali pianificate: scenario attuale e futuro (dettaglio per le
classi di sovrapposizione ‘alta’ e ‘molto alta’). Fonte: Elaborazione degli autori.
La classificazione permette di individuare con maggior chiarezza l'ambito territoriale a maggior
competizione tra le polarità commerciali pianificate esistenti: la porzione di territorio compreso tra Milano,
Monza, Como e Varese, innervato e strutturato sul sistema stradale composto dalle autostrade A4, A8, A9,
A51, A52 e nel tratto nord-ovest dell'A50 (sistema delle tangenziali di Milano) e dalle direttrici nord-sud
individuate dalle strade statali SS35 e SS36.
Si osserva come l'ambito territoriale descritto dalle classi ‘Alta’ e ‘Molto alta’ interessato da un numero
maggiore di sovrapposizioni dei bacini d’utenza potenziali e, di conseguenza, caratterizzato dalla presenza
di una forte competizione fra operatori e strutture diversi- abbracci le principali realtà urbane lombarde,
corrispondenti agli ambiti più densamente popolati e si strutturi lungo le direttrici stradali individuate nello
scenario esistente, fino a comprendere anche il sistema territoriale a sud della città di Brescia.
Considerando lo scenario futuro, ovvero includendo nell'analisi i bacini di gravitazione delle polarità
commerciali autorizzate e attualmente non attive, si può notare come sugli stessi ambiti territoriali aumenti
ulteriormente la competizione fino a contesti caratterizzati da 96 sovrapposizioni.
2.2 | Mappatura e analisi del commercio di prossimità per la definizione di un indicatore di potenziale
fragilità commerciale
Dopo aver presentato le modalità di indagine utilizzate per indagare le dinamiche di dismissione
commerciale per i contenitori di media e grande dimensione, si propone una riflessione relativa ai sistemi
insediati negli ambiti urbani consolidati, che si è scelto di declinare attraverso la costruzione di un
14
Per la definizione e la rappresentazione dei bacini di gravitazione viene utilizzata come riferimento la Tabella 1 dell'Allegato 1
della D.G.R. X/1193, che definisce gli intervalli di tempo (isocrone) differenziandole a seconda delle tipologie commerciali
previste della medesima articolandole in ragione della SdV autorizzata (rilevanza intercomunale, provinciale, interprovinciale,
regionale, ecc.) ed in funzione delle merceologie presenti.
1046
indicatore complesso, risultato dell'interazione delle informazioni ricavate dalle rilevazioni annuali
dell'Osservatorio regionale del commercio relative alla struttura della rete del commercio al dettaglio con i
dati provenienti dagli ultimi censimenti ISTAT 2001 e 2011 relativamente alle imprese dell'industria e dei
servizi15.
In questo modo i dati ISTAT risultano complementari a quelli dell'Osservatorio regionale permettendo
così di estendere l'analisi a tutte le attività ‘a rilevanza commerciale’ ovvero non riconducibili al solo
commercio al dettaglio16, ma che sinergicamente a quest’ultimo contribuiscono alla formazione di sistemi
commerciali urbani, nello specifico:
• Attività di somministrazione di alimenti e bevande.
• Attività artigianali a rilevanza commerciale riconducibili a tre principali categorie: Artigianato
manifatturiero con vendita diretta di beni al consumatore finale17, Artigianato di servizio alla persona18
e Artigianato di servizio ai beni di consumo19.
• Attività di Noleggio (beni di consumo non alimentari come, per esempio, biciclette e materiale
audiovisivo).
Partendo dalle fonti informative descritte in precedenza, è possibile mappare l'insieme dei sistemi
commerciali urbani mostrandone un’inedita geografia a scala regionale. La mappatura della geografia delle
attività commerciali avviene convertendo la geometria delle sezioni di censimento in un numero di punti
pari al numero delle unità locali a rilevanza commerciale presenti in ogni singola sezioni di censimento.
L'applicazione della tecnica geostatistica della Kernel Density Estimation (KDE)20 alla mappatura puntuale
delle attività commerciali, permette di rappresentare la geografia dei sistemi commerciali urbani come un
elemento areale continuo articolato per livelli di addensamento/concentrazione definendo una banda di
analisi ovvero l’ampiezza spaziale di riferimento per l’interpretazione delle correlazioni spaziali delle
attività21.
La verifica della validità della metodologia applicata per l'intero territorio regionale viene effettuata
sovrapponendo i perimetri dei DUC riconosciuti da Regione Lombardia agli addensamenti emersi con
l'interpretazione spaziale della mappatura delle attività a rilevanza commerciale.
Il risultato mostra come, nel contesto lombardo, coesistano polarità spontanee fortemente attrattive come
i sistemi commerciali urbani dei capoluoghi di provincia e dei centri urbani di media dimensione (come ad
I dati ISTAT presentano un eccezionale dettaglio informativo permettendo di quantificare a livello comunale il numero di
imprese e di unità locali presenti e, attraverso la classificazione ATECO, di analizzare ed estrapolare i dati per le diverse
categorie economiche. Inoltre il dato ISTAT restituisce il numero di addetti relativo alle imprese e alle unità locali permettendo
di effettuare interessanti riflessioni sulla componente occupazionale del settore commercio. Per l'ISTAT l'addetto corrisponde a
una persona deputata allo svolgimento di una determinata mansione per una determinata impresa, indipendentemente dalla sua
posizione nella professione (dipendente, indipendente, parasubordinata, ecc.). A differenza degli occupati l'addetto mantiene un
rapporto continuativo con una determinata impresa.
16 L'insieme delle imprese del commercio al dettaglio comprende per la classificazione ATECO 2007 le categorie riconducibili al
codice ‘47 - commercio al dettaglio, escluso quello di autoveicoli e di motocicli’ e le attività relative al codice ‘45.4 - commercio,
manutenzione e riparazione di motocicli e relative parti ed accessori’ escludendo gli intermediari del commercio. La
classificazione ATECO non permette di evidenziare e quantificare la superficie di vendita (SdV) autorizzata che consentirebbe
di classificare le attività nelle tre tipologie dimensionali introdotte dal Decreto Legislativo 114/98.
17 Fanno parte di questa categoria tutte quelle attività artigianali produttrici di beni alimentari e non alimentari, che effettuano la
vendita direttamente al consumatore finale nel medesimo luogo di produzione. Alla categoria beni alimentari appartengono le
pizzerie d’asporto, le pasticcerie, le gelaterie, i panifici e tutte le attività dedite alla vendita di prodotti gastronomici. La categoria
non alimentare comprende le attività riconducibili al mondo della moda e dell’abbigliamento.
18 Fanno parte di questa categoria la attività artigiane erogatici di servizi direttamente alla persona come: parrucchieri, estetisti,
centri estetici, centri benessere, lavanderie non industriali.
19 Fanno parte di questa categoria la attività artigianali di servizio ai beni di consumo personali e per la casa, comprendendo una
molteplicità di attività di riparazione di beni di uso comune ad esclusione degli autoveicoli.
20 La Kernel Density Estimation (KDE) analizza la densità di un fenomeno all'interno di un determinato intervallo spaziale
rappresentando il valore di tale densità al centro dello spazio analizzato. L’algoritmo di calcolo considera (pesa) gli oggetti vicini
più che gli oggetti lontani, tale caratteristica ben si adatta allo studio dei fenomeni spaziali, compresi quelli commerciali, che
seguono il primo principio della geografia «everything is related to everything else, but near things are more related than distant
things» (Tobler, 1970). L'applicazione di questa tecnica ai fenomeni sociali ed economici (compresi quelli commerciali) è stata
ampiamente studiata in letteratura.
21 Nelle diverse sperimentazioni e applicazioni effettuate è emerso come questa scelta debba essere fatta a seconda del contesto e
delle caratteristiche del fenomeno analizzato. L’applicazione diretta di questa metodologia di indagine in altri contesti territoriali,
ha correlato il dimensionamento della banda di analisi alla modalità di attraversamento dello spazio urbano (Limonta G., 2012);
per questa ragione il dimensionamento è stato riferito allo spazio percorribile da una persona nell’arco di 5 minuti alla velocità
di passeggio di 1,25 m/s (valore intermedio dell’intervallo compreso tra 1 e 1,5 m/s comunemente utilizzato per simulare la
velocità pedonale) pari a 370 metri.
15
1047
esempio Vimercate, Seregno, ecc.) e realtà commerciali urbane a scarsa o nulla attrattività localizzate
prevalentemente in contesti di bassa densità abitativa, lontano dalle infrastrutture principali.
Figura 3 | Livelli di addensamento delle attività a rilevanza commerciale e perimetro dei DUC. Fonte: Elaborazione degli autori.
3 | Proposta di due indicatori della fragilità commerciale delle aree urbane
Dopo aver restituito la geografia aggiornata della realtà commerciale regionale, si propone una
metodologia analitica per la definizione di due indicatori che servono a (i) descrivere le dinamiche
evolutive dei sistemi commerciali locali, e a (ii) individuare le aree fragili del territorio regionale.
3.1 | La dinamica delle reti commerciali locali
L’obiettivo dell’indicatore è quello di descrivere l'evoluzione (o l'involuzione) dei sistemi commerciali
urbani associando il trend della consistenza della rete delle unità locali delle imprese a rilevanza
commerciale nel periodo 2001-2011 con quello relativo alle autorizzazioni per il commercio al dettaglio
nel periodo 2008-2014. Le variazioni percentuali riscontrate per entrambi i trend evolutivi vengono
suddivise in 5 classi di valore che descrivono processi di concentrazione o incremento del tessuto
imprenditoriale insediato. L'interazione di queste classi permette di definire 4 cluster, rappresentativi di
altrettante dinamiche riscontrabili per i sistemi commerciali locali:
• potenziamento. Definito quando a una crescita significativa del numero degli esercizi di vicinato è
associata una crescita almeno moderata delle unità locali delle attività a rilevanza commerciale;
• equilibrio (sostanziale). Definito quando si registra una crescita moderata del numero di esercizi di
vicinato e delle unità locali delle attività a rilevanza commerciale;
• scomparsa-desertificazione. Definita quando ad una decrescita significativa del numero degli esercizi di
vicinato è associata una riduzione o una sostanziale stabilità del numero di unità locali delle attività a
rilevanza commerciale;
• sostituzione funzionale (extra-dettaglio o downgrading commerciale). Definita quando ad un equilibrio o
a una decrescita anche significativa del numero di esercizi di vicinato è associato un incremento molto
significativo del numero di unità locali delle attività a rilevanza commerciale.
La sostituzione funzionale rappresenta di fatto un contesto conoscitivo ancora da esplorare e
approfondire in quanto potrebbe riguardare sia sistemi commerciali in fase di riconfigurazione-evoluzione
funzionale che sistemi in fase di involuzione-terziarizzazione. Sarebbe dunque necessario migliorare il
monitoraggio informativo delle attività commerciali, ampliandone ad esempio il ventaglio tipologico
considerato.
1048
Tabella I | Dinamiche dei sistemi commerciali urbani.
Dinamica sistemi commerciali locali
Trend evolutivo rete degli
esercizi di vicinato
Trend evolutivo rete delle
attività a rilevanza commerciale
-
Potenziamento
Sostanziale equilibrio
-
-
Scomparsa-desertificazione
Sostituzione funzionale
!!
!
"
""
-
forte crescita
crescita
decrescita
forte decrescita
Figura 4 | Dinamicità dei sistemi commerciali urbani. Fonte: Elaborazione degli autori.
3.2 | Definizione delle potenziali aree fragili
Il secondo indicatore elaborato permette di definire le potenziali ‘Aree fragili’ usando come variabile
intrinseca i dati delle dinamiche dei sistemi commerciali locali (cfr. § 3.1) e come variabile estrinseca il
livello di competizione territoriale che emerge dal livello di saturazione dell’offerta determinato degli
aggregati commerciali pianificati (cfr. § 2.1, sia nello scenario attuale che nello scenario futuro con
l’attivazione delle GSV autorizzate non attive).
È opportuno sottolineare quanto i due fenomeni, come descritto al precedente paragrafo 1.1, non
presentino sempre una diretta correlazione, ma ovviamente un contesto ad alta competitività interferisce
necessariamente con le dinamiche dei sistemi commerciali locali, accelerandone le mutazioni e le tendenze
evolutive. Viene dunque identificato un indicatore composito di ‘potenziale fragilità degli ambiti
commerciali locali’, articolato in base alle differenti combinazioni dei due indicatori analizzati che permette
di costruire un’inedita rappresentazione tematica del territorio regionale.
1049
Tabella II | Fragilità dei sistemi commerciali locali.
Livello di potenziale fragilità
Molto alta
Alta
Medio alta
Media
Medio bassa
Bassa
Molto bassa
Desertificazione 1
Classi di sovrapposizione dei bacini
gravitazionali
Molto alta 1
Desertificazione 1
Alta 2
Desertificazione 1
Media 3
Desertificazione 1
Bassa 4
Desertificazione 1
Molto bassa 5
Equilibrio 3
Molto alta 1
Dinamica reti commerciali locali
Equilibrio 3
Alta 2
Sostituzione funzionale 4
Molto alta 1
Sostituzione funzionale 4
Alta 2
Equilibrio 3
Media 3
Potenziamento 5
Molto alta 1
Equilibrio 3
Bassa 4
Equilibrio 3
Molto bassa 5
Sostituzione funzionale 4
Media 3
Sostituzione funzionale 4
Bassa 4
Sostituzione funzionale 4
Molto bassa 5
Potenziamento 5
Alta 2
Potenziamento 5
Media 3
Potenziamento 5
Bassa 4
Potenziamento 5
Molto bassa 5
Figura 5 | Fragilità dei sistemi commerciali urbani, scenario attuale e futuro. Fonte: Elaborazione degli autori.
4 | Conclusioni: Indicatori e Spatial knoweldge come supporto dell’agenda pubblica
L’applicazione dei due indicatori proposti nel caso di studio della Regione Lombardia è utile per trarre
alcune conclusioni che si articolano attorno a due ruoli distinti.
Il primo ruolo è legato agli aspetti più tecnici ed applicativi. In questo caso gli indicatori servono a
costruire un’efficace immagine del sistema commerciale regionale utile a mettere in luce le dinamiche che
investono sia le polarità commerciali pianificate che gli addensamenti commerciali urbani. Le prime stanno
attraversando una fase di evoluzione selettiva, entro cui la costruzione di grandi clusters multifunzionali —
o superluoghi (Morandi & Paris, 2015b) — si scontra con i processi di dismissione delle strutture meno
attrattive, meno accessibili ed incapaci di recitare il ruolo di luoghi di centralità nei contesti post-
1050
metropolitani in cui sono inseriti. A loro volta i sistemi urbani mostrano processi di trasformazione
articolati dove insieme alla generalizzata contrazione del numero e della varietà delle attività commerciali
insediate, si evidenziano alcuni processi di trasformazione/sostituzione che mostrano la parziale tenuta dei
sistemi localizzati nei centri principali e/o fortemente attrattivi perché considerati fornitori di servizi per
interi brani di territorio. In entrambi i casi le performance migliori sono legate ai casi in cui il sistema si
caratterizza per (i) la capacità di offrire un servizio agli abitanti -anche temporanei, come turisti e city userdelle realtà urbane, (ii) la profondità e l’ampiezza dell’offerta presente e (iii) il tipo di esperienze che
integrano il processo di consumo di chi li sceglie. Nei casi di eccellenza, anche i sistemi urbani possono
assumere il ruolo di polarità, tanto che anche le principali insegne del commercio, che spesso scelgono di
localizzarsi nelle polarità commerciali pianificate, mostrano interesse per gli spazi ai piani terra delle vie
principali della città consolidata. Nelle realtà commerciali a minore attrattività si può assistere alla
progressiva scomparsa della funzione commerciale del centro urbano attraverso fasi intermedie di
downgrading e/o terziarizzazione dell’offerta commerciale presente. In alcuni casi si verifica però un
‘adeguamento’ della funzione commerciale del centro con la comparsa di attività a maggior orientamento
di servizio come le attività artigianali ‘commerciali’, dove la prossimità alle residenze diviene la
caratteristica principale per il mantenimento dell’attività; una sorta di ‘adattamento evolutivo’ del ruolo
commerciale del centro urbano.
Il secondo ruolo degli indicatori nel campo della pianificazione e degli studi urbani, può essere quello di
costruire analisi statiche su situazioni e momenti specifici e a monitorare tendenze in atto, aiutando
operatori e decisori pubblici a prefigurare scenari evolutivi basati su un solido apparato conoscitivo. Al
tempo stesso, va ricordato che «gli indicatori possono essere di effettiva utilità solo se i risultati che da essi
ne derivano servono a coprire i fabbisogni informativi di cui sono portatrici le varie classi di stakeholder»
(G. Maurini, 2008: 12). Così, i risultati delle letture proposte e, più in generale, tutto l’apparato informativo
prodotto grazie alla advanced spatial analysis devono essere considerati dei mezzi, degli ulteriori strumenti da
aggiungere alla ‘cassetta degli attrezzi’ in possesso dei decisori pubblici per supportare le politiche attive, i
programmi e le azioni della loro agenda. In questo caso il patrimonio conoscitivo derivante
dall’applicazione degli indicatori dovrebbe servire ad indirizzare politiche settoriali legate al commercio e
azioni più generali orientate alla rigenerazione urbana che partano dalle potenzialità e dalle necessità di
luoghi specifici, individuati in una prima fase grazie agli strumenti elaborati.
Riferimenti bibliografici
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Maggioli Editore, Rimini.
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D’Alessandro L. (a cura di) City, Retail and Consumption, Università degli studi di Napoli “L’Orientale”,
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Some applications of the Kernel Density Estimation method in the Milan area”, in Campagna M., et al.
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Seventh International Conference on Informatics and Urban and Regional Planning INPUT2012,
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Maurini G. (2008) Il controllo sulla gestione degli enti locali e la misurazione dell'attività. Giuffré Editore, Milano.
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Polarità commerciali e trasformazioni territoriali: un approccio interregionale, Alinea, Firenze, pp. 7-11
Morandi C., Paris M. (2015a), “Polarità commerciali o superluoghi metropolitani? Il caso di Milano Fiori
nella regione urbana Milanese” in D’Alessandro L. (a cura di) City, Retail and Consumption, Università degli
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Schor J. (1999), “Towards a new politics of consumption”, in Schor J., Holt D.B. (eds.), The Consumer
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Tamini L. (2012) Il progetto di centralità. La regolazione urbanistica degli aggregati commerciali, Maggioli Editore,
Rimini.
1051
Nuove tecnologie e gestione dell’informazione per la costruzione
di quadri conoscitivi integrati e innovativi per la pianificazione
climatica locale
Denis Maragno
Università Iuav di Venezia
Dipartimento di Design e Pianificazione in Ambienti Complessi
Email: dmaragno@iuav.it
Francesco Musco
Università Iuav di Venezia
Dipartimento di Design e Pianificazione in Ambienti Complessi
Email: francesco.musco@iuav.it
Federica Appiotti
Università Iuav di Venezia
Dipartimento di Design e Pianificazione in Ambienti Complessi
Email: fappiotti@iuav.it
Abstract
Il paradigma dell’adattamento al cambiamento climatico (CC) (orientato a limitare gli impatti generati dal CC verso le
città e cittadinanza) obbliga a considerare le variabili climatiche all’interno della pianificazione locale.
Mentre il paradigma della mitigazione (che ha come obiettivo la diminuzione degli impatti delle attività umane verso
il clima) è frutto di accordi internazionali, l’adattamento delle città costringe le amministrazioni locali alla creazione di
strategie specifiche per ogni differente vulnerabilità territoriale.
Il ruolo della pianificazione territoriale (e dell’urbanistica) diviene quindi fondamentale nelle sfide imposte dal
cambiamento climatico a patto che le venga incrementata la capacità lettura del territorio a supporto di una migliore
capacità analitica per permettere l’individuazione le migliori soluzioni possibili per ogni vulnerabilità urbana
determinata.
Lo studio è stato sviluppato in collaborazione con la Città Metropolitana di Venezia, in sinergia tra il Servizio
Informatica e il Servizio Ambiente e l’Univesrità Iuav di Venezia, in occasione della partecipazione al Progetto
Europeo Seap-Alps e repilcato poi per la città di Padova e New York City. Il lavoro descrive il processo di gestione
dell’informazione sviluppato e le tecnologie utilizzate per favorire la creazione di quadri conoscitivi innovativi, a
supporto di processi decisionali integrati, nella pianificazione locale climate proof.
Parole chiave: information technology, spatial planning, local plans.
1 | Introduzione
Le dinamiche climatiche stanno facendo emergere numerose vulnerabilità in ambiente urbano, frutto della
dialettica tra il global warming e una pianificazione territoriale poco attenta alle relazioni ambientali nello
sviluppo e nella gestione urbana. L’imprevedibilità degli eventi e la variabilità delle esternalità sembrano
richiedere un approccio dinamico che la pianificazione tradizionale appare non in grado di gestire
(Indovina, 2009).
1052
Sempre con maggior frequenza le città si trovano coinvolte in avvenimenti “estremi”, inusuali, come:
ondate di calore, dissesti idrologici, tornado, allagamenti urbani, erosione costiera etc, i quali fanno
emergere l’elevata vulnerabilità dei territori urbani e naturali.
Il dibattito sul cambiamento climatico, supportato dalle evidenze empiriche portate dalla Stern Review
(Carraro, 2009), seguito dalle relazioni periodiche del IPCC (2007, 2013), dal rapporto dell'Unione
Europea sull'innalzamento della temperatura e dalla relazione dell'EEA (2012) “Urban adaptation to
climate change in Europe”, ha acquisito sempre maggiore importanza nella pianificazione locale.
Osservando il cambiamento climatico dal punto di vita fisico e spaziale, esso è causato dalle attività
umane, a livello globale, ma si manifesta con una forte imprevedibilità a livello locale. Ne consegue che le
politiche climatiche avranno due approcci su due diverse scale: la scala internazionale, arena delle politiche
di mitigazione e una scala locale luogo in cui si giocheranno le sfide all’adattamento.
A livello locale quindi la protezione del clima può essere generalmente definita come l’insieme delle
politiche indirette di adattamento e mitigazione finalizzate alla riduzione dell’impatto dei cambiamenti
climatici sui sistemi naturali e antropizzati e alla riduzione delle esternalità ambientali che possono favorire
le mutazioni climatica nel medio e lungo periodo (Musco, 2009).
L’adattamento è pertanto prima di tutto un concetto spaziale, territoriale, che non può non entrare
prepotentemente come nuovo paradigma nella rielaborazione delle teorie e degli strumenti del piano e del
progetto della pianificazione territoriale ed urbanistica.
Considerata la difficile prevedibilità del cambiamento dei parametri climatici alle diverse scale e sulle
diverse componenti naturali e antropiche, le strategie di adattamento devono essere modulate cercando
non solo di garantire la funzionalità dei sistemi, ma anche di sfruttare le opportunità che dal cambiamento
possono emergere. Considerare il CC nelle attività di Governo del Territorio locale impone l’integrazione
e l’implementazione di quadri conoscitivi condivisi, al fine di promuovere e supportare processi decisionali
integrati, capaci di fronteggiare le nuove emergenze.
L’analisi della vulnerabilità urbana al CC necessità quindi di essere valutata mediante il supporto di nuovi
livelli conoscitivi, capaci di integrarsi con gli esistenti, facilitando il lavoro non solo nel disegno delle
soluzioni ma forse soprattutto nella sfida alla valorizzazione paesaggistica ed economica (Figura 1).
Quesiti di studio
LIVELLO1
1)! Quale Informazione integrare
2)! Quale informazione produrre
3)! Come produrre informazione
LIVELLO2
1)! Come integrarla?
2)! Come organizzarla?
3)! Come aggiornarla?
LIVELLO3
1)! Come Condividerla?
2)! Come produrre
Conoscenza?
New Technologies and Knowledge Management
for the Planning to Climate Change
(Pianificazione climatica continua)
Figura 1 | Il design dell’informazione spaziale nella pianificazione climatica ambientale. Lo schema illustra l’approccio utilizzato, in
rosso le questioni sviluppate all’interno del lavoro. Fonte: elaborazione Iuav, 2015.
L’obiettivo del lavoro è di supportare e facilitare la Pianificazione Climatica Integrata nelle attività di
governo del territorio a scala locale e metropolitana. Il lavoro si è quindi orientato nella definizione di
metodologie innovative in grado di produrre informazione spaziale al momento non reperibili (come m2 di
vegetazione, altezza delle alberature, incidenza solare, sky view factor, pendenza delle superfici e delle falde
dei tetti con precisione 10 cm etc.) mediante remote sensing analysis e tecnologie ICT.
Le nuove informazioni prodotte sono state gestite e organizzate mediante software open source di ultima
generazione focalizzati al trattamento dei dati spaziali con lo scopo di massimizzare la condivisione delle
informazioni e l’aumento della capacità analitica delle amministrazioni locali.
Lo studio ha prodotto una metodologia esportabile in altre città, in grado di costruire nuova informazione
territoriale e ambientale, capace di organizzarla per incoraggiare i processi decisionali integrati e favorire
social innovation, sfruttando le tecnologie ICT.
1053
2 | Informazione e conoscenza, il ruolo delle ICT nelle attività nella pianificazione climatica
spaziale
Le opzioni di scelta in merito alle soluzioni di adattamento in campo urbano, come evidenziato dalla figura
2, non sono di difficile previsione. La difficoltà deriva dalla necessità, ai fini dell’efficienza dell’intervento,
di individuare la miglior soluzione infrastrutturale possibile in relazione al luogo specifico d’azione. E’ la
localizzazione della misura si adattamento a costringere una profonda conoscenza del territorio,
richiedendo livelli informativi sino ad oggi non necessari, conseguentemente non sempre reperibili.
Figura 2 | Abaco delle soluzioni elaborato dal gruppo di lavoro Iuav “Planning and Climate Change”.
Elaborazione di: Maragno D., Magni F., Innocenti A., Negretto V., Verones S., Musco F., 2016.
Negli ultimi anni, l’idea di utilizzare un “approccio ecosistemico” (Grumbine, 1994; Christensen et al.
1996, Millennium Ecosystem Assessment, 2005) all’interno delle politiche di adattamento al cambiamento
del clima, ha acquisito sempre maggior importanza (Doswald, N. & Osti, M. 2011; Naumann et al., 2011).
Il concetto di approccio ecosistemico rappresenta un modo di pensare e agire in maniera ecologica, su
base scientifica, integrando le informazioni biologiche, sociali ed economiche per raggiungere un equilibrio
socialmente e scientificamente accettabile tra le priorità della conservazione della natura, l’uso delle risorse
e la suddivisione dei benefici (sostenibilità). In quest’ottica, la necessità di aumentare la capacità di lettura
del territorio diviene fondamentale. Diviene fondamentale saper misurare il grado di vulnerabilità di ogni
porzione di territorio per scegliere la misura di adattamento ottimale in merito. Esempi di queste misure
sono l’utilizzo di infrastrutture blu e verdi, corridoi fluviali, bacini di laminazione per lo stoccaggio di
acque meteoriche e fluviali, infrastrutture di contenimento per la gestione delle piene fluviali sempre più
frequenti a causa del cambio di eventi meteorici estremi, tetti verdi, ricostruzione di corridoi ecologici etc.
(figura 3).
1054
SISTEMI DI ADATTAMENTO MEDIANTE GREEN INFRASTRUCTURE
dmaragno@iuav.it
Figura 3 | Illustrazione di un esempio di adattamento urbano. Importante notare come l’approccio rivolto al grande intervento
viene cambiato in favore ad un sistema di piccoli interventi urbani. Fonte: Water Department City of Philadelphia.
Per procedere con l’identificazione e la scelta delle strategie di adattamento diviene importante quindi
formulare un’analisi capace di identificare tutti gli elementi vulnerabili a una specifica pericolosità in modo
di capire la sua soglia di resistenza agli shock esterni.
La relazione tra città e atmosfera è profondamente complessa poiché i due sistemi (naturale e antropico)
sono in continua interazione, influenzandosi a vicenda. La complessità dell’interazione tra ambiente
urbano e atmosfera risiede suo nel duplice dialogo tra città e atmosfera. Come il clima urbano risente del
clima atmosferico e dei suoi impatti su popolazione e infrastrutture, anche il clima atmosferico ne è
influenzato da territori e dalle attività umane. (Oke T.R., 2006). Solitamente le città influenzano il clima,
generando un microclima urbano, attraverso cinque aspetti (Shahmohamadi et al., 2012):
• riducendo la quantità di erba, terreno permeabile e alberi, asfalto e cemento;
• rilasciando calore artificiale dagli edifici, dagli impianti di condizionamento dell’aria, automobili e zone
produttive;
• diminuendo l’infiltrazione superficiale dell’acqua a favore di canali interrati e fognature (questo implica
anche una scarsa resilienza alle piogge intense che recentemente investono le nostre città);
• aumentando l’inquinamento atmosferico;
• diminuendo la ventilazione urbana.
L’individuazione e la scelta di una strategia rispetto ad una possibile vulnerabilità al CC e proporzionale
alla qualità e completezza dalle informazioni in possesso.
Le informazioni spaziali utili a definire e strutturare le strategie di adattamento non è completamente
implementata nella stesura del quadro conoscitivo presente negli strumenti urbanistici territoriali. E’
necessario quindi mettere a sistema dei protocolli d’azione che prevedano l’uso delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione per generare nuovi livelli conoscitivi.
Trattare il problema del cambiamento climatico nelle attività di governo del territorio obbliga pertanto le
PA a rivedere profondamento le regole e i modi con la quale si produce, gestisce, organizza e diffonde
l’informazione territoriale e ambientale. Su queste logiche si inseriscono nuovi approcci di governance
definibili Open Governace, composta da strumenti e tecnologie che reggono una gestione “smart”, orientata
verso una organizzazione aperta e trasparente. Il nuovo approccio suggerito per le P.A. si allontana dal
concetto di possesso, avvicinandosi sempre più alla condivisione delle risorse e della conoscenza,
abituandosi alla cooperazione; indirizzandosi quindi verso modelli di governace fondati su partecipazione e
coinvolgimento dei cittadini (Forghieri C., Moschi Simoni A., 2013).
1055
3 | Metodologia: Remote Sensing e trattamento dell’informazione integrata a favore di una
classificazione locale della vulnerabilità
Nel marzo 2014, la Provincia di Venezia, mediante un volo dedicato al rilievo aerofotogrammetrico
(copertura di 3000 Km2 e pari al territorio della Provincia di Venezia), ha generato, grazie alle moderne
tecnologie, 4000 immagini ad altissima risoluzione. Mediante Software dedicati di elaborazione delle
immagini (Hirschmuller, 2008), è stato possibile ottenere un modello digitale del territorio in 3D.
Figura 4 | Immagine della fitta “nuvola di punti” creata mediante l’elaborazione Dense Image Matching. Ogni punto è quotato e
georeferito e la loro densità spaziale permette la ricostruzione del territorio nelle tre dimensioni con una precisione attorno ai 15
cm. Elaborazione Iuav (Maragno D.), 2015.
La tecnica utilizzata prende il nome di Dense Image Matching. L’elaborazione dei dati acquisiti permette
di generare – a partire da una nuvola di punti georeferiti e quotati (figura 4) - immagini raster ad alta
risoluzione, contenenti la quota dell’elemento territoriale; DSM (Digital Surface Model) e DTM (Digital
Terrain Model) sull’intero territorio. Il DSM è una superfice che esprime l’altimetria di tutti gli elementi di
un dato territorio, compresi tutti i manufatti, gli edifici e le opere presenti.
Il DTM mostra invece la morfologia del terreno nudo depurato dalle opere, le infrastrutture e la
vegetazione presente. I modelli ottenuti, intersecati ad ortofoto a 4 bande (rosso, verde, blue e infrarosso
vicino) consentono di produrre informazioni, analisi e visualizzazioni riassunte di seguito:
1. Dati utilizzati
• Ortofoto con infrarosso in falsi colori
• Nuvola di Punti (from DIM)
2. Elaborazioni Raster Ricavate:
• dsm normalizzato
• ndvi
• slope
• solar
• svf
3. Elaborazioni Vettoriali Ricavate
• mappa del verde
• mappa dell'imperbeabile
• mappa delle altezze
• mappa dell'irragiamento solare
• mappa sky view factor
4. Integrazione Dati Esistenti
• mappa del verde con altezza
• mappa degli edifici con altezze
• mappa dei tetti con irradiazione
• mappa dei tetti con pendenze
• mappa dello svf stradale
• mappa dell'irradizione stradale
1056
Il processo di calcolo è stato costruito mediante linguaggio informatico SQL, in questo modo la
metodologia costruita può essere replicabile per ogni territorio con fonti dati analoghi.
ll modello sviluppato reperisce e integra informazione territoriale e classifica le aree urbane in Local Climate
Zone (di Stewart e Oke) in modo automatico restituendo una mappa classificata (figura 5). La mappa si
prefigge di supportare i processi decisionali in quanto:
• indica le zone climatiche locali a bassa resilienza al cc (mediante colorazione semaforica)
• permette di essere interrogata e restituisce informazione numerica.
La decisione di classificare le aree urbane in zone climatiche locali (ZCL) seguendo lo studio di Stewart e
Oke è dovuto a due motivi. Per prima cosa si assume che nelle zone omogenee i possibili impatti derivanti
dal cambiamento climatico siano simili, quindi si facilita la creazione di un abaco solutivo per territori
omogenei. Laddove la metodologia d’analisi sviluppata indica una specifica zona LCL, si può definire e
localizzare precisamente le probabili ripercussioni del cambiamento climatico per quelle aree.
La seconda questione, strettamente collegata alla prima, sfrutta la caratterizzazione della classificazione di
Stewart e Oke, ossia la definizione della geometria urbana. In questo modo è facilitata la comprensione
degli spazi d’azione per ogni classe analizzata. Fornendo un esempio, dove vi è LCL1 non vi sarà spazio
d’intervento a terra, quindi gli esagoni che identificano quelle aree obbligano uno studio degli interventi
sulle superfici verticali o sui tetti. Suggerendo anche lo strumento urbanistico appropriato per recepire al
meglio l’azione di adattamento individuata.
PRIMO OUTPUT DI ANALISI
Figura 5 | L‘immagini contrappone i risultati ottenuti con la tecnica di telerilevamento e l’aggregazione dell’informazione eseguita.
Le informazioni ottenute attraverso il trattamento dei dati DIM (Dense Image Matching) sono state successivamente elaborate e
integrate all’interno di griglie esagonali ( di dimensioni diverse , che vanno da 6 a 130 metri di lato lungo). In questo modo, è
possibile visualizzare e ottenere informazioni ambientale e territoriale per ogni singola cella in scale diverse.
Nell'esempio, parte dell'analisi impermeabilità urbana.
Elaborazioni Iuav, 2015
La classificazione, cosi come il reperimento delle misure e il calcolo degli indicatori, avviene in forma
automatica con apposito codice SQL costruito per tale scopo. Sostanzialmente ogni griglia esagonale è un
geo-database relazionale, contenente all’interno diversi campi con le informazioni sopra descritte.
All’interno dei campi indicatori vi è un valore, il codice esaminando cella per cella il valore di ogni
indicatore, classifica i diversi esagoni nelle diverse LCL sulla base dei range indicati nello studio di Stewart e
Oke.
Conclusioni
L’esportabilità della metodologia con l’applicazione a diverse città (ad oggi Venezia Città Metropolitana,
Padova e New York City), garantisce la possibilità di implementare e definire al meglio gli indicatori di
classificazione. Questo è possibile poiché la procedura basata con codice SQL, inserita nel database
PostgresSQL, permette l’analisi automatizzata delle informazioni inserite. Ciò significa che ogni città o
territorio che dispone di un dsm e ortofoto con la banda dell’infrarosso vicino può essere classificata.
La condizione di poter ragionare sugli indicatori e la loro classificazione su territori differenti permette:
• la comparazione tra le ZCL nei diversi territori con le informazioni degli eventuali eventi estremi
attribuibili al cambiamento climatico (es: allagamenti);
1057
• il confronto empirico dei diversi microclimi locali attribuibili alle differenti ZCL. Su New York ad
esempio sfruttano i sensori presenti nelle green infrastructure è possibile monitorare la temperatura
dell’aria o il carico d’acqua recepito. Questo permette di comprendere al meglio l’influenza di una forte
impermeabilizzazione o di un’alta densità abitativa sul microclima locale;
• Verificare, mediante monitoraggio, l’efficienza degli interventi di adattamento implementati. In questo
modo la metodologia proposta non diviene solamente strumento di supporto decisionale ma al
contempo strumento di verifica e monitoraggio.
Con tali strumenti si potrà diffondere con maggiore velocità ed efficacia la sensibilità verso un approccio
integrato coinvolgendo non solo saperi esperti nella definizione delle misure ma anche la cittadinanza per
favorirne l’implementazione sul territorio. Indispensabile riorganizzare le strutture pubbliche a tali scopi e
favorire di uso comune strumenti di ICT, mediante linee guida tecniche per agevolare la condivisione delle
conoscenze, la costituzione di un vocabolario unico per lo studio e l’applicazione delle più innovative
pratiche di gestione riassunte nel ciclo virtuoso: analisi delle necessità, programmazione degli interventi,
misurazione degli effetti delle politiche attuate e calibrazione di nuovi interventi (Maragno, 2015).
Riferimenti bibliografici
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1058
Verso uno strumento di SMART planning per la pianificazione
dei centri storici: il caso studio di Assolo
Stefano Pili
Ricercatore a contratto presso la rete di imprese “Compucart srl, Consulmedia srl, GEOEnGIS.srl”
Email: stefano.pili@unica.it
Abstract
L’obiettivo della ricerca è la definizione di un ‘Osservatorio per la riqualificazione sostenibile dei Centri Storici’
sviluppato per i Centri Storici (CS) della Regione Sardegna. Lo scopo dell’Osservatorio è supportare le
Amministrazioni Comunali (AC), sopratutto i centri minori caratterizzati da limitate risorse, nella definizione,
valutazione e monitoraggio delle politiche e delle azioni di trasformazione del CS specialmente orientate all'efficienza
energetica del patrimonio. Lo strumento è pensato per integrarsi con il processo di redazione dei Piani
Particolareggiati del Centro Storico (PPCS) e si configura come una piattaforma Web-GIS multi utente che integra
indicatori multidisciplinari (basati su: open SDI, dati dei PPCS e VGI) finalizzati alla definizione di strategie, al
monitoraggio ed alla creazione della conoscenza condivisa. Uno degli elementi centrali della ricerca è l’individuazione
di un Set di indicatori dinamico, multi disciplinare e multi scalare legato con le strategie di valorizzazione e sviluppo e
gli apparati normativi specifici del contesto. Il contributo riporta i risultati ottenuti nella sperimentazione della
metodologia presso il Comune di Assolo (OR), che si è incentrata principalmente sullo studio dei contenuti
informativi di base per l'interazione con la comunità locale. La sperimentazione ha evidenziato alcune criticità che
guideranno nel raffinamento della metodologia e nella definizione di indicatori più significativi, si potrà così passare
allo sviluppo di un prototipo di Osservatorio capace di coinvolgere un numero di comunità più ampio.
Parole chiave: historic centers, smart city, tools and techniques.
1 | Introduzione
La tutela e valorizzazione del Paesaggio Storico Urbano (UNESCO 2012) gioca un ruolo chiave nella
promozione e gestione del processo di transizione verso modelli di città e di insediamento più sostenibili e
resilienti. La conservazione del patrimonio culturale storico non è più una attività a se stante, incentrata sul
vincolo degli elementi ritenuti di maggior pregio, ma si integra in maniera strategica nelle politiche urbane
con un ottica di tutela - valorizzazione che ha impatti positivi sul contesto economico, sociale ed
ambientale della città (Girard 2013). Diventa perciò fondamentale la definizione di un processo
conoscitivo dinamico e condiviso capace di individuare iterativamente e monitorare i valori e le peculiarità
del contesto con un’ottica partecipativa.
L'obiettivo della ricerca, è la definizione di un approccio metodologico per l'implementazione di un
Osservatorio Territoriale (Farinós 2011, Prezioso 2008) che, a partire dalla rappresentazione dello stato attuale
del contesto attraverso appropriati indicatori, possa costituire uno strumento di SMART planning di
supporto all’attuazione di politiche di recupero e valorizzazione del Centro Storico (CS), specialmente
orientate all’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare e alla sostenibilità degli interventi
consentiti.
Una delle sfide maggiore di questi strumenti è la costruzione di indicatori di adeguato grado di definizione
spaziale, aggiornabili e monitorabili con costi e tempi sostenibili che, pur semplificando il processo
rappresentato, non perdano di significatività (Hiremath 2013).
La ricerca è ancora in svolgimento, qui si discuterà sui risultati ottenuti dal primo confronto con una
comunità locale che saranno di indirizzo per il proseguo del lavoro. A tal fine il contributo prima espone
1059
brevemente l’articolazione generale della ricerca e poi descrive la sperimentazione svolta presso il comune
di Assolo (OR).
2 | Approccio Metodologico
L’approccio metodologico è adattabile a diversi contesti, tuttavia gli algoritmi e le procedure sono studiate
nel dettaglio per integrarsi con il processo di redazione dei Piani Particolareggiati del Centro Storico
(PPCS) che attualmente nella Regione Autonoma della Sardegna (RAS) stanno vivendo una nuova
stagione pianificatoria.
La RAS ha sviluppato una ricca SDI di base1, precise linee guida per la Redazione dei PPCS ed una vasta
manualistica di riferimento2 che stanno dando origine a studi straordinariamente dettagliati sul patrimonio
edificato storico, caratterizzati da una certa omogeneità. Questi studi possono essere una base eccellente
per individuare un set condiviso di indicatori capaci di misurare i valori del sistema. Le linee guida
regionali per la redazione dei PPCS richiedono la caratterizzazione (coerenza paesaggistica, strutture,
materiali, stato di conservazione, ...) del patrimonio edificato alla scala del singolo corpo di fabbrica e lo
studio dei valori materiali ed immateriali del contesto individuandone gli elementi spaziali caratterizzanti
(margini, beni puntuali, scene, piazze, vicoli, ...).
Uno degli elementi centrali della ricerca è l’individuazione di un sistema di indicatori dinamico, multi
disciplinare e multi scalare legato con le strategie di valorizzazione e sviluppo e gli apparati normativi
specifici del contesto. L’Osservatorio si concretizza come un portale Web-GIS multi utente che contiene
informazioni geografiche multi scalari (Mappe) ed altra documentazione (documenti di sintesi, report,
grafici, ...) definibile come un “Osservatorio Territoriale”. Gli indicatori dello Scenario BASE misurano e
rappresentano le qualità del CS contribuendo a generare un processo di condivisione e sintesi
dell’informazione tra l’Amministrazione Pubblica (AP) ed i diversi attori coinvolti nel piano (proprietari
degli edifici, imprese di settore, professionisti, ricercatori, ...). La ricerca si sta concentrando anche sulla
progettazione di interfacce capaci di raccogliere e sistematizzare il feedback informativo volontario Informazione Geografica Volontaria (VGI) specifico dei diversi attori coinvolti nel processo di piano, in modo
da generare dinamicamente nuova conoscenza utile all'aggiornamento dello Scenario BASE (Figura 1).
Figura 1 | Diagramma logico dell'Osservatorio. Fonte: elaborazione dell'autore.
www.sardegnageoportale.it, (Ortofoto, foto oblique, DB topografico scala 1:500, foto aeree storiche, tematismi ambientali,
repertorio dei beni storico-culturali, DTM, DSM).
2 http://www.sardegnaterritorio.it/urbanistica/pianiparticolareggiati.html, (Manuali del Recupero dei Centri Storici della
Sardegna, Laboratori del Centro Storico, Linee Guida).
1
1060
Il sistema di indicatori traccia lo “Scenario BASE”; esso è sintetizzato tramite specifici algoritmi di calcolo
e metodologie qualitative utilizzando come base di dati le SDI ufficiali disponibili e le attività di analisi e
rilievo legate alla redazione dei PPCS.
La rappresentazione dello Scenario BASE è impostata su tre scale di aggregazione (Figura 2):
• scala territoriale, ogni CS è rappresentato da valori aggregati, essi possono costituire un metodo
condiviso per il confronto delle diverse realtà isolane orientato alla diffusione di best practices e alla
definizione di politiche di sviluppo territoriale;
• scala del CS, la rappresentazione ha l'obiettivo di supportare le amministrazioni locali nel monitoraggio
del PPCS e dello studio di strategie progettuali, perciò è supportato da mappe che mostrano i valori
degli indicatori per ogni edificio, da indici e grafici riassuntivi;
• scala dell'edificio, costituisce la base dati utile per l’impostazione di interfacce di dialogo orientate ai
proprietari degli edifici e supporta i processi di aggiornamento del Data base.
Per facilitare il confronto tra diversi CS, nel passaggio alla scala territoriale gli indicatori sono sintetizzati in
indici aggregati tramite metodologie che sono in via di definizione.
La scelta dei valori, su cui basare la sintesi degli indicatori si riferisce alle recenti esperienze dei protocolli
di certificazione ambientale degli edifici (GBC LEED, CASACLIMA, ITACA) ai quali si cercano di
integrare, in chiave strategica, la scala Urbana e gli indirizzi della RAS riguardo la tutela e la valorizzazione
del patrimonio storico culturale. I protocolli propongono approcci semplificati orientati alla
comunicazione anche ad un pubblico non tecnico adatti alle finalità dell’Osservatorio, essi basano la
misura della sostenibilità su sistemi gerarchici e multi disciplinari di indicatori ed indici, anche piuttosto
articolati, ma che poi confluiscono in pochi sintetici parametri di giudizio. Si tratta di metodologie che,
oltre ad avere una consolidata base scientifica, godono di una certa diffusione e riconoscibilità sia per gli
operatori del settore che per il semplice cittadino. Si propone un approccio che definisce un sistema
gerarchico di indicatori per valori e temi, dove ogni tema può avere uno o più indicatori o indici che
definiscono lo Scenario BASE variamente legati ai dati di base (Tabella I).
Figura 2 | Approccio per la definizione del Sistema di Indicatori. Fonte: elaborazione dell'autore.
Gli indicatori dedicati alle prestazioni energetiche sono basati su un modello analitico alla scala del singolo
corpo di fabbrica, sviluppato in ambiente GIS, coerente con la normativa vigente per la redazione degli
Attestati di Prestazione Energetica (APE)3. Il modello permetterà l’implementazione di uno strumento per
supportare le AP ed i progettisti nel progetto e nella valutazione di strategie di recupero ed
efficientamento del patrimonio edilizio.
Il modello esegue prima un'analisi geometrica di ogni edificio definendone: le superfici disperdenti, i
volumi riscaldati, l'orientamento e l'ombreggiamento di ogni facciata (Figura 3). Incrociando i dati
3
La normativa tecnica UNI 11300 TS 2014 e il DL 192/2006 con i successivi aggiornamenti.
1061
geometrici con le informazioni sui materiali contenute nei PPCS, il modello calcola i parametri di
efficienza dell'involucro per ogni edificio (Figura 3).
Per proseguire nel calcolo dei parametri di efficienza servono però informazioni sugli impianti, sui vettori
energetici utilizzati e sugli stili di consumo che non sono normalmente contenuti negli studi dei PPCS. Nel
concept della metodologia esse dovrebbero essere di natura volontaria, ricavate tramite apposite interfacce
di eco-feedback integrate nel portale (Jain, 2011) (Figura 3).
Figura 3 | Diagramma del modello. Fonte: elaborazione dell'autore.
3 | Caso studio di Assolo
Assolo è un piccolo comune fortemente rurale della provincia di Oristano (400 ab. circa) interessato da un
processo di redazione di un nuovo Piano Particolareggiato per il Centro Storico del paese, che grazie alla
sua limitata dimensione risulta adatto alla sperimentazione (Figura 4). Le finalità e le attività svolte nella
sperimentazione sono inquadrabili i tre aspetti:
• valutare fino a che punto la costruzione della conoscenza di sfondo del PPCS coerente con le linee
guida regionali possa essere utilizzata come base dell'Osservatorio, tramite la sintesi di un gruppo
preliminare di indicatori;
• presentare la struttura dell'Osservatorio e valutare la significatività degli indicatori direttamente con i
destinatari dello strumento, tramite un evento di presentazione della ricerca svolto nella comunità;
• sperimentare un approccio partecipativo ed il contenuto delle interfacce di feedback, tramite un
questionario sottoposto ai residenti ed ai fruitori del CS.
3.1 | Sistema degli indicatori
Inizialmente si è raccolto un ampio gruppo di possibili indicatori basati sulle SDI disponibili e sulle
possibili azioni di rilievo (topografico, ambientale, partecipativo). Il gruppo di indicatori è stato
sperimentato nel caso studio al fine di valutare: la complessità delle analisi necessarie, la reperibilità e
l'aggiornabilità dei dati di base, la significatività e la pertinenza degli indicatori rispetto ai destinatari dello
strumento. Si riporta una tabella riassuntiva degli indicatori che sono stati selezionati per la presentazione
della ricerca, essi saranno integrati con i risultati del questionario e presentati ad un altro incontro (Tabella
I). Il sistema di indicatori è uno dei possibili e dimostra le potenzialità uno strumento come l’Osservatorio
sviluppato sui dati territoriali disponibili. Il lavoro sarà l’occasione per coinvolgere altri esperti nella
definizione del sistema di indicatori e delle regole di aggregazione e valutazione delle variabili. Qui non
entreremo nel dettaglio degli algoritmi adottati e non riportiamo i valori quantitativi i ottenuti nella
1062
sperimentazione4, ma si vuole ragionare su una sintesi dei risultati in maniera da individuare alcuni indirizzi
per le fasi successive della ricerca.
In questo caso si è collaborato con i professionisti incaricati del piano per strutturare la base conoscitiva in
un DB geografico che ha facilitato il calcolo degli indicatori legati al piano. Gli indicatori possono essere
sintetizzati tramite semplici operazioni di geoprocessing che non generano particolari aggravi alle ordinarie
attività di rilievo ed analisi legate alla redazione dei PPCS, mentre, per facilitare l'utilizzo del modello
energetico, le operazioni sono state codificate in appositi toolbox GIS.
La struttura spaziale della base conoscitiva sarà fondamentale per implementazione di uno strumento di
aggiornamento legato alle pratiche edilizie. Sono in corso altre sperimentazioni per valutare la fattibilità
d'uso del sistema di indicatori anche in casi dove la conoscenza di base non sia stata preliminarmente
strutturata su DB geografici.
3.2 | Risultati della sperimentazione
La ricerca è stata presentata presso il centro di educazione ambientale di Assolo, i presenti (circa 35 tra
tecnici ed i cittadini) hanno indicato come maggiore criticità, la numerosità dei valori e temi analizzati che
possono rendere dispersiva la consultazione dei contenuti dell'Osservatorio. I tecnici funzionari di alcune
amministrazioni comunali limitrofe suggeriscono di focalizzarsi su indicatori strettamente correlati ai
PPCS, limitando quelli di natura più ambientale (Tabella I).
Nelle settimane successive sono stati sottoposti alla comunità locale due questionari: uno per il fruitore
generico del centro, che riguarda la percezione della qualità ambientale ed architettonica dello spazio
pubblico e le possibili strategie di valorizzazione del centro; l'altro per i residenti nel CS ai quali sono state
chieste informazioni sul proprio edificio: sistema edificio - impianto, uso della unità immobiliare, confort
interno percepito e propensione all'intervento.
Questionario fruitore generico
Il campione è composto in prevalenza da residenti nel centro storico (43 residenti su 64 questionari), molti
(circa il 70%) dichiarano di non aver visitato molti centri storici e di avere limitati termini di paragone per
valutare il proprio. Gli intervistati valutano il centro come mediocre ma con le potenzialità per essere
attraente, individuano come principale fattore limitativo la qualità dello spazio pubblico mentre lo stato
degli edifici sembra essere giudicato con un livello di criticità minore (Figura 5). In generale, gli intervistati
mostrano una certa fiducia sulle possibilità di sviluppo legate alla valorizzazione del CS, ed individuano
chiaramente le attività artigianali tradizionali come la maggiore vocazione locale, sottolineando la
debolezza della vocazione turistico – ricettiva (Figura 5).
Questionario per il residente nel CS: Uso del patrimonio
Il patrimonio immobiliare è caratterizzato da una quantità considerevole di Unità Immobiliari (UI)
inutilizzate o utilizzate molto saltuariamente prevalentemente per brevi vacanze estive (46%), si sono
effettuate 43 interviste corrispondenti al 53% degli edifici utilizzati.
Questionario per il residente nel CS: Stato di conservazione e confort interno
La maggior parte degli intervistati (70%) ha valutato come “buono” lo stato di conservazione generale
della propria UI (21% mediocre, 9% scarso). Durante la stagione invernale più del 50% dichiarano severe
condizioni di confort interno (freddo, molto freddo). In estate, grazie alle caratteristiche di inerzia termica
delle strutture massive in pietra, prevalgono le condizioni buone (fresco) (Figura 5). I giudizi positivi vanno
però opportunamente valutati, in quanto, visto il limitato numero di residenti per UI, è frequente che essi
tendano ad usare solo gli ambienti più confortevoli abbandonando gli altri per intere stagioni.
Questionario per il residente nel CS: Sistema edificio - impianto
Nella maggior parte delle UI il camino a legna è l'unico sistema di riscaldamento (72% delle UI); solo nel
26% dei casi esso è combinato con veri e propri impianti (caldaia con radiatori, pompe di calore) che
tuttavia sono utilizzati per poche ore al giorno come sistemi integrativi per lo più localizzati nella zona
notte. I sistemi di raffrescamento sono praticamente assenti, se presenti, gli intervistati dichiarano di non
utilizzarli grazie alle buone condizioni di confort estivo. La quasi totalità degli intervistati utilizza il boiler
elettrico per la produzione dell'ACS.
4
Per approfondimenti si rimanda al report presente nel sito sviluppato per la presentazione della ricerca
http://osservatoriocs.geonue.it/.
1063
Questionario per il residente nel CS: Propensione all'intervento
Circa il 50% del campione ha dichiarato di avere effettuato almeno un intervento edilizio negli ultimi 20
anni e circa il 40% ha intenzione di compierne altri nei prossimi anni. Gli interventi riguardano per lo più
il rifacimento delle coperture (circa il 35%) ed una percentuale non irrilevante di edifici è stata anche
sottoposta ad interventi di ristrutturazione interna (circa il 25%) che però non hanno mai riguardato gli
impianti (Figura 5). Parallelamente, l’intervento maggiormente atteso è il rifacimento della copertura (circa
45%), a cui segue la ristrutturazione completa (circa il 15%) (Figura 5).
Questionario per il residente nel CS: Consumi
I consumi per riscaldamento sono legati principalmente alla legna mentre la produzione di ACS incide sui
consumi elettrici; gli altri vettori sono residuali (incidono meno del 5%). Non è stato facile rilevare la
spesa ed i consumi della legna, essi non sono standard: dipendono fortemente dal camino, dal tipo di
legna, dalla temperatura interna e dal tipo di ambienti riscaldati. Gli intervistati hanno mostrato forti
difficoltà a definire le quantità medie consumate facendo alternativamente riferimento a diverse unità di
misura ed a spese forfettarie. Tramite un metodo empirico di conversione5 abbiamo definito una spesa
media annua di circa 900 euro per il riscaldamento della stanza maggiormente utilizzata (la cucina). Molti
possiedono terreni e, se possono, provvedono di persona all'approvvigionamento della legna perciò sono
presenti spese molto basse (Figura 5).
4| Conclusioni: lezioni apprese
Uno dei risultati più importati della sperimentazione è il ripensamento del ruolo delle VGI nella
metodologia: la comunità destinataria della campagna di rilievo è prettamente composta da anziani
caratterizzati da un basso livello di scolarizzazione che hanno forti difficoltà all'utilizzo delle tecnologie
informatiche. Non è stato, perciò, possibile procedere con la compilazione autonoma del questionario: la
campagna è stata svolta tramite interviste effettuate da un tecnico affiancato da un “esperto” dei luoghi,
che ha facilitato la creazione del rapporto di fiducia con i destinatari dell’indagine. Gli intervistati hanno
mostrato una relativa facilità a rispondere alle domande sulla percezione dei luoghi ed il confort interno,
ma per quelle di natura più tecnica (involucro, impianti, consumi) hanno avuto necessità del supporto
dell'intervistatore. Ciò ridimensiona la possibilità di utilizzare le interfacce rivolte ai residenti nel CS per il
feedback sulle caratteristiche di edificio ed impianti utili al modello. Queste informazioni potranno più
proficuamente essere richieste ai tecnici tramite apposite interfacce per la presentazione di pratiche
edilizie. Le interfacce dedicate ai residenti potrebbero essere perciò orientate più all'educazione e
l'informazione della cittadinanza ed allo studio delle sue preferenze ed attese.
Il sistema di indicatori è stato valutato nel complesso significativo e pertinente, tuttavia, per quanto sia
stata apprezzata la sua articolazione multi scalare e multi disciplinare, la numerosità dei valori è stata
ritenuta di ostacolo alla comprensione. Si stanno sviluppando altri casi studio per testare questi ed altri
indicatori, tuttavia sembrano delinearsi due indirizzi che vanno verso direzioni differenti:
• allinearsi alle procedure che verranno proposte nel Protocollo ITACA per i quartieri (Gandolfi 2015),
esso è un riferimento consolidato però potrebbe portare ad una complicazione delle procedure;
• limitare il numero di indicatori e focalizzarsi sulla funzione di monitoraggio e supporto al PPCS,
favorendo la comunicabilità dei risultati e replicabilità delle procedure.
Una forte criticità riguarda gli indicatori di efficienza energetica calcolati tramite il modello. Essi sono stati
ritenuti troppo tecnici dagli attori coinvolti, ma, aspetto più rilevante, essi sembrano poco pertinenti alle
caratteristiche del contesto. In accordo con i riferimenti (APE, ITACA) lo scopo di questi indicatori è
promuovere interventi di efficientamento per la diminuzione delle emissioni di CO2. Nel nostro caso
studio, grazie all'uso diffuso di biomasse locali, le emissioni di CO2 sono molto limitate; mentre la priorità
è evidentemente il miglioramento del confort interno. Inoltre i calcoli considerano "volume riscaldato"
tutto il volume dedicato alla residenza, mentre abitualmente è riscaldata solo la cucina, perciò anche la
stima del fabbisogno teorico (EPgl) risulta essere molto lontana dalle reali condizioni d'uso. La ricerca sta
procedendo nella definizione di alcune strategie progettuali specifiche e nell'individuazione di indicatori
più adatti al contesto.
5
1Metro Cubo di legna = 7 quintali; 1 Carrello di legna = 30 quintali; 18,50 euro al quintale.
1064
Tabella I | Sistema di Indicatori proposto nel caso studio.
1065
Figura 4 | Inquadramento geografico e dati demografici. Fonte: elaborazione dell'autore da Ortofoto RAS e dati ISTAT.
1066
Figura 5 | Sintesi dei risultati dei questionari. Fonte: elaborazione dell'autore.
1067
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nel maggio 2012.
Sitografia
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www.gbcitalia.org/
Protocollo ITACA
www.itaca.org/valutazione_sostenibilita.asp
Protocollo CASACLIMA
www.agenziacasaclima.it/it/certificazione/3-0.html
Infrastruttura di Dati Spaziali (SDI) della Regione Autonoma della Sardegna
www.sardegnageoportale.it
Materiale di indirizzo per la redazione dei PPCS,
www.sardegnaterritorio.it/urbanistica/pianiparticolareggiati.html
Caso studio di Assolo (OR)
osservatoriocs.geonue.it/
Riconoscimenti
Questo contributo è un prodotto della ricerca “Osservatorio per la riqualificazione sostenibile del
patrimonio edificato” è sviluppata presso la rete di imprese GeoEnGis srl – Compucart srl – Consulmedia
srl, mediante una borsa di ricerca finanziata con le risorse del P.O.R. SARDEGNA F.S.E. 2007-2013 Obiettivo competitività regionale e occupazione, Asse IV Capitale umano, Linee di Attività l.1.1. e l.3.1.
1068
Una sperimentazione di strumenti web-based per la partecipazione
dei cittadini ai processi di rigenerazione urbana:
l’infrastruttura ICT CAST e l’Urban Center Virtuale
Piergiuseppe Pontrandolfi
Università degli Studi della Basilicata
Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo – DICEM
Email: piergiuseppe.pontrandolfi@unibas.it
Francesco Scorza
Università degli Studi della Basilicata
Scuola di Ingegneria, Laboratorio di Ingegneria dei Sistemi Urbani e Territoriali (LISUT)
Email: francesco.scorza@unibas.it
Abstract
Nei processi di pianificazione fisica e programmazione economica sia alla scala urbana che alla scala
territoriale il ruolo della partecipazione rappresenta un elemento centrale del processo di piano. La
partecipazione è spesso associata a forme di organizzazione (che chiamiamo strutture della partecipazione)
che ritrovano nell’Urban Center un modello che in letteratura appare eterogeneo per finalità, funzioni ed
organizzazione. Il lavoro analizza i primi risultati del Progetto CAST (Cittadinanza Attiva per lo Sviluppo
Sostenibile del Territorio) ed in particolare ai primi risultati ottenuti nelle applicazioni condotte nel
Quartiere di Poggio tre Galli a Potenza dove la sperimentazione di un approccio partecipativo misto
tradizionale/tecnologico ha permesso l’elaborazione di scenari di rigenerazione urbana caratterizzati da un
approccio inclusivo “citizens centered”.
Il lavoro presenta un contributo operativo in termini di Smart Planning ovvero di approcci evolutivi 2.0
orientati ad una gestione urbana inclusiva e partecipata attraverso strumenti ICT. Una caratteristica
singolare della piattaforma ICT sviluppata nell’ambito del progetto CAST è rappresentata dall’integrazione
di strumenti per la gestione e l’analisi degli streaming dei principali social network con una SDI.
La dimensione dell’esperienza condotta, descritta sia in termini quantitativi che di disegno strategico di
rigenerazione urbana a scala di parti di città, fa emergere da un lato una domanda di contributi bottom up
che si attesta prevalentemente all’interno delle istituzioni e che invece non corrisponde a gruppi di
interesse qualificati; dall’altro la necessità di sperimentare soluzioni efficaci al fine di bilanciare l’impegno a
gestire e configurare sistemi informativi complessi rispetto alla qualità dei risultati che dipende da un
insieme di fattori.
Le prospettive di ricerca guardano alla definizione di procedure ‘web-assisted’ per la partecipazione alle
scelte di governo della città e del territorio che, a partire dagli strumenti ICT testati nell’ambito del
progetto CAST, possano consolidare pratiche bottom-up come DSS.
Parole chiave: participation, urban renewal, urban policies.
1 | Introduzione
Il processo verso l’identificazione di modelli di sviluppo e rigenerazione urbana inclusivi passa attraverso
l’implementazione di processi partecipativi evoluti in cui le esigenze degli attori individuati possano
1069
trovare spazi e forme di approfondimento tecnico finalizzate alla costruzione di strategie sostenibili di
sviluppo urbano (cfr. Luisi 2016). In questo senso il progetto CAST (Cittadinanza Attiva per lo Sviluppo
Sostenibile del Territorio) rappresenta un utile caso di studio in cui un processo partecipativo assistito da
strumenti ICT evoluti (crf. Lanza e Prosperi, 2009) ha generato un ampio interesse della comunità locale e
– conseguentemente – dell’amministrazione pubblica rispetto all’opportunità di definire strategie di
riqualificazione urbana in un contesto circoscritto e peculiare da candidare a finanziamento nell’ambito
dell’agenda urbana 2014-2020. In termini procedurali è opportuno evidenziare come tale contributo
strettamente “bottom-up” rappresenti un elemento di valore in un contesto in cui le amministrazioni
pubbliche responsabili dei processi di governo delle trasformazioni urbane vivono un momento di crisi di
mezzi e strumenti (Cutini, Rusci, 2016; Manganelli et al. 2013) per approfondire, sviluppare e stimolare un
attivo coinvolgimento dei cittadini.
Il lavoro presenta un contributo operativo in termini di Inclusive Smart Planning ovvero di approcci
evolutivi 2.0 (come estensione dell’esperienza descritta da Murgante et al. 2011) orientati ad una gestione
urbana inclusiva e partecipata attraverso strumenti ICT.
Il progetto considera un approccio interdisciplinare nella progettazione ed implementazione di processi
partecipativi che guarda a esempi rilevanti in letteratura (Ave 2005; Gibelli, 2009; Tedesco 2005). Esperti
di diverse discipline (in particolare urbanistica, architettura e sociologia) interagiscono con le comunità
locali, anche con l’ausilio di strumenti informatici e web-based, per sperimentare forme innovative di egovenance.
In questo lavoro, dopo una presentazione del contesto di implementazione e dei principali riferimenti
metodologici, si descrive in linea generale il quadro strategico derivante dal processo partecipativo. Le
conclusioni rimandano a successivi sviluppi e approfondimenti delle metodologie e delle procedure
adottate nell’ambito di un modello organizzativo di “virtual urban center”.
2 | Il contesto di implementazione del progetto CAST
Gli ambiti territoriali di interesse del progetto CAST sono: l’area metropolitana di Potenza e la città di
Matera che, immediatamente a valle della nomina a “Capitale europea della cultura per il 2019” svilupperà
iniziative importanti anche sotto il profilo dell’innovazione e della rigenerazione urbana.
All’interno della Regione Basilicata tali ambiti d’intervento risultano beneficiari delle azioni di
programmazione dei Fondi Strutturali per lo sviluppo sostenibile delle città all’interno del PO FESR 20142020. La ricerca fornisce contributi alla formazione di scenari di intervento che includano gli esiti di azioni
di innovazione sociale (enpowerment) sul territorio (Pontrandolfi, 2010).
La proposta nasce dall’idea di promuovere un più ampio processo di partecipazione alla definizione delle
scelte e degli interventi di programmazione economico-territoriale all’interno di una rinnovata strategia di
sviluppo locale in Basilicata al fine di affrontare evidenti elementi di debolezza economica e sociale che,
pur in presenza di rilevanti risorse naturali, culturali, economiche e sociali, non favoriscono pienamente il
rilancio dei processi di sviluppo endogeno in ambito urbano e territoriale.
I temi principali sono quelli del riequilibrio territoriale, della inclusione sociale, della organizzazione dei
servizi di base secondo principi di equità, efficienza e corretto uso delle risorse per promuovere le linee di
indirizzo principali per un progetto urbano sostenibile che possa fare riferimento, per quanto attiene alla
attuazione degli interventi, alle risorse finanziarie che nei prossimi anni, soprattutto a valere sui fondi
comunitari, potranno rendersi disponibili (Pontrandolfi, 2009).
Mentre per la città di Matera l’obiettivo del progetto è quello di approfondire i termini di una visione
complessiva di sviluppo della città nella prospettiva di capitale della cultura europea nel 2019, per il caso di
studio della città di Potenza – che in questo lavoro viene descritto per gli elementi caratterizzanti – si pone
la questione di attivare un processo complessivo di rigenerazione e qualificazione del tessuto urbano delle
aree periferiche in un contesto singolare: potenziale dissesto dell’amministrazione comunale e
programmazione di risorse straordinarie rilevanti provenienti dai Fondi Strutturali UE.
3 | Tecnologie per la partecipazione: una soluzione open source integrata
La componente tecnologica del progetto si basa su una piattaforma ICT online che integra strumenti e
framework open-source per la realizzazione di una infrastruttura tecnologica integrata che consenta un elevato
livello di interazione tra gli utenti rispetto alle dimensioni della partecipazione precedentemente descritte.
Il progetto della infrastruttura tecnologica proposta assume a riferimento alcune esperienze che in questo
dominio sono state sviluppate di recente; tra queste appare rappresentativo il progetto “Cilentolabscape”
1070
(cfr. Attardi et al. 2014; Cerreta et al. 2016) che propone una piattaforma integrata che combina in forma
avanzata funzionalità tradizionale di esposizione di dati a strumenti di interazione sociale avanzati.
Il sistema integra funzioni di CMS (content management system), un Geoportale per la visualizzazione e la
gestione delle informazioni territoriali, sistemi avanzati per la gestione di sondaggi e votazioni online,
servizi OCG per la gestione e condivisione dei dati secondo gli standard dell’OPEN DATA, integrazione
con social network e gestione di social allert spaziali per la partecipazione e il collaborative mapping (Scorza,
Pontrandolfi, 2015). Il sistema si articola nelle seguenti componenti principali: Piattaforma tecnologica CMS & SDI, il geoportale, widget, app POI builder, app mobile di accesso al portale.
La piattaforma tecnologica integrata: schematizzazione delle principali componenti
Il design dell’infrastruttura prevede una Spatial Data Infrastructure (SDI), costituita da un central database
(PostgreSQL/PostGis), un geospatial application server (GeoServer) e un content management system
(Joomla).
Il progetto richiede l’installazione e la configurazione di un central database realizzato mediante un
RDBMS PostgreSQL con PostGIS Extension con le seguenti funzioni strutturali: accogliere, gestire ed
archiviare i dati spaziali, raster e alfanumerici; accogliere, gestire ed archiviare i dati non spaziali
provenienti dal content management system (Joomla).
La gestione e l’esposizione attraverso il web dei contenuti del portale è affidata ad un sistema CMS
(Content Management System) con funzioni e strumenti tradizionali: gestione contenuti statici, News e
Newsletter, Gallery, Download.
La SDI è dedicata alla erogazione di servizi di mapping, e dovrà essere implementata attraverso un cluster
applicativo con bilanciatore di carico mediante un Load Balancer Server implementato con il Web Server
Apache 2 con modjk.
La Spatial Data Infrastructure costituisce la base per l’erogazione e la fruizione di tutti i servizi di mapping.
Essa si compone di due logiche differenti a seconda che si trattino di Dati Vettoriali o di Dati Raster.
Il Geoportale del progetto CAST
La dimensione spaziale delle informazioni prodotte all’interno del processo di partecipazione viene
organizzata all’interno del Geoportale.
Le principali funzionalità necessarie a garantire un livello di operatività adeguato sono: visualizzazione di
mappe di base (Google, Bing, Open Street Map), controlli base di navigazione della mappa (Pan, Zoom),
funzione di gestione lista servers OGC per l’interoperabilità, visualizzazione lista layer e overlay-mapping
dinamica, funzioni di filtraggio dati, gestione utenze, salvataggio progetti mappa per profilo utente,
funzionalità di Geo-Coding per posizionamento in mappa (ricerca luoghi, componenti), gestione Viewport
(posizionamenti in mappa in aree personalizzate).
Social Mapping & Social Allert
I social network sono attualmente la banca dati più grande del mondo.
Se consideriamo Twitter, un social network che offre un servizio di ‘short message’ con opzione di
geolocalizzazione, ogni giorno vengono generati qualcosa come 400ML di tweets resi disponibili dal
sistema mediante API.
Il messaggio tweetter è una innovativa forma di informazione geo spaziale (proveniente dai vari dispositivi
mobile tramite l’utilizzo del gps o della rete gsm) e multimediale (immagini e testi generalmente organizzati
in forma sintetica e particolamente significativa).
La possibilità di integrare i social network all’interno di un web-gis favorisce l’interazione dell’utente con il
sistema, aumentando il livello e la qualità del processo di partecipazione immaginato nell’ambito del
progetto CAST.
La funzionalità chiave è quella di segnalare istanze georiferite da parte degli utenti in riferimento a
emergenze puntuali classificabili in funzione degli argomenti discussi all’interno della piattaforma.
4 | Approccio metodologico: l’LFA
Sul piano metodologico l’esperienza è stata condotta secondo la procedura del Logical Framework
Approach.
I riferimenti sono rintracciabili nel lavoro di ricerca e applicazione del LISUT (tra cui Las Casas et al. 2016;
Las Casas, 1984; Las Casas, 1995; Las Casas e Sansone, 2004) che individuano nel LFA un riferimento
metodologico strutturato utile ad un approccio razionale al processo di piano. L’LFA si caratterizza per
1071
una fase di analisi in cui all’interno di azioni di coinvolgimento dei principali stakeholders assistite dei
contributi tecnici di analisi e valutazione del contesto di implementazione, vengono definite criticità e
conseguenti finalità operative per l’individuazione di strategie (alternative) di intervento. Segue una fase di
sintesi in cui attraverso la Matrice del quadro Logico si definisce la forma operativa della struttura di
programma collegando finalità, risultati, azioni e risorse secondo una logica rigorosa connessa ad un
sistema di indicatori “aggettivamente verificabili”. Il Logical Framework (LF) serve per strutturare la logica
delle attività di piano al fine di facilitarne la valutazione nelle diverse fasi del Project Cycle Management.
Las Casas e Scorza (2009) propongono una versione della LFM che oltre ai principi di efficacia ed
efficienza della spesa pubblica mira ad esplicitare la coerenza e pertinenza delle scelte di policy rispetto al
contesto di implementazione nell'ottica di una ricerca di politica place o context based.
Aune (2003) ci avverte del pericolo: “Form over substance”. Nel settore degli aiuti alle imprese, spesso la
“forma” dell’LFA sostituisce la “sostanza”. Infatti, nelle applicazioni più estese dell’LFA la vittoria della
forma sulla sostanza può essere rappresentata dalla “compilazione della matrice” oltre i livelli di utilità
richiesti dal progetto. Coleman (1987) sostiene che l'approccio dell’LFA è un “aiuto al pensiero” piuttosto
che un insieme di procedure.
Nell’ambito del progetto CAST è stata principalmente sviluppata la fase di analisi dell’LFA. Partendo da
elaborazioni tecniche e valutazioni urbanistiche del contest di implementazione, attraverso un calendario
di incontri partecipativi, l’analisi dei risultati ottenuti attraverso questionari online e l’analisi dello streaming
dei social network sono stati elaborate gli alberi dei problemi e degli obiettivi.
Figura 1 | Albero dei problemi: il quadro d’insieme
Fonte: elaborazione degli autori
Dall’elaborazione complessiva sono state estratte le questioni settoriali per un confronto sistematico con
gli stakeholders e l’amministrazione:
1072
Figura 2 | Albero dei problemi: settore viabilità e mobilità
Fonte: elaborazione degli autori
Tali elaborazioni, sviluppate secondo un approccio evolutivo di confronto e revisione con I principali
stake-holders coinvolti nel progetto CAST sono stati discussi con l’Amministrazione Comunale che ha
dichiarato l’interesse ad assumere tale quadro conoscitivo/valutativo come base per la programmazione
delle risorse dell’Agenda Urbana nel quadro della programmazione 2014-2020.
5 | Il laboratorio di urbanistica partecipata a “Poggio Tre Galli”
Nell’ambito del progetto CAST si sono sviluppate a Potenza attività ed esperienze che vanno nella
direzione di favorire forme di cittadinanza attiva nei processi di governo della città e che le Associazioni
promotrici del progetto intendono sviluppare e consolidare nei prossimi mesi.
In particolare, si è sviluppata una esperienza di partecipazione con la istituzione di un Laboratorio di
Urbanistica Partecipata sui temi della rigenerazione urbana nei quartieri della zona occidentale della città
(Poggio Tre Galli e zona G), con il coinvolgimento di cittadini, rappresentanti dell’amministrazione
comunale, associazioni culturali e di volontariato della città.
L’area urbana interessata è quella occidentale della città comprendente il quartiere di Poggio Tre Galli, la
zona G e l’area del cosiddetto “Centro Studi” dove sono ubicate molti istituti per la istruzione superiore e
le scuole dell’obbligo a servizio del quartiere, oltre a diversi edifici destinati ad ospitare gli uffici regionali.
Il quartiere di P3G è stato realizzato sulla base di un ‘piano di zona’ tra gli anni ’70 e ’80 e sono ancora in
corso interventi di completamento; l’area del Centro Studi, oggetto di un originario piano particolareggiato
approvato nella prima metà degli anni ’70, è stata oggetto di interventi edilizi puntuali e non coordinati e si
presenta ancora con molte aree non edificate.
In anni recenti le originarie previsioni urbanistiche sono state oggetto di variazioni che hanno comportato
una significativa trasformazione della struttura urbana del quartiere. Nonostante gli stravolgimenti del
progetto originario il quartiere presenta molti aspetti positivi in termini di qualità della vita, ma anche molti
problemi che andrebbero affrontati e risolti.
A fronte di potenziali aree e spazi che potrebbero essere ancora utilizzati per promuovere una complessiva
riqualificazione urbanistica del quartiere esistono potenziali rischi, anche legati ad alcune previsioni del
Regolamento Urbanistico che potrebbero rappresentare invece elementi di ulteriore congestione e degrado
degli spazi del quartiere.
Per i temi da affrontare e per il particolare ambito urbano interessato, un ruolo importante è stato svolto
dagli studenti e dai docenti delle istituzioni scolastiche presenti nell’area.
Le attività del Laboratorio sono state sviluppate secondo due modalità. Una più tradizionale che ha
previsto il lavoro di un gruppo ristretto di soggetti (esperti, rappresentanti del quartiere, associazioni) ed
una più innovativa che ha previsto una interlocuzione con una platea più ampia di soggetti attraverso
l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche e l’uso dei social network.
1073
Nella fase iniziale del Laboratorio grande attenzione è stata rivolta alla conoscenza del territorio, come
costruzione collettiva e condivisa in base all’interazione fra attori diversi. Dalla discussione di quanto è
emerso nella prima fase di conoscenza si è sviluppato il processo di valutazione finalizzato a definire i
problemi più importanti che interessano il quartiere. La condivisione dei problemi ha avviato la
discussione e la definizione degli obiettivi su cui articolare credibili strategie di intervento, attente a
considerare le integrazioni tra questioni settoriali. Le strategie e gli interventi sono stati indicati e descritti
in una assemblea conclusiva per offrire un contributo di discussione ulteriore e sottoporre le proposte
all’Amministrazione Comunale, indicando eventuali priorità.
La strategia di rigenerazione urbana, sulla base del confronto delle valutazioni e delle proposte emerse nel
corso del Laboratorio, privilegia interventi materiali ed immateriali che siano fattibili, sinergici e il più
possibile sostenibili ambientalmente, economicamente, socialmente e proceduralmente e soprattutto
coerenti con la indicazione degli obiettivi il cui conseguimento dovrebbe consentire di affrontare, almeno
in parte, i problemi e le criticità indicati nella discussione e di rispondere, in modo efficace ed efficiente,
alle istanze ed ai bisogni dei cittadini e dei fruitori del quartiere.
La vision complessiva alla base della proposta e delle strategie di intervento elaborate nel Laboratorio fa
riferimento ad un progetto di rigenerazione urbana che ha nella promozione di una mobilità sostenibile e
nello sviluppo della pedonabilità e nella realizzazione di un sistema a rete di infrastrutture verdi, servizi e
spazi aperti per la comunità dei cittadini i capisaldi fondanti per la promozione di una città sostenibile. La
proposta è quella di sviluppare una struttura urbana (fondata su verde, pedonalità e servizi integrati) su cui
adeguare ed adattare sia le infrastrutture per la mobilità veicolare e sia i completamenti del sistema
insediativo1.
La figura seguente riporta lo schema generale identificato attraverso il processo partecipativo con
indicazione dei principali interventi puntuali e lineari proposti e la classificazione di dettaglio delle aree.
Figura 3 | Schema di intervento. Fonte: elaborazione degli autori
1
Nella misura strettamente necessaria alla acquisizione delle aree di uso pubblico applicando un modello di perequazione
urbanistica con trasferimento e concentrazione dei diritti edificatori spettanti ai privati attuali proprietari delle aree in nuovi
interventi costruttivi che si integrino con la struttura urbana esistente e la previsione delle nuove aree da destinare ad uso
pubblico.
1074
Gli interventi proposti fanno riferimento a strategie di miglioramento della mobilità veicolare ed alla
mitigazione del traffico, alla promozione della mobilità lenta (in particolare pedonale e ciclabile, anche
valorizzando e recuperando spazi e percorsi esistenti), all’incremento della dotazione di infrastrutture
verdi, alla promozione della agricoltura urbana, alla connessione fisica e funzionale tra le differenti parti
dell’ambito urbano (in particolare tra l’area del Centro Studi ed il quartiere di Poggio 3 Galli),
all’incremento ed al miglior uso della dotazione complessiva di spazi ed attrezzature per lo svago ed il
tempo libero (anche con il recupero di attrezzature esistenti), all’incremento della dotazione di attrezzature
e spazi di uso pubblico, alla riqualificazione di aree per la sosta ed il parcheggio da connettere con la
viabilità pedonale.
La proposta darà seguito ad iniziative di informazione e comunicazione ulteriori, anche per approfondire e
discutere nel merito le strategie e gli interventi, sia da parte dei cittadini del quartiere che da parte delle
associazioni presenti ed interessate e della stessa Amministrazione Comunale. In particolare,
successivamente all’incontro conclusivo, i promotori del progetto CAST intendono promuovere una
attività ampia di comunicazione on-line che preveda anche modalità di valutazione del lavoro fatto e della
proposta e, soprattutto, propongono l’istituzione di un tavolo tecnico a cui chiamare a partecipare
l’Amministrazione Comunale, le Associazioni partecipanti al progetto CAST, la Rete degli Istituti del
Centro Studi ed il Comitato di Quartiere per sviluppare e meglio valutare i contenuti della proposta anche
al fine di definire strategie ed interventi da candidare nella prossima Agenda Urbana del Comune di
Potenza.
6 | Conclusioni
L’esperienza complessiva del progetto CAST, proposta in questa sede come valutazione preliminare dei
risultati e della procedura implementata, si colloca nel solco delle pratiche inclusive di rigenerazione
urbana. Il contesto di sperimentazione descritto ed i principali risultati ottenuti descrivono un quadro
metodologico ed operativo (con riferimento agli strumenti ICT implementati e alle elaborazioni
conoscitive e progettuali) efficace che ha registrato un crescente interesse da parte della comunità a
contribuire ad un processo di progettazione condivisa che parte dal basso e che incrocia l’attenzione
dell’amministrazione comunale.
La proposta progettuale, sviluppata prevalentemente in termini strategici, rappresenta un contributo
bottom-up per l’amministrazione a supporto dei processi di programmazione dell’agenda urbana 20142020 e in questo senso rappresenta un elemento che dimostra l’utilità che deriva dall’integrazione tra
processi di programmazione e attori che operano a livelli differenti.
Il contributo degli strumenti ICT ha rappresentato un valore aggiunto nelle fasi di coinvolgimento e
ascolto dei cittadini e degli attori locali (Las Casas et al. 2016). Ne deriva una forma evoluta di
partecipazione alla programmazione dello sviluppo urbano che, testata e validata attraverso successivi test
e applicazioni, può rappresentare un importante ausilio ai processi di governo del territorio e di
rigenerazione della città. Le forme di partecipazione elettronica possono infatti fornire un rilevante
contributo soprattutto in realtà dove la partecipazione stenta a diventare prassi consolidata e dove è forte
la inerzia dei decisori pubblici nel riconoscerne un’effettiva utilità.
In questi termini rafforza la proposta del progetto CAST all’amministrazione comunale di Potenza il
progetto per la costruzione di un “urban center virtuali”: struttura qualificata per favorire forme di
partecipazione diffusa e finalizzate ad indagare e sperimentare un rinnovato approccio alla pianificazione
della città e del territorio basato sui principi di equità, efficienza e conservazione delle risorse (Las Casas,
1995; Wilson, 2016).
Attribuzioni
Il lavoro di ricerca nasce nell’ambito dell’attività di coordinamento scientifico e valutazione dell’esperienza
del progetto CAST (www.castlab.it). Il lavoro rappresenta da una riflessione congiunta degli autori. La
sezione 2 è stata curata prevalentemente da Piergiuseppe Pontrandolfi mentre la sezione 3 da Francesco
Scorza.
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1076
Mobilità pedonale e accessibilità al TPL:
Applicazione di un modello di calcolo all’ambiente GIS
Silvia Rossetti
Università degli Studi di Brescia
DICATAM – Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio, Ambiente e di Matematica
Email: silvia.rossetti@unibs.it
Tel: 030 3711305
Michela Tiboni
Università degli Studi di Brescia
DICATAM – Dipartimento di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio, Ambiente e di Matematica
Email: michela.tiboni@unibs.it
Tel: 030 3711270
David Vetturi
Università degli Studi di Brescia
DIMI – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale
Email: david.vetturi@unibs.it
Tel: 030 3715664
Abstract
In analogia con la visione organica dell'urbanistica (cfr. Columbo, 1966), che vede nella mobilità pedonale la modalità
di spostamento per eccellenza alla scala del quartiere, il contributo proposto si focalizza sul tema dell'accessibilità
pedonale alle stazioni del trasporto collettivo, al fine di misurare puntualmente il livello di accessibilità pedonale di un
determinato territorio e mappare i risultati ottenuti in ambiente GIS.
Il presente contributo propone una metodologia di dettaglio, basata sulla discretizzazione del territorio oggetto di
studio in cellette, per la definizione, da un lato, dell’intorno pedonale ottimamente servito, attraverso percorsi
pedonali, da una stazione del trasporto collettivo e, dall’altro, per il calcolo del bacino d’utenza ivi ricadente.
Tale metodologia può rappresentare uno strumento di supporto alle decisioni in un’ottica di messa a sistema della
pianificazione urbanistica e della pianificazione della mobilità, e viene qui applicata al caso studio di alcune stazioni
della metropolitana leggera automatica di Brescia.
Parole chiave: mobility, planning, urban form.
Introduzione
Il presente contributo mira a proporre una metodologia per la valutazione dell’accessibilità pedonale in
ambito urbano, applicandola al caso studio dell’analisi dell’accessibilità ad alcune stazioni della
metropolitana leggera automatica di Brescia.
Tale metodologia rappresenta un tentativo di messa a sistema della pianificazione urbanistica e della
pianificazione della mobilità, seppur limitatamente al tema dell’accessibilità al trasporto collettivo,
fornendo un supporto al processo decisionale e di pianificazione, con il duplice obiettivo di rendere la città
più a misura di mobilità dolce e di interrogarsi su come migliorare l’attrattività del sistema di trasporto
pubblico.
1077
Alla base di ogni valutazione circa la localizzazione delle fermate del trasporto collettivo e la pianificazione
dello spazio urbano nel loro intorno è infatti necessario promuovere un approccio integrato tra la
pianificazione urbanistica e la pianificazione della mobilità.
Da un lato, da un punto di vista urbanistico, è in questione la struttura dell’insediamento che costituisce il
bacino di utenza del servizio mentre dall’altro, per quanto riguarda la logica impiantistica, si pone il
problema della capillarità: avere linee di trasporto molto articolate e capillari porta ad avere tempi di
percorrenza lunghi e basse velocità commerciali, andando a disaffezionare chi ha bisogno di tempi di
spostamento accettabili. La realizzazione di linee di forza del trasporto pubblico, secondo una visione
prettamente impiantistica, porta a ridurre i tempi di percorrenza ma inevitabilmente porta l’utente a dover
camminare di più per raggiungere la fermata.
E a questo punto diviene essenziale andare ad analizzare i percorsi e i tempi di accesso alla fermata: come
si articolano i percorsi pedonali per arrivare alla fermata? Qual è il bacino di utenza che viene a cadere in
un raggio ottimamente servito dalla stessa?
La metodologia proposta, che riprende in alcuni passaggi ed affina quanto proposto in un precedente
lavoro (cfr. Rossetti, Tiboni, Vetturi e Calderòn, 2015), al quale inevitabilmente si rimanda anche per
quanto concerne l’analisi dello stato dell’arte e della bibliografia a supporto di quanto qui proposto, si
articola in tre fasi:
1) mappatura delle caratteristiche di permeabilità/impermeabilità pedonale dello spazio urbano
nell’intorno delle stazioni/fermate considerate;
2) discretizzazione della mappa e applicazione di un algoritmo per il calcolo del tempo pedonale di
accesso al trasporto collettivo;
3) mappatura dei tempi di accesso e messa in relazione delle isocrone con la popolazione residente
nell’intorno ottimamente servito dal trasporto collettivo.
La metodologia proposta è stata applicata e calibrata sul caso studio di tre stazioni della metropolitana
leggera automatica di Brescia (Vittoria, Europa e Mompiano), che vengono di seguito presentati.
Si evidenzia come i risultati consentono di avere un’immagine del contesto della fermata, della capillarità
dei percorsi pedonali di accesso e dell’intorno ottimamente servito dalla stessa, e possono fornire un utile
quadro di riferimento a supporto delle decisioni, ad esempio nell’ambito dei Piani Urbani della Mobilità
Sostenibile (PUMS), strumenti che guidano le strategie individuate dalla Commissione Europea per il
raggiungimento di risultati nel campo della mobilità sostenibile.
Mappatura delle caratteristiche dello spazio urbano
Il primo passo per l’analisi dei tempi di accesso alle stazioni/fermate del trasporto collettivo consiste nella
realizzazione di una mappa che associ alle caratteristiche dello spazio urbano, e in particolare all’uso del
suolo, un valore di accessibilità perdonale: come è possibile mappare caratteristiche di
permeabilità/impermeabilità pedonale dello spazio urbano?
Nell'ultimo decennio da approcci basati sui GIS per la valutazione e la gestione dell'accessibilità sono
cresciuti considerevolmente (cfr. Hull, Silva & Bertolini, 2012), e il ruolo cruciale delle tecniche GIS per
l'analisi dell'accessibilità si è ormai consolidato.
Sicuramente è necessario raccogliere informazioni cartografiche riguardanti la mobilità pedonale per il
territorio in esame, con particolare riferimento alla rete stradale, alla localizzazione dei percorsi pedonali e
dei marciapiedi nonché alla presenza delle barriere fisiche presenti sul territorio che impediscono la
permeabilità pedonale (come possono essere l’edificato, le linee ferroviarie, i corsi d’acqua superficiali...).
In questo senso i Sistemi Informativi Territoriali e l’introduzione dei Database Topografici Locali in
cartografia risultano estremamente utili in quanto ci permettono di avere a disposizione una base
cartografica omogenea e di dettaglio, composta da una moltitudine di strati informativi autoconsistenti e
georiferiti. Per quanto concerne la Regione Lombardia le specifiche tecniche approvate con D.G.R. n.
6650 del 20 febbraio 2008 e s.m.i., costituiscono lo standard di riferimento per la produzione del Database
Topografico su scala comunale (DBT), sulla base delle specifiche nazionali definite nel 2006 da Intesa Gis
tra Stato, Regioni ed Enti Locali sulle basi geografiche di riferimento di interesse generale.
Nel caso di studio, a partire dal DBT del Comune di Brescia sono stati estratti tutti quegli stati informativi
utili a definire se un’area possa essere attraversata da un pedone o meno. A questi strati informativi sono
state poi aggiunte ulteriori informazioni proprie della strumentazione urbanistica comunale (nel nostro
caso gli strati informativi del Piano di Governo del Territorio del Comune di Brescia – Piano dei Servizi),
come la localizzazione delle aree a verde pubblico e dei servizi. La tabella seguente (tabella 1) riporta
1078
l’elenco degli strati informativi utilizzati per fornire la base cartografica di riferimento alla mappatura delle
caratteristiche di permeabilità/impermeabilità pedonale.
Si è quindi proceduto ad effettuare una discretizzazione del territorio in una griglia di celle quadrate di lato
3 metri: ad ogni cella è stata collegata l’informazione degli strati di uso del suolo in essa contenuti e sulla
base di questi è stato associato ad ogni cella un valore di permeabilità (con relativa velocità di
attraversamento) o impermeabilità (velocità di attraversamento nulla) al movimento pedonale.
Come è ovvio immaginare si nota come le caratteristiche di permeabilità/impermeabilità proprie del
movimento pedonale varino considerevolmente a seconda della morfologia del tessuto urbano (ad
esempio nel tessuto a forme aperte della città moderna rispetto al tessuto compatto della città antica). La
figura 1 riporta tre mappe tematiche realizzate nell’intorno delle stazioni della metropolitana leggera di
Brescia analizzate in questo contributo: le mappe sono basate su una griglia di 296x385 celle di 3 metri di
lato ciascuna e evidenziano la permeabilità al movimento pedonale di ciascuna cella, calcolato sulla base
degli strati informativi che vi ricadono. Si evidenzia ad esempio come il tessuto nell’intorno della stazione
metro Europa, area a nord della città di Brescia costruita in epoca moderna e caratterizzata dalla presenza
del campus universitario, abbia aree caratterizzate da una notevole permeabilità rispetto all’intorno della
stazione Vittoria, situata nel centro storico cittadino. A sua volta però la capillarità dei percorsi pedonali
che si snodano nell’intorno di Vittoria è sicuramente maggiore.
Tabella I | Strati informativi del DBT e del piano urbanistico comunale utilizzati per la definizione delle caratteristiche di
permeabilità al movimento pedonale dello spazio urbano nel caso studio del Comune di Brescia.
VIABILITA’
STRATI INFORMATIVI DEL
DATABASE TOPOGRAFICO
LOCALE
EDIFICATO
IDROGRAFIA
STRATI INFORMATIVI DEL
PIANO URBANISTICO
COMUNALE
PGT -PIANO DEI
SERVIZI (SERVIZI
ESISTENTI)
A010102 Area di circolazione pedonale
A010103 Area di circolazione ciclabile
A010104 Area stradale
A010105 Viabilità mista secondaria
A010201 Sede di trasporto su ferro
A020101 Unità Volumetrica
A020205 Manufatto d’infrastruttura di trasporto
A020210 Muro o divisione in Spessore
L020209 Elemento divisorio
A040101 Area bagnata di corso d’acqua
A040102 Specchio d’acqua
A040103 Invaso artificiale
Verde pubblico
Spazi aperti/piazze
Spazi a parcheggio
Servizi pubblici
1079
Figura 1 | Mappatura delle caratteristiche di permeabilità/impermeabilità del tessuto urbano al movimento pedonale nell’intorno
delle tre stazioni della metropolitana analizzate (Europa, Marconi e Vittoria), realizzata sulla base di una discretizzazione dell’area
oggetto di studio in celle della dimensione di 3mx3m.
A questo punto è stato possibile esportare le tabelle degli attributi associate alle singole griglie che
costituiscono le mappe e su queste applicare un modello matematico, descritto nel paragrafo seguente,
utile a definire il tempo di accesso alla stazione metro di ciascuna cella che compone le griglie.
Un algoritmo per la valutazione del tempo pedonale di accesso alle fermate
Il modello per la valutazione del tempo di accesso allo spazio urbano si basa sul movimento di un
soggetto su una griglia, in analogia a quanto avviene nel gioco degli scacchi. La griglia ha una dimensione
adeguata all’area di analisi, a celle quadrate fra loro interconnesse. Nell’analisi proposta la dimensione delle
celle è di 3 metri mentre le celle sono 296 x 385 su un’area di analisi di circa 900 x 1100 metri.
L’interconnessione fra le celle avviene fra celle adiacenti e confinanti secondo lo schema riportato in figura
2:
B
A
B
A
x
A
B
A
B
Figura 2 | Schematizzazione delle possibili interconnessioni tra celle adiacenti.
1080
cioè dalla cella indicata con la X si può passare alle celle indicate con la lettera A con una “penalizzazione”
temporale pari al tempo di percorrenza della cella, mentre si può accedere alle celle indicate con la lettera
B con un tempo pari al tempo di percorrenza della cella maggiorato per un fattore pari a √2
Il tempo di attraversamento della cella è una proprietà della cella ed è fissata in funzione della permeabilità
al movimento pedonale precedentemente definita. Dunque si ha che T_attr=V_cella·L
dove T_attr è il tempo di attraversamento della cella, V_cella è la velocità di percorrenza della cella
indicata precedentemente è L è la dimensione della cella (3 metri in questo caso).
L’algoritmo determina il tempo necessario per raggiungere tutte le celle della matrice n x m a partire da
una cella assegnata, determinando il percorso a tempo minimo. Le dimensioni della griglia possono essere
definite a piacimento. L’algoritmo è di tipo ricorsivo ed appartiene alla famiglia di algoritmi detti di
“backtracking” (Wirth, 1976) ampiamente utilizzati in informatica per la soluzione di problemi di scelta
ottima. Il metodo si presenta come un sistema ad inondamento (FloodFill) che partendo dalla cella di
destinazione, seguendo un percorso a ritroso, traccia il tempo totale come strategia per uscire dalla
procedura ricorsiva.
A titolo esemplificativo viene riportata la procedura ricorsiva relativa all’analisi della cella di coordinate (i,j)
secondo lo schema delle percorrenze indicate nella figura precedente.
procedure TryNext(i,j:integer;TotalTime:real);
begin
if Matrix[i,j].time> TotalTime then
begin
Matrix[i,j].tempo:= TotalTime;
//
if
if
if
if
//
if
if
if
if
end;
destinazioni di tipo “A”
i>1 then TryNext(i-1,j,TotalTime+Matrix[i,j].CrossingTime);
j<ny then TryNext(i,j+1,TotalTime+Matrix[i,j].CrossingTime);
i<nx then TryNext(i+1,j,TotalTime+Matrix[i,j].CrossingTime);
j>1 then TryNext(i,j-1,TotalTime+Matrix[i,j].CrossingTime);
destinazioni di tipo “B”
(i<nx) and (j>1) then TryNext(i+1,j-1,tempo+Matrice[i,j].CrossingTime*1.41);
(i<nx) and (j<ny) then TryNext(i+1,j+1,tempo+Matrice[i,j].CrossingTime*1.41);
(i>1) and (j>1) then TryNext(i-1,j-1,tempo+Matrice[i,j].CrossingTime*1.41);
(i>1) and (j<ny) then TryNext(i-1,j+1,tempo+Matrice[i,j].CrossingTime*1.41);
end;
La natura ricorsiva della procedura permette di analizzare tutte le celle della griglia incrementando di volta
in volta il tempo di accesso.
La realizzazione di isocrone pedonali e la determinazione del bacino di utenti
Importando nuovamente il risultato dell’algoritmo nel Sistema Informativo Territoriale con cui sono state
gestite le mappe è stato possibile mappare i risultati ottenuti, evidenziando le isocrone pedonali per
l’accesso alle singole stazioni da ciascun punto della mappa. Viene così a definirsi un intorno ottimamente
servito dalla stazione della metropolitana, che in questo caso (e in accordo con quanto suggerito dai valori
di letteratura -cfr. Festa, 2009- e da precedenti lavori di analisi dell’accessibilità realizzati anche
relativamente al caso studio della metropolitana di Brescia – cfr. Bonotti et. al, 2015), è stato considerato
corrispondente ad un tempo di accesso a piedi di 5 minuti.
La figura seguente (figura 3) riporta le mappe con le isocrone risultanti per i casi analizzati.
Per quanto riguarda nello specifico la stazione Europa, l’applicazione del modello è stata ripetuta due
volte: la prima simulando i servizi (in questo caso universitari) chiusi e pertanto rendendo non permeabile
lo strato informativo delle pertinenze dei servizi, la seconda simula invece la fascia oraria di apertura delle
sedi universitarie e quindi rende possibile il passaggio nelle relative aree di pertinenza. I risultati,
evidenziati in figura 3, evidenziano come lo spazio del servizio pubblico contribuisca in maniera
determinante alla penetrabilità del tessuto e ad incrementare l’accessibilità alla stazione metro.
1081
Figura 3 | Isocrone pedonali di accesso alle stazioni metro, realizzate sulla base di una discretizzazione dell’area oggetto di studio
in celle della dimensione di 3mx3m. Per la stazione la simulazione è con servizi universitari aperti e chiusi.
Ora può essere interessante chiedersi come sia possibile valutare la popolazione ottimamente servita
ricadente nell’intorno ottimale di accesso a piedi alla fermata, e trarne quindi utili considerazioni.
La popolazione residente a Brescia è stata mappata attraverso un processo di georeferenziazione
dell’archivio anagrafico comunale, cui è stata associata la localizzazione della via e del numero civico di
ciascun residente sulla base informativa dello stradario comunale (cfr. la metodologia descritta in Paolillo,
2010: 285-290). Ad ogni cittadino residente (di cui sono note varie caratteristiche, tra cui l’età, il sesso, …)
è stato quindi possibile associare un punto sulla mappa di Brescia corrispondente al civico di residenza.
In seguito, a ciascuna cella delle griglie di discretizzazione utilizzate per la realizzazione delle isocrone
pedonali di accesso alle stazioni analizzate è stato associato il numero di residenti ivi ricadenti.
Questo ha permesso di calcolare il numero di residenti ottimamente serviti dalla singola stazione della
metropolitana leggera analizzata (ricadenti cioè nell’intorno dei 5 minuti mappato attraverso l’algoritmo
precedentemente descritto), come descritto e presentato nei grafici al prossimo paragrafo.
La misura dell’accessibilità
Una grandezza è definita dal Vocabolario Internazionale di Metrologia (CEI UNI 70099) come «proprietà
di un fenomeno, corpo o sostanza che può essere espressa quantitativamente mediante un numero e un
riferimento». Viene inoltre specificato come il riferimento citato nella definizione può essere una unità di
misura, una procedura di misura, o un materiale di riferimento, o una loro combinazione. L’accessibilità
pedonale in ambito urbano è dunque misurabile?
1082
Il lavoro presentato propone una procedura di misura come strumento per definire l’accessibilità, intesa come
grandezza e non come riferimento ad una scala ordinale.
La creazione delle isocrone permette di associare ad ogni cella della griglia un “tempo di accesso” al punto
di analisi che può essere scelto a piacimento. In questo caso si sta analizzando la capacità di una fermata
della metropolitana di Brescia di attrarre utenti (popolazione residente), definibile come accessibilità in
uscita. Analogamente potrebbe essere analizzata la capacità della stessa stazione di fornire accessibilità a
servizi (scuole, farmacie, studi medici, uffici pubblici), quindi accessibilità in uscita.
È possibile associare ad ogni cella il numero di persone residenti in quel luogo e, analizzando tutte le celle
della mappa, è possibile creare una distribuzione dei residenti per distanza dal punto attrattore (stazione
della metropolitana).
Nei grafici in figura 5 è indicata in linea tratteggiata la distribuzione attesa calcolando la distanza da
ciascuna cella al target secondo la distanza euclidea. La linea continua indica la distribuzione della
popolazione in base al tempo di accesso alla cella calcolato dal modello.
Figura 5 | Distribuzione della popolazione residente e cumulata in funzione del tempo di accessibilità pedonale alla stazione
metro di Vittoria, realizzate sulla base di una discretizzazione dell’area oggetto di studio in celle della dimensione di 3mx3m.
Si osserva come nell’ambito del tessuto urbano del nucleo storico della città la distanza calcolata secondo
lo schema della distanza euclidea risulta molto differente rispetto alla realtà imposta alla modalità pedonale
dalla presenza di edifici ed isolati.
È possibile calcolare la popolazione che può accedere pedonalmente alla fermata della metropolitana se si
fissa una soglia opportuna. Fissata a 5 minuti, corrispondente ad un tratto di circa 330 metri (velocità
considerata 4 km/h) il numero di persone che possono accedere alla stazione sono dunque 1423 persone,
rispetto ad una stima mediante distanza euclidea pari a 4087 persone.
Impostare una soglia on/off a 5 minuti risulta poco opportuno per lo studio di un fenomeno come quello
dell’accessibilità pedonale e dunque si è preferito introdurre una funzione peso che ponderasse i residenti
rispetto alla distanza considerandoli totalmente se la loro distanza dal punto target risultava inferiore al 5
minuti, non calcolarli per distanze superiori ai 10 minuti e pesarli linearmente fra i 5 e 10 minuti.
Nel grafico di figura 6 si riporta la distribuzione della popolazione e la curva di ponderazione in funzione
della distanza. Tratteggiata in blue viene indicata la quota di popolazione considerata per il calcolo
dell’accessibilità fra i 5 e 10 minuti. L’area gialla indica il contributo di questa porzione di popolazione.
Analoga ponderazione può essere effettuata per la distanza calcolata secondo la formulazione euclidea.
1083
Figura 6 | Distribuzione della popolazione residente in funzione del tempo di accessibilità pedonale
alla stazione metro di Vittoria, e sua ponderazione.
Utilizzando la procedura indicata si è calcolata l’accessibilità pedonale, intesa come numero di persone
residenti che possono raggiungere con modalità pedonale la stazione della metropolitana per i tre casi
analizzati precedentemente.
Tabella II | Calcolo della popolazione residente ottimamente servita dalla stazione della metropolitana per i tre casi analizzati,
utilizzando la ponderazione.
Stazione Vittoria
Totale
popolazione
nell’area analizzata
10’572
Modello proposto
Entro 5
Ponderazione fra
minuti
0 e 10 minuti
1’423
3’723
Distanza euclidea
Entro 5
Ponderazione fra
minuti
0 e 10 minuti
4’087
7’333
Stazione Marconi
11’306
1’518
3’372
3’246
6’305
Stazione Europa
3’125
706
1’315
1’622
2’389
La tabella II evidenzia quindi come il modello proposto in generale porti ad un risultato, in termini di
popolazione servita, diverso e più verosimile rispetto all’utilizzo del tradizionale buffer basato sulla
distanza euclidea. Nel tessuto della città storica (stazione Vittoria) la popolazione ottimamente servita
(considerando il modello e la ponderazione fino ai 10 minuti) è sicuramente maggiore rispetto a quello
della stazione Europa della città moderna.
Riflessioni conclusive
Riassumendo, la metodologia proposta si basa sulla discretizzazione dettagliata del territorio oggetto di
analisi in una griglia uniforme di celle. A tale griglia viene applicato un algoritmo di calcolo, che, sulla base
degli strati informativi di uso del suolo che intercettano ciascuna cella, assegna ad ognuna un tempo di
percorrenza pedonale e valuta le connessioni esistenti tra la cella in esame e le celle ad essa adiacenti.
Questo modello permette di andare a creare apposite mappe che evidenziano i tempi pedonali di accesso
alla fermata da ciascuna cella, di definire un intorno ottimamente servito dalla fermata stessa e valutare
quale sia il bacino di utenza che vi ricade.
Il modello proposto può essere applicato con una duplice finalità. Da un lato, in un'ottica di
incentivazione della mobilità sostenibile, il modello può essere utilizzato come strumento di supporto alle
decisioni per andare a valutare la localizzazione ottimale di determinati servizi o funzioni urbane da
insediare, tenendo conto dell'accessibilità pedonale alle stesse. Da un lato ne è possibile l'applicazione expost, che mira a valutare se la localizzazione dei servizi e delle funzioni urbane presenti su un determinato
territorio è corretta dal punto di vista dell'accessibilità pedonale, o se invece vi sono alcune criticità legate
in particolare ad alcune porzioni di territorio. In quest’ottica si sottolinea come il modello proposto possa
1084
divenire parte integrante del processo di pianificazione e rappresentare un’utile strumento per valutare su
quali interventi i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile possano andare a puntare: ad esempio la creazione
di un varco pedonale in un determinato punto del territorio potrebbe portare un grande beneficio in
termini di popolazione ottimamente servita da una fermata/stazione.
Si sottolinea infine come, ad integrazione del lavoro di analisi svolto con la metodologia qui proposta,
possa essere utile un’analisi qualitativa delle caratteristiche di fruibilità e sicurezza dei percorsi pedonali di
accesso alle fermate. Ad esempio alcuni lavori (cfr. Tiboni e Rossetti, 2013; Badiani, 2006) propongono a
questo proposito l’utilizzo di apposite schede di rilievo che analizzano non soltanto l’uso del suolo e la
permeabilità pedonale, ma anche elementi qualitativi circa la caratterizzazione, la percezione e la sicurezza
dello spazio pedonale e del suo intorno (es. illuminazione, presenza di elementi di protezione, margini,
…).
Riferimenti bibliografici
Badiani B. (2006), Una metodologia di analisi degli spazi urbani, Aracne, Roma.
Bonotti R., Rossetti S., Tiboni M., Tira M. (2015), “Analysing space-time accessibility toward the
implementation of the light rail system: the case study of Brescia”, Planning Practice and Research, 30(4), pp.
424-442.
Columbo V. (1966), La ricerca urbanistica, Giuffrè, Milano.
Festa D.C. (2009), “Criteri per la localizzazione delle fermate del TPL nella tecnica dei trasporti”, in
Maternini G., Foini S. (a cura di), Linee guida per la realizzazione delle fermate del trasporto pubblico locale, Egaf,
Forlì.
Hull A., Silva C., Bertolini L. (2012) (eds.), Accessibility Instruments for Planning Practice in Europe, COST
Office, Brussels.
Paolillo P.L. (2010), Sistemi informativi e costruzione del piano. Metodi e tecniche per il trattamento dei dati ambientali,
Maggioli, Rimini.
Rossetti S., Tiboni M., Vetturi D., Calderòn E.J. (2015), “Pedestrian mobility and accessibility planning:
some remarks towards the implementation of travel time maps”, in CSE Journal, issue 1-2015.
Tiboni M., Rossetti S. (2013), Implementing a Road Safety Review Approach for Existing Bus Stops, in
Brebbia C.A. (editor), Urban Transport XIX, pp. 699 – 709, WIT Press, Southampton.
Tira M., Lombardi S. (2009), “La scelta della localizzazione ottimale delle fermate del TPL nella tecnica
urbanistica”, in Maternini G., Foini S. (a cura di), Linee guida per la realizzazione delle fermate del trasporto
pubblico locale, Egaf, Forlì.
Wirth N. (1976), Algoriths + Data Structures, Pentice Hall, New Jersey.
1085
Nuove frontiere dell’ICT: smart planning e uso dei Big Data
Sara Maria Serafini
Dottorando presso l’Università della Calabria
Dipartimento di Ingegneria civile, settore disciplinare: Urbanistica ICAR/21
Email: saramariaserafini@gmail.com
Abstract
Una smart city, così come un intero territorio, non possono esistere se non supportati da un tipo di pianificazione
anch’essa smart, capace cioè di integrare costantemente le componenti ICT con quelle della governance.
Lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie applicate alla pianificazione territoriale devono condurre alla
sperimentazione di nuove interface, metodi di rappresentazione e comunicazione in grado di arricchire i sistemi
tradizionali per ampliare le possibilità di utilizzazione dei geo data.
La dimensione dell’integrazione delle ICT nelle politiche urbane, nella quale le potenzialità comunicative si
esprimono al meglio, sono quella della community e degli Open e Big Data disponibili. Le due cose sono legate,
poiché si riferiscono sia all’insieme dei soggetti che, mossi da un interesse comune, interagiscono in rete effettuando
scambi, sia la quantità di dati utili che la community genera consapevolmente e non, che creano valore aggiunto e, se
opportunamente selezionati e analizzati, possono contribuire a suggerire strategie territoriali diversificate.
Il presente lavoro mostra un tentativo di smart planning riferito ad alcuni elementi relativi al paesaggio agrario
calabrese, attraverso l’analisi di alcuni aspetti supportati dall’utilizzo degli Open e Big Data provenienti dai social e
dalle indagini condotte dall’Istat, e dall’utilizzo del GIS come software di supporto per la rappresentazione delle
collezioni di dati.
Parole chiave: strategic planning, surveys & analyses, tools and techniques.
1 | Introduzione al tema degli Open e Big Data
Quando parliamo di Open Data, ci riferiamo ai dati “aperti”, cioè a quelle informazioni che vengono
liberamente trasmesse, distribuite e scambiate nella rete attraverso modalità che prevedono la totale
assenza di forme di controllo o restrizioni che ne possano limitare l’utilizzo e il riuso.
Con il termine Big Data, invece, si indica una vasta collezione di dati così complessi da richiedere
strumenti diversi da quelli tradizionali, per estrarre, gestire ed elaborare le informazioni contenute in essi
entro un arco temporale ragionevole.
I Big Data rappresentano anche l'interrelazione di dati provenienti da fonti potenzialmente disparate,
quindi dati strutturati, come i database, e non strutturati come immagini, e-mail, dati GPS, informazioni
tratte dai social network.
2 | L’importanza della mappatura dei dati all’interno delle strategie di pianificazione
Ma perché una materia come la pianificazione urbanistica dovrebbe interessarsi di Open e Big Data?
Innanzitutto, perché, nel breve periodo, la distanza tra mondo reale e digitale diventerà sempre più corta, e
poi perché l’urbanistica deve interessarsi a come l’uomo vive realmente il territorio, per scegliere il modo
migliore per operare su di esso.
L’esigenza principale è comprendere appieno come utilizzare e come estrarre valore aggiunto da una
produzione massiva di dati, totalmente disponibili, e soprattutto rappresentativi di alcuni fenomeni
collettivi, come la mobilità, i trasporti, il turismo, ecc.
1086
Ad esempio, per quanto riguarda l’analisi del turismo, nessuno sa quanti turisti sono presenti in un dato
momento e in un dato posto, poiché questi dati possono essere recuperati solo con grande dispendio in
termini di tempo e di costi, e solo dopo un certo periodo. Gli Open e Big Data possono essere utili in una
situazione come questa, fornendo la conoscenza di ciò che accade e l'analisi immediata.
I Big Data promettono infinite opportunità, non solo per i privati, ma anche per il bene pubblico. Nelle
città stanno avendo un enorme impatto ad ampio spettro contribuendo a immaginare una mobilità più
efficiente (Batty, 2013), a ridurre l'inquinamento (Ratti et al., 2005), mostrano modelli comportamentali
(Gonzalez et al., 2008), (Ratti et al., 2006), (Paldino et al., 2015), di energia (Ratti et al., 2005) per i rifiuti,
configurandosi come uno strumento di supporto fondamentale per la pianificazione urbana.
La sfida, naturalmente, è che gli Open e Big Data giochino un ruolo fondamentale nella reazione alla crisi
globale, arricchendo le nostre esperienze su come funzionano le città, e offrendo molte nuove opportunità
di interazione sociale e decisionale per quanto riguarda la nostra conoscenza sul modo migliore di
interagire in città.
L’utilizzo degli Open Data è collegato anche agli strumenti usati per la loro catalogazione, manipolazione e
rappresentazione. Poiché la maggior parte di questi dati è dotata di un sistema di coordinate che rendono il
dato stesso georeferito, è logico collegare quest’argomento con il GIS1, che permette proprio di lavorare
sulle mappe e di mostrare, attraverso una serie infinita di layer, tutte le caratteristiche che si sono
evidenziate di un dato territorio.
Alla luce di quanto detto, sono molte le questioni che si possono affrontare nell’analisi territoriale, in
generale, però, l’obiettivo principale è quello di suggerire azioni migliorative e, per farlo, la soluzione più
efficace è senza dubbio raccogliere e analizzare dati reali, che non risentano di alcuna soggettività, in modo
da avere un quadro di partenza quanto più rispondente al vero, e su cui elaborare soluzioni
completamente attuabili. Un metodo innovativo, rispetto alla metodologia classica prevista dall’analisi
SWOT2, è proprio quello di basarsi sulla reale interpretazione, sulle espressioni e sulle preferenze di chi
abita il territorio stesso.
In questo lavoro mostreremo diverse analisi utili a interpretare e successivamente modificare, in via
migliorativa, il territorio calabrese.
3 | La complessità del paesaggio calabrese
I paesaggi mediterranei, e tra questi quelli calabresi in particolare, sono il frutto di una costruzione
indissolubilmente legata a un intenso processo di civilizzazione. Sono paesaggi dove l'attività umana ha
rappresentato la componente prevalente nella loro creazione e per questo rappresentano oggi un
patrimonio di grande valore storico e culturale, un insieme complesso, connotato da una grande diversità
di situazioni territoriali, che costituisce una straordinaria ricchezza; un patrimonio in cui si percepisce allo
stesso tempo una fragilità derivante soprattutto dal complesso delle intense pressioni che li stanno
modificando e che inducono forme di degrado spesso legate alla banalizzazione e alla perdita di identità
dei paesaggi.
È chiaro che la gestione di una tale complessità non può esaurirsi nelle sole azioni di tutela rivolte alle
singole componenti del paesaggio, ma richiede la capacità di riconoscere i caratteri distintivi dei diversi
paesaggi, di comprenderne le relazioni, di interpretarne le possibili linee evolutive.
A tanto si può aggiungere che, la domanda turistica, si rivolge sempre più a destinazioni della natura,
attratta dalle sue innumerevoli bellezze, il che presuppone un impatto importante sulle popolazioni
visitate, sulla loro economia, sull’ambiente e sul patrimonio culturale.
Per quel che concerne il “sistema turismo” in Calabria, occorre, innanzitutto, considerare che per le
caratteristiche naturali del suo territorio, si possono di distinguere due tipologie di turismo: quello costiero
e quello di montagna.
Dagli ultimi report (Istat 2010) si evince che il 50,9% dei “turisti italiani” è residente nella regione, e il
turismo è di tipo quasi esclusivamente balneare. Altro dato riguarda l’eccessiva stagionalità del turismo
Un Geographic Information System (acronimo: GIS) è un sistema progettato per ricevere, immagazzinare, elaborare, analizzare,
gestire e rappresentare dati di tipo geografico. L’acronimo GIS è spesso usato per indicare la scienza o gli studi sulle
informazioni geografiche (dette anche geospaziali). In termini semplici, col GIS si possono unire cartografie, eseguire analisi
statistiche e gestire i dati attraverso tecnologie database.
2 L'analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti
di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in un’impresa o
in ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba svolgere una decisione per il raggiungimento di un
obiettivo. L’analisi può riguardare l’ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno di un’organizzazione
(analizzando minacce e opportunità).
1
1087
balneare e la concentrazione in specifiche aree: più dell’80% dei turisti nazionali e internazionali,
frequentano le nostre coste solo nel trimestre estivo e soltanto alcune località.
Altro dato negativo è sicuramente la mancanza, nella regione, di un “sistema turismo” in grado di offrire
pacchetti collegati alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale locale che presenta, in altre
regioni d’Italia, un trend di domanda crescente.
Inoltre, il ritardo nella costituzione dei Sistemi Turistici Locali, i non adeguati investimenti in infrastrutture
e servizi turistici complementari, la mancata realizzazione di “attrattori” ambientali e culturali e l’assenza di
promozione di quei pochi esistenti (riserve naturali, parchi nazionali, artigianato locale e prodotti tipici),
rischiano di confinare il turismo calabrese ai margini del mercato nei prossimi anni.
Altro importante tassello per favorire la conoscenza del paesaggio e l’utilizzo delle sue risorse proviene dal
sistema scolastico.
Investire energie sull’educazione all’ambiente e quindi al paesaggio, è una possibile strada da percorrere
per capirne la complessità. Questa visione richiede un cambiamento culturale forte e ha necessità di un
una nuova impostazione dei sistemi educativi, delle politiche e delle pratiche agendo in particolare su: la
promozione e lo sviluppo dell’educazione sul tema paesaggio, la revisione dei programmi scolastici dalla
scuola dell’infanzia all’università, la formazione costante per i cittadini e per gli amministratori (Serafini,
2015).
3.1 | Analisi dei flussi turistici
L’ingresso dei social network, la diffusione di internet, l’uso delle nuove tecnologie e delle strategie di
comunicazione digitale, hanno generato profondi cambiamenti, nuove velocità e nuovi spazi. In sostanza,
si sono venute a creare nuove modalità di interazione tra gli utenti, e un nuovo spazio di comunicazione,
fatto non solo di contenuti esclusivi e realizzati ad hoc, ma basato soprattutto sulle condivisioni, le
discussioni, i feedback costanti e le interazioni.
È chiaro quanto il turismo, e così anche i social media, contribuiscano a promuovere un territorio
piuttosto che un altro. Infatti, le persone acquistano consultando i social, scelgono abiti, scarpe e accessori
per l’auto attraverso Facebook e Twitter, e ovviamente, pianificano le vacanze. Quindi, è logico affermare
che attraverso le informazioni provenienti dai social, è possibile avere un’idea generale delle percezioni e
delle preferenze della popolazione.
Sono proprio gli Open Data provenienti dai più famosi social network a suggerire la possibilità di
utilizzarli per creare mappature territoriali che descrivano i flussi turistici di una nazione, regione o di un
determinato sito. La novità di questo studio, non sta tanto nella mappatura in GIS di Big Data, quanto nel
particolare tipo di dati considerati. In particolare, la ricerca condotta ha previsto l’utilizzo dei dati
provenienti da Flickr3, il primo tra i social dedicati alla condivisione di fotografie.
L’idea è quella di riuscire a descrivere le potenzialità turistiche di un territorio, e conseguentemente i suoi
punti di debolezza in termini di attrattività, studiando e rielaborando i dati provenienti dagli utenti che
hanno visitato il territorio stesso, e rappresentandoli attraverso l’utilizzo del GIS; si vuole sfruttare l’indice
di gradimento del turista, che, soddisfatto di un luogo che ha visitato, vuole conservarne il ricordo, e
quindi scatta una fotografia e la condivide sul social.
Attraverso i dati scaricati, è possibile risalire alla provenienza degli utenti, è possibile classificare le
informazioni per anno, e associare a ogni fotografia le coordinate geografiche del posto in cui è stata
scattata.
In questo modo è semplice riconoscere i luoghi turistici di maggiore interesse, i mesi dell’anno in cui
l’affluenza è maggiore, e cercare di potenziarli. Ma soprattutto, analizzare le carenze del territorio, che
sono immediatamente visibili sulla mappatura del territorio, e studiare strategie atte a superare i gap
riscontrati.
Per effettuare questo studio è stato preparato un programma semplice, collegato con API (Applications
Programming Interfaces) flickr.photos.search, grazie al quale si è avuta la possibilità di inserire il nome del
luogo d’interesse e scaricare le informazioni relative alle immagini condivise per quel posto.
Questo tipo di analisi dati, ha portato a una grande quantità di informazioni, di cui si è scelto di
considerare solo le coordinate spaziali, vale a dire, la longitudine e la latitudine dei luoghi in cui la foto è
stata scattata, di anno in anno, e, per ogni anno, nel periodo temporale che va dal 2010 al 2014; grazie a
questo approccio, è stato possibile geo-localizzare i Big Data su una mappa GIS.
3
Flickr, sviluppato dalla Ludicorp, una compagnia canadese di Vancouver fondata nel 2002 da Stewart Butterfield e Caterina
Fake, è un sito web multilingua, di proprietà del gruppo Yahoo!, che permette agli iscritti di condividere fotografie personali.
1088
In questo studio Big e Open Data provenienti dalle fotografie, vengono utilizzati per la prima volta per
conoscere le percezioni e le preferenze dell’utenza. Questo tipo di visualizzazione può essere considerata
una novità nel modo di attuare analisi di tipo territoriale e di marketing; infatti, precedenti studi sul
turismo sono stati incentrati sulla raccolta dei dati provenienti da sondaggi e interviste svolte dal Ministero
dell'Industria, dell’Energia e del Turismo, mentre in questa applicazione sono stati utilizzati dati basati su
azioni e preferenze reali degli utenti, che sono inequivocabili, e non possono essere trasformati attraverso
una visione soggettiva della loro elaborazione.
In particolare, dall'analisi effettuata negli anni 2010/2014, si nota chiaramente che i luoghi più frequentati
sono quelli costieri rispetto all’entroterra. Questo risultato non è collegato a un particolare periodo o mese
dell’anno, anche se è chiaro che il periodo più interessante è l’estate.
L’entroterra è quasi del tutto sconosciuto, nonostante la presenza di tre parchi nazionali (Aspromonte,
Pollino, Sila), un Parco Regionale (Serre) e numerose riserve. Inoltre, per quanto riguarda la costa bisogna
sottolineare come sia molto più frequentata e attraente la costa tirrenica rispetto a quella ionica.
Figura 1 | Calabria - rappresentazione degli Open Data (preferenze turistiche) provenienti da Flickr, serie 2010/2014 e
sovrapposizione delle annualità, Elaborazione GIS.
Oltre alle considerazioni generali su quello che accade nell’intera regione, si può aggiungere qualcosa a
livello locale. L'esperimento ha dimostrato che, su 409 città divisa in cinque province (Catanzaro, Cosenza,
Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia), i luoghi popolari e conosciuti sono meno di 70. Tali
informazioni indicano un isolamento di alcune città, un flusso turistico limitato a determinati luoghi noti a
livello nazionale e ben pubblicizzati, probabilmente inclusi nei cataloghi delle agenzie di viaggio. Ma la
Calabria è fatta anche di città più piccole e tipiche, di luoghi caratteristici ricchi di tradizioni, che devono
essere valorizzati e tramandati.
L’idea era quella di confrontare i dati degli ultimi cinque anni per valutare la possibile evoluzione degli
interessi e dell’attrattiva della regione Calabria; nel complesso i risultati hanno mostrato che la regione è un
luogo interessante e con un buon potenziale turistico, infatti l'interesse dei turisti è generalmente costante,
1089
anche se la regione deve affrontare alcuni problemi, che abbiamo già accennato in precedenza,
probabilmente correlate alla scarsa accessibilità dell’entroterra, all’inadeguatezza della rete infrastrutturale e
del sistema dei media (Middea et al., 2015)
3.2 | Analisi della distribuzione delle scuole sul territorio
Come già detto in apertura, è importante una formazione preventiva e continua sul tema del paesaggio.
L’educazione, l’informazione e la comunicazione, sono principi cardine della Governance, e hanno come
valore primario quello di contribuire all'arricchimento del bagaglio di esperienze e conoscenze degli utenti
e complessivamente all'evoluzione culturale e alla sensibilizzazione e all'empatia della società verso
l'ambiente attraverso una partecipazione attiva.
L’analisi condotta mira a capire la distribuzione delle scuole primarie e secondarie di primo grado sul
territorio Calabrese, poiché il dialogo aperto e la creazione di momenti di interazione, quali workshop,
scuole estive o seminari, potrebbe essere una delle chiavi della valorizzazione.
Il risultato è positivo, infatti dalle mappe si legge chiaramente una presenza massiccia sul territorio.
Figura 2 | Calabria - rappresentazione degli Open Data (distribuzione per provincia delle scuole primarie in scala di blu, e delle
scuole secondarie di primo grado in scala di viola) provenienti dall’ Istat incrociati al sito www.tuttocittà.it, Elaborazione GIS.
3.3 | Analisi della distribuzione delle aziende agricole e biologiche sul territorio
Oltre a essere importante dal punto di vista culturale, l’agricoltura calabrese è fondamentale all’interno del
quadro economico e sociale, nonostante la difficile morfologia del territorio.
Il settore agricolo assorbe, infatti, il 21% della popolazione occupata, attestandosi al secondo posto per
assortimento di forza lavoro; inoltre, all’interno del quadro nazionale, la Calabria attesta un elevato
numero di aziende agricole, e la superficie agricola utilizzata arriva a coprire quasi la metà di quella totale;
senza poi parlare del fatto che attualmente la Calabria è la quarta regione italiana per numero di produzioni
tutelate; le sue 36 denominazioni tutelate ricadono principalmente nel comparto del vino, dei salumi e dell’
olio d’oliva.
Ulteriori considerazioni meritano i risultati ottenuti dal processo di conversione dell’agricoltura: da quella
tradizionale a quella biologica.
Sono 45.167 le aziende che al 24 ottobre 2010 risultano adottare metodi di produzione biologica per
coltivazioni o allevamenti. Esse rappresentano il 2,8% delle aziende agricole totali. Di queste, 43.367
aziende applicano il metodo di produzione biologico sulle coltivazioni (2,7% delle aziende in complesso
con SAU) mentre 8.416 lo adottano per l’allevamento del bestiame (3,9% delle aziende in complesso con
allevamenti). Sono invece 6.616 aziende quelle che utilizzano metodi di produzione biologica sia per le
coltivazioni sia per gli allevamenti.
1090
Figura 3 | Calabria - rappresentazione degli Open Data (distribuzione per provincia delle aziende agricole e di quelle biologiche)
provenienti dall’Istat, Elaborazione GIS.
Oltre sei aziende biologiche su dieci risiedono al sud; in particolare, il 62,5% delle aziende biologiche è
attivo nel Sud e nelle Isole. I dati mostrano che in Calabria si registra la maggiore percentuale di superficie
coltivata con metodo biologico rispetto alla SAU complessiva (17,7%), e che la produzione e il numero di
aziende iniziano a essere abbastanza consistenti. Alla fine degli anni ‘80, le aziende biologiche calabresi
erano 20 per una superficie di 180 ha, pari all’1% delle aziende biologiche italiane, al 2010 682 per una
superficie di 8 mila ettari di cui 6.400 ha in conversione (BioBank, 1998) fino ad arrivare a circa 5.023 per
una superficie di 57 mila ettari.
3.4 | Analisi degli attrattori legati al tema dell’agricoltura
L’importanza del tema dell’attrattività è diretta conseguenza della competizione globale, che si è venuta a
creare negli anni recenti, tra realtà territoriali con analoga capacità di attrarre investitori e, come tale,
rappresenta un tema prioritario che i governi nelle loro diverse articolazioni territoriali (nazionale,
regionale e provinciale) dovranno sempre più affrontare in modo sistematico, secondo un’ottica strategica
di lungo periodo.
L’attrattività turistica può essere considerata come il risultato di un processo di organizzazione della realtà
locale. L’offerta di un territorio si modifica allo scopo di conseguire l’obiettivo di attirare turismo.
L’attrattività turistica, direttamente connessa alla percezione dei turisti, è un fattore determinante nel ciclo
di vita di una località turistica, determinandone la sua traiettoria.
Anche per queste ragioni, sarebbe auspicabile appoggiare lo sviluppo del settore agricolo, soprattutto
quello delle colture tipiche (agrumi, vigneti, oliveti), promuovendo marchi di qualità, conservando la
tipicità della regione e dei paesaggi, integrando questo settore con quello turistico attraverso la
rivitalizzazione di casali, cascine e borghi antichi, oggi abbandonati, che hanno contribuito alla creazione
della bellezza del paesaggio calabrese.
Dallo studio condotto è chiaro quanto ancora l’attrattività turistica calabrese sia fragile, e questa è una
grave mancanza, dal momento che, è proprio il turismo la risorsa che più si dovrebbe corteggiare, perché
la regione è piena d’attrattori, che però non vengono “sfruttati come dovrebbero”; essa è un vero e
proprio palinsesto di beni culturali, archeologia, luoghi naturali protetti e opere d’arte, che con il bagaglio
delle tradizioni costituiscono una risorsa inestimabile del patrimonio della regione Calabria. Un patrimonio
di cui però manca una conoscenza dettagliata e conseguente consapevolezza del valore reale. Un
palinsesto, quindi, senza regista e produttore, che potrebbe invece essere messo sul mercato se solo
esistesse una buona sceneggiatura.
1091
4 | Conclusioni
In questo studio sono stati introdotti e illustrati due nuovi strumenti che stanno diventando fondamentali
nel nuovo approccio allo studio della città e del territorio in generale: Open e Big Data.
Figura 4 | Calabria - rappresentazione degli Open Data (distribuzione degli agriturismi, delle attività sociali, delle fattorie
didattiche, dell’artigianato) provenienti dall’Istat, Elaborazione GIS.
Grazie a questi dati, è possibile condurre analisi applicando la teoria complessa che risponde meglio alle
descrizioni della città, rivelando modelli di previsione che possono apportare un miglioramento nella vita
di ognuno.
C’è ormai la certezza che le tracce digitali che lasciamo quotidianamente sui social media aumenteranno,
fornendo una rappresentazione precisissima di ciò che facciamo. I social costituiscono una sorta di
espressione della gente e partecipazione dal basso perché palesano interessi, percezioni e gusti della
collettività. Possiamo dunque utilizzare questi dati per conoscere, capire e analizzare i nostri
comportamenti collettivi e, in funzione di essi, immaginare una migliore pianificazione del territorio,
tenendo conto di ciò che spontaneamente ognuno di noi condivide ed esprime sui social ogni giorno.
Riferimenti bibliografici
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phones for urban analysis, Environment and Planning B Planning and Design.
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Serafini, S.M. (2015), Open Data e paesaggio calabrese: nuove prospettive per la gestione sostenibile delle risorse, IX
Giornata di Studi INU Istituto Nazionale di Urbanistica, 18 dicembre 2015, Napoli, Urbanistica
Informazioni, pp. 86-91, INU Edizioni, ISSN: 0392-5005.
Middea, A., Paldino, S., Serafini, S.M. (2015), Open Data e Gis come supporto tecnologico allo sviluppo del territorio,
contributo in volume “GIS Day Calabria 2015, VI Edizione”, 18 novembre, Arcavacata di Rende (Cs),
pp. 61-66, Map Design Project Editore, ISBN: 978–88–941338–0-6, Rende.
Middea, A., Paldino, S., Serafini, S.M. (2015), Open Data from Social Media as tool for better
understanding complex territory. Application through photos data in Calabria, The Fifth International
Conference on Social Media Technologies, Communication, and Informatics – section: Social media use
and experiences - SOTICS 2015, November 15 - 20, 2015, Barcelona, Spain.
1092
Ecosistema digitale per la valorizzazione e la crescita del territorio
Alessandro Seravalli
GeoSmart Lab
Laboratorio sulle scienze e tecnologie geografiche e sulle smart cities
Email: a.seravalli@sis-ter.it
Abstract
La tecnologia costituisce senza ombra di dubbio un elemento rivoluzionario anche nel settore della pianificazione,
trasformazione e innovazione urbana. Emerge però una dicotomia fra la disponibilità e l’opportunità offerta dalle
ICT e la disponibilità dei contenuti informativi aggiornati e strutturati. Soprattutto nell’ambito dei DSS a supporto
delle decisioni orientati alla pianificazione. Diversi, e con esiti non proprio felici, sono stati i tentativi di razionalizzare
i processi e gli interscambi di dati anche tra soggetti pubblici a scale territoriali diverse col risultato di compiere analisi
su fenomeni urbani con dati obsoleti e quindi impropri o fuorvianti rispetto alle esigenze di governance e di
pianificazione. Si assiste al contempo ad una crescita del fenomeno dei dati VGI (volunteered geographic information) e
degli open data, insieme alla definizione di regole tra operatori privati per la federazione di banche dati relative alla
conoscenza delle reti del sottosuolo.
Partendo da questa esigenza si è avviato un progetto volto a definire regole e modalità di collegamento alle diverse
basi dati attraverso l’adesione a un ecosistema digitale territoriale avviato dal Consorzio AMI e che, oltre a portare
vantaggi immediati nella governance di alcuni fenomeni e tematiche, costituisce la possibilità real time di conoscenza dei
fenomeni e dinamiche urbane. A tema è la città responsiva dove l’integrazione dei dati offre innumerevoli vantaggi,
oltre a quelli innegabili dal punto di vista degli assets strategici fondamentali come la conoscenza digitale delle
infrastrutture urbane. Il valore del patrimonio informativo pubblico è alla base di un’economia della conoscenza
condivisa. Una infrastruttura informativa territoriale è una “conoscenza” che può essere ben intesa come commodity e
quindi ha un valore in sé.
Da queste considerazioni ha avviato il suo processo di realizzazione il data strategy di un Consorzio di 23 Comuni
denominato Con.AMI la cui finalità è valorizzare assets immateriali come i dati e al contempo, integrare la conoscenza
plurime esistente (proprietaria e open) in un approccio Smart per la crescita della competitività di un sistema
territoriale basata sui Smart Data.
Gli strumenti a supporto delle decisioni costituiscono facilitatori per una lettura e simulazione coordinata e integrata
della pluralità informativa presente. Non sostituiscono il planner o l’amministratore ma lo supportano in una capacità
di valutazione derivante dall’infrastruttura conoscitiva implementata.
Parole chiave: smart city, information technology, community.
1 | Il valore del dato e il rinnovamento del ruolo pubblico
Attraverso una mappatura sullo stato dell’arte delle Smart Cities (Zubizarreta, Seravalli, Arizzabalaga,
2015) emerge come il concetto di Smart Cities venga ridotto spesso a tecnologia e come la sua
applicazione sia, il più delle volte, una azione di marketing territoriale. Si confonde così lo strumento con
lo scopo. Nell’ambito delle azioni eGov le amministrazioni implementano servizi e strumenti orientati a
dare contenuti e risposte spesso a domande che non ci sono, con investimenti anche importanti che non
generano i risultati attesi. Oltre ai processi di digitalizzazione e informatizzazione generale emerge una più
complessa e strategica esigenza di digitalizzazione di cultura e mentalità. Più che di eGOV occorrerebbe
ragionare in termini di eCitizen (Noveck, 2015), ovvero partire dal fine a cui eGOV è destinato: il
cittadino. Così anche nell’ambito della pianificazione territoriale. Occuparsi di pianificazione e crescita
1093
della competitività di un territorio oggi non può prescindere da progettare e pensare un territorio in
maniera smart.
«La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni», narrava Italo Calvino ne «Le città Invisibili». In un tempo
così dinamico pensare alla programmazione di una città secondo criteri del dopoguerra è assai
anacronistico ma, se ci pensiamo bene, la pianificazione urbanistica che definisce lo sviluppo della città, ha
un impianto basato su una conoscenza derivante da quadri conoscitivi spesso obsoleti e non aggiornati in
un contesto di dinamicità inimagginabile fino a qualche decennio fa. Una obsolescenza informativa
derivante dalla disomogeneità e dall’eterogeneità delle informazioni, dalla difficoltà di disporne in modo
completo e aggiornato, unitamente ad una impostazione monodisciplinare e non interconnessa frutto di
uno sviluppo macchinistico degli ultimi secoli (Bonomi, Masiero, 2014), fondata su un approccio
disciplinare in cui Scienza e Tecnica erano separate e dove l'arte e lo stereotipo dell'artista disordinato era
agli antipodi rispetto allo scienziato che l'immagine collettiva rappresentava in camice bianco. Un’era delle
discipline dove le parti del sapere potevano essere tenute assieme da un processo organizzativo, un
progetto industriale. In urbanistica, standard e zooning erano le unità misurabili con le quali si disegnava il
futuro dei territori. È in questo scenario, negli anni '60 in Italia, che trovano costituzione i principali enti di
produzione cartografica nazionale a supporto degli strumenti urbanistici e non solo.
Con l'avvento del digitale è avvenuto un cambiamento sostanziale. Il digitale ha imposto, utilizzando le
parole del sociologo polacco Bauman, la società fluida (Bauman, 2000). La stessa rappresentazione del
territorio è cambiata. Con Internet tutto è flusso di informazioni. Oggi la comunicazione tramite Internet
ha di fatto annullato il concetto di spazio. La comunicazione e il digitale oggi è transnazionale, annulla le
barriere e i confini. La rappresentazione del territorio, attraverso lo sviluppo di progetti a base volontaria,
ha portato ad avere cartografie nate dal basso più aggiornate di quelle ufficiali costruite dagli organi
predisposti. Oggi con lo smartphone tutti possono acquisire, raccogliere e trasmettere dati divenendo veri
e propri sensori di monitoraggio (e non solo) posizionati sul territorio. Era il 2011 quando al MoMa Paola
Antonelli presentava la mostra intitolata «Talk to Me, Uomo e Tecnologie»: le cose e il territorio parlano. Lo
stesso Personal Computer oggi non è più una macchina nel senso tradizionale, va oltre alla finalità originale,
non è uno strumento di scrittura (solo)... è un medium a tutti gli effetti. Così lo Smartphone che travalica
la sua funzioe di telefono con tante applicazioni che lo rendono sempre più Smart. Oggi è condivisa la
necessità di approcciare la realtà con una logica multidisciplinare, una logica che prediliga il sistema,
l'approccio cosiddetto olistico. Ma siamo ancora in mare aperto. Come dice Farinelli, «le distinzioni tra
spazio e territorio, tra soggetto e oggetto, tra essere umano e ambiente, non reggono più. C'è la coscienza
della assoluta interrelazione, frutto della globalizzazione» (Farinelli, 2009). Il paradosso che emerge è che
più siamo costretti a ragionare in modo globale più diventano strategiche le economie e gli sviluppi locali.
Il potenziarsi della globalizzazione e il potenziarsi della localizzazione, come due facce della stessa
medaglia, stanno ridisegnando il nuovo tessuto delle comunità (Moretti, 2014).
Più che l’adozione di una tecnologia che renda la città o il territorio smart, occorre pensare a un sistema
che favorisca la comunicazione della città e dei suoi servizi (Seravalli, 2016). La parola Sistema evidenzia
già un insieme di cui la tecnologia è una componente al pari delle informazioni (contenuti) e delle persone.
Una città o un territorio è un Sistema di per sé, fatto di infrastrutture, elementi morfologici naturali ma
anche persone, un «ecosistema umano» (Moretti, 2014). Jane Jacobs, mezzo secolo fa, osservava che le
comunità, al pari degli ecosistemi naturali, non sono entità statiche, ma realtà creative in continua
evoluzione. Parlare di città intelligente vuol dire inequivocabilmente parlare di conoscenza e di
comunicazione di questa. Implica affrontare il tema di una visione di città dove viene rimesso al centro il
ruolo del cittadino, di colui che appartiene ad una comunità valorizzando una comunicazione integrata top
down e botton up tra cittadini e amministratori. Questo porta inevitabilmente al recupero dell’idea di Bene
Pubblico, sia quello fisico che quello digitale. Lo spazio comune, fatto di strade, marciapiedi, giardini
pubblici, piazze, è lo spazio spesso inteso di risulta. A livello architettonico sappiamo invece che si
progetta il pieno, eppure questo non acquista significato senza il vuoto limitrofo che ne conferisce forma.
Questi spazi spesso dimenticati o sottovalutati divengono sempre più oggetto di ripensamento anche
perché la loro capacità di essere vitali, evidenzia la qualità e la concezione stessa della comunità che trova
conveniente abitare quei luoghi. Non per niente le forme di insicurezza, degrado urbano e sociale, trovano
in questi spazi i luoghi prediletti per manifestarsi e ferire le nostre città. Gli enti pubblici preposti
all’ordinaria manutenzione di questi vuoti non dispongono di risorse adeguate, ma soprattutto, emerge
come sia finito il tempo in cui l’ente pubblico si sostituisca alla responsabilità dei cittadini che si
riconoscono in una comunità, in una città o quartiere. Lo spazio pubblico è di tutti e ciò non vuol dire che
è di nessuno o è di un anonimo Ente amministrativo. Mantenere vuol dire “tenere la mano”, salvaguardare,
1094
avere cura, abitare un luogo. Esperienze di manutenzione ordinaria fatta dai cittadini stessi è una
possibilità più che concreta oltre che auspicabile già sperimentata in diversi paesi. A questo tipologia di
spazio fisico corrisponde altrettanta forma di spazio digitale fatto dai contenuti collaborativi che generano
dati, informazioni, conoscenza condivisa, domanda, servizi. Esiste tuttavia una disarticolazione tra i
contenuti digitali, soprattutto nell’ambito della stessa governance pubblica. L’evoluzione esponenziale delle
opportunità tecnologiche unitamente alla lentezza avutasi nel settore pubblico nel portare avanti progetti
calati dall’alto hanno portato a delegittimare nei fatti la capacità e il ruolo di erogatore ufficiale di dati. La
velocità con cui questi vengono prodotti dal basso hanno dequalificato il dato prodotto dall’alto. Questo
soprattutto relativamente ai dati geografici. La capacità collaborativa di generare dati dal territorio è
incredibilmente molto più alta della capacità del pubblico che anzi dovrebbe favorire sempre più il
coinvolgimento attivo della cittadinanza, coadiuvando e definendo i criteri e gli obiettivi, un rinnovamento
del ruolo del soggetto pubblico e l’avvio di una collaborazione operativa tra cittadino (individui, imprese,
associazioni, ecc.) e amministrazione.
E’ il tema della città responsiva dove l’integrazione dei dati offre innumerevoli vantaggi, oltre a quelli
innegabili dal punto di vista degli assets strategici fondamentali come la conoscenza digitale delle
infrastrutture urbane. Come osservava l’allora sindaco di New York, Bloomberg, riflettendo su come per
la prima volta nella storia dell'umanità la maggioranza della popolazione mondiale vive nelle città, «l’ascesa
della città coincide con una rivoluzione tecnologica che stimola i leader locali a trovare nuovi modi
innovativi per migliorare i servizi pubblici. Al centro di questa rivoluzione sta la nostra crescente capacità
di usare i dati e migliorare i servizi che il governo fornisce. I governi sono stati a lungo gestori di registri e
sempre più usano i record - miliardi di dati puntuali - per migliorare ogni cosa dalle risposte di emergenza
all'educazione o ai trasporti» (Goldsmith, Crawford, 2014). Emerge il tema della costruzione di una
piattaforma per la conoscenza e la collaborazione partecipata, una vera e propria infrastruttura digitale.
Già vent’anni fa negli Stati Uniti d’America, il Presidente Clinton introduceva nel 1994 nel sistema
pubblico il concetto di Spatial data infrastructure (Sdi). Questo concetto è stato ripreso in Europa con la
direttiva Inspire nel 2007 (Infrastructure for spatial information in the European community) e ad oggi sono almeno
150 le iniziative di SDI (tra queste GSDI, GEOSS, UK location strategy, ecc.) censite in letteratura
(Iannucci, Saretta, Vico, Zotti, 2012). Era inoltre il 1998 quando Al Gore diceva: «Una nuova ondata di
innovazione tecnologica ci permette di catturare, memorizzare, elaborare e visualizzare una quantità senza
precedenti di informazioni sul nostro pianeta e su un’ampia gamma di fenomeni ambientali e culturali.
Gran parte di queste informazioni sarà georeferenziata». Si sviluppa il sogno della Digital Earth (Al Gore,
1998), una nuova rivoluzione dai tempi di Gutenberg incentrata sull’informazione (Castells, 2002) che
troverà riscontro con Google Earth e Google Maps (2005). Non solo la realtà viene percepita in modo
virtuale, ma l’immagine della terra diventa il mezzo per accedere ad ogni informazioni, il pianeta stesso è il
browser. È la forza della rappresentazione tramite immagini, quelle che Pasolini definiva come «le fonti
educative più immediate, materiali, mute, inerti eppure presenti, eppure ti parlano». È il paradosso della
geografia e della cartografia: non possiamo mai conoscere il mondo senza una mappa, ma non possiamo
neanche rappresentarlo totalmente in una mappa. Il dato geografico è strategico e sempre in evoluzione,
come il territorio che emula. L’uomo è un essere geografico diceva il geografo francese Dardel. È il tempo
di condividere e far dialogare le diverse fonti e banche dati, favorirne un uso plurimo, una possibilità
effettiva di federazione e di interoperabilità, sia essa di tipo Open Data o tramite accordi tra i soggetti che
operano nell’ambito territoriale. Il valore del patrimonio informativo pubblico è alla base di una economia
della conoscenza condivisa. Una infrastruttura informativa territoriale è una “conoscenza” che può essere
ben intesa come commodity e quindi ha un valore in sé.
Non esiste servizio che non si appoggi in una logica di rete. Così oggi, il cardine di tutti i servizi è, dal
punto di vista anche formale, il patrimonio di infrastrutture a rete già esistente e ogni sviluppo futuro,
sociale ed economico di un territorio, non può prescindere dalla capacità di governare queste reti, di
mantenerle e rendere sempre più integrate, efficienti e intelligenti.
L’attività di costruzione di infrastrutture digitali (insieme di dati digitali di tipo geografico, statistico,
amministrativo, utili al governo e alla gestione dei territori) è riconosciuta una attività fondamentale da
parte delle diverse nazioni e, più in generale, il concetto di informazione geografica può essere esaminato
almeno sotto quattro diversi aspetti «as resource, a commodity, an asset and an infrastructure» (Masser,
1998; Seravalli, 2016). Una risorsa (resource) perché le informazioni possono essere considerate alla stregua
degli altri fattori produttivi (terra, lavoro, capitale). Un bene (comodity) che può essere prodotto e scambiato
secondo le regole del mercato, ma che se ne discosta radicalmente per il semplice fatto che l’informazione
1095
(bene immateriale per eccellenza) può essere potenzialmente riprodotta e venduta infinite volte. Una
ricchezza, un valore positivo (assets) per l’intera collettività (Goldsmith, 2011).
Da queste considerazioni è stato avviato il progetto data strategy di un Consorzio di 23 Comuni emiliano
romagnolo denominato Con.AMI: procedere al tentativo di valorizzare assets immateriali come i dati e al
contempo, integrare la conoscenza plurima esistente (proprietaria e open) in un approccio Smart per la
crescita della competitività di un sistema territoriale basata sui Smart Data.
2 | L’ecosistema digitale: il data strategy
Il progetto Data Strategy è una infrastruttura informativa e di servizi basata su una piattaforma di
integrazione e collaborazione fra dati proprietari e dati open, volta a disporre di strumenti utili per
comprendere e decidere gestendo in maniera dinamica lo sviluppo del territorio e quindi rendere
competitivo il sistema territoriale. La conoscenza è un fattore competitivo e la capacità di sintesi e di
lettura integrata multidisciplinare costituisce un fattore sempre più necessario per la governance e la
pianificazione del territorio.
Emerge chiaramente come il problema non sia specificatamente legato ad una applicativo, ad una
tecnologia o ad un visualizzatore, ma all’acquisizione e costruzione di un sistema di fruizione condivisa tra
i diversi gestori e generatori di informazioni del sottosuolo e soprasuolo fra loro strettamente correlate e
complementari con i database topografici disponibili e con quanto in corso di sviluppo dalla Regione e dai
Comuni: Smart Data come infrastruttura per la città (Seravalli, 2011).
Figura 1 | Ambiti realizzati o in corso di realizzazione (arancio) e ambiti di sviluppo (giallo)
Fonte: elaborazione dell’autore.
A tema non c’è l’interscambio del dato ma la fruizione del dato in maniera diretta dal soggetto
responsabile che ne ha cura. Questo vale per il gestore della rete in fibra ottica piuttosto che quello
dell’illuminazione pubblica; del catasto o del verde pubblico o ancora del gas o della rete e toponomastica
stradale. Una fruizione basata sull’accesso al dato e sulla possibilità di creare servizi di consultazione e
navigazione del dato implementabili all’interno dei diversi sistemi di webmapping utilizzati dai singoli
soggetti per la loro finalità.
Questo si può realizzare attraverso la realizzazione di database specifici fra loro integrati consapevoli delle
caratteristiche e proprietà specifiche di ciascuna entità. Una rete gas non è una rete idrica né tantomeno
una rete in fibra ottica e pertanto non è pensabile l’adozione delle medesime regole o del medesimo
database per la gestione e progettazione di reti così’ diverse. L’acquisizione limitativa di un tracciato di
infrastruttura, se da un lato né da una visualizzazione approssimata in termini di consistenza e di valore,
non soddisfa chiaramente gli obiettivi che un simile progetto intende perseguire. Lo stesso utilizzo talvolta
comporta esportazioni e allineamenti secondo specifiche nazionali oltre che utilizzi diversi in funzione
delle mansioni che ciascun soggetto deve attuare. La sola visualizzazione inoltre non soddisfa le necessità
dei singoli uffici preposti che necessitano di tool specifici e dedicati secondo norme e formati di scambio
1096
strettamente correlati al tipo di rete, rendendo il progetto una riduzione di quanto portato avanti in altri
territori con scarso successo. I processi di cambiamento e un progetto con queste finalità, in primo luogo
necessitano il rafforzamento e la cooperazione tra di diversi soggetti interessati (in particolare le pubbliche
amministrazioni e i gestori di servizi). Senza questa sinergia pubblico privato un progetto di questo tipo
non potrà realizzarsi nella sua organicità e non potrà mantenersi. Si afferma pertanto un ruolo diverso
anche del soggetto pubblico che si pone come garante e facilitatore della condivisione informativa che
deve partire però da una digitalizzazione culturale prima ancora che di procedure.
Il progetto ha inteso costruire un sistema di banche dati georeferenziate e non identificando in esse un
vero e proprio asset con valore aggiunto per i diversi enti territoriali e per il mondo produttivo locale.
Essendo l’ambito applicativo ampio, la volontà è stata quella di innescare un percorso le cui fasi iniziali
hanno riguardato le diverse risorse disponibili relative alle cartografie di base e cartografie tematiche, le reti
tecnologiche, le infrastrutture urbane (viabilità, verde pubblico, immobili pubblici) e le attività su di esse
svolte (segnalazioni, manutenzione, pronto intervento, ecc.).
Il lavoro si è articolato su tre binari: quello relativo alle informazioni, quello relativo alla definizione delle
regole e agli accordi di interscambio e quello relativo agli strumenti a supporto delle decisioni.
Le basi dati informative relative ad un territorio distribuito su due regioni (Emilia Romagna e Toscana) ha
visto la messa a sistema di tutti i servizi di webmapping e di open data presenti relativamente alla cartografia
di base, dei dati catastali attraverso opportune procedure di import, delle basi dati ISTAT e dei valori
immobiliari ad altre acquisite periodicamente e direttamente. A queste si sono aggiunti gli strati informativi
derivanti dai gestori di servizi o altri soggetti pubblici per la visualizzazione delle informazioni relative alla
viabilità, alle reti del sottosuolo e soprassuolo unitamente ai vincoli presenti ottenuti attraverso specifici
accordi di interscambio con i diversi operatori che hanno aderito al progetto. L’accesso al dato è regolato
in base a ruoli e diritti e una parte di questi elementi potrà essere resa disponibile all’esterno per la
costruzione di ulteriori applicazioni.
A tutela anche della corretta gestione di dati condivisi, i diversi soggetti (pubblici e privati) sottoscrivono
un accordo che tutela ed esplicita la responsabilità sul dato e l’origine del medesimo. Il valore derivante è
proprio la conoscenza diffusa e quindi una capacità di leggere e comprendere il territorio oltre che di
generare servizi. Tra questi ultimi è il caso della società di gestione del patrimonio pubblico che attiva
sistemi di comunicazione dei lavori al cittadino basandosi sull’infrastruttura stessa. Oppure la possibilità
tra gli enti di accedere facilmente e in maniera coordinata e completa al dato catastale. Il gestore di
telecomunicazioni attraverso questa infrastruttura potrà conoscere vincoli e servitù della propria rete o
lavori o altre reti presenti su strade in cui intende posare del cavo. Gli esempi di interscambio sono
molteplici e portano a cambiamenti organizzativi che rimuovono strutture gerarchiche e burocratiche
all’interno del ambito pubblico. La condivisione di dati nelle forme comprensibili e utilizzabili dalle
persone rinnovano l'amministrazione stessa e il proprio ruolo nella città.
Un livello conoscitivo strutturato può essere in parte anche aperto con evidenti opportunità di sviluppo di
nuove applicazioni e generazione di servizi partecipativi e di eGov, senza contare poi delle facilitazioni
derivanti dall’utilizzo di strumenti a supporto delle decisioni che costituiscono facilitatori per una lettura e
simulazione coordinata e integrata della pluralità informativa presente.
Rientra in questo caso l’utilizzo di strumenti di analisi geografica dinamica e strumenti di dashboard per la
comparazione e l’elaborazione di output oltre che strumenti intelligenti di simulazione, in fase di
implementazione, basati su strutture a grafo e nodi per comprendere impatti, ricadute e costi sulla base di
vincoli e ipotesi di scelte strategiche: veri e propri strumenti di Urban Decision Making configurabili tenendo
in considerazione aspetti sociali, ambientali, economici, urbani. Questi strumenti non sostituiscono il
planner o l’amministratore ma lo supportano in una capacità di valutazione derivante dall’infrastruttura
conoscitiva implementata.
1097
Figura 2 | Interfaccia di navigazione basata su CityOMNIS™ della pluralità informativa disponibile
Fonte: elaborazione dell’autore.
Figura 3 | Schema di inquadramento della fruizione tra i diversi operatori
Fonte: elaborazione dell’autore.
Figura 4 | Esempio di analisi avanzate per la comprensione di fenomeni e impatti
Fonte: elaborazione dell’autore.
1098
Riferimenti bibliografici
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viluppo_di_specifiche_di_interoperablita_nelle_infrastrutture_di_dati_territoriali/links/55eeac2508ae199d47bf109
d.pdf?origin=publication_list
1099
Smart Planning per la città contemporanea
Susanna Sturla
Università di Pavia
DICAr - Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura
Email: susanna.sturla@unipv.it
Tel: 0382. 985743
Abstract
L’avanzamento tecnologico ha contribuito notevolmente alla modificazione del modo di vivere la città. Lo smart
planning, inteso come termine che descrive la pianificazione che coinvolge tutte le componenti della smart city,
assume quindi una notevole importanza nella definizione di nuovi scenari urbani. Esso rappresenta una radicale
riconsiderazione delle politiche e degli strumenti di governo del territorio, correlandosi alle attuali esigenze di
cambiamento e alla necessità di adattamento alle modificazioni socioeconomiche che si ripercuotono sulla struttura
urbana.
In questo contesto trova argomentazione un nuovo approccio pianificatorio, che da un lato prende in considerazione
la città e le sue componenti smart (sociali, ambientali, governative) e dall’altro intende la città come organismo in
grado di modificarsi e adattarsi alle necessità.
La discussione su cui si incentrerà il paper nasce da una riflessione di base: quali sono le componenti della smart city
e come tali componenti si relazionano e condizionano la struttura urbana?
Il paper, sulla base dei risultati ottenuti dall’ International Summer School “Flexible City for Smart Communities”
tenutosi presso l’Università di Pavia dal 20 al 27 settembre 2015 riporta alcuni case study dello scenario
internazionale mettendo in luce gli obiettivi ed i progetti più considerevoli delle componenti smart e le relazioni
smart flexible city.
Parole chiave: smart cities.
1 | Considerazioni sulle dimensioni della smart city
Non esiste una definizione univoca di smart city. Nell’arco di un decennio l’appellativo smart city, ha
identificato la città digitale, poi la città socialmente inclusiva, fino alla città che assicura una migliore qualità
di vita.
«Possiamo ricondurre lo sviluppo della visione delle smart city all’humus del Rinascimento. Le città ideali
del Rinascimento italiano (Pienza, Sabbioneta, Ferrara, Urbino, ecc.) nacquero esattamente con lo stesso
portato di motivazioni delle città ideali che le smart city intendono rappresentare, rivoluzionando
totalmente l’architettura e l'urbanistica moderna».
Il Politecnico di Vienna in collaborazione con l’Università di Lubiana ed il Politecnico di Delft ha coniato
una delle definizioni di smart city che sembra aver condotto al primo cambiamento di prospettiva: una
smart city è una città costruita sulla combinazione di sei settori chiave dello sviluppo urbano di cui,
attraverso indicatori, è possibile valutare il grado di smartness. L’aspetto smart viene quindi
progressivamente collegato non più solo alla presenza di infrastrutture digitali, ma anche e soprattutto al
ruolo del capitale umano, sociale e relazionale come fattore importante di crescita urbana. Non solo dati e
informazioni, ma anche mobilità, qualità dell’ambiente, governance del sistema urbano, contesto
economico, partecipazione alla vita sociale, vivibilità.
L’insieme di queste 6 dimensioni individua in pratica l’essenza di una Smart City, che oltre a essere una
città digitale o tecnologicamente avanzata, «è l’insieme organico e multiforme del capitale fisico,
economico, intellettuale e sociale»
1100
«Per piccoli passi si arriva dunque a quella che oggi è l’interpretazione dominante di smart city: un luogo
che è il risultato integrato di aspetti ‘hardware’ e ‘software’, in grado di combinarsi tra loro assicurando a
chi lo vive una migliore qualità di vita».
Figura 1 | Smart city model Fonte: The European House – Ambrosetti, 2012.
2 | Considerazioni sulle dimensioni della flexible city
L’avanzamento tecnologico dunque induce a modificazioni ed evoluzioni della struttura urbana che si
ripercuotono di conseguenza sulla disciplina urbanistica, che, fino agli anni ‘80, è stata estremamente rigida
ed iperdeterministica.
Emerge, quindi, per far fronte ai cambiamenti, la necessità di pensare la città come organismo in grado di
adattarsi al mutevole contesto esigenziale, e di dare forma alle nuove caratteristiche della società
contemporanea attraverso nuovi processi e nuove regole, un tema che hanno affrontato in passato
ricercatori autorevoli, primi fra tutti William J. Mitchell e Manuel Castells, maturando importanti riflessioni
sugli effetti di un futuro dominato dalle ICT.
Dai loro studi emerge che la “rivoluzione digitale” porterà trasformazioni evidenti sulla città e sui suoi
users, trasformazioni che probabilmente avverranno lentamente, ma che comunque incideranno sulla sua
conformazione fisica.
Studi recentemente affrontati all’Università di Pavia presso l’Urban Project laboratory delineano una teoria
innovativa con cui descrivere i mutevoli cambiamenti della città definendo col termine flessibilità un
processo adattivo che coinvolge tutte le dimensioni della città. La città flessibile è definita appunto «come
la capacità della città di adeguare le proprie funzioni, la propria struttura e le proprie regole di
funzionamento in base alle sollecitazioni socio-economiche di diversa magnitudo e frequenza attraverso
un approccio spazialmente e temporalmente flessibile.
Vengono proposti sei principi che possano descrivere la teoria
1. Dimensione temporale: la flessibilità ha senso solo se inscritta in distinti ambiti temporali. Il significato
della previsione si declina nella costruzione di diversi scenari;
2. Geografia variabile: l’urbs della città flessibile è mutevole nelle sue dimensioni e nella sua forma.
Permane la dimensione strutturale. La forma è esito dell’adattamento alla geografia variabile, intesa
come insieme dei cambiamenti della civitas e della polis. Inoltre è risultante dal progetto dei luoghi
antropologici;
3. Reversibilità: come si prevede che la città possa espandersi, altrettanto si deve prevedere una fase di
contrazione. In ottica di sostenibilità, la contrazione (o la dismissione) deve permettere la
rinaturalizzazione degli ambiti e delle aree urbanizzate. Ciò significa considerare il ‘life cycle assesment’
dell’intera città e non solo dei singoli edifici;
4. Indifferenziazione funzionale: la città deve poter adeguare localmente le sue funzioni e aumentare o
ridurre il carico urbanistico in base alle esigenze, senza che ciò infici il funzionamento del sistema
infrastrutturale e della struttura generale della città. Il cambiamento funzionale deve sempre
considerare le modificazioni potenziali ai significati antropologici;
5. Strutturazione su layer: la terza dimensione è fondamentale per ipotizzare livelli funzionali a cui
attribuire differente durabilità e adattabilità.
6. Eterorganizzazione sociale: equilibrio tra il modello di pianificazione gerarchica ‘top-down’ e quello
autorganizzativo ‘bottom-up’.
1101
3 | Relazione tra smart e flexible city
Le premesse fatte nei paragrafi precedenti permettono di introdurre l’anima del paper ovvero l’argomento
dell’International Summer School ‘Flexible City for Smart Communities’. Gli studenti del corso di laurea
magistrale in Ingegneria Edile Architettura insieme agli studenti dell’Italian Chines Curriculum (Double
Degree del Corso di laurea magistrale in Ingegneria Edile-Architettura e la ‘Master of Architecture’ della
Tongji University di Shangai) hanno approfondito ed interpretato il rapporto tra smart city e flexible city,
mettendole in relazione tra di loro.
Figura 3 | Relazioni e legami Smart e Flexible City Fonte: elaborazione propria.
Si è delineato che le componenti della Smart City influenzano e sono influenzate dalle componenti della
Flexible City. Le relazioni ed i legami che si creano risultano di mutua dipendenza evidenziando a seconda
del legame relazioni forti o deboli. Rendere una città smart vuol dire agire contemporaneamente sulle tre
classiche componenti di base: forma fisica, struttura sociale e governance (urb, polis e civitas). Appare
evidente che gli avanzamenti tecnologici creino cambiamenti nel modo di vivere la città influenzando di
conseguenza i luoghi e la forma; basti pensare come, solo al secolo scorso, il sistema dei flussi legato alla
mobilità fisica era su un unico livello, mentre ora leggiamo chiaramente una distribuzione su layer
rappresentati dal livello interrato (metropolitana), dal livello zero e +1 (sede delle infrastrutture stradali e
ferroviarie) e dal livello +2 (viabilità aerea e flussi immateriali di comunicazione).
L’assioma di base è la dimensione temporale: una città deve essere in grado di cambiare ed adattarsi in
tempo per soddisfare le varie esigenze che si presentano. Flessibilità e smartness sono collegati da una
relazione biunivoca.
L’obiettivo comune è la vivibilità. Innovazioni tecnologiche nella città e cambiamenti flessibili della città
hanno lo scopo principale di rendere migliore e più facile la vita degli users. Queste considerazione hanno
permesso di costruire il diagramma di flusso (fig. 4) che rappresenta l’interpretazione relazionale tra smart
e flexible city.
Figura 4 | interpretazione relazionale Smart e Flexible City Fonte: elaborazione propria.
1102
È emerso quindi, riassumendo, che la dimensione temporale regola le modificazioni flessibili della città che
sono alla base per uno smart living il quale a sua volta è in relazione e dipendente dalle componenti smart
environment, smart economy e smart mobility, attraverso uno smart governance il tutto per smart people.
4 | Metodologia e case study
Nel panorama internazionale sono stati identificati alcuni casi studio, con l’obiettivo comune dello smart
living, che rispondessero all’interpretazione smart - flexible city, prendendo come esempio città che si
sono adattate e adeguate alle modificazioni e città progettate ex novo. Per ogni caso studio si riportano gli
obiettivi ed i progetti più considerevoli delle componenti smart ed il diagramma delle relazioni smart
flexible.
4.1 |Singapore
Smart governance - obiettivi e progetti:
Per raggiungere uno sviluppo urbano olistico e sostenibile Singapore ha avviato diverse strategie
pianificatorie vantando la possibilità di diventare la città più tecnologica ed innovativa nel prossimo
decennio. Il premier Lee Hsien Loong alla fine del 2014 ha lanciato il programma Smart Nation con
l’obiettivo di incoraggiare la sperimentazione di nuove tecnologie e la collaborazione tra cittadini, imprese
e stato. La strategia comprende sette settori economici chiave: istruzione, servizi finanziari, sanità e scienze
biomediche, produzione e logistica, turismo, governo e media digitali.
Un altro progetto organizzato da agenzie governative, in collaborazione con le scuole e partner di settore è
hackathons, un evento in cui si offre l'opportunità ai partecipanti che hanno ideato nuove soluzioni
tecnologiche di illustrare i risultati ottenuti ottenendo finanziamenti e sponsor.
Smart economy - obiettivi e progetti:
Il governo negli ultimi 10 anni ha finanziato oltre 22 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo.
Dal 2011, solo gli investimenti del settore pubblico hanno permesso l’avvio di circa 400 start-up. Inoltre il
governo si è impegnato ad investire altri 14 miliardi di dollari per sostenere la ricerca rendendo il paese
competitivo ed aumentando il valore aggiunto delle attività a Singapore.
Smart people: obiettivi e progetti
Il sistema sanitario di Singapore ha applicato e sta sperimentando la tele-riabilitazione sanitaria, un sistema
che permette lo scambio di dati e l’interazione paziente medico senza il bisogno di essere fisicamente in
ospedale. I dati vengono trasmessi in modalità wireless attraverso dei sensori che sono collegati ai pazienti
che usufruiscono della terapia nel comfort della propria casa.
Smart environment: obiettivi e progetti
Punggol Northshore, si trova sul lungomare, ed è il primo quartiere ecologico in Punggol. Il progetto,
sviluppato dall’ Housing & Development Board, attualmente ospita oltre 26.000 unità di edilizia
residenziale pubblica. Una delle principali tecnologie intelligenti utilizzate in Punggol Northshore è
modellistica ambientale, che studia il flusso del vento, la temperatura, irraggiamento solare e
l’ombreggiamento al fine di agevolare le decisioni durante il processo di pianificazione e progettazione.
Smart mobility: obiettivi e progetti
L 'obiettivo di questo progetto di ricerca interdisciplinare del Singapore-MIT Alliance for Research and
Technology Centre, iniziato nel luglio 2010, con il sostegno della National Research Foundation di
Singapore è quello di sviluppare un nuovo modello per la pianificazione, la progettazione e il
funzionamento dei futuri sistemi di mobilità urbana. Tali sistemi, miglioreranno la sostenibilità ed il
benessere sociale su scala globale.
Al centro delle attività di ricerca è il progetto SimMoblity con l’obiettivo di sviluppare e integrare modelli
comportamentali state-of-the-art con strumenti di simulazione per prevedere l'impatto dei diversi livelli di
mobilità, compresa la mobilità flessibile dei servizi su richiesta e la mobilità autonoma. La simulazione si
collega a una rete di computer e a innovazioni tecnologiche di controllo della mobilità. I ricercatori
vogliono usare i dati prodotti da questi strumenti, insieme ad altri di tipo analitico che uniscono i sistemi di
gestione con le informazioni in tempo reale, al fine di evitare i problemi attuali come la congestione, forte
domanda di accessibilità in certi luoghi, gli impatti ambientali e dei consumi energetici.
1103
Figura 5 | interpretazione relazionale Smart e Flexible City Singapore. Fonte: elaborazione propria.
4.2 |Amsterdam
Smart people: obiettivi e progetti
Nell'ambito del progetto europeo City-zen, un nuovo gioco è stato sviluppato da UK Partner con
l'obiettivo di coinvolgere i giovani aumentando la loro consapevolezza sul risparmio energetico. Il
risparmio energetico è un tema estremamente attuale ed imperativo. Questo gioco può essere un ottimo
strumento per l'istruzione e si baserà su una serie di iterazioni che sfruttano i dati energetici in tempo reale
in modo che il comportamento del mondo reale si rifletta in un ambiente virtuale.
Smart governance: obiettivi e progetti
Amsterdam ha un programma Open Data attivo. Le sfide principali comprendono la decodifica dei dati,
l'organizzazione di una piattaforma per i dati e la creazione di applicazioni che sfruttino le informazioni
pubblicamente disponibili che possono essere utilizzate e combinate per fornire la possibilità di prendere
decisioni basate su fatti e cifre reali. The CityService Development Kit è un sistema che raccoglie dati, al
fine di renderli disponibili in tempo reale.
Smart economy: obiettivi e progetti
Il Budget monitoring è un metodo che permette ai cittadini di vagliare, valutare e partecipare attivamente
alle decisioni pubbliche in materia di spesa pubblica. Il Centro per Budget monitoring lega diverse figure,
permettendo ai vari enti di poter dialogare e risolvere efficacemente le problematiche attraverso soluzioni
condivise.
Smart environment: obiettivi e progetti
Il kit dello smart citizen è stato ideato da alcuni cittadini preoccupati dalle crescenti emissioni. La
differenza tra questo Kit e altri strumenti di misura è il coinvolgimento attivo della ‘gente comune’ nel
processo di misurazione. In questo progetto, Waag Society e Amsterdam Smart City in collaborazione con
i partecipanti installeranno una rete di sensori fuori della loro casa, per esempio fuori del loro finestra o sul
balcone, per tutta Amsterdam. Il kit misurerà l'umidità, l'inquinamento acustico, la temperatura, la CO,
NO2 e l'intensità della luce e trasmetterà i risultati tramite la connessione a Internet del partecipante.
Smart mobility: obiettivi e progetti
Amsterdam sta rivoluzionando l’idea di mobilità sostenibile del trasporto pubblico, la trazione elettrica è al
centro del Programma Trasporto pubblico a impatto zero. Auto elettriche saranno affiancate dai mezzi
pubblici a batteria e potranno godere del più alto numero di stazioni di ricarica in Europa.
1104
Figura 5 | interpretazione relazionale Smart e Flexible City Amsterdam. Fonte: elaborazione propria.
4.3 |King abdullah economic city
Fahd Al-Rasheed, amministratore delegato del Gruppo Emaar Economic City ha sviluppato uno dei più
grandi progetti privati sulla terra: King Abdullah Economic City (KAEC) che si trova in Arabia Saudita.
Al-Rasheed intende trasformare KAEC in una delle più grandi città smart city del pianeta.
Il progetto della città nasce da zero con l’obiettivo di diventare il fulcro principale per il commercio tra
Asia ed Europa; la sostenibilità sociale è una parte strategica del progetto, lo sviluppo delle imprese
fornisce e migliora le opportunità di lavoro locali e attrae le imprese regionali, nazionali ed internazionali,
la creazione di posti di lavoro è in prima linea per la crescita ed il progresso della città.
Per quanto concerne la sostenibilità ambientale, il governo è alla ricerca di sviluppatori qualificati per la
progettazione, la costruzione e il funzionamento di un nuovo impianto di dissalazione di acqua per far
fronte alla crescente richiesta.
È prevista inoltre un’infrastruttura avanzata per servizi integrati di telecomunicazione, così come i servizi
di trasmissione dati e servizi Internet; è un progetto ambizioso con l’applicazione delle tecnologie più
all’avanguardia per ogni componente della ‘smart city’, l’ambizione più grande è la creazione di legami
sociali e di appartenenza in una città che nasce da zero.
Figura 7| interpretazione relazionale Smart e Flexible City Kaec. Fonte: elaborazione propria.
5 |Conclusioni
I risultati riflettono l’evoluzione della definizione smart city non più solo come città digitale basata sulle
infrastrutture tecnologiche ma come città socialmente inclusiva in cui il tema centrale è la persona, il
benessere sociale e la vivibilità.
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Budget monitoring, disponibile su Amsterdam smart city, sezione progetti, sezione smart economy:
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King Abdullah Economic City
http://www.kaec.net/
The world academy King Abdullah Economic City
http://www.theworldacademy-kaec.com/
Time forum King Abdullah Economic City
http://timeforum.kaec.net/index.php?arb=F&_ga=1.45470381.845370832.1443104312
King Abdullah Port
http://www.kingabdullahport.com.sa/
1106
Reti per la mobilità e struttura sociale dello spazio urbano:
una rappresentazione multidimensionale dei cambiamenti in corso
a Palermo
Ignazio Vinci
Università di Palermo
Dipartimento di Architettura
Email: ignazio.vinci@unipa.it
Roberto Raimondi
Università di Palermo
Dipartimento di Architettura
Email: roberto.raimondi.1992@gmail.com
Abstract
Incidendo su varie dimensioni dello sviluppo sostenibile, le reti per la mobilità stanno acquisendo un ruolo sempre
più centrale nei processi di rigenerazione delle aree urbane, divenendo così oggetto di crescenti attenzioni da parte
dei governi locali. Ciò impone che si producano nuove capacità di formulare strategie integrate in grado di cogliere il
nesso tra reti, ambiente costruito, spazio pubblico e struttura socio-economica delle città, così come accrescere le
capacità cognitive degli attori locali, producendo letture più dinamiche ed attualizzate del cambiamento sociale verso
il quale orientare le future scelte di pianificazione della mobilità sostenibile. Rispetto a questa premessa, il paper
illustra un segmento di una attività di ricerca che riguarda la città di Palermo, quale contesto interessato negli ultimi
anni da un cospicuo insieme di interventi infrastrutturali (alcuni realizzati, altri in programma) destinati a ridisegnare
il sistema della mobilità collettiva ed il rapporto tra questa ed ampie porzioni dell’area urbana, molte delle quali
caratterizzate da degrado e marginalità socio-economica. La ricerca condotta propone una rappresentazione sociospaziale della città attraverso un set di indicatori basati su dati censuari e dati raccolti sul campo, che si propone: nel
breve periodo, di fornire una geografia aggiornata delle relazioni tra processi di cambiamento socio-economico della
città e reti per la mobilità; nel medio periodo di costruire una baseline per future valutazioni per innovare, in un’ottica
mobility-led, il contributo della pianificazione ai processi di rigenerazione urbana.
Parole chiave: mobility, local development, surveys & analyses.
1 | Introduzione
Negli ultimi due decenni il tema della mobilità ha assunto un ruolo sempre più trasversale rispetto ai
processi di sviluppo delle aree urbane ed alle politiche pubbliche ad esse dedicate. Mentre le città mutano il
loro profilo economico e sociale, il cambiamento negli stili di vita degli abitanti e nelle modalità di uso
dello spazio urbano impone una rivisitazione del concetto stesso di mobilità (Urry, 2007; Grieco and Urry,
2012). Le città sono attraversate da flussi di abitanti e city-users le cui ragioni di spostamento sono solo in
parte riconducibili ai tragitti casa-lavoro che hanno avuto un ruolo così centrale nella modellistica del
secolo scorso. I tempi e le direttrici degli spostamenti all’interno dello spazio urbano si legano a centralità
che possono essere determinate da ulteriori fattori, si pensi ad esempio al turismo o al leisure, i quali
richiedono nuove forme di accessibilità e di relazione con i luoghi.
Tutto ciò fa si che alla progettazione e gestione delle reti per la mobilità collettiva possa essere attribuita
una funzione più ampia rispetto a quella convenzionale, attribuendo ad esse un ruolo in grado di generare
valori urbani e dunque la necessità di pensarle all’interno di un approccio integrato con le politiche di uso
1107
del suolo e rigenerazione urbana. Lungo questa direzione si sono formate in ambito internazionale linee di
ricerca che, con diverse sfumature, si propongono di esplorare in chiave progettuale il nesso tra reti,
ambiente costruito, spazio pubblico e struttura socio-economica delle città, quali ad esempio il New
Urbanism (Frug, 1999), il quale propone modelli di progettazione urbana orientati alla creazione di
comunità urbane più vivibili a partire dall’ampiezza e dalla qualità degli spazi aperti, intesi quali crocevia di
reti di mobilità sostenibile; o ancora le diverse sperimentazioni che si rifanno al concetto di “compact city”
(OECD, 2012), basato sui vantaggi di una più alta concentrazione di funzioni nelle aree urbane centrali, sia
per ridurre il consumo di suolo, sia per catturare le esternalità economiche e sociali date dalla maggiore
integrazione tra attività.
Uno spazio di rilievo all’interno di questo filone spetta al concetto di Transit oriented development (TOD)
(Cervero, 1998; Curtis et al., 2009) con il quale si intende una varietà di approcci e tecniche di
pianificazione che, ancor più che i precedenti, enfatizzano i sistemi di mobilità come struttura vitale
attorno ai quali orientare i modelli di sviluppo urbano. Nato inzialmente dall’idea di creare nuovi
insediamenti altamente attrattivi ma comunque a misura d’uomo lungo le grandi dorsali di trasporto, le
sperimentazioni progettuali nell’ottica TOD si sono progressivamente confrontate anche con la questione
della città esistente, il cui tema (soprattutto in Europa) comporta che le strategie di pianificazione debbano
confrontarsi con un numero molto più alto di vincoli e variabili, ma anche come gli obiettivi di place-making
possano avvalersi di risorse urbane e pratiche sociali già presenti nell’ambiente urbano. Un ingrediente
comune di questi concetti ed approcci alla pianificazione è il contrasto al modello di città diffusa e la
proposizione di una visione alternativa dello sviluppo urbano caratterizzato dalla compattezza degli
insediamenti, dalla concentrazione delle funzioni, dall’attenzione dedicata all’accessibilità quale motore di
uno sviluppo urbano sostenibile (Bertolini, 2012; Pucci e Colleoni, 2016; Suzuki et al., 2013).
Un tema ancora marginalmemte esplorato, invece, riguarda il legame tra reti per la mobilità, marginalità
urbana e coesione sociale. Va detto, infatti, che buona parte degli approcci precedentemente evocati
muovono da considerazioni legati alla sostenibilità ambientale degli insediamenti ed in particolare dalla
necessità di contrastare gli effetti ambientali dell’urbanizzazione dispersa e gli impatti dei modelli di
sviluppo car dependent sul clima e l’ecosistema (UN-Habitat, 2013). Com’è noto, invece, tra le ragioni che
determinano condizioni di marginalità nelle aree urbane e nei quartieri vi è anche la marginalità spaziale, la
quale presenta forti incidenze sull’attrattività degli insediamenti, sull’accesso ai servizi, sui processi di
valorizzazione economica. Benchè sia di senso comune il fatto che esclusione sociale e segregazione
spaziale siano due facce della stessa medaglia, esiste tuttora un gap cognitivo che ha reso il tema
dell’integrazione sociale attraverso le reti per la mobilità una questione piuttosto marginale nella letteratura
e nelle pratiche progettuali. Mentre diversi studi condotti sulla povertà urbana (Baker e Schuler, 2004;
Baker, 2008; Mitlin e Satterthwaite, 2013) riconoscono la marginalità spaziale quale fattore determinante
nei processi di marginalità sociale, il quadro delle esperienze deliberatamente rivolte ad affrontare la
questione in termini progettuali rimane scarno.
Una eccezione è rappresentata da alcune originali politiche infrastrutturali condotte nell’ultimo decennio in
America Latina, la più ben nota delle quali è rappresentata dalla realizzazione di una rete di “metrocable”
(funivie) destinate a ricomporre la marginalità fisica e sociale di alcune delle favelas presenti nell’area urbana
di Medellin, in Colombia. Accanto all’effetto emulazione che tali interventi stanno producendo in altre
metropoli del Sud America (Bogotà, Caracas, La Paz, Rio de Janeiro), è interessante rilevare che esse
hanno costituito la base per una riflessione più ampia sul ruolo che la mobilità collettiva può avere sulla
riduzione delle marginalità nei quartieri con profonde criticità economiche e sociali. Alcune ricerche
empiriche (Dávila, 2013; Bocarejo et al., 2014), ad esempio, hanno dimostrato che tali interventi possono
produrre una pluralità di effetti sul tessuto sociale dei quartieri toccati dalle nuove reti di trasporto, alcuni
dei quali tangibili (maggiore mobilità della popolazione, riduzione dei tempi/costi di trasporto) ed altri
“intangibili”, quali ad esempio il maggiore senso di appartenenza ad una più ampia comunità urbana.
Benchè sia evidente anche nel caso (virtuoso) di Medellin come l’estensione di tali effetti ad altre e più
radicate componenti della marginalità urbana richieda una strategia globale ed interventi integrati di
rigenerazione urbana, la lezione più generale che ci viene offerta è che mobilità e sviluppo locale abbiano
interdipendenze tali da non potere essere trascurate dalle politiche pubbliche.
Ciò comporta, per le scienze territoriali, alcune precise responsabilità scientifiche ed operative, tra le quali:
(a) imparare a riconoscere e rappresentare il cambiamento sociale delle città in relazione alle diverse forme
della mobilità urbana e (b) interrogarsi in che maniera il ridisegno delle reti per la mobilità collettiva possa
contribuire ad attivare processi di rigenerazione urbana anche nelle aree marginali. Il presente paper si
propone di fornire un contributo metodologico in relazione soprattutto alla prima delle due questioni.
1108
2 | Perché Palermo
Rispetto all’approccio delineato nel primo paragrafo, il paper illustra alcuni primi risultati di una ricerca sul
cambiamento sociale nell’area urbana di Palermo in relazione al ridisegno delle reti per il trasporto
pubblico che si sta mettendo in atto nell’ultimo decennio. La città di Palermo, infatti, è interessata da un
ingente programma di potenziamento delle ferrovie urbane1, la cui realizzazione si propone di colmare
decenni di ritardi sul tema della mobilità collettiva e di spostare in maniera significativa il modal split urbano
dai mezzi di trasporto privato a quelli pubblici. Si tratta in particolare di tre principali interventi
infrastrutturali:
• la realizzazione di una rete tranviaria urbana, le cui prime quattro linee (per un totale di circa 18 km e
44 fermate) sono entrate in esercizio alla fine del 2015, collegando alcuni grandi quartieri periferici alle
due principali stazioni ferroviarie della città;
• la realizzazione del Passante ferroviario, consistente nel raddoppio della ferrovia che attraversa la città
da nord-ovest a sud-est e del suo parziale interramento con la creazione di diverse stazioni sotterranee
in aree centrali della città;
• la chiusura dell’Anello ferroviario, consistente nel prolungamento della ferrovia urbana in esercizio
dagli inizi degli anni novanta per un totale di 6,5 km e l’apertura di tre nuove stazioni sotterranee tra
cui una (Politeama) nel cuore della città.
La realizzazione di tali interventi, pur accompagnata da qualche conflitto come spesso accade nel caso di
grandi progetti che incidono su ambiti densamente popolati di residenti, funzioni pubbliche ed attività
commerciali, ha contribuito a porre il tema della mobilità pubblica al centro dell’agenda politica come mai
era avvenuto in passato. Mentre la locale azienda di trasporti (Amat) ha potenziato il preesistente sistema
di car sharing e lanciato il primo servizio di bike sharing sull’intero territorio comunale, la municipalità ha
predisposto un progetto per estendere di circa 140 km la rete di piste ciclabili e presentato al governo
nazionale un nuovo programma di investimenti sulla rete tranviaria, il quale dovrebbe condurre nell’arco
di un quinquennio alla realizzazione di tre nuove linee tranviarie per un totale di circa 12 km.
Questa attenzione progettuale verso la questione del trasporto pubblico e sostenibile, invero, lascia ancora
piuttosto ai margini una questione altrettanto rilevante per i futuri processi di sviluppo della città, ovvero
in che termini la “rivoluzione” infrastrutturale in corso potrà contribuire a rigenerare l’area urbana in
termini ambientali e funzionali e soprattutto a ridurre le marginalità socio-economiche che tuttora
caratterizzano alcune sue ampie porzioni. È stato osservato (Vinci e Di Dio, 2016), in proposito, che nel
caso di Palermo le nuove reti per il trasporto pubblico interessano quartieri (sia centrali che periferici)
caratterizzati da significativi fenomeni di degrado fisico e marginalità sociale. Ciò fa si che il ridisegno
infrastrutturale costituisca una potenziale occasione per conseguire “effetti collaterali” rispetto a quelli più
strettamente trasportici, a condizione che la lettura del rapporto tra reti e luoghi interessati dalle
trasformazioni avvenga secondo parametri orientati a cogliere i tratti distintivi della marginalità urbana e la
sua evoluzione nel corso del tempo.
A partire da questa premessa, la ricerca propone una analisi socio-spaziale aggiornata della città di Palermo
con un focus specifico su uno dei contesti periferici interessati dal sistema tranviario appena messo in
funzione: il quartiere posto lungo la costa sud-orientale dell’area urbana (Settecannoli-Brancaccio),
attraversato interamente dalla linea 1 del tram, e costituito da un insieme di ambiti residenziali sviluppatisi
soprattutto tra gli anni sessanta e ottanta a servizio della limitrofa area industriale.
Si tratta di un quartiere che, nella storia recente della città, incarna (insieme ad altri quali Borgonuovo,
CEP, ZEN) l’archetipo del quartiere periferico e socialmente marginale. Varie iniziative di rigenerazione
urbana condotte negli ultimi due decenni hanno contribuito solo in parte a determinarne un reale riscatto,
mentre il suo collegamento alle aree centrali della città attraverso la rete tranviaria apre nuove aspettative
che tuttavia andrebbero esplorate in maniera più sistematica.
Rispetto a questo contesto di riferimento, la ricerca si propone due obiettivi di carattere generale:
a) una ricostruzione del profilo sociale del quartiere, cercando di misurarne i divari che tuttora ne
marcano le differenze dal resto della città;
b) una baseline di riferimento per future valutazioni, in grado di aiutare osservatori e policy-maker a
comprendere l’impatto che la nuova rete di trasporto potrà imprimere sui processi di rivitalizzazione
urbana nel prossimo futuro.
1
La dizione esatta del programma è “Piano integrato del trasporto pubblico di massa”, approvato nel 2002 in seguito ad un
accordo tra la municipalità, Rete Ferroviaria Italiana e Amat, l’azienda locale per il trasporto pubblico.
1109
Figura 1 | La rete tranviaria in esercizio e programmata della città di Palermo.
Figura 2 | Area urbana oggetto di studio con i nodi (fermate) della Linea 1 del sistema tranviario (Roccella-Stazione Centrale).
3 | Metodologia e primi risultati dell’analisi
La metodologia utilizzata per svolgere l’analisi è di tipo sia quantitativo che qualitativo. La componente
quantitativa dell’analisi si basa sui recenti dati rilasciati dall’Istat su base censuaria in occasione del
Censimento della Popolazione e delle Abitazioni del 2011. Al fine di ottenere una rappresentazione
sufficientemente sintetica dei dati, evitando l’alta frammentazione che l’uso delle sezioni censuarie
comporta, si è scelto di proiettare i dati alla scala dell’Area Censuaria così come utilizzata nel dataset Istat
“8milaCensus”, il che comporta per Palermo un riferimento a 44 ambiti sub-comunali. Al contempo, si è
1110
optato per un set minimo di indicatori (si veda tabella sottostante) ritenuti più rappresentativi di altri per
descrivere alcune dimensioni rilevanti della marginalità socio-economica e territoriale che caratterizza il
contesto urbano posto sotto osservazione.
Tabella I | Indicatori statistici utilizzati su base d’Area Censuaria (Fonte: Istat, 2011).
Indicatore
Descrizione
P7 - Densità demografica
Rapporto tra popolazione residente dell'area e superficie
dell'area (kmq)
P13 - Indice di vecchiaia
Rapporto percentuale della popolazione di 65 anni e più su
quella 0-14 anni
S1 - Incidenza di residenti stranieri
Incidenza di residenti stranieri per 1000 residenti italiani
A4 - Potenzialità d'uso abitativo
Rapporto percentuale tra le abitazioni non occupate nei centri
abitati e il totale delle abitazioni nei centri abitati
A8 - Incidenza edifici in buono stato di conservazione
Rapporto percentuale tra gli edifici residenziali utilizzati in
stato ottimo e buono e il totale degli edifici residenziali
utilizzati
A9 - Incidenza edifici in pessimo stato di conservazione
Rapporto percentuale tra gli edifici residenziali utilizzati in
stato pessimo e il totale degli edifici residenziali utilizzati
A10 - Consistenza delle abitazioni storiche occupate
Rapporto percentuale tra le abitazioni occupate costruite
prima del 1919 e il totale delle abitazioni occupate
I7 - Incidenza di giovani con istruzione universitaria
L8 - Tasso di disoccupazione
L19 - Incidenza professioni ad alta-media specializzazione
M6 - Mobilità pubblica (uso mezzo collettivo)
V6 - Incidenza delle famiglie con potenziale disagio
economico
V8 - Incidenza giovani che non studiano e non lavorano
Rapporto percentuale tra la popolazione residente di 30-34
anni in possesso di titolo universitario e la popolazione
residente di 30-34 anni
Rapporto percentuale tra la popolazione residente di 15 anni
e più in cerca di occupazione e la popolazione residente di 15
anni e più attiva
Rapporto percentuale degli occupati nelle tipologie 1, 2, 3 di
attività lavorativa svolta (Legislatori Imprenditori Alta
Dirigenza; Professioni intellettuali scientifiche e di elevata
specializzazione; Professioni tecniche) sul totale degli
occupati
Rapporto percentuale tra la popolazione residente che si
sposta giornalmente per motivi di lavoro o di studio e utilizza
mezzi di trasporto collettivi (treno, autobus, metropolitana) e
la popolazione residente che si sposta giornalmente per
motivi di lavoro o di studio
Rapporto percentuale tra il numero di famiglie con figli con la
persona di riferimento in età fino a 64 anni nelle quali nessun
componente è occupato o ritirato dal lavoro e il totale delle
famiglie
Rapporto percentuale dei residenti di 15-29 anni in
condizione non professionale diversa da studente sui residenti
della stessa età
1111
Nella tabella sottostante sono riportati i valori relativi ai 13 indicatori presi in considerazione, con una
articolazione comparativa che consente di evidenziare i divari che sussistono tra le due Aree Censuarie
interessate dallo studio (qui per comodità denominate “Corso dei Mille-Stazione” e “Corso dei MilleBrancaccio”) ed il comune di Palermo nel suo complesso.
Tabella II | Valore degli indicatori nelle Aree Censuarie oggetto dello studio in relazione all’intera area comunale (Fonte: Istat,
2011).
Area Censuaria 6
(Corso dei Mille-Stazione)
Area Censuaria 7
(Corso dei MilleBrancaccio)
Comune di Palermo
P7 – Densità demografica
12.435,4
14.690,8
4.094,6
P13 – Indice di vecchiaia
106,1
116,7
119,3
7,3
1,8
29,9
9,4
11,2
7,3
7,4
6,0
14,5
89,6
71,1
73,4
0,1
6,0
3,4
2,3
0,9
5,9
I7 - Incidenza di giovani con
istruzione universitaria
12,6
7,8
20,6
L8 - Tasso di disoccupazione
30,9
37,5
25,0
21,4
15,5
35,1
23,0
30,0
19,9
11,2
15,1
11,2
Indicatore
POPOLAZIONE
S1 – Incidenza di residenti
stranieri
V6 - Incidenza delle famiglie
con potenziale disagio
economico
AMBIENTE COSTRUITO
A4 - Potenzialità d'uso
abitativo
A8 - Incidenza edifici in buono
stato di conservazione
A9 - Incidenza edifici in
pessimo stato di conservazione
A10 - Consistenza delle
abitazioni storiche occupate
LAVORO
L19 - Incidenza professioni ad
alta-media specializzazione
V8 - Incidenza giovani che non
studiano e non lavorano
MOBILITÀ
M6 - Mobilità pubblica (uso
mezzo collettivo)
Il quadro comparativo risultante consente di evidenziare considerevoli differenze su varie dimensioni dello
sviluppo socio-economico ed ambientale, il che confermano quanto l’area oggetto di studio mantenga
radicate criticità, pur all’interno di un contesto complessivamente problematico quale l’intera area urbana
di Palermo. Inoltre, è interessante rilevare come l’area di studio presenti delle significative differenze
“interne”, tanto da doverla considerare un insieme di contesti sub-urbani eterogenei che solo
superficialmente può essere definito come unitario.
I dati sulla densità demografica risultano essere più che tripli rispetto ai valori comunali (P7), con una
struttura demografica caratterizzata da una popolazione relativamente più giovane rispetto alla media
comunale (P13) ed in cui la componente straniera (S1) è penetrata molto marginalmente rispetto ad altre
aree urbane (si veda soprattutto il centro storico). La gravità della condizione sociale si manifesta
attraverso i dati relativi all’occupazione: pur a fronte di un valore medio comunale largamente superiore
alla media nazionale (25% contro 11,4%), la disoccupazione totale (L8) e la sua componente giovanile
(V8) presentano valori rispettivamente di un quarto ed un terzo superiori alla media della città.
1112
Figura 3 | Distribuzione del Tasso di disoccupazione (2011).
Figura 4 | Incidenza dei giovani con istruzione universitaria (2011).
1113
Figura 5 | Incidenza delle famiglie con potenziale disagio economico (2011).
Figura 6 | Potenzialità d’uso abitativo (2011).
Le competenze giocano evidentemente un ruolo determinante in questo senso, essendo la quota della
popolazione laureata (I7) e delle professioni caratterizzate da una specializzazione medio-alta (L19) in
1114
misura molto marginale rispetto alle medie rilevate su base comunale. La risultante è che le famiglie con
potenziale disagio economico (V6) risultano mediamente di un terzo superiori alla media comunale.
Dati più contrastanti riguardano l’ambiente costruito e la condizione abitativa. L’indicatore sulla
potenzialità d’uso abitativo (A4) ci dice, ad esempio, che il quartiere appare già sufficientemente saturo di
residenti rispetto al suo potenziale insediativo. Ciò in ragione al carattere prevalentemente popolare del
quartiere, all’alta incidenza di ERP in ampie porzioni dello stesso ed alla marginale presenza di edilizia
residenziale storica occupata a scopi abitativi (A10), indicatori che, nel loro insieme, restituiscono
l’immagine di un’area scarsamente diversificata sul piano residenziale e “resistente” a potenziali
cambiamenti del modello abitativo.
Le differenze “interne” al quartiere si manifestano attraverso ciò che abbiamo definito la componente
“qualitativa” dell’analisi. Il quartiere, in realtà, è costituito da un insieme di tessuti insediativi di diversa
epoca storica, stato di conservazione e profilo funzionale. In termini generali possono identificarsi quattro
principali ambiti: (1) l’ambito più prossimo al centro storico ed alla stazione centrale, caratterizzato da un
tessuto già consolidatosi alla fine dell’ottocento; (2) l’ambito di Corso dei Mille-Piazza Scaffa, il cui
impianto storico di borgata è stato progressivamente alterato da una commistione di funzioni che hanno
alimentato il processo di degrado urbanistico; (3) l’ambito dello Sperone, prettamente residenziale e
caratterizzato da una espansione intensiva consolidatesi tra gli anni settanta e ottanta; (4) la parte terminale
del quartiere (Roccella), caratterizzato dalla prevalenza di edilizia popolare e dalla maggiore concentrazione
di fenomeni di degrado ambientale e marginalità sociale.
Tali morfologie si riflettono nelle due analisi “qualitative” che si propongono di evidenziare la
distribuzione dei valori immobiliari e la distribuzione delle attività non residenziali. L’analisi sui valori
immobiliari, condotta attraverso la rilevazione di circa duecento inserzioni, mostra la prevedibile
sottovalutazione del mercato immobiliare nei confronti dell’area oggetto di studio. Negli ambiti 1 e 3 si
manifesta una certa densità di alloggi offerti sul mercato, con valori immobiliari mediamente in linea con i
valori medi rilevabili nell’intero ambito urbano.
Figura 7 | Distribuzione dei valori immobiliari (2016).
1115
Negli ambiti 2 e 4, di contro, l’offerta appare estremamente rarefatta, con valori immobiliari largamente al
di sotto della media urbana ed anche rispetto a quelli rilevabili in altri contesti periferici della città. L’analisi
sulla distribuzione delle attività non residenziali mostra in tutta evidenza una desertificazione commerciale
nei due ambiti in questione, dovuta in parte alla morfologia degli edifici residenziali (sovente con alloggi
anche ai piani terra o rialzati), in parte ai fenomeni di rischio e marginalità socio-economica rilevabili
attraverso vari altri indicatori.
Figura 8 | Incidenza delle famiglie con potenziale disagio economico (2011).
4 | Conclusioni
Nel complesso il quartiere – o l’insieme dei quartieri oggetto di analisi – si caratterizza per la compresenza
di fenomeni che collocano l’area tra i contesti storicamente più problematici della città. All’interno di esso,
inoltre, sussistono forme di criticità (ambientale e socio-economica) particolarmente estreme (Corso dei
Mille, Roccella), le quali determinano domande particolarmente complesse alle politiche urbane ed i
processi di innovazione territoriale ad esse correlabili. L’innesto della nuova infrastruttura per la mobilità,
in questo senso, si configura come un intervento il cui potenziale è quasi del tutto inesplorato, anche se
certamente in grado di alterare gli equilibri interni al quartiere, sia le relazioni che esso potrà stabilire con il
resto della città.
Il potenziale di tale intervento andrebbe valutato, in particolare, dalla prospettiva di alcune specifiche
dimensioni progettuali, tra le quali:
• l’innesco di eventuali processi di micro-rivitalizzazione socio-economica dovuti alla accresciuta
accessibilità del quartiere;
• la riduzione della marginalità fisica della popolazione rispetto al resto della città, vista anche quale
occasione per ridurne anche la marginalità socio-economica;
• la possibilità che la riqualificazione infrastrutturale attivi ulteriori processi di rigenerazione urbana,
soprattutto a partire dai nodi della nuova rete di trasporto.
Rispetto a questi potenziali campi di lavoro per le future politiche urbane, le analisi condotte si sono
proposte di offrire una sezione più aggiornata e puntuale della condizione di partenza in cui gli eventuali
processi di innovazione urbana potranno avviarsi. Ciò è stato effettuato sia in termini comparativi, per
comprendere l’entità dei divari socio-economici che determinano l’attuale stato di marginalità del quartiere
1116
rispetto al resto dell’area urbana, sia rispetto alla propria struttura interna, la quale come si è cercato di
dimostrare non può ritenersi omogenea.
L’esercizio analitico proposto, di conseguenza, si configura come un contributo allo sviluppo delle
conoscenze sul rapporto tra mobilità e processi di sviluppo locale alla scala urbana sotto due principali
profili: riguardo al contesto locale, attraverso la predisposizione di una “mappa” sociale aggiornata della
città di Palermo in relazione ai processi di riorganizzazione della mobilità collettiva in atto, con un focus
specifico su uno dei quartieri in cui è legittimo attendersi una maggiore incidenza e trasversalità di tali
processi; in termini più generali, quale contributo metodologico volto a sollecitare letture più complesse e
multidimensionali di quelle che generalmente vengono proposte a supporto delle politiche per il trasporto
pubblico.
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1117
Atti della XIX Conferenza Nazionale SIU
CAMBIAMENTI
Atti della XIX Conferenza Nazionale SIU
Planum Publisher
Roma-Milano
www.planum.net
ISBN 9788899237080
Volume pubblicato digitalmente nel mese di marzo 2017