Paolo Zoboli
SU LES FILLES DU FEU
di Gérard de nerval
estratto da
«Quaderni del “Cairoli”»
35 (2021)
ISSN 2281-9436
SU LES FILLES DU FEU
di Gérard de nerval
a Bruno Nacci
1. Un autore in Italia poco noto
Fra i grandi scrittori francesi dell’Ottocento, Gérard de nerval (1808-1855) non è
certo uno dei più conosciuti in italia: assai più noti sono per esempio victor Hugo, alexandre dumas padre o Charles Baudelaire, che con lui, in modi diversi, ebbero rapporti.1
Eppure Nerval è una figura di straordinaria importanza nella cultura fra Romanticismo e decadentismo;2 nel novecento guardarono a lui i Surrealisti e, in italia, gli ermetici;3 e, in quel vero e proprio monumento della modernità che è la eliotiana The Waste Land
(1922), un suo verso compare accanto a uno di dante e a uno del Pervigilium Veneris tra i
‘frammenti’ che, in conclusione, il poeta accumula come puntelli per le sue rovine:
london bridge is falling down falling down falling down
Poi s’ascose nel foco che gli affina
Quando fiam uti chelidon – O swallow swallow
Le Prince d’Aquitaine à la tour abolie
These fragments i have shored against my ruins […].4
ed è lo stesso verso che ritorna anche in un testo ormai riconosciuto come centrale
nella poesia italiana del novecento, Il passaggio d’Enea (1954) di Giorgio Caproni, nel
quale il poeta identifica il Desdichado nervaliano con il personaggio di virgilio, da lui
chiamato a simbolo altissimo dell’uomo contemporaneo:
enea un pontile
cerca che al lancinante occhio via mare
possa offrire altro suolo – possa offrire
al suo cuore di vedovo (di padre,
di figlio – al cuore dell’ottenebrato
principe d’Aquitania), oltre le magre
torri abolite l’imbarco sperato
da chiunque non vuol piegarsi.5
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il verso appartiene infatti al sonetto El Desdichado, il primo e il più noto fra quelli che compongono Les Chimères poste a suggello delle ‘novelle’ delle Filles du feu
(1854), fra le quali godono di una certa fama Angélique e soprattutto Sylvie; se a questi
aggiungiamo Aurélia (1855) e, forse, il Voyage en Orient (1851), abbiamo esaurito i
testi che con maggiore probabilità potrebbero non risultare ignoti al lettore italiano non
specialista.6
Gérard, nato a Parigi il 22 maggio del 1808, a soli due anni perde la madre, che
ha seguito il marito étienne labrunie, partito l’anno stesso come medico militare al seguito della Grande armée di napoleone prima in austria e poi in Germania. il piccolo,
prima del ritorno del padre dalla campagna di Russia nel 1814, sarà affidato ai parenti,
in particolare al prozio Antoine Boucher (fratello della nonna materna) che vive a
Mortefontaine: il valois resterà sempre il suo ‘paesaggio dell’anima’. Fra il 1822 e il
1826 Gérard frequenta il collège Charlemagne di Parigi, dove ha compagno Théophile
Gautier, senza peraltro terminarvi gli studî (conseguirà poi il baccalauréat nel 1829), e
fra il 1826 e il 1827 esordisce con alcuni libretti di versi d’ispirazione prevalentemente
napoleonica.7
Sempre nel 1827 il diciannovenne poeta pubblica una traduzione della prima
parte del Faust, che riceve tre anni dopo l’elogio dello stesso Goethe e che, dopo una
seconda edizione nel 1835, uscirà nel 1840 accresciuta di brani della seconda parte
della tragedia e di una antologia di poeti tedeschi (già uscita a sé nel 1830); e infine,
senza quest’ultima e ridotta, nel 1850.8 Si avvicina al circolo romantico di Hugo e,
il 25 febbraio 1830, partecipa alla bataille d’Hernani; nel 1834 eredita un discreto
patrimonio dal nonno materno e, dopo un primo viaggio in Italia alla fine dell’anno,
vive il periodo della cosiddetta ‘Bohème galante’, gettandosi anche nella fallimentare
impresa di una rivista teatrale, “le Monde dramatique” (1835-1836), nella quale perde
tutto il suo patrimonio. Inizia allora per lui una inesausta attività di giornalista e di
cronista teatrale che si protrarrà fino al 1851 e che accompagnerà quella di scrittore e
quella, sfortunata, di autore drammatico, spesso in collaborazione con Dumas padre:
Piquillo (1837), L’Alchimiste (1839), Léo Burckart (1839), Les Monténégrins (1849),
Le Chariot d’enfant (1850), L’Imagier de Harlem ou La Découverte de l’Imprimerie
(1851).9 A partire dal 1837 lo scrittore, che fino ad allora si è sempre firmato semplicemente “Gérard”, adotta lo pseudonimo “Gérard de nerval”, ispirato al nome di un
piccolo terreno di Mortefontaine (Clos Nerval) metà del quale ha ereditato dalla nonna
paterna.10 eventi particolarmente degni di nota nel decennio successivo sono una prima
crisi di follia all’inizio del 1841 e il lungo viaggio in Oriente durato dal 1° gennaio al
5 dicembre 1843.
Fino alla fine degli anni Quaranta Nerval non pubblica che su periodico. Solo tra
la fine del 1847 e l’inizio del 1848 raccoglie in due volumi (Scènes de la vie orientale. Les Femmes du Caire e Scènes de la vie orientale. Les Femmes du Liban) le sue
prose sul viaggio in Oriente in precedenza pubblicate tra la metà del 1846 e la fine del
1847 sulla “Revue des Deux mondes”: dopo ulteriori riprese e anticipazioni su rivista
e la ristampa presso un nuovo editore dei due volumi nel 1850, il Voyage en Orient
compare, in un solo volume, alla fine del maggio 1851.11 È un punto di svolta fondamentale nell’opera di Nerval che da quel momento, abbandonando definitivamente il
giornalismo, si adopera a raccogliere in volume i suoi scritti comparsi su varî periodici:
escono così nel solo 1852, anno di lavoro febbrile, Les Illuminés, Lorely. Souvenirs
259
d’Allemagne, Contes et facéties e Petits châteaux de Bohême. Prose et poésie;12 infine,
all’inizio del 1854, Les Filles du feu.13 restano invece su rivista La Bohême galante
(su “L’Artiste” dal 1° luglio al 15 dicembre 1852, dalla quale peraltro Nerval ritaglierà
i Petits châteaux de Bohême), Les Nuits d’octobre. Paris, Pantin et Meux (su “l’illustration” dal 9 ottobre al 13 novembre 1852), Pandora (su “le Mousquetaire” del 31
ottobre 1854), Promenades et souvenirs (su “l’illustration” dal 30 dicembre 1854 al 3
febbraio 1855) e soprattutto Aurélia, ou Le Rêve et la Vie (sulla “revue de Paris” del
1° gennaio e del 15 febbraio 1855).14
Dopo due ricoveri nella clinica Dubois, all’inizio del 1852 e all’inizio dell’anno
dopo, alla fine di agosto del 1853 Gérard ha una nuova crisi di follia ed è ricoverato a
Passy nella clinica del dottor émile Blanche: vi ritornerà in ottobre, per uscire solo il 27
maggio dell’anno dopo; ma dall’8 agosto al 19 ottobre del 1854 è di nuovo a Passy.15
nella gelida notte fra il 25 e il 26 gennaio 1855 si impicca, a quarantasette anni non ancora compiuti, in rue de la vieille-lanterne.
2. Genesi e struttura delle Filles du feu
Fra i volumi che nerval pubblica a partire dal Voyage en Orient, Les Filles du feu
occupano per più di un motivo un posto a sé: per la complessità della struttura, innanzitutto, ma più ancora per il fatto che esse rappresentano una vera e propria summa dell’opera dell’autore; e anche perché, ultimo volume da lui pubblicato (fra l’altro a un anno
esatto dalla sua morte), costituiscono con Aurélia, che non casualmente annunciano, il
testamento spirituale di Gérard oltre che il vertice della sua opera stessa.16
È possibile che lo scrittore lavorasse a un nuovo volume prima del ricovero del 27
agosto 1853; ma è dato attualmente ritrovare il primo cenno a esso in una lettera del 14
ottobre, da Passy, a Ferdinand Sartorius (l’editore delle Scènes de la vie orientale del
1847-1848):
Giraud désespère peut-être de moi. Voyez-le et rassurez-le. J’ai tous mes
matériaux et depuis deux jours je travaille à les classer. Il faudrait qu’il vînt me voir
ainsi que vous-même, en demandant la permission par écrit à M. le docteur Blanche
à Passy. Je lui remettrai ce que j’ai du manuscrit, ou bien à vous si vous vous en
chargiez.17
di otto giorni dopo è una lettera appunto all’editore daniel Giraud, che si era appena separato dal socio Jules Dagneu con il quale aveva pubblicato Lorely e Contes et
facéties.18 in essa Gérard afferma di aver avuto una lieve ricaduta che, tuttavia, ha ritardato il suo lavoro; da otto giorni, però, lavora nuovamente al volume:
Lundi vous pourrez mettre en train le volume définitivement, j’ai l’idée d’intituler cela Mélusine ou les filles du feu.19
nerval aggiunge che cinque storie risponderebbero a quel titolo (ne conosciamo
solo tre: Jemmy, Angélique e Rosalie); mentre non dovrebbe entrare nel volume Sylvie,
pubblicata sulla “revue des deux Mondes” del 15 agosto, per costituire invece un volumetto a sé. L’intenzione è confermata nella lettera all’editore di tre giorni dopo:
260
Mon cher Giraud,
Voilà pour le livre. «Angélique de Longueval». Ensuite je crois que vous avez
«Jemmy». Écrivez-moi si vous ne l’avez pas. J’ai a peu près le reste, aussi pressez.
Je garde quelque chose à remanier dans «Angélique».
le tout comme Lorely, faites composer de même Sylvie quoiqu’elle ne doive
pas être dans le volume, nous nous entendrons après.20
In una lettera del 30 novembre Gérard si lamenta poi di ricevere poche bozze e
manifesta l’intenzione di includere nel volume La Pandora; e poco dopo, in una lettera
non datata del dicembre, acconsente a includervi Sylvie.21 in una lettera ancora successiva (anch’essa non datata e anch’essa del dicembre) chiede all’editore di procurarsi sul
“Messager” del 1839 la novella intitolata Le Fort de Bitche, che gli serve assolutamente
per terminare il volume:
Mon cher ami,
J’ai absolument besoin d’une nouvelle pour terminer, car cela mange plus que
je croyais; faites-la donc copier bien vite. il faut quelqu’un qui aille au cabinet de
lecture, 156 galerie de valois, et qui demande Le Messager du 1839. il feuilletera et
trouvera une nouvelle en Variétés intitulée: «le Fort de Bitche». il faudra mettre, au
lieu de ce titre, le nom de l’héroïne.22
e nella successiva lettera dello stesso mese:
Mon cher Giraud,
Avez-vous trouvé la nouvelle? J’y tiens beaucoup car elle est très intéressante
et finira bien le volume. Je m’apercevais que sans cela il n’y aurait pas eu de pièce
de résistance, mais des morceaux trop découpés vers la fin.23
Infine, in una lettera della prima metà di gennaio, l’ultima all’editore prima della
stampa del volume, è invece in questione il titolo di esso:
Mon cher Giraud,
J’ai réfléchi sur le titre nouveau, je le trouve bien frou-frou; cela a un air de
féerie et je ne vois pas trop que cela réponde au contenu. J’ai peur aussi que cela n’ait
l’air d’un livre dangereux. Enfin voyez si le titre suivant ne conviendrait pas mieux.
leS
aMOUrS PerdUS
Nouvelles
ou Les Amours passées. Cela me semble rendre bien mieux le sentiment doux du livre et c’es plus littéraire, rappelant un peu Peines d’amour perdues de Shakespeare.
Enfin…24
il “titre nouveau” (“nouveau”, evidentemente, rispetto a Mélusine ou les filles du
feu testimoniato dalla lettera del 22 ottobre) che darebbe al libro un’aria ‘pericolosa’ è
certo Les Filles du feu. Nouvelles, con il quale il libro verrà tuttavia stampato e, da poco
messo in vendita, registrato nella Bibliographie de la France del 28 gennaio.25 Sotto il
titolo, in un riquadro, sulla copertina e sul frontespizio si leggono i titoli delle ‘novelle’:
261
leS
FilleS dU FeU
nOUvelleS
introduction.
angélique.
Sylvie (Souvenirs du valois).
Jemmy.
Octavie. – isis. – Corilla.
émilie.
Lorely, impressa dallo stesso Giraud e da dagneu l’anno precedente, era dotata di
una Table des matières che riproduceva fedelmente l’articolazione interna del volume
e, in fondo alla seconda pagina di questa, si trovava l’indicazione “Imp. de Gustave
GRATIOT, rue Mazarine, 30”;26 Les Filles du feu sono invece prive di table des matières
e l’analoga indicazione (“Paris. - Imprimerie de Imp. de Gustave GRATIOT, rue Mazarine, 30”) si trova in fondo all’ultima pagina del volume, che accoglie l’ultimo testo ed
è subito seguita dalla terza di copertina.27 ricostruiamo dunque di seguito l’indice del
volume:
À alexandre dumas.
angélique.
Sylvie. Souvenirs du valois.
Jemmy.
Octavie.
isis.
Corilla.
émilie.
les Chimères.
pp. [i]-[xix]
pp. [1]-126
pp. [127]-19528
pp. [196]-235
pp. [236]-247
pp. [248]-266
pp. [267]-295
pp. [296]-328
pp. [329]-336
Balza subito all’occhio – rispetto alle lettere dell’autore all’editore, in cui non ve
n’è cenno, rispetto al sottotitolo Nouvelles, rispetto alla copertina e al frontespizio –
l’aggiunta in coda al volume dei sonetti delle Chimères, che dovette essere comunque
cosa dell’ultimo momento, se ancora nella citata lettera a Giraud del dicembre si leggeva che Émilie “finira bien le volume” e se in un biglietto del 18 gennaio ad Abel, proto
dell’imprimerie Gratiot che sta lavorando alla stampa del volume, nerval suggerisce una
correzione al sonetto Artémis, evidentemente ancora in bozze a pochissimi giorni dalla
messa in vendita delle Filles du feu, come si diceva anteriore al 28 gennaio: “J’ai vu dans
les vers aux dernières pages le mot bière ortographié bierre”.29
Con una composizione tipografica in questo del tutto analoga a quella del volume
del 1854, Lorely recava sul frontespizio, sotto il titolo e il nome dell’autore, i titoli delle
sezioni interne, a cominciare dalla dedica proemiale À Jules Janin, esattamente rispondente alla quale la dedica À Alexandre Dumas si dichiara fin dall’attacco: “Je vous dédie
ce livre, mon cher maître, comme j’ai dédié Lorely à Jules Janin”.30 Come rivela la lettera
al proto abel del 30 novembre (“l’introduction donnera la clé et la liaison de ces sou262
venirs”), a quell’altezza Nerval pensava a un’introduzione con ogni probabilità ancora
non realizzata;31 fu certo l’articolo di dumas su “le Mousquetaire” del 10 dicembre (in
parte citato all’inizio del testo) a mutare i piani dello scrittore: la stesura della dédicace
al ‘caro maestro’, che a quell’articolo risponde, dovette dunque essere tarda e anzi contestuale al momento dell’aggiunta delle Chimères “à la fin du volume”, alla quale essa
conclusivamente si riferisce.32
la questione fondamentale è, a questo punto, quella delle fasi di stampa del volume, da ricostruire per quanto possibile, in assenza di testimonianze esterne, a partire
dall’analisi del volume stesso.33 Quest’ultimo è composto come segue:
1) un fascicolo (cahier), non segnato, di 12 carte (feuillets), ovvero di 4 pagine
non numerate contenenti nell’ordine occhiello (faux titre), ouvrage du même auteur e
frontespizio (titre, il cui verso è bianco), seguite dalle 19 pagine con numerazione romana contenenti À Alexandre Dumas (la prima e l’ultima, [i] e [xix], sono computate ma
non numerate) e da una pagina bianca;
2) 18 fascicoli, segnati, alternativamente di 12 e 6 carte (ovvero 24 e 12 pagine),
per un totale di 324 pagine (pp. [1]-324), contenenti le nouvelles meno le ultime quattro
pagine di Émilie;
3) un ultimo fascicolo, segnato, composto di 6 carte (ovvero di 12 pagine), contenente le ultime quattro pagine di Émilie (pp. 325-328) e Les Chimères (pp. [329]-336).34
Si aggiunga che la préface, le sette nouvelles e i dodici sonetti sono composti con
caratteri di corpo diverso.35
Secondo Jean Guillaume, la stampa fu probabilmente cominciata con il fascicolo
segnato 1, mentre la paginazione autonoma e l’assenza di segnatura nel primo fascicolo
sembrerebbero indicare che esso sia stato stampato per ultimo.36 il vero problema è che
esso testimonia contemporaneamente la struttura originale e la struttura definitiva delle
Filles du feu: con il frontespizio, le sole sette nouvelles precedute da una Introduction;
con la préface a Dumas, non solo la sostituzione della Introduction con quest’ultima,
ma anche l’aggiunta delle Chimères “à la fin du volume”. Guillaume, accogliendo per
il titolo il significato di “vestales”, ne rileva l’inconciliabilità con le “hallucinations”
delle Chimères: nerval avrebbe dunque lucidamente “refusé, sur le plan profonde,
l’intégration des Chimères aux Filles du feu”, escludendo il titolo dal frontespizio
(e di conseguenza dalla copertina), cosicché al lettore “il devra suffire d’entendre, douze
fois répété, un ‘moment musical’”.37 A parte il fatto che l’interpretazione di filles du feu
con ‘vestali’ è opinabile e che altre interpretazioni del titolo delle nouvelles si accorderebbero perfettamente con quello delle Chimères, il frontespizio non avrebbe neppure
aggiornato, tuttavia, Introduction con À Alexandre Dumas, ciò che il parallelismo con
Lorely esibito fin dalle prime righe del testo avrebbe certo consigliato di fare; cosicché il
frontespizio, più che il risultato di una scelta ultima di gennaio, sembra piuttosto fermo,
come si diceva, allo status quo dell’inizio di dicembre, anteriormente all’articolo di Dumas sul “Mousquetaire”, quando Émilie doveva “finir bien le volume”.
il problema resta, ci sembra, insolubile; e la successione dei fatti è così rapinosa
da disorientare: il 16 gennaio Gratiot deposita il titolo Les Amours passées. Nouvelles,
ma due giorni dopo Les Chimères sono già in bozze e intanto il frontespizio e la copertina con il titolo Les Filles du feu. Nouvelles (ancora con l’Introduction e senza Les
Chimères) sono stati stampati e il 28 la Bibliographie de la France registra il volume
con il titolo definitivo…
263
Prima di discutere la struttura del volume, esaminiamo uno per uno i testi che vengono a costituirlo, pubblicati dall’autore nell’arco di un quindicennio, dal 1839 al 1853.38
1. À Alexandre Dumas.39 la stesura della dédicace, come si è visto, è posteriore
all’articolo sul “Mousquetaire” del 10 dicembre 1853, ma i sette decimi di essa sono
costituiti dalla ripresa del frammento Le Roman tragique, pubblicato su “l’artiste” del
10 marzo 1844.40
2. Angélique.41 La vicenda del testo, che occupa da solo quasi un terzo del volume,
s’intreccia con quelle di una delle opere più originali e affascinanti di nerval: Les Faux
Saulniers. Histoire de l’abbé de Bucquoy, pubblicata in 27 puntate, su “le national” di
Parigi, dal 24 ottobre al 22 dicembre 1850.42 il singolarissimo feuilleton prende le mosse
dall’emendamento riancey alla legge sulla stampa del 16 luglio di quell’anno, che proibiva il roman-feuilleton.43 Per non incorrere nelle sanzioni, Nerval finge di volersi dedicare non a un’opera d’invenzione (appunto a un roman) bensì a un’opera storica: la biografia di un misterioso personaggio, l’abate de Bucquoy, riuscito nell’impresa di evadere
dalla Bastiglia nel 1709, sotto il regno di luigi Xiv, e dunque trasparente emblema di ribellione al potere assoluto, con ovvia allusione a luigi napoleone che stava limitando le
libertà in vista del colpo di stato del 2 dicembre.44 Tuttavia il libro che dovrebbe fornire
le informazioni sull’abate, intravisto da Gérard su una bancarella di Francoforte, a Parigi
risulta irreperibile e così tutta la prima parte del feuilleton (le prime diciannove puntate
e mezza: quasi tre quarti del testo) si trasforma nel resoconto al direttore del “National”
delle ricerche di esso da parte dell’autore, prima a Parigi e poi nel Valois, non senza varie
e ampie digressioni, a cominciare appunto da quella su angélique de longueval, supposta prozia dell’abate;45 soltanto dopo aver trovato il “livre fugitif” Nerval può infine
dedicarsi, nelle ultime sette puntate e mezza, a raccontare la storia dell’abate.46 nel 1852
Gérard estrae l’Histoire de l’abbé de Bucquoy dai Faux Saulniers per inserirla negli
Illuminés;47 e nel 1853, dopo averne già tratto materiali per l’ultima parte della Bohême
galante (che saranno tuttavia lasciati cadere dai Petits châteaux) e per Lorely, non senza
tagli cospicui trasforma la prima parte del feuilleton di tre anni prima in Angélique.48
3a. Sylvie.49 Come si è detto Sylvie, composta tra la fine del 1852 e l’agosto del
1853, comparve il 15 di quel mese sulla “revue des deux Mondes” e solo nel dicembre
successivo nerval, dopo aver pensato per alcuni mesi a pubblicarla in una plaquette a sé,
acconsentì a includerla nel volume in preparazione.
3b. Chansons et légendes du Valois.50 Con la lettera del 5 novembre 1853 nerval
si rivolge al pittore Maurice Sand (figlio di George Sand) a proposito di Sylvie, “un
petit roman qui n’est pas tout à fait un conte”, che vorrebbe far stampare “dans un petit
livre in-18, avec illustrations”.51 E nel poscritto aggiunge: “J’ajouterai au livre un conte
de veillée: ‘la reine des poissons’ que j’ai écrit dans Le National en rendant compte
de Gribouille”. È il primo cenno di Gérard all’intenzione di aggiungere a Sylvie – e sia
pure ancora, nei progetti, in edizione a sé – un’appendice. Sulla “Sylphide” del 10 luglio 1842 nerval aveva pubblicato per la prima volta un articolo intitolato Les Vieilles
Ballades françaises che conoscerà negli anni successivi tre riprese, con lievi varianti,
nella medesima forma: sul “Journal du Dimanche” del 25 aprile 1847, su “La Russie
musicale” del 7 agosto dello stesso anno e su “la Chronique de Paris” del 3 agosto
1851.52 nella decima puntata dei Faux Saulniers (9 novembre 1850), tuttavia, nerval
264
introduce (sotto la rubrica Légende française) una breve digressione sul “caractère des
pères de la province” che trae spunto dalle canzoni Le duc Loys est sur son pont e
Dessous le rosier blanc;53 cosicché quando l’anno dopo, rispettivamente nel capitolo
x – Vieilles légendes – e nel capitolo xi – Vieilles légendes françaises (suite) – della
Bohême galante ripropone la digressione del feuilleton e, per la quinta volta, l’articolo
del 1842, da quest’ultimo elimina naturalmente i passi che riguardano le due canzoni.54
Nel 1854, infine, nelle Filles du feu la digressione ricompare in Angélique e l’articolo è
posto in appendice a Sylvie con qualche taglio e qualche aggiunta, la più cospicua delle
quali è data dal ‘racconto di veglia’ La Reine des poissons, comparso per la prima volta
sul “national” del 29 dicembre 1850 – inserito in una recensione a tre libri per bambini
di George Sand (appunto Gribouille, con le illustrazioni del figlio), di Alphonse Karr e
di arsène Houssaye – e successivamente incluso, il 15 dicembre 1852, nella Bohême
galante, a costituirne l’ultimo capitolo, il xv;55 e, lo stesso mese, pubblicato ancora come
terzo dei Contes et facéties.
4. Jemmy.56 Con il titolo Jemmy O’Dougherty, il racconto viene pubblicato prima
su “La Sylphide” del 19 e del 26 marzo 1843 (dunque mentre Gérard si trova in Oriente)
e poi sul “Journal du dimanche” del 2 e del 9 marzo 1847. In calce al testo, in volume,
compare l’indicazione “(Imité de l’allemand)”: si tratta infatti della traduzione e rielaborazione di un racconto dello scrittore austriaco, naturalizzato statunitense, Charles
Sealsfield (pseudonimo di Karl Anton Postl, 1798-1864).57
5. Octavie.58 il testo compare a stampa su “le Mousquetaire” del 17 dicembre
1853, dunque pochi giorni dopo l’articolo di dumas su nerval e poco prima dell’uscita
in volume; ma la lettera che ne costituisce il cuore era già comparsa come Troisième
lettre del Roman à faire pubblicato su “la Sylphide” del 24 o 25 dicembre 1842, poi
riproposta a sé, con il titolo L’Illusion e con la dedica “À Madame ***”, su “l’artiste”
del 6 luglio 1845.59 Molto probabilmente un primo titolo del testo va riconosciuto in
quello di Rosalie che compare (con Jemmy e Angélique) nella citata lettera a Giraud del
23 ottobre 1853 (data alla quale esso sarebbe stato dunque già composto).60
6. Isis.61 il testo viene pubblicato una prima volta, con il titolo Le Temple d’Isis.
Souvenir de Pompéi, su “la Phalange. revue de la science sociale” del novembre-dicembre 1845 e una seconda, con il titolo L’Iséum. Souvenir de Pompéi, su “l’artiste Revue de Paris” del 27 giugno e del 4 luglio 1847. La redazione del 1845, notevolmente
più ampia di quella del 1854 e appena scorciata nel 1847, è costituita in gran parte dalla
traduzione dello studio Die Isis-Vesper del letterato e archeologo tedesco Carl august
Böttiger (1760-1835).62
7. Corilla. Con il titolo Les Deux Rendez-vous. Intermède, il testo viene pubblicato una prima volta su “la Presse” del 15 e del 16-17 agosto 1839 e una seconda su “la
Revue pittoresque” del febbraio 1844, prima di confluire, in una redazione identica a
quella delle Filles du feu, nel Second château dei Petits châteaux de Bohême.63
8. Émilie.64 Con il titolo Le Fort de Bitche. Souvenir de la Révolution française,
firmato “G…”, il testo compare su “Le Messager” del 25, 26 e 28 giugno 1839. Come si
è visto, è solo nel dicembre 1853 che nerval chiede all’editore di procurarsi la novella,
che gli serve, mutato il titolo nel nome dell’eroina, per terminare il volume. nel 1919
265
è stato reso noto un appunto manoscritto di auguste Maquet (1813-1888) nel quale lo
scrittore, che Gérard conosceva dai tempi del collège Charlemagne e che è noto soprattutto come collaboratore di dumas, si attribuisce la stesura del testo:
J’ai encore écrit pour Gérard, qui ne pouvait arriver à tenir ses engagements:
Raoul Spitaine [sic pour Spifame], nouvelle.
Le Fort de Bitche.
dans ce dernier travail, dont Gérard fournissait le plan, il me fut aisé de comprendre combien ce cerveau surexcité avait pris de vertige et d’ombres noires. Son
plan confinait à la folie, le dénouement était insensé. Je lui dis, Gérard persista. Il
signait, je le laissai faire.
Ces deux ouvrages parurent dans des journaux en feuilleton.65
Solo il plan della nouvelle spetterebbe dunque a nerval che, comunque stiano le
cose, di essa nel 1853 si è attribuito l’intera paternità, giudicandola “très interessante” e
volendola “absolument” a conclusione delle sue Filles du feu.
9. Les Chimères.66 ancora nel dicembre, dunque, nerval scrive a Giraud che Émilie “finira bien le volume”.67 il 10 di quel mese dumas pubblica sul suo “le Mousquetaire” l’articolo che darà lo spunto alla dédicace delle Filles du feu, nel quale l’autore
dei Trois mousquetaires (1844, scritti in collaborazione proprio con Maquet) racconta
fra l’altro che Gérard, passando in redazione alcuni giorni prima e non trovandolo, aveva scritto su un foglio, a mo’ di biglietto da visita, il sonetto El Desdichado, che riporta
nell’articolo stesso.68 È molto probabile che l’articolo di dumas, come ha determinato il
mutamento dell’inizio delle Filles du feu con il passaggio dalla Introduction alla responsiva À Alexandre Dumas, così ne abbia determinato il mutamento della conclusione con
l’aggiunta delle Chimères, annunciata non casualmente alla chiusa della dédicace con il
riferimento all’articolo del “Mousquetaire”. del resto, pur sotto il velo ironico steso su
tutta la dedica al “cher maître”, il diretto rapporto di causa ed effetto fra la pubblicazione
del Desdichado nell’articolo e l’aggiunta delle Chimères “à la fin du volume” è affermato a chiare lettere:
Et puisque vous avez eu l’imprudence de citer un des sonnets composés dans
cet état de rêverie supernaturaliste, comme diraient les allemands, il faut que vous
les entendiez tous. – Vous les trouverez à la fin du volume.69
nelle Chimères nerval raccoglie così dodici sonetti (cinque costituenti un unico
testo): El Desdichado, Myrtho, Horus, Antéros, Delfica, Artémis, Le Christ aux Oliviers (i-v) e Vers dorés. Già nel Troisième château dei Petits châteaux de Bohême, sotto
il titolo Mysticisme, Gérard aveva raccolto i sette sonetti pubblicati in precedenza su
“l’artiste”: Le Christ aux Oliviers, i-v (31 marzo 1844), Vers dorés (16 marzo 1845,
con il titolo Pensée antique) e, con il titolo Daphné, Delfica (con il titolo Vers dorés su
“l’artiste” del 28 dicembre 1845).70 Sempre su “l’artiste”, dopo la stampa su “le Mousquetaire”, viene ristampato El Desdichado il 1° gennaio 1854, mentre gli altri quattro
sonetti (Myrtho, Horus, Antéros e Artémis) compaiono a stampa per la prima volta nelle
Filles du feu. Le testimonianze manoscritte permettono tuttavia di ricondurre la composizione dei dodici sonetti alle due crisi del 1841 e del 1853: nel manoscritto Dumesnil
266
Du Gramont α, databile al 1841, compare Horus (con il titolo À Louise d’Or Reine), À
J-y Colonna è costituito dalle quartine di Delfica e dalle terzine di Myrtho (quest’ultimo
testimoniato integralmente, con il titolo poi definitivo, dal perduto manoscritto Dumesnil Du Gramont β); la lettera a Victor Loubens egualmente databile a quell’anno riporta
i sonetti i e iv di Le Christ aux Oliviers e Antéros; mentre il manoscritto lombard e il
manoscritto éluard, vergati con inchiostro rosso come alcune lettere da Passy comprese
fra il 14 e il 27 novembre 1853, e dunque databili a quel periodo di tempo, contengono
entrambi El Desdichado (con il titolo Le Destin nel secondo) e Artémis (con il titolo
Ballet des Heures nel primo).
Sulla struttura dell’opera nervaliana l’edizione Giraud fornisce indicazioni lacunose e contrastanti: 1) le pagine della dedica a dumas sono contrassegnate da numerazione romana; 2) dopo di essa, lasciata la pagina [xx] bianca, Angélique inizia in pagina
dispari, mentre le successive nouvelles sono composte di seguito, senza lasciare pagine
bianche (Jemmy, Octavie, Isis ed Émilie iniziano in pagina pari); 3) il titolo di serie delle
Chimères, alla pagina [329], è identico per composizione tipografica a quello delle singole nouvelles e i sonetti sono composti di seguito, in modo del tutto analogo alle partizioni interne di alcune di esse (le lettres di Angélique, i capitoli con numerazione romana
e titolo di Sylvie e di Jemmy, le quattro parti con sola numerazione romana di Isis).
Quanto alle sette nouvelles, non solo come è ovvio il sottotitolo (appunto Nouvelles) ma anche il titolo del volume si riferisce solo ed esclusivamente ad esse, perché
Le Filles du feu sono le sette figure femminili che dànno il titolo alle nouvelles con le
convergenti modifiche dei titoli originarî nel nome, quando non della protagonista, del
personaggio femminile principale: Les Faux Saulniers → Angélique, Jemmy O’Dougherty → Jemmy, Le Temple d’Isis / L’Iséum → Isis, Les Deux Rendez-vous → Corilla,
Le Fort de Bitche → Émilie (con l’eccezione dunque delle due nouvelles del 1853, che
nascono già con un nome femminile per titolo: Sylvie e Rosalie / Octavie).71 Già nella
lettera a Giraud del 22 ottobre, al titolo Mélusine ou les filles du feu rispondevano del resto tre nomi di donna: Jemmy, Angélique e Rosalie (e possiamo forse pensare che le altre
due non nominate – ancora destinata Sylvie a una plaquette a sé e non ancora pensata la
futura Émilie come ideale conclusione – fossero già Isis e Corilla, a costituire, come si
vedrà, il trittico ‘partenopeo’).72
La diversa numerazione delle pagine e l’inizio in pagina dispari di Angélique con
stacco di una pagina bianca confinano poi con sufficiente (anche se non perentoria) chiarezza À Alexandre Dumas nel suo ruolo di testo liminare, separandolo dal corpo delle
nouvelles.
All’opposto, i segnali di una ingannevole continuità sono dati dalla composizione
delle Chimères, che nella stampa di Giraud risultano tipograficamente in perfetta continuità con le nouvelles e anzi una sola cosa con esse. In realtà il titolo Les Chimères va
ovviamente inteso come titolo di sezione, dunque sullo stesso piano del titolo Les Filles
du feu relativo alle nouvelles, e non come il titolo di un solo testo articolato nei sonetti
e compreso anch’esso sotto il titolo Les Filles du feu; ciascun sonetto costituisce anzi
un singolo testo, analogamente a ciascuna delle sette nouvelles, con l’eccezione naturalmente dei cinque sonetti di Le Christ aux Oliviers che, contrassegnati da numerazione
romana, si presentano invece come partizioni interne di un solo testo (sullo stesso piano,
dunque, delle partizioni interne delle nouvelles sopra ricordate).
267
Il volume appare così nettamente diviso, dopo il testo liminare, in due sezioni, Les
Filles du feu e Le Chimères, attentamente costruite, nonostante la precipitosa aggiunta
della seconda all’ultimo momento, secondo un calcolatissimo criterio numerologico e di
disposizione tematica. Come hanno più volte rilevato gli studiosi, infatti, alle 7 nouvelles
(3+4) si affiancano i 12 sonnets (3×4).73 Les Filles du feu, poi, sono disposte secondo
questo criterio: l’americana Jemmy è posta a fare da quinta fra le nouvelles del valois
(Angélique e Sylvie) e il trittico ‘partenopeo’ costituito da Octavie, Isis e Corilla, mentre
a Émilie, sospesa come Nerval tra Francia e Germania, è da lui affidata convintamente,
come abbiamo visto, la conclusione della serie. Tale scansione è del resto perfettamente
confermata dalla disposizione dei titoli sul frontespizio – “Angélique. / Sylvie (Souvenirs du Valois). / Jemmy. / Octavie. - Isis. - Corilla. / Émilie” –, se teniamo conto del fatto
che certamente i primi due sono stati disposti su due righi per la lunghezza del secondo,
comprensivo di sottotitolo. Quanto alle Chimères, fra il sonetto proemiale, El Desdichado, e quello conclusivo, Vers dorés, si dispongono in perfetto equilibrio i cinque sonetti
pagani (Myrtho, Horus, Antéros, Delfica, Artémis) e i cinque sonetti cristiani (Le Christ
aux Oliviers, i-v).
a lungo, tuttavia, la calcolatissima struttura dell’ultimo libro di Gérard de nerval è stata misconosciuta anche dai suoi più attenti studiosi, che hanno da una parte
smembrato il volume separando la prosa dai versi e, dall’altra, lasciato cadere i testi
dovuti non esclusivamente allo scrittore, ovvero Jemmy ed Émilie (ma non, stranamente, Isis). Per esempio Nicolas Popa, nella sua pur sempre fondamentale edizione del
1931, si limita ai soli testi narrativi (sullo stesso piano dei quali pone la dédicace e le
Chansons et légendes), escludendo Corilla, perché in forma teatrale, e Les Chimères.
Esemplare è poi, vent’anni dopo, il caso della prima edizione delle Œuvres di nerval
nella “Bibliothèque de la Pléiade” (1952), dovuta a due specialisti come albert Béguin
e Jean Richer, che – separando a priori i versi dalla prosa e assegnando a quelli la
preminenza – riproducono Les Chimères ad apertura della sezione iniziale intitolata
Poésies e, successivamente, Les Filles du feu omettendo Jemmy ed Émilie (nonché
ponendo nuovamente le Chansons et légendes sul medesimo piano delle nouvelles,
mentre il titolo della dédicace è distinto dal corsivo).74
nel 1956, nell’Introduction alla sua monografia dedicata alle Filles du feu, Jean
Gaulmier afferma finalmente con forza e lucidità l’esigenza di rispettare la struttura voluta dall’autore:
Un recueil de nouvelles ou de poèmes est un ensemble construit. C’est un
monument dont l’architecture répond sans aucun doute à un dessein prémédité. le
premier soin d’un critique devrait être d’examiner le diverses parties d’un ouvrage
composite dans la suite que l’auteur leur a imposée, selon l’ordre qu’il a lui-même
choisi. Ce n’est pas le hasard qui l’a guidé, mais une intention déterminée qu’il
faut ressaisir. Qui veut trouver le sens d’un livre, qu’il ne se contente pas de la
signification de ses fragments séparés les uns des autres, mais, donnant au mot
sens une acception dynamique, qu’il considère l’ensemble qui, seul, lui donnera l’orientation réelle de l’œuvre. On a trop souvent répété que nerval ne savait
pas composer, était vite à bout de souffle, représentait en somme l’auteur idéal
d’anthologies: en isolant arbitrairement certains de ses textes, on a sans doute
défiguré sa pensée, ou, au moins, on l’a rendue incompréhensible en la privant de
sa cohésion première.75
268
È della tradizione editoriale denunciata da Gaulmier che risentono senza eccezione
tutte le traduzioni italiane novecentesche delle Filles du feu, da quella di raffaello Franchi (1917) al volume di einaudi Le figlie del fuoco (1990), l’edizione più recente, che
tuttavia data ormai a più di trent’anni fa.76
in Francia, invece, dopo il libro di Gaulmier le cose lentamente vanno cambiando:
restituiscono la composizione originale delle Filles du feu l’edizione a cura di Claude
Pichois (1957) e soprattutto quella Garnier-Flammarion, di assai più ampia diffusione, di
léon Cellier (1965); e, successivamente, quella della librairie Générale Française a cura
di Gabrielle Mandalain (1985).77 In casa Gallimard, l’edizione a cura di Béatrice Didier
(1972) escludeva ancora Les Chimères aggiungendo La Pandora e Aurélia;78 mentre nel
1993 la nuova edizione della “Pléiade” (1993), alla quale facciamo costante riferimento,
con scelta filologicamente ineccepibile riproduce l’edizione del 1854, solo marcando
con un diverso carattere nel titolo lo stacco fra il testo liminare e le nouvelles e ponendo Les Chimères sullo stesso piano di queste. Alla composizione originale fanno infine
riferimento, sia pure con qualche difformità da essa, le nuove edizioni di Flammarion, a
cura di Jacques Bony (1994), della Librairie Générale Française, a cura di Michel Brix
(1999), e di Gallimard, a cura di Bertrand Marchal (2005);79 e anche la recente edizione
dei Classiques Garnier a cura di Jean-Nicolas Illouz e Jean-Luc Steinmetz (2018) torna
a riproporre come la “Pléiade” l’impianto della princeps, portando però l’inizio di ogni
testo a pagina dispari.
Se dovessimo proporre un indice del volume tenendo conto non delle caratteristiche tipografiche della princeps ma della struttura profonda delle Filles du feu, proporremmo il seguente, delimitando perentoriamente le due sezioni con un occhiello interno,
nonché lasciando cadere il sottotitolo Nouvelles, apposto al titolo quando ancora non era
prevista l’aggiunta delle Chimères ed era invece prevista una Introduction al posto della
dedica À Alexandre Dumas. Les Filles du feu risulterebbero così suddivise, dopo il testo
liminare, in due sezioni, la prima delle quali eponima di volume:
À alexandre dumas
Les FiLLes du Feu
angélique
Sylvie. Souvenirs du valois
Jemmy
Octavie
isis
Corilla
émilie
Les Chimères
el desdichado
Myrtho
Horus
Antéros
Delfica
artémis
le Christ aux Oliviers i-v
vers dorés
Diremmo che in questo modo (passando per così dire da un indice filologico-‘diplomatico’ a un indice filologico-interpretativo) Les Filles du feu e Les Chimères risulterebbero le due parti di un tutto, autonome e insieme interdipendenti, com’era certo nelle
intenzioni dell’autore, e si eviterebbero i due opposti estremi di assorbire Les Chimères
nelle Filles du feu (estremo peraltro suggerito dalla stessa princeps) o di fare delle due
sezioni due opere autonome.80
269
3. L’ultimo libro di Nerval
3.1 Il titolo delle Filles du feu
Il primo titolo dell’opera fu tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre, come abbiamo visto, Mélusine ou les filles du feu. Secondo le leggende medievali fissate dal Roman
de Mélusine di Jean d’Arras (sec. XIV), messo in versi poco dopo da un certo Coudrette
o Couldrette (Le livre de la vie de Mellusigne) e diffuso in Germania nella versione di
Thüring von rigoltingen (1456), Melusina è stata condannata dalla madre, che era una
fata, a mutarsi ogni sabato in serpente: con il patto che lui non la vedrà mai in quel giorno, la giovane sposa raymond (o raymondin), con il quale, madre buona ed esemplare,
dà origine alla antica e nobile casata di lusignan (Mélusine come mère Lusignan); ma,
quando Raymond infrange il giuramento e assiste alla trasformazione, Melusina scompare sotto forma di serpente alato e lui si ritira sconsolato in un eremo.81 nell’opera di
Nerval la leggenda di Melusina conta rade ma non trascurabili presenze che infine tutte
confluiscono nelle Filles du feu. Un rapido accenno a lei si trova in Les Vieilles Ballades
françaises (1842) a proposito delle parole misteriose rivolte dalla figlia del “roi Louis” al
marito lautrec mentre lo annega nel lago (“Propos mystérieux, digne d’arcabonne ou de
Mélusine”);82 ma è importante soprattutto un passo della Reine des poissons: “il y avait
un certain jour dans la semaine où ces deux enfants ne se rencontraient jamais… Quel
était ce jour? Le même sans doute où la fée Mélusine se changeait en poisson, et où les
princesses de l’edda se transformaient en cygnes”.83 Si noterà che Melusina è senz’altro
una fata e, soprattutto, non si muta in serpente ma in pesce, proprio come la “petite fille”
della fiaba (la “petite pêcheuse” che ributta in acqua i pesci) che si muta in un giorno
non specificato della settimana (il sabato?) in “un beau poisson rouge avec les côtés tout
reluisants d’écailles en or”, ovvero nella regina dei pesci.84 Ora, la piccola pescatrice
“devait encore, faute de mieux, atteindre entre les pierres les écrevisses, très-nombreuses
dans quelques endroits”; ma in Sylvie l’‘io’ narrante (evidente proiezione di Gérard) così
si rivolge alla protagonista: “Te rappelles-tu que tu m’apprenais à pêcher des écrevisses
sous les ponts de la Thève et de la Nonette?”85 Per tutta una serie di segrete corrispondenze, insomma, Sylvie – definita a un certo punto “une fée industrieuse, répandant l’abondance autour d’elle” – sembra essere la “petite pêcheuse”, che è la regina dei pesci,
che è Melusina.86 Ma, parallelamente, il “petit bûcheron”, il piccolo taglialegna che è in
realtà il re delle foreste, è allora il “petit Parisien” che dice ‘io’ in Sylvie, forse anche
con una segreta allusione fonica all’amato prozio di Mortefontaine, Antoine Boucher. A
conferma, in un verso cruciale di El Desdichado Gérard si domanda, rinviando ancora
una volta alla leggenda di Melusina: “Suis-je […] Lusignan […]?” Tuttavia né Sylvie
(che ingloba le Chansons et légendes, che inglobano La Reine des poissons) né El Desdichado fanno ancora parte del libro e le nouvelles che invece ne fanno parte (certamente
Jemmy, Angélique e Rosalie/Octavie, forse Isis e Corilla) non sembrano avere alcun
legame con la leggenda di Melusina.
È molto probabile che, lavorando con uno degli editori che già aveva stampato Lorely, Nerval pensasse all’inizio a un volume in certa misura analogo a quello: e
non si trascuri, a questo proposito, l’aspetto già ricordato dell’identica composizione del
frontespizio. Non certo casualmente, nella seconda lettera all’editore a proposito della
stampa, scrive infatti: “le tout comme Lorely”. È dunque possibile che, come il volume
270
che raccoglieva i resoconti dei viaggi in Germania era intitolato alla “fée du rhin”, così
Gérard volesse intitolare quello che avrebbe serbato memoria delle peregrinazioni per
l’amato valois (Angélique), oltre che dei viaggi in italia (Rosalie/Octavie, forse Isis e
Corilla), alla fata francese Mélusine.87 importante in questo contesto risulta anche quanto scriveva Nerval introducendo la sua traduzione delle Poésies de Henri Heine sulla
“revue des deux Mondes” del 15 luglio 1848:
Un reflet de l’Edda colore ses ballades comme un’aurore boréale; ces scenes
de carnage et d’amour, de voluptés fatales et d’influences mysterieuses conviennent
à sa manière contrastée. Mais, ce à quoi il excelle, c’est la peinture de tous les êtres
charmants et perfides, ondines, elfes, nixes, willis, dont la séduction cache une piège,
et dont les bras blancs et glacés vous entraînent au fond des eaux dans le noire vase,
sous les larges feuilles des nénuphars. il faut dire que, malgré les galanteries italiennes de ses terzines, les hyperboles et les concetti de ses sonnets, toute femme est pour
Heine quelque peu nixe ou willi; et lorsque dans un de ses livres il s’écrie, à propos
de Lusignan, amant de Mélusine: “Hereux homme dont la maîtresse n’était serpent
qu’à moitié!”, il livre en une phrase le secret intime de sa théorie de l’amour.88
Ogni donna, dunque, può essere un po’ nixa e willi; ma, a parte il fatto che le eroine
del libro di Nerval non hanno nulla di perfido (anche quando sono ‘fate’: Sylvie è “une
fée industrieuse, répandant l’abondance autour d’elle”, la regina dei pesci è buona e generosa), le ondine e le nixe, così come la Mélusine nervaliana, sono legate all’elemento
acqueo, così che la prima parte del titolo, appunto Mélusine, confligge irrimediabilmente
con l’elemento igneo della seconda, ou les filles du feu. esemplarmente la dolce Octavie,
alla fine della nouvelle sacrificata al marito invalido come lo era stata al vecchio padre,
appare per la prima volta come una vera e propria ondina, anzi, esplicitamente, come una
“fille des eaux” (proprio all’opposto, dunque, di una fille du feu):
Tous les jours aussi, je me rencontrais dans la baie azurée avec une jeune fille
anglaise, dont le corps délié fendait l’eau verte auprès de moi. Cette fille des eaux,
qui se nommait Octavie, vint un jour à moi toute glorieuse d’une pêche étrange
qu’elle avait faite. elle tenait dans ses blanches mains un poisson qu’elle me donna.89
non casualmente, dunque, la prima parte del titolo, forse suggerita soltanto dal
ricercato parallelismo con Lorely, cade dando luogo al “titre nouveau” che resterà poi
definitivo. Ma prima, come si è visto, Gérard esita e nella prima metà del gennaio 1854
propone Les Amours perdus o Les Amours passées, certo per la forza d’attrazione di Sylvie, ormai chiamata a far parte del libro, alla quale si riferiva forse lo scrittore scrivendo
ad Anténor Joly nel marzo 1852: “Je n’ai trouvé que deux titres qui exprimaient ce que
je veux faire: L’Amour qui passe ou Scènes de la vie, ou les deux”.90 Tale titolo, peraltro,
sembra assai adeguato non solo a Sylvie (e agli amori perduti per la protagonista, per
adrienne e per aurélie) ma anche a Octavie e a Corilla; e fors’anche, sia pure in termini
diversi, non autobiografici, a Angélique, a Jemmy e a Émilie.
Nondimeno il titolo definitivo sarà Les Filles du feu. È proprio questo, rispetto a
Mélusine ou les filles du feu, il “titre nouveau” della lettera a Giraud? o bisognerà pensare piuttosto che il “titre nouveau” fosse proprio, rispetto a un precedente titolo a noi
ignoto, Mélusine ou les filles du feu? Certo l’“air de féerie” sembra adattarsi a Mélusine
271
più che a les filles du feu; l’“air d’un livre dangereux” più a les filles du feu che a Mélusine; il “frou-frou” (se vale ‘frivolo, lezioso’), si direbbe, né all’uno né all’altro.91
Fin dalla comparsa del libro, il titolo di esso sembrò oscuro. recensendo Les Filles du feu su “l’athenæum français” dell’8 aprile, Charles asselineau scriveva: “que le
lecteur me dispense de lui donner l’explication de ce titre”.92 immediatamente il pensiero
corre alla leggenda dei Cainiti narrata nella Histoire de la Reine du matin et de Soliman, prince des génies, che costituisce il cuore della terza parte del Voyage en Orient:
Caino non sarebbe stato generato da adamo, ma eva avrebbe accolto una scintilla da
Iblīs, “l’ange de lumière”; e da Caino avrebbe avuto poi origine la razza dei “djinns ou
enfants des Éloïms, issus de l’element du feu”, in lotta “contre les fils d’Adonaï, engendrés du limon”.93 Ora, poiché Iblīs corrisponde nella cultura araba a Lucifero (e anzi il
nome stesso deriverebbe da una corruzione di διάβολος), i discendenti di Caino, ‘figli
del fuoco’, sono di origine diabolica: forse pensando a questo nerval stimò che il titolo
Les Filles du feu potesse dare al suo libro l’“air d’un livre dangereux”.94 la discendenza di Caino è stata dunque maledetta da Dio ma essa, superiore, ha dato agli uomini le
città con Enoch, la pastorizia con Iabal, la musica con Iubal, l’arte di lavorare i metalli
con Tubalkàin.95 Tuttavia i ‘figli del fuoco’ Adoniram, geniale artefice al servizio del re
Soliman-Ben-daud (il re Salomone) e discendente di Tubalkàin, e Balkis (la regina di
Saba), protagonisti della Histoire, sono figure possenti e regali che nulla hanno proprio a
che spartire con le eroine delle nouvelles: non con la nobile angélique che si rovina innamorandosi del vanitoso e interessato figlio d’un salumiere e si chiuderà infine in convento; non con l’intraprendente Sylvie che abbandona il mondo contadino per farsi operaia
e sposa un pasticciere, e non con l’angelica adrienne che muore, anche lei, chiusa in un
convento; non con le sfuggenti attrici aurélie e Corilla; non con le remissive Octavie ed
émilie, l’una e l’altra vittime in modo diverso della propria storia familiare; ma in fondo
nemmeno con l’indomabile Jemmy che, rapita dai pellerossa, diventa la moglie del loro
capo e una sorta di eroina civilizzatrice, e che paradossalmente, in un contesto culturale
completamente altro, avrebbe tuttavia le carte in regola assai più delle altre (mentre naturalmente la dea iside fa storia a sé). Sono donne innamorate, talvolta intraprendenti e
coraggiose: ma nessuna di loro mostra quel crisma di assoluta eccezionalità che il titolo,
nel segno del fuoco, sembrerebbe loro attribuire.96
nel 1985 Claude Pichois ha reso note le conclusioni di una tesi di laurea discussa
nel 1972 presso l’Università cattolica di lovanio che Michel Brix considera l’“hypothèse
critique las plus seduisant” sull’origine del titolo nervaliano.97 in essa Marthe dachet segnala un passo dell’Histoire de France di Michelet (1833) a proposito delle tradizioni
religiose irlandesi e galliche non derivate dalle fonti antiche nel quale si parla dei fuochi
accesi sulle montagne in onore del dio supremo Beal (il sole), “culte [qui] à laissé des
traces profondes dans les traditions populaires”:
Ce feu était entretenu par des vierges, souvent de qualité, appelées filles du feu
(inghean an dagha), ou gardiennes du feu (breochuidh), ce qui les a fait confondre
avec les nonnes de sainte Brigitte.98
Così (in virtù dell’oscillazione semantica di fille tra ‘figlia’ e ‘ragazza’) le filles du
feu diventerebbero le ‘vergini del fuoco’, le ‘custodi del fuoco’, simili dunque alle vestali romane. ipotesi affascinante, forse; ma ancora una volta, ripensando alle sette eroine
272
nervaliane (nove con adrienne e aurélie), sembra di poter dire con Gérard: “je ne vois
pas trop que cela réponde au contenu”.99
3.2 Il titolo delle Chimères
Se il titolo delle Filles du feu sembra dunque poter implicare due diversi significati
(la donna di natura ignea e la donna custode del focolare), entrambi a nostro giudizio fondamentalmente estranei alle otto nouvelles, all’opposto il titolo delle Chimères sembra
implicare una gamma di significati che, ambiguamente sovrapponendosi, convergono
nei dodici sonetti.100 Ora, chimère è termine che conta non moltissime occorrenze nell’opera di Nerval. Nel significato letterale (‘monstre fabuleux composite de forme diverses,
ayant généralement la tête d’un lion, le corps d’une chèvre, la queue d’un dragon et
crachant du feu’) esso compare nel Voyage en Orient (“des Chimères de marbre gardent
l’entrée”), negli Illuminés, in Le Confidences de Nicolas (iii, ii Les romans philosophiques de Restif: “le système se formait ainsi, comme l’antique chimère, de deux natures
bizarrement accouplées”) e in Pandora (“les chimères du vieux palais m’ont ravi mon
cœur pendant que j’admirais leurs yeux divins et que j’espérais m’allaiter à leurs seins
de marbre éclatant”);101 nel senso figurato che oscilla fra ‘illusion’ e ‘rêverie quelque peu
folle’ ancora in Le Confidences de Nicolas (i, i L’Hôtel de Hollande: “la vie s’attache
tout entière à une chimère irréalisable qu’on serait heureux de conserver à l’état de désir
et d’aspiration, mais qui s’évanouit dès que l’on veut toucher l’idole”; ii, iv Sara: “Pour
une image que je me créais en moi-même, pour une chimère, fugitive comme un rêve,
et que je ne songeais même pas à réaliser”) e nei Petits châteaux (Premier château, iii
La Reine de Saba: “Vous échapperait-elle ainsi qu’une chimère?”; e Troisième château,
Lyrisme, La Sérénade (d’Uhland), 4: “rendors-toi, c’est chimère!”), e soprattutto alla
fine di Sylvie (xiv Dernier feuillet: “Telles sont les chimères qui charment et égarent au
matin de la vie”) e alla fine di Aurélia (ii, vi: “cette chimère attrayante et redoutable”).102
abbiamo visto tuttavia che Les Chimères sono strettamente legate alla dedica
À Alexandre Dumas, che in conclusione le annuncia “à la fin du volume”, e all’articolo
del “cher maître” su “Le Mosquetaire” del 10 dicembre, che pubblica per la prima volta
El Desdichado e del quale Nerval (non senza qualche ritocco) riporta il passaggio più
importante ad apertura della sua dédicace. in esso si legge fra l’altro:
Un autre jour il se croit fou, et il raconte comment il l’est devenu, et avec un
si joyeux entrain, en passant par des péripéties si amusantes, que chacun désire le
devenir pour suivre ce guide entraînant dans le pays des chimères et des hallucinations, plein d’oasis plus fraîches et plus ombreuses que celles qui s’élèvent sur la
route brûlée d’alexandrie à ammon […].103
Certo prevale qui il senso figurato di ‘rêverie quelque peu folle’: e infatti, all’altro
capo della dédicace, Gérard definisce i suoi sonetti, che Dumas deve ascoltare, “composés dans cet état de rêverie supernaturaliste, comme diraient les allemands”. il rinvio
ai tedeschi non è generico ma estremamente puntuale. nella prima parte del Faust, e in
particolare nel Walpurgisnachtstraum, Goethe introduce via via, in una parodica teoria
di posizioni filosofiche, il Dogmatiker, l’Idealist, il Realist, il Supernaturalist e lo Skeptiker: e il giovanissimo nerval, traducendo nel 1827 proprio la prima parte della tragedia
273
goethiana, ricalca il tedesco Supernaturalist con Supernaturaliste, introducendo così il
termine nella lingua francese.104 in nota al Dogmatique, inoltre, Gérard avverte: “ici
commence une série de philosophes des différentes sectes qui partagent l’allemagne, et
ont de tems en tems partagé le monde”.105
Più ancora che a Goethe, tuttavia, la fortuna del termine in Francia si deve a Heinrich Heine, che dal 1831 (e fino alla morte nel 1856) vive a Parigi.106 appena giunto nella
capitale francese, il poeta aveva steso uno scritto sul Salon di quell’anno (Französische
Maler. Gemäldeausstellung in Paris 1831) che sarebbe stato pubblicato alla fine del
1833 nel primo volume di Der Salon, comparso quell’anno con la data editoriale dell’anno successivo.107 l’anno stesso lo scritto viene proposto, con il titolo Salon de 1831, in
coda alla traduzione francese (De la France) dei Französische Zustände, uscita anch’essa del 1833.108 Parlando di Alexandre Gabriel Decamps, Heine dichiara: “In der Kunst
bin ich Supernaturalist” (“en fait d’art, je suis surnaturaliste”).109 il passo sarà citato da
Baudelaire nel suo Salon de 1846 a proposito dell’amatissimo delacroix.110
Tuttavia assai più interessante, al fine dell’esegesi del passo nervaliano (“supernaturaliste, comme diraient les allemands”), appare un passo del successivo De l’Allemagne (1835), un testo indirizzato ai francesi e pensato da Heine in prosecuzione (e a
correzione) dell’opera omonima di Madame de Stäel. In esso, infatti, il termine (“Supernaturalist”) non è utilizzato in termini estetici (“In der Kunst”) e personali (“bin ich”),
ma ricondotto appunto al dibattito filosofico-religioso in Germania (“en Allemagne”),
nel quale ai “rationnalistes” [sic] si contrapponevano “non pas seulement les kriptocatholiques, mais aussi les piétistes, les quiétistes, les mystiques luthériens, bref toutes
ces sectes supernaturalistes à quelque opinion différente qu’elles appartinssent”:
Sous ce nom [rationnalistes], on désigne en allemagne ceux qui accordent à la
raison ses droits mêmes en matière religieuse, par opposition aux sectateurs du dogme supernaturaliste, qui, en pareille matière, y renoncent entièrement. Ces derniers,
dans leur haine contre les pauvres rationnalistes, ressemblent fort aux habitans d’une
maison de fous, qui, bien qu’en proie à des démences tout opposées, se supportent
cependant jusqu’à un certain point les uns les autres, mais qui se sentent saisis d’une
rage sans égale contre un homme qu’ils regardent comme leur ennemi commun: cet
homme n’est autre que le médecin qui veut leur rendre la raison.111
le “démences tout opposées” dei “sectateurs du dogme supernaturaliste”, in contrapposizione implicita alla verità univoca dei “rationnalistes”, ricordano un frammento di Eraclito (22B89 DK: ὁ Ἡ. φησι τοῖς ἐγρηγορόσιν ἕνα καὶ κοινὸν κόσμον εἶναι, τῶν
δὲ κοιμωμένων ἕκαστον εἰς ἴδιον ἀποστρέφεσθαι. ‘Eraclito dice che per coloro che sono
svegli esiste un mondo unico e comune e che invece ciascuno di coloro che dormono
torna nel proprio mondo’), citato in un importante scritto ‘precritico’ da Kant (che lo
attribuisce erroneamente ad Aristotele) a proposito dei “sogni della metafisica”: appunto I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica (1766).112 lo scritto,
non di rado considerato occasionale e di scarso rilievo, già delinea in realtà le grandi
questioni che saranno affrontate da Kant nelle prime due Critiche e, in particolare, la
rigida definizione dei limiti della conoscenza razionale, che non può spingersi oltre
l’esperienza, oltre la natura, oltre il fenomeno.113 esemplarmente, nei Prolegomena
(1783), il filosofo scrive:
274
natura, quindi considerata materialiter, è l’insieme di tutti gli oggetti dell’esperienza. […] Sarebbe iperfisica la conoscenza di ciò che non può essere un oggetto
della esperienza e noi qui non dobbiamo affatto occuparci di tal conoscenza, bensì
di quella conoscenza naturale, la cui realtà può essere confermata dalla esperienza,
sebbene sia possibile a priori e preceda ogni esperienza.114
non sfuggirà che il termine iperfisico (hyperphysisch nell’originale) presenta l’identica composizione – fatta salva la derivazione non latina ma greca – di supernaturalist e si riferisce anch’esso a una conoscenza che vada al di sopra della natura, a una conoscenza metafisica.115 Ma appunto, nel momento in cui il criticismo kantiano nega alla
ragione e alla filosofia ogni possibilità di conoscenza metafisica (“Kant, infine, provocò
la grande catastrofe, che rimarrà in eterno un periodo epocale nella storia della filosofia.
Egli demolì tutta quella sapienza, al punto che essa non si risolleverà mai più”, scrive in
proposito Schopenhauer), la sfida viene raccolta dalla poesia, assimilata dal romantico
novalis alla mistica e alla religione:
Tutto quel che è visibile aderisce all’invisibile – l’udibile al non udibile –
il sensibile [Fühlbare] a ciò che non è sensibile [Unfühlbaren]. Forse il pensabile
all’impensabile –.
il senso per la poesia ha molto in comune con il senso per il misticismo.
È il senso per ciò che è peculiare, personale, ignoto, misterioso; per ciò che è da
rivelare, per il necessariamente contingente. rappresenta l’irrappresentabile. vede
l’invisibile, percepisce l’impercepibile ecc. […] il poeta è veramente spossessato dei
sensi – in compenso ogni cosa accade dentro di lui. egli rappresenta in senso proprio
sogg[etto] e ogg[etto] – animo e mondo. Di qui l’infinità di una buona poesia, la sua
eternità. Il senso per la p[oesia] ha stretta affinità con il senso profetico e religioso,
con il senso visionario in genere.116
non certo casualmente Marcel raymond ha scritto: “Solo nerval si spinge ai luoghi
da cui non si può tornare. e lo fa con un progressivo ardimento che ricorda novalis”.117
e non certo causalmente il mistico svedese emanuel Swedenborg (1688-1772), il
Geisterseher, il ‘visionario’ con il quale Kant aveva fatto i conti nello scritto precritico del 1766, ritorna in luoghi cruciali dell’opera di Gérard, a cominciare proprio dalla
conclusione della dédicace delle Filles du feu a dumas, nella quale sono annunciate Les
Chimères:
Et puisque vous avez eu l’imprudence de citer un des sonnets composés dans
cet état de rêverie supernaturaliste, comme diraient les allemands, il faut que vous
les entendiez tous. – Vous les trouverez à la fin du volume. Ils ne sont guère plus
obscurs que la métaphysique d’Hégel ou les Mémorables de Swedenborg, et perdraient de leur charme à être expliqués, si la chose était possible, concédez-moi du
moins le mérite de l’expression; – la dernière folie qui me restera probablement, ce
sera de me croire poète: c’est à la critique de m’en guérir.118
E, con implicazioni ben più gravide di significato, nel ‘proemio’ di Aurélia, nel
quale, subito dopo l’esposizione dell’‘argomento’ (il “Rêve” come “seconde vie” che
schiude agli uomini “le monde des esprits”), il nuovo rinvio ai Memorabilia del visiona275
rio svedese, pubblicati postumi fra il 1843 e il 1846, suona quasi come una invocazione
alla principale ‘musa’ ispiratrice del testo nervaliano:
Swedenborg appellait ces visions Memorabilia; il les devait à la rêverie plus
souvent qu’au sommeil; L’Âne d’or d’apulée, La Divine Comedie du dante, sont les
modèles poétiques de ces études de l’âme humaine. Je vais essayer, à leur exemple,
de transcrire les impressions d’une longue maladie qui s’est passée tout entière dans
les mystères de mon esprit […].119
nessun dubbio, insomma, che nerval si disponga decisamente su un versante swedenborghiano e per nulla kantiano: del resto nell’opera di Gérard il nome del filosofo
compare di sbieco una sola volta, per la sua influenza su Schiller, mentre assai più numerose, anche se per la verità non troppo significative, risultano le occorrenze del nome
di Swedenborg.120
Pare assai poco probabile, dunque, che nerval potesse conoscere I sogni di un
visionario, anche considerato il suo scarso interesse per la filosofia che non si tingesse
di misticismo e di esoterismo; e tuttavia lo scritto kantiano offre certamente al lettore
di Gérard non poche suggestioni.121 Il filosofo, che ha avuto notizia di straordinarie predizioni da parte di Swedenborg, ha acquistato gli otto volumi dei suoi Arcana coelestia
(1749-1756) e li prende in esame nel suo saggio.122 nella prima parte di esso, ‘dogmatica’, dopo un primo capitolo introduttivo (“Un intricato nodo metafisico che si può
a piacere sciogliere o tagliare”) Kant formula una teoria metafisica sull’aldilà (cap. ii:
“Frammento della filosofia segreta per svelare la comunione col mondo degli spiriti”) alla quale subito contrappone una “Anticabala. Frammento di filosofia volgare per negare
il commercio con gli spiriti” (cap. iii) nella quale riconduce le visioni di spiriti a vaneggiamenti o follia; nella seconda parte, ‘storica’, riferisce delle straordinarie predizioni
di cui ha avuto notizia (cap. i: “Racconto la cui verità è affidata alla cortese attenzione
del lettore”) prima di passare all’esame degli Arcana coelestia, che riportano “le assurde
chimere del più temerario fra i sognatori” (cap. ii: “viaggio estatico di un entusiasta nel
mondo degli spiriti”).123 la conclusione ‘pratica’ della seconda parte (cap. iii: “Conclusione pratica di tutta la trattazione”) ribadisce infine quella ‘teoretica’ della prima (cap.
iv: “Conclusione teoretica ricavata dal complesso delle considerazioni della prima parte”), ovvero i limiti della conoscenza umana (“la metafisica è la scienza dei limiti della
ragione umana”), alla quale aggiunge però il fondamento etico della speranza di una vita
futura proprio sulla non-conoscenza del ‘mondo degli spiriti’.124
Gli studiosi hanno più volte notato che la narrazione di Aurélia è incorniciata da
due citazioni virgiliane dal libro VI dell’Eneide: dall’iniziale evocazione delle “portes
d’ivoire ou de corne qui nous séparent du monde invisible” (vv. 893-896: “Sunt geminae
Somni portae…”) al sigillo finale della “descente aux enfers” (che, in forza dell’esatta
specularità con l’inizio, non può non rimandare al “descensus Averno” del v. 126).125
ebbene, I sogni di un visionario presentano anch’essi, e sia pure ironicamente, due rinvii
al medesimo libro virgiliano: “ibant obscuri sola sub nocte per umbras / perque domos
ditis vacuas et inania regna” (vv. 268-269); “Sit mihi fas audita loqui” (v. 266).126 Ma,
soprattutto, il testo è punteggiato dal termine chimere (Chimären): “rozze ed assurde chimere”, “pazze chimere e favole strane”, “nelle fantasticherie e nelle chimere”, “chimere”,
“molte assurde chimere”, “in modo creativo o chimerico”.127 inoltre – e il fatto, per quan276
to si tratti di un luogo comune, non è per questo meno suggestivo – se nella dédicace a
dumas nerval riferisce a sé stesso l’episodio ariostesco del senno di Orlando sulla luna
(“au vague contenu de cette bouteille que je suis allé chercher dans la lune à l’imitation
d’astolfe, et que j’ai fait rentrer, j’espère, au siège habituel de la pensée”) nei Sogni di un
visionario Kant lo aveva evocato proprio in riferimento a Swedenborg: “certamente la sua
ampolla è completamente piena nel mondo lunare e non la cede a nessuna di quelle che
l’ariosto ha visto lassù, riempite della ragione perduta quaggiù”.128 Questo ci riporta naturalmente al punto di partenza, all’articolo nel quale Dumas, mentre l’amico si trova da
più di due mesi nella clinica del dottor Blanche, rievoca le volte in cui Gérard “se croyait
fou, et il racontait comment il l’était devenu, et avec un si joyeux entrain, en passant par
des péripéties si amusantes, que chacun désirait le devenir pour suivre ce guide entraînant
dans le pays des chimères et des hallucinations”. Scrive infatti Kant nell’“Anticabala”:
Chi nella veglia si sprofonda tanto nelle fantasticherie e nelle chimere [in
Erdichtungen und Chimären], create dalla sua immaginazione sempre feconda, da
prestar poca attenzione alle sensazioni che in quel momento massimamente lo affettano, sarà a ragione chiamato sognatore sveglio [ein wachender Träumer]. Basterebbe infatti che le affezioni dei sensi perdessero ancor più della loro forza ed egli
dormirebbe e le chimere [Chimären] di prima diventerebbero veri sogni.
[…]
i visionari [die Geisterseher] si distinguono dai sognatori ad occhi aperti [wachenden Träumern] non solo per il grado ma anche per la qualità.
[…]
Credo di poter addurre qualcosa di intelligibile come causa di questo genere
di turbamento dell’anima, che si chiama vaneggiamento e in grado più alto follia. –
la caratteristica di questa malattia consiste in ciò, che l’allucinato [der verworrene
Mensch] trasporta fuori di sé dei semplici oggetti della sua immaginazione e li considera come cose realmente presenti davanti a sé.
[…]
Perciò io non disapprovo il lettore se, invece di considerare i visionari [die
Geisterseher] come semicittadini dell’altro mondo, li ritiene senz’altro e per davvero candidati al manicomio […].129
Les Chimères, aggiunte all’ultimo momento alle Filles du feu con la dédicace
a dumas che le annuncia chiudendo a circolo il volume, intrattengono segreti legami
con le nouvelles della sezione precedente; ma abbiamo detto che insieme la medesima
dédicace annuncia proprio il descensus ad inferos di Aurélia: “Quelque jour j’écrirai
l’histoire de cette ‘descente aux enfers’, et vous verrez qu’elle n’a pas été entièrement
dépourvue de raisonnement si elle a toujours manqué de raison”. Ora, se come stiamo
cercando di mostrare Les Chimères costituiscono una profonda unità con Les Filles du
feu nell’unico volume che accoglie le une e le altre, non c’è dubbio che per altri versi
ben più profonde ragioni di somiglianza uniscano Le Chimères a Aurélia. il profondo
legame fra i due testi è sempre stato sentito dagli studiosi di Gérard anche in termini
di altezza poetica, e basti qui citare nuovamente Albert Béguin, che pone “l’Aurélia di
nerval, nonché le Chimères, che sono da essa inseparabili”, come la prima delle “tre
opere capitali che sono fonte di tutta la poesia moderna” (seguita dalle Fleurs du mal e
dai “poemi mitici” di Hugo).
277
Gérard sembra indicare un legame fra i due testi evocando per entrambi, e solo per
essi – nella préface a dumas e nelle prime righe di Aurélia –, i Memorabilia di Swedenborg. La storia dell’influenza del mistico svedese sull’opera di Nerval è certo in gran
parte ancora da scrivere, e non è naturalmente questo il luogo per farlo.130 Certamente
Aurélia, chiusa in prima istanza fra due citazioni virgiliane, è poi chiusa fra due citazioni
swedenborghiane, fra quella iniziale già ricordata e un ulteriore rinvio ai Memorabilia
nelle ultime pagine (ii, vi): “J’inscris ici, sous le titre de Mémorables, les impressions
de plusieurs rêves qui suivirent celui que je viens de rapporter”.131 Certo gli elementi in
comune sono molti, a cominciare dalle “visions” del “monde des esprits” che rimandano
al mundus spirituum già presente, con i suoi mirabilia, nel titolo degli Arcana coelestia;
e nondimeno, a voler semplificare, due aspetti fondamentali separano Aurélia da Swedenborg. il primo è dato dal fatto che il protagonista del “je ne sais quel roman-vision
à la Jean-Paul”, come lo definisce lo stesso Gérard in una lettera a Franz Liszt del giugno 1854, accede al “monde des esprits” attraverso i sogni notturni: “cette idée que je
m’étais faite du rêve comme ouvrant à l’homme une communication avec le monde des
esprits” (ii, iii);132 mentre altre forme hanno le visioni del mistico svedese – fra l’altro riservate a lui solo e non genericamente “à l’homme” – da lui stesso definite negli Arcana
coelestia e ricordate anche da Kant: i primi due “genera visionum” sono “extraordinaria”
e consistono rispettivamente in “abduci a corpore […] in statum quendam, qui medius
est inter somnum et vigiliam” (e questo gli è accaduto “modo ter aut quater”) e in “a
Spiritu in alium loco auferri” (e questo gli è accaduto “solum bis et ter”); il terzo è dato
non da “visiones” ma da “visa ordinaria […] in summa vigilia corporis” (e questo gli è
accaduto “per plures annos”).133
Del resto è lo stesso Nerval a marcare subito la differenza: “il les devait à la rêverie
plus souvent qu’au sommeil”. L’affermazione appare tuttavia doppiamente imprecisa:
perché Swedenborg non deve mai, secondo quanto lui stesso afferma, le sue “visions” al
sonno; e anche perché il termine rêverie pare inappropriato alle visiones e ai visa che il
mistico riferisce come visioni reali. Semmai, la pluralità di significati di rêverie costituisce una chiave per Nerval stesso: diremmo tuttavia che, rispetto al significato più comune del termine (‘état de conscience passif et généralement agréable dans lequel l’esprit se
laisse captiver par une impression, un souvenir, un sentiment, une pensée et laisse aller
son imagination au hasard des associations d’idées’), l’uso che Gérard fa del termine
sembra piuttosto oscillare fra il significato di ‘réflexion profonde dans laquelle l’esprit
est plongé’ (anche ‘l’intuition, la pensée qui en découlent’), che ha come sinonimo rêve
(parola chiave di Aurélia: e “chimère attrayante et redoutable” viene appunto definito il
sogno a conclusione di essa) e può indicare una ‘rêverie métaphysique, philosophique’;
e quello vieilli di ‘délire causé par une maladie’ (anche ‘l’effet de ce délire’), per esteso
‘idée extravagante’, che non casualmente ha come sinonimo chimère.134 non sarà inutile
ricordare, a questo proposito, che in Aurélia con vision nerval si riferisce più volte ai
rêves riferiti nel suo resoconto, geneticamente legati all’esperienza della maladie nel
1841 e poi nel 1852-1854 con la “rechute qui renoua la série interrompue de ces étranges rêveries” (ove i rêves diventano appunto, nel loro complesso, rêveries).135 Se Kant,
nella parte ‘dogmatica’ del suo scritto su Swedenborg, lasciava sospesa la questione fra
l’ipotesi metafisica del “Frammento della filosofia segreta per svelare la comunione col
mondo degli spiriti” e la malattia mentale (“vaneggiamento e in un grado più alto follia”)
dell’“anticabala”, in Aurélia, ha scritto Jacques Bony,
278
loin d’affirmer un déterminisme universel, une réalité de l’au-delà, une communication possible avec le monde des esprits, ou au contraire de renoncer à ses illusions,
d’abjurer ses erreurs, de dénoncer ses visions comme chimériques, nerval ménage
plusieurs intérpretations possibles au lecteur, laissant la porte ouverte a l’accusation de folie, mais la faisant apparaître comme moins satisfaisante pour l’esprit que
l’adhésion à ses mirages.136
in effetti in Aurélia il tema della malattia – esattamente come l’altro tema portante
ad esso strutturalmente legato, quello del sogno – è affrontato nelle prime righe della
prima parte e nelle ultime della seconda, e in entrambi i luoghi, proprio come afferma
Bony, Nerval passa dall’ammissione della malattia all’affermazione dell’esperienza eccezionale di cui essa è stata per lui condizione.137
il secondo e più importante aspetto che separa Gérard da Swedenborg è dato tuttavia dalle inconciliabili (o solo molto parzialmente conciliabili) concezioni religiose dello
scrittore e del mistico svedese. È noto l’aneddoto riferito da Gautier:
Un jour […] Gérard dissertait sur son sujet favori, mélangeant les paradis et
les enfers des différents cultes avec une impartialité telle, qu’un des assistants lui dit:
“Mais, Gérard, vous n’avez aucune religion!” Il toisa dédaigneusement l’interlocuteur, et, fixant sur lui ses yeux gris étoilés d’une scintillation étrange: “Moi, pas de
religion? J’en ai dix-sept… au moins”.138
A fronte del sincretismo religioso di Nerval, l’orizzonte di Swedenborg è unicamente biblico, vetero e neotestamentario, dalla Genesi e dall’Esodo degli Arcana coelestia alla Apocalypsis Revelata. Anzi, Swedenborg propone la sua religione, che pone a
fondamento di una nuova Chiesa, come la Vera Christiana Religio, secondo il titolo della
sua ultima opera, uscita l’anno prima che morisse e tradotta in francese proprio fra il
1852 e il 1853.139 dunque una sola religio e questa christiana. Ora, in Aurélia, auspice la
fede dell’amata morta, il protagonista dichiara in più luoghi un ritorno al pensiero di dio
e al cristianesimo, fino alla visione di una “Jérusalem nouvelle” che, se è naturalmente
quella dell’Apocalisse (21,1-2), potrebbe tuttavia serbare memoria della mediazione di
Swedenborg.140 Tuttavia, per quanto l’incertezza testuale della seconda parte, pubblicata
dagli amici dopo la morte di Gérard, non permetta di non avere delle riserve, come ha
scritto Bony, “quant à l’interpretation, en particulier en sense métaphysique”, non c’è
dubbio che in Aurélia persista un fondamentale sincretismo – religioni orientali (il culto
di iside in particolare), religione pagana, antiche religioni celtiche e germaniche, gnosticismo, cabala, alchimia, occultismo, martinismo, massoneria… – del quale il cristianesimo e lo swedenborgismo costituiscono soltanto due ingredienti: emblematicamente la
figura della Vergine si confonde con quella di Iside.141
nella visione di nerval il cristianesimo ha soppiantato le antiche religioni ed è
stato infine indebolito dal razionalismo del siècle des lumières e dalle idee della rivoluzione, ma, nel corso dei secoli,
à côté de l’Église orthodoxe, il s’est développé sans interruption une école moitié
religieuse et moitié philosophique qui, féconde en hérésies sans doute, mais souvent
acceptée ou tolérée par le clergé catholique, a entretenu un certain esprit de mysticisme ou de supernaturalisme nécessaire aux imaginations rêveuses et délicates comme à quelques populations plus disposées que d’autres aux idées spiritualistes.142
279
Torniamo così, infine, all’“état de rêverie supernaturaliste” nel quale sarebbero
state composte Les Chimères. Non casualmente la prima fase della composizione di
Aurélia, iniziata probabilmente il 1° dicembre 1853, s’intreccia con l’allestimento della
raccolta dei sonetti e l’aggiunta di essa alla fine delle Filles du feu.143 inoltre, alle due
crisi di follia di nerval, ripercorse in Aurélia, risale la composizione dei testi: alla prima
(febbraio-marzo 1841) quella di Myrtho, di Horus, di Antéros, di Delfica, di Le Christ
aux Oliviers e, forse, di Vers dorés; alla seconda (agosto-settembre 1853) quella di El
Desdichado e di Artémis. Infine, soprattutto, sostanzialmente omogeneo è l’orizzonte religioso delle Chimères e di Aurélia.144 non sarà forse da trascurare, a proposito del nesso
tra le due crisi e l’intensificarsi della meditazione religiosa in forma poetica (in versi e in
prosa), quanto nerval scrive in Aurélia in riferimento alla prima avvisaglia della seconda di esse, il 24 settembre 1851: “Je me promenais dans la campagne, préoccupé d’un
travail qui se rattachait aux idées religieuses”. Si tratta di Les Païens de la République.
Quintus Aucler, pubblicato sulla “revue de Paris” di novembre e l’anno dopo, con il titolo Quintus Aucler, posto a chiusura degli Illuminés, incentrato proprio sul rapporto fra
la religione pagana e la religione cristiana (si ricordino i cinque sonetti pagani e i cinque
sonetti cristiani che costituiscono Les Chimères).145
Un documento fondamentale della nascita delle Chimères nel pieno della prima
crisi è però costituito da una lettera a Victor Loubens della fine del 1841 nella quale
Gérard trascrive i futuri sonetti i e iv di Le Christ aux Oliviers e Antéros e nella quale
già si trova il germe di Aurélia e dell’annuncio delle Chimères nella dédicace a dumas:
Ô mon cher Loubens, que vous avez dû être étonné de tout le pauvre bruit
que j’ai fait, il y a quelques mois. Mais jugez de ma surprise à moi-même quand
je me suis réveillé tout à coup d’un rêve de plusieurs semaines aussi bizarre qu’inattendu. J’avais été fou, cela est certain, si toutefois la conservation complète de
la mémoire et d’une certaine logique raisonnante qui ne m’a pas quitté un seul
instant ne peut donner à mon mal d’autre caractère que ce triste mot: folie! Pour le
médecin c’était cela sans doute bien qu’on m’ait toujours trouvé des synonymes
plus polis; pour mes amis cela n’a pu guère avoir d’autre sens; pour moi seul, cela
n’a été qu’une sorte de transfiguration de mes pensées habituelles, un rêve éveillé,
une série d’illusions grotesques ou sublimes, qui avaient tant de charme que je ne
cherchais qu’à m’y replonger sans cesse, car je n’ai pas souffert physiquement un
seul instant, hormis du traitement qu’on a cru devoir m’infliger. Ne me plaignez
donc pas même d’avoir perdu toutes les belles idées que je m’étais faites, car elles
subsistent et subsisteront malgré tout, seulement le reste de ma vie sera pénible,
puisque je crois et j’espère sincèrement en la mort, je veux dire en la vie future.
[…] N’allez pas croire que je sois devenu dévot ou néo-chrétien. Cela n’a pas
pris un instant ce caractère, mais il y avait dans ma tête comme un carnaval de
toutes les philosophies et de tous les dieux. […] S’il faut que l’esprit se dérange
absolument pour nous mettre en communication avec un autre monde, il est clair
que jamais les fous ne pourront prouver aux sages qu’ils sont au moins des aveugles! du reste en reprenant la santé, j’ai perdu cette illumination passagère qui me
faisait comprendre mes compagnons d’infortune; la plupart même des idées qui
m’assaillaient en tout ont disparu avec la fièvre et ont emporté le peu de poésie qui
s’était réveillé dans ma tête. il faut vous dire que je parlais en vers toute la journée,
et que ces vers étaient très beaux. Pour vous prouver du reste combien il y avait de
lecture ou d’imagination dans mon état, je vais vous écrire quelques sonnets que
280
j’ai conservés, mais dont je ne me charge pas de vous expliquer aujourd’hui tout le
sens; ils ont été fait non au plus fort de ma maladie, mais au milieu même de mes
hallucinations.146
la follia dunque – quella rivelata da dumas ai suoi lettori, il 10 dicembre 1853, dopo la seconda crisi – come stato di grazia che può “nous mettre en communication avec
un autre monde”, oltre i limiti (kantiani) della raison perduta; e le “hallucinations” che
saranno ricordate dodici anni dopo anche dall’amico (“pour suivre ce guide entraînant
dans le pays des chimères et des hallucinations”), nelle quali turbina “comme un carnaval de toutes les philosophies et de tous les dieux”, come fonte di poesia.147 l’“état” che
ha riportato alla poesia Gérard con la prima crisi è già l’“état de rêverie supernaturaliste,
comme diraient les allemands”, della dédicace a Dumas. È significativo che, scrivendo a
Liszt dalla Germania, il 23 giugno 1854, Nerval definisca Aurélia “je ne sais quel romanvision à la Jean-Paul”, con una sovrapposizione quasi perfetta, se facciamo equivalere il
“roman-vision” alla “rêverie supernaturaliste” e “à la Jean-Paul” a “comme diraient les
Allemands”. Senza contare che il modello “à la Jean-Paul” evocato nel 1854 per Aurélia
aveva puntualmente agito, nel 1841, proprio nella prima a essere composta, probabilmente, delle future Chimères: Le Christ aux Oliviers, ispirato a un brano dello scrittore
tedesco che Gérard poteva leggere nell’Allemagne di Madame de Staël.148
3.3 La molteplicità e l’unità
nel 1843, quasi all’indomani della prima crisi del 1841, nerval compie il lungo viaggio in Oriente, consegnato dopo quasi un decennio, fra realtà e invenzione, al Voyage en
Orient, la sua prima opera in volume, che uscirà in edizione definitiva nel maggio del 1851.
La seconda crisi, che si protrarrà dalla fine dell’anno alla morte dello scrittore, è ormai alle
porte, e con essa si intreccerà, come già abbiamo ricordato, la pubblicazione delle sue grandi opere, in volume o su periodico. Per quanto in particolare riguarda i volumi, nel maggio
1852 Les Illuminés raccolgono i ritratti di “certains excentriques de la philosophie”; nel
giugno Lorely raccoglie le prose di viaggio in Germania e Olanda con Léo Burckart; nel
dicembre Contes et facéties i racconti fantastici; nello stesso mese, i Petits châteaux de
Bohême ripercorrono la produzione poetica (1831-1845) di colui che ormai è diventato un
“humble prosateur”.149 dai quattro volumi del 1852 Les Filles du feu si distaccano per due
motivi: perché escono a distanza di un anno, nel gennaio del 1854; e soprattutto perché, a
fronte della compattezza di essi, presentano una struttura variegata e complessa.
il primo dato delle Filles du feu è infatti quello della pluralità dei generi. Innanzitutto la commistione di prosa e poesia, certo; eppure la differenza rispetto ai Petits châteaux, che esibivano il proprio statuto di prosimetro fin dal sottotitolo Prose et poésie,
è sensibile: quasi sul modello della Vita nuova (e gli anni della bohème galante al doyenné sono stati in effetti la ‘vita nuova’ di Gérard) essi incorniciavano la produzione
poetica dell’autore nella narrazione scandita appunto in tre châteaux; nel primo e ultimo
volume pubblicato da nerval dopo i Petits châteaux le due sezioni di prosa (Les Filles
du feu) e poesia (Les Chimères) sono invece giustapposte e il sottotitolo Nouvelles (per i
motivi che sopra abbiamo visto) annuncia solo la prima di esse.
Tuttavia, si direbbe, quello della commistione di prosa e versi non è il dato più
sorprendente. Nella prima sezione, se Sylvie e Octavie sono racconti alla prima persona
281
ed Émilie alla terza, Angélique è costituita da una serie di lettere al direttore del “national”, dunque da una sorta di réportage; Jemmy è una ‘imitazione’ dal tedesco; Isis
mantiene un andamento largamente saggistico dovuto alla sua fonte; Corilla è addirittura un testo teatrale (un intermède, giusta il sottotitolo delle prime stampe). ancora
più singolare è poi la costruzione ‘a incastro’, la struttura ‘inclusiva’ di alcuni dei testi:
À Alexandre Dumas ingloba non soltanto parte dell’articolo del dedicatario, ma soprattutto il vecchio Roman tragique di Brisacier, che ne costituisce i sette decimi; Angélique
ingloba nel réportage le vicende riportate nel fascicolo di polizia e soprattutto, appunto,
il memoriale della supposta prozia dell’abate de Bucquoy; Sylvie presenta in appendice
un saggio di carattere folklorico come Chansons et légendes du Valois che riporta non
solo i versi delle chansons ma anche un conte come La reine des poissons (fra l’altro
già raccolto in Contes et facéties); Octavie riporta al suo interno una lettera del vecchio
Roman à faire.150
alla varietà dei generi (e alla complessità della struttura) corrisponde la varietà dei
temi, i più importanti nell’opera e nella vita di nerval: gli amori irraggiungibili o perduti
(che avrebbero giustificato il titolo Les Amours perdus o Les Amours passées), l’infanzia
nell’amato Valois e le peregrinazioni di ritorno in esso, il teatro e l’amore per un’attrice, l’amore per Napoli e per la Campania, il sincretismo religioso e la figura di Iside…
Come si è già ricordato, inoltre, nella lettera al proto abel del 30 novembre 1853 Gérard
afferma: “l’introduction donnera la clé et la liaison de ces souvenirs”. il tema del ricordo,
in effetti, occupa nel libro un posto importante; e basterebbe ricordare alcuni sottotitoli,
come quello di Sylvie (Souvenirs du Valois) o come quelli delle stampe in rivista di Isis
(Souvenir de Pompéi) e di Émilie (Souvenir de la Révolution française). Senza contare
che già Lorely recava il sottotitolo Souvenirs d’Allemagne; e che pochi mesi dopo nerval
avrebbe pubblicato Promenades et souvenirs.
A costruire l’unità del volume sono però in prima istanza, come già ricordato,
alcuni elementi ‘macrostrutturali’. Innanzitutto la reductio al nome della protagonista o
del personaggio femminile principale di tutti i titoli originali (non senza qualche forzatura, soprattutto in Émilie); poi la disposizione in sequenza delle nouvelles valoisiennes
(Angélique e Sylvie, non senza l’appendice delle Chansons et légendes) e di quelle campane (Octavie, Isis e Corilla), con Jemmy, novella del nuovo mondo, a fare da quinta fra
le due serie ed Émilie, con il suo incontro (e scontro) tra Francia e Germania, a chiudere
la prima sezione e a gettare uno sguardo sulla “rêverie supernaturaliste, comme diraient
les allemands” appunto, delle immediatamente successive Chimères. non sarà forse
inutile registrare, inoltre, che – a fronte della narrazione in terza persona di Jemmy e
di Émilie – le due serie del valois e della Campania sono in modo omogeneo in prima
persona (come già, non si dimentichi, il Roman tragique di Brisacier della dédicace):
nell’ultima di esse – Corilla, in forma teatrale – il narratore in prima persona diventa personaggio nel protagonista Fabio, trasparente proiezione di Nerval. Quanto alle Chimères
– nelle quali prosegue la prima persona delle nouvelles – si è già detto del rapporto privilegiato con À Alexandre Dumas: la dédicace iniziale e la seconda sezione del volume
chiudono al loro interno, come in un abbraccio, la sezione eponima delle nouvelles.
assai più complesso è naturalmente il discorso dei ‘microrinvii’ interni che legano
diversi punti dell’opera creando una sottile trama di corrispondenze e dei quali riportiamo solo alcuni esempi, già più volte segnalati dagli studiosi francesi: “Les Filles du feu,
parcourues de réseux, sont conçues comme un volume d’échos résonnants”.151 Per quan282
to riguarda le due nouvelles valoisiennes, l’episodio di delphine in Angélique anticipa
quello di adrienne in Sylvie; e alla canzone del re Loys ricordata nella prima farà riferimento Chansons et légendes.152 non pochi echi legano invece le nouvelles campane, in
particolare Octavie, alle Chimères:
elle imprimait ses dents d’ivoire dans
l’écorce d’un citron
(Octavie)
et les citrons amers où s’imprimaient
[tes dents?
(Delfica, 6)153
Soprattutto per quanto riguarda il tema ‘igneo’ del legame tra la figura femminile
e il ridestarsi del vesuvio:
Pendant cette nuit étrange, un phénomène assez rare s’était accompli. Vers la
fin de la nuit, toutes les ouvertures de la
maison où je me trouvais s’étaient éclairées, une poussière chaude et souffrée
m’empêchait de respirer […].
(Octavie)
Je sais pourquoi là-bas le volcan s’est
[rouvert…
C’est qu’hier tu l’avais touché d’un pied
[agile,
Et de cendres soudain l’horizon s’est
[couvert.
154
(Myrtho, 9-11)
Ora l’eco lega invece Les Chimères a Sylvie:
Je revois sa fenêtre où le pampre s’enlace au rosier […].
(Sylvie, iii)
et la treille où le pampre à la rose
[s’allie.
(El Desdichado, 8)155
e ora, da un capo all’altro del volume, gli autoritratti di Brisacier e del Desdichado:
dans cette belle étoile de comédie, qui
a bien voulu m’appeler un instant son
destin. l’étoile et le destin: quel couple
aimable dans le roman du poëte Scarron! […] ainsi, moi, le brillant comédien naguère, le prince ignoré, l’amant
mystérieux, le déshérité, le banni de
liesse, le beau ténébreux […].
(À Alexandre Dumas)
Je suis le ténébreux, – le veuf, –
[l’inconsolé,
le prince d’aquitaine à la tour abolie:
Ma seule étoile est morte, – et mon luth
[constellé
Porte le Soleil noir de la Mélancolie.
(El Desdichado, 1-4)156
in conclusione, l’affascinante molteplice unità delle Filles du feu – riconosciuta in
Francia solo in tempi relativamente recenti – in italia sembra ancora tutta da scoprire; e
ancora tutto da scoprire, in italia, sembra soprattutto quell’affascinante rêveur en prose
e poeta che fu appunto Gérard de nerval.157
PaoLo ZoboLi
283
nOTe
1
L’edizione di riferimento è oggi Gérard de Nerval, Œuvres complètes, édition publiée sous la direction
de Jean Guillaume et de Claude Pichois […], Paris, Gallimard, 1984-1993, 3 voll. (Bibliothèque de la Pléiade,
89, 117, 397): I [1826 - été de 1850], […] avec, pour ce volume, la collaboration de Christine Bomboir, Jacques
Bony, Michel Brix, Jean Céard, Lieven D’hulst, Jean-Luc Steinmetz et Jean Ziegler et avec le concours de Pierre
Enckell et d’Antonia Fonyi, 1989; II [août 1850 - juin 1852], […] avec, pour ce volume, la collaboration de Jacques Bony, Max Milner et Jean Ziegler et avec le concours de Michel Brix et d’Antonia Fonyi, 1984; III [juillet
1852 - janvier 1855], […] avec, pour ce volume, la collaboration de Jacques Bony, Michel Brix, Lieven D’hulst,
Vincenette Pichois, Jean-Luc Steinmetz, Jean Ziegler et le concours d’Antonia Fonyi, 1993 (si cita da essa con
la sigla OC seguita dal numero di volume e da quello di pagina o di pagine). L’edizione è inoltre accompagnata
dall’Album Nerval, iconographie choisie et commentée par éric Buffetaud et Claude Pichois, Paris, Gallimard,
1993 (Bibliothèque de la Pléiade; albums, xxxii). Per la biografia dell’autore si fa riferimento a Claude Pichois
et Michel Brix, Gérard de Nerval, s.l. [Paris], Fayard, 1995, ma è utile anche la limpida sintesi di Gérard Cogez,
Gérard de Nerval, s.l. [Paris], Gallimard, 2010 (Folio biographies, 67); e si veda il recente Michel Brix, Chronologie de la vie et des œuvres de Gérard de Nerval, Tusson (Charente), Du Lérot, 2017. Prezioso è infine il volume
Aimer Nerval (Paris, Les Éditions du Cerf, 2014) del padre domenicano Jean-Pierre Jossua (1930-2021), recentemente scomparso. Desidero esprimere a Elena Decesari la mia più profonda riconoscenza per la sua generosa e
attentissima lettura del dattiloscritto.
2
Si veda in particolare l’ormai classico studio di albert Béguin, L’anima romantica e il sogno. Saggio sul
romanticismo tedesco e la poesia francese, Milano, il Saggiatore, 2003 (la cultura, 571) [edd. originali: 19371,
19392]. Béguin, specialista di nerval, individua “le tre opere capitali che sono fonte di tutta la poesia moderna:
l’Aurélia di nerval, nonché le Chimères, che sono da essa inseparabili, le Fleurs du Mal e infine i poemi mitici
di Hugo” (ivi, pp. 494-495). Gérard (traduttore, come si vedrà, del Faust di Goethe) rappresenterebbe l’anello di
congiunzione fra il primo Romanticismo tedesco e il Simbolismo francese, la poesia del quale, proprio da Nerval
in poi, appare “stranamente vicina a quella che il romanticismo tedesco volle realizzare, non sempre riuscendo
nel suo intento” (ivi, p. 447): il “libro quinto” dello studio di Béguin, “regioni di Francia”, reca infatti l’epigrafe
nervaliana (da Lorely) “la vecchia Germania, nostra madre comune…” (ivi, p. [445]; cfr. OC, iii, p. 14: “la vieille
Allemagne, notre mère à tous!”). Si veda anche Mario Luzi, “Introduzione” a Id., L’idea simbolista, Milano, Garzanti, 1959 (Antologie del saper tutto, 150-152; Arte e letteratura), pp. [5]-26: “La spinta originaria del Romanticismo verso l’unità e il logos si attuò in vari modi e tentò la sommità da diversi cammini. dalla sublime sintesi e
profezia di Hölderlin all’orfismo gnostico e fantasioso di Nerval” (ivi, p. 11).
3
Si ricordi almeno che nerval è citato con onore da Breton nel Manifesto del Surrealismo (1924): “in
omaggio a Guillaume apollinaire […] Soupault e io designammo col nome di surreaLismo il nuovo modo di
espressione pura che avevamo a nostra disposizione […]. A maggior ragione, senza dubbio, avremmo potuto
impadronirci della parola suPernaturaLismo usata da Gérard de nerval nella dedica delle Filles du Feu. a quanto
pare, infatti, nerval possedette a meraviglia lo spirito cui noi intendiamo riferirci, mentre apollinaire ha posseduto
soltanto la lettera, ancora imperfetta, del surrealismo” (andré Breton, Manifesti del Surrealismo, introduzione di
Guido Neri, traduzione di Liliana Magrini, Torino, Einaudi, 2003 [Piccola Biblioteca Einaudi, n.s., 230; Saggistica
letteraria e linguistica], pp. [9]-49: a p. 29). Dopodiché, immediatamente prima della celeberrima definizione del
Surrealismo, Breton riporta due passi nervaliani dalla citata dedica À Alexandre Dumas delle Filles du feu (OC, iii,
pp. [449]-458: i due passi, rispettivamente alle pp. 450 e 458). Per quanto invece riguarda l’attenzione per lo scrittore e poeta francese in area ermetica, si ricordino almeno le importanti traduzioni di Macrì e Parronchi: Gérard de
nerval, Le figlie del fuoco, a cura di O[reste]. Macrì, Modena, Guanda, 1942 (il castello, 1); poi id., Le figlie del
fuoco. Novelle - Pandora - Aurelia - Le chimere, introduzione, traduzione di Oreste Macrì, Milano, Guanda, 1979
(Biblioteca della Fenice, 32); id., Les Chimères / Le Chimere, a cura di Alessandro Parronchi, Firenze, Fussi, s.d.
[1946] (il melagrano, 12); poi Gérard de Nerval (con data “1948”), in alessandro Parronchi, Quaderno francese.
Poesie tradotte con alcuni commenti, Firenze, Vallecchi, 1989 (Le civette), pp. [29]-75 (dall’edizione del 1946
Luzi trarrà per la sua Idea simbolista, cit., pp. [69]-70, tre sonetti di nerval nella versione dell’amico Sandro).
4
The Waste Land, v What the Thunder said, 426-430, in Thomas Stearns eliot, Opere 1904-1939, a cura
di Roberto Sanesi, Milano, Bompiani, 2002 (Classici Bompiani), pp. [583]-623: a p. 616. Le tre citazioni, nell’ordine: Pg, XXvi, 148; Pervigilium Veneris, 90; El Desdichado, 2 (il termine spagnolo desdichado, che si richiama
allo Scott di Ivanhoe, vale ‘sventurato, disgraziato’).
5
Si veda ora l’importante volume Giorgio Caproni, Il mio Enea, a cura di Filomena Giannotti, prefazione di Alessandro Fo, postfazione di Maurizio Bettini, Milano, Garzanti, 2020 (I grandi libri): si è citato da esso
(pp. 80-84: a p. 83) il poemetto Il passaggio d’Enea, 1. Versi, v, 2-9 (i corsivi non sono dell’originale; “vedovo” e
“ottenebrato” riprendono l’attacco del sonetto: “Je suis le ténébreux, – le veuf”).
6
In Italia una sintetica e preziosa lettura complessiva lettura dell’opera dello scrittore è data da Giovanni
Cacciavillani, Una lucida follia. Il caso di Gérard de Nerval, Rimini, Panozzo, 1999.
7
La nutrita produzione giovanile di un Gérard dai quattordici-quindici ai ventun anni è ora raccolta nella
sezione Premières poésies. 1826-1829 di OC, i, pp. [1]-240.
8
Cfr. Le “Faust” de Goethe traduit par Gérard de Nerval, édition présentée et annotée par lieven d’hulst,
s.l. [Paris], Fayard, 2002, e Gérard de nerval, “Lénore” et autres poésies allemandes, préface de Gérard Macé,
284
édition établie et annotée par Jean-Nicolas Illouz avec la collaboration de Dolf Oehler, Paris, Gallimard, 2005
(Poésie, 413). Goethe fa l’elogio della traduzione del Faust in un colloquio con eckermann del 3 gennaio 1830,
ma solo nel 1850 Gérard ne verrà a conoscenza (Claude Pichois et Michel Brix, Gérard de Nerval, cit., p. 296) e lo
trascriverà nella Note du traducteur alla terza edizione di quell’anno (OC, i, pp. 1698-1699: a p. 1698).
9
a parte Léo Burckart, raccolto dall’autore in Lorely a costituire la sezione Scènes de la vie allemande (OC,
III, pp. [72]-178), i curatori dell’edizione della “Pléiade” hanno escluso, al grido “Nerval, tout Nerval, seulement
nerval” (OC, i, p. xi), tutte le opere scritte in collaborazione.
10
Per la verità in calce a una lettera all’amico Papion du Château databile forse al dicembre del 1831 (ivi,
p. 1282) compare la firma “Gérard La Brunie de Nerval”; ma lo pseudonimo “Gérard de Nerval” è testimoniato
per la prima volta nell’annuncio di un libro (intitolato Le Canard de Vaucanson e mai pubblicato) comparso su “le
Figaro” del 15 dicembre 1836 (ivi, p. xLi).
11
il Voyage en Orient si legge in OC, II, pp. [171]-840: per la complessa vicenda redazionale dell’opera si
vedano la “notice” di Claude Pichois (ivi, pp. 1369-1387) e la successiva “Bibliographie des publications” (ivi,
pp. 1387-1397). Si veda anche lo splendido volume Gérard de nerval, Viaggio in Oriente, a cura di Bruno nacci,
Torino, einaudi, 1997 (i millenni); ora id., Viaggio in Oriente, [traduzione e cura di Bruno Nacci,] invito alla lettura di Giuseppe Conte, Milano, ares, 2020 (narratori).
12
Les Illuminés (OC, ii, pp. [883]-1162), Lorely. Souvenirs d’Allemagne (OC, iii, pp. [1]-231), Contes et
facéties (ivi, pp. [353]-396), Petits châteaux de Bohême. Prose et poésie (ivi, pp. [397]-445; il libro esce alla fine
dell’anno con la data editoriale del 1853: cfr. ivi, p. 1147). degli Illuminés e di Lorely non esistono attualmente traduzioni italiane, ma del primo volume le Edizioni Robin di Torino hanno annunciato una traduzione integrale a cura
di a. Mainardi nella loro “Biblioteca del vascello” e da esso sono intanto stati tratti Gérard de nerval, Storia dell’abate di Bucquoy, a cura di Paolo Fontana, latina, l’argonauta, 1999 (Collana di letteratura, 69), e il recentissimo
id., Cagliostro, traduzione di Cristina Spinoglio, Torino, Lindau, 2020 (Piccola biblioteca); per i Petits châteaux si
veda invece Piccoli castelli di Boemia. Prosa e poesia, in id., “Chimere” e altre poesie, introduzione e traduzione [e
commento e note] di Diana Grange Fiori, Torino, Einaudi, 1972 (Collezione di poesia, 96), pp. [71]-129 (con testo
originale a fronte). il volume dei Contes et facéties non è mai stato tradotto integralmente, ma ha goduto di una certa
fortuna il primo e il più lungo dei tre racconti raccolti in esso, La Main enchantée: si veda almeno La mano incantata, traduzione di Elena Citati, in Gérard de Nerval, I racconti, traduzioni di Elena Citati e Franco Calamandrei, con
un saggio di Théophile Gautier, Torino, Einaudi, 1966 (I millenni), pp. [3]-36; mentre il terzo, La Reine des poissons, è stato successivamente inglobato in Chansons et légendes du Valois, compreso a sua volta nelle Filles du feu.
13
L’edizione originale presenta il titolo in tutte maiuscole; l’edizione della “Pléiade” adotta la grafia con
la maiuscola in Feu e Michel Brix scrive, giustificando la scelta: “On aura observé que nous attribuons à ‘Feu’ la
majuscule, qui peut seule suggérer la dimension mystique du titre choisi par nerval” (OC, iii, p. 1173, nota 9);
noi adottiamo, per i motivi che si diranno, la grafia Les Filles du feu, rispettando di volta in volta, nelle citazioni,
la scelta dei singoli studiosi.
14
La Bohême galante (OC, iii, pp. [233]-309), Les Nuits d’octobre. Paris, Pantin et Meux (ivi, pp. [311]351), Pandora (ivi, pp. [653]-663), Promenades et souvenirs (ivi, pp. [665]-691), Aurélia, ou Le Rêve et la Vie (ivi,
pp. [693]-756). della Bohême galante non esiste attualmente traduzione italiana; per Les Nuits d’octobre si veda
Gérard de nerval, Le notti d’ottobre, a cura di Idolina Landolfi, Latina, L’Argonauta, 1998 (Collana di letteratura,
62), e id., Le notti d’ottobre, traduzione di Stefano Chiodi, con una nota di Mariolina Bongiovanni Bertini, Torino,
lindau, 2015 (Biblioteca di Classici); per Pandora, la traduzione di Elena Citati (con il titolo La Pandora) in id.,
I racconti, cit., pp. [447]-457, e quella di Oreste Macrì in id., Le figlie del fuoco. Novelle - Pandora - Aurelia - Le
chimere, cit., pp. [197]-207; per Promenades et souvenirs, Passeggiate e ricordi, traduzione di Elena Citati, in Id.,
I racconti, cit., pp. [511]-533, e id., Passeggiate e ricordi, a cura di Giovanni Cacciavillani, traduzione di Paolina
Preo, con testo a fronte, Rimini, Panozzo, 2004 (Episodi, 11). Per Aurélia, infine, si ricordino almeno la prima traduzione italiana: Aurelia, traduzione e prefazione di Decio Cinti, Milano, Sonzogno, 1904 (Biblioteca Universale,
321); la traduzione di Franco Calamandrei, Il sogno e la vita (Aurelia), in id., Il sogno e la vita, a cura di Franco
Calamandrei, Torino, einaudi, 1943 (Universale einaudi, 29), pp. [99]-191 (poi, con il titolo Aurelia, in id., I racconti, cit., pp. [459]-509); e la bella, recente traduzione di Giancarlo Pontiggia: Id., Aurélia, cura e traduzione di
Giancarlo Pontiggia, Bergamo, Moretti&vitali, 2016 (echi dal labirinto, 3).
15
Claude Pichois et Michel Brix, Gérard de Nerval, cit., pp. 314, [325]-326 e 333: ma cfr. l’intero capitolo
xxi, “de la maison dubois à la clinique Blanche (début 1853 - 27 mai 1854)” (pp. [325]-343).
16
a conclusione della préface del volume indirizzata À Alexandre Dumas nerval scrive infatti: “Quelque
jour j’écrirai l’histoire de cette ‘descente aux enfers’, et vous verrez qu’elle n’a pas été entièrement dépourvue de
raisonnement si elle a toujours manqué de raison” (OC, iii, p. 458).
17
lettera datata “Maison du docteur Blanche à Passy, / ce vendredi 14 octobre 1853” (ivi, pp. 814-815, a
p. 815).
18
Sia per l’ipotesi dell’inizio della composizione delle Filles du feu anteriormente al ricovero che per questa notizia cfr. Claude Pichois et Michel Brix, Gérard de Nerval, cit., p. 337.
19
OC, iii, pp. 818-819: la lettera, datata congetturalmente, è testimoniata solo da una scheda della librairie Privat trascritta da Jean Richer (ivi, p. 1423). ancora il 7 dicembre il tipografo Gustave Gratiot dichiara alla
direction de la librairie che stamperà per conto di Giraud un’opera intitolata “Mélusine, ou les Filles du Feu, par
Gérard de nerval” (ivi, p. 1171).
285
20
lettera datata “[Passy.] le 25 octobre [1853]” (ivi, p. 819).
lettera datata congetturalmente “[Passy.] Ce mercredi [30 novembre 1853]” (ivi, p. 830); lettera datata
congetturalmente “[Passy.] Ce mardi. [décembre 1853]” (ivi, pp. 830-831). Sulla complessa vicenda redazionale
di La Pandora / Pandora cfr. almeno la “Notice” di Jean Guillaume e Michel Brix e la “Note sur le texte” di Guillaume, ivi, pp. 1284-1286 e 1286-1291 (in “appendice”, ivi, pp. 1291-1299, il testo di La Pandora).
22
lettera datata congetturalmente “[Paris ou Passy, décembre 1853]” (ivi, pp. 837-838).
23
lettera datata congetturalmente “[Paris ou Passy.] Ce lundi. [décembre 1853]” (ivi, p. 838): pièce de
résistance vale ‘pezzo forte’.
24
lettera datata congetturalmente “[Passy, début de janvier 1854]” (ivi, pp. 843): in ogni caso essa è anteriore al 16, giorno in cui Gratiot, in una seconda dichiarazione alla Direction de la librairie, si riferisce al volume con il
titolo Les Amours passées (ivi, p. 1171). Per la questione terminologica nouvelle / conte cfr. Jacques Bony, “Le conte
et la nouvelle”, in id., Le récit nervalien. Une recherche de formes, Paris, Corti, 1990, pp. [81]-[184].
25
Les Filles du feu. Nouvelles, par Gérard de nerval, Paris, d. Giraud, libraire-éditeur, 1854: il testo si
legge in OC, iii, pp. [447]-651, la “notice générale” di Michel Brix ivi, pp. 1170-1182 (ivi, pp. 1182-1184 la sua
“Note sur le text”, per la verità non firmata: ivi, p. 1182, la data di registrazione nella Bibliographie de la France),
le notices e le notes et variantes di Jacques Bony, Michel Brix, Jean Guillaume e Jean-Luc Steinmetz ai singoli
testi ivi, pp. 1185-1283. Molto utile risulta il pdf Répertoire des graphies nervaliennes. Les originaux et l’édition.
“Les Filles du feu”, édition établie par Setsuko Umheira, Yoshihiro Maruyama, Takeshi Tamura, […], Tokyo, mars
2001 (département de langue et littérature françaises - Faculté des lettres - Université de Tokyo), che riproduce
fedelmente l’edizione originale offrendone il testo in formato digitale e registrando gli ammodernamenti grafici
dell’edizione della “Pléiade”. Non si può non tenere conto, infine, della recentissima edizione Gérard de Nerval,
Les Filles du feu, édition critique [ma soltanto commentata] par Jean-Nicolas Illouz, avec la collaboration de JeanLuc Steinmetz, Paris, Classiques Garnier, 2018 (Classiques Jaunes, 674; Littératures francophones) [d’ora in poi:
FfCG]: si tenga presente, in particolare, l’ampia e aggiornatissima Bibliographie (pp. [535]-563).
26
Lorely. Souvenirs d’Allemagne, par Gérard de Nerval, Paris, D. Giraud et J. Dagneau, libraires-éditeurs,
1852, pp. [355]-356.
27
Peraltro anche l’ultimo libro stampato da nerval prima delle Filles du feu, ovvero Petits châteaux de
Bohême, è privo di table des matières.
28
a p. 179 a Sylvie segue, senza cambio di pagina e di testatine, Chansons et légendes du Valois.
29
Biglietto datato “[Passy, 18 janvier 1854]” (OC, iii, p. 843: la data è quella del timbro postale).
30
Ivi, p. [449].
31
lettera datata “[Passy.] Ce mercredi [30 novembre 1853]” (ivi, p. 829).
32
Ivi, p. 458: “Vous les [les sonnets] trouverez à la fin du volume”. Cfr. Alexandre Dumas, Causerie avec
mes lecteurs, “le Mousquetaire”, 10 décembre 1853, ora in Gérard de nerval, Aurélia, Un roman à faire [Projet
de roman épistolaire], Les Nuits d’octobre, Petits Châteaux de Bohême, Pandora, Promenades et Souvenirs,
[Fragments manuscrits], édition de Jacques Bony, Paris, Flammarion, 1990 (GF, 567), pp. 376-379 (Documents
annexes, ii). anche l’occasione delle due dediche è identica: come dumas rivela nel suo articolo la seconda crisi di
follia dell’amico, così Janin ne aveva rivelato la prima in un articolo (Gérard de Nerval) sul “Journal des Débats”
del 1° marzo 1841 (ivi, pp. [359]-375: Documents annexes, i).
33
Mi baso, per questo aspetto, sull’analisi di Jean Guillaume, “Les Chimères” de Nerval, édition critique,
Bruxelles, Palais des académies, 1966, pp. 80-85 (ii, iii, iv.d: “imPrimé Les Filles du feu”); ma devo preziosi consigli in proposito a Beppe Manzitti, raffinato bibliofilo e francesista, che ringrazio della sua cortesia.
34
Ivi, pp. 80-81.
35
Rispettivamente, ipotizza Guillaume (che però pone a ciascuna ipotesi un punto interrogativo), 12, 11 e
9 (ivi, p. 80).
36
Ibidem.
37
Nerval. Masques et visages, entretiens de Jean Guillaume avec Jean Louis Préat, Namur, Presses Universitaires de namur, 1988 (études nervaliennes et romantiques, ix), pp. 51-52. Per l’interpretazione del sintagma
filles du feu come vestales cfr. supra, p. 272.
38
Cfr. in proposito Frank Paul Bowman, “Les Filles du Feu: genèse et intertextualité”, in Nerval, actes du
colloque de la Sorbonne du 15 novembre 1997, sous la direction d’andré Guyaux, [préface de arlette Michel,] s.l.
[Paris], Presses de l’Université de Paris-Sorbonne, 1997, pp. [7]-21; e Fumiko Endô-Satô, “Sur l’unité du recueil
Les Filles du Feu”, ivi, pp. [41]-67.
39
OC, iii, pp. [449]-458 (ivi, pp. 1185-1189, la “notice” di Michel Brix; ivi, pp. 1190-1194, le sue “notes
et variantes”).
40
OC, i, pp. [701]-707.
41
OC, iii, pp. [459]-536 (ivi, pp. 1194-1197, la “Notice” di Jacques Bony; ivi, pp. 1197-1198, la sua “note
sur le text”; ivi, pp. 1198-1210, le sue “notes et variantes”).
42
OC, ii, pp. [1]-169 (ivi, pp. [1313]-1327, la “Notice” di Jacques Bony; ivi, pp. 1327-1330, la sua “note
sur le text”; ivi, pp. 1330-1368, le sue “notes et variantes”).
43
Ivi, p. 1314. Sul roman-feuilleton cfr. La querelle du roman-feuilleton. Littérature, presse et politique,
un débat précurseur (1836-1848), textes réunis et présentés par lise dumasy, Grenoble, ellUG, 1999 (archives
critiques).
21
286
44
Sul misterioso personaggio cfr. alexis Guérin, L’étoile aventurière ou La vie de l’abbé de Bucquoy,
Saint-Jean d’Aulps, Les Anciens Jours, 1998.
45
Per essa Gérard si serve di Un enlèvement en 1632. Vie d’Angélique de Longueval, fille de M. d’Haraucourt, governeur de Clermont et du Catelet, en Picardie, écrite par elle-même, in “revue rétrospective”, v, 1834,
pp. [321]-357, che ora si può leggere in FfCG, pp. [455]-479: ma cfr. anche “l’histoire de angélique de longueval”, in Jacques Bony, Le dossier des “Faux Saulniers”, namur, Presses Universitaires de namur, 1984 (études
nervaliennes et romantiques, vii), pp. 21-68. Un’altra digressione riguarda un fascicolo di rapporti di polizia del
1709 (OC, III, pp. 467-472), per il quale cfr. Jacques Bony, Le dossier des “Faux Saulniers”, cit., pp. 13-19.
46
l’espressione “livre fugitif” si legge nell’ottava puntata dei Faux Saulniers (OC, ii, p. 50), in un passo
poi caduto in Angélique.
47
In questa redazione l’Histoire de l’abbé de Bucquoy (xvii e siècle) si legge ivi, pp. [903]-945.
48
Le scarne annotazioni di Bony ad Angélique in OC, iii, sono dovute al fatto che lo studioso può rimandare (ivi, p. 1197) al suo più ampio commento ai Faux Saulniers in OC, II. Fino all’edizione nella “Pléiade” a
cura di Bony il feuilleton del 1850 è stato ingiustamente trascurato nella sua integrità, oscurato dalla Histoire de
l’abbé de Bucquoy e soprattutto, naturalmente, da Angélique. Nell’edizione della “Pléiade” precedente a quella
Guillaume-Pichois, esemplarmente, esso era presente, smembrato, nelle variantes dei due ‘estratti’ e in una sezione di ‘frammenti’: cfr. Gérard de Nerval, Œuvres, texte établi, présenté et annoté par Albert Béguin et Jean
Richer, Paris, Gallimard, 1952-1961, 2 voll. (Bibliothèque de la Pléiade, 89 et 117) [salvo diversa indicazione si
cita rispettivamente dalle ristampe 19745 e 19784], vol. i, pp. [160]-240 e 1266-1283 (Angélique e relative “notes
et variantes”), [441]-460 e 1346-1347 (Fragments des “Faux Saulniers” e relative “notes et variantes”); vol. ii,
pp. [971]-1013 e 1519-1530 (Histoire de l’abbé de Bucquoy (xvii e siècle) e relative “notes et variantes”). alla fondamentale edizione di Bony sono seguite la riproduzione in facsimile dell’originale: Les Faux Saulniers. Histoire
de l’Abbé de Bucquoy, par Gérard de nerval, feuilleton paru dans “le national” du 24 octobre au 22 décembre
1850, édition fac-similé d’après le tirage à part du 4 janvier 1851, avec la collaboration de Raymond Jean […], de
richard Sieburth […], de Marcel Champloy […] et de Michael Haggerty, avec un compte rendu de Michel leiris,
Mirabeau, Éditions du Rapapéou, 2009; e una pregevolissima edizione commentata: Gérard de Nerval, Les Faux
Saulniers. Histoire de l’abbé de Bucquoy, édition Michel Brix, Paris, Éditions du Sandre, 2011. Infine una bella
traduzione in inglese è offerta da Gérard de Nerval, The Salt Smugglers. History of the Abbé de Bucquoy, translated
from the French by richard Sieburth, s.l. [Brooklyn, nY], archipelago Books, 2009; mentre ancora manca una
traduzione italiana.
49
OC, iii, pp. [437]-569 (ivi, p. 1210-1217, la “Notice” di Jacques Bony; ivi, pp. 1217-1218, la sua “note
sur le text”; ivi, pp. 1218-1228, le sue “notes et variantes”).
50
Ivi, pp. 569-579 (ivi, pp. 1228-1233, la “Notice” e le “Notes et variantes” di Jacques Bony).
51
lettera datata “Passy. Ce 5 novembre 1853” (ivi, pp. 819-821; la citazione successiva ivi, p. 821).
52
La redazione della “Sylphide” si legge in OC, i, pp. 754-761 (ivi, pp. 1792-1794, le varianti delle due
redazioni successive); la redazione del 1851 si legge invece in OC, ii, pp. 1261-1270 (con la nota a p. 1791).
53
Ivi, pp. 60-63.
54
OC, iii, pp. 281-284 e 284-290.
55
Si veda rispettivamente ivi, pp. 492-495 (la digressione sul “caractère des pères de la province”, sotto le
rubriche Le roy Loys e Dessous les rosiers blancs [sic]); OC, ii, pp. 1251-1258 (la recensione: il racconto, privo
di titolo, si legge alle pp. 1252-1255 e Nerval dichiara di citarlo perché ha “quelque affinité” con la leggenda di
Gribouille); OC, iii, pp. 306-309 (l’ultimo capitolo della Bohême galante).
56
Ivi, pp. [580]-604 (ivi, pp. 1233-1236, la “notice” di Michel Brix; ivi, pp. 1237-1241, le sue “notes et
variantes”).
57
Christophorus Bärenhäuter im Amerikanerland, in Transatlantische Reiseskizzen und Christophorus
Bärenhäuter. Vom Verfasser des Legitimen und der Republikaner, Zürich, bei Orell, Füßli und Compagnie, 1834, 2
voll., vol. ii, pp. [75]-166 (i due volumi non recano il nome dell’autore). Cfr. Gérard de nerval, Les Filles du Feu.
Nouvelles, texte établi et annoté avec une étude critique par nicolas Popa, Paris, Champion, 1931, 2 tt. (Œuvres
complètes de Gérard de nerval): i [Les Filles du Feu], avec sept fac-similés hors texte; ii [Étude critique sur “Les
Filles du Feu”]; alle pp. 227-231 del t. ii.
58
OC, iii, pp. [605]-611 (ivi, pp. 1241-1243, la “notice” di Michel Brix; ivi, pp. 1243-1246, le sue “notes
et variantes”).
59
Un roman à faire si legge in OC, i, pp. 692-700 (ivi, pp. 694-697, la Troisième lettre; le varianti del 1845
ivi, pp. 1739-1740).
60
Nella lettera inglobata nel testo è fra l’altro menzionata “une figure de sainte Rosalie” (OC, iii, p. 608).
61
Ivi, pp. [612]-623 (ivi, pp. 1247-1250, la “notice” di Michel Brix; ivi, pp. 1250-1260 le sue “notes et
variantes”).
62
La prima redazione del testo (1845) si legge ora fra gli Annexes di FfCG, pp. [493]-512. Cfr. Carl august
Böttiger, Die Isis-Vesper. Nach einem Herculanischen Gemälde, in Minerva. Taschenbuch für das Jahr 1809, leipzig, Gerhard Fleischer bei Jüng., 1809, pp. 93-117, poi in Id., Kleine Schriften archäologischen und antiquarischen
Inhalts, gesammelt und herausgegeben von Julius Sillig, Dresden und Leipzig, Arnoldische Buchhandlung, 18371838, 2 voll., vol. ii (1838), pp. [210]-230 (ma Gérard si è servito dell’almanacco del 1809): cfr. ancora Gérard de
nerval, Les Filles du Feu [ed. Popa], cit., t. ii, pp. 235-243.
287
63
L’edizione della “Pléiade” riproduce dunque il testo solo nei Petits châteaux: OC, iii, pp. [420]-437 (ivi,
pp. 1159-1163, le “Notes et variantes” di Jean-Luc Steinmetz).
64
Ivi, pp. [625]-644 (ivi, pp. 1260-1263, la “notice” di Michel Brix; ivi, pp. 1263-1266 le sue “notes et
variantes”).
65
Gustave Simon, Histoire d’une collaboration. Alexandre Dumas et Auguste Maquet, Paris, Crès, 1919,
p. 15 (cfr. OC, iii, pp. 1260-1261). Per Gérard e Maquet al collège Charlemagne cfr. Claude Pichois et Michel
Brix, Gérard de Nerval, cit., p. 48. Firmata con lo pseudonimo “aloysius”, la Biographie singulière de Raoul
Spifame, seigneur Des Granges compare su “la Presse” del 17-18 settembre 1839 e nel 1852 viene raccolta da
nerval, con il titolo Le Roi de Bicêtre (xvi e siècle). Raoul Spifame, negli Illuminés (OC, ii, pp. [887]-902).
66
OC, iii, pp. [645]-651 (ivi, rispettivamente pp. 1267-1270 e 1270-1275, le “Notices” di Jean Guillaume
e di Jean-Luc Steinmetz; ivi, pp. 1275-1276 la “note sur le texte” di Guillaume; ivi, pp. 1276-1283 “notes et variantes” di Steinmetz); ma cfr. anche Jean Guillaume, “Les Chimères” de Nerval, cit. (all’edizione sono accluse
12 planches con la riproduzione dei manoscritti); e Gérard de Nerval, Les Chimères, La Bohême galante, Petits
châteaux de Bohême, préface de Gérard Macé, édition établie et annotée par Bertrand Marchal, Paris, Gallimard,
2018 [20051] (Poésie, 409).
67
la lettera è datata “Ce lundi” e quel mese caddero di lunedì il 5, il 12, il 19 e il 26.
68
alexandre dumas, Causerie avec mes lecteurs, cit., p. 377: “il y a quelques jours, il passe au bureau;
nous n’y étions pas, chose rare. il s’informe de nous, et en nous attendant il prend une plume, du papier, et nous
laisse ces vers en manière de carte de visite”.
69
OC, iii, p. 458.
70
Ivi, pp. 439-442 (ivi, pp. 1164-1168, le “Notes et variantes” di Jean-Luc Steinmetz, non replicate naturalmente per Les Chimères).
71
Cfr., per Émilie, la citata lettera a Giraud del dicembre 1853: “il feuilletera et trouvera une nouvelle en
Variétés intitulée: ‘le Fort de Bitche’. il faudra mettre, au lieu de ce titre, le nom de l’héroïne”.
72
Non si può escludere, fra l’altro, che Nerval avesse inizialmente concepito le sette Filles du feu (precedute da una introduction che delle nouvelles avrebbe dato la liaison) anche come una sorta di pendant femminile
dei sei ritratti maschili (Raoul Spifame, l’abate de Bucquoy, Restif de la Bretonne, Jacques Cazotte, Cagliostro,
Quintus aucler) consegnati due anni prima agli Illuminés (preceduti anch’essi da una introduzione che di quelle
biographies dà la liaison: La Bibliothèque de mon oncle).
73
e 12 sono anche, forse non casualmente, le lettres in cui è scandita Angélique. il sincretismo nervaliano
sembra naturalmente autorizzare i più varî significati simbolici del 12 (i mesi dell’anno, i segni zodiacali, gli dèi
olimpici, le fatiche di ercole, i libri dell’Eneide, le tribù di israele, gli apostoli…) e del 7 (i giorni della settimana, i giorni della creazione, le virtù cardinali e teologali, i sigilli dell’Apocalisse, le note musicali…) Ma per la
‘famiglia’ delle filles du feu sembra opportuno il riferimento a un passo di Aurélia: “– nous sommes sept, dis-je
à mon oncle. / – C’est en effet, dit-il, le nombre typique de chaque famille humaine” (i, iv: OC, iii, p. 705). Si
ricordi anche che sulla simbologia pitagorica del 3, del 4 e del 7 è costruita la quarta egloga virgiliana (costituita da
3+14+28+14+4 versi), citata in epigrafe a Delfica nella stampa su “l’artiste” (“Ultima Cumæi venit jam carminis
aetas”) e nei Petits châteaux (“Jam redit et virgo…”).
74
Les Chimères, in Gérard de nerval, Œuvres [19521], cit., i, pp. [29]-35; Les Filles du Feu. Nouvelles, ivi,
pp. [167]-343. Nella terza edizione (1960) viene tuttavia reintegrata Émilie perché nel t. ii è stato nel frattempo
incluso Le Roi de Bicêtre, frutto ugualmente di una collaborazione con Maquet (cfr. Note pour la troisième édition,
in id., Œuvres [19745], cit., i, pp. xviii-xix: a p. xix). Nella successiva edizione Garnier a cura di Henri Lemaitre
(1958) la corretta successione – Les Filles du Feu e Les Chimères – è ristabilita ma (senza contare, ancora una
volta, l’omissione di Jemmy e di Émilie e l’equiparazione tipografica alle nouvelles dell’appendice di Sylvie) l’unità del libro è compromessa dall’aggiunta, nella sezione a esso dedicata, di due sottosezioni di testi riconducibili
rispettivamente alle prose e ai versi: cfr. Les Filles du Feu et Les Chimères, in Gérard de nerval, Œuvres, textes
établis, avec un sommaire biographique, un étude sur Gérard de nerval, des notices, des notes, un choix de variantes et une bibliographie, par Henri lemaitre […], Paris, Garnier, 1958, 2 tt. (Classiques Garnier), t. i, pp. [479]-725
(ma la disposizione degli occhielli interni crea ulteriore confusione).
75
Jean Gaulmier, Gérard de Nerval et “Les Filles du Feu”, Paris, Librairie Nizet, 1956, pp. [5]-12 (alle
pp. 7-8). “rares sont les éditions […] qui présentent Les Filles du Feu comme nerval l’a voulu”, afferma poi lo
studioso (ivi, p. 8), ricordando, oltre a quelle di Popa e di Béguin, due edizioni a vario titolo incomplete che non
mi è stato possibile consultare: quella con prefazione Jules Levallois (Paris, Librairie des Bibliophiles, 1888, che
riporta solo Sylvie, Jemmy, Octavie, Isis ed Émilie) e quella nella collana “Génie de la France” (Paris, Hilsum,
1931). nella sua “note sur le texte” (OC, iii, pp. 1184-1885) Michel Brix ricorda in aggiunta il testo estremamente
scorretto e arbitrario nel vol. V delle “Œuvres complètes” (Paris, Lévy, 1868), che tuttavia condiziona le riedizioni
dell’opera fino alla seconda metà del Novecento: per esempio quella di Henri Clouard (Paris, Le Divan, 1927), che
esclude Corilla e Les Chimères ma include Pandora. Brix ricorda peraltro anche l’edizione, fedele all’originale,
della collezione “Bibliothèque du bibliophile” (Lyon, Lardanchet, 1914).
76
Diamo un elenco delle traduzioni italiane dei testi delle Filles du feu: de nerval, Le figlie del fuoco, traduzione di Raffaello Franchi, Milano, Istituto Editoriale italiano, s.d. [1917] (Raccolta di breviari intellettuali, 63)
[contiene: Silvia - Adriana - Aurelia; Jemmy; Ottavia o l’illusione; Emilia (ricordi della Rivoluzione francese)];
Gérard de nerval, Le figlie del fuoco [trad. Macrì], cit. [contiene: Silvia. Ricordi del Valois e Canzoni e leggende
288
del Valois; Jemmy; Ottavia o l’illusione; Iside. Ricordi di Pompei; Emilia. Ricordi della Rivoluzione francese;
A Alexandre Dumas]; id., Il sogno e la vita [trad. Calamandrei], cit. [contiene: Silvia; Emilia. Ricordi della Rivoluzione francese; Ottavia o l’Illusione]; id., Les Chimères / Le Chimere [trad. Parronchi], cit.; id., Le figlie del fuoco,
Aurelia, La mano stregata, traduzione [e nota] di Cesare Giardini, Milano, Rizzoli, 1954 (Biblioteca Universale
Rizzoli, 796-799) [contiene: Le figlie del fuoco: Ad Alessandro Dumas; Angelica; Silvia; Ottavia; Iside. Appendice.
Altre figlie del fuoco: Jemmy; Emilia; Canzoni e leggende del Valois]; id., Silvia. Racconto, traduzione di Franco
Calamandrei, Urbino, istituto statale d’arte, 1954; id., Silvia. Ricordi del Valois, [traduzione e nota di Filippo Ampola,] Firenze, Sansoni, 1954 (La meridiana, 60); Id., Silvia, in Le più belle novelle dell’Ottocento, roma, Casini,
19573, 2 voll., vol. i, pp. 182-209; id., I racconti, cit. [traduzioni di Elena Citati e Franco Calamandrei; contiene:
Ad Alexandre Dumas (n.f.); Angelica (eC); Silvia (FC); Ottavia (FC); Iside (eC); Corilla (eC)]; id., La regina
del mattino, Le figlie del fuoco, Aurelia, introduzione e traduzione di Elvira Cassa Salvi, sedici tavole a colori di
Lorenzo Tornabuoni, s.l. [Roma], Curcio, 1967 (I classici) [contiene: Silvia. Ricordi del Valois; Ottavia; Iside]; id.,
Novelle. Angelica - Silvia - Aurelia - La mano incantata, a cura di diana dell’Omodarme, Torino, UTeT, 1968 (i
grandi scrittori stranieri, s. xii, 287) [contiene: Lettera ad Alessandro Dumas; Angelica; Silvia]; id., “Chimere”
e altre poesie, cit.; id., Le figlie del fuoco. Novelle - Pandora - Aurelia - Le chimere [trad. Macrì], cit. [contiene:
A Alexandre Dumas [Il romanzo tragico]; Angelica; Silvia. Ricordi del Valois; Ottavia; Iside; Les chimères / Le
chimere (fra Le figlie del fuoco e Le chimere sono poste Pandora e Aurelia)]; id., Le figlie del fuoco, La Pandora,
Aurelia, introduzione di Vincenzo Cerami, traduzione di Renata Debenedetti, Milano, Garzanti, 1983 (I grandi
libri Garzanti, 299) [contiene: Ad Alessandro Dumas; Angelica; Silvia. Ricordi del Valois; Canzoni e leggende
del Valois; Ottavia; Iside; Corilla, alle quali seguono La Pandora e Aurelia]; id., Le figlie del fuoco, traduzioni di
Elena Citati e Franco Calamandrei, con saggi di Théophile Gautier e Julia Kristeva, Torino, Einaudi, 1990 (Einaudi
Tascabili, 27) [ripropone le traduzioni nei Racconti del 1966, seguite ancora da La Pandora (eC) e Aurelia (FC)];
id., Sylvie. Ricordi del Valois, traduzione di Umberto Eco, testo a fronte, Torino, Einaudi, 1999 (Scrittori tradotti
da scrittori, 78); id., “Le Chimere” e altri sonetti, traduzione dal francese di Walter Nesti, prefazione di Pierluigi
ligas, verona, Bonaccorso, 2005 (Taschinabili, 6).
77
id., Les Filles du feu, édition établie et présentée par Claude Pichois, Paris, le Club du meilleur livre,
1957 (che non mi è stato possibile consultare); id., Les Filles du Feu. Angélique, Sylvie, Chansons et Légendes du
Valois, Jemmy, Octavie, Isis, Corilla, Émilie, Les Chimères, chronologie et préface par léon Cellier […], Paris,
Garnier-Flammarion, 1965 (GF, 44); id., Les Filles du feu, suivi de Petits châteaux de Bohême, préface de Claude
Pichois, commentaires de Gabrielle Malandain, notes de Caroline Gutmann, Paris, librairie Générale Française,
1985 (le livre de poche, 1226) (che non mi è stato possibile consultare). nella sua “Préface” Cellier rivendica
giustamente l’integrità e l’intentio auctoris del volume: “les élements du livre ne sont pas rassemblés au petit
bonheur et, pour l’amour de nerval, il convient de reproduire le volume tel qu’il l’a voulu” (pp. [11]-18: a p. 14);
ma di esso disconosce in effetti la struttura: Les Chimères costituiscono giustamente sezione a sé ma la sezione
delle nouvelles include À Alexandre Dumas e pone le Chansons et légendes sul piano degli altri testi (per un totale
non di sette, come voleva nerval, ma di nove).
78
Gérard de nerval, Les Filles du feu, La Pandora, Aurélia, texte présenté et annoté par Béatrice didier,
Paris, Gallimard, 1998 [19721] (Folio classique, 179).
79
id., Les Filles du feu, Les Chimères, Sonnets manuscrits, édition de Jacques Bony, Paris, Flammarion,
1994 (GF, 782); id., Les Filles du Feu, Petits Châteaux de Bohême, Promenades et Souvenirs, introduction, notes
et dossier par Michel Brix, Paris, librairie Générale Française, 1999 (le livre de poche, 9632; Classiques de
poche): si noti che all’interno del volume la successione delle tre opere è cronologica (Les Filles du feu, poste
in prima posizione nel frontespizio, sono alle pp. [113]-372) e che in copertina il titolo è “Les Filles du Feu”,
“Les Chimères” et autres textes; id., Les Filles du feu. - Angélique. - Sylvie. - Jemmy. - Octavie. - Isis. - Corilla. - Émilie, Les Chimères, préface de Gérard Macé, édition établie et annotée par Bertrand Marchal […], Paris,
Gallimard, 2005 (Folio classique, 4219). rispetto alla princeps Bony porta giustamente il titolo Les Chimères
in occhiello e ciascun sonetto a pagina nuova, giustapponendo tuttavia questa sezione alla precedente Les Filles
du feu. Nouvelles, aperta ancora una volta da À Alexandre Dumas; Brix e Marchal riproducono sostanzialmente
l’impianto della “Pléiade”, ponendo tuttavia in corpo minore il primo solo il titolo di À Alexandre Dumas, il
secondo anche quello delle Chimères.
80
il primo caso è quello di OC e delle edizioni a cura di Marchal, di Brix e di Illouz e Steinmetz; il
secondo quello delle edizioni a cura di Cellier e Bony. Si noterà che, in ogni caso, i frontespizî (e le copertine)
delle edizioni di Cellier, Bony e Marchal riportano, oltre al titolo delle Filles du feu, anche quello delle Chimères
(quella di Brix solo in copertina): certamente perché nella coscienza del lettore al quale si rivolgono non è
ancora viva la consapevolezza che Les Chimères sono parte integrante delle Filles du feu; non così invece, ed
è certo assai significativo, l’edizione più recente, quella a cura di Illouz e Steinmetz. Nelle pagine seguenti mi
soffermerò soltanto su alcuni aspetti strutturali dell’ultimo libro di Nerval, a partire dai titoli delle due sezioni
che lo costituiscono: per una lettura complessiva di esso cfr. almeno Jean Gaulmier, Gérard de Nerval et “Les
Filles du Feu”, cit. (1956); léon Cellier, “Préface”, cit. (1965); Gérald Schaeffer, Une double lecture de Gérard
de Nerval. “Les Illuminés” et “Les Filles du Feu”, neuchâtel, À la Baconnière - Payot, 1977 (langages), pp.
[73]-[203]; Oreste Macrì, “Introduzione” a Gérard de Nerval, Le figlie del fuoco [1979], cit., pp. 7-35; Michel
Brix, “Notice générale”, cit. (1993); Jacques Bony, “Introduction” a Gérard de Nerval, Les Filles du feu, Les
Chimères, cit., pp. [7]-61 (1994); Gérard de Nerval. “Les Filles du Feu”, “Aurélia”. “Soleil noir”, textes réunis
289
par José-Luis Diaz, Actes du Colloque d’Agrégation des 28 et 29 novembre 1997, Paris, SEDES, 1997; Giovanni
Cacciavillani, “le chimere della vita” (sulle Filles du feu) e “Sotto lo sguardo degli dèi” (sulle Chimères), in id.,
Una lucida follia, cit., pp. 53-110 e 111-125 (1999); Philippe destruel, “Les Filles du feu” de Gérard de Nerval,
Paris, Gallimard, 2014 [20011] (Foliothèque, 95); Gérard Macé, “Préface” a Gérard de nerval, Les Filles du
feu, cit., pp. [7]-23 (2005); e i due saggi che costituiscono l’“introduction” a FfCG: Jean-Nicolas Illouz, “Œuvre
fragmentaire et livre-chimère: note sur la composition des Filles du feu” (pp. [9]-24) e Jean-Luc Steinmetz, “Le
dispositif des Chimères” (pp. 25-42).
81
Mi servo della voce Romanzo di Melusina di Giovanna Federici ajroldi in Dizionario Bompiani delle
opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature, nuova edizione riveduta e integrata, Milano, “Corriere della Sera”, 2005, 12 voll., vol. viii (R-Set), pp. 8358-8360; ma cfr. anche laurence Harf-lancner, “introduction” a Coudrette, Le Roman de Mélusine, texte presenté, traduit et commenté par laurence Harf-lancner, Paris,
Flammarion, 1993 (GF, 671), pp. [9]-36.
82
OC, i, p. 759 (nelle Chansons et légendes del 1854: OC, III, p. 574). Annota Jacques Bony nell’edizione
da lui curata: “Paul Bénichou a montré qu’arcabonne était l’affreuse magicienne de l’Amadis de Gaula” (Gérard
de nerval, Les Filles du feu, Les Chimères, Sonnets manuscrits, cit., p. 389).
83
OC, iii, p. 577.
84
Ivi, p. 577.
85
Ivi, pp. 576 e 559.
86
Ivi, p. 560; e cfr. sempre Sylvie a p. 550: “‘Je veux essayer si cela m’ira, dit-elle. Ah! je vais avoir l’air
d’une vieille fée!’ / ‘la fée des légendes éternellement jeune!…’ dis-je en moi-même”.
87
nelle ultime righe dei Manuscrits antérieurs ou postérieurs au texte [di Aurélia] remis à la “Revue de
Paris” si legge tuttavia: “Mélusine s’adresse à Merlin l’enchanteur et le retient dans un palais splendide que les
Ondines ont bâti sur les bords du rhin” (OC, iii, pp. [751]-756: a p. 756).
88
OC, i, pp. [1121]-1127: a p. 1125.
89
OC, iii, p. [605].
90
OC, II, p. 1298. Il 26 marzo “Le Pays” annuncia infatti, fra le opere che pubblicherà in feuilleton, “L’AMOUR QUI PASSE / Une série de scènes de la vie privée / par M. Gérard de Nerval”, e l’annuncio è ripetuto fino
al 20 agosto (ivi, p. xLi).
91
Si sofferma sul titolo del libro Monique Streiff Moretti, “Réflexions sur un faux titre: ‘Les Filles du
Feu’”, in Nerval, actes du colloque de la Sorbonne, cit., pp. [23]-39. la studiosa sostiene che Les Filles du Feu
fu titolo ‘a effetto’ proposto da Giraud per ragioni commerciali e infine da lui imposto: i dubbî avanzati da Nerval
nella lettera del gennaio escluderebbero “qu’un titre comme Mélusine ou les Filles du Feu ait pu être précédemment proposé par lui” (ivi, p. 25, nota 8). la Moretti dimentica tuttavia la lettera precedente del 22 ottobre, che non
cita: “j’ai l’idée d’intituler cela Mélusine ou les filles du feu”; e nella seconda parte del suo contributo (pp. 31-39)
preferisce concentrarsi sulle risonanze shakespeariane del titolo “plus littéraire” che l’autore avrebbe voluto (appunto Les Amours perdus o Les Amours passées).
92
Un brano della recensione è riportato da Philippe destruel, “Les Filles du feu” de Gérard de Nerval, cit.,
pp. 184-185 (la citazione a p. 184); ma pochi giorni prima Félix Mornand (Causerie littéraire, in “l’illustration”,
18 marzo 1854) aveva scritto: “Les Filles du feu n’ont rien de diabolique: leur origine est la fine flamme du cœur
e de l’esprit chimiquement amalgamés à hautes doses” (ivi, pp. 182-184, a p. 182).
93
OC, ii, pp. 723 e 725. in una nota nerval spiega: “les Éloïms sont des génies primitifs […]. dans le
système des traditions persanes, Adonaï ou Jéhovah (le dieu des Hébreux) n’était que l’un des Éloïms” (ivi, p. 723n).
94
Si veda la voce Eblis nella Bibliothèque orientale del d’Herbelot, di cui nerval abitualmente si serve (alle
pp. 307-308 della prima edizione, à Paris, Par la Compagnie des Libraires, 1697). Si ricordi che Félix Mornand,
recensendo il libro, sente il bisogno di precisare appunto: “Les Filles du feu n’ont rien de diabolique”.
95
Cfr. la discendenza di Caino, alla quale si rifà Nerval (OC, ii, p. 725), in Gen 4,17-22.
96
al tema del fuoco è semmai legato lo sfondo campano di Octavie, Isis e Corilla, dominato dal vesuvio,
che costituisce – anche se in esso non si muovono delle filles du feu – una vera e propria ‘terra del fuoco’.
97
OC, iii, p. 1173. Concorda con Brix anche padre Guillaume: Nerval. Masques et visages, cit., pp. 50-51.
98
Jules Michelet, Histoire de France, Paris, librairie classique de l. Hachette, 1833-1844, 6 tt., t. i, p. 452
(i corsivi sono dell’originale).
99
Nell’incertezza, dunque, preferiamo adottare per il feu del titolo (cfr. supra, nota 13) una prudenziale
minuscola.
100
Fra le recenti interpretazioni del titolo particolarmente articolata e interessante è quella data da Bertrand
Marchal nella notice delle Chimères nella sua edizione Gallimard del 2005, pp. 297-315, anticipata da Id., “Les
chimères de nerval”, in Nerval, actes du colloque de la Sorbonne, cit., pp. [117]-127. lo studioso individua tre
diverse chimères: una chimère psycologique (amorosa, religiosa, letteraria), una chimère mythologique (il mostro
triforme legato ai fils du feu e al “dragon vaincu” di Delfica, 8) e, soprattutto, una chimère poétique che, in opposizione all’incipit dell’aristotelica e razionalistica Ars poetica di Orazio (“Humano capiti cervice pictor equinam /
iungere si velit…”), s’incentra su “un art qui réalise des accouplements monstrueux au nom des caprices de l’imagination” (ivi, p. 307). A differenza di Guillaume (cfr. supra, p. 263), Marchal vede dunque un legame sostanziale
fra il titolo delle Filles du feu e quello delle Chimères: si ricordi infatti che la chimera è un mostro, con la coda di
drago, che sputa fuoco.
290
101
OC, ii, pp. 225 e 1047; OC, iii, p. 656: le chimere marmoree del Voyage e di Pandora sono quelle
viennesi di Schönbrunn. Faccio riferimento alle definizioni offerte da Le Trésor de la Langue Française informatisé [d’ora in poi: TLFi], reso disponibile on line dal Centre national de ressources Textuelles et lexicales
(<https://www.cnrtl.fr/>), s.v. chimère.
102
OC, ii, pp. 947 e 1020; OC, iii, pp. 406 e 444; ivi, p. 567; ivi, p. 749.
103
Ivi, p. 450 (il corsivo non è dell’originale). Peraltro “pays des chimères” è espressione presa in prestito
da un celebre passo di rousseau: “le pays des chimères est en ce monde le seul digne d’être habité, et tel est le
néant des choses humaines, qu’hors l’Être existant par lui-même il n’y a rien de beau que ce qui n’est pas” (Julie
ou La Nouvelle Héloïse, vi, viii).
104
TLFi, s.v. supernaturalisme (dér. supernaturaliste): ma cronologicamente supernaturaliste (nome e
aggettivo) precede supernaturalisme. Cfr. Faust, Der Tragödie. Erster Teil, Walpurgisnachtstraum oder Oberons
und Titanias goldne Hochzeit, 4343-4362 (al v. 4355): si cita da J.W. Goethe, Il “Faust”, versione d’arte con
testo critico di Weimar a fronte, introduzione e commento di Guido Manacorda, Firenze, Sansoni, 1949, 3 voll.
(Biblioteca sansoniana straniera, 91-95), vol. i, p. 328 (Manacorda traduce Supernaturalist con Credente nel
sopranaturale: ivi, p. 329). Per la traduzione di Nerval: Faust, tragédie de Goëthe, nouvelle traduction complète,
en prose et en vers, par Gérard, Paris, dondé-dupré et Fils, imp.-lib., 1828 [ma registrata dalla Bibliographie
de la France il 28 novembre 1827], p. 291. Si veda anche la citata edizione a cura di Lieven D’hulst, p. 263.
Puntualizza in nota lo studioso: “La fortune nervalienne de ce terme ne doit rien au philosophe allemand Jacobi,
l’adversaire du rationalisme que Goethe semblerait ici viser”. Si veda in proposito Jean Guillaume, “Du Faust de
Goethe au surnaturalisme de nerval”, in Le surnaturalisme français, actes du colloque organisé à l’Université
vanderbilt [nashville, Tennessee] les 31 mars et 1er avril 1978, [a cura di Jean Leblon e Claude Pichois,] Neuchâtel, À la Baconnière, 1979 (langages), pp. [51]-61.
105
Faust [1828], cit., p. 290n.
106
Si noti che, se nella préface si legge “comme diraient les allemands”, in un articolo su “l’artiste” del
3 novembre 1844 (Odéon. “Les Nuées”) si leggeva proprio “les allemands, comme Goethe et Heine” (OC, i,
pp. 872-875: a p. 874).
107
Französische Maler. Gemäldeausstellung in Paris 1831, in H. Heine, Der Salon, Hamburg, bei
Hoffmann und Campe, 1834-1835, 2 voll., vol. i, pp. [1]-108.
108
H. Heine, Französische Zustände, Hamburg, bei Hoffmann und Campe, 1833; Henri Heine, De la France, Paris, eugène renduel, 1833: il Salon de 1831 si legge alle pp. [283]-347.
109
Französische Maler, cit., p. 44; Salon de 1831, cit., p. 309 (il corsivo è dell’originale).
110
Salon de 1846, in Charles Baudelaire, Œuvres complètes, texte établi, présenté et annoté par Claude
Pichois, Paris, Gallimard, 1975-1976, 2 voll. (Bibliothèque de la Pléiade, 1 e 7) [ma si cita rispettivamente dalle
edizioni del 1987 e del 1985], vol. II, pp. [415]-496 (alle pp. 432-433). Si veda in proposito Max Milner, “Baudelaire et le surnaturalisme”, in Le surnaturalisme français, cit., pp. [29]-49.
111
De l’Allemagne, Paris, eugène renduel, 1835, 2 voll. (Œuvres d’Henri Heine, v-vi), vol. 1, p. 295.
dopo De la France, e prima dei voll. v-vi (appunto De l’Allemagne), l’editore parigino aveva pubblicato nelle
“Œuvres d’Henri Heine” i Reisebilder. Tableaux de voyage (voll. ii-iii, 1834) e ristampato De la France (vol. iv,
s.d.), mentre il vol. i non sembra mai essere stato stampato. le parti iv-v di De l’Allemagne sarebbero andate
a costituire l’anno dopo, con aggiunte, H. Heine, Die romantische Schule, Hamburg, bei Hoffmann und Campe,
1836 (il passo citato si legge a p. 67: i termini in questione sono Rationalisten e Supernaturalisten). nel 1848
Nerval avrebbe pubblicato le sue traduzioni di poesie di Heine sulla “Revue des Deux Mondes” (15 agosto e 15
settembre: cfr. Les Poésies de Henri Heine, in “Lénore” et autres poésies allemandes, cit., pp. [213]-283); ma il
lavoro di traduzione era iniziato anni prima, come testimonia la lettera al poeta tedesco, da Bruxelles, del 6 novembre 1840 (OC, i, pp. 1359-1360); mentre una lettera a eugène renduel (non datata ma risalente al 1834 o al 1835:
ivi, p. 1298) testimonia che l’editore aveva proposto a Nerval di collaborare alla traduzione delle “Œuvres d’Henri
Heine” e che lui aveva declinato per i troppi impegni.
112
Cfr. Immanuel Kant, I sogni di un visionario spiegati coi sogni della metafisica, introduzione di Guido Morpurgo-Tagliabue, traduzione di M[aria]. Venturini, Milano, Rizzoli, 20012 [19951] (Biblioteca Universale
Rizzoli, L1031; BUR classici). Il testo in tedesco più prossimo a Nerval dei Träume eines Geistersehers, erläutert durch Träume der Metaphysik si legge in Immanuel Kant’s Sämmtliche Werke, herausgegeben von Karl Rosenkranz und Friedr. Wilh. Schubert, Leipzig, Leopold Voss, 1838-1842, 12 voll., vol. VII, t. i, Kleine anthropologisch-praktische Schriften, herausgegeben von Friedr. Wilh. Schubert (1838), pp. [12]-107. La citazione del
frammento eracliteo si legge rispettivamente alle pp. 128 e [65].
113
Si veda in proposito l’ampia “Introduzione” di Morpurgo-Tagliabue a Immanuel Kant, I sogni di un
visionario, cit., pp. 5-[84] (in particolare le pp. 61-62).
114
Immanuel Kant, Prolegomeni ad ogni futura metafisica che potrà presentarsi come scienza, traduzione
di Pantaleo Carabellese, introduzione di Hansmichael Hohenegger, Bari, Laterza, 1996 (Economica Laterza, 90;
Classici della Filosofia con testo a fronte), p. 99.
115
Sono preziose le osservazioni sul termine metafisica che si leggono in arthur Schopenhauer, Metafisica
della natura, a cura di Ignazio Volpicelli, Bari, Laterza, 1993 (Biblioteca Universale Laterza, 399), p. 3: “‘Metafisica!’: è un bel nome! ‘Ciò che sta al di là della natura e di ciò che è semplicemente naturale, al di là dell’esperienza’, ovvero ‘la conoscenza di ciò di cui la natura è fenomeno, che si palesa nella natura; la conoscenza del
291
nocciolo, di cui la natura è involucro; la conoscenza di ciò a cui l’esperienza si pone come semplice indizio’. In
questo senso la parola acquista un suono assai seducente all’orecchio di chiunque sia propenso a pensare con profondità, a chi non basta il fenomeno del mondo, ma vorrebbe conoscerne la vera essenza” (la successiva citazione
a testo ivi, p. 5).
116
novalis, Opera filosofica, Torino, einaudi, 1993, 2 voll. (nuova Universale einaudi, 214), rispettivamente vol. I, edizione italiana a cura di Giampiero Moretti, p. 596 (v Lavori preparatori per raccolte di frammenti
diverse, 481), e vol. II, edizione italiana a cura di Fabrizio Desideri, p. 773 (xiv Frammenti e studi 1799-1800, 671).
117
Marcel raymond, Da Baudelaire al surrealismo, prefazione di Giovanni Macchia, traduzione di Carlo
Muscetta, Torino, einaudi, 1968 [19481] (Piccola Biblioteca einaudi, 99) [edd. originali: 19331, 19402], p. 10. Si
veda anche Giovanni Cacciavillani, Le radici della significazione simbolica: Nerval-Baudelaire, in Il Simbolismo
francese. La poetica, le strutture tematiche, i fondamenti storici, atti del Convegno tenuto all’Università Cattolica
di Milano dal 28 febbraio al 2 marzo 1992, a cura di Sergio Cigada, Carnago (Varese), SugarCo, 1992 (Argomenti,
142), pp. 301-314.
118
OC, iii, p. 458. Gli studiosi indicano solitamente la fonte di nerval in Abrégé des ouvrages d’Ém.
Swédenborg, contenant La doctrine de la nouvelle Jérusalem-céleste, précédé d’un discours où l’on examine la vie
de l’auteur, le genre de ses écrits, et leur rapport au temps présent, A Stockholm, Et se vend A Strasbourg, chez J.
G. Treuttel, libraire, 1788. Sul mistico svedese si veda il classico Martin lamm, Swedenborg, traduit du suédois
par e. Söderlindh, préface de Paul valéry, Paris, Stock, 1936 (Publications du Fonds descartes).
119
OC, iii, p. [695]. Se “ces visions” rimanda appunto alle visioni del “monde des esprits” (e mundus
spirituum è infatti, come vedremo, espressione squisitamente swedenborghiana), “ces études” dovrebbe riferirsi
a “Memorabilia”, dei quali l’Asinus aureus (forse con riferimento precipuo all’inizio del libro XI, quando Iside
appare in sogno a lucio) e la Commedia (letta come visio in somniis) costituirebbero i “modèles poétiques”; mentre “à leur exemple” dovrebbe riferirsi a “ces études” e dunque il modello al quale nerval ispira il suo resoconto
sarebbero proprio i Memorabilia e le visioni del mundus spirituum di Swedenborg. le tre parti del Diarium majus
sive Memorabilia furono pubblicate per le cure di Johann Friedrich Immanuel Tafel (1796-1863, allora prefetto
della regia Biblioteca dell’Università di Tubinga) in tre volumi in cinque tomi, seguiti da altri quattro volumi in
cinque tomi di appendici e indici (Tubingae, curam administrat “Verlagserpedition” - Londini, William Neubery,
1843-1846).
120
Nerval cita Kant nella Notice sur les poètes allemands premessa alla Choix de ballades et poésies aggiunta alla terza edizione della sua traduzione del Faust, Paris, Gosselin, 1840, pp. 295-311 (a p. 303: cfr. OC, i,
p. 1580). Con singolare coincidenza, anche il nome di Swedenborg compare per la prima volta nell’Introduction
del volume (pp. [v]-xxii, a p. xii: cfr. OC, i, p. 506). Quattro anni dopo, in Une litographie mystique, su “l’artiste”
del 28 luglio 1844, il mistico svedese viene da lui definito un “grand écrivain” (cfr. OC, i, pp. 828-831: a p. 830);
e il suo nome comparirà poi (si veda l’Index des noms de personnes et de personnages in OC, iii, p. 1600) nel
romanzo Le Marquis de Fayolle (1849) e in varî luoghi degli Illuminés (1852): specificamente nei pezzi su Jacques
Cazotte (1845), Cagliostro (1849), Restif de la Bretonne (1850) e Quintus Aucler (1851).
121
Per quanto riguarda la filosofia postkantiana (si veda il citato Index des noms), si trova nel 1852 un fugace accenno a Fichte nelle Nuits d’octobre (OC, iii, p. 339: “le moi et le non moi de Fichte se livrent un terrible
combat dans cet esprit plein d’objectivité”) e nessun accenno a Schelling; mentre, prima del vago accenno all’oscurità della “métaphysique d’Hégel” in limine alle Filles du feu, Nerval cita il filosofo in due cronache sulla “Presse” del 15 giugno 1845 (OC, i, p. 917: “il avait plus étudié que compris la philosophie d’Hégel”) e del 26 ottobre
1846 (ivi, p. 1101: “Hégel, qu’il faut toujours citer en matière d’esthétique”) e, nel 1850, definisce singolarmente
restif de la Bretonne “un écrivain auquel il n’a manqué que le génie pour élucider des inspirations où se trouvent
tous les éléments de la doctrine hégélienne” (OC, ii, p. 1035). Tuttavia Gérard ben conosceva i capitoli dedicati da
Madame de Staël, in De l’Allemagne (1813), a Kant (iii, vi) e ai Philosophes le plus célèbres de l’Allemagne avant
et après Kant (iii, vii), segnatamente, appunto, Fichte e Schelling; e conosceva molto probabilmente anche le pagine di Heine sulla rivoluzione filosofica di Kant, Fichte, Schelling e Hegel che costituiscono la Troisième partie di
De l’Allemagne (vol. I, pp. [145]-240). Sugli interessi esoterici di Nerval cfr. invece il classico Jean Richer, Gérard
de Nerval et les doctrines ésotériques, avec des textes et des documents inédits, Paris, éditions du Griffon d’Or,
1947 (Sources et feux); ma anche Bruno nacci, Poesia, vita e pensiero magico in Gérard de Nerval, pubblicato
sulla rivista on line “Samgha” (<https://samgha.wordpress.com/>) l’8 febbraio 2010.
122
Cfr. Arcana coelestia quae in Scriptura Sacra seu Verbo Domini sunt, detecta […]. Una cum Mirabilibus quae visa sunt in Mundo Spirituum et in Coelo Angelorum, opus Emanuelis Swedenborg, ad fidem editionis
principis 1749 ss. londini excusae denuo castigatius edidit d.r Jo. Fr. Im. Tafel, Tubingae, in Bibliopolio ZuGuttenberg, 1833-1842, 13 voll. ad apertura del suo Index operum Swedenborgii theologicorum (vol. i, pp. [523]526) Tafel – poi subito editore del Diarium majus sive Memorabilia (1843-1846): cfr. supra, nota 119 –, registra
che l’editio princeps sulla base della quale ha condotto la sua edizione è composta da “8 Volumina in 4to Londini
impressa”, “5 Partes 1749-1753” (“quae in Genesi”) e “3 Partes 1753-1756” (“quae in exodo”).
123
Immanuel Kant, I sogni di un visionario, cit., p. 157 (ma l’originale ha Hirngespinst).
124
Ivi, p. 159.
125
La citazione virgiliana (“Facilis descensus Averni”) è invece esplicita a conclusione di Angélique (OC,
iii, p. 536), ove è riferita come epigrafe dell’incisione che orna il “livre fugitif” sull’abate de Bucquoy. Cfr. le
osservazioni in proposito di Bruno Nacci, Poesia, vita e pensiero magico in Gérard de Nerval, cit.
292
126
Immanuel Kant, I sogni di un visionario, cit., pp. 113 e 141. l’epigrafe del saggio (non riportata nella
traduzione, ma presente nell’originale: Träume eines Geistersehers, cit., p. [31]) è tuttavia oraziana: “Veluti aegri
somnia vanae / Finguntur species. / Horatius” (Ars p., 7-8).
127
Immanuel Kant, I sogni di un visionario, cit., p. 124n, 127, 129, 130, 133, 151, 162: si tenga conto,
inoltre, che alle 7 occorrenze di Chimären (e chimärisch) se ne alternano 9 dell’affine Hirngespinst.
128
OC, III, p. [449]; Immanuel Kant, I sogni di un visionario, cit., p. 149.
129
Ivi, pp. 129-130, 130, 133 e 135-136.
130
Ma si veda almeno Gabrielle Malandain, Sources du lyrisme et lyrisme des sources. Notes sur “Aurélia”,
in Figures du lyrisme, “romantisme”, 6, 1973, pp. [19]-28; poi, profondamente rielaborato, Gabrielle Charamat,
“intertexte et création poétique. l’exemple de Swedenborg dans Aurélia”, in Nerval et l’Autre, sous la direction
de Corinne Bayle, Paris, Classiques Garnier, 2017 (études romantiques et dix-neuviémistes, 79; Gérard de nerval,
2), pp. [51]-58.
131
OC, iii, p. 745. C’è tuttavia da chiedersi se i Memorabilia ricordati da nerval siano solo quelli stampati
postumi da Tafel fra il 1843 e il 1846 o anche quelli che Swedenborg inserì nella sua Apocalypsis Revelata (1766),
a proposito dei quali l’autore scrive in una lettera non datata all’ambasciatore di Svezia, riportata in Nathaniel
Hobart, Life of Emanuel Swedenborg: with some account of his writings, Boston, William Carter & Brother, 18624,
pp. 144-145: “in the same work are inserted various memorable relations of my intercourse with the spiritual world
[ovvero con il mundus spirituum]” (p. 145).
132
OC, III, p. 728; la lettera a Liszt, datata “Nuremberg, ce 23 juin [1854]”, si legge ivi, pp. 870-871 (la
citazione a p. 871). Aurélia si apre con una riflessione sul sogno (I, i: “le rêve est une seconde vie […]: – le
monde des Esprits s’ouvre pour nous”) e, specularmente, con una riflessione sul sogno si chiude (II, vi), intesa a un
dominio attivo di esso: “Je résolus de fixer le rêve et d’en connaître le secret. – Pourquoi, me dis-je, ne point enfin
forcer ces portes mystiques, armé de toute ma volonté, et dominer mes sensations au lieu de les subir? N’est-il pas
possible de dompter cette chimère attrayante et redoutable, d’imposer une règle à ces esprits des nuits qui se jouent
de notre raison?” (ivi, pp. [695] e 749).
133
Arcana coelestia, 1882-1885 (ed. cit., vol. II, pp. 859-860): cfr. Immanuel Kant, I sogni di un visionario,
cit., p. 151. Kant precisa di seguito: “Tutti gli uomini, secondo lui [Swedenborg], sono ugualmente in rapporto col
mondo degli spiriti; soltanto, essi non lo sentono e la differenza fra lui e gli altri consiste in ciò che il suo interno
è aperto, favore di cui egli parla sempre con riverenza (datum mihi est ex divina Domini misericordia)” (ibidem).
Si legga anche quanto Swedenborg scrive De Visionibus et Somniis, etiam Propheticis, quae in Verbo (Arcana
coelestia, 1966-1983: ed. cit., vol. III, pp. 49-56): ma si tratta essenzialmente, appunto, di visioni e di sogni inviati
da dio ai profeti.
134
TLFi, s.v. rêverie.
135
OC, iii, p. 715 (il corsivo non è dell’originale). È il luogo del testo in cui “nerval s’efforce de faire disparaître […] les dix années qui séparent les deux crises e d’affirmer la continuité de l’expérience” (Jacques Bony,
“notice” di Aurélia, in Gérard de nerval, Aurélia, Un roman à faire […], cit., pp. [243]-250: a p. 250).
136
Ivi, p. 249.
137
“Je vais essayer, à leur exemple, de transcrire les impressions d’une longue maladie qui s’est passée tout
entière dans mon esprit; – et je ne sais pourquoi je me sers de ce terme maladie, car jamais, quant à ce qui est de moimême, je ne me suis senti mieux portant. Parfois, je croyais ma force et mon activité doublées; il me semblait tout
savoir, tout comprendre; l’imagination m’apportait des délices infinies. En recouvrant ce que les hommes appellent
la raison, faudra-t-il regretter de les avoir perdues?…” (OC, iii, p. [695]); “les soins que j’avais reçus m’avaient
déjà rendu à l’affection de ma famille et de mes amis, et je pouvais juger plus sainement le monde d’illusions où
j’avais quelque temps vécu. Toutefois, je me sens heureux des convictions que j’ai acquises, et je compare cette série
d’épreuves que j’ai traversées à ce qui, pour les anciens, représentait l’idée d’une descente aux enfers” (ivi, p. 750).
138
Théophile Gautier, Gérard de Nerval [1867], in id., Portraits et souvenirs littéraires, Paris, Michel lévy
frères, 1875, pp. [1]-68 (alle pp. 56-57).
139
Vera Christiana Religio, continens universam Theologiam novae ecclesiae, a domino apud danielem
cap. vii: 13-14, et in apocalypsi cap. XXi: 1, 2, praedictae, ab emanuele Swedenborg, domini iesu Christi servo,
amstelodami, 1771; La vraie réligion chrétienne, contenant toute la théologie de la nouvelle église, prédite par
le Seigneur dans daniel, vii, 13,14; et dans l’apocalypse, XXi, 1, 2, par emmanuel Swedenborg, Serviteur du
seigneur, Jésus-Christ, traduit du latin par J.-F.-E. Le Boys des Guays sur l’Édition princeps (Amsterdam, 1771),
Saint-amand (Cher), à la librairie de la Nouvelle Jérusalem - Paris, M. Minot, 1852-1853, 3 tt.
140
il rinvio al passo dell’Apocalisse è sul frontespizio della Vera Christiana Religio, ma nel 1763 Swedenborg aveva pubblicato sulla ‘dottrina’ della sua ‘nuova Gerusalemme’, sempre ad amsterdam, ben quattro volumi:
Doctrina Novae Hierosolymae de Domino, Doctrina Novae Hierosolymae de Scriptura Sacra, Doctrina Vitae pro
Nova Hierosolyma ex Praeceptis Decalogi, Doctrina Novae Hierosolymae de Fide.
141
La citazione a testo da Jacques Bony, “Notice” di Aurélia, cit., p. 246. il dialogo con il dio della tradizione ebraico-cristiana si riapre all’inizio della seconda parte: “Plût à Dieu! Mais Dieu lui-même ne peut faire
que la mort soit le néant. / Pourquoi donc est-ce la première fois, depuis si longtemps, que je songe à lui?” (OC,
III, p. [722]); per l’identificazione della Vergine con Iside cfr. ivi, pp. 736 e 741. Ha scritto Jean Richer che Nerval
“aspire à une religion syncrétique, intégrant au christianisme ce qu’il y a d’éternel dans les religions antiques”
(À propos d’“Isis”. Nerval et la religion isiaque, in “Cahiers Gérard de nerval”, 10, 1987, pp. 60-62: a p. 61).
293
142
Cagliostro (xviii e siècle), in OC, II, pp. [119]-1134 (la citazione a p. 1122: il corsivo non è dell’originale). il termine supernaturalisme si trova anche nell’introduzione all’Intermezzo di Heine, sempre in riferimento a
Goethe: “dans Faust, on trouvera même des amours impregnés de supernaturalisme” (“Lénore” et autres poésies
allemandes, p. 254).
143
L’inizio della composizione di Aurélia è segnato dalle pagine che Nerval, ricoverato a Passy, invia il 1°
e il 2 dicembre al dottor Blanche (cfr. la lettera del 2 dicembre in OC, iii, p. 831).
144
Sul disorientamento spirituale della sua generazione Nerval ha scritto importanti riflessioni nel capitolo i
di Sylvie (OC, iii, p. 538) e nel capitolo i della seconda parte di Aurélia (ivi, pp. [722]-723). Sull’importanza del
prozio Antoine Boucher (morto nel 1820, quando Gérard aveva 12 anni) per la sua formazione si vedano invece,
sempre della seconda parte, il capitolo iv (ivi, pp. 730-731); e la breve prosa La Bibliothèque de mon oncle, posta
nel 1852 ad apertura degli Illuminés (OC, ii, pp. [885]-886). Soprattutto gli ultimi ritratti raccolti nel volume – sul
quale si veda Keiko Tsujikawa, Nerval et les limbes de l’histoire. Lecture des “Illuminés”, préface de Jean-Nicolas
Illouz, Genève, Droz, 2008 (Histoire des idées et critique littéraire, 448) – sono rilevanti per le idee religiose di
Nerval: quello di Cazotte, quello di Cagliostro e quello di Quintus Aucler. Persino l’animazione universale che sigilla Les Chimères (e dunque Les Filles du feu) con Vers dorés (“Tout est sensible!”) trova un riscontro in Aurélia,
ii, vi: “Tout vit, tout agit, tout se corresponde” (OC, iii, p. 740).
145
l’episodio della caduta ricordato in Aurélia, i, ix (ivi, p. 715) come inaugurale della seconda crisi è
testimoniato dalla lettera a arsène Houssaye del giorno successivo (OC, ii, p. 1292); Quintus Aucler si legge ivi,
pp. [1135]-1162.
146
l’importantissima lettera è riprodotta, con un’altra del 22 gennaio 1841, in Supplément (Deux lettres inédites à Victor Loubens) a OC, III, pp. [1485]-1490 (la nostra lettera alle pp. 1487-1490, le citazioni alle
pp. 1487-1488).
147
Jean Richer, nel suo Gérard de Nerval et les doctrines ésotériques, cit., puntualizza in proposito: “L’auteur d’Aurélia ou des Chimères n’a pas accès à la connaissance mystique ou immédiate. […] la partie valable de
l’expérience semi-mystique de nerval est de même qualité que celle d’un Gœthe ou d’un Hugo: c’est déjà beaucoup au regard de l’expérience commune; mais il y a difference de nature entre cette expérience pluri-symbolique
et l’expérience de l’Union mystique: celle d’un saint Jean de la Croix par example” (pp. 186-187). La non mai
perduta lucidità dello scrittore è perentoriamente affermata da Baudelaire, a un anno esatto dalla morte di nerval,
in Edgar Poe, sa vie et ses œuvres [1856]: “un écrivain d’une honnêteté admirable, d’une haute intelligence, et qui
fut toujours lucide” (Œuvres complètes, cit., ii, pp. 296-318, a p. 306: il corsivo è, emblematicamente, dell’autore).
148
Il brano, tratto dal romanzo Blumen-Frucht-und Dornenstücke oder Ehestand, Tod und Hochzeit des
Armenadvokaten Siebenkäs (1796-1797), è tradotto da Madame de Staël, con il titolo Un Songe, in De l’Allemagne
(ii, xxviii Des romans): “La vision dont il s’agite rassemble un péu au délire de la fièvre, et doît être jugée comme
telle” (ed. 1813, t. ii, pp. 335-336; Un Songe alle pp. 336-340); ma si veda anche Jean Paul Richter, La Dernière
Heure. Vision, comparsa nella traduzione di François-Adolphe Loève-Veimars sulla “Revue de Paris” del 4 luglio
1830 (ora in FfCG, pp. [515]-518).
149
Le due citazioni dai rispettivi testi liminari degli Illuminés (La Bibliothèque de mon oncle: OC, ii,
p. [885]) e dei Petits châteaux (À un ami: OC, iii, p. [399]).
150
Scrive opportunamente Bowman, a proposito dei ‘materiali’ di provenienza non nervaliana (dal memoriale di Angélique all’‘imitazione’ di Jemmy): “au long des Filles du Feu, on sent qu’on lit toujours du nerval,
même quand il s’agit en fait du texte d’un autre” (“Les Filles du Feu: genèse et intertextualité”, cit., p. 20).
151
Si veda almeno il capitolo “Poétique de l’écho” in Philippe destruel, “Les Filles du feu” de Gérard de
Nerval, cit., pp. 37-54 (la citazione a p. 37).
152
OC, iii, rispettivamente pp. 490-491 e 540-542 e pp. 492-495 e 573.
153
Ivi, pp. 606 e 647.
154
Ivi, pp. 610 e 646.
155
Ivi, pp. 543 e [645].
156
Ivi, pp. 451-452 e [645] (i corsivi sono dell’originale). il ‘microrinvio’ a Brisacier potrebbe forse mutare,
per esempio, la lettura ‘patetica’ del sonetto, come ha scritto Bertrand Marchal: “en somme, la confession pathétique d’“el desdichado” n’est peut-être que la tirade d’un comédien raté sorti du Roman comique, d’un comédien
qui prend son rôle au sérieux, ou qui confond le théâtre et la vie réelle”. Il frammento di Brisacier (già Le Roman
tragique) si pone infatti dichiaratamente come una sorta di seguito del Roman comique (1651 e 1657) di Paul
Scarron, del quale l’Étoile e le Destin sono due personaggi.
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“livré souvent aux soins des domestiques et des paysans [nel valois], j’avais nourri mon esprit de
croyances bizarres, de légendes et de vieilles chansons. Il y avait de quoi faire un poète, et je ne suis qu’un rêveur
en prose” (Promenades et souvenirs, iv Juvenilia: OC, iii, pp. 680-681).
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