Middleages

Se con il termine “teologia monastica” indichiamo quel vario e complesso insieme di produzione teologica, che ha avuto origine nell’ambito dei monasteri dei secoli X, XI e XII, Ruperto è uno dei rappresentanti più originali, significativi e senza dubbio il più prolifico della teologia di questo periodo.
Nella prima parte del presente lavoro, dopo aver accennato – molto brevemente – agli studi più significativi su Ruperto, alla sua vita ed alle sue opere, si è motivata la scelta dell’analisi del De gloria et honore. Le ragioni stanno principalmente nell’interesse cristologico che connota quest’opera e nella maturità del pensiero rupertiano, esposto in essa.
Dal punto di vista metodologico, si è creduto necessario procedere preliminarmente analizzando la suddetta opera, vagliandone con cura il piano ideale e la struttura effettiva. L’analisi del De gloria et honore ha cercato di mettere in luce i profondi legami che l’opera rupertiana ha con la tradizione, con i Padri e con gli altri scritti dell’abate di Deutz. Successivamente, si sono messi in risalto quei temi, particolar-mente cari a Ruperto e ricorrenti anche in altre sue opere, che hanno contribuito – anche nascostamente – alla genesi del De gloria et honore. Ci riferiamo alle controversie sull’Eucaristia, sulla predestinazione e sullo Spirito Santo e, specialmente, alla tenace difesa della propria vocazione di commentatore della Parola di Dio (libro XII). Quest’ultimo aspetto ha permesso di indirizzare l’indagine verso la comprensione dei tratti salienti dell’esegesi di Ruperto. Di essa si è occupata la seconda parte del lavoro. Dopo aver messo in luce l’influsso di Agostino e di Gregorio e l’amore di Ruperto per la Parola di Dio, ci si è soffermati sulla pluralità dei sensi della Scrittura – il senso letterale ed il senso spirituale –, che trovano nella ricerca del Cristo la loro chiave di unità e di comprensione.
La terza parte tenta di tracciare le linee prevalenti della cristologia di Ruperto a partire dal De gloria et honore, integrando le valutazioni proposte con dei riferimenti ad altre due opere particolarmente significative (l’In Iohannem e l’Anulus). Si è contestualizzata la cristologia medioevale, riferendo brevemente del dibattito cristologico del XII secolo e dell’influsso della polemica antigiudaica. Si sono fatti emergere i tratti che sono parsi più evidenti della cristologia rupertiana: l’insistenza sull’umanità e sulla divinità di Cristo, la categoria dell’assumptus homo ed il significato teologico del tema della glorificazione del Figlio dell’uomo. Quest’ultimo aspetto ha fatto scoprire alcune correlazioni tra la teologia monastica e l’imitazione di Cristo, consentendo di vedere meglio quale sia il volto di Cristo nella riflessione rupertiana. Infine, ci si è soffermati sulla visione storica di Ruperto, che pone Cristo al centro di tutta la storia della salvezza.
L’ultima parte della tesi (la quarta) è dedicata all’analisi della questione ipotetica nel De gloria et honore di Ruperto. Dopo aver richiamato le interpretazioni di alcuni autori che si sono occupati di ciò, abbiamo preso in esame il modello evolutivo di Magrassi, la posizione critica di Haacke e l’ipotesi interpretativa di Scheiber. Per una comprensione più chiara della problematica, infine, ci si è affidati al testo di Ruperto e si è analizzato puntualmente il libro XIII del De gloria et honore, dove si trova il passaggio citato come prima prova della teoria dell’incarnazione incondizionata.
È opportuno ricordare che se gli autori della teologia monastica non hanno composto trattati di teologia dogmatica, tuttavia, nelle loro opere si trovano, sparsi qua e là, vari accenni a questioni di ecclesiologia, sacramentaria, ecclesiologia, cristologia. La tentazione, allora, è quella di smembrare le loro opere e di ricomporle se-condo i nostri schemi. Certamente non è corretto sminuzzare un’opera che è stata pensata con un’altra finalità per ricomporla secondo le “nostre” categorie sistematiche. Così, infatti, non si rispetta il modo di fare teologia di questi autori. Per questa ragione, nel presente studio si è cercato di ricostruire la struttura dell’esegesi e della cristologia di Ruperto, raccogliendo dal De gloria et honore quelle indicazioni che sembravano convergere nel dare uno schema sufficientemente unitario di ciascuna, ma avendo cura di non incasellare il pensiero di Ruperto nei “nostri” schemi, bensì di fare emergere prevalentemente quei tratti, che sono parsi predominanti, sia per quanto concerne l’esegesi, sia per quanto riguarda la cristologia. Si è cercato, inoltre, di dare spazio alla forma espressiva di Ruperto, presentando dettagliatamente due libri del De gloria et honore, particolarmente centrali nella comprensione dell’esegesi (il libro XII) e della cristologia (il libro XIII).
Il titolo di questo studio, dunque, «linee di esegesi e di cristologia in Ruperto di Deutz», non è una lettura superficiale dell’opera rupertiana o come l’incapacità di andare più a fondo. Esso va interpretato, invece, come una lettura rispettosa dell’opera di un autore la cui teologia non può essere racchiusa negli schemi prede-finiti dei nostri trattati, ma solo esposta secondo quelli che sono i suoi aspetti prevalenti, accostando con rispetto la forma espressiva che egli ha adottato.
A. Magoga

The purpose of this article is to show that Friesland from Roman times up to Karel de Grote can be found mainly in the Scheldt basin and even further south. Friesland may have been in northwestern Europe in the distant past, but from the third-fourth century onwards it was no longer viable there because of the rising water. The fact that every now and then a loner lived with his family on a mound (terp) did not change that general situation. It was not until the ninth-tenth century that Friesland became habitable again and that people came to settle again. But those people were no longer the same people as the Frisians who had moved south centuries before. The Frisians mentioned in the Lex Frisionum lived in what is now called French Flanders, West Flanders and Zeeland. But their trade actually covered the whole of Western Europe, as I want to show with the written sources.

L’articolo intende presentare le linee salienti della  cristologia di Ruperto di Deutz, monaco benedettino del XII secolo, a partire da una sua opera significativa. Dopo una breve presentazione della sua figura e della sua produzione teologica, ci si sofferma sull’opera presa in esame: «De gloria et honore Filii hominis. Super Mattheum», un commento semi-continuo del vangelo secondo Matteo. Si tenta quindi di delineare il contesto del dibattito cristologico del XII secolo, entro il quale si colloca la riflessione di Ruperto. Si possono individuare almeno due versanti di tale dibattito. Il primo è intraecclesiale e situa il pensiero di Ruperto nell’ambito degli sviluppi critologici del suo tempo. Il secondo versante riguarda il dialogo con il pensiero ebraico, particolarmente vivace nelle regioni del Nord della Germania. Finalmente, si evincono le principali linee di cristologia emergenti dal «De gloria et honore». Ne abbiamo individuate almeno cinque: Cristo come chiave di lettura della Scrittura; l’insistenza sulla piena umanità e divinità di Cristo; l’unità delle due nature, espressa attraverso il modello dell’«assumptus homo»; la centralità dell’imitazione di Cristo nella vita monastica; Cristo, centro di tutta la storia della salvezza. In chiusura, si tenta di fare il punto della situazione sulla cosidetta “questione ipotetica”, la cui paternità viene spesso attribuita a Ruperto.

The article discusses the customs of killing female new-
born babies in early medieval Pomerania against the background of sim-
ilar examples from ancient times (Greek and Roman customs), from the
Middle Ages (Law of Frieses, examples from Scandinavia), as well as con-
temporary examples (India). This custom was noted in the life of Saint
Otto of Bamberg. The author of the article refers to the thesis that gender
imbalance in medieval Scandinavia (dearth of women) caused by female
infanticide or polygamy was to be the cause of Viking expeditions. It is
easy to give many examples that these customs were also widespread in
other regions of the early medieval world. Finally, the author hypothe-
sized about the account of Ibrahim ibn Jakub about the state of Mieszko I, the first known Polish ruler. According to this account, Mieszko paid the
children of his warriors, including daughters, as they would members of
the army. Perhaps this is an indirect reference to Islam’s condemnation
of the custom of killing female newborns. The author of the article also
points out the possible social effects of such a policy – assuming the real
basis of the above relationship – i.e. multiplying warriors of Mieszko and
connecting their families with marriages, while increasing the status of
a woman in the family.

La storia di Edoardo II di Inghilterra (1284-1327), re poco politico e molto gaudente, morto in prigionia per probabile comando della sua regina.
The story of Edward II of England (1284-1327), more reveller than political king, probably killed by order of his queen.

The author presents a general review of the cycles of mural paintings at Castel Roncolo, just north of Bolzano. Bearing in mind new biographical studies on the Vintler family (to whom the commission of these paintings is usually attributed, around 1400) and the recent rediscovery of some late mediaeval secular paintings in Northern Italy, Switzerland and Austria, it is now possible to suggest a new chronology for the extensive figurative programme at Castel Roncolo. The dates proposed here prompt a reconsideration of the exclusive role played by the Vintlers as patrons of this decorative cycle, and pose new questions regarding the reception and spread of the technique of terra verde painting in the Tyrol.

La storia del conte Ugolino della Gherardesca (1210-1289), di cui parla anche Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, canto XXXIII), imprigionato e fatto morire di stenti.
The story of Count Ugolino della Gherardesca (1210-1285), mentioned by Dante Alighieri in the Divine Comedy (Inferno, c. XXXIII). He was imprisoned and died from hardship.

Die Kirche als Baustelle war im Mittelalter der Normalfall, der vollendete
Großbau die Ausnahme. Zahlreiche zeitgenössische Illustrationen geben eine
Vorstellung vom mittelalterlichen Baubetrieb – oder auch nicht. Denn die
realienkundlichen Quellen zu Werkzeugen oder Arbeitsprozessen auf einer
mittelalterlichen Baustelle sind meist eingebunden in einen größeren Sinnzusammenhang,
nach Peter Bell bilden sie gar „das gesamte Dispositiv des
Bauens insgesamt ab“ (S. 364) mit Stereotypen wie dem tölpelhaften Bauarbeiter
und dem mächtigen Bauherrn, oder imaginäre Baustellen wie dem
Turmbau zu Babel. Mimetische Präzision steht hier im Dienst eines
übergeordneten Bildsinns. (Rez. Leonhard Helten, Halle)

Approntare l’edizione critica, tradurre ed esporre i principali temi teologici di un’opera ancora non adeguatamente conosciuta: questo è l’obiettivo prioritario che ci siamo posti con il presente lavoro di tesi. L’opera in questione – l’Anulus sive dialogus Christiani et Iudaei de sacramentis fidei di Ruperto di Deutz – ha carattere apologetico e va collocata nel contesto del dibattito tra cristiani e giudei del XII secolo. Un’edizione critica dell’Anulus, in realtà, è stata pubblicata a Roma nel 1979 a cura di dom Rhaban Haacke, preceduta da un ampio saggio introduttivo di Maria Lodovica Arduini: M.L. ARDUINI, Ruperto di Deutz e la controversia tra Cristiani ed Ebrei nel secolo XII, con testo critico dell’Anulus seu dialogus inter Christianum et Iudaeum a cura di Rh. Haacke, Istituto Storico Italiano per il Medioevo («Studi Storici» 119-121), Roma 1979. Entrambi gli autori sono profondi conoscitori del pensiero rupertiano.
L’edizione critica di Haacke, che si apre con una breve classificazione dei manoscritti contenenti l’Anulus, è certamente pregevole: RH. HAACKE, Zur Einordnung der Handschriften, in ARDUINI, Ruperto di Deutz e la controversia, pp. 175-182. Tuttavia tale edizione – ecco quindi il primo motivo del nostro lavoro – non può ritenersi esauriente, poiché si fonda solo su due dei numerosi testimoni che trasmettono il dialogo rupertiano. In corso di studio sono emersi refusi e inesattezze del testo di Haacke e abbiamo scoperto l’esistenza di un manoscritto – il decimo che trasmette l’Anulus – che dai precedenti studi e anche da Haacke era stato dato per perduto.
Per quanto riguarda il saggio introduttivo – ed è la seconda motivazione per una ripresa dell’Anulus – si deve riconoscere che l’approccio della prof.ssa Arduini ha un taglio prevalentemente «storico ed esegetico-filosofico», come l’autrice afferma nella sua Introduzione, dove presenta l’obiettivo cui mira il suo studio. L’analisi complessiva del saggio conferma l’idea che una più approfondita rilettura in chiave teologica dell’Anulus – certamente in dialogo e complementare con quanto già scritto dalla Arduini – resti ancora da fare. Questa è esattamente la lacuna che intendiamo colmare con il presente lavoro.
Alla luce di questi presupposti, la tesi si articolerà non in capitoli ma in cinque parti, dal momento che ognuna di esse costituisce a suo modo qualcosa di completo e di autonomo. L’Introduzione – cioè la prima parte – colloca il nostro lavoro all’interno della riflessione teologica rupertiana provocata dalla quaestio judaica, con particolare riferimento, oltre all’Anulus, a due altre opere ad esso molto vicine cronologicamente: il De gloria et honore Filii hominis (1126) e il De glorificatione Trinitatis (1128).
Nella seconda parte, I manoscritti, le stampe e la recezione, si intende offrire una dettagliata descrizione dei dieci manoscritti conservati che trasmettono l’Anulus, indicandone il contenuto e la principale bibliografia; segnalare i manoscritti perduti; proporre una carrellata dei sei riferimenti espliciti all’Anulus collocati all’interno del XII secolo; presentare le edizioni a stampa dell’opera rupertiana; indicare, infine, le tracce della recezione dell’Anulus tra il XVIII secolo e gli inizi del XX.
La terza parte – Le relazioni tra i manoscritti – proporrà, grazie all’analisi degli errori, la ricostruzione delle famiglie dei codici dell’Anulus, l’individuazione dei codices descripti e la proposta di un’ipotesi stemmatica che noi riteniamo probabile.
La quarta parte è costituita dall’Edizione critica dell’Anulus, basata sui sei manoscritti utili e sull’edizione a stampa del 1675 (editio princeps). Nella quinta e ultima parte, troverà posto la nostra traduzione dell’Anulus, con un commento di carattere prevalentemente teologico.
Chiudono la tesi due Appendici, che riguardano aspetti per certi versi laterali rispetto al nostro lavoro di ricerca su Ruperto, ma che comunque attengono alla sua figura: l’Edizione critica della lettera di Rodolfo abate di Saint-Trond all’amico Ruperto, abate di Deutz; La diffusione dei manoscritti rupertiani: alcune precisazioni. Infine, la Bibliografia intende raccogliere l’ampia messe di studi rupertiani, suddividendoli per aree tematiche.

"Review to Sarah Lambert/Helen Nicholson (ed.): Languages of love and hate. Conflict, communication, and identity in the Medieval Mediterranean (International Medieval Research 15), Turnhout: Brepols, 2012, XXIX + 284 pp., 9 figures, 2 tables.", in Journal of Transcultural Medieval Studies Band 1 (1/2014), pp. 156-160.

In the series Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis, two volumes appeared in 2013, edited by Paul Tombeur, which collect the books I-XIII of the Gesta abbatum Trudonensium, written by Rodulphus (books IVII) and Gislebertus (books VIII-XIII) of Saint-Trond. The first volume contains also seven letters of Rudolph: what remains of his correspondence. Among these, the Epistula V caught our attention. It was sent by Rudolf to Rupert, his friend and abbot of Deutz, and it appears for the first time as a critical edition. In this letter Rudolf requires to Rupert a new apologetic writing, because partially dissatisfied with the previous work of the friend: the Anulus or Dialogue between a Christian and a Jew on the mysteries of faith. In the critical reconstruction of the text of the letter, Tombeur neglects – in our view – some elements, such as the Codex Admontensis 517, which have a significant role in order to establish a scientific text. Therefore, our article is committed to draft a new critical edition, taking into account all the manuscripts we know, and provides the translation into Italian of Rudolf’s text. The comparison between the different lectiones of the manuscripts also seeks to rebuild the stemma codicum, making two different hypotheses.

Il breve articolo intende offrire una più completa descrizione del manoscritto cod. LXXVII della biblioteca dell’abbazia di Vyšší Brod (Rep. Ceca), la cui unica descrizione esistente salvo meliori iudicio risale al 1891. Dopo aver precisato l’occasione per il quale è stata avviata questa ricerca, vale a dire uno studio sul monaco medievale Ruperto di Deutz (XII sec.), ci si sofferma sul luogo d’origine e sulla datazione del manoscritto: con ogni probabilità è stato composto nella seconda metà del XII secolo nello scriptorium di Wilhering, di cui il monastero Vyšší Brod è una fondazione. Si passa quindi alla descrizione dei contenuti del manoscritto – particolarmente numerosi e con diversi problemi di autentia – e infine alla bibliografia attualmente esistente relativa al codice LXXVII.

Giovedì 28 Gennaio 2021, a partire dalle ore 18:30, sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di ClassiCult e sul canale Twitch della Wunderkammer (https://www.twitch.tv/wunderkammer), ospiteremo una diretta con presentazione della monografia “Il Monte Athos in età mediobizantina (sec. IX-XI) fra storia e archeologia” (Volturnia Edizioni, Cerro al Volturno-Isernia, 2020).
Ad animare la discussione l'autore, dottor Marco Muresu dell'Università degli Studi di Cagliari, e il professor Alfredo M. Santoro dell’Università degli Studi di Salerno.
In collaborazione con GRIMM, Gruppo di Ricerca per il Mezzogiorno Medievale.
Con il patrocinio dell’Università degli Studi di Cagliari.
Il video è disponibile all'indirizzo
https://www.twitch.tv/videos/891466976

Il testo di Elisabetta Gnignera verte sulla resa dell'abbigliamento popolare  in alcuni tra i più importanti cicli dei Mesi del XII e XIII secolo.

Elisabetta Gnignera's text focus on the popular clothing as shown in some among the best known  Cycles of Months of XII-XIII centuries.