[go: up one dir, main page]

Academia.eduAcademia.edu
Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute Scuola di Dottorato di Area Umanistica DOTTORATO DI RICERCA IN TEORIA E STORIA DEI PROCESSI FORMATIVI XXVIII CICLO TESI DI DOTTORATO Indirizzo: Psicologia della Creatività Artistica, Comunicazione ed Orientamento SSD: M-PSI/01 ARTE MEDIANICA: UNA NUOVA IPOTESI DI RICERCA Coordinatore: Candidato: Ch.mo Prof. Rosella Tomassoni Dott. Giuseppe Galetta Anno Accademico 2014/2015 1|P a g. A Francesca, il grande amore della mia vita, alle nostre figlie Federica, Fabiana ed Eliana, e a due persone molto importanti, Elda e Lino. Che il tempo renda ragione dei nostri sacrifici. Per Aspera ad Astra… 2|P a g. INDICE PARTE I: INQUADRAMENTO TEORICO INTRODUZIONE ________________________________________ pag. 8 CAPITOLO PRIMO: L’OGGETTO DELLA RICERCA ___________________________ pag. 12 1.1 Che cos’è l’arte medianica ______________________________ pag. 12 1.2 Le caratteristiche dell’arte medianica ______________________ pag. 22 1.3 Tecniche e stili di psicopittografia ________________________ pag. 28 CAPITOLO SECONDO: IL QUADRO TEORICO ATTUALE _________________________ pag. 34 2.1 L’ipotesi parapsicologica o metapsichica ___________________ pag. 34 2.2 L’ipotesi psicoantropologica o etnopsichiatrica ______________ pag. 42 2.3 L’ipotesi psicoanalitica _________________________________ pag. 61 2.4 L’ipotesi psicopatologica o neuropsichiatrica _______________ pag. 69 2.5 L’ipotesi psicobiochimica ______________________________ pag. 81 PARTE II: LA RICERCA CAPITOLO TERZO: OBIETTIVO E METODO DELLA RICERCA _________________ pag. 86 3.1 Obiettivo della ricerca: una nuova ipotesi interpretativa _______ pag. 86 3.2 Metodo di ricerca: un approccio qualitativo multidisciplinare __ pag. 93 3.3 Fonti di dati e materiali di studio _________________________ pag. 97 3|P a g. CAPITOLO QUARTO: I CASI DI STUDIO _____________________________________ pag. 103 4.1 I casi italiani _______________________________________ pag. 103 4.1.1 Gustavo Adolfo Rol _________________________________ pag. 103 4.1.2 Narciso Bressanello _________________________________ pag. 104 4.1.3 Giuseppe Lanzillo __________________________________ pag. 106 4.1.4 Iris Canti _________________________________________ pag. 109 4.1.5 Liena ____________________________________________ pag. 111 4.1.6 Milly Canavero Serra _______________________________ pag. 112 4.1.7 Giovanna Bergamini ________________________________ pag. 113 4.1.8 Luisa Giovannini ___________________________________ pag. 115 4.1.9 Evelyne Disseau ___________________________________ pag. 117 4.2 I casi francesi _______________________________________ pag. 119 4.2.1 Victorien Sardou ___________________________________ pag. 119 4.2.2 Léon Petitjean _____________________________________ pag. 120 4.2.3 Fleury-Joseph Crépin________________________________ pag. 120 4.2.4 Augustin Lesage ___________________________________ pag. 122 4.2.5 Marguérite Burnat-Provins ___________________________ pag. 124 4.2.6 Laure Pigeon ______________________________________ pag. 125 4.2.7 Victor Simon ______________________________________ pag. 127 4.2.8 Raphaël Lonné (Le Facteur) __________________________ pag. 128 4.3 I casi tedeschi ______________________________________ pag. 131 4.3.1 Heinrich Nüsslein __________________________________ pag. 131 4.3.2 Margarethe Held ___________________________________ pag. 133 4.3.3 Clara Schuff _______________________________________ pag. 135 4.3.4 Victor Emanuel Bickel (Faroxis)_______________________ pag. 136 4.3.5 Gertrud Emde _____________________________________ pag. 139 4.3.6 Salomé Pinx _______________________________________ pag. 140 4.3.7 Heita Coponi ______________________________________ pag. 143 4.4 I casi britannici _____________________________________ pag. 145 4.4.1 Elizabeth Hope (Madame d’Espérance) _________________ pag. 145 4|P a g. 4.4.2 Coral Polge _______________________________________ pag. 145 4.4.3 Matthew Manning __________________________________ pag. 147 4.5 Il caso svizzero _____________________________________ pag. 153 4.5.1 Emma Kunz _______________________________________ pag. 153 4.6 Il caso spagnolo _____________________________________ pag. 155 4.6.1 Marcelo Modrego __________________________________ pag. 155 4.7 Il caso polacco ______________________________________ pag. 156 4.7.1 Marjan Gruzewski __________________________________ pag. 156 4.8 Il caso cecoslovacco__________________________________ pag. 158 4.8.1 Fritzi Libora Reif ___________________________________ pag. 158 4.9 Il caso giapponese ___________________________________ pag. 159 4.9.1 Takeshi Mochizuki _________________________________ pag. 159 4.10 I casi indiani ______________________________________ pag. 161 4.10.1 Sri Chinmoy ______________________________________ pag. 161 4.10.2 Narayana K. N. Murthy (MaNaNi) ____________________ pag. 163 4.11 I casi brasiliani ____________________________________ pag. 165 4.11.1 Luiz Antonio Alencastro Gasparetto ___________________ pag. 165 4.11.2 José Jacques Andrade ______________________________ pag. 169 4.11.3 Florêncio Reverendo Anton Neto _____________________ pag. 176 CAPITOLO QUINTO: LE OPERE D’ARTE ____________________________________ pag. 180 5.1 Tra originalità ed imitazione ___________________________ pag. 180 CAPITOLO SESTO: RISULTATI E DISCUSSIONE ____________________________ pag. 204 6.1 L’ipotesi neuroscientifica: il coinvolgimento dei neuroni specchio_ pag. 204 6.2 L’esistenza della “memoria estetica” _____________________ pag. 213 6.3 La teoria degli stati modificati di coscienza ________________ pag. 221 6.4 L’attivazione degli automatismi creativi __________________ pag. 229 6.5 La criptomnesia _____________________________________ pag. 239 5|P a g. CAPITOLO SETTIMO: CONCLUSIONI ________________________________________ pag. 245 7.1 Verso una neurobiologia degli automatismi creativi _________ pag. 245 7.2 Riepilogo dei risultati raggiunti _________________________ pag. 263 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ________________________ pag. 267 RIFERIMENTI SITOGRAFICI __________________________ pag. 313 INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI _______________________ pag. 315 RINGRAZIAMENTI E RICONOSCIMENTI _______________ pag. 318 6|P a g. PARTE I: INQUADRAMENTO TEORICO 7|P a g. INTRODUZIONE Il recente interesse da parte delle scienze cognitive verso i fenomeni di automatismo creativo di tipo grafico-pittorico, noti come “arte medianica”, deriva dal fatto che queste particolari (ed apparentemente inspiegabili) manifestazioni di creatività artistica si presentano spontaneamente in individui del tutto inesperti d’arte (o comunque inconsapevoli di possedere capacità artistiche sino al momento della loro improvvisa manifestazione). Poiché tali soggetti, nel corso di questi fenomeni, manifestano una sensibile alterazione dello stato ordinario di coscienza, caratterizzato da trance e stati allucinatori di tipo dissociativo, è stata osservata una notevole analogia tra queste esperienze di creatività non-ordinaria ed alcuni disturbi di natura psicopatologica e neuropsichiatrica, che però solo in parte contribuirebbero a spiegare tali automatismi, dato che il quadro sintomatologico riconducibile a queste patologie mentali può in alcuni casi interessare anche le cosiddette persone “geniali” (ossia dotate di elevate capacità mentali ed intellettive) e quindi, escludendo il caso dei soggetti affetti dalla sindrome di Savant, possono comparire anche in individui del tutto normali sotto il profilo neuropsichiatrico (Juda, 1949; Keefe & Magaro, 1980; Richards, 1981; Andreasen, 1988). Poiché la psicogenesi di tali fenomeni di creatività non-ordinaria appare ancora incerta e le spiegazioni fornite sino ad oggi (essenzialmente di tipo parapsicologico o psicopatologico) non sono del tutto convincenti, la presente ricerca si è posta l’obiettivo di giungere alla formulazione di una nuova ipotesi interpretativa sulla base dei recenti studi condotti in ambito neuroscientifico, anche mediante l’utilizzo di avanzate tecnologie medico-diagnostiche (come 8|P a g. la risonanza magnetica funzionale o fMRI), nel tentativo di fornire una spiegazione scientifica convincente ai fenomeni di automatismo creativo, senza tuttavia trascurare gli aspetti psicodinamici che caratterizzano tali fenomeni creativi. Infatti, si è osservato che alcuni individui, spesso appartenenti a precisi contesti culturali e geografici, manifestano una particolare predisposizione ai fenomeni di automatismo creativo (o dissociazione creativa): tali soggetti si “attivano” infatti in presenza di particolari condizioni (di solito riconducibili ad uno stato modificato di coscienza), rivelando una specifica “ipersensibilità” estetica che sembrerebbe avere basi di natura neurale, essendo in qualche modo connessa al funzionamento dei neuroni specchio. Interpretando i risultati delle suddette sperimentazioni, abbiamo tentato di individuare i correlati neurali relativi ai fenomeni di automatismo creativo tipici della cosiddetta “arte medianica”, cercando di comprendere se tali fenomeni possano avere delle basi neurobiologiche e, quindi, in qualche modo universali. Secondo l’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca (che aspira ad essere il primo studio scientifico sull’argomento), i neuroni specchio avrebbero un ruolo determinante nell’insorgenza degli automatismi creativi, che costituiscono la manifestazione più evidente ed impressionante dei fenomeni di arte medianica, nel corso dei quali individui del tutto inesperti d’arte, ossia privi delle necessarie conoscenze tecnico-artistiche e stilistiche, sono in grado di produrre opere d’arte in stato modificato di coscienza attraverso un processo esecutivo apparentemente spontaneo e involontario. Alcuni esperimenti condotti dal Dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università di San Paolo del Brasile hanno infatti rilevato una sensibile variazione dell’attività cerebrale nel corso di tali fenomeni creativi, in particolare un’oscillazione anomala delle onde cerebrali gamma, delta e theta (che sono onde lente e ad alta energia, strettamente connesse ai processi di generazione creativa), confermando un’alterazione dei processi neurobiochimici correlati allo stato modificato di coscienza degli artisti medianici. Tali modificazioni sarebbero dunque collegate ai meccanismi di visione mentale (mediata dai processi di percezione estetico-visiva dell’individuo) che, secondo l’ipotesi presentata in 9|P a g. questo lavoro di ricerca, coinvolgerebbero il sistema dei neuroni specchio: infatti, le variazioni riscontrate nell’attività delle suddette onde cerebrali sembrerebbe essere connessa proprio all’attivazione dei neuroni specchio nei processi di visione “interna” delle immagini estetiche memorizzate dal soggetto percipiente, le quali, una volta richiamate in particolari condizioni di attivazione (come gli stati modificati di coscienza), consentirebbero al soggetto stesso di mettere in moto i processi di automatismo creativo, rilevabili nel corso delle manifestazioni di “arte medianica”. Il fenomeno dell’automatismo creativo sarebbe dunque spiegabile da un punto di vista neurobiologico, ammettendo il possesso di una specifica struttura (o asset) neurale grazie alla quale alcuni individui sarebbero in grado di sviluppare una particolare “ipersensibilità” al dato estetico: tale “ipersensibilità” (derivante, come si vedrà più avanti, da un possibile scompenso nei meccanismi di neural binding), permetterebbe agli artisti medianici non solo di riprodurre automaticamente le proprie immagini mentali ma, se sottoposti a particolari forme di condizionamento all’interno di specifici contesti altamente suggestionanti (come i Centros spiritici brasiliani, di cui si parlerà in seguito), di simulare o imitare l’esatto modello stilisticoformale (art genome) di famosi artisti scomparsi, ossia la particolare cifra estetica individuale che caratterizza ogni artista (e che lo rende riconoscibile rispetto ad altri artisti), normalmente unica e irripetibile, proprio perchè basata sulle esperienze estetiche pregresse, sul background formativo e culturale, nonchè, sul know-how tecnico-stilistico, acquisiti da ciascuno di questi individui nel corso della propria vita: tali soggetti riuscirebbero dunque ad accedere ad una specifica “memoria estetica”, attraverso la quale sarebbero in grado di registrare inconsapevolmente i dati estetici provenienti dalla realtà, acquisendoli attraverso i processi visivi di percezione estetica. Grazie a questa “memoria estetica”, gli artisti medianici sarebbero in grado di passare senza difficoltà da uno stile all’altro (tale capacità è definita Stilwandel o Style Switching), manifestando “identità” artistiche diverse senza necessariamente essere affetti da disturbo dissociativo dell’identità (o disturbo di personalità multipla, secondo la classificazione ICD-10), circostanze spesso correlate a 10 | P a g . manifestazioni anomale di genialità creativa, come rilevato nel corso di numerose ricerche (Braude, 1995). Tale spiegazione escluderebbe pertanto sia la natura paranormale (o parapsicologica) che quella psicopatologica o neuropsichiatrica dei fenomeni di automatismo creativo, coinvolgendo invece i processi neurobiologici e il sistema neurale dell’individuo, il quale sarebbe dunque neurofisiologicamente predisposto ad attivarsi in particolari condizioni, costituite da stati modificati di coscienza, quali ad esempio: trance indotta o autoindotta, ipnosi o autoipnosi, meditazione profonda, esperienze mistico-religiose fortemente immersive e suggestionanti, eventi traumatici psichicamente ed emotivamente destabilizzanti per il soggetto, assunzione di sostanze psicotrope o allucinogene, elevato livello di condizionamento sociale operato all’interno della comunità di appartenenza dell’artista. Tutte queste circostanze verranno adeguatamente approfondite nei prossimi capitoli del presente lavoro. 11 | P a g . CAPITOLO PRIMO: L’OGGETTO DELLA RICERCA 1.1 Che cos’è l’arte medianica? L’arte medianica è un fenomeno psichico di automatismo creativo che tende a manifestarsi in alcuni soggetti che, secondo l’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca, sarebbero specificamente “ipersensibili” al dato estetico. Tali individui, normalmente privi di qualsiasi competenza, esperienza o capacità artistica e/o tecnico-stilistica, una volta immersi uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, sono in grado di realizzare opere d’arte (dipinti, sculture, testi letterari, spartiti musicali, coreografie di danza e altro ancora) in modo apparentemente inspiegabile, attraverso un processo creativo caratterizzato da automatismi motori di tipo meccanico, inconsapevolezza ed estrema rapidità esecutiva. Infatti, tale fenomeno si manifesta generalmente quando l’individuo si trova in uno stato alterato di coscienza (assorbimento dissociativo o trance ipnotica), caratterizzato da modalità esecutive ritualizzate e meccaniche che si esprimono al di fuori del controllo cosciente dell’individuo, il quale, una volta rientrato allo stato di coscienza ordinario, non ricorda quanto accaduto e non riconosce di essere egli stesso l’autore dell’opera. Tuttavia il termine “arte medianica” è fuorviante, in quanto rimanda ad una supposta origine paranormale di tali fenomeni creativi. Infatti il concetto di “medianità” venne introdotto verso la metà dell’Ottocento, nel periodo di massima diffusione del movimento spiritico in Europa, la cui dottrina fu codificata dal pedagogista e filosofo francese Hippolyte Léon Denizard Rivail (noto con lo pseudonimo di Allan Kardec): si pensava infatti che alcuni individui (definiti “medium” o sensitivi), dotati di una particolare sensibilità 12 | P a g . o doti medianiche, potessero fungere da tramite o “canale” di comunicazione tra il mondo dei viventi e quello dei defunti, ammettendo dunque l’esistenza di una dimensione spirituale e di una sopravvivenza dell’individuo dopo la morte. Il concetto di “medianità” è stato ripreso in tempi più recenti dai circoli spiritici kardeciani (ossia ispirati all’insegnamento di Allan Kardec), che stanno sorgendo sempre più numerosi in Brasile, il paese da dove proviene attualmente la maggior parte dei pittori medianici viventi. La definizione di “arte medianica” ha quindi resistito fino ad oggi nell’immaginario collettivo, grazie alla presunta inesplicabilità dei fenomeni di automatismo creativo che la caratterizzano (opportunamente spettacolarizzati dai media e dalla propaganda degli stessi circoli spiritici), i quali si verificano senza che i soggetti abbiano alcuna competenza artistica o tecnico-stilistica a livello consapevole, ma soprattutto quando essi sono immersi in uno stato modificato di coscienza, che implica appunto l’inconsapevolezza e l’involontarietà delle manifestazioni creative, impressionando e suggestionando al tempo stesso il pubblico che assiste alle esibizioni. Il fascino suscitato dall’ipotesi fortemente suggestiva che possa esistere un “aldilà”, ovvero una dimensione spirituale oltre la vita, e che gli “spiriti” dei trapassati possano in qualche modo comunicare con alcuni individui, investiti del ruolo di “intermediari” (o channelers) dalla propria comunità di riferimento, è rafforzato ed avvalorato dal fatto che molto spesso gli artisti medianici sperimentano anche altri fenomeni, il cui studio è stato sino ad oggi di esclusivo dominio della parapsicologia, come le percezioni extrasensoriali (ESP), la psicocinesi, la telepatia, la precognizione e così via. Ad ogni modo, per gli scopi del presente lavoro, sarebbe più opportuno sostituire la definizione di “arte medianica”, eccessivamente contaminata da elementi di natura parapsicologica, con quella di “automatismo psichico”, scientificamente più corretta e pertinente al nostro ambito di ricerca. In base alla particolare fenomenologia delle sue manifestazioni e all’analisi dei dati osservazionali raccolti sui vari casi di studio presi in esame, l’arte medianica si manifesta quindi come il prodotto di un’attività creativa inconsapevole, involontaria ed automatica da parte di un soggetto che non è in grado di guidare coscientemente i processi creativi, né 13 | P a g . gli automatismi motori che gli consentono di realizzare opere d’arte senza avere alcuna conoscenza tecnico-stilistica. L’arte medianica, spesso erroneamente ritenuta una forma di espressione pittorica psicopatologica (definita Outsider Art), si configura dunque, almeno apparentemente, come un processo di espressione “anomala” di creatività, ovvero un fenomeno psichico in grado di produrre manifestazioni di creatività non-ordinaria, esprimendosi in maniera diversa rispetto agli standard socialmente e culturalmente accettati di “creatività artistica” (Hughes & Drew, 1984): essa si presenta, nella sua forma più semplice, come disegno o grafismo (in parte simile alla cosiddetta “scrittura automatica”), fino ad arrivare a prodotti sempre più complessi ed elaborati come dipinti, sculture, composizioni musicali, danza ed opere letterarie, spesso dotate di elevato valore estetico ed artistico. Lo stato di dissociazione psicomotoria e di automatismo psichico che caratterizzano questo particolare fenomeno creativo, che si manifesta più spesso attraverso la creazione di opere d’arte figurativa (dipinti o, più raramente, sculture), oppure sotto forma di scrittura “automatica” di opere letterarie o spartiti musicali (meno frequente), è ancora oggetto di pochi studi scientifici, poiché sino ad oggi si è preferito classificare tale tipologia di manifestazione creativa come fenomeno paranormale o evento metapsichico, non essendovi elementi sufficienti a darne una spiegazione razionale e scientifica: poiché questo fenomeno si verifica senza la partecipazione consapevole e cosciente dell’autore (che spesso riferisce di essersi sentito “posseduto” da un’entità disincarnata a lui estranea), l’artista medianico è ritenuto essere una sorta di “medium”, ovvero un intermediario (o “canale”) tra il mondo materiale ed una dimensione spirituale (o realtà sovradimensionale) con la quale egli sarebbe in grado di entrare in contatto. Attraverso la guida di presunte entità di natura spiritica, il soggetto riuscirebbe a creare opere di notevole pregio estetico, pur senza possedere alcuna formazione e/o competenza di tipo artistico. Per tale motivo, l’arte medianica viene comunemente considerata una forma di comunicazione con l’aldilà, ossia una sorta di messaggio destinato ai viventi per scopi di natura benefica (guarigione psichica, rinascita spirituale o altro ancora). 14 | P a g . Da un punto di vista parapsicologico (o metapsichico), tale forma di comunicazione tra la dimensione materiale (o terrena) e quella spirituale è stata definita channeling (o “canalizzazione”): l’artista infatti, secondo la tipica immagine diffusa dai circoli spiritici e dai media, grazie alla spettacolarizzazione delle performances pubbliche, sarebbe dunque un channeler, ossia un “medium” (o canalizzatore) tra la realtà sensibile ed una dimensione trascendente o “spirituale”: infatti, la “possessione” da parte di un’entità spiritica o di una forza estranea alla volontà del soggetto, è stata sino ad oggi la spiegazione popolare più utilizzata per descrivere questa tipologia di fenomeno psichico (Hastings, 1991). In effetti, se consideriamo la creatività artistica come un viaggio dell’artista nei meandri dell’inconscio, è plausibile accettare l’idea dell’esistenza di un canale attraverso il quale sarebbe possibile accedere alle profondità della psiche. Infatti, il concetto di channel è utilizzato in ambito metapsichico e parapsicologico per descrivere l’ingresso della persona in una dimensione parallela ed “altra” rispetto alla realtà sensibile e materiale, grazie alla quale l’individuo sarebbe capace di acquisire abilità artistiche e ricevere istruzioni sull’utilizzo delle tecniche di espressione pittorica, o essere guidato (senza la sua partecipazione consapevole) nella realizzazione di opere d’arte di indubbio valore estetico, tanto da essere attribuite, in quanto a stile e fattura, a famosi artisti del passato (Servadio, 1970; Eisenbeiss & Hassler, 2006). Questa spiegazione è avvalorata dal fatto che l’individuo, una volta rientrato nel suo stato ordinario di coscienza, non è in grado di riconoscere l’opera come il prodotto della propria attività creativa, non essendo consapevole di possedere (a livello conscio) le abilità artistiche necessarie a crearla. Il concetto di “canale” o “canalizzazione” (channeling) ha pertanto contribuito a spiegare, ad un livello superficiale e pseudoscientifico, il fenomeno attraverso il quale persone senza alcuna conoscenza artistica o knowhow tecnico, siano in grado di realizzare, a un certo punto della loro vita ed in particolari condizioni di alterazione della propria coscienza, opere d’arte che non sarebbero mai state in grado di eseguire in condizioni normali. Ma da quali processi psichici è attivata questa creatività artistica? Quali sono le condizioni per cui quel “canale” viene aperto, ma, soprattutto, dove 15 | P a g . conduce? La difficoltà nel dare una spiegazione scientifica a tali fenomeni di creatività non-ordinaria ha relegato sino ad oggi queste manifestazioni “anomale” di creatività artistica nel limbo dei fenomeni parapsicologici e matapsichici, ovvero degli eventi paranormali, inducendo a considerare gli artisti come una sorta di “medium” ed il lavoro da essi prodotto come una sorta di “messaggio” proveniente da una dimensione sovrasensibile, trascendente e spirituale, di cui l’artista sarebbe il tramite o “canale”: questa particolare forma di creatività artistica è stata appunto definita “arte medianica”, psichica o spiritica. Sin dai tempi antichi, se il medium era ritenuto essere un mezzo o tramite tra la realtà dei vivi e l’aldilà, l’ispirazione e la creatività artistica, nascendo nel dominio del sovrasensibile e dell’immateriale, era ritenuta essere espressione riflessa della dimensione divina: l’artista era visto dunque come un intermediario tra il mondo degli uomini e quello degli dèi (o delle Muse, come si credeva nell’antica Grecia). Difatti, in tempi remoti, non vi era una chiara distinzione tra arte e religione: la tradizionale separazione tra categorie razionali e categorie estetiche non esisteva, in quanto tali categorie erano unificate nella sfera del mito (Campbell & Moyers, 1991). D’altro canto, in tempi più recenti, il tentativo di dare una spiegazione più scientifica del fenomeno (supportandola con dati e classificazioni di tipo nosografico), ha prodotto un improprio accostamento dell’arte medianica all’arte psicopatologica, ossia prodotta da pazienti psichiatrici o individui affetti da specifiche patologie mentali (in particolare la schizofrenia o il disturbo dissociativo dell’identità). Infatti, se è vero che alcune manifestazioni del fenomeno dell’arte medianica sono in parte simili a quelle riscontrate nel caso della creatività artistica di tipo psicopatologico, tale filone di ricerca, di tipo essenzialmente comparativo, ha insistito sul lavoro di individuazione di segni patologici di tipo clinico-psichiatrico nell’attività creativa dell’artista medianico (corrispondenti a preesistenti schemi nosografici), trascurando gran parte della ricchezza fenomenologica che contraddistingue tali manifestazioni creative. I risultati di tale ricerca hanno pertanto restituito un quadro basato sulla tipizzazione e classificazione schematica dei disegni del malato psichico, pur nell’intento di operare una comparazione tra l’arte psicopatologica e 16 | P a g . quella medianica. Ma, almeno fino al 1950, tale lavoro ha condotto ad una impropria assimilazione dell’arte medianica all’arte di tipo psicopatologico, identificando molte volte l’artista medianico con un malato psichico o un soggetto affetto da distubri psichiatrici. Soltanto dopo la prima metà del ventesimo secolo il fenomeno della creatività pittorica non-ordinaria ha assunto una prospettiva più ampia, grazie all’introduzione di schemi interpretativi più attenti alla dimensione comunicativa del fenomeno, che hanno avuto il merito di accostare l’attività grafico-pittorica del malato psichico ad un processo di natura linguistica, capace quindi di assumere una molteplicità di configurazioni (Bobon, 1955; Gruber, 1980): “L’analisi diacronica della produzione grafica mostra che il risultato dipende da vari fattori, di cui quello patologico è solamente uno” (Peduto, 1979, p. 194). Alcuni studiosi si sono concentrati in particolar modo sull’analisi del cambiamento di stile grafico o Stilwandel (Maccagnani, 1958; Andreoli & Trabucchi, 1969). La modificazione nel tempo del tratto pittorico dello stesso paziente nel corso del tempo, mette in luce l’importanza di una molteplicità di fattori, quali l’ambiente di lavoro o l’acquisizione di nuove tecniche pittoriche, l’utilizzo di specifici mezzi tecnici: ad esempio, analizzando l’evoluzione e la modificazione nel tempo dello stile grafico-pittorico di uno stesso soggetto, si rileva che alcune caratteristiche tipiche del cosiddetto “stile schizofrenico” scompaiono e vengono sostituite da altre a cui non si riesce a dare una classificazione univoca. Si esce in tal modo dalla logica preconcetta di assegnare un’etichetta fissa ad un tipo di pittura che si ritiene rigorosamente immodificabile proprio perché associata ad una determinata malattia mentale: “il passaggio dall’esame sincronico a quello diacronico distrugge rapidamente ogni schematismo di legame tra tipo di patologia e tipo di espressione grafica” (Peduto, 1979, p. 195). Attraverso un’analisi semiotica di tipo linguistico è stato possibile assegnare alla pittura alienata lo statuto di fenomeno comunicativo a tutti gli effetti, ossia di un messaggio in grado di comunicare qualcosa sulla psiche dell’autore, parlando del suo inconscio e dei suoi conflitti interiori, delle sue pulsioni, dei suoi sogni, dei suoi desideri insoddisfatti o dei traumi rimossi. Si cerca quindi di approfondire la genesi di 17 | P a g . determinati segni grafici ed il loro collegamento con la psicobiografia del soggetto analizzato, giungendo ad una semantica del fenomeno creativo in grado di dare nuovo senso e restituire nuovi significati a manifestazioni artistiche apparentemente anomale e fuori dall’ordinario, allontanandosi dalla rigida classificazione di fenomeni psicopatologici strettamente legati ad uno specifico contesto clinico-psichiatrico. In sostanza, ci si è resi conto che alcune modalità di manifestazione della creatività artistica, così come determinate caratteristiche espressive che un tempo sarebbero state attribuite unicamente a casi psichiatrici, si presentavano anche in soggetti del tutto distanti da diagnosi cliniche di tipo psicopatologico: non è quindi giustificato affrontare l’analisi del fenomeno dell’arte medianica partendo da un punto di vista strettamente psichiatrico e/o psicopatologico. Si tratta infatti di un fenomeno (ma anche di un linguaggio o codice) differente, che richiede un tipo di analisi a sé stante, rispetto alla quale insistere su una comparazione tra arte psicopatologica ed arte medianica potrebbe non essere la metodologia più corretta di analisi. Lo psicologo e studioso di fenomeni paranormali Elmar R. Gruber, dopo aver presentato nel 1980 una classificazione comparativa tra i due tipi di arte (che sarà illustrata più avanti), pur ammettendo che la presenza di elementi comuni nelle modalità di manifestazione delle due tipologie d’arte potrebbe indurre ad ammettere l’esistenza di processi psichici comuni, chiarisce che “anche dopo aver descritto le strutture dell’Arte Medianica e dell’Espressione Pittorica Psicopatologica, non si può avere un quadro coerente intorno a questo confronto. Se questo studio, sia esso artistico o fenomenico o ambedue, rivela che non possono essere trovati fattori comuni a causa della grande varietà di patterns, questo può significare che tutto ciò che può essere detto intorno al confronto può essere null’altro che un artefatto” (Gruber, 1980). Lo studioso austriaco ammette dunque che l’arte psicopatologica “presenta una multiformità di aspetti che difficilmente possono essere ricondotti a semplicistici schemi classificatori; si ha anche l’impressione che molto spesso coloro che hanno studiato questo tipo di espressione sono stati condotti a troppo facili generalizzazioni, che, tra l’altro avrebbero richiesto, per avere fondato valore scientifico, un adeguato 18 | P a g . confronto, sempre problematico per altro, con espressioni figurative di persone normali” (Peduto, 1979, pp. 199-200). In effetti, è necessario ammettere che è estremamente difficile effettuare un confronto tra arte psicopatologica ed arte medianica che abbia sufficiente significatività statistica, data l’esiguità numerica dei casi di arte medianica nel mondo, per cui nella maggior parte dei casi, si è preferito assimilare tali casi a quelli più numerosi di creatività artistica di tipo psicopatologico, trattando gli artisti medianici alla stregua di casi clinici. Ma c’è un dato di fatto: ossia che l’arte medianica presenta dei caratteri di “coerenza” interna e di omogeneità che non si riscontrano nell’arte psicopatologica, ossia un’omogeneità e un ritualismo nelle manifestazioni del fenomeno che nulla hanno a che vedere con le caotiche, disgreganti, etereogenee e dissolutive rappresentazioni pittoriche dei malati mentali: esiste infatti un sottile filo che lega diacronicamente le produzioni creative di uno stesso artista medianico nel tempo, una sorta di coerente linea di sviluppo che è possibile cogliere studiando approfonditamente le caratteristiche estetico-stilistiche delle opere prodotte, che dicono molto sulla personalità del soggetto analizzato, nonché i tratti psicobiografici e personologici dell’artista. Infatti, di solito, le produzioni di arte medianiche superano il concetto della pura reiterazione ossessiva degli elementi (presente anche negli artisti alienati) per attestarsi su una serialità della produzione artistica: l’artista medianico tende a ripetere lo stesso tipo di raffigurazione, apportando progressivamente delle variazioni che mostrano una linea di evoluzione del processo creativo individuale nel tempo, evidenziando la coerenza e l’omogeneità che lo distingue dall’arte psicopatologica. Ma non solo: dalle opere risulta evidente la volontà di trasmettere un messaggio, utilizzando il mezzo grafico-pittorico e le sue possibilità linguistico-espressive ed evocativo-simboliche per essere trasmesso al pubblico. Secondo tale prospettiva, l’arte medianica sarebbe essenzialmente una specifica forma di comunicazione dell’artista. Il problema è che spesso, tale messaggio risulta incomprensibile, oscuro e misterioso in quanto: a) l’artista è inconsapevole delle modalità di manifestazione del fenomeno, che si manifesta al di fuori del suo controllo cosciente: manca, cioè, 19 | P a g . un’intenzionalità espressiva ed una creatività consapevole; b) non vi sono informazioni sufficienti sul codice di comunicazione utilizzato dall’artista, che aiutino a decodificare il messaggio espresso e veicolato dall’opera d’arte, per cui l’interpretazione da parte degli studiosi (e dello stesso pubblico) rischia di essere fortemente soggettiva e fuorviante: lo stesso artista, inconsapevole del fenomeno di cui è stato protagonista, si pone di fronte alla sua opera come spettatore e non come autore. È quindi utile, per uno studio scientifico ed accurato del fenomeno, non solo indagare sul vissuto dell’artista (che può essere investigato attraverso specifiche interviste in profondità o per mezzo dell’ipnosi regressiva), ma prendere in considerazione parametri più oggettivi, che possono essere evidenziati ed opportunamente misurati ed interpretati attraverso l’utilizzo di test psicodiagnostici e proiettivi, indagini e sperimentazioni neurodiagnostiche tramite l’impiego della risonanza magnetica funzionale (o fMRI), ma anche attraverso l’analisi del contesto socio-culturale ed antropologico di appartenenza del soggetto: la creatività inconsapevole, l’assenza di intenzionalità espressiva, i lampi e le esplosioni creative inattese e improvvise, la rappresentazione pittorica “ispirata”, la dissociazione creativa, la trance estetica e gli stati alterati di coscienza, sono tutti fenomeni che su cui è necessario indagare senza falsi preconcetti e al di fuori di facili accostamenti ad una creatività artistica alienata, ossia psicologicamente malata e anormale. Un’ulteriore difficoltà di comparazione e, quindi, di comprensione delle differenze tra le due forme d’arte sta nel fatto che parte della letteratura sull’arte medianica è stata sino ad oggi di estrazione “spiritistica” ed ha accentuato maggiormente, spesso in maniera acritica, gli aspetti “straordinari” del fenomeno, fornendo ben poco materiale psicodiagnostico sugli artisti medianici, che sarebbero stati utili per un adeguato e fruttuoso confronto scientifico. Lo stesso approccio utilizzato dai media televisivi ha accentuato ulteriormente le dinamiche di spettacolarizzazione del fenomeno, più orientate ad una visione paranormale, prodigiosa ed inspiegabile delle manifestazioni di arte medianica, presentandole come fenomeni di tipo parapsicologico. L’arte medianica è senza dubbio una manifestazione creativa “anomala” e misteriosa, in quanto 20 | P a g . costituisce un processo creativo inspiegabile per lo stesso artista, soprattutto se si considera che alcune opere sono dotate di notevole qualità estetica, essendo caratterizzate da eccezionale virtuosismo, spesso del tutto paragonabile alle opere d’arte “convenzionale” e ordinaria, ossia prodotta da artisti professionisti (Martelli, 1977). Bisogna comunque tener presente che le manifestazioni psicopittografiche possono verificarsi anche in soggetti che sono già artisti, ossia possiedono un background formativo ed esperienziale di tipo artistico. In questi casi, è osservabile un processo di sovrapposizione di differenti “personalità creative” e stili artistici diversi, tant’è che lo stile pittorico normalmente utilizzato dall’artista si modifica sensibilmente nel corso delle manifestazioni psichiche di arte medianica (Stilwandel), producendo opere del tutto diverse e non corrispondenti agli standard creativi dell’artista, il quale, una volta rientrato nel suo stato di coscienza ordinario, non riconosce tali opere come frutto del suo lavoro creativo. Proprio tale sovrapposizione di diverse personalità artistiche (o differenti identità coscienziali) nello stesso individuo ha permesso di evidenziare (e giustificare) forti analogie tra la creatività “medianica” ed il disturbo dissociativo dell’identità (o disturbo di personalità multipla), paragonando le opere prodotte dagli artisti medianici a quelle prodotte dai pazienti psichiatrici (Hughes, 1992; Paris, 1996; Braude 1988, 1995 e 2002). Infatti tali patologie sono caratterizzate da disturbi dell’ideazione, ma soprattutto dalla personificazione di contenuti psicologici o ipnagogici quali sogni, visioni ed allucinazioni, che verrebbero ulteriormente influenzati, distorti ed amplificati in particolari contesti socio-culturali e religiosi altamente suggestionanti, basati su sistemi di credenze nel paranormale (come il contesto spiritista brasiliano, da cui proviene la maggior parte dei pittori medianici viventi), che danno legittimità e riconoscimento sociale agli artisti medianici protagonisti di fenomeni di creatività non-ordinaria, quali appunto i fenomeni di automatismo creativo, istituzionalizzando le trasformazioni della personalità degli artisti (ossia il loro transitare da una personalità artistica all’altra) all’interno di esibizioni spettacolari fortemente ritualizzate di fronte alla comunità, determinandone dunque l’accettazione sociale all’interno del 21 | P a g . sistema di credenze stesso. Ma, anche se è vero che alcuni casi di supposta medianità (o “possessione spiritica”) altro non sono che manifestazioni di disturbi psicopatologici e neuropsichiatrici (o proiezioni della “volontà” della comunità), solo una piccola parte della produzione artistica medianica (ossia prodotta attraverso meccanismi di automatismo creativo) può essere equiparata a quella patologica, tipica dei malati mentali e dei pazienti psichiatrici. Focalizzandoci in particolare su quei soggetti che, pur non essendo artisti di professione o dilettanti, si trasformano all’improvviso in artisti medianici dotati di straordinarie capacità artistiche, si è rilevato che essi esibiscono in maniera improvvisa ed inaspettata una notevole iperattività creativa in un breve intervallo di tempo, senza peraltro aver mai sperimentato prima alcuna manifestazione del genere, ma soprattutto, che tali individui hanno la convinzione di essere guidati (o “posseduti”) da una supposta entità spiritica, ossia disincarnata ed estranea alla propria persona. Ma da cosa viene innescata questa improvvisa irruzione di creatività nella vita quotidiana di individui apparentemente normali (ma soprattutto privi di conoscenze artistiche? Il background formativo-esperienziale ed estetico-percettivo del soggetto, sottoposto a condizionamenti sociali, culturali, religiosi, ideologici e psicologici in contesti fortemente suggestionanti, caratterizzati da sistemi di credenze nel paranormale, socialmente istituzionalizzate e culturalmente ritualizzate, è tale da spiegare da solo l’emergenza di tale fenomeno? Forse l’arte medianica può essere ricondotta a centri separati di coscienza dell’individuo, che guidano e coordinano gli automatismi tipici di questa forma di esperienza creativa al di fuori dell’ordinario? O, piuttosto, essa nasconde delle basi neurofisiologiche e psicobiologiche, interessando solo alcuni individui dotati di una particolare “ipersensibilità” estetica? 1.2 Le caratteristiche dell’arte medianica L’arte medianica possiede delle caratteristiche fenomenologiche costanti e ricorrenti, che contraddistinguono la specifica tipologia delle manifestazioni 22 | P a g . creative ad essa associate, spesso caratterizzate da un preciso “ritualismo”, basato su sistemi di credenze propri di specifici contesti socio-culturali: tali forme rituali di espressione creativa sono socialmente istituzionalizzate (ed approvate) dalla comunità di appartenenza dell’artista (si pensi ai circoli spiritici ottocenteschi o ai Centros di spiritualità brasiliani), ed inquadrate in uno schema esibitivo e “cerimoniale” generalmente ricorrente. Le caratteristiche tipiche dell’arte medianica, rilevate con maggior frequenza nella maggior parte dei casi di studio presi in esame (a volte presenti anche contemporaneamente nello stesso soggetto al momento della manifestazione dei fenomeni creativi), sono le seguenti: 1. La maggioranza dei soggetti studiati non possiede, a livello consapevole, alcuna formazione, conoscenza, competenza o knowhow tecnico, artistico e stlitico che possa spiegare la loro abilità nella creazione delle opere d’arte, le quali appaiono tecnicamente compiute ed esteticamente definite: tali soggetti disegnano o dipingono senza aver mai imparato a farlo. 2. La creatività irrompe all’improvviso, sotto forma di un impulso involontario ed incontrollabile (del quale gli autori non sono consapevoli e, proprio per questo, ne sono a volte spaventati), comparendo spesso in età avanzata ed irrompendo nella quotidianità dell’individuo come un raptus violento e incontenibile: gli artisti medianici (definiti anche “pittori prodigio”) iniziano a disegnare o dipingere in maniera automatica e spontanea, attraverso gesti e movimenti meccanici, involontari e veloci, come se fossero spinti da un inspiegabile impulso interiore, oppure guidati da una presenza spirituale, o addirittura “posseduti” da un’entità disincarnata o da forza estranea alla propria volontà. A volte tali soggetti sono immersi in un clima di concentrazione e preghiera o assorti in meditazione profonda (come nel caso dei pittori indiani o brasiliani), dalla quale scaturisce all’improvviso l’impulso creativo. 23 | P a g . 3. L’impulso creativo, determinato da una misteriosa ed irresistibile forza interiore, si manifesta con maggior frequenza a seguito di traumi fisici, psichici o emotivi verificatisi nel corso della vita del soggetto (violenze, sopraffazioni, incidenti di varia natura, solitudine, gravi malattie o altro ancora), il cui ricordo doloroso, spesso rimosso dal soggetto, riemerge di solito attraverso sedute di psicoterapia o ipnosi regressiva. Spesso la sintomatologia legata al vissuto traumatico dell’individuo, che si esprime attraverso una serie di disturbi e malesseri di natura psicosomatica, scompare del tutto una volta innescati i processi di automatismo creativo. 4. Se il soggetto è già notoriamente un artista, il fenomeno dell’arte medianica si manifesta per mezzo di uno stato alterato di coscienza (trance, semi-trance, ipnosi, sonnambulismo), in modo automatico e al di fuori del controllo cosciente dell’individuo, esprimendosi attraverso uno stile o una tecnica artistica differenti ed estranei sia alle proprie competenze, che alle normali modalità di esecuzione dell’artista che, una volta rientrato nel suo stato ordinario di coscienza, non li riconosce come propri: egli non crede affatto che possa essere lui l’autore dell’opera. 5. L’artista medianico non è consapevole del manifestarsi del fenomeno creativo. Infatti il soggetto, una volta rientrato in sè dopo l’esperienza di automatismo creativo, crede di trovarsi per la prima volta di fronte all’opera che lui stesso ha realizzato: egli non è in grado di riconoscere il suo stesso lavoro in quanto non lo ha mai progettato in anticipo. Inoltre, nei casi in cui l’opera non sia stata terminata nel corso della manifestazione del fenomeno, l’autore non è in grado di completarla in stato di coscienza ordinario. 6. In diversi casi i soggetti hanno riferito di avere delle allucinazioni di tipo visivo o auditivo, o di percepire la visione del disegno completo sulla tela prima che lo stesso sia stato realizzato, per cui non hanno dovuto far altro che “ricalcarlo”. Tali sintomi di natura allucinatoria, che potrebbero 24 | P a g . anche essere ipnoticamente indotti, come rilevato nel corso di alcune ricerche (Underwood, 1960; Orne, 1962), sono in parte simili alla sintomatologia riportata nei casi di opere prodotte da individui affetti da disturbi psicopatologici o da sindrome dissociativa. 7. Il soggetto è in grado di lavorare anche al buio, realizzando opere di arte figurativa in condizioni di totale oscurità, ovvero dipinti caratterizzati dalla rappresentazione di figure umane, oggetti e scenari reali, dotati di effetti di luce, ombre e senso della prospettiva, che non potrebbero essere normalmente realizzate in condizioni di deprivazione sensoriale (sendep), in assenza di riferimenti visivi, o ricorrendo alla semplice memoria visiva e/o di lavoro: il soggetto è in condizione di “cecità ipnotica” e tali produzioni creative sono ammissibili solo ricorrendo ad un altro genere di memoria, di tipo fotografico (Bryant & McConkey, 1989a, 1989b e 1989c). 8. Il processo produttivo è dominato dall’automatismo creativo: le opere vengono realizzate per mezzo di una sequenza di gesti meccanici e convulsi, caratterizzati da un’eccezionale velocità esecutiva. Al tempo stesso, l’artista appare come dissociato dalla realtà: egli lavora in uno stato modificato di coscienza, ovvero di straniamento e di derealizzazione più o meno profondo (absorption, trance, ipnosi), oppure sembra vedere se stesso che lavora come se guardasse un’altra persona.1 1 Questo sintomo assomiglia molto ai fenomeni definiti OBE (Out-of-Body Experience, o esperienza di proiezione extracorporea), ed NDE (Near Death Experience, o esperienza di premorte), sperimentati da molti soggetti in stato di coma o arresto cardio-circolatorio a seguito di malattie, eventi traumatici o incidenti: com’è noto, tali soggetti riferiscono di aver vissuto l’esperienza di abbandono del proprio corpo, sperimentando la capacità di osservarlo dall’esterno, affermando di aver attraversato un tunnel buio al di là del quale si intravedeva una luce (Greyson & Stevenson, 1980; Blackmore, 1984; Greyson, 1985 e 2000). Una recente ricerca ha dimostrato che tali fenomeni di percezione extracorporea sono causati da una iperattività delle onde cerebrali di tipo gamma (connesse ai processi visivi) nei momenti immediatamente successivi ad un arresto cardiaco e all’approssimarsi della morte clinica, durante i quali l’attività cerebrale diventa più intensa, reagendo alla diminuzione di ossigeno e glucosio: tale aumento dell’attività neurale, che costituirebbe una sorta di “generatore di emergenza”, sarebbe in grado appunto di generare visioni anomale ed una percezione “aumentata” della realtà, simile a quelle percepite dagli artisti medianici (Borjigin et al., 2013). 25 | P a g . 9. Nei casi in cui l’esperienza medianica lascia una traccia mnestica consapevole nell’artista, questi riferisce che l’opera d’arte da lui realizzata (specie se rappresenta figure umane), corrisponde ad una sorta di illuminazione interiore o ad una esperienza già vissuta dal soggetto stesso (corrispondente al fenomeno paramnestico del déjà vu). 10. L’impulso creativo è irresistibile, una sorta di raptus o attacco improvviso, imprevisto e involontario di natura compulsiva, del tutto indipendente dalla volontà e dalla consapevolezza del soggetto. 11. Un individuo unicamente destrorso può rivelarsi all’improvviso mancino, o essere in grado di dipingere con le dita dei piedi, o addirittura lavorare su due opere contemporaneamente utilizzando in maniera indipendente entrambe le mani, producendo stili o tecniche artistiche differenti per ciascuna di esse, attribuite poi a diversi pittori del passato, ormai scomparsi (Anton Neto, 2007b). 12. Nel corso della manifestazione dei fenomeni di automatismo creativo, il soggetto è spesso sottoposto ad un intenso stress, sia fisico che emotivo, che si manifesta attraverso una significativa modificazione dei parametri vitali (rilevabile attraverso i normali apparecchi clinici di misurazione diagnostica), come pressione del sangue, battito cardiaco, modificazione del tracciato cerebrale, presentando anche sudorazione intensa, spossatezza e, in alcuni casi, perdita di peso. Alla fine il soggetto riferisce di sentirsi come “liberato” e di provare un senso di calma e di pace interiore (simile a quella sperimentata dai soggetti che hanno vissuto l’esperienza di pre-morte, ossia il fenomeno della cosiddetta NDE, o Near-Death Experience), la cui origine (come è stato recentemente dimostrato), sembra essere collegata ad un particolare stato di attivazione cerebrale, nonchè di modificazione biochimica della rete neurale, in grado di determinare un’oscillazione anomala delle onde gamma, solitamente connesse ai processi di generazione creativa e agli stati meditativi profondi, come lo yoga e la meditazione trascendentale (Pahnke, 1969; Owens, Cook & Stevenson, 1990). 26 | P a g . 13. Quasi tutti gli artisti medianici riportano di essersi sentiti in qualche modo “ispirati” o “posseduti” da un’entità spirituale e disincarnata, ossia trascendente e immateriale (o di averne percepito la presenza, pur senza vederla), che li ha guidati nella creazione dell’opera. Alcuni di essi riferiscono di essere assistiti da uno “spirito-guida”, o di udire delle voci misteriose che li invitano a dipingere (o gli ordinano di farlo), fornendo spesso consigli, istruzioni, incitamenti. La formazione artistica dei soggetti avviene dunque nel corso dei fenomeni stessi: è una conoscenza senza apprendimento consapevole (Buckalew, Finesmith & Sisemore, 1968; Romme & Escher, 1989). 14. Alcuni artisti medianici sono sensitivi, oppure hanno avuto esperienze di tipo medianico o spiritico, sperimentando (precedentemente o a seguito della prima manifestazione di automatismo creativo in stato modificato di coscienza) fenomeni di natura parapsicologica, oppure manifestando il possesso di facoltà paranormali (come precognizione, retrocognizione, chiaroveggenza, telepatia, psicocinesi, percezioni extrasensoriali o ESP, esperienze extracorporee, bilocazione); il che appare ancor più evidente quando, ad esempio, il tema dell’opera si riferisce ad una realtà che l’autore certamente ignora, o di cui non ha mai avuto esperienza, o che si verificherà in futuro; oppure il dipinto compare dal nulla sulla tela o i pennelli sembrano muoversi da soli nel corso di sedute medianiche. Altri artisti sono convinti che, attraverso l’arte medianica, essi manifestino una sorta potere (o “dono”) concesso da un’entità superiore e soprannaturale (o spirito-guida), che li accompagna e li guida nell’esecuzione delle opere; tale potere, rivelandosi attraverso fenomeni di creazione artistica “ispirata” e automatica, avrebbe una qualche influenza o rappresenterebbe una forma di illuminazione e/o guarigione spirituale per gli altri. In tale dinamica psichica vengono pertanto coinvolte sia le convinzioni autosuggestionanti dell’artista, che le aspettative del pubblico. Molto spesso, le stesse opere sono intrise di contenuti spirituali o riflettono l’esperienza psicocognitiva del soggetto. 27 | P a g . 1.3 Tecniche e stili di psicopittografia La psicopittografia, ossia il disegno e la pittura medianica (detta anche pittura psichica), indica il processo di trasferimento inconsapevole da parte del soggetto di immagini mentali attraverso le tecniche di riproduzione grafica e/o pittorica. Tale processo si verifica generalmente in stato modificato di coscienza e si manifesta attraverso automatismi creativi involontari, basati su gesti meccanici e rapidissimi finalizzati alla rappresentazione artistica. La psicopittografia è una delle forme (forse la più ricca e interessante) di arte medianica, anche se questa può includere altre tipologie di manifestazioni creative, come la scrittura automatica di opere letterarie, oppure l’esecuzione di composizioni musicali originali, danza o canto, di cui l’individuo si rende involontariamente ed inconsapevolmente autore e protagonista. Nel caso della pittura automatica, l’automatismo creativo è caratterizzata da gesti e movimenti involontari, convulsi e automatici (a volte scomposti, tanto da destare grande impressione nel pubblico che assiste alle esibizioni), che nulla hanno a che vedere con le tecniche di esecuzione pittorica e rappresentazione artistica, normalmente apprese in ambito scolastico, le quali procedono secondo schemi definiti, riconoscibili e, almeno in parte, prevedibili e standard, propri di una formazione di tipo accademico. Nella maggior parte degli artisti medianici sono stati osservati alcuni tipici segnali anticipatori (detti prodromici o precursori) prima della manifestazione del fenomeno maggiore, che culmina nella caduta dell’artista nello stato modificato di coscienza (che conduce alla creazione automatica dell’opera), ovvero una fase preparatoria caratterizzata dalla comparsa di una serie di sintomi di tipo psicofisico come parestesia, formicolio o sensazione di bruciore alle braccia ed alle mani, seguita da visioni e/o allucinazioni visivo-auditive (come luci, aloni, ombre, suoni, melodie), tremore, sincope o perdita di coscienza transitoria (PdCT), che danno luogo al manifestarsi degli automatismi creativi involontari (Cardeña, Lynn, & Krippner, 2000; Lord et al., 2012). Al momento del verificarsi del fenomeno, il soggetto sembra distaccarsi progressivamente dalla realtà cadendo in uno stato di trance più o meno vigile 28 | P a g . (Hageman et al., 2010). In alcuni casi gli artisti medianici sono in grado di interagire con la realtà circostante, o anche rispondere alle domande dei testimoni presenti pur rimanendo focalizzati sul processo di creazione artistica, che procede automaticamente. Il tratto più caratteristico è costituito dalla rapidità e fluidità nell’esecuzione dell’opera, che appare davvero sorprendente se confrontata con i tempi normalmente utilizzati da un artista professionista: è come se il soggetto sapesse esattamente cosa disegnare, oppure avesse ripetuto tale esercizio il numero di volte necessario a riprodurre meccanicamente l’opera, conoscendo già in anticipo la direzione delle pennellate. Infatti, l’abilità di lavorare anche al buio o ad occhi chiusi suggerisce che l’artista medianico sia dissociato dalla realtà e completamente assorto nell’osservazione mentale di immagini, che vengono tradotte dal soggetto in movimenti meccanici e convulsi, in grado di riprodurre lo schema della visione mentale, guidando l’artista nell’esecuzione dell’opera anche in assenza di luce, normalmente necessaria ed essenziale in condizioni di creazione ordinaria (Bryant & McConkey, 1989a, 1989b e 1989c; Blanke et al., 2002; Cardeña, Iribas, & Reijman, 2012). Secondo l’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca, che ha evidenziato il coinvolgimento dei neuroni specchio nei fenomeni di automatismo creativo caratteristici dell’arte medianica, le dinamiche di interazione tra i processi di visione mentale e quelli di corrispondente attivazione del sistema psicomotorio dell’individuo (secondo lo schema funzionale tipico dei neuroni specchio), renderebbero l’artista, immerso in uno stato modificato di coscienza, in grado di riprodurre automaticamente le proprie immagini mentali, come se stesse osservando e ricopiando un oggetto presente davanti a propri occhi, e ciò può avvenire anche in assenza di luce e in condizioni impossibili nella normale pratica artistica (Jeannerod, 1994). Infatti, un’altra caratteristica rilevata nei fenomeni di automatismo creativo è la capacità dell’artista medianico di dipingere direttamente con le mani o con i piedi, intingendoli nel colore senza l’ausilio del pennello. In diversi casi, il soggetto è in grado di realizzare l’opera utilizzando contemporaneamente entrambe le mani (in maniera del tutto indipendente), lavorando in due punti diversi della 29 | P a g . tela per poi ricongiungere il tutto in un’unica immagine finale, o addirittura dipingendo allo stesso tempo due opere diverse, di cui una capovolta e/o speculare rispetto all’altra (Anton Neto, 2007b). Come si diceva, nella dinamica della produzione artistica di tipo medianico è possibile rintracciare uno schema abbastanza preciso, quasi rituale, costituito da diverse fasi più o meno ricorrenti e precise. Dopo le prime manifestazioni di sintomi prodromici di natura anticipatoria, la prima fase del fenomeno di automatismo creativo è caratterizzata da un’esplorazione automatica del mezzo espressivo, ossia del supporto costituito dal foglio o dalla tela, che di solito avviene ad occhi chiusi. Si è osservato che in alcuni soggetti si presenta in maniera “morfogenetica”: gli artisti cominciano la loro opera riempiendo il supporto con linee libere e caotiche (griffonage), in un processo di creazione diacronica, ossia distribuito su un arco temporale che può durare anche alcuni giorni (Peduto & Bersani, 1982). L’opera, che all’inizio assomiglia a un disegno infantile (para-naïf), o comunque ad una serie di segni insignificanti tracciati sul foglio o sulla tela (scarabografia), acquista progressivamente una struttura ben definita e riconoscibile (definita estesiogramma), configurandosi ed addensandosi in immagini dotate di senso, caratterizzate da composizioni che possono essere inquadrate tra il decorativo e il figurativo. La configurazione tipica inizialmente assunta da questi “scarabocchi” è quella del cerchio o della spirale; il griffonage sembra essere più comune negli artisti che utilizzano penna e matita, mentre in quelli che utilizzano direttamente il pennello e i colori prevale la tecnica del pointillisme. Quando il disegno inizia a strutturarsi per confluire in una rappresentazione più ordinata e definita, si è notato che l’artista tende a concentrare il suo lavoro in alcuni punti di confluenza e conglutinazione, ossia attorno a specifici punti di addensamento e polarizzazione del segno, definiti “centri di evoluzione”, “centri attrattori” o “centri di condensazione” (Peduto, 1979, p. 121, 126-127), dove iniziano a svilupparsi figure che diventano progressivamente più definite e riconoscibili. L’autore non è consapevole né del processo esecutivo, né del risultato finale, che va autostrutturandosi in modo pressochè automatico, partendo da una struttura composta da moduli semplici ed elementari, spesso 30 | P a g . simmetrici, sino ad arrivare a configurazioni via via più complesse. Non avendo un programma, gli artisti creano secondo un processo di “costruzione morfogenetica, in cui la forma si autostruttura secondo una logica interna che si manifesta nel tempo, durante lo sviluppo del disegno. Anziché seguire un programma preordinato che corrisponde ad un’intuizione globale, essa si autogenera nel farsi” (Peduto, 1979, pp. 123-124). Ogni artista sembra poi attestarsi su un genere di creatività stereotipata, rendendo prevedibili le proprie performance di arte medianica secondo modalità di esecuzione abbastanza precise e ricorrenti (quasi rituali), ed attestando la propria produzione artistica su una tipologia di forme e raffigurazioni piuttosto fisse e ripetitive. In alcuni artisti prevalgono figure umane, in altri paesaggi, in altri ancora motivi grafico-decorativi con la tendenza alla miniaturizzazione e duplicazione (a volte ossessiva) degli elementi. Se si eccettua il perfezionismo stilistico di alcuni pittori medianici, soprattutto quelli brasiliani (che sono in grado di emulare lo stile dei famosi pittori del passato), la prime manifestazioni di arte medianica che interessano il soggetto rappresentano motivi che assomigliano molto alle produzioni naïf, ossia ad una tipologia di espressione pittorica molto primitiva, spontanea, genuina, a volte ingenua, che interessa persone non esperte d’arte (a volte pazienti psichiatrici); in tal caso l’arte prodotta viene classificata come Outsider Art o Art Brut), molto vicina alle modalità di rappresentazione figurativa dei bambini, nei quali si riscontra una forma di creatività non filtrata dai processi di acculturazione e dai condizionamenti sociali: spesso si tratta solo di un momento di passaggio, nel quale l’artista medianico inizia a manifestare i primi segnali di un impulso che successivamente si esprimerà in una maniera più elaborata e compiuta. A livello stilistico-formale, la principale differenza tra la pittura naïf e quella medianica è che, se nella prima predomina un rifiuto più o meno consapevole delle regole artistiche, nella seconda l’anormalità non riguarda le caratteristiche compositive dell’opera. Infatti, “mentre nelle composizioni naïfs rapporti, prospettive, segno grafico, volumi, accordi di colore risultano del tutto “sproporzionati”, quasi che si sia verificato un ribaltamento di valori, nei dipinti e disegni “paranormali” al contrario le 31 | P a g . cosiddette regole codificate, che costituiscono la base di ogni linguaggio, vengono in genere rispettate, anche quando i diversi autori si abbandonano sul piano della pura fantasia e del decorativismo o inseguono visioni esotiche o del tutto irreali” (Giovetti, 1982, p. 11). L’anormalità del processo psichico è quindi inerente non ai criteri di raffigurazione dell’opera d’arte, ma allo schema cognitivo-comportamentale che caratterizza i fenomeni di automatismo creativo. Tale schema appare ricorrente nella maggior parte dei casi, essendo costituita dai specifici elementi ripetitivi e caratteristici: nessuna conoscenza e/o frmazione artistica pregressa, impulso creativo irresistibile, ritmo esecutivo rapido e convulso, stato dissociativo (trance o ipnosi), nessuna modifica, correzione o ripensamento. A tale schema ricorrente, va associata la ripetizione o duplicazione, a volte ossessiva e maniacale, di specifici motivi grafico-pittorici: simbologie di tipo mitico, mistico, archetipale, esotico, esoterico, magico, occulto, “extraterrestre”, spesso indecifrabili (di solito riferibili ad antiche scritture, come i geroglifici egizi); stilizzazione ornamentale; miniaturizzazione e duplicazione degli elementi grafici; deformazione dello schema figurativo (simile a quello rilevabile nei dipinti surrealisti); colori vividi, accesi e vivaci. Tutti questi elementi danno all’artista medianico la sensazione (o convinzione) di agire da tramite (o canale di comunicazione) sotto l’influsso di una volontà estranea alla propria o di un’entità extracorporea: insomma tali individui sentono di fungere da intermediari (“medium” o sensitivi) tra questa realtà e una dimensione immateriale, spirituale e ultraterrena (spesso identificata con l’aldilà), dalla quale proverrebbero messaggi di speranza e conforto per l’umanità. Per quanto riguarda i contenuti delle opere che non riproducono lo stile dei grandi artisti del passato (come quelle prodotte dai pittori-medium brasiliani, che rappresentano un caso a parte), la sensazione di serenità che emerge abbandonandosi all’impulso creativo medianico fa sì che le modalità esecutive e di rappresentazione pittorica si stabilizzino progressivamente in forme fisse, ripetute e stereotipate, quasi come una coazione a ripetere schemi ricorrenti uguali a se stessi (caratteristica tipica del disturbo ossessivocompulsivo presente in soggetti maniacali), che forniscono all’individuo un 32 | P a g . senso di tranquillità, protezione e sicurezza (una sorta di “territorio” conosciuto e già esplorato) rispetto a manifestazioni creative involontarie e inaspettate, apparentemente prive di una spiegazione logica e al di fuori del controllo cosciente dell’individuo, le quali incutono timore proprio perché provenienti da una zona oscura della coscienza. Infatti, la caratteristica della fissità e uniformità nel tempo fa in modo che lo stile dell’artista sia in qualche modo “già deciso” sin dai primi quadri (poiché risponde ad una specifica visione mentale che, secondo l’ipotesi formulata in questo lavoro di ricerca, verrebbe “proiettata” dai neuroni specchio sul sistema psicomotorio dell’individuo, che restituirebbe i contenuti di tale visione riproducendola attraverso meccanismi di automatismo motorio), presentando delle spiccate somiglianze con le ripetizioni ossessive tipiche degli automatismi isterici o delle suggestioni post-ipnotiche (che tendono progressivamente a stabilizzarsi nelle ipnosi successive), ricorrendo in modo ciclico e ripetitivo: “la persona sembra intrappolata in una sorta di circolarità, che ripercorre l’idea (input) iniziale” (Peduto, 1979, p. 84). Tutti i fattori sopra delineati sarebbero dunque in grado di innescare manifestazioni creative “non-ordinarie” in soggetti neurofisiologicamente predisposti (e culturalmente condizionati, come si vedrà in seguito), determinando pertanto l’irruzione improvvisa e inaspettata di capacità creative apparentemente anomale in persone del tutto comuni e dalla vita ordinaria: le abilità creative latenti dell’individuo, spesso depotenziate, inibite e reppresse, irrompono dunque all’improvviso e in maniera inaspettata, rompendo le barriere razionali imposte dall’Io cosciente. 33 | P a g . CAPITOLO SECONDO: IL QUADRO TEORICO ATTUALE 2.1 L’ipotesi parapsicologica o metapsichica Tale ipotesi sembra essere quella preferita dai circoli medianici e spiritici (come i Centros brasiliani), così come dagli ambienti mistico-esoterici, occultistici o teosofico-spirituali, nonchè dalle correnti filosofico- trascendentali di stampo new age (caratterizzate da una visione olisticototalizzante dell’essere, che coinvolge mente, corpo e spirito nella ricerca del benessere spirituale dell’uomo), le quali rappresentano una vera e propria subcultura e/o sistema di credenze di notevole interesse antropologico. Date le caratteristiche apparentemente paranormali delle manifestazioni di automatismo creativo, questa ipotesi ha attirato molto (specie in tempi più recenti) l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa (soprattutto televisivi), i quali, facendo leva sulle dinamiche di spettacolarizzazione tipiche del settore, hanno acriticamente evidenziato gli aspetti “non-ordinari” del fenomeno stesso allo scopo di catturare ampi strati di audience ed attrarre nuovi proseliti nei gruppi spiritici. Infatti, si è molto parlato delle performances pubbliche degli artisti medianici brasiliani (divulgate attraverso numerose trasmissioni televisive in tutto il mondo), i quali sono effettivamente in grado di esprimersi attraverso lo stile di famosi pittori del passato, proprio perchè (secondo un’ingenua e diffusa interpretazione popolare) sarebbero “posseduti” dagli spiriti di questi artisti defunti, che opererebbero attraverso le mani dell’artista, il quale diventa così un intermediario, un canale di comunicazione (channeler) con l’entità disincarnata per mezzo della cosiddetta “personificazione spiritica”. Per inciso, è interessante notare come 34 | P a g . le “incarnazioni” più frequenti da parte degli spiriti di tali artisti nei mediumpittori brasiliani riguardino con maggior frequenza le figure di Pierre-Auguste Renoir, Henri de Toulouse-Lautrec ed Amedeo Modigliani. Gli elementi che impressionano maggiormente l’immaginario collettivo, fissandosi nella memoria del pubblico che assiste alle esibizioni di pittura medianica, sono quelli che soddisfano l’atavica esigenza di esplorazione profonda della spiritualità dell’uomo, ossia gli elementi che attengono alla sfera del meraviglioso e dell’occulto, nonchè alla dimensione archetipica dell’essere umano: gli stati di trance più o meno profonda attraverso i quali operano gli artisti medianici, il repentino cambio di personalità di tali artisti nel corso della manifestazione degli automatismi creativi, la manifestazione di un inspiegabile talento artistico in persone del tutto inesperte d’arte, sembrano effettivamente esprimere, ad una prima impressione, il possesso di facoltà paranormali da parte degli artisti medianici stessi. In tali individui infatti, l’emergenza di inspiegabili facoltà creative sotto forma di un’apparente “psicosi medianica”, si manifesta nella maggior parte dei casi attraverso stati alterati di coscienza, rendendo l’artista medianico inconsapevole delle proprie azioni, le quali si manifestano sotto forma di automatismi psichici involontari che sembrano provenire da una volontà estranea al soggetto coinvolto, il quale appare dissociato dalla realtà esterna, disconnesso dai propri processi psichici e del tutto inconsapevole di quanto stia accadendo. Tali modalità di manifestazione hanno pertanto sempre più avvalorato l’immagine di una persona dotata di speciali facoltà paranormali, ossia della capacità di entrare in contatto con una dimensione sovrasensibile ed immateriale, inaccessibile agli altri individui. E tale figura corrisponde all’immagine popolare del “medium”, che si è andata diffondendo a partire dall’Ottocento attraverso l’attività dei circoli spiritici europei tra Londra e Parigi. L’attenzione ai fenomeni medianici, in particolare alla figura del medium, è stata oggetto di due specifiche tendenze di studio: quella psicologicopsichiatrica e quella parapsicologica. La prima tipologia di studio, basata su un atteggiamento più razionale, scientifico ed antispiritistico, ha cercato di intravedere nelle manifestazioni di arte medianica un riflesso della personalità 35 | P a g . dell’individuo e delle sue dinamiche psichiche, coinvolgendo insigni studiosi come Jung, Janet, Binet, Flournoy, Morselli e Lombroso; la seconda, invece, si è dimostrata più attenta alla presunta natura paranormale di tali fenomeni, concentrandosi di più sulle modalità di manifestazione fisica dei fenomeni medianici stessi, piuttosto che sulla psicologia dell’individuo in sè: secondo tale filone di studi, il medium sarebbe dunque una sorta di “sensitivo”. Al di fuori di qualunque considerazione di tipo parapsicologico, è importante comunque notare che il concetto di “sensitività” è in qualche modo affine a quello di “ipersensibilità” estetica che, secondo l’ipotesi avanzata in questo lavoro di ricerca, riguarderebbe però l’ambito neuroscientifico: l’artista medianico è sicuramente un “sensitivo”, ma nel senso che sarebbe dotato di una specifica sensibilità estetica a livello neurale, cosa che verrà approfondita più avanti, quando verranno illustrati i risultati della presente ricerca e l’ipotesi alla quale si è giunti. Una parte considerevole degli studi sui fenomeni di natura medianica si situa però a cavallo tra le due tipologie di studio sopra delineate, ossia nell’ambito della cosiddetta “psicologia di confine” o Anomalistic Psychology. Secondo la tradizione, il pioniere di tali studi fu lo psicologo tedesco Hans Bender (1907-1991), che nel 1950 fondò a Friburgo l’IGPP (Istituto per i territori di confine della psicologia e dell’igiene mentale), ricoprendo poi la cattedra di Parapsicologia presso l’università della stessa città nel 1954, dove ebbe modo di approfondire scientificamente tali fenomeni. Il merito di questi studi è certamente stato quello di considerare la medianità come un fenomeno psicologico globale, aprendo le porte ad uno studio più serio ed approfondito dei cosiddetti fenomeni paranormali (o presunti tali), tra cui anche l’arte medianica. Infatti, gli studiosi della cosiddetta “psicologia di confine” hanno rivolto la loro attenzione ai processi psicologici ed alla personalità dei soggetti coinvolti nelle manifestazione dei fenomeni paranormali, concentrandosi in particolare sugli stati modificati di coscienza, come la trance, gli automatismi inconsci, le visioni allucinatorie ipnagogiche e le personalità alternanti. Infatti, già nel 1908 lo psichiatra italiano Giovanni Enrico Morselli faceva notare che, fino ad allora, lo studio dei medium aveva ignorato del tutto la psicofisiologia e psicopatologia 36 | P a g . dell’individuo, ossia il legame con le altre attività biopsichiche umane (Morselli, 1908). In definitiva, era sorta la necessità di indagare la psicogenesi dei fenomeni di attribuzione medianica, data la sussistenza di significative analogie tra gli stati medianici ed alcune patologie di tipo psichiatrico, come ad esempio l’estasi medianica, la trance, il sonnambulismo, l’epilessia e l’isteria. Tali analogie avevano portato all’ipotesi che gli individui interessati dai fenomeni medianici o paranormali avessero una “costituzione psichica anomala” o quantomeno situata agli estremi della scala delle varianti degli stati psichici. A tal proposito, Morselli faceva notare che in tali individui aveva luogo una disgregazione dell’apparato psichico, che portava alla separazione della coscienza superiore (o vigile) da quella inferiore (o subliminare), tale da indurre quest’ultima a produrre un’attività automatica, senso-motoria ed immaginativa più intensa, dando luogo alla manifestazione di fenomeni apparentemente paranormali come quelli medianici. Tale considerazione, basata sull’ipotesi dell’esistenza di una differente sensibilità biopsichica del soggetto, presenta diverse analogie con l’ipotesi di tipo neurobiologico alla quale si è pervenuti in questa ricerca. Un’altra osservazione interessante sulla psicologia dei medium avanzata da Morselli era che questi presentavano una narcisistica ostentazione delle proprie capacità straordinarie, un bisogno quasi irresistibile di farsi ammirare da tutti, una volontà di esibizione spettacolare che spesso sembravano nascondere delle astute simulazioni o dissimulazioni (sia consapevoli che inconscie), che rendevano le manifestazioni medianiche simili a casi di isteria o schizofrenia, capaci di impressionare e di far presa sull’ingenuità del pubblico, che non poteva far altro che ammirare una persona dalle doti apparentemente straordinarie. Lo stato di “ispirazione” che caratterizza tali manifestazioni (ed il fatto stesso l’artista medianico funga da intermediario con un’entità spirituale), fa sì che l’artista medianico acquisti autorità e prestigio sociale agli occhi del pubblico, avvalorando l’interpretazione paranormale del fenomeno stesso, il quale si manifesta con la platealità e la suggestività di sintomi evidenti (ed effettivamente impressionanti), quali: accelerazione del respiro, offuscamento della coscienza, intensa sudorazione, 37 | P a g . tremori, contrazioni, dissociazione, delirio, stato oniroide, rêverie, veglia lucida, stato crepuscolare, trance profonda e così via. Tutti sintomi che, a causa dell’eccezionalità delle loro manifestazioni, basate su un substrato di disaggregabilità psichica individuale, scuotono o turbano profondamente il pubblico proprio perchè insorgono spontaneamente e all’improvviso. Le allucinazioni visive, in particolare, risultano essere un fenomeno molto intenso e condizionante per lo stesso artista: esse non sono necessariamente un sintomo di natura psicopatologica, ma possono essere originate da fenomeni endottici, data la frequente e repentina transizione da condizioni di buio a quelle di luce. Infatti, nel buio alcune zone del campo visivo possono risultare fiocamente illuminate, per cui individui dotati di fervida immaginazione possono credere di percepire degli oggetti indefiniti o delle forme indistinte, credendole reali (allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche). Lo stesso stato di ipnosi (o dissociazione creativa), cui ha accesso il soggetto nel corso dei fenomeni di automatismo creativo spontaneo, definiti come “arte medianica”, potrebbe condurre al verificarsi di episodi allucinatori o alla percezione di sintomi di natura simil-ipnoidea (Underwood, 1960; Orne 1959, 1962, 1971 e 1972). Lo stato di “ispirazione” sperimentato dall’artista si configura quindi come focalizzazione dell’attenzione verso un oggetto specifico sotto forma di visione mentale o allucinazione, che non coincide con il contenuto della percezione immediata (o percetto), ma si impossessa del soggetto stesso spingendolo ad un’azione e/o attività ideomotoria indotta, che si traduce in gesti motori automatici più o meno coordinati (come scrivere o dipingere), inconsapevolmente finalizzati alla riproduzione artistica, senza che il soggetto ne abbia consapevolezza o memoria. La produzione creativa del soggetto diventa quindi “arte psichica” (o arte visionaria), ovvero una pratica artistica costituita da “rappresentazioni che sono o uno strumento per il “viaggio” verso il superamento del visibile, “oltre” l’apparenza del mondo tangibile, oppure la visione deformata dello stesso artista, una sorta di trasformazione magica della realtà” (Camilla, 2000). Un’altra condizione che favorisce lo stato dissociativo è infatti l’attenzione focalizzata, ossia la tendenza del soggetto, in particolari condizioni, a concentrarsi unicamente su un punto preciso del suo orizzonte 38 | P a g . percettivo, con la conseguenza di distrarre la coscienza da tutto il resto (favorendo uno stato dissociativo), rendendola in qualche modo insensibile e favorendo così le azioni automatiche inconscie ed involontarie, che il soggetto in seguito dimentica di aver compiuto, come ad esempio dipingere un quadro o scrivere qualcosa su un foglio: “queste azioni possono assumere carattere psichico e costituire intelligenze parassite coesistenti fianco a fianco con la personalità normale che non ne ha sentore” (Binet, 2011). Si fa quindi largo l’idea di un Io diviso, ossia la possibilità di esistenza di una molteplicità di coscienze in uno stesso individuo: ciò che, nel caso specifico, è stato definito “dissociazione creativa” (Grosso, 1997), uno stato di dissociazione che, pur partendo apparentemente da disfunzioni della sfera psichica (o anche neurobiochimica), non rappresenta necessariamente uno stato coscienziale di tipo psicopatologico per il soggetto, proprio perchè lo induce ad un’attivazione dei processi creativi, che possono manifestarsi in maniera anomala, dando luogo a fenomeni di creatività non-ordinaria, come gli automatismi esecutivi propri dell’arte medianica. In questo caso, la dissociazione di tipo creativo, basata su uno stato di coscienza di tipo trance-ipnotico, non ha affatto una funzione distruttiva sulla psiche ma, anzi, può rappresentare un dispositivo fisiologico e strutturante della funzione mentale stessa. Infatti, mentre la dissociazione puramente patologica è caratterizzata dalla sospensione dei processi creativi, nonchè dalla scissione della psiche (su cui possono innestarsi anche gli stati di personalità multiple e il disturbo schizoide di personalità), la dissociazione creativa permette all’individuo di abitare esperienze mentali nuove e sempre più complesse, sostenendo l’evoluzione dei processi creativi e consentendo di vivere nuovi stati del Sè attraverso la creazione di rappresentazioni nuove della propria interiorità psichica mai sperimentate prima (Ehrenwald, 1978). Infine, non deve essere trascurato il fatto che, di solito, il fenomeno dell’arte medianica non si presenta isolato, ma è accompagnato da altre manifestazioni di presunta medianità e da fenomeni solitamente definiti paranormali, come scrittura automatica, chiaroveggenza, telepatia e percezioni extrasensoriali (ESP); per cui è ipotizzabile uno stretto legame tra esperienze dissociative ed 39 | P a g . esperienze soggettive di tipo paranormale (Richards, 1991). A tal proposito, è interessante notare che molti pittori medianici provengono da circoli spiritici (come i Centros brasiliani), fortemente permeati di medianità e cultura occultistica di stampo kardeciano (come si vedrà più avanti), e spesso arrivano alla pittura medianica dopo aver sperimentato la scrittura automatica, fenomeno che continua ad essere presente anche dopo che il soggetto si è rivelato essere un pittore medianico (ad esempio, scrivendo messaggi medianici sul retro delle tele, dopo averle dipinte). Lo studio dei movimenti automatici e inconsci è un altro tassello del complesso mosaico volto a ricostruire la natura della medianità artistica: infatti tale studio aveva già evidenziato (sin dalla prima metà dell’Ottocento) che il pensiero di un’azione da compiere (osservando appunto l’azione svolgersi nella propria mente) potrebbe indurre i muscoli a muoversi involontariamente e inconsciamente, senza che vi sia la consapevolezza di tali movimenti (Blanke et al., 2002), cosa che oggi ha trovato conferma nella descrizione dei meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio e nell’ipotesi della “simulazione incarnata” (embodied simulation) sviluppata da Vittorio Gallese (2005): tesi, questa, che sembra avvalorare ancora di più l’ipotesi relativa alle basi neurobiologiche dell’arte medianica, avanzata nel presente lavoro di ricerca. I fenomeni di automatismo psicomotorio risultano essere amplificati quando interviene un altro fattore psicologico, di cui bisogna tener conto nello studio dei fenomeni di arte medianica, ossia il potere della suggestione e dell’autosuggestione: grazie ad esso, i movimenti automatici ed involontari possono organizzarsi in un vero e proprio messaggio, che spesso viene rivendicato dall’artista medianico per conto di una presunta entità spirituale, da cui sarebbe guidato nella realizzazione dell’opera d’arte; infatti, secondo alcuni studi, le credenze paranormali sembrano essere strettamente correlate ad una predisposizione individuale verso i fenomeni dissociativi, così come uno stato dissociativo può portare e/o orientare il soggetto a convincimenti ed autosuggestioni di natura paranormale (Richards, 1991; Irwin, 1994b). Così come i centri motori del braccio e della mano vengono isolati dalla coscienza, pur continuando a funzionare in modo automatico perchè indotti e guidati involontariamente dal pensiero di compiere l’azione, 40 | P a g . anche l’intenzionalità a comunicare da parte del soggetto provoca un’eccitazione verbo-motoria, ovvero attiva la componente motoria della rappresentazione verbale (McPeake, 1968; Hugdahl, 1996; McGuirck et al., 1998; Blanke et al., 2002). Viceversa, laddove è l’area verbale ad essere isolata dalla coscienza (attraverso un’ipnosi parziale dell’area verbo-motoria) il soggetto crede di ricevere messaggi da un’altra entità, mentre in realtà è lui stesso a produrli. In sintesi, il pensiero rappresenta la parola o l’azione repressa, che il soggetto in stato modificato di coscienza tende a far riemergere, materializzandole concretamente sotto forma di opera d’arte o di percezione di messaggi da parte di un’entità ritenuta estranea al soggetto stesso, mentre in realtà è il pensiero del soggetto stesso, che autoproferisce il messaggio. In tal modo, attraverso la disaggregazione psichica e la divisione della coscienza dell’individuo, viene a crearsi una seconda personalità del soggetto, che è inconscia, ma viene percepita come reale ed estranea al soggetto stesso, la quale prende il controllo della prima: ecco quindi che l’artista si sente “posseduto” da un’altra entità che lo guida nella realizzazione dell’opera d’arte, incitandolo e dandogli istruzioni, consigli, suggerimenti. La presenza di impulsi ideosensomotori separati dalla coscienza del soggetto (intesa come consapevolezza e volontarietà dei processi psichici), creano la sensazione che l’autore dell’opera non sia l’artista stesso, ma un’altra entità (spesso definita “spirito-guida”), che va assumendo una propria personalità distinta e caratteri psicologici propri, avvalorando l’interpretazione medianica diffusa e l’alone di mistero (ulteriormente spettacolarizzati dai media) che circonda questa specifica tipologia di manifestazioni creative non-ordinarie. È proprio questa “seconda personalità” del soggetto che crea l’opera d’arte, adattandosi alle pulsioni interiori ed alle attese personali dell’artista stesso, condizionate dell’ambiente culturale in cui egli opera (come è evidente nel caso dei pittori medianici brasiliani). Ma, qualunque sia la più corretta interpretazione di tali fenomeni, non è escluso che la loro manifestazione “possa aprire la comunicazione con sfere dell’inconscio normalmente inaccessibili: canali di mediazione tra la coscienza e quei territori dell’inconscio da cui forse nascono le esperienze archetipiche e creative” (Peduto, 1979, p. 250). 41 | P a g . 2.2 L’ipotesi psicoantropologica o etnopsichiatrica Secondo tale ipotesi, l’arte medianica sarebbe una forma di esperienza spirituale e/o mistico-religiosa e, in quanto tale, rintracciabile in specifiche culture o subculture ed in particolari aree geografiche, come ad esempio il Brasile. Infatti, in questo paese è molto diffusa la cultura spiritica, diretta emanazione della Santeria, una forma di sincretismo religioso di ascendenza africana, tipico dei paesi latino-americani, nato dalla fusione tra elementi della religione cattolica e pratiche di culto proprie della religione tradizionale animista Yoruba, praticata dagli schiavi africani e dai loro discendenti deportati nelle Americhe (in particolar modo nei paesi dell’America Latina, profondamente pervasa dalla cultura creola), che hanno poi dato origine alle religioni medianiche e alle credenze spiritiche tipicamente afro-brasiliane come l’Umbanda e il Candomblé o Tambour de Mina (dal nome di una danza rituale tribale di origine Bantu, basata sul ritmo dei tamburi) e, parallelamente, alla religione Vudù. Gli elementi specifici di queste forme di culto tipicamente indigene, che traggono la loro capacità di influenza e suggestione dagli elementi primordiali, atavici ed archetipici propri dei riti sciamanici, sono andati poi fondendosi progressivamente, acquistando nuova forza, con la dottrina filosofico-religiosa dello Spiritismo, elaborata e codificata nel 1857 dal pedagogista e filosofo francese Allan Kardec (pseudonimo di Hippolyte Léon Denizard Rivail, 1804-1869). La successiva evoluzione di tale corrente mistico-religiosa, definita Kardecismo (in onore del suo fondatore), ha fatto sì che sorgessero numerosi associazioni di culto o centri spiritici, dove gli adepti si riuniscono per praticare ed approfondire la loro dottrina (Hess, 1991; Lewgoy, 2008). Tali centri di spiritualismo si sono diffusi soprattutto in Brasile, ad opera dello studioso di spiritismo Adolfo Bezerra de Menezes (Hess, 1991), nonchè degli scritti “ispirati” del noto medium brasiliano Chico Xavier (1910-2002), che sarebbero stati dettati dagli spiriti stessi e trascritti attraverso la psicografia, ovvero la scrittura automatica, andando ad integrare la dottrina spiritista già codificata da Allan Kardec. Infatti è proprio in Brasile che lo spiritismo kardeciano ha acquistato un carattere molto più religioso, a 42 | P a g . causa della fusione tra cattolicesimo popolare, pratiche spiritiche e sistemi di credenze popolari autoctone, nonchè della sua iniziale assimilazione da parte delle classi sociali più umili, data la portata di riscatto e di crescita spirituale individuale insita nella pratica del movimento, attraverso la quale gli adepti effettuano una sorta di “addestramento mistico” fortemente suggestionante. Sono infatti sempre più numerosi i gruppi spiritici che si riuniscono in questi centri di spiritualità (comunemente definiti Centros), tra cui si distinguono la Sala de Arte Mediúnica “Leonardo Da Vinci” nel quartiere di Campo Grande a Recife, dove opera il famoso medium-pittore José Jacques Andrade (sordo dalla nascita), il Grupo Espírita Scheilla a Salvador de Bahía, fondato dal noto pittore medianico Florêncio Anton Neto ed il Centro de Estudos e Desenvolvimento Espiritual “Os Caminheiros da Luz” a San Paolo del Brasile. I medium-pittori appartenenti a tali gruppi spiritici si esibiscono spesso in performances pubbliche di pittura medianica, “incarnando” lo spirito di famosi artisti del passato e dando prova di riuscire a realizzare in pochi minuti, o addirittura decine di secondi (direttamente con le mani o i piedi, senza l’ausilio di pennelli) dipinti del tutto attribuibili a famose personalità di artisti scomparsi. Il mondo della ricerca scientifica si è recentemente interessato alla casistica dei fenomeni psichici di automatismo creativo riconducibili al condizionamento operato all’interno delle comunità spiritiche brasiliane, confermando lo stretto legame tra l’influenza esercitata all’interno di tali comunità ed i fenomeni di absorption e dissociazione creativa che caratterizzano le produzioni di arte medianica legate alla pratica spiritistica (Krippner & Wickramasekera, 2008; Krippner & Friedman, 2010). In particolare, al Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile va il merito di aver inaugurato un fecondo filone di studi basato su un approccio di tipo biopsicosociale e psicoantropologico al fenomeno dell’arte medianica e degli automatismi creativi culturalmente determinati (Maraldi, Machado & Zangari, 2010; Maraldi & Krippner, 2013; Maraldi, 2014). La religione spiritica e medianica brasiliana, attraverso le sue varie manifestazioni a carattere ritualistico, evidenzia dunque la connessione tra “medianità”, ossia i fenomeni paranormali di canalizzazione spiritica (o 43 | P a g . channeling), che in questo caso hanno un’importante valenza spirituale e mistico-religiosa, ed i processi creativi, che si esprimono appunto attraverso l’arte medianica per mezzo di creazioni spontanee ed automatiche, talvolta libere da influenze o imposizioni tecnico-formali e stilistiche: come già detto, quando le opere non sono attribuibili a famosi artisti del passato, queste risultano essere in parte simili ad opere di arte psicopatologica o Outsider Art, ossia prodotte da artisti affetti da disturbi di natura neuropsichiatrica. Per comprendere il profondo legame tra esperienze culturali, mistico-religiose e psicologico-artistiche, apparentemente slegate tra loro, Michael Grosso ha sviluppato il concetto di “dissociazione creativa” (Grosso, 1997). Questo particolare stato di coscienza rappresenta la capacità della mente di fuggire (in senso regressivo-difensivo, secondo un approccio di tipo psicoanalitico, oppure come strategia di coping, o ancora di evitamento (avoidance-oriented), secondo una visione cognitivo-comportamentale), ma anche trasformare o trascendere i limiti della coscienza razionale e della realtà ordinaria: infatti il “medium” è un individuo in grado di comunicare con l’inconscio (che può essere percepito come dimensione “ultraterrena”) durante la sua permanenza in uno stato di coscienza di tipo dissociativo, riuscendo a trasformare le sue visioni mentali in opere d’arte dotate di eccezionale qualità estetica.2 Infatti, molti medium manifestano delle capacità artistico-creative che trascendono le loro effettive conoscenze o capacità tecnico-artistiche e stilistiche (Prince, 1964; Victor, 1970; Flournoy, 1994), ed anche altri studi non direttamente incentrati sulla medianità o sullo spiritismo (Domino et al., 2002; Pérez-Fabello & Campos, 2011) hanno evidenziato una significativa correlazione tra dissociazione e creatività artistica, che confermano l’intuizione di Michael Grosso. In relazione all’insorgenza dello stato di dissociazione creativa, è però necessario tenere in considerazione l’enorme influenza esercitata dal contesto sociale, culturale e religioso in cui si collocano i fenomeni di arte medianica che, nel caso specifico dei medium2 La dissociazione creativa non ha necessariamente una genesi di natura psicopatologica, anche se potrebbe evolvere verso particolari forme di disordine mentale o di dissociazione psichica. 44 | P a g . pittori brasiliani, riveste un’importanza fondamentale e decisiva, data la potente capacità di suggestione e condizionamento operato sugli artisti, i quali nella maggior parte dei casi sono membri attivi dei circoli spiritici kardeciani e si occupano in prima persona di diffondere la cultura dei Centros e le esperienze di pittura medianica, anche attraverso specifiche sessioni pubbliche, incontri con gli adepti, nonchè la realizzazione di un genere letteratura divulgativa. (Denis, 1990; Zanola, 1996; Rufino, 1999; Fernandes, 2002). La suggestionabilità degli adepti metterebbe dunque in atto un processo di inerzia psichica che andrebbe a rafforzare un comportamento di conformità, rendendo addirittura possibile la trasmissibilità degli schemi di attivazione degli automatismi creativi da un adepto all’altro (Braud, 1980). Il problema della dissociazione creativa assume, quindi, un ruolo molto importante nell’ambito dell’interpretazione psicoantropologico ed etnopsichiatrica del fenomeno dell’arte medianica, in quanto si intreccia strettamente con le variabili socio-culturali e religiose che influenzano la sfera psichica dell’individuo; ed il peso di tali variabili può giocare un ruolo determinante nella differenziazione tra dissociazione patologica e nonpatologica, determinando processi psicologici adattivi e maladattivi nel soggetto. È lo stesso Michael Grosso ad affermare che i fenomeni dissociativi sono strettamente legati alla cultura, in base alla quale ciò che appare frammentazione o disconnessione (secondo un punto di vista di “normalità” sociale) può essere preludio ad una maggiore completezza o superiore integrazione in base a particolari contesti (come le comunità spiritiste kardeciane in Brasile): la dissociazione creativa è, quindi, uno stato di coscienza paradossale perché può essere distruttiva e ricostruttiva allo stesso tempo (Grosso, 1997, p. 182). Infatti, secondo alcune filosofie o religioni (come ad esempio il Buddhismo), l’essere “umani” significa vivere in una condizione che (secondo i correnti parametri di valutazione ed I normali standard culturali) potrebbe essere considerata “dissociativa” (o deviante) rispetto ad una condizione spirituale superiore, verso cui l’individuo aspira o dovrebbe tendere (Cardeña, 1997, p. 61); poiché tale condizione superiore si ritrova maggiormente in alcune culture considerate più spirituali anziché in 45 | P a g . altre, il rapporto tra dissociazione e psicopatologia deve essere valutato alla luce delle variabili socioculturali, artistiche e religiose riferite al contesto di appartenenza del soggetto. Infatti, indagando sulle manifestazioni di arte medianica in paesi fortemente permeati da una cultura religiosa di tipo spiritista, come il Brasile, una visione troppo “occidentalista” ed etnocentrica tenderebbe a trascurare l’apporto fondamentale delle suddette variabili alla comprensione del fenomeno, esponendo al rischio di travisare il reale significato di quelle manifestazioni “non-ordinarie” di creatività artistica, come gli automatismi creativi che si esprimono nelle esibizioni di arte medianica (Krippner, 1997, p. 6): infatti, l’occhio “occidentale” ha spesso considerato i fenomeni di arte medianica come espressione di disordini di natura psicopatologica o di una malattia mentale, dei quali sarebbero affetti i medium-pittori, oppure come un’operazione di falsificazione o un abile trucco (opportunamente amplificati e spettacolarizzati dai media), messi in atto da pittori professionisti naturalmente dotati di un eccezionale talento artistico (una sorta di “fenomeno da baraccone”), allo scopo di accrescere la loro notorietà, influenza o autorevolezza all’interno dei circoli spiritici di appartenenza e dell’intera comunità kardeciana, di cui sono membri attivi. Secondo l’approccio di tipo biopsicosociale elaborato dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile (Maraldi & Krippner, 2013, pp. 562-568), le esperienze di dissociazione creativa, quali appunto le manifestazioni di arte medianica, tenderebbero a conformarsi al contesto storico, sociale e culturale nel quale esse si manifestano: i fattori contestuali eserciterebbero dunque un enorme condizionamento sui soggetti coinvolti nei fenomeni di dissociazione creativa, rendendoli particolarmente predisposti a manifestazioni di creatività “non-ordinaria”, basate prevalentemente su stati modificati di coscienza, come appunto gli automatismi creativi caratteristici delle produzioni medianiche. Particolarmente in Brasile, la diffusione del movimento spiritista kardeciano e la nascita dei centri di spiritualità (Centros), da cui proviene la maggior parte degli artisti medianici viventi, ha esercitato una grande influenza ed un intenso condizionamento sugli individui che sperimentano i fenomeni di automatismo creativo. Addirittura, data la storia 46 | P a g . di persecuzione, emarginazione ed esclusione sociale dei circoli spiritici, perpetrata dalle autorità statali, dal mondo della medicina e dal clero cattolico, l’attuale notorietà internazionale di alcuni artisti medianici brasiliani (come Luiz Antonio Gasparetto, José Jacques Andrade e Florêncio Anton Neto), che hanno visto riconosciuta la loro arte “spirituale” come oggetto di indagine scientifica (esibendola addirittura come prova della presunta immortalità dell’anima), viene ritenuta una storica conquista, resa possibile da anni di negoziazione sociale tra i medium e le istituzioni che ne vietavano le manifestazioni pubbliche. La dissociazione creativa (così come la medianità) sarebbe dunque disciplinata da una determinata cultura o gruppo sociale (o religioso) di riferimento, che provvede a stabilire le regole di base delle sue manifestazioni. Infatti nei centri spiritici brasiliani, gli artisti medianici imparano a controllare i propri “poteri” e le proprie esperienze spiritiche, ma soprattutto il proprio stato dissociativo, interpretandolo secondo un preciso quadro normativo di credenze e valori di riferimento, discutendo di questo stato di coscienza con altri medium e frequentando corsi che aiutano a sviluppare ulteriormente le loro potenzialità creative, imparando a stimolare, attivare e controllare le esperienze di dissociazione creativa secondo schemi ben precisi di comportamento ritualizzato. Sono poi gli stessi gruppi spiritisti a legittimare l’esperienza dell’artista medianico, che agirà per soddisfare le aspettative dei gruppi stessi, mettendo in moto un meccanismo di condizionamento ed autosuggestione: infatti per tali gruppi l’esperienza vissuta dai medium-artisti non è sintomo di una malattia psichiatrica, ma un vero e proprio rituale di comunicazione tra i vivi e i morti, il cui tramite o intermediario (channeler) è appunto l’artista medianico. Questo processo ritualizzato è ben visibile nelle esibizioni o performance pubbliche di arte medianica, che assomigliano a vere e proprie cerimonie, simili a riti comunitari o a delle liturgie, che a volte assumono la coloritura di spettacoli di folklore. Lo schema rituale è infatti sempre uguale: l’artista si avvicina al materiale artistico necessario e lo pone in un certo ordine, dando istruzioni a una o due giovani donne che hanno il compito di aiutarlo; poi si 47 | P a g . prepara mentalmente attraverso la preghiera, che ha lo scopo di evocare gli spiriti degli artisti scomparsi, affinchè operino attraverso di lui, dando prova alla comunità dell’esistenza di una vita oltre la morte e fornendo un messaggio spirituale di speranza nell’aldilà. Tale comportamento ritualizzato, che ha l’obiettivo di spettacolarizzare l’evento prodigioso (oltre che di legittimare le proprie convinzioni e la propria identità di medium, ma soprattutto alimentare le credenze della comunità e del pubblico nell’aldilà), mette in evidenza la scenicità della performance, oltre che la particolare postura e gestualità dell’artista, che non appare affatto un estraneo (proprio perchè è in grado di provocare coscientemente il manifestarsi del fenomeno medianico, secondo un rituale ben preciso, basato su specifici meccanismi già prestabiliti), ma agisce come un individuo già abituato alla costante ripetizione di tale pratica religiosa. Pertanto, data la “premeditazione” delle manifestazioni creative dell’artista medianico, non si può parlare di malattia psichiatrica o di disturbo psicopatologico, ma di controllo cosciente e ritualizzato sul manifestarsi del fenomeno, anche se poi, una volta richiamata la condizione di attivazione attraverso l’induzione di uno stato di coscienza modificato, gli automatismi creativi emergono spontaneamente, manifestandosi attraverso movimenti meccanici ed automatici, in grado di creare opere d’arte con grande rapidità. L’eccezionale velocità e fluidità di esecuzione delle opere (che è però una caratteristica manifestata anche dai soggetti psichiatrici) determina infatti un forte impatto emotivo sul pubblico, impressionandolo al punto tale da spingerlo a credere nell’esistenza di una dimensione trascendente e spirituale, di cui l’artista medianico è emanazione ed incarnazione vivente. Una ricerca condotta per mezzo delle tecniche di neuroimaging su alcuni medium in stato di trance (ossia in stato di profondo assorbimento dissociativo), ha addirittura evidenziato che, a livello di attivazione cerebrale, esiste una differenza misurabile tra medium principianti e medium esperti, a testimonianza che la “la dissociazione creativa” può essere una competenza insegnata o sviluppata in qualche modo all’interno delle comunità spiritiste (che fungono da “incubatori” di tale capacità, rendendole addirittura trasmissibili tra i vari individui), le quali sottoporrebbero gli adepti ad un vero 48 | P a g . e proprio “addestramento mistico” (o training spiritico) in grado di provocare, stimolare o indurre l’attivazione dei fenomeni di automatismo creativo. Nonostante i patterns di funzionalità cerebrale abbiano rilevato un tracciato per certi versi simile a quello dei pazienti schizofrenici, è lecito supporre che esistano delle pratiche in grado di preservare gli adepti da rischi di dissociazione patologica, ad esempio utilizzando tecniche e/o metodi di prevenzione, autoregolamentazione e controllo degli stati di coscienza indotti dalle pratiche religiose e spirituali (Peres et al., 2012). L’arte medianica (e la stessa figura dell’artista medianico) rivestono un’importante funzione sociale all’interno della comunità, adempiendo anche ad una funzione terapeutica e di guarigione spirituale per gli individui che assistono all’esibizione (Rufino, 1999): all’interno delle comunità spiritiche brasiliane l’individuo sceglie volontariamente il suo percorso di medianità e la sua missione spirituale, come se fosse una vera e propria professione riconosciuta ed accettata dalla comunità, la quale provvede a legittimarla socialmente, preservando in tal modo l’identità di gruppo e la struttura delle sue credenze dottrinali. Egli diventa testimone e messaggero di un mondo spirituale, nonchè tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L’attribuzione delle opere d’arte prodotte dagli artisti medianici a famosi artisti scomparsi dipende principalmente dall’involontarietà del fenomeno, ossia dal fatto che il fenomeno, una volta attivato, si verifichi attraverso uno stato modificato di coscienza caratterizzato dall’inconsapevolezza dell’artista medianico e dalla difformità degli schemi comportamentali manifestati dal soggetto nel corso del fenomeno rispetto a quelli abitudinari appartenenti alla sua vita ordinaria (assenza di una formazione artistica o di esperienze estetiche pregresse, mancanza di controllo della gestualità motoria, inconsapevolezza del processo creativo e dei contenuti artistici prodotti), avvalorando ancora di più la credenza nella prodigiosità del fenomeno o in un intervento esterno di natura spiritica e trascendente (Eisenbeiss & Hassler, 2006). Per quanto attiene specificamente al contesto brasiliano, il quadro sopra delineato è filtrato dal sistema di credenze paranormali che caratterizza l’universo spiritico kardeciano, che influenza, suggestiona e condiziona i 49 | P a g . medium-pittori. A rafforzare tale quadro di suggestione contribuisce, molto spesso, il vissuto degli stessi artisti medianici, caratterizzato da esperienze di bassa autostima stratificatesi e rafforzatesi nel corso dell’infanzia (che di per sè fanno già parte del DNA culturale brasiliano), caratterizzate da repressione o assenza di stimoli sociali adeguati, mancanza di incoraggiamento nello sviluppo delle proprie capacità e di fiducia in se stessi, educazione autoritaria e violenta, le quali inibiscono l’attribuzione a se stessi di doti eccezionali: il soggetto, avendo un limitato concetto di sè e non sentendosi all’altezza dei fenomeni straordinari da lui prodotti, evita di attribuire a se stesso le opere prodotte attraverso capacità creative al di fuori dell’ordinario, rafforzando la propria credenza in un intervento di natura paranormale da parte di entità spiritiche disincarnate, che agirebbero servendosi della sua persona. La suggestione diventa talmente forte da provocare nel soggetto l’irruzione di abilità creative latenti sotto forma di automatismi psicomotori, che attecchiscono nell’individuo laddove esistono innate tendenze dissociative, le quali vanno ad innestarsi su un quadro socio-culturale caratterizzato da un sistema di credenze paranormali, tipiche del contesto spiritico brasiliano. Infatti i fenomeni dissociativi che caratterizzano le manifestazioni di arte medianica e gli automatismi psicomotori attraverso cui si esprimono, non possono essere adeguatamente spiegati in termini di separazione tra manifestazioni cognitive (o psicoformi) e manifestazioni somatoformi, dato che la dissociazione cognitiva si basa su processi che coinvolgono la sfera neuro-psicofisiologica nel suo insieme e che sono oggettivamente misurabili (Nijenhuis, 2000). I sintomi di depersonalizzazione che si verificano nel soggetto, che costituiscono un tipico tratto dissociativo, accrescono la tendenza (sia da parte dell’individuo che della comunità) ad attribuire i fenomeni di automatismo creativo ad entità “spirituali” estranee al soggetto, avvalorando ancora di più la spiegazione paranormale dei fenomeni di automatismo creativo, propri dell’arte medianica. Una volta stabilito che la dissociazione non è necessariamente un fenomeno psichico di natura psicopatologica e che i fenomeni dissociativi possono essere indotti dal contesto socio-culturale ed antropologico di appartenenza del 50 | P a g . soggetto (che nelle comunità spiritiche sceglie volontariamente di essere un artista medianico), si può facilmente comprendere come il contesto religioso brasiliano, fortemente permeato di cultura spiritista, possa aver contribuito alla stimolazione e/o attivazione di tali fenomeni di espressione creativa in individui particolarmente predisposti e sensibili a dati di natura estetica. Più avanti, nel capitolo riservato alla presentazione dell’ipotesi cui si è pervenuti attraverso il nostro lavoro di ricerca, illustreremo la natura neurobiologica di tale “ipersensibilità” al dato estetico, individuando nei meccanismi funzionali dei neuroni specchio la possibile causa dei fenomeni di automatismo creativo, propri dell’arte medianica. Per ora, il dato che ci interessa fissare è che la manifestazione di alcuni fenomeni psichici ritenuti “anomali” o anormali, ossia non riconducibili a categorie psicologiche o psichiatriche universalmente note, riconosciute e condivise, può essere strettamente collegata all’ambiente culturale di insorgenza dei fenomeni stessi: si tratta pertanto di fenomeni o esperienze “di confine” (borderline), che vanno studiati ricorrendo ad una diversa metodologia di indagine, più incentrata sugli aspetti endemici di natura etnoculturale, come quella utilizzata dal nuovo settore di studi che va sotto il nome di etnopsichiatria o antropologia psicologica (Leff, 1992; Nathan, 1996; Coppo, 1999). Nel caso della pittura medianica in Brasile (detta anche pittura spiritica o psicopittografia), è chiara l’influenza del contesto religioso autoctono, ossia quello spiritico-kardeciano, così ricco di credenze e rituali da condizionare anche le modalità di espressione ed estrinsecazione dei processi creativi, che diventano così esperienze psico-estetiche di confine, data la natura eccezionale delle loro manifestazioni. In tale contesto, l’arte medianica si configura come una vera e propria categoria di esperienza religiosa ed un evidente esempio di dissociazione creativa, in quanto fonde insieme arte e religione in un mix potentemente suggestionante per l’individuo, che di norma è un adepto di qualcuno dei numerosi circoli spiritici (o Centros). Questa esperienza dissociativa a carattere mistico-religioso si fonda sulla supposta capacità del medium-pittore di fungere da tramite (o intermediario) attraverso cui i famosi artisti del passato, ormai defunti, possono continuare a realizzare 51 | P a g . le loro opere d’arte, provando la loro sopravvivenza del loro spirito oltre la morte: è determinante in questo caso la convinzione (o autosuggestione) di essere “posseduti” dallo spirito del famoso artista che si esprime attraverso il medium-pittore, il quale assume su di sè le capacità creative dell’artista defunto, addirittura siglando il quadro con la sua firma autografa originaria (si pensi al famoso monogramma di Toulouse-Lautrec, usato come firma nei suoi quadri, riprodotto da vari artisti medianici che incarnano il pittore francese). Inoltre, è importante considerare che la suggestione ed il condizionamento esercitati all’interno delle comunità spiritiche (che fungono da veri e propri incubatori delle capacità artistiche dei pittori medianici e da induttori della trance medianica), possono determinare l’insorgenza del disturbo disturbo dissociativo dell’identità (o disturbo di personalità multipla) in soggetti suscettibili o predisposti a tale patologia psichiatrica, determinando nell’artista medianico il cambiamento automatico (o trasformazione) di personalità ed il passaggio da una identità artistica all’altra (Bahnson & Smith, 1975; Braude, 1995): attraverso le suggestive performances pubbliche degli artisti medianici brasiliani, capaci di “incarnare”, nell’ambito della stessa seduta di arte medianica, differenti identità spiritihe di famosi artisti del passato, si sono affermati alcuni casi di rilevanza internazionale, ampiamente notiziati dai media, come quelli dei pittori medianici Florêncio Anton Neto, Luiz Antonio Gasparetto e José Jacques Andrade. Sono state date varie giustificazioni al motivo per cui famosi pittori del passato dovrebbero manifestarsi attraverso le esibizioni pubbliche dei pittori medianici, tra cui quella di avvalorare (attraverso la fama e l’autorevolezza di nomi famosi) l’esistenza di un’altra dimensione dopo la morte, dove lo spirito del defunto continuerebbe a sopravvivere: la firma autografa del grande artista permetterebbe di confermare la sua identità post mortem, lasciando un messaggio di consolazione e speranza per i vivi, ossia di credenza in un aldilà. A volte la dimensione spirituale di cui i medium-pittori sarebbero testimoni viene raffigurata in termini più astratti e meno figurativi, ma in questi casi i dipinti potrebbero prestarsi ad interpretazioni troppo vaghe ed aleatorie per poter confermare la scientificità del fenomeno, oltre a non permettere di 52 | P a g . evidenziare alcuna particolare capacità artistica al di fuori dell’ordinario (Thévoz, 1990). In effetti, ad una prima impressione, questi fenomeni di creatività artistica non-ordinaria sembrerebbero contraddire alcuni principi sia di natura fisica, che biologica o psicologica e, per essere accettati, imporrebbero una revisione delle tradizionali teorie scientifiche. Dato che ciò risulta difficile, ecco che viene loro assegnato in maniera sbrigativa ed acritica lo status di fenomeni trascendenti o paranormali (Zusne & Jones, 1989), inquadrandoli sotto l’etichetta di “medianità”, alla stregua di altri fenomeni coma le precognizione o la telepatia: comprendere, attraverso uno studio più rigoroso e scientificamente ispirato, il fenomeno dell’arte medianica, potrebbe dunque aiutarci a comprendere meglio le potenzialità creative del nostro cervello, ossia la condizione psicologica (e neurobiochimica) che provoca la genesi dell’ispirazione artistica. In ogni caso, i concetti di “medianità” e di “automatismo psichico” non sono avulsi dalle modalità espressive di alcuni movimenti artistici, primo fra tutti il Surrealismo. Infatti, nel Primo Manifesto Surrealista pubblicato nel 1924 da André Beton, il movimento avanguardista (cui aderì, tra gli altri, anche Salvador Dalí), viene definito come “automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale” (Breton, 1924): per la prima volta il processo di creatività artistica viene espressamente collegato (o meglio subordinato) sia al mondo dell’inconscio, sia ad una dimensione psichica in grado di determinare la manifestazione di fenomeni difficilmente spiegabili attraverso le teorie scientifiche tradizionali: con il Surrealismo si assiste al tentativo programmatico di fondare una vera e propria cultura della dissociazione creativa (Galetta, 2016). Infatti, artisti come André Masson e Joan Miró utilizzarono l’automatismo psichico come modalità di produzione creativa, equiparando le loro opere a quelle prodotte dai medium. Il contesto culturale brasiliano, pervaso dal culto e dalle pratiche spiritistiche di stampo kardeciano, diffusesi attraverso le attività sociali dei Centros ed 53 | P a g . accompagnate dalle frequenti esibizioni pubbliche degli artisti medianici in vari paesi del mondo (alle quali è stato dato ampio risalto dai mezzi di comunicazioni di massa, specie nell’ambito di trasmissioni televisive dedicate ai fenomeni occulti e paranormali), ha portato alla “normalizzazione culturale” della trance medianica, ossia quel particolare stato di coscienza attraverso cui si manifesta la creatività degli artisti medianici: infatti, questa esperienza psichica si situa all’interno del continuum di esperienze tra i due estremi di normalità e anormalità che caratterizzano la dissociazione, la quale di per sé rappresenta l’elemento costitutivo di qualsiasi tipo di trance (Peters & Price-Williams, 1983). La dissociazione, in questo caso, costituisce un dispositivo psicobiologico universale al pari di una funzione vitale, e non va affatto confusa con la dissociazione di tipo psicopatologico o neuropsichiatrico (Lapassade, 1996). In virtù di questa sua caratterizzazione normale ed antipsichiatrica, la trance (o transe, secondo l’etimologia del verbo latino transire, come preferito da alcuni autori, utilizzata al fine di accentuarne il significato di “passaggio” da uno stato all’altro della coscienza, contrariamente ad un’interpretazione medianica e spiritistica del termine) può attivarsi “spontaneamente durante ogni momento di intensa sollecitazione emotiva, in situazione di stress come in ogni partecipazione affettiva, nell’innamoramento, nell’orgasmo, nel vissuto di disagio o di malattia, in ogni ricordo, illuminazione, intuizione, ed esumazione archetipica, in ogni esperienza meditativa e soprattutto in ogni esperienza creativa più o meno importante del nostro vissuto quotidiano” (Ampolo & Carretta, 2005, p. 21). Nell’ambito di una possibile classificazione degli stati modificati di coscienza, la trance può essere quindi considerata uno stato modificato di coscienza culturalmente elaborato, basato sul superamento della realtà percettiva finalizzata alla costruzione di un presunto passaggio a (o contatto con) una dimensione trascendente da parte dell’individuo (Belli, 2000). In tale prospettiva, la trance medianica sperimentata dal medium-pittore può essere accomunata, da un punto di vista antropologico, alle visioni sciamaniche, all’estasi mistica o alla possessione spiritica. Il superamento della realtà sensibile (ossia basata sulla percezione dei sensi umani) attraverso 54 | P a g . l’alterazione della coscienza, è stato oggetto di diversi studi scientifici (Bourguignon, 1983; Lapassade, 1980, 1993, 1996 e 1997), i quali hanno evidenziato la forza insita nel condizionamento culturale, in grado di modificare lo stato coscienza di un soggetto psicologicamente o neurobiologicamente predisposto, determinando l’insorgenza di fenomeni creativi apparentemente al di fuori dall’ordinario, ovvero difficilmente spiegabili dal punto di vista scientifico, come appunto l’arte medianica. Del resto, la possibilità che i condizionamenti culturali e le suggestioni misticoreligiose, esercitate sull’individuo dal contesto sociale e antropologico di riferimento, possano influenzare la stessa biochimica del cervello umano è stata già appurata nel corso di precedenti ricerche (Davidson & Davidson, 1980; Mandell, 1980, pp. 379-464). La possibilità che lo stato ordinario di coscienza sia solo uno tra i tanti stati di coscienza possibili, è un’ipotesi presa in considerazione da alcuni studiosi sin dagli anni Settanta (Maslow, 1971; Tart, 1972), determinando quel settore di ricerca noto come “psicologia transpersonale”, che ha avuto il merito di reinterpretare le cause di alcuni nevrosi e psicosi difficilmente inquadrabili dal punto di vista clinico. Secondo tale prospettiva di ricerca psicologica, può essere considerata come “transpersonale” ogni esperienza o manifestazione psichica che supera la barriera della personalità individuale, includendo in tale definizione tutte quelle esperienze non-ordinarie, anomale o di confine, definite a vario titolo spiritiche, mistiche, ascetiche, magiche o medianiche, ammettendo addirittura una possibile influenza o trasmissibilità di tali manifestazioni a livello biologico-genetico, secondo una prospettiva di tipo psicologico-transpersonale (Braud & Schlitz, 1989; MacDonald et al., 1995; Ianneo, 1999; Jouxtel, 2010). Ecco spiegata la concentrazione dei fenomeni di automatismo creativo nelle comunità spiritiche kardeciane in Brasile, dove opera attualmente la maggior parte degli artisti medianici viventi: in tali comunità sembra operarsi un contagio (o travaso) di capacità medianiche da un individuo all’altro, confermando il fatto che queste comunità agiscono da veri e propri incubatori di capacità creative di natura non-ordinaria. 55 | P a g . Come affermato da Kalweit, la psicologia transpersonale è “una scienza che studia gli aspetti della mente umana fin qui trascurati dalle teorie classiche, con metodi nuovi e più lungimiranti. Essa afferma che nella coscienza dell’essere umano esistono facoltà che non possono essere adeguatamente spiegate dalle teorie del comportamento o dalla psicanalisi o dalla psicologia del profondo” (Kalweit, 1996, p. 234). Tale prospettiva, che ammette la possibile trasmissività dei processi coscienziali di natura non-ordinaria elaborati dalla mente umana, permette quindi di dare una spiegazione ad esperienze psichiche, prima considerate patologiche, inquadrandole come forme diverse di manifestazione della coscienza, differenziando le psicosi da quegli stati che rappresentano l’espressione di capacità straordinarie e latenti della mente umana: l’arte medianica sarebbe dunque solo uno dei possibili stati di coscienza “non-ordinari” che l’individuo è in grado di sperimentare. Sono i processi di elaborazione culturale che permettono di istituzionalizzare e normalizzare gli stati modificati di coscienza, integrandoli in forme ritualizzate (e trasmissibili da un adepto all’altro), come appunto le esibizioni pubbliche di arte medianica dei pittori-medium brasiliani. In tali contesti istituzionalizzati di esibizione pubblica, questi attori sono in grado di modificare le loro facoltà mentali e cognitive, rendendole capaci di funzionare in modo anomalo ed apparentemente straordinario e di attivare potenzialità creative latenti, facendo grande presa sull’immaginario collettivo (Braud & Schlitz, 1989). Infatti, la suggestione esercitata sulla comunità, che diventa testimone dell’evento, è in gran parte determinata dalla platealità delle sessioni di arte medianica e dalla dimensione “teatrale” (opportunamente drammatizzata) del contesto di esibizione. Sulla base dell’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca, riteniamo però che, affinchè possa verificarsi una modificazione dello stato di coscienza ordinario, dando luogo ai fenomeni di arte medianica, le sole determinanti culturali non bastino ad attivare gli automatismi creativi, ma è necessario che il soggetto sia biologicamente equipaggiato di uno specifico asset neurale in grado di attivare la “commutazione” psichica: tale equipaggiamento è stato da noi individuato nei neuroni specchio, ossia in un fattore biologico comune a tutti gli esseri umani, 56 | P a g . e dunque potenzialmente universale indipendentemente dalla cultura di appartenenza dei soggetti coinvolti nel fenomeno. Solo in tal modo è possibile spiegare perché l’arte medianica possa manifestarsi anche in contesti culturali diversi dalla tradizione spiritistico-medianica brasiliana, come quelli europei (dove anche l’Italia annovera numerosi casi di artisti medianici): infatti, per questioni di specificità scientifica, la psicoantropologia è maggiormente orientata a rintracciare le sue spiegazioni in specifici contesti culturali di riferimento, dove la ritualizzazione ed istituzionalizzazione di esperienze di stati modificati di coscienza, come la trance medianica, ha una sua ragione d’essere. Nel corso dello studio dei casi presi in esame, si è comunque notato uno spiccato ritualismo delle manifestazioni di arte medianica. Infatti, nel caso dei medium-pittori brasiliani attivi nei circoli kardeciani, come si diceva, si assiste a vere e proprie cerimonie preparatorie, di natura rituale, in parte simili a quelle praticate dai pittori braminici indiani (Maduro, 1976), cui accenneremo più avanti. Ma, mentre nel caso dei pittori indiani tale rito di preparazione è individuale, ossia compiuto in maniera intimistica dal solo artista senza il coinvolgimento della comunità, nel caso dei pittori brasiliani diventa un rito collettivo, basato su canti, preghiere ed invocazioni agli spiriti che coinvolgono tutto il gruppo presente all’esibizione. Questi riti collettivi di preparazione culminano poi nell’”incorporazione” dello spirito dell’artista defunto nel medium-pittore, che cade in trance. Nel caso del pittore medianico brasiliano José Jacques Andrade, ad esempio, si è osservato il soggetto entrare in uno stato di totale assorbimento; il pittore ha poi iniziato a dipingere due tele contemporaneamente, immergendo le mani in barattoli di pittura e rappresentando ritratti, paesaggi e nature morte nello stile di Monet e Cézanne. Al di là dei fattori neurobiologici di natura universale, che determinerebbero l’insorgenza del fenomeno dell’arte medianica, le differenti espressioni del fenomeno riscontrabili nelle varie culture dipendono senz’altro, come si è già detto, dall’influenza e dal condizionamento esercitato dai fattori socioculturali e religiosi. Infatti, come già affermato da Rudowicz (2003), l’espressione creativa è un fenomeno umano universale saldamente fondato sulla cultura. Ciò significa che l’atto creativo è espressione di un luogo e di un 57 | P a g . tempo culturale definiti: ogni popolo esprime attraverso l’arte la propria cultura di riferimento in un determinato momento storico, dando luogo a manifestazioni di creatività artistica peculiari e diverse. Allo stesso tempo, l’atto creativo esprime il patrimonio psicosociale di ciascun individuo, il quale è fortemente condizionato dalla propria cultura di appartenenza, così come dal proprio credo religioso e dalle proprie esperienze spirituali. Un’interessante testimonianza della concezione mistico-sacrale dell’arte quale manifestazione della creatività umana ispirata dalla divinità, ponte di contatto tra la realtà materiale e una dimensione spirituale ed ultraterrena, è quella fornita dagli studi di Renaldo Maduro sulla comunità di pittori indiani di religione hindu (Maduro, 1976)3. Secondo la concezione basata sul testo filosofico-mistico dello Yoga Sūtra,4 il processo creativo si fonda su un modello ascetico a quattro stadi. Nel primo stadio, preparatorio rispetto all’atto creativo, l’artista, raccogliendosi in meditazione, cerca di mettersi in contatto in maniera cosciente e consapevole con la parte più profonda della mente; in un secondo momento egli tenta un distacco simbolico del suo io cosciente dalla realtà materiale, bruciando incenso e invocando Vishvakarma, dio della creatività, per ricevere l’ispirazione: egli cerca, cioè, di indurre uno stato dissociativo che favorisca la creatività (Lutz et al., 2004). Nel secondo stadio l’artista si proietta mentalmente nell’oggetto di rappresentazione del proprio dipinto, identificandosi con la sua materia. Nel terzo stadio l’artista riceve l’illuminazione (insight), che corrisponde ad una sorta di intuizione La comunità studiata dall’antropologo, psicologo e psicanalista Renaldo J. Maduro (19421988) è quella dei pittori Mewari del villaggio di Nathdwara, nel sud-ovest del Rajasthan (distretto di Udaipur), dove si trova il tempio di Shri Natjhi. Tale comunità rappresenta una vera e propria casta distinta dalle altre, la cui appartenenza è determinata dalla nascita. Questa comunità produce un tipo di pittura religiosa, denominata appunto Mewari, basata sulle sacre scritture hindu ed usata a scopo rituale, che viene venduta ai pellegrini che si recano in visita al tempio. Questa comunità vive isolata e mantiene sporadici contatti con il resto della popolazione locale: l’isolamento determinerebbe lo sviluppo di una personalità poco socializzata ed incline al distacco dall’ambiente sociale, con una spiccata tendenza ai disturbi dissociativi. 3 Lo Yoga Sūtra è una raccolta di 196 aforismi scritti dal filosofo Patañjali nel II secolo a.C. e rappresenta il testo mistico fondamentale alla base della filosofia ascetica e meditativa dello Yoga darśana, uno dei sei sistemi dell’ortodossia induista. 4 58 | P a g . creativa, che si materializza nel quarto stadio, ossia la condivisione sociale della propria opera attraverso la sua creazione materiale. A differenza della concezione spiritista dei fenomeni di arte medianica operata dai circoli kardeciani in Brasile, l’approccio utilizzato dei pittori indiani, oltre a evidenziare una concezione mistico-sacrale dell’arte, è esemplificativa del processo creativo messo in atto dalle culture orientali, basato sulla meditazione e sull’ascetismo mistico attraverso cui l’artista cerca di connettersi intimamente con l’essenza (o spirito) dell’oggetto della rappresentazione artistica, allo scopo di raggiungere l’ispirazione (o illuminazione). In questo sforzo psicologico di proiezione mentale, intrisa di misticismo olistico, basato su un flusso ininterrotto di impressioni sensoriali e immagini derivanti da una concentrazione immersiva sull’oggetto, si assiste al distacco dell’artista dal mondo esterno, ossia alla ricerca di uno stato di dissociazione creativa, di depersonalizzazione e derealizzazione, di proiezione extracorporea ed immersione olistico-totalizzante nell’oggetto fisico della rappresentazione artistica. Il modello orientale del processo creativo si concentra dunque sulla dimensione spirituale, sull’intuizione e sulle dinamiche intrapsichiche messe in atto dal soggetto, il quale deve dissociarsi dal proprio io per identificarsi con l’oggetto della rappresentazione (Chu, 1970), a differenza del modello occidentale, più logico e razionale, focalizzato sulla ricerca dell’innovazione e sull’originalità dell’oggetto della rappresentazione e, dunque, ad orientamento prettamente cognitivo sebbene non del tutto privo di riferimenti inconsci (Wonder e Blake, 1992). Il contesto di ispirazione mistica, favorito dall’isolamento dell’artista dall’ambiente sociale, nel quale la religione esercita un condizionamento psicologico determinante, permette agli artisti hindu di sviluppare un particolare modello di creatività artistica associato ad una personalità psicotica con spiccate tendenze dissociative, determinato appunto dalla condizione di isolamento e di pratica mistico-ascetica (Bagchi, 1971). In questo caso il contesto sociale e la cultura religiosa (basata su credenze popolari e sull’ascetismo mistico hindu) modificano la personalità dell’artista, che attraverso un processo di autosuggestione arriverebbe a sviluppare la 59 | P a g . convinzione profonda di essere uno strumento di intermediazione con la divinità. Tale consapevolezza riceverebbe credito da parte della comunità di appartenenza, rafforzando l’autoconvinzione dell’artista. È inoltre interessante notare un’analogia tra la fase mistica dell’invocazione della divinità, tesa ad indurre lo stato di dissociazione creativa che permetterebbe ai pittori indiani di “uscire” dal proprio corpo per proiettarsi nell’oggetto della rappresentazione artistica, e lo stato di “trance estetica” dei medium-pittori brasiliani, tesa a creare il contatto con l’entità spiritica disincarnata che dovrà manifestarsi attraverso la creazione medianica per mano dell’artista medianico. La base mistico-religiosa della pratica dell’arte medianica in Brasile implica inoltre un aspetto psicoterapeutico legato al particolare contesto in cui il pubblico assiste alle performance artistiche (Rufino, 1999). Infatti i partecipanti, raccolti in un clima di preghiera in un ambiente fortemente autosuggestionante, traggono giovamento dalle esibizioni pittoriche degli artisti medianici, proprio perché l’artista è ritenuto essere un medium, ossia un tramite con il mondo dei trapassati. Tale esperienza di tipo mistico, spettacolarizzata in sessioni pubbliche attraverso precisi schemi rituali, per mezzo dei quali i fenomeni di automatismo creativo vengono presentati come eventi miracolosi di natura prodigiosa e soprannaturale, assomiglia molto al sistema di guarigione popolare, caratteristico della Santeria, che è noto nelle comunità latino-americane con il termine di Curanderismo, i cui praticanti sono detti curanderos (Maduro, 1983). Come si vede, ai fini della spiegazione del fenomeno dell’arte medianica, l’ipotesi psicoantropologia o etnopsichiatrica può avere un senso nel caso di culture fortemente ritualizzate e permeate da un forte spirito religioso (come nei casi del Brasile e dell’India), ma non riesce a spiegare adeguatamente i casi europei, dato il diverso contesto culturale, la formazione e la biografia degli artisti medianici presi in esame, la cui dimensione intimistico-spirituale è fortemente condizionata (e forse limitata) dai cliché culturali e dalle convenzioni sociali di stampo occidentale, imponendo diversi modelli di espressione creativa che, spesso sono sovrapponibili ad una sintomatologia di natura psichiatrica (Noll, 1983). Insomma, pur riconoscendo all’antropologia 60 | P a g . psicologica il merito di aver stabilito un legame significativo tra psiche e cultura, è chiaro che di fronte a culture che non riconoscono o non permettono la positiva sperimentazione di tutti gli stati di coscienza possibili, una spiegazione psicoantropologica dell’arte medianica potrebbe apparire debole da un punto di vista scientifico, specie se basata su presupposti di natura spiritica, come nel caso dei medium-pittori brasiliani. È comunque accertato il fatto che alcuni tipi di esperienze psichiche siano ricorrenti in tutte le culture umane, a conferma dell’esistenza di una comune matrice di natura neurobiologica ed universale. 2.3 L’ipotesi psicoanalitica Sul versante dell’analisi dell’espressività pittorica psicopatologica, alla quale l’arte medianica è spesso assimilabile, si sviluppa una riflessione psicoanalitica da parte delle due maggiori correnti, quella freudiana e quella junghiana. La ricerca psicoanalitica, che procede parallelamente agli studi psicologici e psichiatrici sull’arte psicopatologica o alienata, si pone infatti l’obiettivo di studiare le modalità attraverso le quali il conflitto nevrotivo interno all’individuo si esteriorizza nella creazione artistica. Ma mentre nell’approccio freudiano lo schema interpretativo è orientato ad una simbologia di tipo sessuale, in quello junghiano prevale la ricerca di simboli archetipici, assimilati ed introiettati dall’artista per mezzo dell’inconscio collettivo. In quest’ultimo caso, il disegno è ritenuto essere una forma di espressione della dimensione psichica più diretta della parola. Secondo l’ipotesi freudiana, invece, la creatività artistica appartiene al processo primario di funzionamento dell’apparato psichico (caratteristico dell’Es), che attiene all’inconscio e persegue la soddisfazione pulsionale per via diretta e immediata, sebbene allucinatoria e sostitutiva, come nel caso dei sogni e delle fantasie: secondo tale prospettiva, l’arte medianica potrebbe rappresentare, per la sua specifica caratteristica di evento borderline, ossia ai confini dello stato di coscienza ordinario, una specifica modalità di espressione dell’inconscio, 61 | P a g . che cercherebbe di soddisfare le pulsioni represse e latenti nell’individuo attraverso l’accesso (tramite stati modificati di coscienza, come la trance ipnotica e l’assorbimento dissociativo sperimentato dai pittori medianici) a zone d’ombra della nostra mente, normalmente inaccessibili in stato cosciente, popolate da immagini simboliche, sogni, incubi e allucinazioni: tali pulsioni verrebbero sublimate attraverso il processo di creazione artistica, che esprime dunque uno sforzo psichico di compensazione. Tale interpretazione viene avallata dalla personalità generalmente introversa dell’artista, più vicina al mondo delle nevrosi e dell’isteria. Per Freud, infatti, l’opera d’arte non sarà mai un oggetto estetico, ma un oggetto allusivo e simbolico, che rimanda a qualcosa che va al di là della semplice forma: l’arte diventa sublimazione del desiderio, espressione dei fantasmi interiori dell’autore e, proprio in quanto tale, va analizzata attraverso lo stesso metodo utilizzato nell’interpretazione dei sogni, ricercandone i contenuti latenti attraverso la manifestazioni simboliche materializzate per mezzo del processo di creazione artistica (Freud, 1985). Attraverso uno stato di coscienza alterato di tipo ipnotico, l’artista è in grado di mettere in atto un processo regressivo che gli permette di accedere al proprio mondo interiore, spingendolo a recuperare contenuti inconsci e latenti che, attraverso il meccanismo sostitutivo di sublimazione operato per mezzo della creazione artistica, riaffiorano improvvisamente fissandosi nell’opera d’arte. Il simbolismo che si nasconde dietro le opere di arte prodotta dagli artisti medianici rimanda dunque ad una dimensione inconscia, quasi esoterica e spirituale, fatta di simboli mistici e iniziatici, simili ai crittogrammi per i quali è necessaria una specifica chiave interpretativa (condivisa tra artista e spettatore). La prova evidente è testimoniata dal fatto che numerosi pittori medianici, soprattutto quelli europei, riproducono nelle proprie opere una simbologia mistica, costituita da segni e figure che rimandano ad antiche culture esoteriche ed iniziatiche (di natura spirituale o comunque trascendente l’umana comprensione), oppure ad alfabeti sconosciuti o lontani nel tempo, come i geroglifici egiziani. Lo stesso Jung si interessò alla pittura alienata: dopo aver studiato approfonditamente i mandala (ossia i diagrammi esoterici buddhisti e hindu), 62 | P a g . definì “mandala europei” alcune opere d’arte realizzate da malati psichici, che erano molto simili ai motivi pittografici iniziatici orientali (Jung, 1969). Lo studioso rilevò infatti un interessante parallelismo tra la filosofia orientale ed i processi mentali operati dall’inconscio collettivo in Occidente (Jung, 1977). Ma mentre nel malato psichico l’Io è totalmente sopraffatto dal processo primario (come nel caso degli schizofrenici), nel caso della creatività artistica di tipo medianico l’individuo sembra in qualche modo controllare tale processo (Kris, 1952). Infatti, a differenza dell’espressione pittorica psicopatologica, gli artisti medianici appaiono mantenere una linea di continuità nella loro produzione creativa, una sorta di coerenza creativa “interna”, pur nella supposta inesplicabilità del processo esecutivo automatico, che distingue la loro arte da quella alienata, attingendo ad una simbologia di natura archetipale ed universale, e come tale, comune all’intero genere umano. Nell’artista medianico sembra infatti prevalere una ricerca di senso (anche se aposteriori), un processo di ricostruzione e reintegrazione con la fonte del processo creativo, un impulso di “riparazione” e ricostruzione dell’oggetto della pulsione; nel malato psichico, invece, prevale un processo distruttivo, caotico e delirante, che non conduce a nulla se non allo sfogo immediato di un impulso irresistibile ed incontrollabile dettato dal suo stato patologico, del tutto sconnesso e incoerente, che evidenzia una frammentazione della coscienza, ovvero un Io diviso: la somiglianza, rilevabile in alcuni casi, tra la pittura medianica e quella psicopatologica (a parte le analogie stilistico-formali delle opere), sta nello stato alterato di coscienza e nell’utilizzo di un linguaggio fatto di simboli e grafismi contorti e spesso incomprensibili. Ciò potrebbe erroneamente indurre ad accomunare la figura dell’artista medianico a quella di un malato psichico. Una posizione interpretativa di compromesso tra le due scuole psicanalitiche sembra essere quella di Ernst Kris, il quale, a proposito dell’arte psicopatologica, parla di “incantesimo della creazione” (Kris, 1952). Secondo lo storico dell’arte e psicanalista austriaco, le creazioni spontanee degli artisti psicotici potrebbero rappresentare una strategia difensiva (o di coping) messa in atto dal soggetto per controbilanciare il progressivo dissociarsi dal mondo 63 | P a g . esterno e il disgregarsi della coscienza utilizzando un linguaggio onirico e simbolico, il che potrebbe essere in parte vero anche per quanto riguarda l’arte medianica. Il mondo dell’artista medianico, infatti, appare come una dimensione rasserenante ed alternativa alla realtà, all’interno della quale sembrano risolversi le dinamiche conflittuali intrapsichiche del soggetto, che esprimono un modello escapologico, ossia un meccanismo di difesa e di fuga in un mondo onirico, risolutivo dei propri conflitti interiori. La ricomposizione della coscienza del soggetto attraverso tale dimensione inconscia avviene per mezzo di uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, per mezzo del quale è possibile ricongiungersi catarticamente con un’altra personalità, più ricca e profonda di quella percepita dal soggetto cosciente: infatti, mentre l’artista psicotico vive una dissociazione di tipo drammatico, quella dell’artista medianico è rasserenante e catartica, in quanto, una volta rientrato allo stato di coscienza ordinario, l’artista avverte la sensazione di essere stato guidato e protetto da una presenza misteriosa, riportando indietro un messaggio di speranza a carattere mistico, religioso, filosofico o trascendente, che non trova corrispondenza nell’arte psicopatologica: quella dell’artista medianico è un’esperienza introspettiva e rivelatoria. Per questo suo carattere mistico e sacrale, l’arte medianica sconfina nella medianità, ossia in una dimensione metapsichica, spirituale e trascendente, rendendosi poi disponibile e suscettibile a facili manipolazioni ad opera della cultura popolare e dei meccanismi di spettacolarizzazione mediatica, che hanno erroneamente raffigurato l’artista medianico come un medium, ossia una persona in bilico tra la dimensione terrena ed una dimensione ultraterrena. Ma mentre l’artista psicotico vive da spettatore passivo un’esperienza che evidenzia in maniera invasiva e drammatica i meccanismi della propria malattia mentale, l’artista medianico vive il fenomeno creativo con sereno stupore, proiettandosi nella dimensione epifanica e rivelatoria della propria esperienza creativa, ossia di accesso ad una dimensione recondita e trascendente, capace di disvelare i misteri della coscienza rivelandosi gratificante e rassicurante per il soggetto coinvolto. Infatti l’esperienza di arte medianica da parte dell’artista è molto affine ad un’esperienza di tipo mistico ed ascetico, che assomiglia quasi ad un 64 | P a g . rito di passaggio e/o di iniziazione, nel corso del quale il soggetto, spogliandosi della propria identità materiale, si immerge in un mondo simbolico e onirico alla ricerca della fonte di perfezione interiore, evidenziando in tal modo il carattere di “rivelazione” dell’esperienza artisticomedianica, che diventa in tal modo catartica e riequilibrante e non caotica e distruttiva, come per il malato mentale: “la creazione di un mondo onirico espresso graficamente o vissuto come un sogno che si svolge parallelo alla vita quotidiana e in questa emerge per frammenti, rappresenta un ritiro da esperienze conflittuali o potenzialmente disarmonizzanti, così da risolverle in una nuova visione del mondo e di se stessi. In questa prospettiva la stessa rivelazione medianica potrebbe essere l’evento equilibrante primario che ricostituisce una unità superiore, e comunque ricompositiva con una realtà illuminata dal contatto con una diversa dimensione, e quindi più accettabile” (Peduto, 1979, p. 179). L’arte medianica potrebbe dunque rappresentare un fenomeno regressivo ed avere, sotto certi aspetti, una valenza terapeutica, costituendo una manifestazione psichica attraverso la quale l’Io abbandona il controllo di molte attività psicocognitive coscienti per ritirarsi in una comfort zone più congeniale all’individuo stesso, il quale a questo punto è libero di lasciar emergere le sue pulsioni represse sotto forma di attività creativa, sanando in tal modo i suoi conflitti interiori e ricomponendo il materiale rimosso dalla coscienza in forma più accettabile e innocua. I processi inconsci e preconsci hanno dunque un ruolo decisivo nell’emergenza dei fenomeni di creatività medianica: l’artista medianico è in grado di espandere la propria creatività al di là delle normali possibilità di rappresentazione artistica, entrando direttamente in contatto con la propria dimensione inconscia e restituendo opere che non sono semplicemente frutto di imitazione della realtà, ma rappresentano una nuova forma di espressione mai sperimentata prima, ponendosi al di fuori dei limiti ordinari di coscienza. Infatti, lo stato di dissociazione creativa che è stato osservato negli artisti medianici corrisponde ad uno stato mentale in cui le abilità cognitive del soggetto sono come sospese e libere di fluttuare, mentre al tempo stesso le capacità di rappresentazione della realtà risultano potenziate e amplificate 65 | P a g . (Braude, 2000 e 2002): attraverso la dissociazione creativa il soggetto passa ad uno stato di coscienza non attentivo (di natura pre-linguistica), in cui si sperimenta la perdita dei riferimenti spazio-temporali e la comparsa di una seconda coscienza, che si sostituisce alla coscienza primaria (o Io cosciente). È durante la permanenza in tale stato modificato di coscienza (che assomiglia al sogno o alla trance ipnotica) che l’individuo percepisce vividamente intuizioni, simbolizzazioni, fantasie, emozioni astratte, illuminazioni e nuove forme espressive, mettendo in atto i processi creativi ad un livello meno rigido e vincolato dalle regole del Super-Io e dai condizionamenti culturali, sociali e mediatici: sono infatti ben noti i casi di scienziati ed artisti che hanno realizzato le loro maggiori scoperte, creazioni o opere attraverso uno stato di sospensione della coscienza, confermando che gli stati modificati di coscienza sono strettamente collegati ai processi creativi (Tart, 1972; Lapassade, 1980; Barman & Rheingold, 1986). Generalmente, l’abilità di accedere ad una dimensione primordiale, onirica, archetipica ed immaginifica (tipica dei bambini) viene persa nel corso della crescita psicofisica del soggetto, anche a causa dei processi di apprendimento ed acculturazione, così come dell’influenza e dei condizionamenti sociali, culturali e mediatici. Ma in alcuni individui tale dimensione (che si esprime attraverso la manifestazione di particolari capacità visionarie e di un’acuta sensibilità) può restare viva e riemergere, tanto che, in particolari condizioni di attivazione (ovvero attraverso stati di coscienza modificati), il soggetto è in grado di accedere ad un mondo primitivo e simbolico, popolato da immagini inconsce e oniriche, amplificando le proprie capacità di visione ed immaginazione, come se riuscisse a penetrare la dimensione più profonda del Sè, sperimentando quindi un tipo di creatività al fuori dell’ordinario, inaccessibile all’Io cosciente. Come si vede, lo studio psicanalitico del fenomeno dell’arte alienata si muove a cavallo tra l’analisi estetico-formale e quella simbolico-espressiva , cercando di comprendere il ruolo della nevrosi nel processo di creatività artistica, ossia il modo in cui il conflitto nevrotico si esteriorizza nell’opera d’arte. Nel processo di creazione artistica, si assiste infatti alla manifestazione di un 66 | P a g . conflitto dinamico all’interno dell’apparato psichico del soggetto tra le istanze dell’Io e quelle dell’Es, tra processo primario e processo secondario, che si traducono materialmente nel prodotto artistico. Si è infatti rilevato quanto l’arte medianica possa anche rappresentare per l’individuo una modalità di fuga dalla realtà, ovvero un meccanismo di difesa dell’Io, che cerca di sublimare pulsioni negative come ansia, paure, frustrazioni, insicurezze, insoddisfazioni, inibizioni, traumi, sofferenze e stress, deviandole verso un obiettivo in grado di procurare affermazione individuale, riconoscimento, valorizzazione e visibilità sociale, come appunto quella di essere identificato e riconosciuto agli occhi della comunità come un medium-artista, ossia un individuo dotato di una straordinaria capacità di natura spirituale che lo pone in diretto contatto con “il mondo degli spiriti” e, quindi, lo rende degno di particolare rispetto e attenzione da parte della comunità (Sannwald, 1963; Kafka & Reiser, 1967; Horowitz, 1977). Pur di raggiungere questa comfort zone, l’individuo si appropria di uno specifico “territorio”, che l’artista in quanto tale è in grado di controllare e governare: l’arte diventa quindi una necessità territoriale. Ed è in tale territorio che l’artista medianico esercita il proprio dominio, tramite la manifestazione di straordinarie doti creative che solo lui o pochi altri come lui possiedono. Ma, poiché le capacità dell’artista, per poter essere ritenute prodigiose, richiedono riconoscimento e visibilità sociale, è la stessa comunità di appartenenza dell’artista ad istituzionalizzare le sue abilità, dotandole di particolari connotazioni di tipo paranormale e spiritico, avvalorando pertanto la credenza nella medianità dei fenomeni di automatismo creativo e rafforzando l’autoconvinzione e l’autosuggestione dell’artista. In definitiva, più che rispondere ad una strategia di coping messa in atto dall’individuo per fronteggiare o sfuggire ad una qualche forma di sofferenza psichica legata al percorso psichico traumatico vissuto dal soggetto (Braude, 2002, p. 6), o essere una manifestazione del cosiddetto disturbo borderline di personalità, l’arte medianica è espressione di un fenomeno di autosuggestione che trae origine da uno specifico contesto antropologico-culturale o religioso, operato attraverso l’influenza esercitata sul soggetto dalla comunità di appartenenza e 67 | P a g . attraverso le suggestioni assorbite dall’inconscio collettivo, avvalorando e rafforzando l’autoconvincimento dell’individuo rispetto alle proprie capacità artistico-medianiche. L’artista, vivendo in uno stato di pressione culturale e psicologica, avvertirebbe una sensazione di urgenza o addirittura una sorta di coazione o imposizione, alla quale non riesce ad opporsi e che si afferma contro la sua volontà, come un bisogno al quale non riesce a dare una spiegazione cosciente (infatti diversi artisti odono delle “voci” o avvertono la presenza di un’entità spiritica che “ordina” loro di disegnare o dipingere). Ed assecondare tale bisogno, abbandonandosi all’impulso creativo in maniera passiva, ha per l’artista un effetto liberatorio e catartico, che offre sollievo e pace interiore, riuscendo a placare la forza che lo spinge a dipingere, attribuita ad un’entità spirituale estranea al soggetto stesso: “la passiva esteriorizzazione di contenuti inconsci, viene vissuta, attraverso un meccanismo proiettivointroiettivo, come una passività, un’intrusione, alla quale non è possibile opporsi” (Peduto, 1979, p. 82). Tale meccanismo di accettazione passiva (che in alcuni casi appare rassegnazione) è stato riscontrato in tutti gli artisti medianici, anche quando non vi è alcun riferimento ad una spiegazione di tipo spiritico o alla presenza di uno spirito-guida che, come una mano invisibile, guiderebbe l’artista nella creazione delle sue opere. Infatti, la spiegazione “spiritica” (o di natura paranormale) del fenomeno dell’arte medianica attecchisce maggiormente laddove esiste un contesto che contribuisce da solo a dare tale spiegazione, siano essi i circoli medianici nell’Europa dell’Ottocento o i Centros brasiliani diffusi al giorno d’oggi: infatti, al momento attuale, i pittori-medium brasiliani appartenenti ai circoli spiritici kardeciani rappresentano il più interessante fenomeno, anche da un punto di vista psicoantropologico ed etnopsichiatrico, proprio perchè intimamente legati al sistema di credenze, alle pratiche religiose ed alle esperienze misticoascetiche (somiglianti a vere e proprie pratiche sciamaniche in chiave moderna), tipiche del contesto culturale e religioso latino-americano, fortemente intriso di spiritismo e cultura medianica. Un altro esempio interessante in tal senso è infatti l’arte psichedelica praticata dagli sciamani nella foresta amazzonica sotto l’influenza dell’ayahuasca, un mix di piante 68 | P a g . allucinogene utilizzate nei riti di comunicazione con il mondo spirituale (McKenna, 2004; Metzner, 2006; Severi, 2006). Il contesto sociale, culturale e religioso agirebbe dunque da “incubatore” per quegli individui che, essendo neurobiologicamente predisposti all’attivazione dei meccanismi neurobiologici che sfociano nelle produzioni di arte medianica (secondo quanto ipotizzato nella presente ricerca), ne assorbono l’influenza ed i condizionamenti (Locke & Kelly, 1985). Ma anche l’inconscio collettivo ed il patrimonio di immagini e/o suggestioni mitologiche ed archetipali di natura ancestrale influisce sull’attivazione dell’asset neurale di quei soggetti particolarmente predisposti ed “ipersensibili” al dato estetico, che si rivelano essere artisti medianici. Infatti, l’interpretazione popolare in chiave spiritistica e medianica di tali fenomeni di creatività non-ordinaria ha un’origine prevalentemente culturale ed autoctona, in quanto deriva dal milieu, ossia dallo specifico contesto socio-culturale di appartenenza dell’individuo, come risulta evidente nel caso dei pittori brasiliani, i quali forniscono un interessante materiale di studio per l’etnopsichiatria (o antropologia psicologica), che indaga sulla specificità culturale ed emica di determinati disturbi mentali, che troverebbero terreno fertile in determinate aree geografiche caratterizzate da un sistema radicato di credenze, riti e miti. 2.4 L’ipotesi psicopatologica o neuropsichiatrica Ad un primo sguardo, i fenomeni di arte medianica sembrerebbero avere una stretta correlazione con alcune forme di malattia mentale o disordini di natura psichiatrica, come autismo, schizofrenia e paranoia (Reinsel, 2003). Le modalità “dissociative” con cui si manifestano tali fenomeni creativi presentano infatti più di una analogia con alcuni sintomi attribuibili a tali malattie: la pittura psichica è spesso molto simile ai disegni realizzati dai malati psichici o dai pazienti psichiatrici affetti da diversi disturbi di natura psicopatologica e neuropsichiatrica, con molte somiglianze rispetto alla già citata Outsider Art, tant’è che gli artisti medianici operano generalmente in 69 | P a g . uno stato alterato di coscienza (Morgenthaler, 1990; Prinzhorn, 1995). Tale associazione è abbastanza comune, dato che nella storia dell’arte, così come nella psichiatria, è stato rilevato un nesso abbastanza significativo tra arte e follia: la letteratura scientifica è molto vasta in proposito, dato che la storia di molti pittori, in differenti epoche storiche, è stata effettivamente costellata da episodi di alienazione e disturbi mentali, che si sono poi rivelati in alcuni casi fatali (si pensi a Vincent van Gogh o a Mark Rothko). Ma, nel caso dell’arte medianica, pur essendoci stato qualche caso di sovrapposizione di tali fenomeni di creatività non-ordinaria a casi clinici di patologia psichiatrica conclamata, solo una piccola parte della produzione artistica può essere definita frutto di una creatività “malata” e dissociata, dato che sono pochi i casi di artisti medianici notoriamente affetti da disordini di natura psichiatrica o malattia mentale, la cui alienazione si manifesterebbe attraverso particolari forme di espressione creativa di natura psicopatologica e dissociativa: infatti, in questi casi, l’illusione di “possessione” o di presenza di un’entità estranea al proprio corpo riferita da alcuni artisti medianici, così come i repentini cambiamenti di personalità degli artisti stessi (attraverso la manifestazione di stili artistici differenti), potrebbe essere connessa a forme di schizofrenia, in particolare al disturbo dissociativo dell’identità o disturbo di personalità multipla (DID o MPD) (Ferdièr, 1947a,b, 1948 e 1951; Volmat, 1956; Bahnson & Smith, 1975; Allison, 1980; Ross, 1989; Hughes et al., 1990). Tuttavia, questo disturbo mentale non può, da solo, riuscire a spiegare adeguatamente la presenza di eccezionali abilità artistiche in individui del tutto privi di conoscenze artistiche adeguate, tranne nel caso di soggetti affetti dalla sindrome di Savant (Mesulam, 1981). Com’è noto, con la pubblicazione del trattato Genio e follia nel 1864, Cesare Lombroso aveva analizzato il tema della pittura alienata o “schizofrenica”, caratterizzata da uno specifico stile che evidenzia l’anormalità psichica degli artisti, in parte vicino a quello dell’arte primitiva e dell’arte infantile (naïf e para-naïf), basato essenzialmente su grafismi dettati da un’istintività ingenua e alienata; sulla perseverazione del segno grafico (ossia sulla ripetizione e reiterazione ossessiva di disegni ed elementi grafici); sulle asimmetrie o, al 70 | P a g . contrario, sulla ricerca esasperata di simmetrie grafiche e simbologie di tipo visionario e pseudo-occulto; sulla scarabografia e sul bourrage, ossia sulla presenza di linee e tracciati, spesso contorti e intricati, che mirano a riempire tutto il foglio (Lombroso, 1864; Freud, 1969; Jaspers, 2001). Con lo studioso italiano prende il via un filone di studi sull’arte grafico-pittorica prodotta dai malati psichici, o “arte irregolare” (che più tardi l’artista francese Jean Dubuffet definirà Art Brut, riferendosi appunto all’arte prodotta al di fuori delle norme estetiche convenzionali da individui non esperti d’arte, internati in strutture di esclusione sociale, come ospedali psichiatrici e manicomi), che ha condizionato negativamente le successive interpretazioni del fenomeno dell’arte medianica, dando impropriamente un significato diagnostico, nosografico, psicopatologico e psichiatrico alle opere d’arte, allo scopo di approfondire in questo modo la conoscenza del malato mentale, nonostante i tentativi in chiave antipsichiatrica di dare all’arte “irregolare” una caratterizzazione di “normalità”, inserendola dunque a pieno titolo nelle forme istituzionalizzate di arte contemporanea, proprio perchè si è rilevato che la dissociazione non ha necessariamente un carattere psicopatologico: Jean Dubuffet, infatti, era infatti convinto che la vera arte non dimorasse nelle accademie di belle arti, ma potesse essere prodotta solo da coloro che fossero del tutto estranei al “sistema dell’arte” (Dubuffet, 1971). Pur nelle limitazioni che un simile approccio psichiatrico e “medicalizzato” comporta per l’interpretazione dei fenomeni di arte medianica, lo studio dell’arte alienata (o Outsider Art) ha avuto il merito di fornire un quadro sufficientemente esaustivo delle caratteristiche tecniche e stilistiche che caratterizzano la produzione artistica tipica dei malati mentali, tant’è che diversi autori hanno proposto classificazione dei tipi psicotici che si esprimono attraverso l’arte (Jacab, 1956). Nel suo trattato L’art et la folie nel 1924, ad esempio, Jean Vinchon delineò sei tipi fondamentali di produzione pittorica psicopatologica in rapporto ai quadri clinici osservati, basati essenzialmente sulle caratteristiche grafico-formali delle opere (Vinchon, 1924, riportati in Peduto, 1979, pp. 139-140): 71 | P a g . 1. le grandi perversioni: caratterizzate da produzione grafica molto scarsa e tendenza a nascondere la propria produzione; 2. depressioni, manie e melanconie: caratterizzate da disegni caotici, spesso scarabocchi (soprattutto negli eccitati) e dall’estrema importanza del colore, che in genere risulta vivace nei maniaci, cupo e spento nei depressi; 3. paranoia: il paranoico disegna a getto, proiettando nel quadro i suoi progetti di rinnovamento, le sue rivendicazioni, con una forte carica immaginativa, in una produzione sempre però coerente, solidamente costruita, ancorata alla realtà. 4. Epilessia: cartterizzata da una forte tendenza al decorativo e alla pittura ornamentale (come è possibile riscontrare in numerosi artisti medianici, soprattutto Europei, appartenenti in particolar modo all’Italia e alla Francia). 5. Demenza e oligofrenia: produzione caratterizzata da scarabocchi e segni grafici incoerenti, caratterizzati da linee spezzate. 6. Schizofrenia: produzione molto ricca, complessa e caotica. Come si vede, solo una parte della suddetta classificazione nosografica di tipo clinico-diagnostico può essere accomunata alle caratteristiche formali e tecnico-stilistiche dell’arte medianica, nonché alla psicobiografia degli artisti analizzati, ma questo non significa voler ridurre le loro produzioni artistiche medianiche unicamente a manifestazioni di tipo psicopatologico. Infatti, nonostante la tendenza a voler considerare l’arte medianica un caso di ortopsichiatria (dato il suo apparente carattere di manifestazione ai limiti del patologico), il quadro che caratterizza tale fenomeno è molto più complesso ed una spiegazione di natura esclusivamente psicopatologica sarebbe riduttiva e fuorviante rispetto agli scopi della presente ricerca. Lo stesso concetto di “dissociazione” (di cui parlò per la prima volta sul finire dell’Ottocento lo psicologo e filosofo francese Pierre Janet) è complesso e può avere diverse sfaccettature a seconda del punto di vista da cui viene osservato, in quanto fortemente condizionato dalle variabili socio-culturali (e religiose) relative al 72 | P a g . contesto geografico di riferimento (Krippner, 1997). Infatti, secondo la visione “occidentale” relativa a tale stato psichico (non necessariamente psicotico), la dissociazione è una disconnessione e disaggregazione delle facoltà cognitive dell’individuo dal suo normale flusso di coscienza, ovvero dalla propria autocoscienza e dal normale repertorio comportamentale (ma anche il concetto di normalità è culturalmente variabile). La stessa interpretazione del concetto di dissociazione sopra delineato potrebbe non valere o indurre in errore nel caso dell’osservazione e dell’analisi dei fenomeni di arte medianica in un paese come il Brasile, fortemente permeato da una cultura religiosa di tipo spiritico. Ferdière (1951) ha insistito sul fatto che anche nell’artista schizofrenico (ossia psichicamente malato) esiste una parte sana della personalità, che emerge soprattutto nella produzione plastica (attraverso un processo creativo morfogenetico costituito da neomorfismi, paramorfismi e stereomorfismi): questa tipologia di produzione creativa deve essere pertanto considerata come uno sforzo di conservazione dell’Io da parte del malato, ossia come una difesa nei confronti della malattia distruttrice. D’altro canto Volmat (1956) ha rilevato, specie nei paranoici, una tendenza a fuggire la realtà, rappresentando nelle opere un contenuto-fuga, che è differente dal contenuto-scena normalmente rappresentato. Inoltre la manifestazione della creatività artistica in soggetti psicotici può portare o ad uno stato di tranquillità e serenità con effetto catartico, o ad una eccitazione impulsiva con improvvise ed imprevedibili esplosioni di violenza: difatti alcuni artisti schizofrenici sembrano preferire tele di grande formato, proprio per dare libero sfogo alla propria esagitazione attraverso ampi movimenti delle braccia. Gli schizofrenici in particolare sembrano preferire una “maniera calligrafica” di espressione creativa, utilizzando la penna (o la matita) e facendo un uso limitato del colore e dei pennelli (salvo, in questo caso, preferire colori accesi come il rosso), prediligendo quindi una modalità espressiva monocromatica, cosa che si riscontra anche in alcuni artisti medianici. Questa tipologia di artisti non si preoccupa della visione d’insieme dell’opera, ma preferisce agire ed insistere sul particolare in maniera reiterata ed ossessiva, ripetendo 73 | P a g . compulsivamente lo stesso disegno ed ignorando la composizione, la messa in rilievo e la prospettiva: l’opera sembra in qualche modo “scucita” dalla realtà, in quanto frutto di un’aggregazione o ricomposizione di piccoli disegni disaggregati, ciascuno dei quali è provvisto di un proprio inquadramento. La molteplicità degli inquadramenti è poi in qualche modo bilanciata dalla ricerca di una simmetria e di un equilibrio a volte speculare degli elementi decorativi, che diventano quasi ornamentali. L’artista schizofrenico utilizza tutto lo spazio a disposizione, senza lasciare bianco a margine o spazi vuoti (bourrès), cosicchè le composizioni diventano asfissianti, quasi un reticolo intricato di segni, motivi e decorazioni che si ripetono in inquadrature infinite: il foglio viene abbandonato solo quando è saturo di elementi. A volte i vuoti vengono riempiti con figure geometriche, lettere o iscrizioni ornamentali e stilizzate: la tendenza degli schizofrenici a riempire completamente il tempo con azioni ripetute si riflette sulla necessità ossessiva di riempire lo spazio del foglio a sua disposizione come se fosse un contenitore, in una sorta di attività ludicoedonistica che graficamente tutta la rappresentazione dell’opera. Infatti, una caratteristica tipica dell’arte psicopatologica (ma anche di alcuni artisti medianici) è la stereotipìa, ossia la disposizione ordinata e monotona di forme identiche e ripetute, che diventa un gesto meccanico proprio perché legato all’automatismo esecutivo, che si estrinseca nella fissazione invariabile (ripetizione di un disegno per lunghi periodi di tempo) e nella reiterazione (ripetizione immediata e consecutiva di uno stesso gesto motorio, anche se di nessuna utilità): lo schizofrenico torna continuamente sulla sua opera, lavorando su parti che sembravano concluse, attaccandosi a nuovi dettagli, proprio perché assalito da dubbi e ossessioni, riproducendo tratti identici, elementi stilizzati, segni lineari cerchi e figure concentriche e spiraliformi, o figure decorativamente strutturate ed ornamentali come arabeschi, dotati di un rigoroso geometrismo. Prevalgono dunque: la geometrizzazione, la cura del dettaglio, la schematizzazione, la stilizzazione, la condensazione, la deformazione, la simmetria, l’equilibrio, ma anche una forte tendenza alla simbolizzazione. Se si considera il problema del cambiamento di stile 74 | P a g . (Stilwandel) dei malati psichici5, si noterà che, nel caso di artisti esperti, esso risulta un’evoluzione aberrante dello stile originario (Andreoli & Trabucchi, 1969); ma nel caso di un malato inesperto, ci troviamo di fronte a uno stile del tutto originale ed allo sviluppo di una “tecnica morbosa”, basata su una serie di elementi pittografici caratteristici, solitamente ripetuti in maniera ossessiva. A livello di rappresentazione espressiva, nell’arte psicopatologica si manifesta un processo dissociativo di dereificazione, ossia di perdita del contatto con la realtà spazio-temporale, che si evidenzia nella rappresentazione sproporzionata della realtà attraverso la rappresentazione grafica da parte dell’artista, che esprime un distacco dai modelli originari della raffigurazione, denotando una disgregazione delle immagini mentali, che si traducono in grafismi contorti e indecifrabili. La dissoluzione della realtà attraverso il disegno avviene progressivamente e per gradi, segno di un graduale allontanamento del soggetto dalla realtà: figure ed oggetti inizialmente rappresentati in maniera realistica, finiscono poi per disgregarsi in figure geometriche e in linee spezzate, sino a dissolversi nel grafismo confuso e nella rappresentazione astratta e informale, riproducendo in termini grafico-pittorici la disgregazione dell’Io del soggetto a causa della malattia. Le connessioni logiche tra gli elementi della rappresentazione si allentano fino ad annullarsi: la prospettiva scompare, così come il distacco tra fondo e rappresentazione. L’espressione pittorica psicopatologica esprime una progressiva disgregazione della realtà in una rappresentazione caotica ed indifferenziata, mentre nell’arte medianica si assiste in diversi casi (anche se non in tutti) ad un processo di morfogenesi, attraverso il quale l’artista passa dalla produzione di grafismi elementari ad una strutturazione sempre più complessa ed articolata degli elementi compositivi dell’opera, dove la loro reiterazione ossessiva lascia il posto ad una rappresentazione più organica dell’immagine Con il termine “stile” si intende, in questo specifico contesto di ricerca, il rapporto che lega i singoli elementi compositivi (o stilemi) alla struttura complessiva dell’opera d’arte, caratterizzando la produzione del singolo artista come espressione della propria individualità psichica e non come espressione della cultura di un determinato periodo storico-artistico. In tal caso lo stile può avere una sua caratterizzazione nosografica, in quanto potrebbe mettere in luce o evidenziare la tipologia di psicosi da cui sarebbe affetto il soggetto di studio. 5 75 | P a g . raffigurata, che si fa sempre più chiara, coerente ed intellegibile agli occhi dell’osservatore. Mentre la pittura degli artisti psicopatici procede “per sottrazione” e tende ad impoverire progressivamente la raffigurazione fino a dissolverla caoticamente (disgregazione dell’Io), quella degli artisti medianici procede “per addizione”, ossia aggiungendo nuovi elementi alla rappresentazione, rendendola via via sempre più completa ed organicamente strutturata: in quest’ultimo caso, si passa dal caos iniziale alla rappresentazione imitativa del reale, in cui il segno diventa immagine dotata di senso. Tale processo denota una maggiore aderenza alla realtà da parte dell’artista medianico rispetto all’artista psicotico: elementi grafici inizialmente casuali, si sviluppano in maniera sempre più intenzionale, in quanto il soggetto acquista maggiore lucidità e consapevolezza nell’estrinsecazione del fenomeno, imparando dalla propria esperienza e raffinando le sue capacità di rappresentazione pittorica che, a differenza dell’artista psicotico, aderiscono sempre di più alla realtà. Con l’arte medianica ci troviamo quindi di fronte ad un processo di costruzione e “rireificazione”, anziché di decostruzione e dereificazione della realtà, come invece accade con l’arte psicopatologica: mentre l’arte medianica ricrea la realtà, l’arte psicopatologica la distrugge. Molto probabilmente, è proprio qui che si innesta il fenomeno della criptomnesia, di cui si parlerà più avanti, che comporta il recupero inconsapevole di frammenti criptomnestici di una realtà già vissuta e/o percepita dal soggetto, ma nascosta a livello subliminale in una memoria latente, che abbiamo definito “memoria estetica”. L’ossessività della ripetizione mette in luce altre caratteristiche formali, come la stratificazione dei piani prospettici, la condensazione degli elementi decorativi, la distorsione delle figure (simile a quella riscontrata in artisti sotto l’effetto di sostanze psicotrope, allucinogene o psichedeliche), che conferiscono alle raffigurazioni antropomorfiche o alle rappresentazioni paesaggistiche una configurazione tormentata e caotica o un’atmosfera gotica, cupa, pietrificata, cristallizzata e glaciale (si pensi ai quadri di Francis Bacon): le proporzioni delle figure esprimono la visione propria del mondo interiore del malato, il quale si sforza di rappresentare le proprie esperienze individuali 76 | P a g . tentando di riprodurre sul foglio la propria realtà, per mezzo di un processo creativo attraverso il quale la ricerca ossessiva e spasmodica della simmetria e dell’equilibrio sembrano essere una risposta al processo di disgregazione interiore, in atto nell’individuo a causa della malattia. A volte gli elementi figurativi sembrano orientarsi verso una sola direzione o essere risucchiati in un movimento verticoso verso l’alto, distorcendosi ed avvitandosi su se stessi. Come si vede, esistono effettivamente diverse somiglianze tra l’arte medianica e quella psicopatologica, dovute al fatto che non di rado l’artista medianico lavora in uno stato alterato di coscienza e questo particolare può generare un’impropria assimilazione dell’arte medianica a forme di espressività artistica alienata. Anzi, come sostenuto dalla psicologa Angela Peduto, parlando degli artisti medianici che realizzano le loro opere in stato di totale incoscienza, “anche quelli tra essi che sostengono di operare in stato di coscienza ordinario, sperimentano uno stato di rêverie e di semisonnambulismo” (Peduto, 1979, p. 160). Come riferito da diversi artisti medianici, essi avvertono una sensazione di distacco dalla realtà (derealizzazione), una sorta di estasi all’interno della quale l’artista si muove in modo eterodiretto e automatico (quasi come fosse “posseduto”) realizzando la sua opera in totale concentrazione, salvo ritornare alla realtà nel momento in cui interviene un’interferenza che destabilizza tale stato di assorbimento dissociativo. Con l’arte medianica siamo quindi di fronte ad uno stato di coscienza dissociato dalla realtà, in base al quale l’artista sembra concentrarsi su se stesso e raccogliere tutte le sue forze interiori per comunicare attraverso la sua opera un messaggio che sembra provenire dalle profondià dell’inconscio: la sensazione di “estasi” riferita dagli artisti è quindi uno stato di “dissociazione creativa” non necessariamente di natura psicopatologica, ossia uno stato alterato di coscienza che va dalla rêverie alla grande trance, passando attraverso stadi intermedi come il sonnambulismo o il semisonnambulismo. Tale forma di comunicazione con il proprio inconscio, che si manifesta attraverso il processo artistico per mezzo di automatismi creativi, non potrebbe realizzarsi in uno stato di coscienza ordinario, in quanto le forme simboliche ed estetico-rappresentative nascono pure ed 77 | P a g . incontaminate a un livello più profondo di coscienza, non essendo contaminate dalla percezione della realtà sensibile, operata dall’individuo in stato cosciente. Riassumendo, volendo tracciare le dovute differenze tra arte psicopatologica ed arte medianica, dobbiamo notare che le modalità di insorgenza del fenomeno dell’arte medianica possono essere confuse facilmente con quelle relative all’arte psicopatologica: il senso di possessione estranea alla volontà del soggetto, lo stato di dissociazione psicomotoria accompagnato dalla meccanicità dei movimenti e dei gesti convulsi e agitati (tipici degli automatismi creativi), la presenza di fenomeni allucinatori di tipo visivo o auditivo: sono tutti sintomi che potrebbero facilmente far pensare di trovarci di fronte ad un malato mentale e, quindi, ad un’espressione artisticopittorica di tipo psicopatologico. Ma, come era già stato notato dagli spiritisti del secolo scorso, mentre le opere di arte alienata, essendo di natura psicopatologica, presentano qualcosa di “morboso e degenerato”, esprimendosi attraverso le caratteristiche grafico-pittoriche e stilistico-formali sopra delineate, quelle di arte medianica sembrano in qualche modo essere “ispirate” e guidate da qualcosa di più profondo, piuttosto che dall’impulso incontrollato della malattia. All’inizio del 1980, lo psicologo e studioso di fenomeni paranormali Elmar R. Gruber ha proposto una classificazione comparativa tra arte psicopatologica ed arte medianica, rintracciando una serie di elementi comuni alle due forme di espressività artistica, qui di seguito schematizzati (Gruber, 1980 e 1982): CARATTERISTICHE DI STRUTTURA CARATTERISTICHE DI CONTENUTO Distorsione dell’espressione pittorica Espressione pittorica astratta • Forme barocco-ornate • Composizioni geometrico-lineari • Stile lussuoso ed esuberante • Composizioni chiuso-ornamentali • Pittura grottesco-caricaturale • Composizioni miniaturistiche 78 | P a g . Condensazione dell’espressione pittorica Espressione pittorica concreta • Disordine compatto Panorami e scenari Pitture cosmiche • Sovrariempimento Pitture allegoriche Stile bizantino • Inserzione di elementi scritti Pitture religiose Ritratti Pitture magiche Architetture Neomorfismi Contesto • Combinazione di figure umane • Pitture durante stati di trance • Forme rotonde vs. forme appuntite • Pitture “ispirate” • Reiterazione degli elementi grafici • Pitture in completa oscurità Disintegrazione dell’espressione pittorica • Inosservanza delle relazioni spaziali • Dissoluzione compositiva • Decomposizione della fisionomia Linguaggio Simbolico Metaforico Fantastico/Favolistico Delirante Onirico Infantile / Naïf La comparazione operata da Gruber consente di rintracciare nell’arte medianica, al di là degli elementi in comune con l’arte psicopatologica, quegli elementi inconsci che difficilmente possono emergere nei processi di espressività artistica di un malato psichico, il quale esprime un mondo interiore diversamente strutturato (anzi “disgregato”) rispetto ad un artista medianico, in quanto manifestazione di un rapporto alterato con il mondo esterno. Mentre l’arte psicopatologica esprime i sintomi destrutturanti di una malattia, l’arte medianica rivela un mondo strutturato e dotato di una propria coerenza interna. Questo aspetto diventa ancora più evidente se si considerano i dipinti a struttura morfogenetica, mentre i dipinti di arte medianica a carattere figurativo (ritratti, paesaggi o altro) difficilmente si prestano ad un confronto proficuo con dipinti prodotti da malati psichici, data l’evidenza di una caratterizzazione del tutto diversa dall’arte psicopatologica. Come evidenziato dai test psicodiagnostici somministrati e dalle interviste effettuate ad alcuni artisti medianici (nonchè come già messo in luce nel 79 | P a g . precedente paragrafo a proposito dell’ipotesi psicoanalitica), certi individui sperimentano l’arte medianica come una sorta di fuga dalla realtà (o escapismo psichico), in grado di rimuovere e sublimare le proprie paure, ansie, traumi, sofferenze, pressioni, tensioni e frustrazioni sperimentate nella vita quotidiana, attraverso un comportamento creativo modificato ed alterato da modalità di manifestazione anomale e non ordinarie, proprie degli episodi di automatismo creativo: il soggetto, dopo aver vissuto un’esperienza di arte medianica, anche se caratterizzata da gesti meccanici e convulsi, riporta una sensazione piacevole di serenità, tranquillità e compiutezza inusuali. Per tale motivo l’arte medianica potrebbe rappresentare, al di là di una spiegazione di tipo psicobiologico o neuroscientifico, un meccanismo di difesa dell’io messo in atto da individui psicologicamente predisposti a tale tipo di reazione psichica, capace di far emergere una nuova forma di creatività latente (Domino et al., 2002). Infatti, lo stato di “dissociazione creativa” (Grosso, 1997) che caratterizza le manifestazioni di arte medianica evidenzia che la dissociazione stessa, di cui sembra essere preda l’artista, anzichè essere uno stato patologico o psichiatrico, potrebbe rappresentare una modalità diversa di attivazione dei processi creativi dell’individuo, che la utilizza come strategia di coping allo scopo di rispondere ai traumi subiti ed alle sofferenze psichiche vissute. Tale strategia cognitivo-comportamentale di risposta, che rappresenta una tipologia di dissociazione non patologica, si attuerebbe pertanto attraverso l’emergenza spontanea ed inconsapevole di abilità artistiche latenti e di un comportamento artistico di tipo automatico, messo in atto dal soggetto in stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, come la trance estetica (Braude, 2002, p. 6; Alvarado, 2005). Nonostante la disputa sulla natura psicopatologica dell’arte medianica, gli studi comparati sull’arte creata da artisti psicotici e quella degli artisti medianici hanno però avuto il merito di aprire nuovi orizzonti di ricerca, oltre quello della neuropsichiatria, coinvolgendo in anni recenti altri settori di ricerca, come la psicologia dell’arte e della creatività, ma anche la psicanalisi e la psicologia del profondo, gli studi sull’inconscio ed il simbolismo e, più 80 | P a g . recentemente, la neuroestetica, l’etnopsichiatria e le scienze cognitive in generale, gettando nuova luce sul fenomeno. 2.5 L’ipotesi psicobiochimica Anche l’utilizzo di alcune sostanze psicotrope, psichedeliche o allucinogene (dette anche enteogene) potrebbe avere un’influenza determinante sull’insorgenza dei fenomeni di automatismo creativo, potenziando le capacità di visualizzazione mentale del soggetto, nonché l’accesso ad una memoria inconsapevole e latente, ossia una memoria contenente immagini, visioni o esperienze di natura estetica che il soggetto non è consapevole di aver acquisito (criptomnesia), un repertorio o archivio subliminale, che può essere attivato dal soggetto in particolari circostanze e/o attraverso specifiche sollecitazioni, come ad esempio l’assunzione di determinate sostanze psicoattive di origine chimica o naturale, che sembrano essere positivamente correlate ad un potenziamento delle facoltà creative nell’uomo. Infatti, è già stata evidenziata una positiva correlazione tra pensiero creativo e utilizzo di sostanze psichedeliche ed allucinogene, capaci di modificare lo stato di coscienza dell’individuo rendendolo in grado di accedere ad abilità creative latenti e sconosciute, orientando gli studi psicologici verso una biochimica della creatività (Pulvirenti, 1999). Una delle principali sostanze in grado di attivare i processi creativi e immaginifici è, ad esempio, la psilocibina (O-fosforil-4-idrossi- N.N dimetiltriptamina), una triptamina psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni appartenenti al genere Psilocybe e Stropharia, capaci di interrompere il normale funzionamento della rete di comunicazione neurale, attivando connessioni tra aree cerebrali che non sono direttamente collegate (Petri et al., 2014). I funghi allucinogeni (detti anche funghi “magici”) erano conosciuti sin dai tempi del Neolitico e venivano utilizzati degli sciamani nei riti magici allo scopo di indurre stati alterati di coscienza che, proiettando l’individuo in una condizione mentale di trance ipnotica, gli permettevano di 81 | P a g . entrare in contatto con una dimensione spirituale ed extracorporea, popolata da entità sovrumane (dèi, spiriti, angeli, demoni): tale pratica, mediata dall’assunzione di sostanze psichedeliche, era collegata, secondo le credenze di alcuni popoli, al possesso di poteri di guarigione taumaturgica da parte dello sciamano che, come tale, era rispettato e venerato dalla comunità (Pahnke, 1966; Zusne & Jones, 1989; Harner, 2013; Winkelman, 2010). La psilocibina, in particolare, possiede una molecola simile al neurotrasmettitore della serotonina, che oltre ad essere in grado di potenziare le facoltà mnemoniche e le potenzialità creative del soggetto assuntore (ecco il motivo per cui diversi artisti ne fanno uso), viene spesso utilizzata in campo psichiatrico nel trattamento di alcuni disturbi della personalità. Nel caso dei fenomeni di arte medianica, qualora fosse provata l’assunzione di tale sostanza da parte dei pittori medianici, questa potrebbe favorire o indurre (come una sorta di ipnosi regressiva chimicamente indotta) l’accesso alla “memoria estetica” dell’artista medianico, di cui si parlerà più approfondimente nel corso del presente lavoro, all’interno della quale il soggetto sarebbe in grado di recuperare le immagini e/o esperienze estetiche, fissate inconsapevolmente attraverso i meccanismi di percezione visiva ed immagazzinate in tale “archivio mentale”, attuando una procedura di matching tra visione mentale dei contenuti estetici ed azione psicopittorica in grado di riprodurli, proprio attraverso le modalità di funzionamento dei neuroni specchio, secondo l’ipotesi avanzata in questa ricerca. Ma, allo stato attuale degli studi, non risultano casi in cui il soggetto si sia volontariamente sottoposto a prelievo sanguigno per verificare la presenza di sostanze psicotrope nell’organismo e nessuno degli artisti medianici è sembrato disposto ad ammettere di fare uso di droghe per potenziare le proprie facoltà mentali e creative, trasformandosi in artista medianico, infangando alla fine la propria reputazione di essere un “eletto”, ossia un individuo ispirato o “posseduto” da un’entità soprannaturale, che lo avrebbe scelto tra molti come canale di comunicazione con una dimensione soprannaturale o con l’aldilà. Gli effetti di una sostanza allucinogena come la psilocibina variano da individuo a individuo (in quanto legate alle differenze soggettive nella 82 | P a g . capacità di ricaptazione della serotonina), determinando nei soggetti neurobiologicamente predisposti una maggiore apertura mentale e creativa ed un potenziamento del senso estetico, con espansione delle facoltà di accesso ad immagini e visioni fantastiche, nonché ad esperienze mistiche, che spesso si ritrovano anche in pazienti schizofrenici (Eastwood et al., 2001). Una maggiore propensione e suscettibilità del soggetto all’ipnosi ed alla suggestionabilità ed autosuggestionabilità (hypnotizability), così come una spiccata tendenza verso visioni fantastiche (fantasy-prone personality), determina una maggiore sensibilità all’assunzione di sostanze psicotrope ed allucinogene, così come ad altre procedure utilizzate per indurre stati alterati di coscienza (come la meditazione trascendentale ed il biofeedback), producendo risposte creative imprevedibili e al di fuori dall’ordinario (Glisky et al., 1991; Laidlaw et al., 2005). Gli studi sulla risposta differenziale alla psilocibina hanno evidenziato che la cosiddetta absorption (stato mentale dissociativo e di ipnotica concentrazione, caratterizzato da sintomi quali straniamento, depersonalizzazione e derealizzazione, ma anche attenzione focalizzata) ha maggior impatto sul soggetto rispetto a tutte le altre variabili psicologiche determinate dalle esperienze individuali di stati alterati di coscienza: infatti, la absorption è fortemente associata con l'alterazione complessiva della coscienza, le esperienze di tipo mistico e gli effetti visivi psichedelici indotti dalla psilocibina e da altre sostanze psichedeliche (Pahnke, 1966; Carhart-Harris et al., 2012). I ricercatori hanno suggerito che le differenze individuali sia in absorption che in reattività alle droghe allucinogene potrebbero essere connessi all’intensità del potenziale legame con i recettori della serotonina (in particolare il 5-HT2a), che costituiscono il principale luogo di azione degli allucinogeni classici, sia di origine naturale (come mescalina, pejotes, ayahuasca, ibogaina) che di sintesi, come l’LSD (o acido lisergico) e la ketamina (Hartman & Holister, 1963; Pahnke & Richards, 1966; Johnstone, 1973; Bianchi, 1997; Ott et al., 2005). Appare chiaro che l’effetto di tale sostanza (come di altre sostanze similari) possa essere potenziato se il soggetto si trova a vivere in un contesto culturale, religioso ed antropologico altamente suggestionante ed evocativo, come 83 | P a g . quello spiritistico dei Centros brasiliani, ovvero dei circoli di formazione “spiritica” kardeciana, intrisi di suggestioni e condizionamenti medianici e frequentati assiduamente da numerosi medium-artisti che, in qualità di adepti, ne assorbono l’influenza pervasiva suggestionante completando in tal modo il loro percorso di “addestramento mistico”. La droga potrebbe quindi essere in grado di indurre il processo dissociativo ed estatico che conduce alla manifestazione degli automatismi creativi tipici dell’arte medianica, agendo da catalizzatore dei meccanismi neurobiochimici in grado di stimolare l’ipersensibilità estetica propria degli artisti medianici, potenziandone di conseguenza i processi creativi e le abilità artistico-espressive pur senza il coinvolgimento cosciente e volontario dell’individuo, il quale agisce in maniera inconsapevole, spontanea e automatica, essendo appunto immerso nello stato di “dissociazione creativa” indotto dalla droga. L’ipotesi di un coinvolgimento di sostanze allucinogene e psicotrope potrebbe anche spiegare l’apparente comunicazione tra gli artisti e le entità disincarnate degli spiriti, come già evidenziato nel corso di precedenti ricerche (Meyer, 1994). 84 | P a g . PARTE II: LA RICERCA 85 | P a g . CAPITOLO TERZO: OBIETTIVO E METODO DELLA RICERCA 3.1 Obiettivo della ricerca: una nuova ipotesi interpretativa Partendo dal quadro teorico sopra delineato, che rappresenta lo stato attuale degli studi sull’arte medianica, e ritenendo che tale fenomeno creativo possa essere spiegato da un punto di vista neuroscientifico senza ricorrere ad ipotesi di natura parapsicologica o metapsichica (quale manifestazione di presunte facoltà medianiche o di possessione spiritica), la presente ricerca si è posta l’obiettivo di chiarire quali potrebbero essere i meccanismi neurobiologici alla base dei fenomeni dissociativi non patologici osservabili negli artisti medianici nel corso delle performance di arte medianica, fornendo una nuova ipotesi interpretativa che aiuti a far luce su queste manifestazioni di creatività artistica spontanea ed inconsapevole parte di individui del tutto privi di qualsiasi conoscenza artistica, ed offrendo una nuova prospettiva di ricerca che possa costituire la base di partenza per ulteriori studi di approfondimento, nel tentativo di dare una spiegazione scientifica al fenomeno psichico degli automatismi creativi. L’ipotesi avanzata in questo lavoro di ricerca, di tipo neuroscientifico e cognitivistico, è che l’arte medianica sia un fenomeno creativo dovuto ad uno specifico pattern di funzionamento dei neuroni specchio, i quali, in alcuni individui neurobiologicamente predisposti ed ipersensibili al dato estetico, si attiverebbero in maniera anomala attraverso il processo di visione/percezione estetica, al punto da indurre il soggetto ad imitare/simulare/riprodurre immagini artistiche (o comportamenti estetici) precedentemente osservate e memorizzate, anche se a livello inconsapevole o inconscio. Lo stato 86 | P a g . dissociativo, indotto o autoindotto, in cui tali individui sarebbero immersi nel corso del verificarsi del fenomeno, favorirebbe in qualche modo il processo di recupero/visione mentale del dato estetico, attivando i processi psicomotori che conducono alla rappresentazione artistica della visione stessa per mezzo degli automatismi creativi. Poichè gli studi sui neuroni specchio hanno evidenziato una specifica correlazione tra azione e osservazione, si è ipotizzato che, per quanto attiene ai fenomeni di arte medianica, i processi di osservazione/visione estetica da parte di alcuni individui non esperti d’arte, ma estremamente ipersensibili al dato estetico (grazie al loro specifico asset neurale), siano in grado di indurre corrispondenti manifestazioni artistico-creative sotto forma di automatismi spontanei, che si verificano quando tali soggetti si trovano in uno stato di alterazione dissociativa, ovvero quando non sono connessi con il proprio Io cosciente: si è notato infatti che, nel caso degli artisti medianici, l’accesso a tali esperienze avviene inconsapevolmente (ossia in stato di absorption o trance semi-ipnotica e/o allucinatoria) e si manifesta attraverso un processo di automatismo creativo spontaneo ed involontario da parte di soggetti che non hanno mai avuto esperienze artistiche (o intrapreso un percorso di formazione artistica) prima del verificarsi dell’evento e che, una volta rientrati allo stato di coscienza ordinario susseguente alla manifestazione del fenomeno creativo, non riconoscono l’opera d’arte come prodotto della loro creazione. Sulla base del rapporto di correlazione tra azione ed osservazione evidenziato dagli studi sui neuroni specchio, è stata pertanto ipotizzata una positiva correlazione tra l’inconsapevolezza nella osservazione/memorizzazione dei dati estetico-artistici da parte dell’individuo (input) ed l’inconsapevolezza dell’azione/espressione estetica nel corso dei fenomeni di arte medianica (output): il soggetto assimila inconsapevolmente i contenuti estetici attraverso l’esperienza percettiva e, visualizzandoli mentalmente, li riproduce altrettanto inconsapevolmente attraverso gli automatismi spontanei tipici dei fenomeni di arte medianica, che si manifestano quando l’individuo è immerso in uno stato dissociativo indotto o autoindotto. L’inconsapevolezza nell’assimilazione dei contenuti estetici spiegherebbe l’assenza, a livello consapevole, di qualsiasi 87 | P a g . cognizione o abilità tecnico-artistica da parte dell’artista medianico, che è in grado di creare le sue opere senza apparentemente possedere alcuna competenza artistica: l’arte medianica è un fenomeno creativo che si manifesta senza la consapevolezza dell’individuo, ovvero senza la partecipazione cosciente dell’artista. Nel caso dei fenomeni di automatismo creativo di tipo grafico-pittorico, la particolare “ipersensibilità estetica” dei soggetti coinvolti e la conseguente attivazione del sistema dei neuroni specchio, che reagirebbero alla visione delle immagini mentali che affiorano da una specifica “memoria estetica” nel corso dei fenomeni (i quali avvengono in stato modificato di coscienza), sarebbe dovuta ad uno specifica struttura (o asset) neurale del soggetto stesso e, quindi, avere una potenziale configurazione innata ed universale: data l’esiguità dei soggetti interessati dal fenomeno, è lecito presupporre che tale configurazione neurale, in grado di attivare le manifestazioni spontanee di arte medianica, si presenti raramente nell’uomo. In tale tipologia di soggetti, interessati da stati dissociativi non patologici in grado di generare fenomeni psichici di natura creativa, questa “ipersensibilità estetica” si esprimerebbe attraverso l’acquisizione/assimilazione involontaria di dati percettivocognitivi di tipo estetico provenienti dalla realtà esterna al soggetto percipiente. Tali dati verrebbero assorbiti in maniera inconsapevole e subliminale attraverso l’esposizione a vari stimoli o esperienze, come la formazione culturale, il contesto sociale, le esperienze estetiche (ad esempio: lettura di libri, visite a musei, osservazione di artisti al lavoro, etc.), l’esposizione ai flussi informativi dei mezzi di comunicazione di massa (ad esempio I programmi televisivi di arte e cultura) ed altro ancora, che andrebbero a costituire e alimentare una specifica “memoria estetica”, di cui si parlerà più avanti. In tal modo verrebbero assorbiti ed assimilati a livello inconscio ed inconsapevole gli stili pittorici o le tecniche artistiche di famosi artisti del passato, riuscendo ad “immaginare” ed a mettere in atto anche la manualità (artistry) e la sequenzialità dei gesti necessari a riprodurre le opere, indipendentemente da punti di riferimento di natura spaziale e/o ambientale, come ad esempio la luce. Ecco perchè alcuni artisti medianici riescono a 88 | P a g . dipingere anche al buio: essi sono immersi in uno stato di cecità ipnotica e fanno ricorso ad un tipo di memoria diverso da quella visiva e/o di lavoro (Bryant & McConkey, 1989a, 1989b e 1989c). Le dinamiche estetico-simulative, artistico-imitative e di “inconsapevolezza creativa” da parte dell’artista medianico, messe in atto attraverso le specifiche modalità di funzionamento dei neuroni specchio, dando luogo al fenomeno della cosiddetta “simulazione incarnata”(embodied simulation) (Gallese, 2005; Gallese, Migone & Eagle, 2006), potrebbero essere messe in atto non soltanto grazie all’osservazione e memorizzazione inconsapevole di dati estetici ed esperienze artistiche (riutilizzati e messi in opera dal soggetto attraverso gli automatismi psichici ed i fenomeni di creatività spontanea che caratterizzano le manifestazioni di arte medianica), sperimentate consapevolmente o inconsapevolmente attraverso meccanismi percettivi di assorbimento cognitivo di natura subliminale, ma anche a livello di pura visione mentale di azioni, immagini, e/o esperienze estetiche compiute direttamente in prima persona, o indirettamente guardando altri individui compiere tali azioni, ad esempio, immaginando se stessi o un artista dipingere e poi farlo realmente in stato di trance dissociativa, senza rendersene conto: la correlazione tra azione ed osservazione, che è una tipica funzionalità dei neuroni specchio, si tradurrebbe quindi, nel caso dell’arte medianica, in dinamiche di imitazione e/o simulazione di visioni mentali relative ad azioni, immagini e/o esperienze estetiche, che verrebbro messe in atto dall’artista medianico in uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo. Le indagini effettuate mediante l’utilizzo delle tecniche di neuroimaging e visualizzazione cerebrale hanno permesso infatti di evidenziare che le aree cerebrali attivate quando si immagina di compiere un’azione (ossia quando si ha la visione mentale dell’azione che viene compiuta) sono le stesse che vengono attivate quando si vede compiere l’azione o la si compie in prima persona nella realtà (McIntosh, 1999). L’assunto di base di questa ricerca è che non vi sia alcuna competenza artistica consapevole da parte soggetto, ossia che lo stesso non abbia mai sperimentato la pratica artistica (art untrained) prima del verificarsi dei fenomeni di 89 | P a g . automatismo creativo, non avendo appunto alcuna formazione in grado di fornirgli le conoscenze artistiche e tecnico-stilistiche necessarie a realizzare un’opera d’arte (artistic skills/abilities o artistry). L’opera emerge dunque spontaneamente ed in maniera automatica, mentre il soggetto si trova assorto in uno stato di trance dissociativa, ossia quando non è connesso e/o collegato nè alla realtà esterna, nè alla sua sfera conscia: il soggetto non ha alcuna conoscenza tecnica della pratica artistica, così come non è consapevole del processo creativo da lui messo in atto involontariamente, in quanto dissociato dalla realtà e dalla propria sfera conscia e volitiva. Ma se non vi è alcuna competenza artistica o tecnico-stilistica, allora com’è possibile per l’individuo riuscire a realizzare in pochi minuti (a volte solo decine di secondi) un’opera d’arte (o anche due contemporaneamente), emulando, simulando o riproducendo la tecnica e lo stile di famosi pittori del passato? Per arrivare a formulare l’ipotesi alla base della nostra ricerca, si è dunque partiti dalla scoperta dei neuroni specchio, avvenuta nel 1992 ad opera dell’équipe di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma (Vittorio Gallese, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, nonchè Giuseppe di Pellegrino e Giovanni Pavesi), coordinati dal prof. Giacomo Rizzolatti: com’è noto, si tratta di una particolare classe di neuroni presenti nel cervello umano (ma anche nei primati, negli elefanti, nei delfini, nei cani ed in alcune specie di uccelli), localizzati prevalentemente nella corteccia motoria e premotoria (oltre che nella corteccia parietale inferiore e nell’area di Broca), che si attivano sia durante l'esecuzione di azioni e/o movimenti finalizzati (goal oriented) da parte di un individuo, sia quando l’individuo osserva tali azioni che vengono eseguite da altri individui (ma anche immaginando di compierle in prima persona, richiamandole alla memoria sotto forma di visioni mentali), ponendo una base neurobiologica all'empatia ed alla consapevolezza del sé, ma soprattutto all’apprendimento imitativo (che è la prima modalità di apprendimento nei bambini): i neuroni specchio rendono infatti possibile il riconoscimento, la comprensione e l’imitazione/simulazione delle azioni, intenzioni ed emozioni altrui attraverso l’osservazione (che può essere anche visione mentale), la quale contribuisce, per mezzo di un meccanismo di 90 | P a g . “rispecchiamento”, alla costruzione di un repertorio psicomotorio in grado di riprodurre, simulare o mimare azioni ed esperienze corrispondenti ai dati percepiti o osservati (nel nostro caso, i dati estetici), indipendentemente dal fatto che questi vengano osservati nella realtà o solo visualizzati mentalmente dall’individuo. Gli stessi animali apprendono attraverso l’imitazione e, negli uomini, i neuroni specchio rendono possibile proiettare inconsapevolmente (ad un livello pre-riflessivo, inconscio e subliminale) azioni, immagini di azioni o esperienze compiute da altri all’interno della propria mente, fissandole ed imprimendole sui neuroni specchio come istantanee “fotografiche” che vanno a costituire una specifica memoria latente, la quale, nel nostro caso, diventa quindi una “memoria estetica”, capace di attivarsi spontaneamente o di essere indotta a farlo in presenza di determinate condizioni, o essere attivata dallo stesso individuo per mezzo di specifiche tecniche induttive (come stati di meditazione profonda, ipnosi, uso di sostanze psicotrope, allucinogene o psichedeliche, ed altro ancora), traducendo le immagini visualizzate mentalmente in azioni o, nel nostro caso, movimenti finalizzati alla creazione, rappresentazione e realizzazione di opere d’arte: il soggetto simula i movimenti e riproduce nella realtà le immagini che osserva nella propria mente, attraverso lo schema osservazione > azione, tipico dei neuroni specchio. Lo stesso meccanismo funzionale viene attivato anche se il soggetto immagina di compiere un’azione, come quella di disegnare o dipingere. Attraverso l’analisi dei dati osservazionali raccolti si è dunque giunti a formulare una nuova ipotesi interpretativa dei fenomeni di arte medianica, che coinvolgerebbero le specifiche modalità di funzionamento dei neuroni specchio, trovandone conferma nella capacità di alcuni animali dotati dei neuroni specchio, come appunto l’elefante, di sperimentare in maniera inconsapevole l’esperienza estetica riuscendo a realizzare immagini pittoriche pur senza avere alcuna cognizione artistica o tecnico-stilistica, ma utilizzando unicamente la propria “memoria estetica” dopo una fase di addestramento (senza voler assolutamente entrare nel merito della pratica tradizionale di addestramento degli elefanti, chiamata phajaan, tipica di alcune zone del sud- 91 | P a g . est asiatico, oggettivamente violenta e riprovevole, in quanto tesa, nella credenza popolare, ad operare il distacco dello spirito dal corpo dell’animale, annullando la sua volontà allo scopo di sottometterlo completamente al padrone, o mahut). In questo caso, la fase di addestramento artistico dell’elefante, che induce un condizionamento dell’animale, non pregiudica affatto la capacità dell’animale stesso (che resta comunque inconsapevole del processo creativo) di visualizzare mentalmente le immagini e rappresentarle in forma estetica: l’animale deve comunque “vedere” l’immagine (dopo averla recuperata nella propria memoria) prima di poterla rappresentare attraverso un processo di riproduzione artistica, che presuppone un’azione motoria (formata da una specifica sequenza di movimenti) necessaria alla rappresentazione pittorica. Dopo aver formulato l’ipotesi che l’arte medianica possa essere un fenomeno legato ad uno specifico pattern funzionale dei neuroni specchio, è opportuno però precisare che, date le oggettive difficoltà tecniche legate ad un simile lavoro di ricerca (di seguito dettagliatamente elencate), sarebbe necessario effettuare, tramite l’utilizzo di tecniche di visualizzazione cerebrale e neuroimaging (o, anche se in modo più invasivo, attraverso l’impianto di elettrodi nel cervello, come è stato fatto nel caso delle scimmie, che hanno portato alla scoperta dei neuroni specchio), ulteriori e più specifiche indagini sperimentali sui soggetti non-umani in grado di realizzare prodotti di natura estetica in assenza di qualsiasi conoscenza di tipo artistico, nè consapevolezza del processo creativo alla base di tali produzioni, com’è stato evidenziato attraverso l’analisi dei dati osservazionali (riportati in sitografia): tale condizione di partenza è infatti compatibile con quella degli artisti medianici, i quali, a livello consapevole, non avrebbero alcuna conoscenza o formazione tecnico-artistica tale da indurli a sviluppare le abilità grafico-pittoriche da loro dimostrate nel corso dei fenomeni di automatismo creativo. Confrontando i risultati ottenuti attraverso tali sperimentazioni con analoghe rilevazioni effettuate sugli artisti medianici nel momento stesso in cui si verificano tali fenomeni creativi, sarà quindi possibile ottenere una migliore e più ampia validazione dell’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca. 92 | P a g . Le principali difficoltà riscontrate nella conduzione del presente lavoro di ricerca, che hanno in parte limitato ulteriori approfondimenti, sono state: 1. La scarsità degli studi scientifici sino ad oggi effettuati, nonchè di una letteratura specifica sull’argomento. 2. L’esiguità del numero dei soggetti viventi che manifestano i fenomeni di automatismo creativo, tipici dell’arte medianica. 3. La lontananza geografica dei casi di studio (la maggior parte degli artisti medianici viventi si trova tuttora in Brasile). 4. La resistenza, da parte degli artisti medianici, nel sottoporsi ad indagini più accurate, seppur basate sull’utilizzo di tecniche non invasive di visualizzazione cerebrale, come ad esempio la risonanza magnetica funzionale (fMRI) o la tomografia ad emissione di positroni (PET). 5. I costi connessi ai protocolli di ricerca, nonchè all’utilizzo delle apparecchiature di visualizzazione cerebrale. 6. Lo stato attuale della ricerca sui neuroni specchio, ancora in via di ulteriore approfondimento e soggetta ad ulteriori sviluppi. Il presente lavoro non ha dunque la pretesa di essere esaustivo, ma intende offrire una nuova prospettiva di ricerca che, grazie al contributo di ulteriori studi di approfondimento di tipo neuroscientifico, possa far luce su questo affascinante, ed in gran parte ancora inesplorato fenomeno, della creatività umana. 3.2 Metodo di ricerca: un approccio qualitativo multidisciplinare Il metodo utilizzato in questo lavoro di ricerca sui fenomeni di automatismo creativo noti come “arte medianica” è quello qualitativo, basato sullo “studio di caso” di tipo esplicativo-strumentale riferito a casi multipli, condotto per mezzo di un approccio di tipo comparativo e multidisciplinare (Yin, 1993 e 2003; Stake, 1995; Soy, 1997; Sturman, 1998). 93 | P a g . Prima di arrivare alla formulazione dell’ipotesi presentata in questo, è stato tracciato un quadro teorico d’insieme dove sono state raccolte ed attentamente vagliate tutte le spiegazioni fornite sino ad oggi sui fenomeni di automatismo creativo che caratterizzano le manifestazioni di arte medianica, partendo da un contesto empirico caratterizzato da un basso livello di dimostrabilità (quello parapsicologico), fino ad arrivare ad un ambito di ricerca dotato di un più elevato livello di “densità” scientifica (prevedendo l’impiego di apparecchiature e strumentazioni diagnostiche/biomediche per un’obiettiva e più accurata misurazione dei risultati), dove è stato possibile raccogliere gli elementi a sostegno della nostra ipotesi, come evidenziato nella Figura 1. Figura 1. Arte Medianica: il quadro teorico attuale Oltre che attraverso un’indagine di tipo psicobiografico, effettuata sugli artisti medianici ormai scomparsi sulla base dei resoconti storici redatti per mezzo di interviste, testimonianze dirette e studi scientifici (per la verità pochi e tendenzialmente riconducibili al campo parapsicologico), la presente ricerca è stata condotta su un panel di pittori medianici viventi (in particolar modo 94 | P a g . brasiliani), attraverso l’osservazione e l’analisi approfondita delle registrazioni audiovisive delle performances di arte medianica, supportate da indagini psicodiagnostiche e da studi condotti in ambito psicoantropologico da altri gruppi di ricerca (Hageman et al., 2010; Hageman, Wickramasekera & Krippner, 2011; De Oliveira Maraldi & Krippner, 2013), utilizzando quindi un approccio di tipo sincretico e multidisciplinare. I risultati di queste analisi sono stati poi messi a confronto con le più recenti sperimentazioni sui neuroni specchio e sui loro meccanismi di funzionamento, permettendoci di formulare una nuova ipotesi interpretativa in relazione al fenomeno indagato e di giungere alle conclusioni finali presentate in questo lavoro. Per arrivare alla formulazione della nuova ipotesi, è stato effettuato uno studio approfondito su tutti i casi noti di arte medianica verificatisi nel mondo in epoche diverse: tale lavoro di ricerca, di tipo comparativo, ha consentito di evidenziare la presenza di fattori comuni e ricorrenti in contesti socio-culturali differenti, lontani sia nel tempo che nello spazio, portando alla costruzione di un quadro teorico d’insieme ed alla formulazione di una nuova ipotesi interpretativa di tipo neuroscientifico. La triangolazione delle fonti dei dati raccolti sui fenomeni di arte medianica verificatisi nel mondo in vari periodi storici, ha infatti restituito un quadro sufficientemente coerente, basato sulla presenza di numerosi elementi comuni e ricorrenti, caratterizzati da uno spiccato ritualismo nei processi di automatismo creativo osservati negli artisti medianici, ossia di schemi ricorrenti indipendentemente dalla cultura di appartenenza o dall’epoca storica di riferimento (Denzin, 1984). Tutto ciò ha permesso di sostenere l’ipotesi che l’arte medianica possa avere una base neurobiologica e, quindi, potenzialmente universale: infatti, questo fenomeno “non-ordinario” di creatività spontanea, apparentemente inspiegabile da un punto di vista scientifico, potrebbe essere in realtà determinato da una particolare “ipersensibilità estetica” dovuta allo specifico asset neurale di alcuni individui che, immersi in uno stato modificato di coscienza (indotto o autoindotto), sarebbero in grado di attivare un processo di creatività spontanea, manifestando (sotto forma di automatismi psicomotori involontari) abilità artistiche latenti, ovvero mai apprese a livello cosciente, 95 | P a g . depositate in una specifica “memoria estetica” alimentata in modo del tutto inconsapevole dal soggetto attraverso i meccanismi di percezione visiva. Ma come si è giunti a tale ipotesi? Poichè dall’analisi delle registrazioni video delle performances di arte medianica si è rilevato che gli artisti, immersi in uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, tendevano a volgere frequentemente il loro sguardo in maniera focalizzata ed attentiva in vari punti dell’ambiente circostante (come se stessero effettivamente guardando qualcosa, anche se in realtà avevano gli occhi chiusi o non vi era alcun oggetto in direzione del loro sguardo), continuando poi nell’esecuzione dell’opera, si è intuito che gli artisti riuscissero a visualizzare delle immagini mentali, simulando i gesti ed i movimenti necessari a riprodurle. Tale processo, implicando il recupero del ricordo e la visualizzazione mentale delle immagini, presuppone dunque l’esistenza di una “memoria estetica” contenente un archivio di immagini memorizzate inconsapevolmente dal soggetto (una sorta di memoria fotografica), che non ne ha ricordo cosciente: in sostanza, quando il soggetto è immerso in uno stato alterato di coscienza (ad esempio, trance o ipnosi), osserva l’immagine mentale e la riproduce senza rendersene conto, in maniera automatica ed inconsapevole, anche se tale abilità tecnica non è accessibile a livello cosciente, ossia quando il soggetto si trova allo stato ordinario di coscienza. Una volta recuperato il ricordo, l’osservazione dell’immagine mentale si traduce dunque in azione involontaria ed automatica, attivando in modo inconsapevole il processo creativo e le abilità artistiche latenti ad esso associate. Poichè la correlazione tra osservazione e azione è una tipica funzionalità dei neuroni specchio, si è dedotto che i fenomeni di arte medianica possano in qualche modo coinvolgere e/o essere determinati da questa specifica classe di neuroni, di recente scoperta. Una conferma significativa a tale ipotesi, ma, soprattutto, una prova evidente dell’esistenza di una “memoria estetica”, è emersa osservando il comportamento artistico degli “elefanti pittori” in Thailandia, di cui si parlerà più avanti. 96 | P a g . 3.3 Fonti di dati e materiali di studio Per arrivare alla formulazione dell’ipotesi che è alla base del presente lavoro di ricerca, sono state utilizzate diverse fonti di dati e materiali, che hanno tutti contribuito in varia misura a determinare il quadro d’insieme che ha portato alla formulazione della nuova ipotesi interpretativa relativa ai fenomeni di automatismo creativo, compresi nella definizione di “arte medianica”. Tale ipotesi non era stata ancora considerata dai precedenti (seppur ancora esigui) studi scientifici sull’argomento. Le fonti di dati utilizzate nella presente ricerca sono state le seguenti: 1. I casi riportati sino ad oggi nella letteratura scientifica internazionale, limitatamente a quelli che sono stati analizzati in maniera dettagliata sulla base delle manifestazioni psichiche e neurofisiologiche degli artisti, registrate nel corso dei fenomeni. Si è partiti dalle prime descrizioni scientifiche dell’arte medianica in ambito psicologico (Freimark, 1914), fino ad arrivare alle più recenti investigazioni basate sull’utilizzo di protocolli d’indagine psicodiagnostica condotte sui pittori medianici brasiliani, che rappresentano tuttora il fenomeno più interessante anche da un punto di vista psicoantropologico ed etnopsichiatrico, in quanto legati ad uno specifico sistema di credenze e pratiche mistico-religiose (De Oliveira Maraldi, 2014). 2. I dati osservazionali: a) Analisi dettagliata delle registrazioni video delle performance pubbliche degli artisti medianici brasiliani (reperibili su Youtube.com, ma trasmesse anche alla televisione italiana nel corso di alcuni dossier di approfondimento), seguite dallo studio sistematico delle azioni psicomotorie osservabili (mimica facciale, movimenti del corpo, comunicazione non verbale, prossemica), così come delle dinamiche d’interazione tra artista, pubblico ed ambiente circostante, nonchè delle tecniche di esecuzione dell’opera, evidenziate dalla scansione al rallentatore dei frames 97 | P a g . delle performance videoregistrate ed il ricorso allo zoom su particolari dettagli del corpo dell’artista in azione, come il volto e le mani, allo scopo di rilevare particolari segnali, sintomi e/o evidenze di natura psicofisica (sudorazione, movimenti muscolari involontari ed espressioni, anche impercettibili, del viso). b) Analisi accurata del materiale artistico, ossia delle opere d’arte prodotte, effettuata sia da un punto di vista stilistico-formale (tratto, colore, luce, prospettiva, profondità, etc.) ed estetico (rispondenza a determinati canoni di bellezza, perfezione delle forme, giudizio critico, etc.), che in relazione alle modalità esecutive ed ai tempi tecnici di realizzazione dell’opera. c) Osservazione diretta sul posto ed analisi dettagliata del materiale video disponibile sul fenomeno degli “elefanti pittori” della riserva di Maesa a Chiang Mai (Maesa Elephant Camp) e del Thai Elephant Conservation Center (TECC) di Lampang in Thailandia (cfr. www.thailandelephant.org/en/painting.html), per quanto attiene ai meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio e la loro applicabilità ai casi di automatismo creativo tipici degli artisti medianici. I links ai contributi video sono raccolti nella sezione “Riferimenti Sitografici” del presente lavoro, sotto la voce “Elefante pittore”. 3. Le informazioni psicobiografiche ed i dati socio-demografici relativi agli artisti medianici, con particolare riferimento al contesto socioculturale ed al vissuto degli artisti all’interno delle proprie comunità di appartenenza. 4. I risultati delle indagini clinico-diagnostiche ed elettrofisiologiche condotte dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile sui pittori-medium brasiliani attraverso l’utilizzo di apparecchiature biomediche: le misurazioni sono state effettuate sia in stato di riposo (ad occhi chiusi e aperti) che nel corso della manifestazione dei fenomeni creativi osservati, come ad esempio 98 | P a g . durante l’intenso sforzo mentale ed immaginativo, che culmina nel momento della presunta “incorporazione” dello spirito dell’artista defunto nel pittore medianico, registrando le risposte del sistema nervoso centrale e periferico. Il caso di studio più completo, sul quale sono state sperimentate tutte le seguenti metodologie d’indagine, è stato quello del pittore medianico brasiliano José Jacques Andrade, che è stato analizzato sulla base di un approccio di tipo biopsicosociale dall’équipe di ricercatori del Dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università di San Paolo del Brasile (De Oliveira Maraldi & Krippner, 2013): a) registrazione dell’attività elettrica cerebrale tramite elettroencefalografia (EEG) (cfr. Hughes & Melville,1990; Ooashi et al., 2002; Delorme et al., 2013); b) elettrocardiogramma e studio del tracciato cardiaco (ECG); c) rilevazione della temperatura corporea (in particolare la temperatura delle mani); d) attività elettrodermica (EDA) e conduttanza cutanea bilaterale o Galvanic Skin Resistence (GSR); e) elettromiografia e analisi della tensione muscolare (EMG). f) poligrafo (o “macchina della verità”). 5. I risultati di test e misurazioni psicodiagnostiche effettuati dal Dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università di San Paolo del Brasile, supportati anche dall’osservazione partecipante di tipo socioantropologico e dall’intervista individuale semi-strutturata o nonstrutturata di tipo narrativo: a) Childhood Trauma Questionnaire (CTQ), al fine di verificare l’eventuale correlazione tra abusi infantili e disturbi dissociativi, nonchè altri sintomi di natura somatoforme, come il disturbo di conversione, in quanto fortemente legati ad episodi di forte ansia e stress per il soggetto traumatizzato (Irwin, 1994a; Bernstein & Fink, 99 | P a g . 1997): tali abusi sono frequenti in determinati contesti sociali ed in particolari aree geografiche (caratterizzate da povertà e disagio sociale, nonchè esposizione ad episodi di violenza personale), come appunto il Brasile, dove si registra attualmente il maggior numero di casi di automatismo creativo, data la presenza in questo paese della maggior parte degli artisti medianici viventi (che fanno capo ai centri spiritici kardeciani, noti come Centros). L’arte medianica potrebbe dunque rappresentare un meccanismo psichico difensivo (o strategia di coping), ossia di rimozione del trauma o di autoaffermazione individuale, sviluppato inconsapevolmente dal soggetto traumatizzato. Le variabili prese in considerazione dal questionario somministrato sono state: l’abuso fisico (percosse, punizioni, malnutrizione), l’abuso emotivo (minacce, paure, deprivazioni), l’abuso sessuale, la trascuratezza fisica ed emotiva e l’abbandono, misurati in frequenza, intensità e durata degli episodi. b) Tellegen Absorption Scale (TAS), al fine di verificare il livello di absorption, ossia di attenzione focalizzata, straniamento, depersonalizzazione e/o derealizzazione sperimentati dal soggetto analizzato, che sono solitamente associati agli stati modificati di coscienza, ad esperienze mistico-ascetiche di meditazione profonda o all’uso di sostanze psicotrope ed allucinogene come la psilocibina, in grado di alterare e/o potenziare l’attività neurale, creando iperconnessioni cerebrali, amplificando le capacità creative della mente ed attivando percezioni multisensoriali e sinestetiche (Tellegen & Atkinson, 1974; Carhart-Harris et al., 2012). Questi stati attenzionali, estremamente focalizzati interessano molto spesso individui dotati di una personalità spiccatamente tendente all’ideazione fantastica, ovvero caratterizzata da una forte predisposizione alla fantasia (fantasy proneness) e, quindi, predisposta a forme di alterazione creativa, nonchè soggetti inclini alla suscettibilità ipnotica (Hilgard, 1965). Stando ad alcune ricerche, I tratti riconducibili a tali tipologie di personalità sarebbero 100 | P a g . positivamente correlati alla comparsa di stati dissociativi o comunque alterati di coscienza, come quelli che si verificano nel corso delle manifestazioni di automatismo creativo degli artisti medianici (Lynn & Rhue, 1988; Lynn, Pintar, & Rhue, 1997). c) Revised Transliminality Scale (RTS) (Thalbourne & Maltby, 2008). Tale scala è intesa a misurare il livello di ipersensibilità individuale al materiale psicologico (inteso come immaginazione, ideazione, emozione e percezione) proveniente dall’inconscio del soggetto analizzato o come risposta del soggetto stesso all’ambiente esterno sotto forma di stimoli socio-culturali, in grado complessivamente di influenzare il comportamento e le risposte emotive, cognitive e le azioni dell’individuo. In particolare, la versione rivista di tale strumento d’indagine include nuove voci relative a: ideazione o pensiero magico, esperienze mistiche, absorption, derealizzazione e depersonalizzazione, immedesimazione con la natura e gli oggetti, iperestesia, esperienze interpretazione di psicotiche sogni/incubi, e ideazione credenze maniacale, paranormali e predisposizione/tendenza alla fantasia (Lange et al., 2000). Nello specifico del presente lavoro, riveste un particolare interesse l’analisi dei cosiddetti “sogni archetipali”, dove vengono riferiti incontri con esseri soprannaturali, nonché la correlazione con particolari variabili di tipo psicopatologico e non, come: dissociazione, disturbo schizotipico di personalità (Dagnall et al., 2010), tendenza alle allucinazioni, personalità creativa ed esperienze traumatiche infantili (Thalbourne, Houran & Crawley, 2003). d) Dissociative Experiences Scale (DES), uno strumento in grado di analizzare le esperienze dissociative non soltanto come patologia, ma come continuum di esperienze di stati di coscienza di differenti intensità, comprendendo quindi sia esperienze definite “normali” che “anomale” (Bernstein & Putnam, 1986; Carlson & Putnam, 1993; Carlson et al., 1993; Wright & Loftus, 1999). 101 | P a g . 6. Analisi e comparazione dei dati osservazionali ed empiricofenomenologici, di cui al punto 2. del presente paragrafo, con gli studi e le sperimentazioni sui neuroni specchio condotti in ambito neuroscientifico (Rizzolatti et al., 1996; Gallese et al., 1996; Rizzolatti & Craighero, 2004; Rizzolatti & Sinigaglia, 2006; Gallese, 2005; Gallese et al., 2006; Iacoboni, 2008). 102 | P a g . CAPITOLO QUARTO: I CASI DI STUDIO 4.1 I casi italiani 4.1.1 Gustavo Adolfo Rol (1903-1994) Personaggio molto noto ed eclettico, stimato da grandi personalità del Novecento (tra cui Albert Einstein), era dotato di presunte facoltà paranormali, ma non volle mai sottoporsi a controlli scientifici, per cui si è giustamente dubitato del reale possesso delle sue capacità. Uomo di vasta cultura, proveniva da un’agiata famiglia torinese. Si interessò direttamente Figura 2. Gustavo Adolfo Rol d’arte, cimentandosi personalmente nella pittura e nella musica e frequentando molti artisti. Quello che ci interessa maggiormente della sua produzione artistica è la sua capacità di utilizzare i processi creativi in modo “non ordinario”, ossia senza seguire le normali procedure di creazione artistica. Infatti, a corollario delle sue presunte capacità paranormali, Rol era in grado di materializzare sia la scrittura che la pittura senza entrare direttamente in contatto con il supporto, ossia con il foglio di carta o la tela. Le sue capacità creative, a detta di testimoni attendibili, si estrinsecavano infatti a distanza, facendo comparire scritte o disegni che lui attribuiva a quelli che lui chiamava “spiriti intelligenti”. 103 | P a g . Secondo la personale “teologia” dell’autore (di tipo antropocentricoanimistico), ogni cosa possiede un proprio spirito: il mondo sarebbe pervaso da una armonia universale, essendo immerso in un potente flusso di energia che non risponde alle leggi fisiche conosciute, ma agirebbe per mezzo di particolari vibrazioni e risonanze. L’uomo, in particolare, sarebbe dotato di una sorta di dualità animistica: oltre l’anima, l’essere umano possederebbe uno “spirito intelligente”, cioè provvisto di una coscienza e di capacità creative proprie, che dopo la morte continuerebbe a permanere in questa dimensione, entrando in contatto con individui particolarmente sensibili e ricettivi. Insomma, il mondo sarebbe pervaso da una potente energia immateriale, un etere psichico nel quale viaggiano sotto forma di onde tutte quelle facoltà che sfuggono alle leggi fisiche conosciute (come la telepatia, la chiaroveggenza, la precognizione ed altri fenomeni). Rol sosteneva di entrare in contatto con gli “spiriti intelligenti” di famosi pittori del passato, come François-Auguste Ravier, El Greco, Vassily Kandinsky, Pablo Picasso, Francisco Goya, Henri Matisse, George Braque ed altri, attraverso i quali dipingeva le proprie opere utilizzando solo tre colori (Fig. 26, 27 e 28). La cosa sorprendente è che Rol, almeno apparentemente, non entrava in contatto con colori, pennelli e fogli di carta, ma i dipinti si materializzavano da soli all’interno di fogli ripiegati, che erano stati inseriti nelle tasche dei suoi amici o immersi in bicchieri d’acqua (Riccardi, 2004). Purtroppo Rol non permise ad alcuno scienziato di approfondire la natura dei suoi presunti poteri, ne tantomeno la genesi degli eccezionali fenomeni di cui si rese protagonista, esponendosi ad aspre critiche e ad accuse di illusionismo ed abile prestidigitazione. 4.1.2 Narciso Bressanello (1915-2001) Nato a Burano da una famiglia molto modesta, lavorava come costruttore e riparatore di barche nel sestiere di Dorsoduro a Venezia quando, all’età di 61 anni, si ammalò gravemente. Una volta guarito, spinto da un impulso irresistibile e quasi sotto costrizione, produsse di getto centinaia di disegni di 104 | P a g . grandi dimensioni (figure umane, animali, edifici), senza mai sapere in anticipo cosa avrebbe dipinto. Dipingeva ossessivamente tutti i giorni con grande velocità e sicurezza, senza apportare alcun ritocco o correzione ai suoi dipinti, recitando sottovoce in ritmo staccato versi che leggeva da fogli sparsi sulla scrivania del suo laboratorio di artigiano. Il suo stile era caratterizzato da un fitto ed intricato groviglio di linee grafiche simili a ragnatele, che riproducevano complicati disegni astratti e informali, nonchè immagini tratte da suggestioni Figura 3. Narciso Bressanello - ©Elmar R. Gruber visive e simboli archetipali della sua terra di origine (l’isola di Burano), trasfigurandole ora in una cosmogonia oscillante ed evanescente di reti di colori brillanti, ora in un’intricata selva di linee sinuose in bianco e nero, utilizzando semplicemente una penna a sfera, spesso duplicando in maniera simmetrica alcuni elementi delle composizioni (ad esempio, pesci o uccelli, riproducendo la testa su entrambi i lati del corpo), oppure inserendo paesaggi all’interno dell’addome di animali (Fig. 29 e 30). Molte sono le raffigurazioni di santi e patriarchi, o dei simboli della città di Venezia (come il Bucintoro, ossia l’antica imbarcazione dei Dogi, o il leone, simbolo della città). Come altri pittori medianici, non possedeva alcuna formazione artistica (aveva frequentato fino alla seconda elementare) e nessuno della sua famiglia aveva mai disegnato. Organizzava spesso sedute spiritiche in cui sosteneva di incontrare il suo spirito-guida (di nome Fidelio), che dipingeva attraverso le sue mani, senza la partecipazione cosciente dell’autore. L’artista dormiva pochissimo e disegnava tutto il giorno, producendo anche tre o quattro opere in una sola giornata. Non considerava tale attività come un hobby, ma un vero e proprio lavoro o, come amava 105 | P a g . ripetere, una “preghiera”. Quando iniziava un lavoro, non sapeva mai in anticipo cosa avrebbe disegnato o dipinto, ma si abbandonava completamente ai propri automatismi, lasciandosi guidare dalla sua mano, che sembrava rispondere a comandi interiori: percepiva infatti una “voce” che gli suggeriva cosa fare e come procedere nella realizzazione delle opere. Non vi erano mai ripetizioni, ma piuttosto variazioni su uno stesso tema. Nel suo tratto prevale una regolarità geometrica che conferisce armonia alle opere (le quali rispondono ad una sorta di ordine interiore), così come si nota nelle opere dell’artista medianico francese Léon Petitjean, che presenta molte analogie con Bressanello, specie per quanto riguarda la ripetizione e la miniaturizzazione degli elementi grafici. Mentre i primi disegni rappresentavano ossessivamente piccoli mostri e teste animali, con il passare del tempo l’artista sembrò acquistare maggiore serenità interiore, distendendo il suo tratto, che andò acquistando una propria eleganza stilistica, prevalentemente monocromatica, producendo linee più pure e incisive. Interessante appare il processo di realizzazione tecnica dei suoi disegni: prima veniva tracciata la struttura, che l’artista creava con l’estrema rapidità che contraddistingue le modalità esecutive di altri artisti medianici, poi lo arricchiva di ulteriori particolari completandolo. In questa modalità tecnicoesecutiva, è evidente la reminescenza della memoria di lavoro utilizzata dall’artista quando esercitava il mestiere di barcaiolo ed era abituato a costruire prima di tutto il telaio dell’imbarcazione, ossia la struttura vuota da riempire, proprio come faceva con i suoi disegni. Bressanello non volle mai dare un titolo alle sue opere. 4.1.3 Giuseppe Lanzillo (1913-2005) Odontotecnico napoletano trasferitosi a Bologna, iniziò le sue creazioni medianiche all’improvviso, verso la fine degli anni ’60 all’età di 57 anni, senza aver mai avuto alcuna esperienza in campo pittorico o artistico.Sin dall’infanzia si erano però verificati alcuni fenomeni anticipatori di presunta 106 | P a g . natura paranormale (come episodi di precognizione e telepatia), culminati poi in un’intensa attività onirica, che si ossessivamente ricorrente misteriosa del concentrò sul volto donna sogno di velata una e sull’esperienza di viaggi compiuti Figura 4. Giuseppe Lanzillo - © Visto al di fuori del proprio corpo in paesi lontani. La dimensione del sogno, infatti, caratterizzò fortemente il processo creativo dell’artista, che dipingeva esclusivamente di notte, in stato di trance, realizzando dipinti in modo automatico e rapidissimo (impiegava dai 5 ai 15 minuti per completare un’opera): il processo creativo non lasciava alcun ricordo cosciente nell’autore, come se nel corso del fenomeno il soggetto manifestasse un’altra personalità. I fenomeni di arte medianica durarono per circa un anno (dal 1970 al 1972) e scomparvero all’improvviso, così come erano iniziati: dipinse un’opera quasi ogni notte per undici mesi di seguito e poi, in modo alterno, per altri due-tre mesi, realizzando 234 tele. L’impulso creativo ritornò dopo qualche tempo, ma lo stile pittorico si rivelò completamente diverso dal precedente, esprimendosi per mezzo di disegni molto semplici ed elementari, a testimonianza che il soggetto non sapeva affatto dipingere. Le sue opere sono caratterizzate essenzialmente da due tipologie di soggetto: 1) la rappresentazione surreale di paesaggi freddi e nordici, nonchè di interni vuoti e inanimati di chiese e cattedrali, caratterizzati da un’atmosfera sacrale e dalla ripetizione di motivi gotici (Fig. 32 e 33); 2) la raffigurazione ritratti indefiniti e misteriosi, a volte sofferenti, esangui e monocromatici, attribuiti dall’autore alle sue esperienze di reincarnazione (Fig. 31). La personalità di Lanzillo era istrionica ed egocentrica, molto tendente alla fantasia: l’artista credeva infatti nell’esistenza di dimensioni parallele o altri mondi. Il suo caso venne stato studiato dal CSP - Centro Studi Parapsicologici di Bologna, dove venne sottoposto ad ipnosi ed analizzato nel corso della manifestazione del fenomeno (Cassoli, 1972). L’artista raccontò 107 | P a g . che verso i quattro anni aveva subito un incidente, riportando un serio trauma cranico dopo una caduta dal secondo piano della sua abitazione. In seguito, verso i sei anni, cominciò ad avere allucinazioni e a fare sogni premonitori, che poi sfociarono nell’automatismo delle sue produzioni pittoriche, caratterizzate da una straordinaria vivacità creativa, ma soprattutto dalla costante presenza di una figura umana di natura spirituale, una misteriosa “dama velata”. L’artista riferiva infatti di provare la sensazione di sdoppiarsi nel sonno per raggiungere questa donna a Londra, per poi fare ritorno nel proprio corpo, provando la sensazione di vederlo dall’esterno (come riportato nei casi di esperienza OBE). Il carattere erotico e fantastico, ma a volte anche religioso, delle sue visioni confermerebbe le origini inconsce delle visioni, che l’autore cercava di sublimare trasferendo le sue pulsioni sessuali sulla propria attività artistica (Freud, 1979). Come già detto, l’artista iniziò a dipingere a seguito di tali esperienze oniriche, in stato crepuscolare di trance sonnambolica, avvertendo una sensazione di involontaria costrizione, dipingendo anche su mobili e pareti nel caso non avesse trovato una tela a disposizione. Solo dopo aver assecondato tale impulso (che percepiva come una sorta di comando interiore), provava un senso di pace e di tranquillità, come dopo aver assolto a un obbligo impostogli da una forza misteriosa. Scrive Piero Cassoli, il noto psichiatra bolognese che nel 1972 ebbe modo di studiare da vicino il caso dell’artista presso il CSP, Centro Studi Parapsicologici di Bologna, anche sottoponendolo ad ipnosi: “Lanzillo, ad un certo momento, sotto un impulso profondo, per lo più di carattere erotico e fantastico ti tipo inconscio, ha ricevuto un imperativo psicologico verso l’estrinsecazione di una sua tendenza repressa e latente, come spesso accade ai musicisti, scrittori, calcolatori prodigio, i quali, senza aver appreso alcun rudimento particolare e specifico, hanno manifestato in maniera personalissima i loro contenuti profondi e le loro attitudini prima ignorate” (Cassoli, 1972). Fu proprio il Cassoli a coniare la definizione di “pittore medianico”. Del caso di Giuseppe Lanzillo si occuparono noti psicologi e parapsicologi (tra cui Massimo Inardi, noto tra l’altro per essere stato un famoso campione di Rischiatutto, la celebre trasmissione condotta da Mike 108 | P a g . Bongiorno negli anni Settanta), oltre che giornali nazionali ed internazionali, rotocalchi e trasmissioni radiofoniche e televisive dell’epoca, facendolo diventare un vero e proprio fenomeno mediatico. L’artista è stato ricordato anche nel film del regista Pupi Avati La cena per farli conoscere, del 2006. 4.1.4 Iris Canti Anche per questa medium milanese, che rappresenta forse il caso più noto di artista medianica in Italia, si ripete l’ormai consueto schema di manifestazione dei fenomeni di automatismo creativo, già riscontrato in altri artisti medianici in varie parti del mondo. Ricorrono infatti: la sequenza di eventi traumatici occorsi durante la vita dell’artista; la rivelazione del “dono” in età matura, nel corso di una seduta spiritica; l’assenza di qualsiasi tipo di preparazione tecnico-artistica; la capacità di dipingere sentendosi ispirata da entità spiritiche diverse; la spiegazione delle sue opere ricevuta attraverso la scrittura automatica; lo stato di semi-trance durante il quale venivano realizzati i disegni. Le sue opere, create esclusivamente di notte assecondando un impulso irresistibile, venivano solitamente eseguite mediante la tecnica del “puntinismo”: migliaia di piccoli punti, apparentemente insignificanti, che assumevano via via una configurazione sempre più complessa e coerente, dando luogo a composizioni esteticamente perfette. Il carattere ermetico dei suoi disegni cela molto probabilmente il vissuto traumatico e difficile dell’artista: l’arte ha forse agito come meccanismo di compensazione rispetto a un vissuto personale frustrante e insoddisfacente. Spesso le opere venivano dipinte al rovescio, per cui erano leggibili solo dopo aver capovolto il foglio. La convinzione di essere ispirati e guidati da forze estranea alla propria volontà, ricorrente anche in altri artisti medianici, dava all’artista la sensazione di dipingere “con mani diverse”. Infatti, se si eccettua il caso dei medium-pittori brasiliani (che riproducono lo stile di famosi pittori del passato), e a prescindere dallo stile unitario e prettamente personale maturato da ciascun artista medianico, lo Stilwandel, ossia la capacità di 109 | P a g . trasformare le proprie modalità espressive utilizzando stili pittorici diversi (una testimonianza della compresenza di diverse “personalità” artistiche nell’esecuzione delle opere) era molto frequente in questa autrice. Come ebbe a dire la stessa artista, nel corso di un’intervista rilasciata alla studiosa Paola Giovetti: “È sorprendente ch’io parta da un punto x, ove sento di appoggiare la penna o il pennello, senza avere un’idea di quello che verrà. E partendo da questo punto x, che sia o no al centro, con linee che vanno, ritornano e s’intersecano, avviene di vedere alla fine che il disegno è in centro, esteticamente armonico, coerente come potrebbe essere quello eseguito da persona capace che, avendo davanti un soggetto o un modello, abbia già preparato, ideato l’insieme e magari già eseguito uno schizzo a matita e calcolato anche le distanze” (Giovetti, 1982, p. 171). Lo stile pittorico dei suoi dipinti, analogamente a quanto riscontrato in altri artisti medianici, si esprime attraverso un decorativismo molto minuzioso e prolisso, ricco di elementi grafici e di arabeschi: anche in questa autrice si riscontra la tendenza alla miniaturizzazione e duplicazione degli elementi. La linea spezzata e, a volte, “disturbata”, caratteristica nei suoi disegni, esprime con molta evidenza una personalità inquieta, profondamente provata dagli avvenimenti della vita. All’inizio delle manifestazioni di automatismo creativo, il senso di cogente costrizione e il profondo senso di stanchezza e spossatezza provato dopo le manifestazioni di automatismo, turbarono profondamente l’artista, che volle rivolgersi a un neurologo per verificare il suo stato di salute mentale. Come riscontrato anche nell’artista tedesca Margarethe Held, in Iris Canti è presente un altro elemento figurativo ricorrente: le teste. La tendenza ad attribuire i significati delle opere alla sua personale esperienza di vita, condusse l’artista a riconoscere se stessa nei volti disegnati. Anche nelle sue opere ricorre l’atmosfera onirica, fiabesca, mitica e irreale frequentemente riscontrata in altri arstisti medianici. L’artista si cimentò anche nella scultura e nella modellazione plastica, utilizzando materiali quali la ceramica, 110 | P a g . attraverso cui riprodusse gli stessi volti misteriosi dei suoi dipinti. La notorietà di Iris Canti venne in parte alimentata anche dall’interesse della stampa nei confronti della ricerca psichica verso la fine degli anni Settanta. 4.1.5 Liena Pseudonimo di un’anonima e colta artista milanese (non volle mai rivelare il proprio nome), venne studiata verso la fine degli anni ’70 da Paola Giovetti (Giovetti, 1982). Dotata sin da bambina di supposte facoltà paranormali e di doti da sensitiva (come chiaroveggenza e precognizione), iniziò a dipingere in età matura, nel tentativo di superare la situazione di conflitto interiore creatasi a causa dei suoi presunti poteri paranormali, che tanto la turbavano e che preoccupavano anche i suoi genitori (i quali la inibivano e la rimproveravano per questo). Attraverso le indicazioni fornite da misteriose guide spirituali (da lei definite “maestri universali”) tramite la scrittura automatica, l’artista produceva opere coloratissime dai contenuti simbolici, in cui riusciva a vedere le sue incarnazioni precedenti e il destino delle persone che si rivolgevano a lei. I suoi presunti poteri si svilupparono spontaneamente, senza alcuna influenza o condizionamento da parte di circuiti medianici o spiritici, ma per timore furono tenuti repressi finchè l’artista non trovò il coraggio di esprimerli attraverso la pittura medianica. Il conflitto psichico e il turbamento dovuti al manifestarsi di questi fenomeni apparentemente inspiegabili, imposero all’artista continue battute d’arresto, determinando un andamento ciclico della sua opera, caratterizzata da numerose interruzioni e riprese. Come per altri artisti medianici, il lavoro di questa autrice è caratterizzato da un vivace decorativismo e simbolismo che ricorda l’arte naïf: dalla partizione geometrica delle tavole, all’inquadramento di visi e figure in elementi geometrico-decorativi che ricordano i mosaici, pur avendo un vago sapore egizio (Fig. 34). L’autrice era una convinta spiritualista e reincarnazionista e non credeva che la propria arte provenisse dall’inconscio e fosse un fenomeno psichico. Come altri pittori medianici, si sentiva forzata a dipingere e non 111 | P a g . sapeva mai in anticipo cosa avrebbe dipinto, credendo di essere guidata da un’entità disincarnata a lei estranea, di natura spirituale: si lasciava guidare dalla propria mano (che si muoveva in modo automatico) finchè non si interrompeva, per poi riprendere l’opera anche a distanza di parecchi giorni. Molto interessante appare la simbologia che traspare dalle sue opere, che veniva rivelata attraverso un processo di “chiarudienza” per mezzo della scrittura automatica, che procedeva “sotto dettatura” da parte di una voce misteriosa che solo l’artista era in grado di udire e che, dopo il dettato, non era più in grado di ricordare. Nella sua opera si ripetono gli stessi motivi individuati in altri artisti medianici: raffigurazioni di personaggi e vicende appartenenti a mondi lontani, civiltà remote, incarnazioni precedenti, contatti con altre dimensioni e con altri esseri, cicli evolutivi terrestri ed extraterrestri, riferimenti a miti e leggende lontani nel tempo e nello spazio. 4.1.6 Milly Canavero Serra Sensitiva ed automatista di Genova, a partire dal 1973 iniziò a manifestare all’improvviso e spontaneamente, anche se in tarda età, il fenomeno della scrittura automatica, senza avere alcuna cognizione di parapsicologia o medianità, arrivando a scrivere in maniera involontaria complessi testi filosofici dettati da un inspiegabile ed irresistibile impulso interiore. Durante un incontro casuale, un medium le rivelò infatti che lei stessa possedeva abilità psichiche e di sensitiva. Dopo il 1976 la sua produzione Figura 5. Milly Canavero - ©Elmar R. Gruber artistica, sino ad allora prettamente letteraria, subì una svolta, trasformandosi da scrittura automatica in produzione pittorica spontanea, caratterizzata da un’unica tipologia di soggetto, pur nella diversità ed unicità di ciascuna opera: 112 | P a g . si tratta di forme astratte simboliche costituite da linee rette estremamente precise (realizzate a mano libera in pochissimi secondi, senza fare uso di righello), spirali e figure geometriche, a volte intervallate da cifre (Fig. 35 e 36). L’artista, che eseguiva in totale automatismo ed in pochi secondi le sue opere, ma non era mai in trance, considerava i suoi disegni come messaggi provenienti da un’intelligenza “intergalattica” (ovvero di natura extraterrestre), che venivano solitamente siglate per mezzo di un piccolo fiore stilizzato. Dopo circa otto anni dalle prime produzioni di pittura medianica, l’artista iniziò a riempire gli spazi vuoti delle sue opere precedenti con strani simboli ricorrenti, somiglianti ad una sorta di alfabeto antico o alieno, riempiendo spesso il retro del foglio con “trasmissioni” poetiche trascritte automaticamente. Il simbolismo dei suoi disegni esprimeva, a detta dell’autrice, la forza del cosmo e l’eterno divenire della vita, caratterizzati dalla ciclicità della spirale evolutiva e dall’eterna ricerca del progresso spirituale dell’uomo, che tende a ricongiungere il proprio Essere con un Tutto universale (Bellisai, 1981). La cifra caratteristica di questa artista è costituita dall’utilizzo ricorrente di figure geometriche (cerchi, ellissi, triangoli, spirali, linee curve e rette) che danno luogo ad uno stile particolare e riconoscibile. Il processo creativo si sviluppava infatti attraverso la ripetizione ossessiva di simboli e figure basate su un unico concetto esclusivo (attenzione focalizzata), che richiedeva mesi di maturazione prima l’artista potesse concentrarsi su un altro. Se le prime opere rappresentavano fiori stilizzati dai lunghi steli, oppure onde, la produzione dell’artista si sviluppò progressivamente fino a comprendere la raffigurazione di un altro elemento grafico, la freccia, che di solito era l’ultimo elemento tracciato nel disegno ed indicava sempre l’alto (rappresentando simbolicamente la tensione verso un superiore livello spirituale). 4.1.7 Giovanna Bergamini Sensitiva romana ancora vivente (laureata in chimica), dopo un grave incidente stradale iniziò a manifestare spontaneamente fenomeni 113 | P a g . apparentemente inspiegabili dal punto di vista scientifico: visualizzazione di aloni luminosi attorno ai corpi (aura), retrocognizione, capacità di piegare i metalli, chiarudienza, trance spontanea, materializzazioni, psicometria (in senso parapsicologico, una forma di chiaroveggenza che giunge alla persona tramite la percezione di vibrazioni emanate dagli oggetti), scrittura automatica e psicopittografia. Anche nel suo caso ricorre un elemento comune anche in altri artisti medianici, ossia un trauma di natura fisica e/o psichica, che scatena o attiva in qualche modo tali fenomeni di supposta natura paranormale: una costante che, data la sua frequenza, non sembra essere del tutto casuale. Con l’aiuto del marito ingegnere, ha sempre cercato di trovare una spiegazione scientifica ai suoi fenomeni, dato che spesso le riesce difficile controllarli. Attraverso alcune sedute spiritiche iniziate per gioco, la Bergamini iniziò a manifestare i primi fenomeni medianici, imparando in seguito ad autoindurre lo stato di trance che le consentiva di entrare in contatto con un’entità spirituale di nome Amigdar (un sedicente faraone egizio vissuto oltre 6.000 anni fa), il quale si manifestava attraverso la scrittura automatica e disegni di antiche città, costumi ed edifici risalenti al periodo egizio, traducendo addirittura alcuni brani in antica scrittura geroglifica, sottopostigli dal marito della Bergamini, la quale non conosceva affatto tale scrittura. Anche per lei, come per altri artisti medianici, è ricorrente il riferimento all’antico Egitto dei faraoni. Dopo aver sperimentato le prime manifestazioni di arte medianica, l’artista (che non aveva mai manifestato alcuna capacità artistica) ha continuato a disegnare e dipingere, sempre in stato di trance, realizzando anche piccole figure con la plastilina (cosa alquanto rara in altri artisti medianici). Anche la Bergamini produce opere nello stile di famosi artisti del passato, che la sensitiva riesce ad incarnare producendo voci diverse dalla propria. Il processo esecutivo delle opere è rapidissimo (altra caratteristica degli artisti medianici) e, quando si prolunga troppo, dato che la sensitiva è in stato di trance, produce effetti fisiologici sull’artista stessa, quali tachicardia e palpitazioni, sudorazione, senso di spossatezza, che la costringono ad interrompere il lavoro, che può essere ripreso in un secondo tempo senza per questo perdere di coerenza ed omogeneità. Come per gli altri artisti medianici, 114 | P a g . anche la Bergamini, una volta emersa dallo stato di trance, non ricorda nulla e si sorprende di fronte alle proprie opere. Lo stato di trance assume caratteristiche differenti a seconda della tecnica pittorica utilizzata: i dipinti realizzati ad acquerello e pastello, che presuppongono l’uso dei colori, vengono realizzati ad occhi aperti; i disegni monocromatici eseguiti a penna o matita, invece, ad occhi chiusi. Le identità di artisti che si sono manifestate attraverso la sensitiva sono circa una trentina e tutti hanno sempre firmato le loro opere. Spesso si tratta di artisti stranieri noti solo agli esperti d’arte , di cui la Bergamini ha affermato di non conoscere neppure il nome: Suh-Ktiao, Audrey Beardsley, Jan Toorop, Joos Van Clere, Alphonse Mucha. Per quanto riguarda le figure in plastilina, queste sarebbero state realizzate dal famoso artista Antonio Ligabue, che parlava per bocca della sensitiva utilizzando a volte frasi sconnesse e un linguaggio scurrile (tipico dell’artista che, com’è noto, fu un paziente psichiatrico, più volte internato in manicomio). 4.1.8 Luisa Giovannini Si tratta di un’artista di Novara ancora vivente: il suo caso venne studiato all’inizio degli anni Ottanta da Paola Giovetti (Giovetti, 1982, pp. 131-136). Come per altri artisti medianici, il suo percorso di artista medianica ebbe inizio con un evento scatenante di natura traumatica (la morte di una persona cara), che portò alla luce abilità artistiche latenti attraverso la produzione di disegni realizzati in totale automatismo, anche se in stato cosciente: le bastava poggiare la penna sul foglio perchè la mano iniziasse a muoversi automaticamente, tracciando linee fitte ed intersecate, senza alcun senso o progetto preliminare, seguendo uno schema tipico riscontrato anche in altri artisti medianici. Le modalità di manifestazione di tali fenomeni, che all’inizio proccuparono notevolmente l’artista, la fecero inizialmente propendere verso un’interpretazione paranormale e spiritica (ossia eterodiretta e determinata da forze estranee al soggetto), ma con il passare del tempo, la convinsero sempre di più dell’influenza dell’inconscio e delle potenzialità nascoste della mente, 115 | P a g . portandola ad ammettere l’esistenza di abilità creative innate (anche se sconosciute all’artista) che non avevano mai avuto la possibilità di emergere fino al verificarsi di un evento scatenante di natura traumatica (come uno shock emotivo) in grado di attivarle. All’inizio dei primi fenomeni di automatismo spontaneo, le opere dell’artista, costituite essenzialmente da disegni elementari e schematici, venivano eseguite quasi esclusivamente per mezzo di una linea continua, disegnata senza mai staccare la penna dal foglio, ma con il passare del tempo i suoi disegni iniziarono ad assumere maggiore complessità, dotate di notevole virtuosismo stilistico. Rispetto ad altri artisti medianici, in grado di realizzare all’improvviso opere già definite e stilisticamente mature, il percorso di questa artista testimonia un’evoluzione della tecnica compositiva che, partendo da disegni molto semplici caratterizzati da un processo esecutivo incerto, giunge progressivamente alla creazione di opere sempre più complesse ed elaborate, come se il soggetto, sperimentando le proprie abilità, acquisisse col tempo maggiore padronanza della propria tecnica artistica, lavorando in maniera sempre più sicura e disinvolta, fino a raggiungere risultati esteticamente notevoli: questo specifico caso testimonia che il soggetto, anche se inconsapevole, è in grado di apprendere e migliorarsi attraverso un graduale processo di autoformazione di tipo esperienziale che, rispetto al normale percorso di un artista ordinario, è del tutto involontario proprio perchè avviene senza la partecipazione cosciente e consapevole dell’autore. L’artista (che non aveva mai disegnato in vita sua), non conosceva mai in anticipo il contenuto dei suoi disegni, che assumevano significato solo una volta completati, spesso anche dopo numerose sedute. Una delle caratteristiche proprie della sua arte è che i disegni venivano eseguiti al rovescio: quelli a lettura orizzontale erano realizzati in verticale e viceversa. Il disegno era inizialmente composto da parti staccate, indipendenti e senza alcun ordine apparente, che all’improvviso venivano ricongiunte e completate in modo rapido e preciso (come se rispondessero ad un chiaro ed ordinato progetto, precedentemente elaborato), lasciando emergere di colpo figure dotate di un estremo rigore compositivo. Come rilevato in altri artisti medianici, anche in questa artista è presente la 116 | P a g . ripetizione ossessiva e la miniaturizzazione degli elementi decorativi: migliaia di linee, cerchi ed elementi grafici minuscoli, dotati di eccezionale simmetria. Le sue opere rappresentano mondi fantastici immersi in un’atmosfera onirica e fiabesca, popolati da fiori e animali (specialmente acquatici), oggetti simbolici (ad esempio vasi e brocche), paesaggi irreali e misteriosi: un’altra costante tipica delle produzioni di arte medianica. La tecnica preferita dall’artista era il bianco e nero ad inchiostro di china. Gli studi effettuati sul caso, che hanno indagato psicobiograficamente la vita dell’artista, hanno rilevato che alcuni dei contenuti raffigurati nelle sue opere potrebbero essere frutto di criptomnesia, ovvero un disturbo della memoria (di cui si parlerà più approfonditamente nel sesto capitolo del presente lavoro) a causa del quale il soggetto raffigura eventi, persone, luoghi o situazioni che in realtà ha vissuto in prima persona nel passato, ma che non ricorda affatto o riferisce di non conoscere. Come si è detto, a differenza di altri pittori medianici, l’artista non cadeva in trance o in uno stato di assorbimento dissociativo (absorption), ma, dopo qualche attimo in cui la sua attenzione sembrava focalizzata, non appena la penna iniziava a muoversi attraverso gesti involontari ed automatici, la pittrice poteva distaccarsi da quanto stava facendo e, senza prestare più attenzione al disegno, era in grado di chiacchierare con i presenti, guardare la televisione, insomma dedicarsi ad altre attività, mentre la sua mano continua a disegnare da sola, a testimonianza del fatto che la creazione è indipendente dalla volontà dell’artista, il quale non partecipa coscientemente all’elaborazione cosciente del processo creativo. 4.1.9 Evelyne Disseau Artista francese ancora vivente (ma italiana d’adozione), dalla personalità molto ricca ed immaginativa, cominciò a manifestare i primi fenomeni di automatismo creativo verso i vent’anni (nel 1968), dopo un periodo di intenso stress emotivo dovuto al momento di solitudine e isolamento vissuto a seguito del suo trasferimento per lavoro a Milano (dove vive tuttora insegnando Yoga 117 | P a g . e tenendo corsi di educazione prenatale, interessandosi tra l’altro di esoterismo e magia, pur senza essere una medium o una spiritista). Il caso di questa artista è stato descritto dalla studiosa Paola Giovetti nel suo libro sull’arte medianica (Giovetti, 1982): come accaduto ad altri artisti medianici, gli episodi di automatismo creativo si manifestavano all’improvviso, attraverso un’irresistibile impulso a dipingere, durante i quali l’artista percepiva una presenza spirituale che la guidava nella creazione delle opere, che venivano realizzate in stato di semisonnambulismo. Nel corso di una delle prime manifestazioni di arte medianica, non conoscendo alcuna tecnica di pittura, l’artista stese uniformemente sulla tela un unico colore scuro, dietro il quale le sembrò di intravedere un viso: le bastò rimuovere “il colore in più” con uno straccio imbevuto in un diluente, perché si delineasse chiaramente un volto umano. Questa particolare tecnica artistica, che procede per “sottrazione”, è rimasta poi la costante del suo automatismo pittorico. In sostanza l’artista manipolava la tela come se fosse una scultura, eliminando quanto le sembrava superfluo dopo aver steso inizialmente il colore, finchè non compariva l’immagine che sentiva dover comparire. Nonostante la frammentarietà della tecnica di esecuzione, le composizioni risultano essere armoniche e proporzionali. Inoltre l’artista, nel corso degli episodi di automatismo creativo, durante i quali non era in stato di trance ma di concentrazione (che le consentiva di interagire con altre persone), avvertiva una serie di disturbi di natura psicosomatica, come una sorta di tensione nella regione del plesso solare, che scompariva una volta terminata l’esecuzione dell’opera (che poteva durare anche 8 ore di seguito), dopo la quale si sentiva spossata e sfinita, come svuotata, ma al tempo stesso desiderosa di dipingere un altro quadro, anche se fisicamente non era più in grado di farlo. In seguito, si verificarono anche alcuni eventi di presunta natura paranormale, come sogni premonitori, visioni notturne e presenza di figure sospese, ma soprattutto la ricorrente visione di un globo luminoso (che lei percepiva essere la madre). Infatti un elemento figurativo caratteristico delle sue opere era la presenza di una luce, una fiamma o un globo luminoso (una sorta di “terzo occhio”) che compariva al di sopra o in prossimità delle figure disegnate, che 118 | P a g . raffiguravano quasi esclusivamente volti umani o donne con bambini in braccio che, secondo la visione dell’artista, rappresenterebbero simboli archetipici universali, come la “maternità”. 4.2 I casi francesi 4.2.1 Victorien Sardou (1831-1908) Fra i maggiori autori teatrali francesi della seconda metà dell’Ottocento, drammaturgo, celebre appassionato commediografo di spiritismo e e manifestazioni medianiche, frequentò con assiduità la Società parigina degli Studi Spiritisti, presieduta da Allan Kardec (pseudonimo di Hippolyte Léon Denizard Rivail), il pedagogista e filosofo francese che codificò la dottrina dello spiritismo, diffusa oggi nei circoli kardeciani in Brasile, dai quali proviene attualmente la maggior parte dei pittori medianici viventi. Sardou Figura 6. Victorien Sardou sosteneva che le sue commedie gli venissero dettate dallo spirito dell’artista Bernard Palissy (famoso ceramista francese del Cinquecento). Molto famosi divennero i suoi disegni raffiguranti i paesaggi di Giove, eseguiti con una tecnica simile al puntinismo (pointillisme), attraverso i quali l’artista rappresentò le sue presunte visioni di un mondo alieno, popolato da spettacolari edifici, disegnati attraverso il consueto stile decorativo tipico di altri artisti medianici (Flammarion, 1907; Fig. 37 e 38). In altre opere utilizzò particolari variazioni figurative, come minuscole figure musicali di crome e semicrome. L’artista, pur operando in stato di lucidità, riferiva di sentirsi “posseduto” da entità a lui estranee, che guidavano la sua mano, manifestando anche altri fenomeni di natura paranormale, come psicocinesi e materializzazione. 119 | P a g . 4.2.2 Léon Petitjean (1869-1922) Noto giornalista (nato a Liverpool, ma vissuto a Parigi tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento), fu un fervente spiritista ed un grande appassionato di sedute medianiche. Era del tutto profano d’arte ma, ad un certo punto della sua vita, oltre a manifestare fenomeni di scrittura automatica, avvertì un irresistibile impulso di disegnare, iniziando a realizzare complicate strutture simili a merletti, che raffiguravano paesaggi fantastici o ritraevano strani personaggi ammantati in sontuose vesti drappeggiate. Il suo stile, del tutto inusuale per l’epoca, anticipò per certi versi la pittura astratta. La ripetizione seriale ed a tratti ossessiva di certi elementi grafici e decorativi nei suoi disegni, costituiti da un intricato groviglio di linee sinuose e minuscoli elementi (a forma di squame di coccodrillo), da cui emergevano visi umani e figure zoomorfe, è una caratteristica comune anche in altri artisti medianici (ad esempio nell’italiano Narciso Bressanello). Gli elementi pittografici delle sue opere sono inoltre inframmezzati da testi scritti, ovvero presunti messaggi dettati dagli spiriti, che l’artista trascriveva automaticamente, ritenendo di essere in contatto con essi. Anche questo personaggio, del tutto inesperto di tecniche artistiche, era convinto di agire sotto l’impulso di uno spirito-guida, che lo spingeva a creare con estrema rapidità e grande sicurezza disegni dalla complicatissima struttura decorativa, senza mai fermarsi per apportare correzioni o cancellazioni, ma riempiendo velocemente l’intero foglio, in modo sostanzialmente simile ad altri artisti medianici. Le sue testimonianze dirette ci sono pervenute attraverso gli Annales des Sciences Psychiques, pubblicati a Parigi nel 1911, sui quali scrisse lo stesso pubblicista. 4.2.3 Fleury-Joseph Crépin (1875-1948) Nato a Hénin-Liétard, visse e morì a Montigny-en-Gohelle, un piccolo centro minerario nei pressi del Pas-de-Calais (come Augustin Lesage). Di lui si occupò André Breton, padre del movimento surrealista, profondamente 120 | P a g . interessato a tutto ciò che riguardasse gli automatismi ed i fenomeni di creatività spontanea, che riteneva essere il linea con lo spirito del Surrealismo. L’artista era convinto di non essere l’autore delle sue opere, ma solo il tramite di una forza spirituale a lui estranea. Di famiglia modesta, aveva frequentato solo le scuole elementari, ma si dedicò con passione alla musica, cimentandosi nella composizione. Verso i cinquant’anni iniziò a manifestare Figura 7. Fleury-Joseph Crépin doti di sensitivo e guaritore. In seguito, fu proprio lavorando ad uno spartito musicale che, all’età di 63 anni, scoprì di essere in grado di tracciare disegni sotto l’influenza di una forza misteriosa che guidava le sue mani. Le opere di questo artista sono caratterizzate da un’eccezionale ricchezza di elementi decorativi policromatici (come simboli, figure, ornamenti, fregi, che vengono riprodotti più volte in maniera ossessiva). Usava spesso ricopiare e ingrandire su tela disegni i cui schizzi erano stati precedentemente realizzati in piccola scala su un quaderno, dove fungevano da “lista di controllo”: infatti, una volta riprodotto in scala più grande il soggetto tratto dal quaderno, lo barrava come se avesse completato un compito assegnato. Realizzava le sue opere velocemente e senza alcuna esitazione, spesso ascoltando musica. L’artista inoltre riferiva di vedere spesso delle ombre vicino a lui e di essere convinto della presenza di entità spirituali, di cui udiva anche le voci. I suoi disegni si presentano perfettamente simmetrici rispetto all’asse verticale del foglio e comprendono elementi decorativi di varia natura: soli, lune, fiori, foglie, animali stilizzati (soprattutto uccelli e serpenti), stelle e croci, che vanno a comporre più ampie figure, spesso architettoniche, come troni, templi, altari, frontoni, baldacchini, balaustre e lampadari (Fig. 39 e 40). Quando rappresentava figure umane, queste si limitano alla testa. A differenza di Lesage, che prediligeva motivi religiosi, esotici e orientali, Crépin preferiva rappresentare elementi di ispirazione simbolica e magico- 121 | P a g . favolistica, dall’aria misteriosa, irreale ed enigmatica, traendo spunto dai suoi sogni. Non aveva mai imparato a disegnare o dipingere, così come non aveva mai visitato un museo, eppure riusciva a realizzare dettagli di natura molto complessa, come templi e architetture fantastiche, senza comprendere come fosse possibile riuscire a crearle e, soprattutto, quale fosse lo scopo del suo lavoro artistico. L’artista riteneva di assorbire la sua energia spirituale e creativa dal sole, che era per lui fonte di allucinazioni e premonizioni. Allo stesso tempo era convinto che dai suoi quadri si irradiasse una forza misteriosa che racchiudeva poteri di guarigione spirituale, essendo appunto in grado di procurare benessere e salute in chi li ammirava. Gli elementi presenti nei suoi quadri attingono molto alla sfera personale ed al vissuto dell’artista, ma sono rielaborati inconsapevolmente in maniera originale e creativa: il suo mestiere di artigiano, la passione per la musica, i colori della sua regione, i motivi cristiani, l’ordine, il rigore, la simmetria che traspare dalle perle di colore in rilievo, perfettamente calibrate, che decorano in chiave ornamentale i suoi quadri e sono la caratteristica stilistica più evidente dell’autore. 4.2.4 Augustin Lesage (1876-1954) Artista medianico di umili origini e semianalfabeta, nacque a Saint-Pierre les Auchel (nei pressi di Calais) da una famiglia di minatori. Fu minatore egli stesso e visse in un ambiente totalmente privo di stimoli artistici, con esigui strumenti culturali a disposizione. La sua Figura 8. Augustin Lesage vita fu costellata da alcuni eventi traumatici, come la morte della piccola sorella e la sua partecipazione come combattente alla prima guerra mondiale. Scoprì di possedere poteri di 122 | P a g . guaritore e si dedicò allo spiritismo ed alla frequentazione di circoli spiritici, arrivando a credere nella reincarnazione. Dopo una serie di fenomeni premonitori di supposta natura medianica, accompagnati da allucinazioni auditive (uno dei tipici sintomi da disturbo psicotico), iniziò a dipingere all’improvviso (dopo aver udito una voce che gli “ordinava” di farlo), spinto da una forza estranea alla propria volontà in grado di guidarlo nell’esecuzione delle opere. Durante il processo di creazione, l’artista era vigile, ma come immerso in uno stato di profondo assorbimento estatico e straniamento dall’ambiente circostante. I suoi dipinti sono caratterizzati dalla raffigurazione di ampie composizioni basate sulla simmetria degli elementi decorativoornamentali e di patterns policromatici bidimensionali: non vi sono nè ombre, nè prospettive. La produzione iniziale, che assomiglia molto all’arte arcaica primitiva, è caratterizzata dalla ripetizione ossessiva degli stessi motivi, figure o schemi (a volte simboli mistici o religiosi), con la tendenza a riempire totalmente lo spazio delle tele, spesso di enormi dimensioni, in momenti successivi alla prima stesura dell’opera, cosa che ha fatto pensare ad un’origine psicopatologica della sua arte. In una fase successiva, la sua pittura si evolve verso forme figurative sempre più complesse, facendo spazio alle differenti identità spiritiche che, come da lui sostenuto, firmavano i suoi quadri. I motivi decorativi ed ornamentali sono ricchissimi, come ad esempio le dense rappresentazioni di motivi architettonici in stile antico e dal sapore orientale, come fregi, colonne, portali e gallerie, rappresentati senza alcuna prospettiva (Fig. 41 e 42). Tale rappresentazioni coincidevano spesso con luoghi reali e lontani, mai visitati dall’artista. La particolarità della sua arte consisteva nell’utilizzo di una tecnica miniaturistica su grandi superfici, tecnica che implicava un grande sforzo di realizzazione, ma soprattutto un processo realizzativo altamente complesso, caratterizzato dalla rappresentazione di elementi decorativi minuscoli, come motivi egiziani, persiani, indiani, tibetani e paleocristiani. Notevoli sono i contenuti precognitivi delle sue opere, come la riproduzione di scene di vita egizia del tutto identiche a quelle scoperte nella Valle dei Re ed ancora ignote al mondo: una manifestazione del fenomeno noto come mantica (divinazione o 123 | P a g . rivelazione), ovvero la capacità di ottenere informazioni normalmente inaccessibili tramite fonti di supposta natura soprannaturale. Il misticismo sviluppato dall’artista lo portò a rappresentare di frequente misteriose simbologie di ispirazione filosofica o religiosa, con la raffigurazione di pseudo-scritture antiche. Realizzò oltre 800 opere, che fu costretto a vendere per vivere, a differenza di altri artisti medianici, che di solito non vendono i propri lavori o lo fanno solo a scopo benefico. L’artista riferiva la sensazione di trovarsi in un ambiente diverso da quello ordinario e di sentirsi immerso in uno stato di rapimento estatico. Poteva rimanere fermo per ore tracciando linee caotiche e disegni incomprensibili, ma poi, all’improvviso, la sua mano acquistava una velocità prodigiosa riuscendo a completare l’opera in pochissimi minuti, senza alcuna esitazione o ritocchi e senza mai guardare il punto esatto in cui dipingeva. L’artista affermava di non essere l’autore dei suoi dipinti, ma solo il tramite di spiritiguida, che si manifestavano attraverso le voci udite dall’artista o attraverso la scrittura automatica. Il suo caso, che potrebbe far pensare ad un disturbo dissociativo dell’identità (Romme & Escher, 1989; Braude, 1995), caratterizzato dalla manifestazione di personalità multiple e da allucinazioni auditive, venne studiato da Eugéne Osty, medico e noto studioso di fenomeni psichici, nonché di conoscenza extrasensoriale, oltre che pioniere dell’indirizzo sperimentale in metapsichica, presso l’Institut Métapsychique International (IMI) di Parigi (Osty, 1928a; www.metapsychique.org/). 4.2.5 Marguérite Burnat-Provins (1872-1952) Ricca e colta signora dell’alta borghesia francese. Nonostante fosse molto introversa e sensibile, sin da piccola manifestò un’intelligenza precoce, tanto che in collegio venne definita una ragazza iperattiva ed indisciplinata. Iniziò a quindici anni a scrivere racconti, poesie e commedie, per poi passare più tardi alla musica e alla pittura. Sperimentò numerosi fenomeni di natura allucinatoria, sia visivi che auditivi, che la condussero a disegnare i ritratti di 124 | P a g . misteriosi personaggi di cui lei percepiva la presenza, visualizzandone mentalmente la fisionomia ed udendone le voci. Appena si formava la visione mentale, l’artista avvertiva un forte impulso coercitivo che la spingeva a Figura 9. Marguérite Burnat-Provins (1905) disegnare in maniera convulsa e con eccezionale rapidità esecutiva, oggettivando immediatamente le immagini che percepiva. Una sindrome allucinatoria che la spingeva inesorabilmente a disegnare contro la propria volontà: infatti, nel momento in cui tentava di ribellarsi a tale impulso, provava un senso di forte angoscia che la obbligava a riprendere l’esecuzione dell’opera: il malessere causato dallo sforzo di reprimere il fenomeno e la sensazione di costrizione, determinavano infatti una situazione psicologica conflittuale che la costringeva a persistere nella ripetizione compulsiva dell’atto creativo allo scopo di trarne sollievo. 4.2.6 Laure Pigeon (1882-1965) Nata in Bretagna e morta a Nogent-sur-Marne, nei pressi di Parigi, fu una signora dell’alta borghesia che, dopo i cinquant’anni ed una vita familiare travagliata, iniziò a produrre regolarmente disegni che riteneva le fossero trasmessi dall’aldilà. Non volle mai rivelare la sua storia personale ma, solo alla sua morte, furono ritrovati 500 disegni (datati e classificati) e molti scritti, che svelarono la serie di Figura 10. Laure Pigeon fenomeni alla base della loro produzione. L’artista, all’inizio della manifestazione degli automatismi creativi, rimase molto turbata in quanto non riusciva a darne una spiegazione logica, essendo 125 | P a g . totalmente negata per l’attività artistica. In seguito ritenne che tali disegni gli fossero stati dettati o trasmessi da entità spirituali, in particolare dal pittore francese Maurice Utrillo (di cui l’artista aveva previsto la morte, avvenuta poi nel 1955). È possibile supporre che gli eventi che interessarono la sua vita familiare e le continue frustrazioni e delusioni patite (come la mancanza di figli e la separazione dal marito) abbiano giocato un ruolo fondamentale nell’insorgenza delle sue abilità artistiche latenti: probabilmente il soggetto ha messo in atto (in maniera inconscia e incosapevole) un meccanismo psicologico di compensazione e sublimazione in risposta ad un vissuto personale frustrante e insoddisfacente. Infatti, nei testi racchiusi all’interno delle opere, ricorrono spesso frequenti riferimenti a persone presenti nella vita dell’artista, a conferma che l’origine dei fenomeni di arte medianica possa essere ricondotta ad una risposta psicologica dell’individuo alle sue frustrazioni, attivando e facendo emergere abilità creative latenti attraverso automatismi spontanei: una sorta di rifugio alle delusioni della vita quotidiana. Il possesso di particolari doti creative le era però già stato preannunciato da un’amica sensitiva, che aveva percepito un’intensa energia spirituale, a cui l’artista (almeno apparentemente) non aveva mai prestato alcuna attenzione. La sua produzione grafica raffigurava prevalentemente volti e figure umane misti a parole e motivi decorativi e ornamentali, realizzate attraverso il consueto automatismo creativo che, secondo la testimonianza dell’artista, guidavano la sua mano. Mentre in una prima fase la sua produzione artistica si concentrò sulla raffigurazione di volti e persone inseriti in costrutti ornamentali inframmezzati da parole che si condensavano in una fitta scrittura, in una seconda fase l’artista sembrò prediligere elementi miniaturizzati e ripetitivi, che andavano a costituire fitte trame istoriate finemente lavorate (simili a trine), che ricordavano un denso fogliame (la miniaturizzazione e ripetizione degli elementi decorativi è una caratteristica ricorrente anche in altri artisti medianici). La caratteristica più evidente, in questa seconda fase, è l’uso esclusivo del colore azzurro su fondo bianco, una sorta di firma stilistica tipica dell’artista. La precisione e sicurezza del tratto (realizzato con penna stilografica, ma la cui densità faceva pensare all’utilizzo del pennello), nonchè 126 | P a g . la mancanza di cancellazioni o abrasioni sui fogli, lascia desumere che anche questa artista lavorasse in maniera rapidissima, così come altri artisti medianici, proprio come se vedesse davanti ai suoi occhi un’immagine che bastava solo ricopiare ricalcandone il disegno, come una sottile filigrana visibile in controluce: e la correlazione tra osservazione e azione, come vedremo più avanti, è una tipica funzionalità dei neuroni specchio, capace di attivare inconsapevolmente ed automaticamente il processo creativo in alcuni soggetti neurobiologicamente predisposti ed ipersensibili al dato estetico, così come sostenuto nel presente lavoro di ricerca. 4.2.7 Victor Simon (1903-1976) Uomo di modesta cultura: era ragioniere e, come altri artisti medianici, non aveva alcun talento artistico. Nacque a Bruay-en- Artois, nei pressi del Pas-de-Calais, da una famiglia di minatori (proprio come Augustin Lesage e Fleury-Joseph Crépin). Dopo aver ricevuto in sogno i primi segnali Figura 11. Victor Simon premonitori, che presagivano il suo futuro di medium, verso i trent’anni fu svegliato nel sonno da una voce che gli ordinò di dipingere. Profondamente religioso, si accostò con devozione alla dottrina di Cristo e, dopo aver assistito ad una seduta medianica, iniziò un percorso di crescita spirituale che lo portò a denunciare pubblicamente il vuoto esistenziale e la bramosia di denaro della sua epoca. Divenne guaritore e consigliere spirituale, fondando nel 1947 la rivista Forces Spirituelles. Anch’egli dipingeva sotto l’influenza di una presunta forza spirituale estranea alla propria volontà, che lo guidava nella realizzazione delle opere fornendogli consigli e suggerimenti, rafforzando la sua convinzione di essere un eletto e un “canalizzatore” di messaggi 127 | P a g . provenienti da entità spiritiche. I suoi dipinti sono infatti caratterizzati da una intensa carica spirituale e religiosa, che si esprime attraverso la ricchezza, la precisione e la simmetria degli elementi decorativi, che ricordano i motivi dell’arte bizantina e induista, ma che, data la ripetizione ossessiva di elementi identici e ricorrenti, rimanda a certe opere di arte psicopatologica. La tensione spirituale e l’estrema cura per i dettagli, capaci di trasmettere un senso di raccoglimento e di elevazione dell’anima, culmineranno nella sua opera più famosa dal titolo La Toile Bleue, eseguito tra il 1943 e il 1944 (Figura 43), il cui punto focale è l’apparizione di Cristo nel tempio. La maggior parte delle sue opere di “arte spirituale” sono custodite nella sezione di Art Brut del Museo di Arte Moderna Lille Métropole (LAM) di Villeneuve d'Ascq. Dopo aver condotto una vita umile e morigerata, morì ad Arras nel 1976. 4.2.8 Raphaël Lonné (Le Facteur) (1910-1989) Il suo background è simile a quello di altri artisti medianici: nativo di un villaggio delle Landes e di famiglia molto modesta (i suoi genitori erano contadini), giunse al disegno medianico attraverso le sue esperienze di spiritismo e di frequentazione degli ambienti mediani. Visse un’infanzia difficile a causa delle sue cagionevoli Figura 12. Raphaël Lonné condizioni di salute e della sua personalità timida, riservata, introversa e complessata: di frequente era oggetto di bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Non completò le scuole, ma manifestò ben presto una particolare predisposizione per la musica, il teatro e la poesia, che lo spinse ad esprimersi anche in pubblico. Dopo la seconda guerra mondiale, tornato al paese natìo e ripreso il suo lavoro di postino, conobbe i coniugi Perrin, ferventi seguaci delle dottrine kardeciane, attraverso 128 | P a g . cui approfondì la conoscenza dello spiritismo e della contattologia medianica. Fu infatti durante una seduta spiritica che l’artista cominciò a disegnare automaticamente e radidamente cerchi, spirali ed arabeschi (alcune delle forme grafiche tipiche degli artisti medianici). È lo stesso artista a fornire, nel corso di una intervista rilasciata alla studiosa Paola Giovetti, esperta di fenomeni di arte medianica (la quale ebbe modo di studiarlo da vicino), una descrizione delle sue sensazioni durante la manifestazione dei fenomeni di automatismo creativo: “Dopo quella sera ho continuato a disegnare spontaneamente, senza alcun controllo. Ero come un automa, all’inizio… E poi avevo sempre più voglia di disegnare. Finito il mio turno di postino, la sera mi mettevo a coprire di segni dei piccoli fogli, prima a matita, poi a penna; in seguito a guazzo, a olio, utilizzando anche tecniche miste. Lavoravo a volte fino all’una del mattino, ma non ero mai stanco. Non so più in che stato d’animo ero in quei primi tempi, ma di certo non mi sentivo posseduto. Il disegno mi ha sempre disteso e rilassato. Col tempo, comunque, il mio disegno è diventato meno automatico e molto minuzioso…” (Giovetti, 1982, p. 145). La tecnica preferita dall’artista è il disegno a penna, attraverso la quale realizzava piccoli disegni del formato di una cartolina, utilizzando uno stile e una struttura formale ricorrenti anche in altri artisti medianici, soprattutto per quanto riguarda la miniaturizzazione e duplicazione degli elementi grafici: un groviglio solo apparentemente informale di linee, da cui emergono progressivamente volti (soprattutto femminili), figure stilizzate, animali, fiori, simboli e scritte misteriose. Queste ultime, in particolare, somigliano a “pseudoscritture”, ossia a delle grafie che risultano però essere incompresibili. Anche questo artista, come altri, non conosceva in anticipo ciò che avrebbe disegnato, ovvero non aveva alcun progetto dell’opera, ma si lasciava guidare dai suoi automatismi per poi scoprire alla fine il risultato del suo lavoro. Al contrario di altri artisti medianici, che spesso ricevono (attraverso intuizioni o scrittura automatica) una spiegazione delle proprie opere, questo artista non riesce a spiegare il significato dei suoi disegni, né a dare loro un titolo. 129 | P a g . L’esecuzione dell’opera seguiva un ordine ricorrente: l’artista iniziava dalla parte in alto sinistra del foglio, per poi concludere in basso a destra, disegnando come se scrivesse. L’assimilazione del meccanismo esecutivo a quello della scrittura, lo portava spesso a produrre file di disegni impilate l’una sull’altra, come se fossero delle righe di scrittura, che l’artista definisce “poesia grafica o disegno poetico”. Come affermato dallo stesso artista, se il disegno si interrompeva all’improvviso, quando riprendeva non veniva meno il flusso creativo iniziale: “Ritrovo subito l’ispirazione in quanto non sono io ad avere il programma: si tratta sempre di un impulso che viene da qualcosa che mi anima. Automaticamente ritrovo subito questo equilibrio” (Giovetti, 1982, p. 146). A proposito del suo processo creativo, lo stesso artista riferisce: “Sono assolutamente tranquillo e sereno, poso la mano sul foglio e mi lascio andare, come quando scrivo poesie. È come un sogno che si materializza. E per tutto il tempo che disegno provo un sentimento di gioia, mai di possessione. Sono sempre calmo, tranquillo, non mi sento mai costretto ad andare di fretta… Non rifiuto affatto l’idea di essere aiutato (corsivo dell’autrice del testo), ma se è così non mi interessa sapere chi mi guida. Non voglio invocare alcun aiuto, niente. Prendo quello che mi viene dato, partecipo a quello che mi viene suggerito. Ma non invoco niente. Credo di essere aiutato perché lo stato di grazia in cui mi trovo quando disegno non può che essere il risultato di radiazioni che mi vengono inviate e che liberano il mio pensiero, facendomi sentire lieto, felice… Tutto è spontaneo, niente è elaborato da me, io non partecipo affatto alla composizione. Non ho mai bisogno di cancellature, di fare ritocchi… In questi trent’anni il mio stile e il mio modo di disegnare sono cambiati; non sono più costretto all’automatismo quasi integrale delle prime creazioni, ho acquisito una relativa indipendenza e una certa padronanza nell’esecuzione. Tutte le mie opere sono comunque sempre concepite e realizzate spontaneamente senza preparazione preliminare né alcun ritocco o cancellatura; cosa che mi permette di mantenere pienamente il mio credo spiritualista e la mia convinzione di avere ‘una certa guida’, una specie di angelo custode che mi sostiene nei miei lavori e mi protegge nelle mie prove terrene…” (Giovetti, 1982, pp. 146-147). 130 | P a g . In questo artista, emerge un senso di serenità che è lontano dal dal senso di costrizione, coazione o “possessione” riscontrato in altri artisti medianici, i quali si sentono in qualche modo “forzati a creare”. E tale sensazione emotiva si ripercuote anche sulla sua tecnica esecutiva che, pur essendo dettata da automatismo, non contempla l’eccezionale velocità o il livello di dissociazione creativa riscontrato in altri artisti medianici, che di solito operano in uno stato modificato di coscienza. Come quasi tutti gli artisti medianici, anche Lonné non volle mai trarre profitto delle sue opere vendendole: preferiva regalarle agli suoi amici dell’ambiente spiritualista: “Credo anche che i miei disegni facciano del bene a chi li possiede, che diano loro un sollievo mentale e sentimentale…” (Giovetti, 1982, p. 146). È attualmente possibile ammirare alcune delle sue opere presso il Musée de l’Art Brut di Losanna (Fig. 44 e 45). 4.3 I casi tedeschi 4.3.1 Heinrich Nüsslein (1879-1947) Mercante d’arte di Norimberga, iniziò a dipingere in verso i 47 anni, producendo migliaia di tele (circa 30.000) dal gusto molto raffinato, usando semplicemente le dita. Era semicieco e lavorava in penombra (ma a volte anche nel buio totale), ma nonostante la sua menomazione visiva riusciva a dipingere particolari di eccezionale finezza, dosando sapientemente i colori, che usava miscelare direttamente con le dita, oppure utilizzando materiali vari come carta, stracci e Figura 13. Heinrich Nüsslein cotone idrofilo. Il processo creativo dell’artista era 131 | P a g . velocissimo e non avveniva in stato di trance (gli bastava qualche minuto di concentrazione iniziale): l’esecuzione di un’opera durava dai 4 ai 15 minuti. I soggetti dei suoi quadri rappresentavano prevalentemente paesaggi fantastici dall’atmosfera classicheggiante, castelli incantati o luoghi di culto (Fig. 46 e 47). Per ogni quadro prodotto, l’autore riferiva di ricevere una spiegazione dalle sue guide “cosmiche”: infatti egli non si considerava un vero e proprio artista (ossia un creatore autonomo), ma come “mediatore” di una “forza creativa” proveniente da un livello sovradimensionale di esistenza. Possedeva inoltre doti di chiaroveggenza, per cui seppe già in anticipo che avrebbe iniziato a dipingere in età matura, accogliendo quindi il suo dono senza sorprendersi, al contrario di altri pittori medianici, che a volte provavano stupore o spavento di fronte al manifestarsi del fenomeno. L’artista, infatti, anzichè attribuire le sue doti artistiche all’intervento di entità spirituali, era convinto che la sua ispirazione traesse origine da altri mondi o pianeti, che irradiavano un’energia di natura cosmica (Nüsslein, 1932). Rispetto ad altri pittori, sin da bambino aveva desiderato diventare un pittore e per un breve periodo frequentò anche una scuola d’arte, che dovette abbandonare in quanto i suoi problemi alla vista non gli consentivano di copiare dal vero. A questa passione si unì uno spiccato interesse per l’occultismo e l’esoterismo, che condizionarono profondamente la sua personalità, rendendolo in grado di percepire quelle forze in grado di potenziare le sue doti creative. Si potrebbe dunque pensare ad un lavoro di autosuggestione operato dall’artista attraverso la conoscenza delle scienze occulte unita allo studio delle tecniche d’arte, che lo resero capace di superare le limitazioni legate al suo apparato visivo, portandolo ad una concezione estetica e ad una rappresentazione artistica di tipo mistico-sacrale e metafisico. Come altri pittori medianici, non sapeva mai in anticipo cosa avrebbe disegnato o dipinto, ma si lasciava guidare da quella forza spirituale che incanalava le sue energie creative. L’opera così prodotta, essendo espressione di contenuti inconsci e latenti, sembrava essere estranea alla volontà dell’artista che, sulla base del particolare processo creativo messo in atto, amava definirsi uno “scrittore di quadri”: l’autore, infatti, concentrandosi 132 | P a g . sull’oggetto della rappresentazione, ne richiamava la visione mentale riuscendo a riprodurlo anche al buio, entrando in una sorta di stato visionario “illuminante”, o di cecità ipnotica (Bryant & McConkey, 1989a, 1989b e 1989c). I soggetti dei suoi quadri, traendo ispirazione da “forze spirituali”, rappresentavano scene di antichi culti religiosi, visioni ancestrali, mondi ultraterreni, paesaggi fantastici e mitici, templi misteriosi, così come grandi personaggi della spiritualità umana (Cristo, Maometto, Davide, Mosè). Come per altri pittori medianici, anche nella sua pittura prevale un ricco decorativismo, basato sulla produzione di motivi ornamentali e arabescati, tanto che alcune sue opere sono state paragonate a delle icone. Si dimostrò perfettamente consapevole della differenza tra opere d’arte create attraverso un processo puramente cerebrale, le quali seguivano determinate direttive pittoriche di natura accademica (in quanto frutto di formazione e dell’osservanza di specifici canoni estetici istituzionalizzati), ed opere scaturite invece da un processo di visione interna ed introspettiva. 4.3.2 Margarethe Held (1894-1981) Nata a Mettingen (nel regione del Württemberg), aveva 56 anni quando, nel corso di una seduta medianica, iniziò improvvisamente a disegnare, spinta da una misteriosa entità spirituale che, secondo il racconto dell’artista, le rivelò di essere il dio indiano Siwa. Anche in questo caso, ci troviamo di Figura 14. Margarethe Held fronte ad un impulso creativo che nasce in modo involontario e inatteso attraverso la pratica spiritica, che di per sé determina sicuramente un quadro di profondo condizionamento del soggetto, pur partendo dalla raffigurazione di una divinità non cristiana, ossia non appartenente all’universo culturale ed 133 | P a g . immaginativo dell’autrice, che di solito esercita una maggiore e più diretta influenza su un artista. Come per altri artisti medianici, anche in questo caso si rileva la presenza di un trauma psichico, che sconvolse emotivamente la vita dell’artista: la contemporanea perdita sia del padre (artista egli stesso) che del marito, le cui “presenze” iniziarono a manifestarsi in sogno, come anche nel corso di sedute spiritiche. Dopo i primi fenomeni di automatismo, l’artista sviluppò un’intensa attività creativa, che la portò a produrre oltre 300 quadri nei primi 4 mesi di attività. Secondo lo schema tipico riscontrato negli altri artisti medianici, la Held lavorava con estrema velocità e sicurezza, senza mai apportare cancellature o correzioni ai disegni e senza mai sapere in anticipo cosa avrebbe disegnato. La produzione creativa di questa artista si concentrò quasi esclusivamente sulla ritrattistica: dipinse infatti centinaia di ritratti di “defunti, spiriti e dèi”, ma anche elfi, fate, gnomi, fauni, demoni (che lei chiamava “aiutanti di Dio”), rappresentati sempre di profilo (Fig. 48). Ritorna ancora un elemento frequente nella produzione di tipo medianico: la ripetizione e duplicazione meccanica e ossessiva degli stessi elementi figurativi. Nel caso specifico di questa artista tedesca, l’elemento ricorrente ed esclusivo è rappresentato dalle teste (dal vago sapore arcaico e naïf), che si ripetono in modo unitario e monotono, quasi ad assomigliarsi tutte, come effigi di antiche monete o medaglie. Analizzando bene i disegni, si nota però una spiccata somiglianza dei ritratti con il profilo stesso dell’artista, che ritorna (reinventato e modificato) senza che lei se ne renda conto: una sorta di proiezione mentale di se stessa, raffigurata in maniera costante e ossessiva, sempre identica a se stessa, eppure così diversa come ad incarnare altre personalità. Come per altri artisti, la Held riceveva attraverso la scrittura o dettatura automatica la spiegazione dei disegni da lei prodotti. Secondo la sua visione, espressa dai messaggi automatici che lei trascriveva, anche se l’universo ci appare come una dimensione incontrollabile e ricca di mistero, alla fine tutto ha un senso e nulla è lasciato al caso; l’autrice stessa scrisse anche un libro sull’argomento, dove sosteneva di essere una sorta di messaggera di Dio, presentando dettagliatamente la propria opera. Nella conclusione di questo libro (riportata 134 | P a g . in: Giovetti, 1982, p. 169), la psicologa tedesca Mechthild Rausch scrive: “Certo è che quando Margarethe Held si sforza di sganciare il proprio ‘io’ dalla pittura, non può impedire che questo ‘io’ trovi nuovamente accesso ai suoi disegni. Chiaro indizio è la ripetizione della propria fisionomia in molti dei visi dipinti… Ci si potrebbe chiedere se gli stessi risultati figurativi sarebbero ottenibili anche per via normale, o se non abbiano presupposti patologici. Simili domande risultano però superflue se si individua nella supposta medianità l’elemento creativo” (Held, 1977). L’artista interruppe bruscamente la sua attività di artista medianica nel 1954. 4.3.3 Clara Schuff (1893-1987) Nata a Monaco di Baviera, ma trasferitasi negli Stati Uniti all’indomani della seconda guerra mondiale, dopo essersi già rifugiata in Brasile come perseguitata politica, manifestò le sue doti medianiche sin da bambina, praticando meditazione e cadendo in stato di trance. Coltivò le sue facoltà lavorando professionalmente come sensitiva e fornendo responsi a famosi politici, uomini d’affari, registi e divi hollywoodiani, ma anche stelle del rock come Jimi Hendrix. Riusciva persino a fare diagnosi mediche a distanza con Figura 15. Clara Schuff - ©Elmar R. Gruber accurata precisione. I fenomeni di arte medianica iniziarono però a manifestarsi soltanto in tarda età (ad oltre ottant’anni), dopo un incidente a seguito del quale le era stata amputata una gamba: come per altri casi di artisti medianici, è proprio un evento traumatico (che può essere sia di natura fisica che psichica) a innescare la produzione creativa medianica, caratterizzata da inconsapevolezza ed automatismo spontaneo. Iniziò all’improvviso a cantare inni e melodie in strane lingue 135 | P a g . sconosciute. Cantando queste melodie arcaiche, l’artista iniziò in seguito a creare disegni automatici con penne a sfera a grande velocità: era convinta questi disegni provenissero dal popolo cui appartenevano quei misteriosi linguaggi. Nel giro di pochi secondi, apparentemente senza riflettere, l’artista riusciva a disegnare strane figure (in genere di colore rosso o blu), che nessun altro artista riusciva a replicare nello stesso tempo di esecuzione. Iniziava disegnando forme circolari (una sorta di mandala primitivi), che poi suddivideva in varie sezioni, riempiendone gli spazi vuoti con figure antropomorfiche o zoomorfiche, utilizzando inoltre strane simbologie che ricordavano antichi caratteri geroglifici (Fig. 49). Tali disegni assumevano spesso la forma di antichi templi o di navi spaziali ed includevano strane iscrizioni che l’artista attribuiva a varie popolazioni dell’antichità (incas, maya, egizi, hindu, cinesi, giapponesi, tibetani). L’artista affermava che tali visioni le giungevano attraverso una sorta di intuizione o sensazione, cui lei forniva dettagliate spiegazioni. Nonostante l’autrice non avesse mai studiato lingue antiche, alcuni esperti hanno riconosciuto nei segni tracciati all’interno delle sue opere forme arcaiche di linguaggi o dialetti ormai scomparsi da secoli. L’interpretazione dell’artista (sebbene non si considerasse tale, ma preferisse definirsi una veggente) era che tali iscrizioni fossero tracce di ricordi o reminescenze delle sue vite precedenti, che lei era in grado di rievocare sotto forma di canti o disegni. Non fu mai studiata scientificamente in maniera sistematica, anche se di lei si occupò per un certo periodo il prof. Hans Bender, attraverso alcuni esperimenti condotti presso l’Istituto per i territori di confine della Psicologia e dell'Igiene Mentale (IGPP) di Friburgo, da lui fondato. 4.3.4 Victor Emanuel Bickel (Faroxis) (1929-?) Nato ad Augsburg, ma vissuto a Monaco di Baviera, è una figura singolare di artista poliedrico: pittore, musicista, novelliere e poeta. La sua creatività artistica, anzichè essere rivolta verso il passato, è proiettata al futuro: ritiene 136 | P a g . infatti che i contenuti dei suoi dipinti siano dettati da intelligenze extraterrestri. Le sue tele infatti rappresentano paesaggi futuristici o città del futuro: probabilmente ciò che già esiste in altri mondi o altre dimensioni, secondo la visione dell’artista, il quale ritiene che su altri mondi o sistemi solari esterni alla nostra galassia possa esistere una vita più evoluta della nostra. Lavorò professionalmente come musicista presso l’orchestra sinfonica della radio di Monaco, ma fin da bambino coltivò sua passione per la pittura, frequentando anche l’Accademia Artistica di Monaco. Ad un certo punto della sua carriera artistica (verso la fine degli anni Cinquanta), l’artista ebbe una sorta di visione o illuminazione interiore che lo indusse a sviluppare progressivamente uno stile grafico totalmente differente da quello utilizzato fino a quel momento, caratterizzato da un tratto più tenue e delicato, nonchè da un particolare elementarismo pittorico, costituito da linee essenziali e tinte pastello, così come da visioni aeree e dinamiche che raffiguravano un mondo simbolico e mitico, lontano nel tempo e nello spazio. Utilizzava spesso le sue tavole come illustrazioni di novelle “extraterrestri”, una sorta di ricordi o visioni interiori di mondi futuri (o già esistenti in altre parti dell’universo) che l’artista percepiva, senza tuttavia riuscire a spiegarne il significato: esse si presentavano come sogni o si manifestavano come messaggi cifrati. Va comunque detto che l’artista si era sempre interessato allo studio di antiche religioni e civiltà scomparse, esoterismo e dottrine orientali, probabilmente elaborando sotto forma di visioni interiori i contenuti dai quali era stato più suggestionato e costruendo un proprio mondo interiore fatto di visioni fantastiche ed allucinatorie, del quale lui stesso si sentiva parte. La sua profonda convinzione dell’esistenza di una vita extraterrestre e di altre civiltà nell’universo, più evolute della nostra, che lo guidavano nella creazione artistica, ha sicuramente contribuito ad influenzare il suo stile e il suo tratto pittorico, spingendolo ad attribuire i contenuti dei suoi dipinti a presunte influenze di natura aliena. I suoi quadri riflettono infatti un mondo simbolico e misterioso, ma sempre dotato di un’intensa luce ed armonia, sospeso tra l’acqua e il cielo: compaiono veicoli spaziali, architetture futuristiche ed ultramoderne (che sembrano l’evoluzione di antichi templi, come le piramidi 137 | P a g . egizie ed azteche), figure antropomorfe o zoomorfe alate, insieme a simboli e riferimenti ad antiche civiltà passate. Tali raffigurazioni mitico-favolistiche ed astrali contribuiscono a trasmettere, attraverso la loro simbologia onirica, una visione positiva ed ottimistica dell’esistenza e sono dotate di una forte carica spirituale ed evocativa, tipica delle filosofie new age: l’autore infatti credeva fermamente nell’avvento dell’età dell’Acquario e nella positiva evoluzione dell’umanità verso un’era di pace, prosperità e armonia. Lo stesso artista affermò di sentirsi guidato da una particolare “radiazione” positiva, di essere il messaggero di una nuova filosofia e di aver voluto rappresentare nei suoi quadri la “mitologia del futuro”: insomma, una sorta di profeta visivo. Anche l’uso del colore riveste una particolare importanza nello stile pittorico di questo artista visionario: infatti prediligeva tinte tenui, ma luminose, capaci di trasmettere una sensazione un senso di serenità e una visione positiva ed ottimistica dell’esistenza, pervasa da un intenso afflato spirituale (Fig. 50). Anche in questo artista ricorre uno schema caratteristico ed usuale, riscontrato anche in altri artisti medianici in varie epoche storiche e in diverse parti del mondo: l’accadimento di un evento traumatico capace di influenzare la sfera emotiva e la psiche dell’artista, scatenando una serie di sintomi neurologici e di natura psicofisica, come sogni lucidi, incubi, visioni ed allucinazioni, ed attivando a lungo termine un’ipersensibilità estetica che trova il suo sfogo in episodi di creatività spontanea e automatica. Infatti, a seguito di un grave incidente stradale, nel corso del quale l’artista riportò una seria commozione cerebrale, si verificarono alcuni strani episodi che lo stesso autore definì come “alterazioni dello stato di coscienza”: egli iniziò infatti a percepire una sensazione di distacco dalla “coscienza quotidiana” (tipico sintomo della sindrome dissociativa), accompagnata dalla sensazione di trovarsi in un mondo totalmente estraneo, sospeso tra la vita e la morte. Ecco perché l’artista soleva dire, scherzando, di appartenere ad un altro mondo, o di aver vissuto in un’altra dimensione, riportando nei suoi quadri i ricordi di tali esperienze vissute su altri piani di esistenza: e l’arte, secondo l’artista, era l’unico modo per raffigurare la “la realtà del sogno”. 138 | P a g . 4.3.5 Gertrud Emde Artista medianica ancora vivente, insieme al marito Günter (presidente di Imago Mundi, Società Austriaca di Parapsicologia già diretta da padre Andreas Resch, teologo, psicologo clinico e studioso di fenomeni paranormali) è tutt’ora impegnata sui temi della guarigione spirituale ed ha pubblicato anche alcuni libri sull’argomento. Studiando il suo caso ed analizzando la genesi della sua produzione creativa, non si può non pensare alla forte influenza esercitata dall’autosuggestione Figura 16. © Gertrud Emde e dal condizionamente religioso: l’artista infatti è una fervente credente e frequenta assiduamente gruppi spiritualisti, considerando la sua medianità come una missione affidatale da Dio. Vive infatti la sua religiosità con intenso fervore e misticismo; inoltre, le prime manifestazioni di arte medianica sono state precedute da un forte desiderio di iniziare a disegnare e dipingere. C’è dunque una precisa volontà alla base dello sviluppo delle sue abilità creative. L’artista infatti ha conosciuto un periodo di evoluzione partendo da semplici disegni, quasi infantili, fino ad arrivare a più ampie e complesse elaborazioni grafiche. Come per altri artisti medianici, le sue capacità si sono manifestate sin da bambina, con sogni precognitivi e visioni di varia natura. Poi l’artista, convincendosi di poter entrare in contatto con un’altra dimensione spirituale, ha iniziato a sperimentare i primi disegni, servendosi della preghiera come fase preparatoria agli automatismi creativi. La convinzione di essere aiutata da “guide spirituali” convince l’artista di essere il “canale” tra un mondo ultraterreno e la realtà materiale: l’autrice si sente guidata sia da un’entità maschile (che le trasmette disegni di tipo geometrico), sia femminile (che invece le suggerisce disegni floreali). Le opere da lei prodotte sono ricche di raffinatissimi dettagli, estremamente decorativi e ornamentali, spesso eccessivamente ridondanti; sono inoltre caratterizzate da un elemento ricorrente nelle produzioni di arte medianica, 139 | P a g . ossia una linea ininterrotta che congiunge i vari elementi figurativi dei disegni (segni, simboli, lettere, numeri, grafismi, parole e immagini). Oltre ad aver sperimentato ogni tecnica di produzione grafico-pittorica (penne a biro, matite, pastelli, acquerelli, olio), un altro elemento che contraddistingue la sua produzione pittorica e l’utilizzo dei colori oro e argento, con i quali l’artista intende rappresentare l’energia. La sua produzione avviene con grande velocità e, come per gli altri artisti medianici, senza apportare alcuna correzione o cancellatura durante i lavori, come se sapesse esattamente cosa disegnare o dipingere: inizia da un punto focale centrale, tracciando delle .linee verso l’esterno ed aggiungendo progressivamente minuscoli segni, fino a creare delle strutture complesse, simili ad una filigrana oppure ad una sorta di pizzi o damaschi. I colori vengono usati in sequenze separate: prima tutte le parti in rosso, poi quelle in verde, poi altri colori e alla fine quelle in oro o argento che, riflettendo la luce, rendono le opere estremamente cangianti se guardate da differenti angolazioni. Secondo le intenzioni dell’autrice, l’oro e l’argento hanno lo scopo di riprodurre l’energia, le vibrazioni e le radiazioni del mondo ultraterreno, trasmettendo una sensazione di fluidità, movimento, ma anche di bellezza, luminosità ed armonia, trasformando le forme materiali in forme spirituali ed ultraterrene. 4.3.6 Salomé Pinx Si tratta dello pseudonimo di un’artista tedesca ancora vivente. La sua produzione di arte convenzionale (e consapevole) si differenzia nettamente da quella medianica, che avviene in modo automatico e della quale l’autrice non è consapevole se non dopo aver terminato il lavoro: come per altri artisti medianici, la mano inizia a disegnare senza alcuna partecipazione volontaria o consapevole. Si tratta di opere dal contenuto “inconscio” (come affermato dalla stessa artista), i cui significati le vengono rivelati in sogno. Per quanto riguarda questo specifico caso di studio, va sottolineato che l’autrice, che proviene da una famiglia di artisti, nutriva sin da bambina una grande passione 140 | P a g . per il disegno e la pittura, diventando essa stessa un’artista secondo i canoni convenzionali. Ma per quanto la sua produzione di arte medianica, bisogna notare che l’artista entra in uno stato di inconsapevolezza creativa, che la spinge a produrre opere a grande velocità senza rendersi conto del processo esecutivo, arrivando a produrre ben 60 opere in appena quattro giorni (senza effettuare alcuna correzione). L’artista riferisce di assistere come in un sogno a quanto accade, vedendo lei stessa al lavoro, ma senza partecipare coscientemente ad esso, ovvero sperimentando una sensazione di distacco da se stessa. Anche in questo caso sono presenti alcuni elementi comuni in altri artisti medianici: esperienze traumatiche, insoddisfazioni e frustrazioni, malattia, desideri insoddisfatti (la nascita di un figlio maschio), volontà di autoaffermazione (la ricerca di un proprio stile artistico personale che la rendesse famosa e riconoscibile agli occhi del pubblico). Ad un certo punto della propria vita incominciò a fare sogni vividi e a ricevere messaggi onirici, nei quali una figura luminosa le trasmetteva contenuti di natura precognitiva, ma anche altri elementi presenti nelle esperienze vissute da altri artisti medianici: antichi simboli egizi, oppure hindu (come la testa d’elefante del dio Ganesh, che rappresenterebbe il suo spirito-guida), o ancora, misteriosi paesaggi sotterranei o di natura onirica. La stessa artista, nel corso di un’intervista, fornisce una descrizione lucida e precisa delle sensazioni fisiche sperimentate durante la manifestazione dei fenomeni di creatività spontanea, che ci danno un’idea della natura del processo creativo alla base di questo particolare tipo di manifestazioni psichiche (Giovetti, 1982, pp. 68-70): “La mia attività pittorica inconscia è preceduta da un certo nervosismo, che produce in me un impulso che continuamente aumenta, finchè devo (corsivo dell’autrice del testo) mettermi a lavorare, non avendo idea di quello che dipingerò. Per tutto il tempo che dipingo, io sto letteralmente «a guardare», con emozione, tensione e curiosità, quello che avviene. Tengo gli occhi semichiusi, le pupille fisse; la mia concentrazione è intensa, tutta proiettata verso l’interno, non ho più pensieri nè desideri. È come se fossi in stato di dormiveglia, però col corpo scattante, come pronto a un gran salto. Questo stato di intensa concentrazione attiva dura 141 | P a g . un tempo relativamente breve, poi la forza che mi domina cede un poco e si trasforma in uno stato più rilassato, in cui posso continuare a lavorare. Spesso devo interrompere il lavoro perchè sono totalmente esausta, e per riprenderlo devo attendere che mi colga un’altra volta quella forza misteriosa. Questo per i quadri ad olio, al cavalletto. Per I disegni è diverso. Anche in questo caso avverto un certo nervosismo, allora mi sistemo comodamente su una poltrona senza braccioli, in modo da avere I gomiti liberi, ho in grembo un’assicella con la carta, poi mi concentro sullo spirito-guida e sulle mie mani, finchè mi trovo in uno stato simile a quello che precede immediatamente il sonno e la mia mano avverte un leggero, gradevole formicolio. Tengo la penna dritta tra pollice e indice, toccandola appena. Uso una penna a sfera perchè ha un suo equilibrio e faccio in modo che la temperatura nella stanza sia alta, affinchè la penna scorra meglio. Così comincio a disegnare. Il primo disegno che faccio in genere non è troppo buono, quelli successivi migliorano notevolmente, come se scendessi sempre più in profondità dentro di me. A un certo punto sono sfinita – e al tempo stesso quando smetto di disegnare mi sento riposata come se avessi fatto un buon sonno pomeridiano. La mano che ha retto la penna avverte ancora quel formicolio benefico e gradevole. Il mio spirito-guida mi ha spiegato che è come se avessi praticato le cure spirituali, cosa che talvolta faccio. Disegno con gli occhi aperti: ho bisogno di guardare […]. I quadri veramente medianici sono come i sogni, cioè vengono quando devono venire, e quello che significano non riesco a capirlo subito, proprio come avviene coi sogni. Semplicemente un bel giorno si verifica un fatto che riguarda il quadro – e io colgo il nesso. Spesso infatti dipingo un quadro che non so proprio cosa significhi, non so neppure che titolo abbia; e poi un bel giorno viene da me una persona amica e mi spiega che quel quadro fa parte della sua vita, che si riferisce a certi fatti ed esperienze sue e quindi lo vuole assolutamente avere. Così un quadro è come una lettera dall’aldilà e io sono solo il postino (corsivo dell’autrice del testo) […]. Se per un certo periodo dipingo consapevolmente, la produzione inconscia si concentra dentro di me come un vulcano o un terremoto, finchè a un certo punto si arriva all’esplosione […]. Si può dire che io sogno in modo visibile sulla tela.” 142 | P a g . L’artista, nel corso dei fenomeni di produzione creativa di tipo medianico, cade dunque in uno stato di trance o semi-trance, durante il quale avverte la sensazione di essere guidata da entità spirituali in qualche modo a lei familiari, che l’aiutano ad estrinsecare quelle abilità creative inconscie che altrimenti, in stato cosciente, non riuscirebbe mai ad esprimere. 4.3.7 Heita Coponi (1941-) Pittrice tedesca nata a Münster, reincarnazionista ed appassionata di religioni e mistica orientali, esoterismo, yoga, meditazione zen e scienze di confine. Figlia di un pittore e diplomata all’accademia di belle arti, scoprì un naturale talento della pittura all’età di sei anni. Un’artista a tutti gli effetti dunque, che sembrerebbe non trovare posto tra i casi di automatismo creativo illustrati in questa ricerca, se non fosse per il particolare tipo di processo creativo messo in atto. Infatti, l’intenso stato di meditazione sperimentato dall’artista (nonché lo stato di suggestione mistica) gli consentiva di trovarsi nelle stesse condizioni di “flusso creativo” sperimentate dagli artisti medianici: i motivi delle sue opere scaturivano direttamente dalla coscienza, concretizzandosi nelle immagini simboliche alle quali l’autrice aveva accesso nel corso dei suoi trip mistici. Il particolare stato di attivazione mentale le consentiva infatti di dipingere particolari opere, intrise di una sorta di misticismo olistico che esprimeva con forza le sue visioni interiori: quadri dalle tinte trasparenti e luminose, che lasciano filtrare una luce tenue e “spirituale”. Le opere più caratteristiche della pittrice raffigurano dei mandala, un particolare tipo di disegno simbolico (o diagramma esoterico) dalla forma circolare che si ritrova in numerosi popoli dell’antichità: esso racchiude un significato mistico-rituale e di intima comunione con una dimensione spirituale, sovrumana e divina, esprimendo un simbolismo ed una religiosità di natura cosmica ed universale. Questo particolare tipo di rappresentazione simbolica, così densa di suggestioni archetipali, venne infatti studiata da Carl Gustav Jung, il quale affermò che durante i periodi di tensione psichica 143 | P a g . (susseguenti ad un intenso shock psicofisico o emotivo, come quelli frequentemente riscontrati nella vita degli artisti medianici), figure mandaliche possono apparire spontaneamente nei sogni per indicare la necessità di un ordine interiore per l’individuo, di un’armonia capace di dare serenità e pace ad un animo tormentato, a testimonianza dello sforzo psichico dell’individuo nel cercare di stabilizzare il materiale “doloroso” rimosso dalla coscienza (Jung, 1969). L’artista definiva la sua arte come pittura “trascendentale” o “simbolismo spirituale”, affermando di voler rappresentare le sue intuizioni attraverso un processo di meditazione profonda avente lo scopo di entrare in intimo contatto con la propria coscienza. Il processo creativo messa in atto durante la fase di immersione meditativa viene descritto dalla stessa pittrice: “Quello che sperimento e vedo interiormente si materializza da sé, spesso a velocità fulminea, in un quadro. A volte sono addirittura sommersa da un diluvio di visioni e immagini, molto più luminose, variopinte ed eteriche di quanto io possa dipingere. Rendere visibili all’occhio normale queste immagini simboliche interiori è un processo che richiede molta pazienza e concentrazione, oltre che tecniche pittoriche adeguate. I miei quadri rappresentano la possibilità di superare il confine che ci separa da un mondo diverso…” (Giovetti, 1982, p. 206). 144 | P a g . 4.4 I casi britannici 4.4.1 Elizabeth Hope (Madame d’Espérance) (1855-1919) Dopo aver trascorso un’infanzia piuttosto traumatica (rapporto conflittuale con la madre e molestie sessuali da parte di medici) ed aver sperimentato strane visioni di tipo allucinatorio (il consueto quadro psichico e sintomatologico riscontrato anche in altri medium-artisti), scoprì le sue doti medianiche verso i quindici anni, attraverso la manifestazione di fenomeni apparentemente inspiegabili. Pervenne al disegno attraverso la scrittura automatica. Pur senza essere in possesso di una tecnica particolare, era in grado di catturare su carta ritratti da lei percepiti come “entità spiritiche”, Figura 17. Elizabeth Hope lavorando in totale oscurità ed a grande velocità: riusciva infatti a realizzare un ritratto in appena trenta secondi, affermando di vederne i contorni luminosi nel buio, come una sorta di materializzazioni, di cui lei si limitava a ricalcarne le forme. Fu accusata di frode per aver inscenato una finta materializzazione nel corso di una seduta spiritica. 4.4.2 Coral Polge (1924-2001) Si tratta di una delle più famose sensitive britanniche (londinese di nascita), divenuta famosa per essere in grado di realizzare ritratti di persone defunte (che lei non poteva affatto conoscere), che venivano riconosciute da parenti o amici presenti alle sedute durante le quali l’artista si esibiva: l’identità delle persone raffigurate nei ritratti realizzati dalla medium veniva provata senza ombra di dubbio attraverso le fotografie esibite dai parenti o amici dei defunti, 145 | P a g . che riconoscevano nei disegni i propri congiunti scomparsi (Fig. 51). I ritratti venivano realizzati in modo molto rapido (tra i 5 e i 20 minuti) ed erano preceduti da un breve contatto tra le mani del parente e quelle della sensitiva, la quale affermava di non vedere le Figura 18. Coral Polge persone che ritraeva, ma semplicemente di “percepirle”: infatti avvertiva come una sorta di intuizione che la spingeva a disegnare i volti, rimanendo poi lei stessa stupita di quanto realizzato. La medium stessa descrisse il processo di automatismo creativo in questi termini: “Non vedo le persone che ritraggo, le ‘sento’, mi sembra cioè di diventare io stessa il soggetto in questione, e disegnando esprimo quello che sento di essere. C’è quindi da parte dello spirito un certo controllo della mia persona. Io ne capto il carattere, il temperamento, partecipo delle sue sofferenze, della sua gioia. Mi vengono anche trasmesse notizie e nomi relativi alle persone che ritraggo, ma non sento le parole in senso acustico, le ricevo direttamente nella mente” (Giovetti, 1982, p. 175). Coral Polge fu un’artista medianica eccezionalmente prolifica: produsse infatti circa 70.000 disegni e schizzi. Fece delle sue doti di sensitiva la sua professione, cosa alquanto comune, dato che l’Inghilterra vanta la più antica tradizione in fatto di ricerca psichica ed esistono attualmente, a livello universitario, una cattedra di Anomalistic Psychology presso il Dipartimento di Psicologia della Goldsmiths University of London, nonché una cattedra di Parapsicologia (l’unica al mondo) presso l’Università di Edimburgo in Scozia. L’artista sposò inoltre Tom Johanson, segretario della SAGB (Spiritualist Association of Great Britain) e direttore della Spiritualist Gazette. Al contrario di altri artisti medianici, Coral Polge era invece dotata di una buona preparazione artistica, avendo lei stessa frequentato la Harrow Art School. Anche in lei si ritrova il classico schema di sviluppo dei fenomeni di automatismo creativo riscontrato in altri artisti, come la scoperta “casuale” delle sue doti, maturata in ambiente spiritistico (la Polge frequentò anche un corso per sviluppare le sue doti medianiche). Al contrario 146 | P a g . di altri artisti medianici, l’artista manifestava i propri automatismi in uno stato apparentemente ordinario di coscienza, ovvero senza cadere in trance, e in piena luce. A volte le sue esibizioni avvenivano in presenza di un altro medium, il quale, mentre lei disegnava il ritratto del defunto, parlava per mezzo dell’entità spiritica, riferendo dettagli e informazioni (che si rivelavano vere) sulla vita del soggetto rappresentato dall’artista. A proposito della tecnica artistica, l’artista dimostrò di preferire l’utilizzo di matite e pastelli, anziché olio e tempera: “Le matite e i pastelli mi consentono di lavorare più velocemente; dipingere coi colori e i pennelli è troppo lento. Le mie impressioni arrivano molto velocemente, e se mi fermo a mescolare i colori le perdo” (Giovetti, 1982, p. 176). Al contrario di altri artisti, la Polge dimostrò di avere un atteggiamento più razionale e consapevole, ossia più controllato rispetto ai fenomeni di automatismo creativo che la riguardavano, denotando una personalità critica e, apparentemente, meno soggetta a condizionamenti. 4.4.3 Matthew Manning (1955-) Artista medianico inglese ancora vivente. Il suo caso è molto complesso (ed in gran parte simile a quello dell’italiano Gustavo Adolfo Rol), in quanto, oltre le manifestazioni di creatività automatica, questo artista medianico inglese originario di Cambridge si è reso protagonista di numerosi ed inspiegabili fenomeni di supposta natura paranormale, come poltergeist (noto anche come PK o psicocinesi), scrittura automatica e telepatia, Figura 19. Matthew Manning che insorgevano spontaneamente senza che il soggetto avesse mai avuto alcuna esperienza di natura suggestionante all’interno di circoli medianici o spiritici, manifestando un’energia in grado di modificare la realtà fisica (opera infatti anche come sensitivo e guaritore). 147 | P a g . Tali fenomeni iniziarono a manifestarsi sin dall’infanzia, anche in modo violento (nel caso dei poltergeist), finche l’autore non si accorse che regredivano se lui poggiava la mano su un foglio di carta, consentendo alla supposta “presenza” di scrivere: all’inizio si trattava solo di linee senza senso e scarabocchi illegibili, ma questi segni iniziarono ad assumere progressivamente contorni sempre più netti e precisi, diventando una sorta di messaggi, talvolta prodotti in lingue sconosciute all’autore stesso. Dopo aver sperimentato la scrittura automatica, Manning iniziò a creare disegni che diventarono sempre più precisi, fino a produrre opere firmate da famosi artisti del passato, come Albrecht Dürer, Goya, Leonardo, Paul Klee, Henri Matisse, Claude Monet (Fig. 52), Pablo Picasso e molti altri (tra cui anche i miniaturisti elisabettiani del Cinquecento). La tecnica delle sue opere è davvero pregevole e di elevata qualità estetica: l’artista medianico è in grado di eguagliare la straordinaria maestria e lo stile di quei famosi pittori, pur senza che l’autore abbia alcuna competenza artistica (come confermato dal suo insegnante di disegno delle scuole superiori), anche se sembra prediligere il disegno monocromatico alla pittura. Manning è stato uno dei sensitivi più studiati al mondo, sin da quando aveva appena diciotto anni. Gli studi condotti attraverso elettroencefalogramma sul soggetto in stato di absorption, effettuati dall’équipe del dr. George Owen (direttore del New Horizons Research Foundation di Toronto, Canada), hanno rilevato sensibili anomalie nell’attività cerebrale dell’artista, caratterizzate da un aumento di onde theta ed una corrispondente diminuzione di onde beta, evidenziando quindi delle effettive modificazioni nell’attività elettrofisiologica e biochimica del cervello (Owen, 1974; Whitton, 1974; Lorenz, 1977; Rauscher, 1977). Questa è la testimonianza diretta fornita dallo stesso artista, riportata nella sua autobiografia (Manning, 1976): “Io vuoto la mia mente meglio che posso e in questa condizione penso alla persona con la quale voglio entrare in contatto. A volte però constato l’identità dell’artista solo quando appare la sua firma […]. Devo fare due osservazioni importanti: ho cercato regolarmente la collaborazione di certi artisti e sebbene io creda sinceramente che i disegni provengano da 148 | P a g . una fonte esterna a me, sono sicuro che il mio subconscio mi abbia portato occasionalmente ad ornare certi disegni e ad aggiungere qualcosa. Non l’ho però mai fatto volutamente o consapevolmente. In secondo luogo mi sembra importante anche il fatto che i lavori sono senza alcun dubbio nello stile dell’artista che firma, all’inizio però erano semplici riproduzioni o quasi copie di lavori che l’artista aveva eseguito quando era ancora in vita. Nella maggior parte dei casi sono certo di non aver mai visto il disegno originale e rimango deluso quando esso mi viene mostrato dagli esperti. Posso spiegarmi questo fatto solo pensando che l’artista voglia identificarsi al di là di ogni possibile dubbio, producendo qualcosa che è già noto. Tuttavia la maggior parte dei disegni che ho ricevuto automaticamente, sia firmati che anonimi, completi o incompleti, sembrano essere originali, cioè opere mai disegnate prima da un artista. […]. Quando voglio entrare in contatto con un determinato artista rivolgo semplicemente tutti i miei pensieri a lui. Non penso ad altro che a lu. Non sono in trance e percepisco tutto quello che avviene intorno a me. Qualche volta mi hanno bendato gli occhi, ma i risultati sono stati pessimi, cosa che trovo strana. Dato che questi disegni vengono eseguiti automaticamente, non dovrebbe far differenza, e chi trasmette dovrebbe essere capace di scrivere o disegnare anche se io ho gli occhi bendati. Ho fatto però l’esperienza che i fenomeni supersensoriali non obbediscono a una logica e non sono prevedibili. Forse la mia situazione può essere paragonata a quella di un apparecchio radio senza antenna. In questo senso mi si potrebbe considerare una sorta di ricevitore che capta gli impulsi da un trasmettitore. Un altro fatto interessante è che i disegni riempiono sempre il foglio, indipendentemente dalla sua dimensione. Se io prendo un foglio grande come un francobollo, viene riempito tutto, al pari di un foglio di due metri quadrati […], quando cerco di entrare in contatto con un determinato artista, non ho nessuna garanzia che questo riesca. Questo spiega forse il gran numero di disegni anonimi che ho fatto. Quando mi concentro su un determinato artista, può avvenire che ne intervenga un altro, senza che io me ne accorga. E costui spesso non firma col suo nome. A volte posso ricevere opere anonime se mi siedo senza pensare a un nome particolare e mi pongo solo in situazione ricettiva. Questo avviene di solito quando voglio impedire che si scateni una nuova attività 149 | P a g . di poltergeist. Io sento infatti in qualche modo che si accumula energia cinetica. Se sto due settimane o più senza scrivere o disegnare, si manifesta il poltergeist. Se disegno o scrivo più di un’ora, mi sento stanco. I messaggi diventano poco chiari, come impalliditi. Ci vogliono poi alcune ore prima che io mi ricarichi di nuovo. […] La cosa più notevole in questi disegni è la velocità con cui vengono eseguiti. Iniziano in genere al centro del foglio e di lì vengono completati verso l’esterno. Vengono sempre disegnati direttamente sulla carta con l’inchiostro, senza uno schema preliminare con la matita. Errori ne vengono fatti di rado, anche se qualche disegno rivela errori tecnici nella prospettiva o nelle ombreggiature. Mentre io impiego per un disegno 1-2 ore, per comporre un’opera del genere un artista normalmente ne impiegherebbe da 6 a 8. Io credo che questo tempo ridotto si possa spiegare pensando al fatto che per il disegno non c’è bisogno, o quasi, di un programma. […]. Mi è stato chiesto se sento o vedo qualcosa mentre scrivo o disegno automaticamente. I medium ricevono spesso forti impressioni di coloro coi quali sono in contatto, o addirittura li vedono. Io però non ricevo impressioni del genere, sebbene possa valutare la forza della personalità in questione dalla pressione che la mia mano esercita sulla carta. […]. Uso una penna da disegno, ho constatato che questo mi consente i migliori risultati. Se uso i colori – sia acquerelli che penne colorate, matite, ecc. – questo sembra confondere l’artista. I colori si mescolano e il risultato è in genere molto mediocre. Anche questo fatto non ha una spiegazione. Ma tutte le esperienze che ho fatto indicano che ottengo i migliori risultati usando un solo colore. L’unico artista che non presenta problemi con l’uso dei colori è Pablo Picasso. Le mie esperienze con lui sono state particolarmente interessanti. La prima sua opera arrivò nel luglio 1973, tre mesi dopo la sua morte. Io avevo pregato Picasso in modo particolare di fare un disegno per me. Avevo una penna con un pennino di 2 mm, lo stesso che uso per gli artisti che producono lavori molto fini. Nel giro di pochi secondi la mia mano fu dominata da una forza molto precisa, e così potente che dopo un minuto di rapido disegno la penna era piegata e non serviva più a niente. Presi quindi una penna da 5 mm. Anche questa fu messa fuori uso in fretta e solo una penna di 8 mm che presi successivamente risultò adeguata alla forza con cui la mia mano lavorara. Il disegno aveva l’inconfondibile stile di Picasso, 150 | P a g . forte e ardito. Io disegnavo con l’inchiostro nero, come al solito, ma sul mio tavolo c’era una scatola con 24 penne colorate. Presi un nuovo foglio di carta da disegno, pregai Picasso di disegnare ancora una volta per me, e posai la mano sui colori. Con mia grande sorpresa la mia mano afferrò la penna nera. Rapidamente sul foglio fu tracciato uno strano modello di forme e linee, con la stessa forza di prima. Pareva un viso. Poi di colpo la mia mano si mosse verso la penna verde, la prese e parti del quadro furono ombreggiate di verde. Questo si ripetè col nero, verde, marrone, violetto, rosso, giallo e grigio, finchè davanti a me ci fu il disegno variopinto di un viso, che assomigliava a un re egiziano. Alla fine il quadro fu firmato. […] Stranamente pochi motivi religiosi. L’unico quadro religioso che ho prodotto è una testa di Cristo, che pare derivare da Leonardo da Vinci. La maggior parte dei disegni rappresenta uomini, uccelli e animali, pochissimi edifici. […] Con le iniziali di Albrecht Dürer ho prodotto una serie di ritratti che portano il nome della persona rappresentata. I nomi mi sono sempre stati sconosciuti, a parte rarissime eccezioni. Si tratta in genere di contemporanei di Dürer. Il problema centrale è come questi ritratti arrivino sul foglio per mia mano. Non ho mai visto prima questi personaggi e non sono in grado di disegnare autonomamente.” (Giovetti, 1982, pp. 98-103) La cosa effettivamente sorprendente è che le opere d’arte prodotte da Manning sono state attribuite da numerosi esperti d’arte ai grandi maestri che firmavano i lavori per mano dell’artista medianico. Addirittura, nelle opere firmate da Matisse, vi era un particolare preciso (individuato dagli esperti della casa d’aste Sotheby’s) che Manning non poteva affatto conoscere: la lettera M maiuscola che Matisse, nelle opere prodotte nell’ultimo periodo della vita, nascondeva nei suoi quadri per difendersi dai falsi. Del caso di Manning si occupò anche il prof. Hans Bender nel 1974 presso l’Istituto per i territori di confine della psicologia e dell’igiene mentale di Friburgo, da lui diretto, nel corso di alcuni esperimenti compiuti davanti alla telecamera. Bender fornì a Manning lo pseudonimo di una pittrice a lui sconosciuta da poco scomparsa (che lo studioso conosceva bene) e l’artista produsse automaticamente un disegno contenente elementi noti soltanto allo 151 | P a g . psicologo, il quale concluse che l’artista aveva probabilmente captato da lui tali informazioni in maniera telepatica. Bender riferisce con queste parole le conclusioni alle quali era giunto, confermando che le capacità creative dell’artista riuscivano ad emergere solo in uno stato alterato o modificato di coscienza, di cui Manning non era affatto consapevole: “Questa prestazione di Matthew non è quindi soltanto una ‘riproduzione automatica’ di un’informazione, ma piuttosto la configurazione creativa, la rappresentazione in forma estremamente concisa di una complicata situazione captata per via paranormale. Matthew disegna allo stato normale molto mediocremente, addirittura goffamente; si potrebbe dire che egli è un artista impedito a produrre da una barriera consapevole” (Bender, 1981). Se all’inizio lo stesso Manning sembrò propendere verso un’interpretazione medianica delle proprie capacità, ammettendo una possibile influenza da parte di entità spiritiche a lui estranee (una prova della sopravvivenza dei grandi maestri, che si manifesterebbero attraverso l’artista medianico), con il passare degli anni modificò notevolmente il proprio atteggiamento, giungendo alle stesse conclusioni alle quali era pervenuto Gustavo Adolfo Rol (che parlava di “spirito intelligente”): ossia che ogni gesto o azione creativa generi un’energia che non andrebbe mai perduta, ma verrebbe captata da individui in grado di entrare in sintonia con essa, riproducendola attraverso le proprie opere (Eisenbeiss & Hassler, 2006). Matthew Manning ha ormai smesso già da tanto tempo la produzione dei suoi disegni, considerando le manifestazioni di arte medianica solo una fase transitoria del proprio percorso evolutivo di sensitivo e guaritore. Lo stesso artista, descrivendo il processo creativo che era alla base delle proprie opere, riferì che i suoi disegni non avevano bisogno di alcuno schema di base o bozzetto: egli cominciava a disegnare partendo dal centro del supporto, per poi procedere verso l’esterno, in senso antiorario, come nella scansione di uno schermo radar. Egli sostenne che tutto sembrava avvenire “come per un processo fotografico”. E proprio quest’ultima affermazione sembra avvalorare ancora di più l’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca, ossia l’influenza dei neuroni specchio, di cui si parlerà più avanti. Tale ipotesi spiegherà più approfonditamente la probabile correlazione tra l’osservazione 152 | P a g . di immagini mentali (inconsapevolmente immagazzinate nella “memoria estetica” dell’individuo) e l’esecuzione creativa automatica da parte degli artisti medianici in stato di dissociazione creativa. 4.5 Il caso svizzero 4.5.1 Emma Kunz (1892-1963) Nata a Brittnau in Svizzera da una famiglia molto modesta (frequentò solo la scuola primaria), venne sconvolta dalla perdita del padre, che si suicidò quando lei aveva 17 anni (tipico evento traumatico che si ritrova frequentemente nelle biografie degli artisti medianici). Le vicissitudini della sua vita la spinsero a vivere in solitudine, esercitando mestieri molto umili, finchè non scoprì di possedere doti di guaritrice, radiestesista e veggente (predisse infatti il lancio delle bombe atomiche in Giappone e l’assassinio dei fratelli Kennedy). All’età di 46 anni, cominciò improvvisamente a disegnare, spinta da un irresistibile impulso interiore: “Tutto avviene secondo una certa legge che sento in me e che non cessa di tormentarmi” (Giovetti, 1982, p. 211). Figura 20. Emma Kunz 153 | P a g . La sua arte è caratterizzata dal rigoroso geometrismo e schematismo dei disegni, eseguiti di solito su carta millimetrata (particolare insolito per un artista medianico), utilizzando pastelli a cera o matite colorate. L’attivazione degli automatismi creativi dell’artista avveniva anch’esso in modo alquanto inusuale, raccogliendosi in concentrazione ed esplorando la superficie del foglio con il pendolo (tipico strumento del radiestesista), che gli permetteva di individuare, attraverso una serie di punti “energetici”, lo schema preciso del disegno prima di iniziarne l’esecuzione. Una volta determinati i punti focali e gli assi fondamentali, l’artista collegava i vari punti attraverso i colori, fornendo al tratto la forza e l’intensità necessari a riprodurre la carica energetica del disegno (lavorando ininterrottamente anche per 24 ore consecutive), corrispondente alla sua intuizione interiore (Fig. 53). La visione dell’artista esprime infatti una sorta di misticismo olistico e di animismo magico universale, che la spinsero a personificare ogni manifestazione della natura, nella quale si identificava , traendo da essa le sue conoscenze in maniera non razionale, ma intuitiva, diretta e immediata: la Kunz riversò nei suoi “disegni diagrammatici” la propria visione dell’essere umano e dell’anima, traducendo sotto forma di rappresentazione simbolica tutto ciò che non riusciva ad esprimere a parole, rappresentando un mondo pervaso da una potente energia spirituale di natura universale, che lei raffigurava attraverso schemi precisi e simmetrici, dotati di logica matematica e decorativismo geometrico. Infatti l’artista utilizzava spesso i suoi disegni come oggetto di meditazione e strumento di guarigione (sia fisica che spirituale) per coloro che si rivolgevano a lei, potenziando le sue supposte capacità di percezione extrasensoriale. Nei suoi disegni si ritrovano spesso riprodotti antichi simboli alchemici, magici, esoterici e animisti che assomigliano ai mandala, ovvero a simboliche proiezioni geometriche del mondo, tipiche della teosofia indiana, studiate da Carl Gustav Jung quali simboli archetipali di compiutezza e perfezione universale (Jung, 1969). Di lei si conservano circa 400 disegni, parte dei quali esposti alla Kunsthalle di Düsseldorf, al Museo d’Arte Moderna di Parigi e al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, grazie al contributo di un suo amico ed ex paziente, Anton C. 154 | P a g . Meier, titolare dell’omonima galleria d’arte a Ginevra, che nel 1986 ha fondato anche un centro intitolato alla memoria dell’artista (Emma Kunz Zentrum), con sede a Würenlos in Svizzera, dove le opere culturali e spirituali e curative promosse dall’artista possano fondersi insieme ed essere accessibili al pubblico in un unico luogo pervaso di armonia e di intensa energia (cfr. http://www.emma-kunz.com/). 4.6 Il caso spagnolo 4.6.1 Marcelo Modrego (1912-1997) Nato a Lérida, fu un uomo di modesta cultura, avendo lasciato la scuola all'età di nove anni per fare il pastore. Alla morte di sua moglie fu colpito da una profonda depressione che lo avrebbe condotto a una sorta di bulimia creativa, dipingendo in maniera ossessiva e delirante su qualsiasi oggetto: dipinti, mobili, accessori per la cucina. Nel 1966 iniziò a dipingere sulle pareti del suo appartamento, come catapultato in un luogo a lui sconosciuto. Immerso in uno stato di totale automatismo creativo, egli ricoprì integralmente le pareti con disegni di fiori, uccelli e strani motivi geometrici dai colori molto accesi e brillanti. Vari personaggi ed enigmatiche figure sembravano emergere attraverso un intricato labirinto (Fig. 54). Dopo quindici anni di intenso lavoro, l’artista interruppe improvvisamente la sua produzione creativa. 155 | P a g . 4.7 Il caso polacco 4.7.1 Marjan Gruzewski (1898-?) Artista polacco, è noto per i contenuti precognitivi delle sue opere (disegnò con anni di anticipo la carta geografica della Polonia secondo i confini che le furono assegnati dopo la Seconda Guerra mondiale, all’indomani della Conferenza di Teheran). La sua storia parte da un’infanzia popolata da visioni di natura inquietante (visi e figure umane), che lo riepirono di spavento fino a renderlo un bambino nervoso ed iperattivo, ma di fervida immaginazione. In lui era presente un forte bisogno di nutrire la sua mente con contenuti di natura estetica: infatti amava guardare dipinti e disegni, ma anche ascoltare racconti fantastici. Sembra che in lui convivessero differenti personalità, tant’è che a volte la sua mano si rifiutava di scrivere ciò che egli voleva, immobilizzandosi o gettando via la penna, come se fosse del tutto indipendente dalla sua volontà. Dopo il trauma subito con la morte della madre, iniziò a frequentare circoli spiritici, finchè un giorno non si scatenò in lui la medianità, manifestandosi attraverso fenomeni di natura paranormale e metapsichica, come psicocinesi e materializzazioni. In stato di trance riferiva della presenza di spiriti-guida, che lo guidavano nella creazione di poemi o altre composizioni letterarie in versi o in prosa (cosa di cui era incapace in stato di veglia), o nella creazione di quadri e disegni ad occhi chiusi, in stato di completa dissociazione. Successivamente cominciò a lavorare ad occhi aperti, ma in stato di sonnambulismo o ipnosi. L’artista descriveva che, quando si trovava in stato di trance, le persone che assistevano alle sue esibizioni non gli apparivano come quando era sveglio, ma come immerse in un fluido in movimento, luminoso e colorato, mescolate ad altre figure umane. Arrivò addirittura a controllare o suoi stati di trance, così da poterle autoindurle a piacimento nell’attimo in cui avvertiva l’esigenza di dipingere o gli veniva richiesto di farlo: gli bastava rimanere immobile e guardare nel vuoto, dopodichè i suoi occhi si chiudevano e lui si abbandonava perdendo conoscenza; il respiro si 156 | P a g . faceva forte e rumoroso accelerando progressivamente, il suo corpo veniva assalito da tremori ed il tronco si irrigidiva riversandosi all’indietro, poi l’artista ritornava in posizione seduta e, con gli occhi sbarrati, iniziava il suo lavoro. Al risveglio, dopo aver creato le sue opere, realizzate con movimenti rapidi e convulsi, ricordava solo qualche sprazzo o reminescenza della sua esperienza medianica, il cui contenuto era indefinito e sfuggente come il ricordo di un sogno. Egli arrivò a sperimentare due tipi di trance: 1) una “grande trance”, della durata di 20-45 minuti, in cui appariva totalmente isolato dall’ambiente circostante e della quale non conservava alcun ricordo, salvo qualche vaga e soffusa visione: in questo stato di coscienza, caratterizzato da un elevato grado di assorbimento, era in grado di realizzare le opere più complesse; 2) una “piccola trance”, durante la quale era più vigile ed in grado di percepire la luce e rumori dell’ambiente circostante e delle persone presenti, ricordando particolari più vividi e precisi: durante tale fase eseguiva opere più semplificate, per poi uscirne spontaneamente una volta terminata l’opera. L’artista era uno spiritista convinto. Tale caratteristica lo rendeva fortemente suggestionabile, tant’è che riteneva di essere soltanto uno strumento passivo, mentre i veri creatori delle sue opere erano artisti defunti, che si manifestavano attraverso la sua mano durante lo stato di trance. La suggestionabilità esercitò un ruolo fondamentale sull’artista e molta parte della sua opera fu il prodotto del suo misticismo e della sua cultura occultista, fortemente condizionate dalla credenza nella sopravvivenza e nella reincarnazione: tutto ciò evidenzia una stretta correlazione tra creatività ed esperienze medianiche. Un’altra interessante caratteristica dei fenomeni medianici che interessarono l’artista polacco fu quella di cadere spontaneamente in stato sonnambolico di fronte a un proprio quadro non finito, per poi continuare a dipingerlo o completarlo, fino a quando non ritornava in sé. Al risveglio cosciente seguiva uno stato di temporanea confusione mentale e afasia, accompagnata da difficoltà a situarsi nell’ambiente circostante, senza ricordare nulla. Quando decise di imparare a dipingere in maniera ordinaria, ossia in maniera cosciente e consapevole, le sue acquisizioni determinarono un aumento della qualità artistica delle opere 157 | P a g . prodotte in stato di trance: le competenze consapevolmente apprese si erano andate a sovrapporre alle abilità latenti potenziandole, ossia accrescendo la capacità di rappresentazione visiva, come se l’artista avesse acquisito in modo inconscio e subliminale maggiore consapevolezza delle sue capacità artistiche. Tali capacità si rivelano del tutto eccezionali, in quanto l’artista era in grado di lavorare anche in piena oscurità (Osty, 1928b). 4.8 Il caso cecoslovacco 4.8.1 Fritzi Libora Reif (1905-?) Nata a Praga, ma trasferitasi nei pressi di Salisburgo in Austria, era una convinta spiritualista e reincarnazionista che amava disegnare quelli che lei definiva “ritratti dell’anima”: partendo dalla fotografia di una persona, l’artista disegnava strane composizioni colorate costituite da fiori, frutti e ornamenti che, secondo la visione dell’artista, rappresentavano simbolicamente il prolungamento dell’anima del soggetto, disposti secondo un ordine preciso o “bilancia spirituale”; tale composizione simbolica, secondo la visione dell’artista, illustrava al destinatario dell’opera i “meriti” da lui acquisiti sul piano spirituale sino al momento dell’esecuzione dell’opera. L’artista, che amava definirsi “il prolungamento di una matita che viene guidata dall’alto”, donava poi i suoi disegni alle persone alle quali erano destinati. Anche nel caso di questa artista cecoslovacca si ripete il classico schema di approccio all’arte medianica: la rivelazione del “dono” nel corso di una seduta spiritica; un evento traumatico (la morte della madre e del marito); l’età avanzata in cui si manifestarono i primi episodi di automatismo creativo (aveva già 60 anni quando iniziarono); la disponibilità e remissività nell’esecuzione del compito affidatole; la sensazione di portare avanti una “missione” di natura spirituale attraverso la sua produzione artistica; la convinzione di non essere lei l’autrice delle opere, ma solo un’intermediaria; 158 | P a g . il presunto carattere “sacrale” delle sue opere. È interessante notare come gli episodi di automatismo si verificassero ogni giorno sempre alla stessa ora (dalle 14.00 alle 18.00), come se avesse un appuntamento fisso con quello che lei chiamava il suo duale, ovvero l’entità spirituale che la guidava nell’esecuzione dell’opera. L’artista descrisse con queste parole l’inizio dei suoi automatismi: “Una sera la mia mano cominciò a muoversi piano e delicatamente, come se mi volesse dire: ‘Svegliati!’. Presi due fogli di carta per macchina da scrivere, mi misi a tavolino e cominciai il primo tremante disegno, e una specie di scrittura da destra a sinistra. Le ore di esercizio col duale iniziavano sempre con una preghiera di tutti i presenti. E dopo un po’ la mia mano si moveva ed eseguiva esercizi, linee, cerchi, figure, in modo che in seguito essa potesse eseguire senza opporre resistenza questi disegni. Scopo degli esercizi era che la mia mano diventasse facilmente guidabile” (Giovetti, 1982, p. 186). Le opere di questa artista medianica sono caratterizzate da estrema perfezione stilistica, cura minuziosa per i dettagli, delicatezza delle forme e delle tinte, ottenute attraverso semplici matite colorate. L’utilizzo del colore, in particolare, ha un preciso significato simbolico e spirituale. 4.9 Il caso giapponese 4.9.1 Takeshi Mochizuki (1937-) Famoso pittore giapponese ancora vivente, trasferitosi da Tokyo a Madrid nel 1965. Al contrario della maggior parte dei pittori medianici, è sempre stato un artista molto dotato: possiede infatti solide basi tecnico-artistiche, avendo avuto in gioventù come maestro di disegno e calligrafia un monaco buddista, che lo avviò ad un rapporto meditativo e spirituale con l’arte, ed avendo 159 | P a g . studiato arte moderna all’Università di New York (dopo essersi laureato in letteratura all’Università di Tokyo). Verso i 15 anni iniziò infatti a praticare la scrittura e il disegno automatico, a seguito di alcuni eventi di natura psichica (visioni di “luci interiori” colorate, che l’artista iniziò a riprodurre nei suoi quadri). Infatti lo stile di questo artista, definito “para-realismo”, esprime un immaginario meraviglioso ed è caratterizzato da colori vividi e disegni dal tratto deciso e marcato, ricco di elementi ridondanti e decorativi, caratteristica comune anche in altri artisti medianici (Fig. 55). Anche questo artista, come altri pittori medianici, lavora esclusivamente di notte, in stato di semi-trance, percependo la sensazione di sentirsi guidato da una forza estranea alla sua volontà. Egli è però cosciente nell’ideazione iniziale, in quanto, dopo essersi raccolto in stato meditativo profondo, evoca un concetto mentale astratto (di tipo filosofico), che poi inizia a riprodurre in totale automatismo ed in maniera non razionale, limitandosi a seguire la propria mano che lavora, come uno spettatore esterno. Il processo creativo dura circa cinque o sei ore, nel corso delle quali l’artista perde la cognizione del tempo trascorso, così come quella del proprio corpo: egli è unicamente focalizzato sull’idea iniziale di partenza, per cui non gli è possibile lavorare su più quadri contemporaneamente (come invece fanno i medium-pittori brasiliani). Usa inchiostri solubili in acqua o olio, ossia un materiale fluido adatto ai movimenti veloci della mano. Una cosa interessante è che questo artista alterna periodi di intensa attività a periodi di inattività assoluta, come se il flusso creativo si interrompesse. L’artista ha definito il suo processo creativo come “automatismo controllato”, ossia un automatismo che non è totalmente sganciato da uno stato di coscienza vigile, in quanto permette una partecipazione parziale al processo creativo. Infatti, al contrario di altri artisti medianici, che sono totalmente inconsapevoli del processo creativo e del significato delle loro opere, questo artista parte da un’idea iniziale che è in grado di controllare fino alla fine del lavoro, nonostante poi la realizzazione dell’opera proceda in maniera automatica. Ma l’artista ha prodotto opere anche in totale automatismo, secondo il processo creativo tipico di altri artisti medianici, oscillando quindi tra due tipologie di automatismo creativo. 160 | P a g . 4.10 I casi indiani 4.10.1 Sri Chinmoy (1931-2007) Chinmoy Kumar Ghose (noto come Sri Chinmoy) fu un guru, poeta ed artista indiano nato a Shakpura, un piccolo villaggio nella regione di Boalkhali (nell’attuale Bangladesh), ma trasferitosi a New York nel 1964 in cerca della propria realizzazione spirituale: personalità eclettica e poliedrica, fu un convinto assertore del metodo dell’autotrascendenza (Self-Transcendence), un percorso Figura 21. Sri Chinmoy mistico-religioso e spirituale basato sul superamento dei limiti della mente attraverso l’espansione della propria coscienza per mezzo della meditazione e della pratica yoga. Fondò anche la comunità spirituale che porta il suo nome (attiva anche in Italia), diventata ben presto una rete internazionale. Personaggio dotato di eccezionale creatività, la sua vena artistica è sempre stata straordinariamente prolifica, toccando campi anche molto diversi tra loro: pittura, disegno, canto, musica, letteratura, poesia, teatro. Ha dipinto oltre 130.000 quadri, dando alla pittura un particolare valore spirituale: la considerava infatti l’espressione visibile dell’energia spirituale e della luce interiore che sgorgano attraverso la meditazione, ossia una trasformazione in forma e colore dell’esperienza interiore, che costituisce la fonte della sua arte, per questo definita come Fountain-Art. Sri Chinmoy iniziò il suo percorso di ricerca spirituale sin da giovanissimo, raggiungendo il massimo livello di coscienza (Nirvikalpa Samadhi) e trascorrendo oltre venti anni in un ashram, praticando la meditazione e sviluppando le sue energie interiori. La sua filosofia spirituale, 161 | P a g . aperta a tutte le religioni, lo rese famoso in tutti gli Stati Uniti (molti giornali e televisioni parlarono di lui) ed anche l’ONU si servì di lui come maestro spirituale per i suoi delegati e collaboratori. Sri Chinmoy, che era anche un atleta, esercitò una forte influenza sul movimento New Age e molti artisti famosi (tra cui il musicista Carlos Santana) si rivolsero a lui come guida spirituale. La base dei suoi insegnamenti spirituali è la trasformazione interiore dell’individuo, l’unione con Dio e la ricerca della pace ed armonia interiori, operate attraverso la meditazione trascendentale. La sua arte scaturisce proprio dai suoi insegnamenti ed in essa l’artista riversa tutto il suo credo spirituale: è infatti rarissimo che uno yogi si dedichi all’arte, per cui tutta la sua produzione appare condizionata dalla sua ricerca spirituale. Infatti la pittura, secondo l’autore, rappresenta la diretta emanazione del Supremo, ossia della volontà divina, che si serve dell’artista come strumento e messaggero per diffondere pace, gioia ed armonia interiore. Lo stesso artista definì le sue opere come Jhama-Kala, che in lingua hindi significa “arte che sgorga dalla fonte”: un’esperienza mistica totalizzante, in grado di rendere visibile la luce interiore, la serenità e l’energia spirituale che scaturiscono dalla meditazione. Infatti, quando il maestro dipingeva entrava in uno stato meditativo profondo e immersivo, molto simile alla trance: secondo i suoi resoconti, egli riusciva ad accedere alla dimensione più profonda della sua coscienza, entrando in contatto con la coscienza sovra-mentale e, attraverso di essa, con il divino: la sua produzione artistica quindi non era consapevole, ossia guidata dall’Io cosciente, ma attingeva ad un livello profondo di coscienza, dove l’artista riferiva di percepire un “raggio di luce interiore” che lo ispirava nella creazione delle sue opere. Il maestro era in grado di raggiungere uno stato di totale chiarezza mentale e profondità spirituale (tipico dei grandi meditatori guru): infatti, come già rilevato, tale stato di coscienza, caratterizzato dall’attivazione delle onde gamma, è in grado di potenziare i processi creativi stimolando l’emersione di facoltà creative latenti (Cahn, Delorme & Polich, 2010). Anche in questo artista indiano si ritrova lo stesso schema di automatismo creativo rilevato in altri artisti medianici, soprattutto in quelli brasiliani: l’artista dipinge direttamente con le dità a grande velocità, 162 | P a g . senza prestare attenzione alla scelta dei colori, al percorso delle linee o alla configurazione dei disegni, lasciandosi guidare unicamente dal suo stato di ispirazione e dalla sua coscienza “illuminata”. Infatti i suoi quadri sono dominati da un dinamismo e da una gamma di colori brillanti, ricchi di luce e di energia, nonostante l’artista non scegliesse i colori in maniera consapevole. Un tipo di arte che assomigliava vagamente all’espressionismo astratto, pur non essendo inquadrabile in alcun genere definito: un’arte “spirituale” che scaturiva direttamente dalla coscienza (la fonte), condensandosi in opere che qualcuno ha definito “mantra visuali” (Fig. 56 e 57). Infatti i suoi automatismo gli permettevano di creare un quadro in pochi secondi, anche se in un caso, ripreso anche dalla televisione americana, egli riuscì a dipingere per ventiquattr’ore consecutive realizzando ben 16.031 opere, in un flusso creativo continuo ed ininterrotto. I suoi quadri sono stati esposti al Louvre di Parigi, al Victoria ed Albert Museum di Londra, al Museo d’Arte Moderna di San Pietroburgo e presso la sede delle Nazioni Unite. 4.10.2 Narayana K. N. Murthy (MaNaNi) Questo artista, studiato negli anni Ottanta dallo antropologo psicologo culturale ed austriaco Elmar R. Gruber (collaboratore del Prof. Hans Bender, famoso studioso di fenomeni paranormali, presso l’IGPP - Istituto per i territori di confine della psicologia Figura 22. Narayana Murthy - ©Elmar R. Gruber e dell’igiene mentale di Friburgo), utilizza la tecnica delle macchie simmetriche di colore, sviluppata dallo psichiatra svizzero Hermann Rorschach (1884-1922) come test proiettivo (o strumento diagnostico), utilizzato in psicometria e psicodiagnostica per individuare i tratti della personalità individuale attraverso l’interpretazione 163 | P a g . soggettiva delle macchie d’inchiostro. Anche se si tratta di immagini generate (almeno apparentemente) in maniera casuale, l’artista attribuisce loro particolari significati di natura religiosa, riferendo di sentirsi ispirato dalle divinità indù nel momento della creazione dell’opera, che avverrebbe dunque in stato “ispirato”, ossia senza il suo intervento cosciente. Secondo l’autore, la maggior parte dei suoi lavori sarebbero prodotti attraverso l’intervento diretto degli dèi del pantheon induista e rappresenterebbero le scene mitologiche delle grandi epopee della sua terra, ossia i poemi epici Rāmāyaṇa e il Mahābhārata, due dei più importanti testi sacri della tradizione religiosa e filosofica indiana. Lo pseudonimo dell’artista, ossia “MaNaNi”, racchiude un particolare significato simbolico, essendo costituito dalle iniziali di tre termini: “Ma” sta per “Manovigyan”, che in lingua Kannada (parlata nel sud dello stato indiano del Karnataka, da dove proviene l’artista) significa “psicologico”; “Na” sono le lettere iniziali del suo nome (Narayana); “Ni” sta per “Niguda”, che in Kannada significa “nascosto” o “astratto”. “MaNaNi” significa dunque “il pittore dell'anima nascosta”, o meglio, l'artista che illumina le mitiche profondità della psiche. L’artista è un grande ammiratore di Hermann Rorschach ed è per questo che utilizza la tecnica delle macchie simmetriche, ma le sue macchie di colore sono molto più lussureggianti e caratterizzate da particolari dinamiche (Fig. 58): egli crea le sue immagini spontaneamente e, non appena identifica in esse forme e simboli visionari, che alludono in qualche modo ad una sorta di “presenza” di natura misteriosa e spirituale, li “libera” aggiungendo i propri contenuti inconsci, che esprimono la dimensione archetipica dell’essere umano: la sua arte diventa dunque diretta emanazione di un mondo religioso e spirituale, molto vicino all’idea di divinità. In questo modo l’artista produce immagini molto evocative che catturano lo spettatore portandolo a nuove interpretazioni, come ad esempio nella rappresentazione del concetto di Yoni, che in sanscrito indica i genitali femminili o la parte femminile della divinità, ma che polisemicamente indica anche il principio creativo immanente, la nascita, l’origine, la fertilità, la casa o il luogo del riposo; così come la rappresentazione del principio opposto, di natura maschile, detto Lingam: questa è la raffigurazione aniconica del dio 164 | P a g . Shiva e del suo potere creativo e generativo universale, che in termini metafisici corrisponde alla forma dell’Assoluto trascendente, senza principio nè fine, che si fonde con l’Assoluto senza forma (o Brahman) in quello che l’artista ha definito un grande “oceano di vita”: infatti, nelle rappresentazioni simmetriche delle macchie di colore, le forme separate svaniscono e gli opposti si uniscono. Come si vede, nell’arte di MaNaNi ricorre, oltre che una simbologia di chiara natura sessuale, anche il costante riferimento alle divinità del complesso universo religioso induista, che hanno evidentemente esercitato un’enorme influenza sulla psiche dell’artista, condizionando di riflesso l’espressività della sua arte ed i processi creativi ad essa connessi. L’“oceano di vita” a cui si riferisce l’artista è quindi molto probabilmente l’espressione del suo personale inconscio creativo, dominato dalle intense suggestioni religiose da cui emergono forme archetipiche e primordiali, che prendono vita grazie agli automatismi creativi della sua arte spontanea. 4.11 I casi brasiliani 4.11.1 Luiz Antonio Alencastro Gasparetto (1949-) Famoso artista medianico di San Paolo del Brasile, è laureato in psicologia ed ha esercitato per anni la professione di psicologo clinico. La sua storia personale è molto interessante, in quanto proviene da una famiglia di medium di ascendenza kardeciana: la madre ed il fratello erano entrambi automatisti. È quindi lecito presupporre una forte influenza suggestionante esercitata dal contesto socio-culturale e religioso di appartenenza, che ha probabilmente condizionato l’artista sin dalla primissima infanzia, permettendogli di far emergere le sue doti creative attraverso la realizzazione di opere d’arte nello stile di famosi artisti ormai scomparsi. Infatti i primi fenomeni di arte medianica iniziarono a manifestarsi quando Gasparetto era ancora un ragazzo che assisteva frequentemente a sedute spiritiche: i segnali prodromici furono 165 | P a g . costituiti da un intenso tremore al braccio e alla mano, a seguito dei quali l’artista iniziò a disegnare automaticamente, come se posseduto da una forza estranea alla sua volontà (Girard, 2006, pp. 524527). Anche lui, come molti Figura 23. Luiz Antonio Gasparetto altri artisti medianici, ha frequentato una sorta di “scuola di medianità” all’interno di un circolo spiritico kardeciano, dove ha potuto sviluppare le sue doti di artista medianico: in questa tipologia di circoli medianici (o Centros) è infatti possibile, per le persone dotate di sensitività (secondo l’ipotesi alla base del presente lavoro di ricerca, si tratterebbe invece di una particolare ipersensibilità dell’individuo al dato estetico) apprendere le tecniche di attivazione psicofisica del fenomeno, chiaramente visibile in tutte le registrazioni video che mostrano l’artista, prima delle manifestazioni di arte medianica, concentrarsi immersivamente fino ad entrare in uno stato modificato di coscienza che dà luogo all’estrinsecazione dell’automatismo creativo, che si manifesta attraverso gesti rapidi e convulsi (Dubugras, 1979). Mediante tali tecniche (apprese dal soggetto) sarebbe possibile attivare il processo di creatività spontanea, ponendo l’artista in sintonia con i meccanismi neurobiochimici in grado di scatenare il fenomeno che, secondo la nostra ipotesi, riguarda le specifiche funzionalità dei neuroni specchio e la capacità dell’individuo di tradurre in azione l’osservazione di immagini mentali opportunamente richiamate da una specifica “memoria estetica”. Le performance di arte medianica, che assumono il tono di veri e propri riti collettivi, sono in realtà sedute spiritiche dotate di uno specifico schema esecutivo, molto rigido e definito (una sorta di protocollo), nel corso delle quali l’artista è convinto di evocare le entità di famosi artisti scomparsi: sarebbero oltre 40 le “entità” artistiche di famosi pittori del passato che si 166 | P a g . manifestano attraverso Gasparetto, tra cui Picasso e Modigliani, ossia gli artisti più ricorrenti anche in altri pittori medianici (Fig. 59, 60, 61 e 62). Il procedimento esecutivo delle opere appare realmente incredibile: l’artista crea le sue opere in maniera rapidissima (dai 90 a 200 secondi per ciascun dipinto) ed è in grado di realizzare dai dieci ai quindici quadri nel corso di una seduta della durata di un’ora, cambiando stile (ed anche materiali e tecnica di esecuzione) per ogni singola opera. Gasparetto lavora in uno stato di semitrance (pur continuando a percepire l’ambiente esterno), distribuendo i colori con le dita e lavorando anche su due opere diverse contemporaneamente, con entrambe le mani: ogni mano opera autonomamente ed indipendentemente l’una dall’altra, firmando ciascuna il proprio lavoro. Spesso il quadro viene eseguito a rovescio, firmando l’opera allo stesso modo. L’artista usa con disinvoltura anche la mano sinistra, ma lui non è mai stato mancino. È in grado di dipingere anche con i piedi, al buio (o alla luce di una lampada rossa molto tenue) o ad occhi chiusi, ossia in condizioni impossibili per qualsiasi artista ordinario. La scelta dei colori viene effettuata senza guardare, ma poi i colori vengono utilizzati con coerenza esattamente dove servono, anche se l’artista continua a rimanere ad occhi chiusi durante l’esecuzione dell’opera, come se qualcun altro vedesse per lui e gli indicasse dove posizionare e dirigere le dita per stendere l’impasto cromatico, spremendo i tubetti dei colori direttamente sul supporto (o intingendo le dita in barattoli). Lo stile e la tecnica risultano sempre corrispondenti a quello degli artisti che firmano i suoi quadri, anche se l’estrema velocità del processo esecutivo e l’utilizzo di materiali diversi da quelli originariamente usati da tali artisti pregiudicherebbero (a detta di Gasparetto) la qualità finale dell’opera a vantaggio del messaggio spirituale da comunicare al pubblico che assiste alle esibizioni, traendone benefici spirituali. Le opere prodotte sino ad oggi dall’artista (oltre 10.000) sono tutte diverse: la cosa interessante da notare è esse non sono copie di opere esistenti, ma creazioni del tutto inedite ed originali, che esprimono fedelmente lo stile e la tecnica dei pittori “disincarnati”. Spesso i dipinti ritraggono parenti o amici defunti di alcune delle persone presenti tra il pubblico, che Gasparetto non ovviamente non conosce, svolgendo appunto le sue esibizioni in giro per il 167 | P a g . mondo senza mai richiedere alcun compenso. Tali persone riconoscono i propri congiunti nelle opere dell’artista medianico ed esibiscono le foto dei defunti, a conferma della somiglianza dei volti ritratti da Gasparetto con quelli dei loro cari ormai trapassati. Visionando le registrazioni video di alcune delle esibizioni giovanili che ritraggono l’artista medianico al lavoro (Gasparetto, 08 gennaio 2008; 19 novembre 2009; 26 marzo 2013), è possibile notare chiaramente come le sue espressioni facciali si modifichino nel corso della manifestazione dei fenomeni creativi, trasformandosi a seconda dell’identità “spiritica” dell’artista incarnato, come se Gasparetto esprimesse effettivamente altre personalità diverse dalla propria: a volte sembra contento e sorride, a volte appare assorto e concentrato, oppure manifesta segni di concitazione, discutendo anche in altre lingue con gli artisti che in quel momento si servirebbero di lui per rappresentare la propria arte dall’aldilà (ad esempio, parlando in francese con Modigliani). Anche l’iperstimolazione sensoriale gioca un ruolo fondamentale nel ritualismo esecutivo dell’opera: l’artista ha bisogno di ascoltare musica classica ad alto volume e le dita sembrano danzare, eseguendo movimenti coordinati con il ritmo della musica, ora lentamente, ora più velocemente. Non è necessario il silenzio e la concentrazione da parte della platea che segue le sue esibizioni di psicopittografia (spesso riprese da troupes televisive internazionali, come la BBC), contrariamente a quanto richiesto da altri medium, che esigono solo pochi presenti, a cui viene richiesto il massimo silenzio: l’artista è in grado di dissociarsi completamente dall’ambiente circostante, pur mantenendo il contatto con esso. Nel 1978 Gasparetto fu sottoposto ad un esperimento scientifico mediante l’utilizzo del MindMirror®, una sofisticata apparecchiatura scientifica per elettroencefalografia (EEG), utilizzata per registrare e misurare le variazioni delle onde celebrali in individui soggetti a modificazioni dello stato di coscienza, rilevando che, quando nell’artista si alternavano diverse “entità”, le onde cerebrali subivano delle oscillazioni anomale ed il tracciato cerebrale cambiava sensibilmente: addirittura, mentre l’artista dipingeva contemporaneamente due opere utilizzando in maniera 168 | P a g . indipendente entrambe le mani, l’apparecchio rilevò la presenza di due tracciati differenti (www.mindmirroreeg.com). L’artista, sulla base del proprio credo spiritico, è fermamente convinto di portare avanti una precisa missione: dimostrare che la vita continua oltre la morte e che è possibile, per i viventi, entrare in contatto con gli spiriti dei defunti, che sopravvivono nell’aldilà. Secondo Gasparetto, lo stile dei famosi pittori scomparsi, che firmano i loro quadri per farsi riconoscere e dare così prova della loro sopravvivenza, continuerebbe ad evolversi anche nell’aldilà. Secondo la studiosa Paola Giovetti, è probabile che l’artista “possieda facoltà artistiche subconsce che non riesce ad esprimere consapevolmente e ce necessitano per emergere di un livello un poi abbassato di coscienza (la trance, anche leggera). In questa condizione egli sarebbe in grado di dipingere riproducendo lo stile di famosi pittori defunti, che certamente conosce, anche se ha dimenticato di aver visto le riproduzioni delle loro opere” (Giovetti, 1982, p. 115). Come altri pittori medianici brasiliani, anche Gasparetto non ha mai fatto commercio delle proprie abilità, vendendo le sue opere d’arte: infatti ha sempre devoluto in beneficenza il ricavato della vendita dei suoi quadri in favore delle famiglie povere della sua città, San Paolo del Brasile. Tale circostanza gli ha comunque procurato enorme notorietà in Brasile, facendolo diventare un personaggio molto ricercato dalle televisioni di tutto il paese, dove capita spesso di vederlo in note trasmissioni televisive. 4.11.2 José Jacques Andrade (1945-) Artista medianico, sordo sin dalla nascita e di modesta cultura, ha frequentato attivamente il movimento spiritico Kardecista per parecchi anni, dedicando gran parte della sua vita artistica e religiosa alle esibizioni pubbliche di pittura medianica nel suo centro spirituale, il Salone di Arte Medianica “Leonardo da Vinci” (Sala de Arte Mediúnica “Leonardo Da Vinci”) nel quartiere di Campo Grande a Recife, che frequenta tutt’oggi. 169 | P a g . Al momento il suo è stato il caso scientificamente più studiato al mondo, grazie alla disponibilità dello stesso artista, nonché al lavoro di ricerca e sperimentazione svolto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile (con il supporto Figura 24. José Jacques Andrade dell’Inter Psi Laboratory of Anomalistic Psychology and Psychosocial Processes), nell’ambito del filone di ricerche sui fenomeni di dissociazione creativa collegati allo specifico contesto socio-culturale e religioso che caratterizza i circoli spiritici kardeciani, frequentati dalla maggior parte dei medium-pittori brasiliani: tali studi hanno avuto il merito di fornire una lettura di tipo biopsicosociale ai fenomeni di creatività medianica (Maraldi & Krippner, 2013). Andrade ha sempre fornito il suo consenso all’effettuazione di esperimenti scientifici sulla sua persona, basati sulla somministrazione di test psicologici e psicodiagnostici (DES, TAS, CTQ e RTS), sull’applicazione di apparecchiature biomediche per la rilevazione di variazioni nei parametri elettrofisiologici (EEG, ECG, EMG ed EDA), nonché sull’utilizzo del poligrafo (o “macchina della verità”). Come altri pittori medianici, durante la manifestazione degli automatismi creativi, Andrade “incorpora” lo spirito di famosi artisti scomparsi (come Cézanne e Monet), facendo precedere la sua esibizione da una cerimonia rituale basata su canti e preghiere, allo scopo di evocare lo spirito degli artisti scomparsi. Una volta avvenuta l’“incorporazione” dello spirito, l’artista manifesta i suoi automatismi, immergendo le dita nei barattoli di colore e iniziando a dipingere su due tele contemporaneamente, riproducendo due soggetti diversi (come altri pittori medianici brasiliani). I risultati degli esperimenti condotti su Andrade hanno evidenziato una notevole positività al test DES (Dissociative Experiences Scale), rilevando che l’artista è fortemente predisposto alla manifestazione di 170 | P a g . fenomeni dissociativi (Maraldi & Krippner, 2013, p. 551), che implicano: propensione alle allucinazioni e all’ideazione fantastica, suscettibilità ipnotica, amnesia, absorption, ideazione maniacale, elevata suggestionabilità rispetto alle credenze paranormali e al pensiero magico, predisposizione alle esperienze mistiche, depersonalizzazione (distacco da se stessi ed esperienze OBE), derealizzazione (alterazioni nella percezione dell’ambiente circostante), percezione di presenze estranee di natura immateriale, sviluppo di una sintomatologia di tipo psicosomatico. Infatti Andrade (confermando quanto riportato anche da altri pittori medianici brasiliani) ha riferito che, nel corso delle sedute di arte medianica, si sente “posseduto”, ispirato e guidato dallo spirito di famosi artisti scomparsi (evidenziando un’alterazione dello stato di coscienza), e non è in grado di controllare pienamente i suoi movimenti e non ricorda quanto accaduto durante le sedute. Il livello di autosuggestione ed il condizionamento operato dalla comunità spiritica kardeciana si evince dal fatto che, sulla base delle proprie credenze spiritiche, l’artista ritiene di avere un compito da svolgere sulla terra, una missione di tipo spirituale, che è quella di testimoniare l’esistenza di un aldilà, ossia di una dimensione che travalica i confini della vita materiale su questa terra: egli è il messaggero di questa dimensione ultraterrena e, tramite lui, è possibile dare una speranza ai vivi, dimostrando la sopravvivenza dell’anima. L’artista stesso crede di essersi reincarnato più volte, riferendo di aver sperimentato esperienze OBE durante l’infanzia. Un altro interessante elemento rilevato grazie ai test è stato l’elevato punteggio riportato nel CTQ (Childhood Trauma Questionnaire), il che probabilmente significa che l’artista è stato esposto durante la sua infanzia a diverse esperienze traumatiche, anche abbastanza gravi, come violenza fisica ed emotiva, trascuratezza da parte dei genitori, specchio delle pratiche di educazione violenta ed autoritaria, di tipo patriarcale (specie nelle comunità rurali più povere), che ha caratterizzato in passato il Brasile; tale elemento è stato ulteriormente confermato dal fatto che Andrade non è sembrato disposto a parlare con gli intervistatori delle sue esperienze d’infanzia. Da rilevare inoltre il fatto che l’artista, nel corso della vita adolescenziale, sia stato oggetto di discriminazione sociale a causa della sua 171 | P a g . menomazione all’udito, contribuendo evidentemente allo sviluppo di un sentimento di bassa autostima e, di conseguenza, di una forte motivazione di riscatto e di rivalsa sociale, giocando così un ruolo fondamentale nello sviluppo delle manifestazioni medianiche legate alla creatività artistica, ritenute psicologicamente un mezzo di elevazione sociale, nonchè di conquista di autorevolezza e visibilità all’interno della propria comunità di appartenenza: attraverso le sue esperienze medianiche egli avrebbe tentato di superare la condizione di limitazione ed il senso di inferiorità legati al proprio deficit uditivo. Infatti, secondo un punto di vista prettamente cognitivocomportamentale (teoria cognitiva dello stress), la menomazione fisica, il basso livello di istruzione, le cattive condizioni socio-economiche, il fatto che Andrade possa essere stato vittimizzato da abusi e discriminazioni nel corso dell’infanzia, lo ha probabilmente indotto a sviluppare una strategia di coping (quale meccanismo di difesa contrapposto alla sofferenza e al basso livello di autostima), basata sullo sviluppo di abilità creative rese accessibili attraverso stati modificati di coscienza di tipo dissociativo, rendendolo in grado di produrre i fenomeni di automatismo creativo che caratterizzano la sua arte, che è medianica nella misura in cui si sviluppa all’interno di uno specifico contesto antropologico-culturale costituito dall’ambiente dei circoli spiritici brasiliani di ascendenza kardeciana. Ciò significa che le sue abilità non erano pienamente integrate nel suo flusso ordinario di coscienza, ma richiedevano uno specifico set di circostanze per potersi adeguatamente sviluppare, evolvere e manifestarsi; e tali circostanze comprendevano una modalità di espressione culturalmente legittimata dal contesto culturale di appartenza: la medianità. Del resto è stata rilevata una positiva correlazione tra esperienze traumatiche infantili (come abusi di natura fisica) e sviluppo di un sistema di credenze paranormali, con conseguente attivazione di stati dissociativi nel soggetto traumatizzato, a conferma di un possibile legame tra le esperienze traumatiche vissute da Andrade nel corso dell’infanzia e lo sviluppo delle sue credenze spiritiche e delle sue abilità creative (Perkins and Allen, 2006) Sulla scorta di quanto affermato da Michael Grosso, che ha rilevato una forte correlazione tra esperienze dissociative e contesto socio-culturale di 172 | P a g . appartenenza (Grosso, 1997), i ricercatori del’Università di San Paolo del Brasile hanno ipotizzato che le spiccate tendenze dissociative rilevate nella personalità di Andrade potrebbero aver avuto origine dall’influenza esercitata dalla comunità di appartenenza nel corso della sua pratica artistico-religiosa presso il centro spiritista kardeciano da lui frequentato, che utilizza programmaticamente la dissociazione creativa come mezzo di elevazione spirituale per accedere ad un’altra dimensione di coscienza e ad un altro (e più elevato) livello di conoscenza: tale pratica avrebbe contribuito a sublimare il vissuto sofferto e traumatico dell’artista, aiutandolo a fuggire, trasformare e superare le limitazioni imposte dalla realtà quotidiana della vita ordinaria. Le tendenze dissociative dell’artista sono emerse anche da un altro particolare, ossia dall’incongruenza tra l’osservazione comportamentale ed i resoconti verbali, nonchè le risposte fisiologiche: ad esempio, il soggetto poteva apparire calmo e composto, ma allo stesso tempo parlare di terrificanti episodi della propria vita o di eventi tragici riferiti a “vite precedenti”, mantenendo allo stesso tempo un basso ritmo cardiaco, che denotava uno stato di tranquillità e relax psicofisico. Dopo aver analizzato il profilo psicologico e le risposte neurofisiologiche, che ha restituito in quadro caratterizzato da forti tendenze dissociative, la ricerca dell’Università di San Paolo del Brasile si è concentrata sull’analisi della tecnica e dello stile della pittura di Andrade, rilevando che la tecnica usata da questo artista è la stessa utilizzata da altri pittori medianici brasiliani: Andrade usa direttamente le mani, intingendole in barattoli di pittura, diffondendo piccole quantità di colore in più punti delle tele per poi miscelare le tinte con straordinaria velocità, delineando i contorni che si traducono nell’immagine finale, usando le dita, il dorso delle mani e i polsi per rifinire i dettagli (Lima, 1998). È noto che altri artisti medianici brasiliani, come Luiz Antonio Gasparetto e Florêncio Anton Neto, dipingono utilizzando anche i piedi, ma questo particolare non offre necessariamente la prova di un intervento di natura “spiritica”, in quanto tale procedimento esecutivo enfatizza soltanto le proprie abilità motorie, senza indicare alcuna relazione di tipo paranormale con gli artisti defunti. Come rilevato in tutti gli artisti medianici, Andrade non effettua mai correzioni o ritocchi durante 173 | P a g . l’esecuzione dell’opera, segno di grande maestria, nonostante abbia sempre sostenuto di non aver mai appreso o fatto uso di alcuna tecnica artistica prima della manifestazione dei fenomeni di automatismo creativo, anche se sembra abbia frequentato alcuni corsi di pittura in gioventù, presso la scuola di belle arti della città di Penedo, nello Stato di Alagoas, dove l’artista è nato. Secondo la ricerca condotta dall’Università di San Paolo del Brasile, la stessa attribuzione a famosi artisti del passato è risultata difficile o dubbia, in quanto la sua tecnica non ha fornito sufficienti elementi di identificazione che permettessero di attribuire con assoluta certezza le opere ad un artista specifico, anche se permangono alcuni elementi grafico-pittorici che si ritrovano prevalentemente in alcuni artisti anzichè in altri, richiamando una particolare cifra stilistica. Inoltre i temi raffigurati nei suoi dipinti sembrano essere sempre gli stessi (religiosi, floreali, ritratti, paesaggi e nature morte) e non sempre coincidono con i temi preferiti dai famosi artisti cui sono attribuiti i dipinti; inoltre non manifesterebbero la stessa profondità e ricchezza simbolica che avrebbero dimostrato gli artisti di attribuzione, ma soltanto il livello superficiale del loro tratto distintivo (come una forma senza contenuto). Insomma, da un’attenta analisi stilistico-formale, non è possibile ottenere prove significative circa l’appartenenza di tali dipinti a famosi artisti del passato, ovvero non è possibile attribuire in maniera certa e precisa la paternità di un’opera, nè è possibile sostenere che tale opera nasconda la mano dello spirito dell’artista scomparso. La conseguenza è che non è possibile sostenere con delle prove scientifiche i supposti processi di natura paranormale, che sarebbero alla base degli automatismi creativi dell’artista medianico brasiliano. Neanche la paternità della scrittura autografica con la quale gli artisti defunti firmerebbero le loro opere per mano dell’artista medianico è attribuibile con certezza. Insomma, i pittori medianici non sarebbero in grado di riprodurre pienamente lo stile dei famosi artisti del passato, nonostante l’eccezionale abilità esecutiva. In ogni caso, la letteratura scientifica sulla dissociazione e gli stati alterati di coscienza attesta che, in particolari condizioni, alcune persone possono manifestare abilità latenti che vanno al di là delle conoscenze normalmente accessibili, esprimendo capacità 174 | P a g . inconsapevolmente acquisite e non accessibili allo stato di coscienza ordinario (Braude, 2000; 2002). Pertanto è possibile che un medium, dotato di particolare sensibilità, sia in grado di imitare con abilità ed estrema naturalezza lo stile e la firma di famosi pittori del passato senza premeditazione cosciente: questa forma di imitazione spontanea, combinata ad un’intensa attività di elaborazione immaginativa, può determinare casi conclamati di “dissociazione creativa”, secondo l’ipotesi formulata da Michael Grosso (Grosso, 1997). Difatti, nel caso di Andrade, è stato scientificamente accertata la presenza di uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo nel corso delle sedute medianiche, nonostante non si verifichi una perdita completa di conoscenza e venga mantenuto un certo contatto, sia con l’ambiente circostante che con i presenti. Una caratteristica di questo stato di dissociazione creativa che dà luogo agli automatismi creativi, ed è stata ampiamente riscontrata anche negli altri artisti medianici brasiliani, è la ritualità del processo creativo, costituito da sequenze di azioni ricorrenti e da una gestualità meccanica di tipo seriale. Infatti Andrade è solito adottare una postura rituale mentre dipinge: durante l’esecuzione, che avviene come sempre in maniera rapidissima e senza pause di riflessione, a volte sorride come se provasse una grande gioia, altre volte appare irritato e nervoso, come se volesse trasmettere il disagio di non poter controllare pienamente le sue azioni, altre volte ancora sembra essere profondamente assorto e lavora ad occhi chiusi, in stato di totale assorbimento. Anche Andrade, come gli altri pittori-medium brasiliani, preferisce “incarnare” autori di arte moderna e contemporanea (salvo pochissime eccezioni), il che è stato messo in correlazione con una tipologia di arte più semplificata rispetto al passato (caratterizzata da maggiore complessità tecnica e rigore formale) e, quindi, più facilmente riproducibile dall’artista medianico, che avrebbe in tal modo la possibilità di convincere più facilmente il pubblico dell’autenticità delle produzioni medianiche e del’intervento spirituale degli artisti defunti, che si manifesterebbero attraverso le sue mani: una sorta di strategia di persuasione, che farebbe leva anche sul fatto che gli 175 | P a g . artisti moderni sono più conosciuti dal pubblico attuale rispetto agli antichi maestri e, come tali, maggiormente assimilati dall’immaginario collettivo. In tale prospettiva, anche la firma apposta sul dipinto mediante la calligrafia dell’artista scomparso rappresenterebbe il tentativo da parte del mediumpittore di legittimare ed avvalorare, attraverso l’esibizione di una prova dell’identità dell’artista defunto, il fenomeno dell’incarnazione del suo spirito nella propria persona, attestando quindi la prodigiosità dell’evento e determinando il rispetto da parte della comunità di adepti del suo circolo spiritico (Eisenbeiss & Hassler, 2006). 4.11.3 Florêncio Reverendo Anton Neto (1973-) Fondatore del Grupo Espírita Scheilla, costituito nel 1999 a Salvador de Bahía, è il pittore medianico brasiliano più conosciuto in Italia (ed anche il più giovane caso di studio) al momento della stesura del presente lavoro di ricerca, grazie anche alle sue frequenti esibizioni nei centri di spiritualità di numerosi paesi, nonché alle diverse apparizioni in Figura 25. Florêncio Anton varie trasmissioni televisive (tra cui la trasmissione “Mistero” su Italia1, che gli ha dedicato un servizio nel 2013). Nato a Salvador de Bahía, ma cresciuto nella città di Tobias Barreto, nello stato di Sergipe, dove frequentò una scuola elementare cattolica, si è laureato in Educazione, specializzandosi come terapeuta in ipnosi regressiva e come infermiere professionale (lavora attuamente come consulente indipendente e formatore in una clinica per cure palliative). Fin dalla prima infanzia Florêncio Anton preferiva stare appartato e rifuggiva la compagnia di altri bambini; il 176 | P a g . suo comportamento era incostante: a volte aggressivo, a volte estremamente remissivo e obbediente, ma spesso anche irragionevole e impulsivo. Secondo una casistica statisticamente riconosciuta, questi sarebbero infatti i tipici segnali della presenza di facoltà medianiche nei bambini: infatti l’artista iniziò a manifestare già ad otto anni i primi fenomeni, riferendo di vedere e sentire strane presenze attorno a lui. All’età di undici anni venne accolto a casa del famoso spiritista brasiliano Manoel Messias Canuto Oliveira, ingegnere e grande studioso di fenomeni paranormali, che lo spinse a manifestare le sue doti di sensitivo attraverso la psicopittografia, avviandolo alla frequentazione del centro spiritista Grupo da Fraternidade Leopoldo Machado a Salvador de Bahía, dove, nonostante la sua giovane età, venne iniziato al percorso di sviluppo della facoltà medianiche. In questo centro l’artista ebbe modo di leggere approfonditamente il testo fondamentale di Allan Kardec dal titolo Il Vangelo secondo lo Spiritismo, scritto nel 1864, nel quale il pensatore francese aveva codificato la dottrina del Cristianesimo spiritista, diffusasi poi in tutto il mondo e soprattutto in Brasile (Kardec, 2004). All’interno del circolo kardeciano, Florêncio Anton cominciò a coltivare e a sviluppare le sue abilità in psicofonia e in scrittura automatica, per poi approdare alla psicopittografia, ossia alla produzione di dipinti di famosi artisti scomparsi, pur non avendo mai studiato pittura. Fu nel 1990 quando, all’età di 17 anni, i suoi mentori lo invitarono a prendere parte ad un esperimento in cui gli venne chiesto di concentrarsi al buio: durante l’esperimento l’artista (ispirato dagli spiriti di famosi pittori del passato), riuscì a dipingere dieci quadri nella più totale oscurità. Da quel momento Florêncio Anton è stato in grado di “entrare in contatto” con gli spiriti degli artisti defunti, che si servirebbero di lui per dimostrare l’immortalità dell’anima, aiutandolo a trovare le risorse per aiutare la gente povera dei quartieri brasiliani. Infatti, come tutti gli artisti medianici appartenenti all’ambiente spiritista cristiano di stampo kardeciano, anche Florêncio Anton ha sempre sostenuto di avere una missione da compiere: testimoniare che esiste una vita oltre la morte, che l’anima è immortale e che lui stesso è un intermediario tra il mondo dei vivi e quello dei morti. L’arte sarebbe dunque una manifestazione degli spiriti, i quali, attraverso l’operato 177 | P a g . del medium-artista, vogliono trasmettere un messaggio di consolazione e di speranza ai vivi, nonché infondere un’energia positiva, che serve a curare le malattie del corpo e dell’anima. Come si vede, si tratta di una posizione condizionata dal particolare contesto socio-culturale ed antropologico, determinato dall’appartenenza ai circoli spiritici kardeciani, che come già ampiamente illustrato nel paragrafo dedicato all’ipotesi psicoantropologica (o etnopsichiatrica), in grado di esercitare un forte condizionamento sugli adepti, consentendogli di sviluppare e controllare gli stati modificati di coscienza, per mezzo dei quali i medium-pittori sono in grado di manifestare i fenomeni di automatismo creativo, caratteristici dell’arte medianica. L’arte dunque, secondo la concezione spiritista, oltre ad essere una forma di comunicazione con l’aldilà, diventa uno strumento terapeutico e, per certi aspetti, taumaturgico, in quanto mira a curare e a guarire, trasmettendo energia positiva a chi assiste alle esibizioni pittoriche, che attestano l’esistenza di una dimensione spirituale. Come già rilevato nel caso di altri medium-pittori, anche questo artista utilizza la musica classica come sottofondo delle sue performance: la musica infatti ha l’obiettivo (secondo un ritualismo tipo dei circoli medianici) di creare un clima adatto a stimolare e potenziare il flusso di comunicazione con i defunti, oltre che isolare l’artista dai rumori dell’ambiente circostante, favorendo la sua entrata in uno stato modificato di coscienza e di dissociazione creativa. Come si vede, esiste sempre una schema ricorrente e rituale, comune a tutte le esibizioni degli artisti medianici brasiliani e tipico delle comunità spiritiste kardeciane. Florêncio Anton dipinge solitamente ad occhi chiusi, in uno stato di trance (o ipnagogico), nel corso del quale perde il controllo cosciente, consapevole e volontario dei suoi movimenti: l’artista riferisce entrare volontariamente in uno stato di meditazione che induce la trance, ma di rimanere lucido durante l’esecuzione, pur perdendo la cognizione del tempo e dello spazio. Anche questo artista dipinge utilizzando modalità esecutive praticamente impossibili per qualsiasi artista ordinario: ad occhi chiusi, lavorando spesso con entrambe le mani contemporaneamente su due opere diverse, dipingendo anche con i piedi, al buio, al rovescio e così via. Dall’analisi del materiale video, si nota 178 | P a g . chiaramente che l’artista risponde con cenni ed espressioni del volto (ed anche con sorrisi) a delle sollecitazioni che provengono senz’altro dalla visualizzazione di immagini mentali o da allucinazioni di tipo visivo (Anton Neto, 26 settembre 2007; 9 ottobre 2007; 17 gennaio 2011). Numerosi test condotti sull’artista hanno dimostrato che non vi è alcuna frode nell’esecuzione dei dipinti: sino ad oggi Florêncio Anton ha prodotto oltre 30.000 opere, attribuite a ben 110 artisti diversi, tutti famosi artisti ormai scomparsi, il cui stile personale è stato confermato da numerosi critici ed esperti d’arte (Figg. 63-84). I suoi dipinti vengono venduti unicamente per sostenere, attraverso il ricavato delle esibizioni pubbliche di arte medianica in giro per il mondo, le opere assistenziali e di carità del suo gruppo spiritista a favore della baraccopoli di Mussurunga, un quartiere popolare (bairro), povero e disagiato della periferia di Salvador de Bahía. La beneficenza, oltre che la disseminazione dello spiritismo (e del suo messaggio di consolazione e speranza per i vivi), è infatti un’altra delle caratterististiche salienti dei medium-pittori brasiliani, i quali non intendono (o non possono) fare commercio delle proprie opere d’arte, ma soltanto aiutare con opere di bene le persone svantaggiate e bisognose della propria comunità. Per avere un’idea della sua attività, è possibile consultare il blog curato dal suo gruppo spiritico: http://diariodapintura.blogspot.it/ 179 | P a g . CAPITOLO QUINTO: LE OPERE D’ARTE 5.1 Tra originalità ed imitazione In questo capitolo viene presentata una selezione delle opere eseguite dai vari artisti medianici analizzati nel presente lavoro di ricerca. Quello che si nota nel gruppo di opere selezionato è l’estrema varietà degli stili e delle tecniche utilizzate, anche se è possibile suddividerne la tipologia in due gruppi principali, ciascuno dei quali caratterizzato da alcuni elementi distintivi: 1. Opere originali; 2. Opere che imitano famosi artisti del passato. Al primo gruppo appartengono tutte quelle opere che, pur essendo eseguite dall’artista medianico sotto l’influenza di entità disincarnate, mantengono delle caratteristiche di originalità, pur nel ripetersi di elementi stilistici che è possibile riscontrare in tutti gli autori del gruppo, indipendentemente dalla nazionalità o dal periodo storico di riferimento. Ci riferiamo, ad esempio, a caratteristiche ripetitive e ricorrenti quali la miniaturizzazione e duplicazione di elementi grafico-pittorici, o la tendenza ad un decorativismo ridondante e barocco, come la predilezione per motivi favolistici (in stile naïf), mitici, esotici e sacrali: tutti questi elementi sono spesso presenti nelle opere di arte psicopatologica, quali indicatori di uno specifico stato mentale. La caratteristica degli artisti medianici appartenenti a questo gruppo è che non amano esibirsi in pubblico, ma anzi preferiscono vivere in solitudine (a volte con angoscia e timore) il manifestarsi dei fenomeni di automatismo creativo. Al secondo gruppo appartengono invece le opere che si ispirano, imitano o riproducono lo stile di famosi artisti del passato che, secondo la corrente 180 | P a g . interpretazione di tipo parapsicologico e metapsichico, realizzerebbero i dipinti per mano dell’artista medianico, il quale diventa in tal modo un channeler, ossia un tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti. A questo gruppo appartengono le opere realizzate dai medium-artisti brasiliani attivi nei circoli kardeciani, che invece fanno delle loro esibizioni delle vere e proprie cerimonie di natura corale o happening, esibendosi in pubbliche sessioni, spesso anche in trasmissioni televisive , allo scopo di divulgare il messaggio di speranza nell’immortalità dell’anima, tipico dei circoli spiritisti. Dunque, se da una parte vi è una sorta di rielaborazione originale di contenuti inconsci in chiave artistica, a volte specchio di una personalità disturbata se non di una vera e propria malattia psichiatrica, dall’altra parte la tendenza è quella di emulare lo stile dei famosi artisti del passato, pur nella rappresentazione di nuovi contenuti (che non sono semplicemente copie dell’originale). Nel secondo caso, l’attribuzione dell’opera ad un famoso artista sarebbe addirittura attestata dalla firma autografa del maestro, che viene apposta sul quadro per mano dell’artista medianico (anch’essa simile alla grafìa originaria del famoso artista). In questo caso, specie se si osserva il comportamento psicomotorio dell’artista nelle fasi di esecuzione dell’opera, appare più evidente l’influenza dei meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio sui fenomeni di automatismo creativo che caratterizzano l’arte medianica. Riassumendo, mentre le opere del primo gruppo assomigliano (per caratteristiche stilistiche ed elementi grafico-pittorici) alle opere di arte psicopatologica prodotte da soggetti psichiatrici, quelle del secondo gruppo identificano esclusivamente i pittori medianici brasiliani (eccetti casi sporadici). La caratteristiche che, al di là delle differenze stilisticoformali rilevabili, accomunano i due gruppi di opere sono costituite dal fatto che: a) manca negli autori una formazione e/o competenza artistica pregressa; b) i fenomeni di automatismo creativo che danno luogo alla creazione delle opere di arte medianica avvengono quasi esclusivamente quando l’artista si trova in uno stato modificato di coscienza (o di dissociazione creativa), che induce la manifestazione degli episodi di creatività spontanea e automatica. 181 | P a g . Figura 26. Gustavo Adolfo Rol: Paesaggio (© Franco Rol) Figura 27. Gustavo Adolfo Rol: Rose, I (© Franco Rol) Figura 28. Gustavo Adolfo Rol: Rose, II (© Franco Rol) 182 | P a g . Figura 29. Narciso Bressanello: Pennarello su carta, 1987 (©Elmar R. Gruber) Figura 30. Narciso Bressanello: Penna a sfera su carta, 1981 (©Elmar R. Gruber) 183 | P a g . Figura 31. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “disegni” (© Famiglia Lanzillo) Figura 32. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “paesaggi” (© Famiglia Lanzillo) 184 | P a g . Figura 33. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “paesaggi” (© Famiglia Lanzillo) Figura 34. Liena: Amea I (© Paola Giovetti/Edizioni Mediterranee) 185 | P a g . Figura 35. Milly Canavero Serra: Pennarello a feltro su carta, 1985 (©Elmar R. Gruber) Figura 36. Milly Canavero Serra: Pennarello a feltro su carta, 1985 (©Elmar R. Gruber) 186 | P a g . Figura 37. Victorien Sardou: La maison de Mozart sur Jupiter (Revue Spirite, 1858) Figura 38. Victorien Sardou: Quartier des Animaux chez Zoroaster (Revue Spirite, 1858) 187 | P a g . Figura 39. Fleury-Joseph Crépin: Tableau Merveilleux No 11, 1946 (© Ph. Philip Bernard) Figura 40. Fleury-Joseph Crépin: Untitled No 37, 1948 (© The Museum of Everything) 188 | P a g . Figura 41. Augustin Lesage: composizione simbolica, 1936 (olio su tela) Figura 42. Augustin Lesage: L’esprit de la Pyramide, 1926 (© Musée LAM, Lille Métropole) 189 | P a g . Figura 43. Victor Simon: La Toile Bleue, 1943-1944 (© Musée LAM, Lille Métropole) Figura 44. Raphaël Lonné: Inchiostro di china su carta 190 | P a g . Figura 45. Raphaël Lonné: Composizione, 1982 (© Tajan, Paris) Figura 46. Heinrich Nüsslein: Taiga, 1920 (© Ph. Schmidt Kunstauktionen Dresden) 191 | P a g . Figura 47. Heinrich Nüsslein: Der Thriumphbogen, 1910 (© Ph. Biksady Galéria Kft., Budapest) Figura 48. Margarethe Held: Ritratti di spiriti, dèmoni ed elfi (© Sammlung Zander) 192 | P a g . Figura 49. Clara Schuff: Pennarello su carta, 1980 (©Elmar R. Gruber) Figura 50. Viktor Emanuel Bickel (Faroxis): Nell’èra delle farfalle (© Paola Giovetti/Edizioni Mediterranee) 193 | P a g . Figura 51. Coral Polge: Ritratto di un defunto sconosciuto all’artista medianica (disegno a matita) Figura 52. Matthew Manning: Dipinto in stile Monet 194 | P a g . Figura 53. Emma Kunz: Disegni a pastello e colori a cera (© Emma Kunz Zentrum/Anton C. Meier) Figura 54. Marcelo Modrego: Olio su tela, 1980 (© Elma e Olga Modrego) 195 | P a g . Figura 55. Takeshi Mochizuki: Nascita di Venere (© Paola Giovetti/Edizioni Mediterranee) Figura 56. Sri Chinmoy: Acrilici su grande tela, 1993 (© Ph. Prashphutita) 196 | P a g . Figura 57. Sri Chinmoy: Acrilico su tela Figura 58. MaNaNi: Inchiostro su carta, 1984 (©Elmar R. Gruber) 197 | P a g . Figura 59. Luiz Antonio Gasparetto: Stile Degas Figura 60. Luiz Antonio Gasparetto: Stile Modigliani Figura 61. Luiz Antonio Gasparetto: Toulouse-Lautrec Figura 62. Luiz Antonio Gasparetto: Toulouse-Lautrec 198 | P a g . Figura 63. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) Figura 64. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) 199 | P a g . Figura 65. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) Figura 66. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) 200 | P a g . Figura 67. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso Figura 68. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso Figura 69, 70, 71. Florêncio Anton: Dipinti in stile Picasso (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) Figura 72, 73. Florêncio Anton: Dipinti in stile Picasso (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) 201 | P a g . Figura 74, 75, 76. Florêncio Anton: Dipinti in stile Modigliani (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) Figura 77. F. Anton: stile Chagall Figura 78. F. Anton: stile Matisse Figura 79. F. Anton: stile Renoir Figura 80, 81, 82. Florêncio Anton: Dipinti in stile Toulouse-Lautrec (© Florêncio Anton/Grp. Espírita Scheilla) 202 | P a g . Figura 83. Florêncio Anton: Dipinto in stile Monet (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) Figura 84. Florêncio Anton: Dipinto in stile Monet (© Florêncio Anton/Grupo Espírita Scheilla) 203 | P a g . CAPITOLO SESTO: RISULTATI E DISCUSSIONE 6.1 L’ipotesi neuroscientifica: il coinvolgimento dei neuroni specchio Partendo dall’assunto fondamentale che non vi sia alcuna competenza o formazione artistica da parte dell’artista medianico, il quale opera in uno stato di coscienza di tipo dissociativo (caratterizzato cioè dall’involontarietà ed inconsapevolezza del processo creativo messo in atto), si è cercato di comprendere, attraverso la metodologia di ricerca più sopra delineata, quali potrebbero essere i meccanismi in grado di attivare quel particolare fenomeno di automatismo creativo (di tipo grafico-pittorico) che viene comunemente definito “arte medianica”. Dopo aver analizzato tutti i casi di studio presi in esame ed aver passato in rassegna tutte le possibile ipotesi che fino ad oggi hanno tentato di dare una spiegazione ai fenomeni di arte medianica, ci si è accorti che alcuni elementi ricorrevano con una certa frequenza e regolarità, indipendentemente dal contesto socio-culturale di appartenenza degli artisti medianici, così come dal periodo storico di riferimento. Ci si è dunque chiesti se alla base di queste manifestazioni “non ordinarie” di creatività spontanea potesse esserci una spiegazione scientifica comune ai vari casi presi in esame. Allo scopo di fornire una descrizione più analitica del fenomeno dell’arte medianica, in grado di illustrare schematicamente le similitudini di fondo relative ai vari casi di studio sopra riportati, sono stati individuati gli elementi comuni maggiormente ricorrenti nell’ambito dei fenomeni di automatismo creativo, che si ritrovano nella maggior parte dei casi analizzati. Gli elementi individuati nel corso del nostro lavoro di ricerca sono i seguenti: 204 | P a g . 1. Assenza di competenza, formazione e/o esperienza artistica pregressa 2. Automatismo creativo 3. Inconsapevolezza del processo creativo 4. Involontarietà del processo creativo 5. Eventi scatenanti di natura traumatica (shock psicofisici o emotivi) 6. Condizionamenti e/o suggestioni di tipo socio-culturale o religioso 7. Allucinazioni visive e/o auditive 8. Dissociazione creativa (absorption/trance/ipnosi/allucinazioni) 9. Ritualismo del processo esecutivo 10. Riproduzione/simulazione di stili pittorici noti (artisti brasiliani) Arrivati a questo punto, si è ipotizzato che tali caratteristiche, ricorrenti in soggetti appartenenti a differenti contesti culturali e a diverse epoche storiche, possano essere legate ad una matrice comune ed avere, dunque, un carattere di supposta universalità (al di là del numero di individui in cui tali fenomeni di creatività non-ordinaria si manifestano o si sono manifestati): l’attenzione si è dunque concentrata sull’esperienza visivo-percettiva e sull’apparato neurobiologico dell’individuo, in particolare sul sistema dei neuroni specchio. Com’è noto, la classe di cellule visuomotorie note come “neuroni specchio” si attiva sia quando si compie un’azione che quando la si osserva, stabilendo pertanto un rapporto di correlazione e/o simmetria tra osservazione e azione: tale processo comporta la riproduzione/simulazione/imitazione di azioni, operazioni e/o esperienze osservate direttamente (sincroniche) o visualizzate mentalmente in momenti diversi dal presente (diacroniche), siano esse attivate da stimoli esterni, oppure semplicemente evocate tramite la memoria, attraverso la visualizzazione di immagini mentali o ricordi visivi (Buccino et al., 2001). Nel caso dell’arte medianica, tali azioni, operazioni e/o esperienze mentali sono essenzialmente di tipo estetico: ciò che viene richiamato alla mente del soggetto (recuperandone il dato visivo immagazzinato in una specifica area della memoria, che abbiamo definito “memoria estetica”) può 205 | P a g . essere, ad esempio, l’immagine di un’opera d’arte o la sequenza di azioni/operazioni compiute da un artista al lavoro (mentre disegna o dipinge), che sono state inconsapevolmente memorizzate dal soggetto nel corso della sua esperienza percettiva, ad esempio guardando un film, sfogliando una un giornale o una rivista , visitando un museo o una galleria d’arte e così via. Analizzando inoltre la psicobiografia degli artisti medianici presi in esame (appartenenti a nazionalità e ad epoche diverse), si è notato che: a) I fenomeni di arte medianica traggono origine da un evento scatenante di natura traumatica (uno shock fisico, psichico o emotivo), in grado di attivare abilità creative latenti, ossia non attingibili a livello cosciente, facendole emergere sotto forma di automatismi creativi; b) I fenomeni di arte medianica si manifestano nella maggior parte dei casi quando i soggetti si trovano immersi in uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, che può essere indotto o autoindotto (come absorption, meditazione profonda, trance o ipnosi); tale stato di coscienza rende gli individui inconsapevoli del processo creativo messo in atto, tant’è che gli artisti medianici non ricordano di aver dipinto o disegnato: l’esecuzione dell’opera avviene in modo del tutto automatico ed inconsapevole da parte del soggetto. Al di là di una possibile matrice neurobiologica universale, solo alcuni individui particolarmente ipersensibili al dato estetico sperimentano i fenomeni di automatismo creativo definiti come “arte medianica”; tali individui sono in grado di manifestare abilità creative latenti (ossia possedute a livello inconsapevole dai soggetti). Queste abilità creative vengono: 1. attivate attraverso la visualizzazione mentale di immagini estetiche, inconsapevolmente immagazzinate dal soggetto in una specifica area della memoria, definita come “memoria estetica”; 2. tradotte dal soggetto in una specifica sequenza di azioni motorie finalizzate alla rappresentazione grafico-pittorica delle immagini mentalmente visualizzate, esprimendosi attraverso schemi di automatismo creativo, generalmente involontari ed inconsapevoli. 206 | P a g . La possibilità di una origine neurobiologica ed universale dei fenomeni di automatismo creativo definiti come “arte medianica”, i quali avvengono senza la partecipazione consapevole e cosciente dell’artista, che è immerso in uno stato alterato di coscienza nel corso del quale “riflette” inconsapevolmente ciò che sta osservando nella sua mente, riproducendolo involontariamente attraverso un processo di creazione automatica, ha fatto sì che la nostra attenzione si concentrasse sulle recenti ricerche nel campo delle neuroscienze Figura 85. Imitazione neonatale nel macaco grazie ai neuroni specchio. Fonte: Gross, L. (2006). Evolution of Neonatal Imitation. PLoS Biol, 4(9): e311. doi:10.1371/journal.pbio.0040311 (con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons) e, in particolare, sulla scoperta dei neuroni specchio avvenuta nel 1992 ad opera dell’équipe di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, coordinata dal prof. Giacomo Rizzolatti, tra cui Vittorio Gallese, Luciano Fadiga e Leonardo Fogassi. Infatti, analogamente a quanto avvenuto per i neuroni specchio, che sono stati scoperti involontariamente osservando il comportamento delle scimmie (precisamente i macachi nemestrini) di fronte a determinati stimoli esterni (gli elettrodi impiantati nel loro cervello hanno rilevato l’attivazione di tali neuroni in risposta a specifiche azioni compiute dagli sperimentatori, inducendo l’imitazione di tali azioni negli animali), l’ipotesi di una possibile matrice neurobiologica dei fenomeni di automatismo creativo (ossia senza apprendimento consapevole), tipici dell’arte medianica, è emersa osservando il comportamento artistico degli “elefanti pittori” ospitati nella riserva di Maesa a Chiang Mai (Maesa Elephant Camp) e presso il Thai Elephant Conservation Center (TECC) di Lampang in Thailandia (che abbiamo avuto 207 | P a g . modo di osservare direttamente sul posto), i quali sono capaci di dipingere e disegnare in maniera del tutto simile agli umani, pur senza aver appreso consapevolmente alcuna tecnica di produzione/riproduzione pittorica: grazie ai neuroni specchio (di cui anch’essi sono dotati), gli elefanti sarebbero in Figura 86. Elefante pittore mentre dipinge un quadro grado di osservare, memorizzare ed imitare, azioni o schemi di azioni tipicamente umane (come appunto disegnare o dipingere), pur senza avere la consapevolezza che ciò che stanno facendo è arte o può essere considerata tale (vedasi il materiale video raccolto nella sezione “Riferimenti Sitografici” del presente lavoro, sotto la voce “Elefante pittore”).6 L’attivazione del processo di creazione e/o produzione grafico-pittorica sembra infatti avvenire spontaneamente, ossia: quando un elefante viene posto di fronte ad una tela, esso afferra con la proboscide il pennello che gli viene L’arte degli “elefanti pittori” thailandesi viene venduta, oltre che ai turisti che assistono ai loro spettacoli e sono affascinati da questo fenomeno creativo, anche a collezionisti ed appassionati attraverso marketplace internazionali d’arte, come ad esempio quello curato dall’AEACP – The Asian Elephant Art & Conservation Project, consultabile all’indirizzo: http://www.elephantart.com/catalog/ 6 208 | P a g . offerto dal proprio mahut7 ed inizia a dipingere da solo. Nonostante tale pratica non sia affatto un riflesso condizionato, ma presupponga una fase di addestramento, l’animale è realmente in grado di dipingere e riprodurre immagini o figure appartenenti al mondo naturale, raffigurando addirittura se stesso (è infatti in grado di autoriconoscersi allo specchio, come confermato in: Plotnik, de Figura 87. Elefante pittore con il suo mahut Waal & Reiss, 2006), scegliendo il tema del dipinto (astratto o figurativo) ed il giusto posizionamento dei colori sulla tela (ad esempio: marrone per il tronco di un albero, verde per le foglie, rosso per i fiori o i frutti, e così via). Inoltre, l’apprendimento di questo processo creativo, che non fa parte del tipico repertorio motorio di questi animali (ossia il movimento della proboscide, che trascina il pennello producendo un’immagine corrispondente alla visione mentale), verrebbe diffuso tra i propri simili (all’interno delle riserve) attraverso l’osservazione ed imitazione dell’azione di disegnare e dipingere compiute da altri elefanti, contribuendo ancora di più ad avvalorare l’ipotesi del coinvolgimento dei neuroni specchio in soggetti non esperti d’arte.8 7 Il mahut è il custode e conduttore di elefanti. Inizia la sua professione sin da giovane (si tratta in genere di un lavoro tramandato di padre in figlio), quando gli viene assegnato un elefante, che rimarrà legato a lui per tutta la vita. 8 Un processo simile è stato riscontrato anche nelle scimmie, anche se le qualità delle opere realizzate da questo animale (anch’esso dotato di neuroni specchio) non è paragonabile, in termini di compiutezza estetico-formale, a quelle prodotte dagli elefanti delle riserve thailandesi, a conferma del fatto che, pur ammettendo l’esistenza di basi biologiche ed universali del senso estetico, queste operano in maniera differente a seconda della specie animale considerata (Morris, 1969; Eibl-Eibesfeldt, 1988). 209 | P a g . L’addestramento di questi animali, infatti, non può certamente essere paragonato ai processi di apprendimento (tipicamente umani) sperimentati dall’individuo (ad esempio, un artista inesperto o un neofita) attraverso percorsi di formazione di tipo scolastico o accademico: esso presuppone l’acquisizione di una serie di nozioni tecnico-stilistiche, nonchè culturali, che l’elefante non può ovviamente essere in grado di elaborare consapevolmente (al contrario di un individuo cosciente). Tuttavia, proprio la mancanza di conoscenze estetico-artistiche negli elefanti consente di assimilare il processo creativo messo in atto da questi mammiferi a quello messo inconsapevolmente in atto dagli artisti medianici, che non hanno (almeno apparentemente) alcuna competenza artistica o nozione tecnico-stilistica che gli consenta di realizzare le loro opere, creandole per mezzo di uno stato modificato di coscienza attraverso il quale essi sono in grado di accedere a delle abilità artistiche latenti, normalmente non accessibili a livello cosciente (infatti gli artisti medianici dipingono involontariamente ed inconsapevolmente, dimenticando poi di averlo fatto). Sia l’animale che l’artista medianico sono dunque in grado di riprodurre immagini mentali immagazzinate nella loro “memoria estetica” attraverso un processo di percezione visiva di tipo fotografico, mettendo in atto processi creativi sostanzialmente simili, ossia traducendo le immagini mentali visualizzate in sequenze di azioni motorie involontarie e automatiche in grado di riprodurle: questo significa che, sia nell’uomo che nell’elefante, si attivano le medesime aree cerebrali. E poiché i neuroni coinvolti nell’attivazione dei processi visuomotori (ossia in grado di tradurre l’osservazione in azione) sono appunto i neuroni specchio, ed entrambi gli esseri viventi sono dotati di tali neuroni, è possibile che la genesi dei processi di automatismo creativo (come l’arte medianica) risieda proprio in tale classe di neuroni. È opportuno però precisare che, per avere una conferma decisiva a tale ipotesi, sarebbe necessario effettuare indagini più approfondite, capaci di rilevare l’attività cerebrale a livello della singola cellula, e ciò sarebbe possibile solo impiantando elettrodi nel cervello degli elefanti, come del resto già fatto con i macachi (che sono piccole scimmie), ossia utilizzando la stessa procedura scientifica che ha permesso la scoperta dei neuroni specchio: ma 210 | P a g . tale procedura è invasiva e deontologicamente vietata, poichè implicherebbe un intervento di chirurgia cerebrale su un grande mammifero.9 Tuttavia sarebbe possibile utilizzare una metodologia di ricerca meno invasiva, come ad esempio le tecniche di visualizzazione cerebrale o neuroimaging, sottoponendo gli elefanti alla fMRI (o risonanza magnetica funzionale), ma tale approccio non è ancora stato tentato e ci auguriamo che questo lavoro di ricerca possa contribuire a stimolare la curiosità di altri studiosi, aprendo nuove strade agli studi scientifici sul legame tra i neuroni specchio ed i fenomeni di automatismo creativo. Una contestazione alla teoria dei mirror neurons, è stata recentemente sollevata da una ricerca (Ricciardi et al., 2009) secondo la quale il cervello sarebbe programmato a svilupparsi anche in assenza di esperienza visiva (come nel caso dei soggetti non-vedenti affetti da cecità congenita): secondo tale ricerca, la capacità di rappresentare il mondo esterno non è strettamente dipendente dall’osservazione visiva, in quanto il cervello sarebbe in grado di ricavare le informazioni utili a ricostruire la realtà anche dagli altri sensi, essendo in qualche modo già “programmato” per farlo.10 In sostanza, i neuroni specchio non esisterebbero! Ma, come appare evidente nel nostro lavoro , tale ipotesi viene ampiamente contraddetta dai fenomeni di automatismo creativo (come l’arte medianica), che presuppongono necessariamente l’esperienza visiva del soggetto (ossia la percezione del dato estetico attraverso l’apparato visivo), che va ad alimentare un repertorio di immagini mentali che, nel caso degli artisti medianici, verrebbero acquisite inconsapevolmente attraverso un Allo stato attuale, infatti, “l’etica preclude di condurre esperimenti di questo tipo sugli esseri umani e sulle grandi scimmie antropomorfe (scimpanzé, gorilla, oranghi e bonobo). L’unica eccezione alla regola si ha nel caso di pazienti neurologici (in genere epilettici) che hanno elettrodi impiantati per ragioni mediche. In tali casi la ricerca sulla singola cellula è corretta sotto l’aspetto etico se ne viene concessa l’autorizzazione dal paziente, come quasi sempre avviene” (Iacoboni, 2008, p. 27). 9 La ricerca che contesta l’esistenza dei neuroni specchio è stata condotta dal dott. Pietro Pietrini, direttore del dipartimento di Medicina di laboratorio e Diagnostica molecolare dell'Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, in collaborazione con la cattedra di Psicologia clinica diretta da Mario Guazzelli e il Centro di Risonanza magnetica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Pisa. 10 211 | P a g . meccanismo di fissazione mnemonica di tipo fotografico ed immagazzinate in una specifica “memoria estetica”, consentendo al soggetto di attivare un processo di creazione automatica basato sull’imitazione/simulazione di un’immagine o visione mentale, che viene graficamente o pittoricamente riprodotta attraverso gli automatismi creativi: come si vede, le modalità stesse con le quali si manifestano i fenomeni di automatismo creativo (tra cui l’arte medianica), confermano chiaramente l’esistenza di una correlazione tra osservazione di un’immagine (sotto forma di visione mentale) ed azione motoria (disegno/pittura), e tale correlazione è una funzionalità propria dei neuroni specchio. Come si vede, la stessa operazione compiuta da un essere umano (posto in particolari condizioni di attivazione), viene compiuta anche da un animale dotato di neuroni specchio come l’elefante, che utilizzando lo stesso processo di automatismo creativo tipico degli artisti medianici, crea inconsapevolmente ed in modo automatico un’opera d’arte, senza possedere alcuna conoscenza o pratica artistica, né formazione tecnico-artistica o stilistica, ma solo un addestramento per mezzo del quale è in grado di collegare un’azione (muovere un pennello con la proboscide) alla riproduzione di una immagine, corrispondente alla visione mentale di un dato estetico immagazzinato nella memoria: l’elefante riproduce ciò che vede nella sua mente. La sequenza del processo di creazione automatica di un artista medianico è dunque la seguente: 1. percezione del dato estetico; 2. memorizzazione (dato estetico + sequenza movimenti produttivi); 3. recupero del dato estetico (in stato modificato di coscienza); 4. attivazione processi psicomotori (osservazione/azione); 5. riproduzione della visione mentale attraverso l’azione. Quel che resta aperto è il problema dell’attivazione del processo di creazione spontanea e automatica. La spiegazione del perché soltanto alcune persone (gli artisti medianici) sono in grado di realizzare spontaneamente (ossia attraverso un processo di creazione automatica) un’opera d’arte indicherebbe che tali individui siano dotati di uno specifico asset neurale che li renderebbe 212 | P a g . “ipersensibili” al dato estetico, ossia estremamente ricettivi e focalizzati verso immagini, oggetti e/o azioni di natura estetica, percepite e “fotografate” inconsapevolmente attraverso l’apparato visivo del soggetto, il quale provvederebbe ad introiettarle in una specifica “memoria estetica” ed è in grado di recuperarle in modo involontario attraverso uno specifico processo di attivazione, che avviene generalmente in uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, come trance, ipnosi o profondo assorbimento (che possono essere indotti o autoindotti), traducendo poi in azione grafico-pittorica di tipo imitativo le immagini “scaricate” dalla “memoria estetica” (che è una memoria di tipo fotografico), mentalmente visualizzate, attraverso un processo creativo di natura simmetrico-speculare (osservazione > azione), che riproduce il tipico schema funzionale dei neuroni specchio. La manifestazione del fenomeno dell’arte medianica, che avviene in maniera inconsapevole ed automatica, è quindi legata all’accesso alla “memoria estetica” da parte dell’artista, che avverrebbe in particolari condizioni di attivazione che non rientrano nello stato di coscienza ordinario del soggetto: il processo di creazione automatica, basata sul recupero dei dati estetici memorizzati, si attiva infatti ad un livello modificato di coscienza, che può essere indotto o autoindotto, come vedremo più avanti, discutendo della teoria degli stati modificati di coscienza. Ma perché ciò accada è ancora un mistero legato alle modalità di funzionamento della nostra mente, la quale nasconde potenzialità ancora sconosciute ed inesplorate. 6.2 L’esistenza della “memoria estetica” Analizzando i processi di automatismo creativo alla base dei fenomeni di arte medianica, si è cercato di comprendere come sia possibile per alcuni individui riuscire a realizzare immagini grafiche o pittoriche senza aver mai acquisito alcuna conoscenza di tipo artistico o tecnico-stilistico, ma soprattutto, si è voluto capire da dove provengono le immagini che gli artisti medianici sono in grado di realizzare in modo automatico. Dopo aver analizzato attentamente 213 | P a g . il quadro teorico sopra delineato ed aver vagliato tutte le possibili ipotesi che sono state fornite fino ad oggi per spiegare questo particolare tipo di fenomeno creativo, sono state individuate alcune caratteristiche comuni e ricorrenti nella maggior parte dei casi analizzati, che ci hanno indotto a prendere in considerazione una nuova ipotesi interpretativa: quella neuroscientifica. Si è cercato quindi di rintracciare gli elementi che permettessero di ricondurre ad una matrice comune e, per così dire, universale, i fenomeni di arte medianica, che sono caratterizzati da un processo creativo di tipo automatico, ossia basato sull’assenza di formazione artistica e sull’inconsapevolezza del processo creativo messo in atto. E poichè un’origine comune per tutte le manifestazioni di automatismo creativo può essere rintracciata solo a livello neurobiologico, la nostra attenzione si è concentrata su un fenomeno creativo che avviene altrettanto automaticamente: quello degli “elefanti pittori”. È stata infatti osservata una notevole analogia tra il processo creativo messo in atto dagli artisti medianici e quello prodotto da questi enormi mammiferi: in entrambi i casi, la riproduzione grafica e/o pittorica avviene automaticamente ed in modo inconsapevole, cioè senza che vi sia alcuna formazione artistica pregressa che possa giustificare il verificarsi del processo creativo: ma da dove provengono le immagini che tali soggetti riproducono? Poichè nessuna azione artistica può essere intrapresa senza la visione dell’immagine reale o mentale di un oggetto, è logico presupporre l’esistenza di un archivio mentale di immagini specifiche cui il soggetto possa attingere per recuperare la visione dell’oggetto da riprodurre graficamente o pittoricamente: si è voluto definire questo archivio mentale come “memoria estetica”. Altrettanto logico appare il coinvolgimento dei neuroni specchio nei processi di automatismo creativo, propri dell’arte medianica: poichè l’osservazione dell’immagine mentale permette al soggetto (in stato di modificato di coscienza) di riprodurre automaticamente l’oggetto della visione, e le evidenze scientifiche hanno dimostrato che il meccanismo di sincronizzazione/simmetria tra osservazione ed azione è un automatismo 214 | P a g . funzionale tipico dei neuroni specchio (una sorta di neurofeedback),11 appare chiaro che gli automatismi creativi tipici delle manifestazioni di arte medianica possano essere determinati proprio dai neuroni specchio. Questa “memoria estetica” viene alimentata attraverso l’osservazione (o esperienza visivo-percettiva), la memorizzazione inconsapevole di immagini esteticamente rilevanti per il soggetto dotato di uno specifico asset neurale, che lo renderebbe “ipersensibile” al dato estetico. Tali immagini verrebbero impresse nella “memoria estetica” al pari di scatti fotografici, (attraverso un “effetto snapshot”) ed introiettate/immagazzinate in questo archivio mentale, pronte ad essere richiamate sotto forma di visioni mentali nel momento in cui si verificano specifiche condizioni di attivazione, ricomprese in uno stato modificato di coscienza: dissociazione, absorption, trance, ipnosi, meditazione immersiva profonda, allucinazioni, trip psichedelico o altro ancora. Questi stati alterati di coscienza permetterebbero al soggetto di risalire in maniera regressiva al momento della fissazione del ricordo, producendo immagini lucide che il soggetto visualizza mentalmente, consentendo di attivare, attraverso le specifiche modalità di funzionamento dei neuroni specchio, il meccanismo di corrispondenza tra l’osservazione e azione psicomotoria involontaria: l’individuo è in grado di riprodurre ciò che osserva nella sua mente per mezzo di automatismi creativi, mettendo in atto lo schema osservazione > azione, che è il principale meccanismo attivato dai neuroni specchio. Mentre nei soggetti predisposti ai fenomeni di arte medianica avverrebbe in modo inconsapevole ed automatico, grazie alla particolare “ipersensibilità” estetica del loro asset neurale e alla capacità di accedere alla “memoria estetica”, nell’elefante l’attivazione del processo di riproduzione pittorica avviene per mezzo dell’addestramento, ossia attraverso un processo di Attraverso l’utilizzo delle tecniche di neuroimaging o visualizzazione cerebrale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) o la tomografia ad emissione di positroni (PET), la stimolazione magnetica transcranica (TMS), la magnetoencefalografia (MEG) e l’elelettroencefalografia (EEG), è stato infatti dimostrato che, a livello neurale, esiste una correlazione/sincronia/simmetria tra osservazione ed azione, e che tale funzionalità riguarda la classe dei neuroni specchio. 11 215 | P a g . condizionamento, che può essere basato sul meccanismo del rinforzo positivo (ossia il premio o ricompensa, ad esempio il cibo), o sull’evitamento della violenza fisica, della costrizione coattiva e della punizione (come nella pratica tradizionale del phajaan, una forma di addestramento di tipo violento, basato sull’assoggettamento dell’animale e sull’annullamento della sua volontà, praticata in alcuni paesi del sud-est asiatico). Ma, proprio perchè determinato dai neuroni specchio, il processo di riproduzione pittorica può anche essere attivato per mezzo dell’osservazione/imitazione di altri elefanti che compiono la stessa azione, coinvolgendo nel processo la componente ambientale (corrispondente alla componente socio-culturale nelle comunità umane). Quelle che abbiamo illustrato sono tutte condizioni in grado di richiamare le immagini mentali immagazzinate nella “memoria estetica”, capaci di innescare i meccanismi visuomotori di “rispecchiamento” della visione e di corrispondente riproduzione/duplicazione delle immagini attraverso il disegno o la pittura, sia negli umani che nei primati (Orban, 2011). Come già rilevato, nei soggetti dotati di uno specifico asset neurale che determina la specifica “ipersensibilità” al dato estetico, riscontrata nei soggetti in cui si verificano le manifestazioni di automatismo creativo (ossia gli artisti medianici), la condizioni di attivazione dei processi di automatismo creativo sono dunque costituite, come già detto, dagli stati modificati di coscienza, che possono essere indotti o autoindotti dall’individuo: dissociazione, absorption, meditazione profonda, ipnosi, trance, utilizzo di sostanze psicotrope e altro ancora. A questo punto il quesito fondamentale è: perchè in alcuni soggetti i dati estetici acquisiti per mezzo dell’osservazione diretta (o percezione visiva) vengono relegate in una dimensione subliminale di consapevolezza, ossia ad uno stato profondo che travalica i limiti della coscienza ordinaria e i processi cognitivi coscienti e consapevoli dell’individuo, fissandosi in una zona nascosta o latente della memoria, per poi riaffiorare in maniera improvvisa e automatica, dopo essere stati attivati da specifici meccanismi di risonanza interna, scatenati in maniera induttiva o autoinduttiva? In alcuni individui neurobiologicamente predisposti, quali appunto gli artisti medianici, la decodificazione della realtà esterna si focalizzerebbe in maniera 216 | P a g . rilevante sul dato estetico, determinando la memorizzazione inconsapevole di elementi dotati di specifiche caratteristiche in grado di attivare il piacere estetico dell’osservatore, come ad esempio la regolarità geometrica o le forme curve, che di per sè stimolano l’apprezzamento estetico e la percezione del “bello” nell’osservatore (Bar & Neta, 2006; Silvia & Barona, 2009; Friedenberg & Bertamini, 2015). Tale processo comporterebbe la scansione selettiva di immagini esteticamente rilevanti attraverso il sistema visuopercettivo del soggetto, le quali verrebbero catturate attraverso un meccanismo di acquisizione involontaria di tipo “fotografico” ed immagazzinate in una zona latente della memoria, che abbiamo appunto definito “memoria estetica”. La registrazione selettiva di informazioni di natura estetica da parte dell’individuo, e quindi la sua “ipersensibilità” ai dati di natura estetica provenienti dall’esperienza percettiva, potrebbero essere dovuti a una disfunzione nei processi di neural binding, che regolano la sincronizzazione dei segnali neurali nel corso dell’esperienza percettiva del soggetto, permettendogli la percezione e memorizzazione integrale (ovvero non selettiva e separata) dei dati percetti (Newman & Grace, 1999; Opitz, 2010). Questa “memoria estetica”, che è invece una memoria fotografica di tipo selettivo (in quanto capace di selezionare/filtrare i dati estetici provenienti dalla realtà), è però difficilmente accessibile al soggetto in stato cosciente. In altre parole, l’accesso alla “memoria estetica” avverrebbe solo quando il soggetto si trova in uno stato modificato di coscienza, che costituisce la condizione fondamentale di attivazione del processi di automatismo creativo. Ecco perchè gli artisti medianici operano senza averne la consapevolezza, in maniera involontaria e automatica: essi sono immersi in uno stato modificato di coscienza che permette loro di accedere a tale “memoria estetica”, recuperare le immagini ivi immagazzinate e riprodurle attraverso automatismi creativi che riproducono il modello funzionale osservazione > azione tipico dei neuroni specchio. Infatti, quando il soggetto è immerso in uno stato modificato di coscienza, è in grado di recuperare un’immagine o un repertorio di esperienze visive dalla “memoria estetica”, di osservarle sotto forma di immagini mentali, mentre i neuroni specchio, rispecchiandone appunto la 217 | P a g . visione, attiverebbero il sistema psicomotorio dell’individuo, i cui impulsi si tradurrebbero nella sequenza di movimenti necessari a replicare l’oggetto mentalmente visualizzato, traducendo l’osservazione in azione: in tal modo il soggetto, senza rendersene conto, è in grado di riprodurre l’oggetto della visione in maniera automatica, inconsapevole ed involontaria (Parker, Wilding & Bussey, 2002). Il processo di visione mentale di immagini o esperienze immagazzinate nella “memoria estetica” è basato a sua volta sulla stratificazione delle esperienze percettive del soggetto mediate dai processi di visione estetica e da ripetute esposizioni ai dati estetici nel tempo (come la fruizione di opere d’arte nei musei o nelle gallerie, la visione di immagini di natura estetica in televisione o la lettura di libri o riviste in cui compaiono elementi e oggetti esteticamente connotati o percepiti come estetici, ossia in grado di stimolare la particolare sensibilità estetica dell’individuo). Tali esperienze di percezione estetica verrebbero selezionate e filtrate attraverso una modalità di funzionamento asincrono (e quindi anomalo) dei meccanismi di neural binding, che provocherebbero una focalizzazione attenzionale involontaria del soggetto unicamente sui dati estetici (anziche sulla globalità della visione), in grado di attivare gli impulsi psicomotori che si traducono negli automatismi creativi, tipici dell’arte medianica (Galetta, 2014a, 2014b). Nel corso della manifestazione dei fenomeni di creatività spontanea, l’artista medianico sperimenterebbe dunque, in modo del tutto inconsapevole, una forma di “consapevolezza inconscia” che è in grado di riemergere sotto forma di abilità creativa, nel momento in cui viene attivata da particolari stati di coscienza non ordinaria: si tratta di quella “coscienza emergente”che viene attivata negli insights creativi dell’artista e del genio, nelle pratiche di meditazione profonda o di pensiero immersivo e nelle visioni mistiche e unificanti di chi sperimenta la ricerca interiore: un’irruzione improvvisa ed inconsapevole della creatività nel vissuto quotidiano di individui apparentemente ordinari e dalla vita assolutamente normale (Goleman, 1988). È stato infatti rilevato che gli stati di meditazione profonda aumentano l’oscillazione delle onde gamma, che sono fortemente associate all’attivazione 218 | P a g . dei processi creativi e di generazione creativa (Lutz et al., 2004). Tale fenomeno di insorgenza creativa al di fuori del controllo consapevole e cosciente del soggetto, pur avendo (secondo la nostra ipotesi) una base neurobiologica, essendo appunto collegati a pattern di funzionamento dei neuroni specchio, non è necessariamente collegato a disordini mentali o a disturbi di natura psicopatologica e neuropsichiatrica, come la sindrome di Savant e la schizofrenia. Le scienze cognitive e la neuroestetica, ma anche le tecniche di neuroimaging biomedico, come la risonanza magnetica funzionale (Functional Magnetic Resonance Imaging o fMRI), sono in grado di dare un importante contributo alla comprensione scientifica di tale fenomeno creativo, mettendo in evidenza le modificazioni delle onde cerebrali durante i fenomeni di channeling, evidenziando le aree del cervello maggiormente coinvolte nel corso delle performances degli artisti medianici (Hughes & Melville, 1990; Zeki, 1999; Moulton & Kosslyn, 2008). La presente ricerca ha quindi permesso rilevare l’esistenza di una “memoria estetica”, che è una memoria selettiva di tipo fotografico presente sia nell’uomo che in alcuni animali dotati di una struttura cerebrale particolarmente evoluta (come gli elefanti), alla quale individui specificamente “ipersensibili” al dato estetico sarebbero in grado di accedere in specifiche condizioni di attivazione, come gli stati modificati di coscienza. Infatti tali condizioni si verificano proprio quando il soggetto si trova al di fuori dello stato di coscienza ordinario, che può essere raggiunto per mezzo di particolari procedure induttive, che possono essere sia di tipo volontario che involontario, in quanto possono essere indotte o autoindotte dall’individuo: il soggetto immerso in tale stato di coscienza è dunque in grado di creare opere d’arte pur senza avere alcuna conoscenza e/o formazione di tipo tecnico, artistico e/o stilistico, né aver effettuato in precedenza alcuno di sforzo mentale focalizzato, che pure potrebbe condurre ad una qualche forma di apprendimento senza consapevolezza, come già dimostrato in condizioni sperimentali: egli riproduce le forme delle sue visioni mentali (Buckalew, Finesmith & Sisemore, 1968). 219 | P a g . Come già detto, la condizione prioritaria di accesso a questa “memoria estetica” è la presenza di uno stato modificato di coscienza di tipo dissociativo, in grado di attivare gli automatismi psicomotori involontari che caratterizzano i processi creativi messi in atto dagli artisti medianici. Secondo la nostra ipotesi, l’“ipersensibilità” estetica di alcuni individui sarebbe dunque da attribuire ad un particolare asset neurale (ossia ad una particolare struttura neurocerebrale) che caratterizza l’equipaggiamento neurobiologico e biopsichico di tali soggetti, nonché a meccanismi di scompenso nei processi di neural binding, legati ad un’imprecisa sincronizzazione dei segnali neurali sollecitati dall’esperienza percettiva del soggetto: una volta attivato il processo, il soggetto recupera inconsapevolmente le immagini contenute nella “memoria estetica” (che sono state impresse come scatti fotografici in maniera selettiva, ossia selezionandole dalla massa di dati percepiti dalla realtà esterna) e le riproduce attraverso un meccanismo di esecuzione rapidissimo e involontario, tanto da stupire lo stesso autore, il quale non è in grado di replicare le sue stesse opere in stato cosciente, così come nessun artista ordinario sarebbe in grado di riprodurle nello stesso tempo impiegato dall’artista medianico a realizzarle (Stein, 1989). L’artista medianico, dunque, è in grado di riprodurre le immagini mentali fissate nella “memoria estetica”, attraverso l’attivazione di abilità artistiche latenti, che diventano accessibili attraverso uno stato modificato di coscienza, che è stato definito “trance estetica” o “dissociazione creativa” (Grosso, 1997; Braude, 2000), mettendo il soggetto in grado di riprodurre l’oggetto delle sue visioni attraverso un meccanismo di corrispondenza tra osservazione e azione, tipico dei neuroni specchio. Sulla base dell’osservazione dell’automatismo esecutivo degli artisti medianici, l’analisi del contesto socio-culturale di riferimento e le indagini biopsicodiagnostiche condotte dai laboratori di ricerca, è dunque possibile ipotizzare che il cervello di alcuni individui, particolarmente predisposti, sensibili e ricettivi, sia in qualche modo neurologicamente già “programmato” ad attivarsi in specifiche condizioni, contenendo apriori le “istruzioni” che permetterebbero ad un soggetto apparentemente ordinario di realizzare di getto, in stato di “trance estetica” o “dissociazione creativa” (spesso indotte 220 | P a g . volontariamente o autoindotte attraverso determinate pratiche o rituali), opere d’arte pur senza avere alcuna conoscenza tecnico-pratica delle tecniche artistiche necessarie. Gli stati alterati di coscienza che caratterizzano le manifestazioni di arte medianica, provocherebbero quindi una disconnessione dell’attività mentale dell’individuo dai normali processi cognitivi e lo straniamento dalla realtà, permettendo l’emersione di abilità artistiche latenti, che si manifestano attraverso un irrefrenabile impulso creativo (alcuni casi viene percepito come coattivo), che costringe il soggetto ad eseguire il lavoro in modo automatico ed indipendente dalla sua volontà (Braude, 2000). Il soggetto sarebbe quindi in grado di creare solo in stato di “trance estetica”, che evidenzia uno stato dissociativo e di alienazione dalla realtà, in grado di determinare l’attivazione involontaria dei processi creativi, permettendo all’artista di manifestare abilità artistiche latenti attraverso la creazione di opere d’arte indipendentemente dalla sua volontà cosciente, la quale verrebbe a trovarsi temporaneamente sotto il controllo di automatismi psicomotori, determinando un nuovo tipo di esperienza dissociativa, esteticamente focalizzata (Waller, Putnam, & Carlson, 1996). 6.3 La teoria degli stati modificati di coscienza Una teoria che potrebbe contribuire a spiegare il meccanismo di attivazione dei processi di creazione spontanea e automatica tipici dell’arte medianica, è quella relativa agli stati modificati (o alterati) di coscienza, che aiuterebbero il soggetto ad accedere alla “memoria estetica”, recuperando le immagini, visioni ed esperienze ivi immagazzinate per poi tradurle in sequenze di movimenti finalizzati alla riproduzione artistica delle visioni mentali, coinvolgendo appunto i meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio. Gli stati modificati di coscienza, che inducono quelle manifestazioni di creatività non-ordinaria apparentemente spontanea e automatica definite come “arte medianica” (spesso esibite in pubbliche sessioni a dimostrazione dell’esistenza di una dimensione spirituale che va oltre la vita), possono avere 221 | P a g . diverse spiegazioni scientifiche di natura neurobiologica, ma anche differenti modalità di manifestazione, comprendendo tutti quei fenomeni che si verificano al di fuori del controllo consapevole e cosciente dell’individuo, ossia quando la mente non è focalizzata sulla decodificazione sensoriale della realtà esterna al soggetto. Infatti, lo stato di coscienza di tipo dissociativo rilevato in quasi tutti gli artisti medianici, può essere indotto o autoindotto manifestandosi sotto forma di trance, semi-trance, absorption, stato ipnotico o alterazione ipnoide, stato crepuscolare onirico, semisonnambulismo, delirium, catatonia o stati allucinatori sia di tipo visivo che auditivo, che sfociano negli automatismi psicomotori che caratterizzano l’irrefrenabile ed involontario impulso creativo dell’artista medianico, dando luogo ad un processo produttivo rapido e convulso, caratterizzato da un’eccezionale velocità esecutiva, che il soggetto non è in grado di controllare consapevolmente e che impressiona tanto il pubblico che assiste alle esibizioni di arte medianica (Richeport, 1992; Cardeña, Lynn & Krippner, 2000). Tutti questi fenomeni configurano l’esistenza di una coscienza “interna”, ossia di un mondo scisso (o secondo livello di coscienza) caratterizzato da una varietà di esperienze mentali possibili, che è distinto dalla coscienza “esterna” dell’Io sociale normalmente agito dall’individuo: si tratta di un tipo di coscienza “emergente”, che caratterizza gli insights creativi dell’artista e del genio, sui quali però questi conservano ancora un margine di vigile consapevolezza, un luogo dove lo stato elettrofisiologico del cervello è dominato dalle onde beta, emesse dalla corteccia cerebrale, specializzata nell’elaborazione delle informazioni che provengono dal mondo esterno, la quale provvede (attraverso i meccanismi di neural binding), ad unificarle in un unicum dotato di senso, regolando al tempo stesso le risposte motorie coscienti dell’individuo, atte ad assumerne il controllo operativo. Negli artisti medianici invece, l’attività elettrica del cervello è caratterizzata dalle onde theta, delta e gamma (che sono onde lente e ad alta energia), strettamente correlate ai processi di generazione creativa: le stesse che caratterizzano gli stati meditativi profondi e immersivi, nonchè di attenzione focalizzata, attraverso cui è possibile raggiungere le visioni unificanti tipiche della ricerca 222 | P a g . spirituale interiore (si pensi alle pratiche yoga o al Buddhismo Zen): una sorta di “occhio interiore”, capace di scrutare le profondità dell’inconscio, lasciando emergere contenuti latenti e rimossi, o semplicemente introiettati a livello subliminale in maniera del tutto involontaria e inconsapevole dal soggetto percipiente (Goleman, 1988; Tononi, 2012). È infatti in questo stato di “sospensione” della coscienza ordinaria che si attiva nell’individuo un’attività creativa spontanea, dove entrano in gioco le potenzialità nascoste della mente, le quali possono rivelarsi attraverso la manifestazione di abilità sconosciute allo stesso individuo secondo meccanismi che deviano dalle modalità di manifestazione ordinaria della creatività, come le capacità creative che si manifestano nel corso dei fenomeni di automatismo creativo, caratteristici dell’arte medianica, dove soggetti apparentemente privi di competenze artistiche riescono a realizzare opere d’arte. Ma la modificazione dello stato di coscienza può essere indotta anche da stimoli esterni al soggetto, come suoni, voci, musica, luci, colori (che spesso risultano alterati, distorti, amplificati attraverso l’assunzione di sostanze psicotrope o allucinogene, in grado di provocare dissociazione, sinestesia o altri fenomeni psichedelici), o autoindotti dal soggetto stesso, per esempio attraverso concentrazione, stati di meditazione profonda, mantra, preghiere e invocazioni (a santi, persone defunte o entità disincarnate) o formule rituali, come nel caso dei pittori brasiliani (Sinke et al., 2012). In molti casi, attraverso un’indagine psicobiografica sulla vita degli artisti medianici, è stato rilevato che la maggioranza dei soggetti, prima della comparsa dei fenomeni di automatismo creativo, avevano subito traumi fisici e psichici, o intensi shock emotivi che hanno portato tali individui, in alcuni momenti della loro vita ordinaria, a dissociarsi dalla realtà e a rivivere tali eventi traumatici nel tentativo di rimuoverli: essi apparivano spesso assorti e distaccati dalla realtà. Infatti, tali eventi sono strettamente correlati alla comparsa dei fenomeni di automatismo creativo, anzi a volte sembrano essere la condizione essenziale per il loro manifestarsi; infatti, in numerosi casi, la sintomatologia relativa ai disturbi collegati al vissuto traumatico del soggetto sembra scomparire una volta iniziati gli episodi di automatismo creativo. 223 | P a g . Un vissuto traumatico e doloroso può senz’altro rappresentare un fattore prodromico e scatenante, anche se “la genesi del fenomeno va cercata molto più lontano, in una preparazione che lentamente si svolge nel soggetto, portandolo, nel momento in cui agisce il segnale adatto, ad una medianità di tipo scrivente, pittorico, o anche a forme più complesse di medianità” (Peduto, 1979, p. 74-75). Di solito, la fase successiva ad un trauma (come nel caso del disturbo post-traumatico da stress, o PTSD, che colpisce ad esempio i soldati traumatizzati dalle esperienze di guerra, le vittime di attentati terroristici o i sopravvissuti a disastri), è caratterizzato dalla presenza dei sogni lucidi o vividi, ossia di un tipo di esperienza onirica in cui il soggetto può essere in grado di accrescere il controllo cosciente sul sogno stesso, immaginando ad esempio di saper dipingere, quando in realtà non sarebbe in grado di farlo a livello cosciente (Blanke et al., 2002). Il soggetto è dunque cosciente di essere all’interno del proprio sogno (ovvero è consapevole che sta sognando) e si muove come fosse immerso in una realtà virtuale, nella quale è in grado di vivere qualsiasi tipo di esperienza, anche impossibile nella realtà: volare, spostare oggetti, attraversare muri, trasformarsi in altre persone o saper fare cose che non sarebbe mai stato in grado di fare nella vita reale sulla base delle proprie competenze effettive, come ad esempio disegnare o dipingere. Questo tipo di esperienza onirica (definito onironautica) permetterebbe al soggetto, oltre che di rivivere le esperienze rimosse a livello cosciente (come nel caso di eventi traumatici), di visualizzare determinate immagini ipnagogiche (ad esempio il ricordo latente di un opera d’arte, inconsapevolmente immagazzinata nella “memoria estetica” ma inaccessibile a livello cosciente) o di compiere virtualmente determinate azioni, come ad esempio disegnare o dipingere (Garfield, 1974; LaBerge, 1980; LaBerge, 1988; LaBerge & Rheingold, 1990; Godwin, 1994; Ball, 2000). Poichè è possibile sperimentare tali abilità in stato onirico, è probabilmente questo il motivo per qui le doti degli artisti medianici si manifestano in stato di trance o ipnosi (ossia stati di coscienza molto vicini all’inconsapevolezza del sogno, che rappresenta uno stato di dissociazione temporanea dalla realtà): in tale stato di coscienza modificato, gli artisti medianici sono paradossalmente in 224 | P a g . grado di controllare (ad un livello metacosciente) la propria abilità, così come avviene nel sogno lucido, recuperando selettivamente le immagini dalla “memoria estetica” (alimentata inconsapevolmente attraverso I processi di percezione visiva del soggetto) e mettendo in atto inconsapevolmente un processo di riproduzione di visioni mentali attraverso sequenze di movimenti automatici, finalizzati alla riproduzione artistica di immagini osservate nella mente dal soggetto durante la sua permanenza in tale stato di coscienza modificato (Herlacher & Schredl, 2004). E, come già ampiamente descritto, la correlazione tra osservazione ed azione è una tipica funzionalità dei neuroni specchio. Anche l’assunzione di alcune sostanze psicotrope, in grado di potenziare le facoltà creative dell’individuo, stimolano l’insorgenza di sogni lucidi, attraverso i quali numerosi artisti sono riusciti a comporre musica, scrivere testi o realizzare opere d’arte, senza che a tale fenomenologia creativa fosse attribuita una spiegazione di tipo paranormale o parapsicologico (Hobson, 2001). Comparendo spesso in seguito ad eventi traumatici, i sogni lucidi rendono possibile rivivere ricordi di azioni compiute o di eventi accaduti, rielaborando pensieri che sfuggono al controllo della nostra parte cosciente: è proprio lavorando su questo materiale che gli analisti, spesso attraverso l’ipnosi regressiva, possono aiutare l’individuo a rivivere ed a superare i traumi subiti, facendone riaffiorare il ricordo alla coscienza e stabilizzandolo in maniera tale da non poter nuocere al soggetto. Come osservato nel caso dei pittori medianici brasiliani legati ai gruppi spiritici kardeciani, l’insorgenza di stati modificati di coscienza, capaci di attivare i processi di automatismo creativo, possono essere favoriti da apposite sessioni, cerimonie o riti di preparazione (ad esempio mediante invocazioni e preghiere di gruppo), che forniscono agli adepti le istruzioni per indurre o provocare gli stati di trance, di distacco dalla realtà o di profondo assorbimento dissociativo (absorption), durante i quali si verificano le performances di arte medianica; tali procedure di “addestramento” della coscienza sono assimilabili alle pratiche ascetiche di meditazione profonda ed immersiva di alcune filosofie mistiche orientali, come il buddhismo Zen, la meditazione Yoga o il Sufismo (Cahn, Delorme & Polich, 2010): si pensi alle danze 225 | P a g . roteanti dei Dervishi, attraverso cui gli iniziati raggiungono l’estasi mistica perdendo il contatto con la realtà sensibile ruotando per ore su se stessi attraverso movimenti vorticosi e rapidissimi, senza mai perdere il controllo sul proprio equilibrio (Fanā): si tratta di una forma di controllo metacosciente che il soggetto è in grado di attivare, pur essendo dissociato dalla realtà. In questo stato di coscienza modificato, definito “meditazione di visione penetrativa” (o insight meditation) o assorbimento meditativo, molto spesso gli artisti medianici sperimentano, come già detto, allucinazioni visive e auditive (ossia percezioni senza oggetto), sinestesia, perdita di controllo motorio, esperienze extracorporee (o OBE, Out-of-Boby Experience), che li inducono a dare una spiegazione di natura paranormale ai fenomeni di automatismo creativo, autoconvincendosi dell’esistenza di una dimensione spirituale o di entità spiritiche che ne guidano i processi creativi: la metacoscienza, ossia la forma di controllo delle proprie azioni in stato di coscienza modificato, è attribuita all’intervento di entità extracorporee o spiriti-guida (Monroe, 1971; Palmer, 1978; Irwin, 1985c; Metzinger, 2005; Barton, 2008). È dunque importante considerare anche il potere dell’autosuggestione, sostenuto dal contesto antropologico-culturale e spirituale-religioso di appartenenza, che spesso è manipolato dalle aspettative “spirituali” del pubblico che assiste alle performance degli artisti medianici, ma anche condizionato dall’inconscio collettivo e dall’immaginario plasmato, condizionato e influenzato dai mezzi di comunicazione di massa: secondo una concezione popolare diffusa in comunità caratterizzate da un’identità sociale fondata su credenze mistico-religiose o mitologico-ancestrali di natura archetipale, l’artista è considerato alla stregua di un moderno “sciamano”, depositario di misteri insondabili, ma soprattutto rappresenta un canale di comunicazione tra la dimensione umana e quello divina (o aldilà): proprio come uno sciamano, egli è un “eletto” (o perlomeno è considerato tale agli occhi della comunità, che lo ha investito socialmente di questo ruolo, non riuscendo a dare una spiegazione ai fenomeni che egli è in grado di dominare), ovvero egli ha il potere (o “dono”) di riuscire ad entrare in contatto con una 226 | P a g . dimensione ultraterrena, sovrumana, spirituale e divina che, in qualche modo, influenza e guida la sua comunità e l’intero genere umano (Winkelman, 1986). Volendo attenerci ad una caratterizzazione più antropologica del fenomeno dell’arte medianica, che includa anche i condizionamenti culturali e le aspettative sociali delle comunità di appartenenza degli artisti medianici (come ad esempio: guarigione o benessere spirituale, conferma e speranza nell’esistenza di un “aldilà”), sarebbe più corretto sostituire (a livello terminologico) il concetto di “medianità” con quello di “canalizzazione” (channeling), in quanto il primo è maggiormente focalizzato sulla natura paranormale e spiritica del fenomeno dell’arte medianica, mentre il secondo (spogliato di ogni valenza parapsicologica relativa ad un presunto contatto con un mondo ultraterreno o “aldilà”), permette di inquadrare in maniera più obiettiva il rituale di “passaggio” dell’individuo (che si svolge nel corso di particolari esibizioni pubbliche, del tutto simili a liturgie collettive) attraverso una sorta di “canale” simbolico (collettivamente istituzionalizzato), che gli consente di connettersi con la parte più profonda del proprio essere (inconscio o subconscio), modificando al tempo stesso, attraverso meccanismi di suggestione o autosuggestione, gli stessi processi neurobiochimici e gli stati elettrofisiologici del proprio cervello, fino ad esprimere delle potenzialità creative latenti del tutto sconosciute alla parte cosciente dell’individuo stesso: tutto ciò contribuirebbe a determinare, guidare ed orientare gli automatismi che si esprimono in questa particolare forma di espressione “anomala” e nonordinaria della creatività umana: l’arte medianica diventa in tal modo un’arte “canalizzata”. Pur esistendo uno schema comune e ricorrente, per così dire “rituale”, nelle varie manifestazioni di arte medianica (rilevato nella maggior parte degli artisti medianici a prescindere dalla nazionalità e dalla cultura di appartenenza, così come dall’epoca storica di riferimento), ogni artista sperimenta differenti stati di coscienza, caratterizzati da vari gradi di alterazione e da sintomi oggettivamente osservabili e clinicamente misurabili: le esperienze di arte medianica sono molto soggettive ed esistono una varietà di livelli in cui l’attenzione vigile, cosciente, critica e razionale del soggetto degrada fino a 227 | P a g . dissolversi nel puro automatismo e nella trance. Secondo una visione popolare molto diffusa, l’eccezionale abilità creativa degli artisti medianici, che si esprime attraverso la produzione di disegni o dipinti, è considerata essere un fenomeno paranormale quando il soggetto non possiede, almeno apparentemente (ossia a livello cosciente e razionale, ma soprattutto agli occhi della comunità), le abilità tecniche necessarie a creare materialmente un’opera d’arte: lo stesso artista non è cosciente delle proprie abilità creative e non riconosce di essere lui stesso l’artefice dell’opera d’arte, non avendo a livello consapevole le capacità, nè le conoscenze artistiche o le competenze tecnicostilistiche necessarie a realizzarla: in questo caso, è facile (ed ingenuo) attribuire poteri paranormali al soggetto, in quanto, apparentemente, non sembra possibile dare una spiegazione logica e scientifica al fenomeno dell’automatismo creativo e, probabilmente, non si è nemmeno disposti a farlo, pur di mantenere viva un’illusione e credere che possa esistere una dimensione spirituale extracorporea che desidera comunicare con gli uomini attraverso gli artisti medianici. Il prof. Hans Bender, famoso psicologo tedesco, studioso di fenomeni paranormali ed esponente di spicco della parapsicologia, si espresse in questi termini a proposito dell’influenza degli stati modificati di coscienza sui fenomeni di automatismo creativo: “Le produzioni intelligenti dette automatiche, cioè subcoscienti, dissociate, fuori dalla portata normale del controllo del sè, dispongono del contenuto della memoria integrale, mentre la persona dominata dal sè non può evocare le produzioni subconscie… Attraverso scritture e disegni automatici, cioè attraverso un accesso subliminare, un gran numero di medium celebri si è avvicinato al ‘processo primario’, termine con cui si intende l’informazione inconscia paranormale, che in uno stato di coscienza normale molto spesso non supera la soglia cosciente, ma si rivela nei sogni, nelle visioni, nelle intuizioni e anche attraverso i vasi comunicanti: cioè gli automatismi psicologici” (Bender, 1936; Giovetti, 1982, p. 212). 228 | P a g . 6.4 L’attivazione degli automatismi creativi La principale caratteristica delle manifestazioni di arte medianica è l’automatismo creativo, che è stato oggetto di studi sin dai primi decenni del secolo scorso in relazione al fenomeno della cosiddetta scrittura automatica, diventato molto popolare grazie alla diffusione dello spiritismo nei circoli culturali dell’epoca (Mühl, 1930; Breton, 1933 e 2007). L’automatismo ideo-senso-motorio osservabile negli scrittori automatici, contraddistinto dall’eccezionale rapidità dei movimenti e dall’inesplicabilità dei contenuti espressi, aveva suggerito agli psicanalisti l’apertura di un canale diretto tra il subconscio e l’Io razionale, attraverso il quale le abilità creative latenti e represse dell’individuo potevano essere liberate, bypassando il controllo della volontà cosciente ed imponendosi all’individuo (immerso in uno stato alterato di coscienza) in maniera perentoria ed autoritaria sotto forma di scrittura automatica o psicografia. Ciò veniva confermato dagli stessi scrittori medianici, i quali sostenevano di non ricordare ciò che avevano prodotto attraverso i propri automatismi, di essersi sentiti come “posseduti” da un’entità ad essi estranea, o di non riconoscere la paternità dei propri scritti. Si è a lungo discusso sulla possibile origine psicopatologica di tali fenomeni di automatismo, molto spesso paragonati a delle vere e proprie malattie mentali: nell’Ottocento venne infatti approfondito il concetto di isteria. Ma, come già sostenuto, il fenomeno dell’arte medianica potrebbe avere una spiegazione più razionale e scientifica: lo stato modificato di coscienza vissuto da molti artisti medianici, contornato da fenomeni allucinatori di vario tipo (come visione di immagini evanescenti ed irreali, aloni luminosi, percezione di voci, etc.), consentirebbe ad alcuni soggetti “ipersensibili” al dato estetico di attivare in modo diverso la loro rete neurale, trasformando le proprie visioni mentali in automatismi creativi senza che tale processo abbia necessariamente un’origine psicopatologica, ossia legata a specifiche malattie mentali o disturbi di natura neuropsichiatrica. Infatti il soggetto immerso in uno stato modificato di coscienza sarebbe in grado di attingere ai contenuti inconsapevolmente impressi nella sua “memoria estetica” attraverso i processi 229 | P a g . di percezione visiva, trasformandoli (per mezzo di un meccanismo di rispecchiamento tra osservazione e azione, tipico dei neuroni specchio) in gesti e movimenti automatici, in grado di riprodurre (attraverso disegni o dipinti) le immagini mentalmente visualizzate, rivelando al tempo stesso delle abilità creative latenti apparentemente sconosciute all’individuo, proprio perchè inaccessibili allo stato di coscienza ordinario. L’automatismo degli artisti medianici, detto psicopittografia (o pittura psichica), è diverso dall’automatismo tecnico o “memoria di lavoro”, che è il risultato di processi di apprendimento cosciente (come nuotare o andare in bicicletta): infatti è osservabile un divario tra un automatismo esecutivo, consapevolmente appreso dal soggetto, e l’impulso creativo involontario, inconsapevole e automatico manifestato da tali artisti. Con l’arte medianica si assiste infatti ad un processo di emergenza di abilità creative latenti, che si manifestano all’improvviso se attivate da particolari condizioni, come lo stato di assorbimento dissociativo del soggetto: è come se le abilità artistiche fossero in qualche modo già presenti nella mente dell’individuo, il quale è in grado di attivarle inconsapevolmente ad un livello modificato di coscienza. Ciò ci ha portato ad ipotizzare che alcuni soggetti, dotati di una specifica struttura (o asset) neurale, siano caratterizzati da una particolare “ipersensibilità” al dato estetico e che la loro straordinaria capacità artistica apparentemente inspiegabile (definita arte medianica), sia in qualche modo già preconfigurata sotto forma di abilità creative latenti nella loro mente (come una sorta di software preinstallato a livello neurobiologico o genetico), pronta ad emergere spontaneamente quando essa viene attivata in specifiche condizioni, dando luogo alle manifestazioni di automatismo creativo tipiche degli artisti medianici, che non hanno alcuna competenza artistica a livello cosciente, nè sono consapevoli dei processi di creazione automatica. Per tale motivo si propende per una spiegazione di tipo neuroscientifico: le dinamiche imitative e simulative (essenzialmente simmetriche e “speculari”), determinate dagli specifici patterns di funzionamento dei neuroni specchio (Oberman, Pineda & Ramachandran, 2007), in grado di sincronizzare l’osservazione di immagini mentali del soggetto con le azioni motorie 230 | P a g . finalizzate alla riproduzione di tali immagini sotto forma di disegni o dipinti, permetterebbe all’artista medianico di recuperare, tramite uno stato modificato di coscienza caratterizzato da profondo assorbimento dissociativo (che si manifesta sotto forma di trance o semi-trance), le immagini artistiche immagazzinate nella propria “memoria estetica”, attivando in maniera speculare il suo sistema psicomotorio: tale processo renderebbe il soggetto in grado di riprodurre le immagini mentali attraverso movimenti automatici ed involontari del tutto inconsapevoli. Infatti gli artisti medianici “possiedono capacità artistiche subconsce che non riescono ad esprimere consapevolmente, e che necessitano per emergere di un livello un po’ abbassato di coscienza (la trance, anche leggera, per esempio). In questa condizione essi sarebbero in grado di dipingere riproducendo lo stile di maestri defunti di cui con ogni probabilità conoscono le opere, anche se hanno dimenticato di averne visto le riproduzioni” (Giovetti, 1982, p. 86; Eisenbeiss & Hassler, 2006). In quest’ultima affermazione, si accenna ad un fenomeno che, secondo la nostra ricerca, potrebbe contribuire a completare il quadro esplicativo dei fenomeni di automatismo creativo, quello della criptomnesia, di cui si parlerà più avanti. In altre parole: le abilità artistiche latenti, che si manifestano attraverso l’attivazione di automatismi psicomotori da parte di un soggetto inesperto d’arte, si traducono in azione involontaria esprimendosi attraverso azioni motorie finalizzate alla riproduzione artistica (sotto forma di disegni o dipinti) di immagini mentali presenti nella “memoria estetica”: il soggetto riproduce (o meglio “riflette”) ciò che osserva nella propria mente. Poiché tale processo creativo si attiva solo attraverso uno stato modificato di coscienza, il soggetto non ha alcuna consapevolezza o ricordo cosciente di tale processo, che avviene in maniera del tutto automatica. A livello psicocognitivo, la fissazione delle immagini mentali, che il soggetto recupera dalla propria “memoria estetica” nel corso della sua nello stato modificato di coscienza, attraverso il quale si attuano i processi di automatismo creativo tipici dell’arte medianica, avverrebbe presumibilmente per mezzo di passate esperienze di fruizione estetica, acquisite inconsapevolmente dal soggetto a livello subliminale: l’individuo stesso non 231 | P a g . ricorda, a livello cosciente, di aver osservato e memorizzato tali immagini, ma può accedere ad esse se immerso in uno stato modificato di coscienza, che è in grado di abbassare le barriere frapposte dall’Io cosciente. Questo processo si realizzerebbe attraverso l’osservazione di immagini, oggetti ed opere d’arte, che verrebbero memorizzate ed introiettate inconsapevolmente dal soggetto percipiente all’interno della “memoria estetica”, dove resterebbero temporaneamente immagazzinate, fino a quando non vengono recuperate in particolari condizioni di attivazione. Le abilità creative latenti, manifestate dall’individuo nel corso dei fenomeni di arte medianica, si baserebbero dunque su dati estetici già acquisiti inconsapevolmente dal soggetto, attraverso un processo di apprendimento senza consapevolezza (Buckalew, Finesmith & Sisemore, 1968). Attraverso l’osservazione diretta e le evidenze sperimentali, è stato notato che i fenomeni di automatismo creativo, specifici dell’arte medianica, denotano uno stato di dissociazione psicomotoria, che si evidenzia attraverso movimenti “automatici”, meccanici, rapidi e convulsi, compiuti al di fuori del controllo cosciente dell’individuo. Tali fenomeni di automatismo si manifestano attraverso due modalità: 1) all’improvviso ed involontariamente, ovvero senza alcuna preparazione o aspettativa da parte del soggetto, nè alcun intervento o sollecitazione esterna, come una specie di crisi epilettica, anche se (come questa) spesso preannunciati da specifici sintomi di natura prodromica (ad esempio, l’aura); 2) attraverso una fase preparatoria di concentrazione, meditazione o preghiera (a volte di gruppo), durante la quale il soggetto si predispone volontariamente ad accogliere il manifestarsi del fenomeno, senza opporre alcuna resistenza o barriera psicologica. In entrambi I casi possono manifestarsi dei segnali anticipatori, che preludono al verificarsi del fenomeno maggiore (così come l’aura precede una crisi epilettica). L’individuo può quindi apparire: 232 | P a g . a) dissociato dalla realtà, ovvero il soggetto è apparentemente vigile e cosciente, ma sembra assente ed insensibile agli stimoli ed alle sollecitazioni esterne, essendo appunto immerso in uno stato modificato di coscienza; b) cosciente, ma privo di controllo sulle proprie azioni e movimenti, come se fosse in qualche modo forzato (o “posseduto”) da un’entità a lui estranea: l’opera d’arte si materializza progressivamente davanti ai suoi occhi in maniera automatica ed incontrollata, senza che lui possa impedirlo. Dopo la manifestazione del fenomeno di automatismo, il soggetto, rientrato nel suo stato di coscienza ordinario, può: 1) ricordare ciò che è accaduto, ma come se avesse osservato se stesso dall’esterno, pur senza riuscire a controllare volontariamente il proprio operato, ossia mantenendo intatte le proprie capacità metacognitive; 2) essere del tutto inconsapevole del processo creativo messo in atto e non ricordare affatto quanto sia accaduto, acquisendone consapevolezza o attraverso l’opera stessa (che non riconosce essere stata creata da lui), o attraverso il racconto dei presenti, che hanno assistito al fenomeno e sono stati testimoni della sua performance creativa. Come è stato osservato, i fenomeni di arte medianica si manifestano, nella maggior parte dei casi, senza la partecipazione cosciente e consapevole degli autori e presentano delle caratteristiche completamente al di fuori degli standard di creatività artistica ordinaria, socialmente accettati (e proprio per questo destano stupore e meraviglia nel pubblico): quando tali soggetti iniziano a lavorare, essi non hanno la consapevolezza di ciò che sta accadendo ed anzi (spesso all’inizio della manifestazione dei fenomeni) ne sono spaventati, in quanto, almeno apparentemente (ossia a livello cosciente), non possiedono le conoscenze artistiche e/o tecnico-stilistiche che caratterizzano normalmente il lavoro di un artista ordinario (sia esso un professionista o dilettante): “il soggetto, vivendo un’esperienza di automatismo motorio e raffigurativo, un’esperienza, quindi, di qualcosa che è al di fuori della sua 233 | P a g . volontà (come atto motorio), e della sua coscienza (come atto di raffigurazione), tende ad attribuirla ad una forza estranea” (Peduto, 1979, p. 73). In tali soggetti la creatività fluisce in modo spontaneo e automatico: gli artisti medianici sembrano lavorare “a memoria”, come se vedessero in anticipo (a un livello metacosciente) il risultato del proprio lavoro, ma in realtà, a livello cosciente, essi non hanno alcuna idea del risultato finale dei propri automatismi motori, che osservano come se si trovassero al di fuori di se stessi: l’opera d’arte si materializza progressivamente davanti ai loro occhi attraverso un processo di creazione automatica basato su movimenti rapidi, meccanici, concitati e convulsi, spesso usando separatamente le due mani, oppure utilizzando anche i piedi. I soggetti sembrano essere in preda ad un raptus e ad un ritualismo gestuale ossessivo e delirante, prendendo coscienza di quanto accaduto solo nel momento in cui la trance scompare ed il lavoro è terminato, ma senza riuscire a dare una spiegazione logica di quanto sia avvenuto, nè dei contenuti rappresentati nei disegni/dipinti, nè del motivo per cui lo hanno fatto (Giovetti, 1982). Non esistono infatti bozzetti o schizzi preliminari dell’opera e, durante l’esecuzione, non viene effettuata alcuna modifica, correzione o cancellazione in quanto il lavoro viene realizzato “di getto”: l’opera nasce già compiuta (perchè già esiste da principio nella mente dell’artista, che non deve far altro che osservarla e riprodurla), ovvero il prodotto creativo risulta essere già definitivo e concluso, come se fosse ben presente apriori agli occhi dell’artista, che non ha fatto altro che “ricopiare” la sua visione mentale, pur senza rendersene conto. E, come già detto, è proprio tale correlazione tra osservazione di un’immagine mentale ed azione graficopittorica che ha fatto ipotizzare un coivolgimento dei neuroni specchio nei fenomeni di automatismo creativo, propri dell’arte medianica. Le modalità di esecuzione delle opere presentano di solito uno schema esecutivo di tipo “morfogenetico”, iniziando con abbozzi di linee tracciate in punti differenti del foglio o della tela, in maniera disordinata e incomprensibile (spesso scarabografica), per poi essere coordinate all’improvviso in maniera velocissima, confluendo in strutture dotate di senso, acquistando via via una configurazione sempre più logica, coerente e ordinata, per poi risolversi in 234 | P a g . rappresentazioni figurative riconoscibili. Questo aspetto risulta ancora più evidente quando il soggetto è in grado di riprodurre contemporaneamente due opere diverse utilizzando separatamente entrambe le mani, come è possibile vedere nelle registrazioni video che ritraggono pittori brasiliani come Luiz Antonio Gasparetto e Florêncio Anton Neto: in questo caso è evidente che entrambi gli emisferi cerebrali stanno lavorando contemporaneamente (Anton Neto, 2007a, 2007b, 2011; Gasparetto, 2008, 2009, 2013). A volte l’artista (specie quando non riproduce lo stile di opere di famosi artisti del passato) parte da un punto focale, aggiungendo progressivamente nuovi elementi, miniaturizzandoli e replicandoli centinaia di volte in maniera rapida e ossessiva, dando al dipinto una caratterizzazione stilistica particolare e molto ricorrente nelle opere di arte medianica (una sorta di cifra stilistica riconoscibile e specifica di questo tipo di opere, che identifica l’autore dell’opera come un artista medianico, pur assomigliando sotto certi aspetti ad opere di arte psicopatologica). Ovviamente l’artista non si rende conto degli automatismi creativi, nè del processo creativo messo in atto, il quale, per la rapidità e convulsività dei movimenti utilizzati (e spesso anche per la tipologia di rappresentazione dell’opera), ricorda lo schema esecutivo tipico dell’arte psicopatologica prodotta da pazienti psichiatrici. Spesso le opere d’arte vengono create in condizioni impossibili per qualsiasi artista “normale”. Esse possono essere realizzate al buio, o dipinte al contrario, specularmente, sottosopra. Spesso non si nota alcuna differenza tra un’opera d’arte “convenzionale” ed un’opera di arte medianica, specie nel caso della produzione di soggetti d’arte figurativa o nel caso dei pittori-medium brasiliani che riproducono lo stile di famosi artisti del passato: le opere di arte medianica sono del tutto simili alle opere d’arte ordinaria e sembrano dipinte attraverso il procedimento tecnico normalmente utilizzato da un artista di professione, dotato di una propria formazione artistica. In altri casi il lavoro, a causa delle distorsioni delle immagini contenute nei dipinti, presenta delle forti analogie con lo stile surrealista, o è simile ad opere realizzate da artisti convenzionali sotto l’effetto di sostanze psicotrope o allucinogene (come l’LSD, capace di indurre visioni psichedeliche e deformanti della realtà, come 235 | P a g . le rappresentazioni dei quadri surrealisti) o, prodotte da artisti affetti da particolari disturbi psichiatrici o malattie mentali (somigliano infatti alle opere di “arte irregolare” o Outsider Art). Alcuni artisti, soprattutto gli artisti brasiliani dei circoli spiritici kardeciani, dipingono opere che riproducono esattamente lo stile di famosi artisti del passato, come Toulouse-Lautrec, van Gogh o Modigliani, firmando addirittura le opere con la loro calligrafia originaria (e questo ha fatto pensare ad un’origine paranormale di tali fenomeni creativi). Altri artisti dipingono invece ritratti di persone a loro sconosciute, che vengono solitamente riconosciute come i parenti defunti di qualche persona presente tra il pubblico che assiste all’esibizione. Questo avvalora ancora di più nell’immaginario collettivo la credenza che tali pittori siano “posseduti” o guidati da entità spiritiche disincarnate ad essi estranee, che guidano la loro mano, come i famosi artisti del passato ormai defunti. Le tecniche grafiche e pittoriche attraverso cui si manifesta l’arte medianica sono comunque molto differenti. L’arte espressa dai pittori medianici può essere: figurativa, surreale, visionaria, simbolica, geometrica, onirica, calligrafica, decorativa, morfogenetica, mista (Egidi, 1953). Lo stile di gran parte di esse è assimilabile in gran parte a quello “contemporaneo”, sia per la semplificazione del linguaggio espressivo, sia per la libertà degli schemi compositivi utilizzati: infatti, l’arte contemporanea nasce come distacco dalle forme canoniche dell’arte classica, ricerca della semplicità, spontaneità ed istintività, desiderio di un ritorno al linearismo e graffitismo dell’arte primitiva, ma anche ricerca ed esplorazione delle profondità recondite della psiche umana, come risulta evidente nel caso del Surrealismo, che rappresenta un esplicito tentativo di far emergere il mondo degli archetipi, del sogno e dell’inconscio; oppure nel caso dell’Arte Naïf che, come l’arte infantile prodotta dai soggetti in età evolutiva, rifugge da regole formali e procedure tecniche, apprese attraverso una formazione scolastica di tipo specialistico ed è pervasa da una spontanea genuinità, lontana dagli schemi logico razionali e dalla rigida formazione accademica (così come propugnato dai movimenti artistici d’avanguardia, come il Dadaismo). 236 | P a g . Lo stile rintracciabile nelle opere prodotte attraverso gli automatismi creativi che caratterizzano l’arte medianica appare comunque molto simile all’espressione pittorica psicopatologica, la cosiddetta Art Brut o Outsider Art, definita anche arte “irregolare” in quanto prodotta da artisti affetti da disordini mentali o disturbi psichiatrici: come si diceva, una particolarità riscontrata in molti artisti è la miniaturizzazione degli elementi grafico-pittorici e la loro ripetizione e/o duplicazione ossessiva, quasi maniacale; il che farebbe pensare ad una forma di espressione artistica di tipo psicopatologico o neuropsichiatrico. Per quanto riguarda specificamente il caso dei pittori brasiliani, la loro arte non può essere separata dal contesto socio-culturale, ma soprattutto religioso di appartenenza, ossia dalle associazioni o comunità spiritistiche tipiche del Brasile, i cosiddetti Centros (centri di spiritualità ispirati agli insegnamenti del pedagogista francese Allan Kardec), che agiscono da veri e propri “incubatori” per tali forme di espressione creativa, al punto tale che esistono delle vere e proprie “scuole” dove gli artisti medianici verrebbero “iniziati” attraverso suggestionanti sessioni di medianità (Hess, 1991; Wickramasekera, Krippner, & Wickramasekera II, 1997; Hageman, Wickramasekera II & Krippner, 2011). I pittori-medium brasiliani sono infatti in grado di riprodurre lo stesso stile di famosi artisti del passato ormai scomparsi, il che avvalorebbe ancora di più la diffusa interpretazione popolare (molto radicata nell’immaginario collettivo, a causa dell’influenza esercitata dalla propaganda dei gruppi spiritisti e dalla spettacolarizzazione dei fenomeni ad opera dei mezzi di comunicazione di massa) di trovarci di fronte ad artisti ispirati da entità disincarnate e spirituali. L’interpretazione dei fenomeni di arte medianica è ingenuamente spiritistica, proprio perchè risponde alla credenza popolare (molto diffusa in Brasile) nell’esistenza di una vita oltre la morte: l’arte medianica sarebbe dunque una forma di comunicazione tra i viventi e l’aldilà, e l’artista è ritenuto essere un medium (channeler), ossia un intermediario o canale di comunicazione tra il mondo dei viventi e quello degli spiriti. Tale convinzione è avvalorata dal fatto che gli artisti medianici sono in grado di 237 | P a g . dipingere utilizzando lo stile di famosi pittori scomparsi, come se fossero appunto “posseduti” dai loro spiriti (Parra, 2009; Eisenbeiss & Hassler, 2006). L’approccio scientifico di tipo biopsicosociale ai fenomeni di automatismo creativo tipico dei circoli spiritici kardeciani, utilizzato dall’équipe di ricercatori del Dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università di San Paolo del Brasile (Maraldi, Machado, & Zangari, 2010; Maraldi & Krippner, 2013), ha fornito interessanti spunti per la comprensione delle manifestazioni di arte medianica brasiliana a livello etno-culturale e psico-religioso. Infatti, lo studio di caso effettuato sul medium-pittore brasiliano José Jacques Andrade ha restituito un quadro abbastanza chiaro dei processi neurologici e biopsicobiologici che si verificano nel soggetto nel corso delle manifestazioni di arte medianica: gli elevati punteggi ottenuti nel DES (Dissociative Experiences Scale), ossia il test di misurazione delle esperienze dissociative, hanno evidenziato quanto la personalità del suddetto pittore medianico sia caratterizzata da tratti dissociativi. D’altro canto, come già sopra evidenziato, la dissociazione creativa riscontrata nei pittori medianici non ha necessariamente una natura psicopatologica, essendo caratterizzata da una varietà di oscillazioni rispetto al continuum di esperienze psichiche, situate nell’intervallo tra i due estremi di “normalità” e “anormalità”, ed è spesso positivamente correlata al possesso di elevati doti creative da parte del soggetto, a conferma di una predisposizione di natura neurobiologica del quadro dissociativo che conduce ai fenomeni di automatismo creativo (Ortoleva & Testa, 2003; Montagnolo, 2005). Riepilogando, lo schema che descrive sinteticamente le fasi del processo attraverso cui si manifestano gli automatismi creativi tipici dei pittori medianici che, assorti in uno stato modificato di coscienza, sono in grado di creare automaticamente dipinti o disegni pur senza avere alcuna conoscenza tecnica e/o stilistica, è il seguente: 1. Fissazione involontaria ed inconsapevole di immagini mentali di natura estetica all’interno di una specifica area della memoria, definita come “memoria estetica”; 238 | P a g . 2. Accesso alle immagini mentali contenute nella “memoria estetica” attraverso lo stato di coscienza modificato del soggetto (definito come “trance estetica” o “dissociazione creativa”), che può essere indotto o autoindotto per mezzo di concentrazione, pratiche meditative, ipnosi, rituali, preghiere, assunzione di sostanze allucinogene e psicoattive, o altro. 3. Visione “interna”, da parte del soggetto immerso in uno stato modificato di coscienza, delle immagini mentali recuperate nella “memoria estetica”. 4. Attivazione delle abilità artistiche latenti, che rendono il soggetto in grado di riprodurre, per mezzo di un processo di automatismo esecutivo di tipo speculare, immagini mentali immagazzinate nella “memoria estetica”, superando così i limiti imposti dallo stato di coscienza ordinario. 5. Riproduzione (grafica o pittorica) delle immagini mentali visualizzate dal soggetto attraverso automatismi esecutivi, basati su un meccanismo di “rispecchiamento” delle immagini in grado di attivare il sistema psicomotorio dell’individuo, il quale traduce specularmente l’osservazione delle immagini mentali in azione pittorica attraverso gesti/movimenti esecutivi involontari e automatici in grado di replicare le visioni, mettendo in atto modalità funzionali tipiche dei neuroni specchio basate sul meccanismo osservazione > azione. 6.5 La criptomnesia Un’altra elemento che potrebbe contribuire a spiegare i fenomeni di automatismo creativo tipici dell’arte medianica, rafforzando ancora di più l’ipotesi del coinvolgimento dei neuroni specchio (e delle loro capacità di fissazione “fotografica”) e gettando nuova luce sui processi di generazione creativa degli artisti medianici, è quello della criptomnesia (Jung, 1970). 239 | P a g . Questo fenomeno psichico, che costituisce un disturbo dei processi funzionali della memoria (speculare a quello del “falso riconoscimento” o falsa attribuzione), fornirebbe all’artista medianico la sensazione di non riconoscere le raffigurazioni delle opere da lui realizzate, attribuendole alla vita di altre persone, di solito defunte, mentre in realtà queste trarrebbero origini dai suoi stessi ricordi latenti, da esperienze vissute in prima persona o da frammenti di memoria che riaffiorano dal proprio inconscio, di cui però l’artista non ha consapevolezza. L’inaccessibilità ai propri ricordi coscienti, determinata dalla criptomnesia (e quindi il mancato riconoscimento della propria opera da parte dell’artista medianico), confermerebbe l’esistenza di una “memoria estetica” inconsapevole ed inaccessibile al soggetto in stato di coscienza ordinario. L’introiezione subliminale di specifici contenuti estetici (determinata, nel caso degli artisti medianici, da uno specifico asset o struttura neurale che li renderebbe “ipersensibili” al dato estetico), come aver visto un’opera d’arte in un museo, su un giornale o in televisione, oppure aver osservato inconsapevolmente un pittore dipingere, fa sì che la mente assorba e registri in modo inconsapevole delle informazioni che, nel momento in cui riaffiorano alla coscienza, non vengono riconosciute dal soggetto come parte integrante della propria esperienza percettiva pregressa o del proprio bagaglio di conoscenze, per il semplice fatto che non le ricorda a livello cosciente: il cervello ha quindi archiviato tali informazioni in maniera involontaria, ma il soggetto non ne è consapevole perché non ha contestualizzato in modo cosciente e attento l’evento percettivo (Brown & Halliday, 1991; Schacter, 2002; Bredart, Lampinen, & Defeldre, 2003): si tratta quindi di una “conoscenza subliminale”, ovvero una forma conoscenza inconsapevole che si stratifica nella memoria del soggetto senza che questo se ne renda conto . Come già spiegato approfonditamente, sarà poi il particolare asset neurale di alcuni individui a determinare la selezione focalizzata di contenuti estetici: i dati estetici vengono filtrati attraverso percezione della somma stimoli provenienti dall’ambiente per mezzo di un processo di selezione automatica a livello neurale, del quale l’individuo non ha consapevolezza e non conserva ricordo cosciente. Tale processo cognitivo è noto come neural binding: nel 240 | P a g . caso specifico della memorizzazione inconsapevole di alcuni dati (quelli estetici) anzichè di altri, è possibile ipotizzare un fenomeno di disaggregazione percettiva operata inconsapevolmente dal soggetto percettore, che non riuscirebbe ad integrare nella propria memoria tutte le informazioni complete derivanti dalla propria esperienza percettiva, ma fisserebbe soltanto quelle di natura estetica. Infatti, secondo l’ipotesi del neural binding, i segnali neurali generati dall’esperienza percettiva sarebbero accoppiati attraverso oscillazioni sincronizzate dell’attività neuronale, le quali si combinano e si ricombinano per consentire un'ampia varietà di risposte a stimoli dipendenti dal contesto percettivo, ma soprattutto per fornire all’individuo una corretta codifica ed interpretazione dei dati provenienti dalla realtà attraverso l’esperienza. (Varela, 1995; Singer, 1999; Engel & Singer, 2001; Muller et al., 2001; Ward, 2003). Nel caso degli artisti medianici, tale sincronizzazione, che consentirebbe un’esperienza percettiva completa e integrata (costituita appunto dall’integrazione dei segnali neurali derivanti dagli stimoli percettivi filtrati integralmente dalla realtà), nonchè dal ricordo integrale e globale di tale esperienza coesiva, non avverrebbe, o meglio avverrebbe in maniera selettiva e focalizzata rispetto ai soli stimoli estetici (Newman & Grace, 1999). Questo scompenso di natura neurale sarebbe anche la causa delle esperienze allucinatorie vissute dagli artisti medianici, nonché dei comportamenti guidati da azioni involontarie, quali appunto gli automatismi creativi. La stessa disfunzione potrebbe essere collegata agli stati dissociativi e disgregativi di coscienza rilevati nei pazienti schizofrenici, caratterizzati appunto da allucinazioni, distorsione della realtà, delirio e pensiero disorganizzato. L’ipersensibilità estetica rilevata negli artisti medianici deriverebbe quindi da una mancanza di attivazione sincronizzata delle reti neurali; tale disfunzione causerebbe un’anomala focalizzazione dell’attenzione percettiva sui dati estetici provenienti dalla realtà, anziché sulla loro configurazione integrata, inducendo il soggetto a selezionare inconsapevolmente ed unicamente le informazioni di natura estetica, filtrandole attraverso la miriade di stimoli che raggiungono il cervello per mezzo dell’esperienza percettiva globale. Tali informazioni verrebbero poi immagazzinate nella “memoria estetica”, pronte 241 | P a g . a riemergere in particolari stati di attivazione. L’ipersensibilità estetica costituisce dunque la caratteristica fondamentale degli individui nei quali si manifestano gli episodi di automatismo creativo: si tratta di una spiccata sensibilità al dato e all’apprezzamento estetico, che pur confermando i fondamenti biologici della percezione estetica (Eibl-Eibesfeldt, 1988), va al di là degli standard di percezione estetica normalmente sperimentati da soggetti ordinari, in quanto determinerebbe un aumento abnorme dell’oscillazione Figura 88. Attivazione della corteccia prefrontale rispetto ad uno stimolo “bello” Figura 89. Attivazione della corteccia prefrontale rispetto ad uno stimolo “non-bello” delle onde cerebrali normalmente coinvolte nei processi di apprezzamento estetico, che interessano la corteccia prefrontale del cervello, come rilevato dagli studi effettuati attraverso l’utilizzo della magnetoencefalografia (MEG), che hanno messo in luce la differente attivazione di tale area cerebrale in individui sottoposti a stimoli estetici caratterizzati da differenti condizioni di apprezzamento estetico (bello vs. non-bello) (Cela-Conde et al., 2004; Rosselló-Mir et al., 2015). La mancanza di ricordo consapevole da parte dell’individuo (criptomnesia), così come l’inconsapevolezza del processo di produzione artistica, che avviene in stato modificato di coscienza attraverso automatismi esecutivi di tipo meccanico, implica di conseguenza il mancato riconoscimento dell’opera d’arte: l’artista medianico, non riconoscendosi come l’autore dell’opera da lui stesso creata, tenta quindi di dare una spiegazione al fenomeno da lui vissuto attribuendolo ad una forza misteriosa, a uno spirito-guida o ad un’entità disincarnata a lui estranei, creando nella sua mente una figura autorale che lo 242 | P a g . spinge (o addirittura costringe) alla creazione dell’opera (Myers, 1892): egli, a causa dello scompenso neurale nel processo di neural binding sopra descritto, non ricorda i contenuti che fanno parte della sua esperienza percettiva, nè li riconosce quando emergono sotto forma di creazione artistica originale, riaffiorando in specifiche condizioni di attivazione. Sono semplicemente filtrati in maniera subliminale attraverso i processi di percezione visiva, senza lasciare traccia a livello cosciente (essendo appunto memorizzati in quella che abbiamo definito “memoria estetica”), per poter essere richiamati in maniera consapevole, come un normale ricordo o contenuto della memoria: una memoria “dormiente” o latente che viene improvvisamente attivata da specifici eventi o esperienze o in particolari stati alterati di coscienza, come ipnosi, trance, dissociazione, absorption o altro (Kampman, 1976; Mandler, 1994). L’accesso e l’attivazione di tali ricordi “dormienti” può avvenire a vari livelli di coscienza, a seconda della profondità di immagazzinamento dei dati estetici nella memoria: ad un soggetto potrebbe essere sufficiente rimanere in uno stato di dormiveglia (come ad esempio nel caso degli artisti che lavorano in condizione di semisonnambulismo), ad un altro potrebbe invece essere necessaria un’ipnosi profonda e regressiva. Si è addirittura avanzata l’ipotesi di una trasmissione genetica di tale memoria. Il fenomeno della criptomnesia può anche contribuire in parte a spiegare come l’artista riesca a riprodurre e/o simulare perfettamente lo stile e la tecnica di famosi artisti del passato, effettuando una sorta di plagio inconscio o involontario (Brown & Murphy, 1989). Egli riporta alla luce i suoi ricordi inconsapevoli e latenti, relativi ad opere di famosi artisti scomparsi, sotto forma di opera d’arte originale, costruendo e generando l’immagine mentale attraverso frammenti di memoria inconsapevolmente catturati in una sorta di “foto istantanea”, che imprime i suoi contenuti indipendentemente dalla volontà dell’individuo, superando i limiti della percezione cosciente (Marsh, Landau & Hicks, 1997). In certi casi, la creazione può essere così perfetta e aderente al modello originario immagazzinato in maniera subliminale nella memoria latente del soggetto (il quale potrebbe aver visto le opere d’arte di famosi maestri del passato su un libro, in televisione, al cinema, in rete o in un 243 | P a g . museo, ma non ricorda tale esperienza visiva), da essere facilmente attribuita a tali artisti, creando il fenomeno dell’arte medianica, nel corso del quale l’artista percepisce di essere “posseduto” dallo spirito dell’artista famoso che dipinge attraverso di lui. Ma, in realtà, la sorgente dei ricordi è lo stesso artista medianico (Macrae, Bodenhasen & Calvini, 1999). Poiché la criptomnesia è strettamente legata i processi di percezione visiva e di visualizzazione mentale, è ipotizzabile un altrettanto stretto collegamento con i neuroni specchio e la loro supposta capacità fotografica, una sorta di memoria eidetica persistente grazie alla quale la mente sarebbe in grado di fissare indelebilmente i dettagli di un’immagine (ad esempio quella di un dipinto famoso visto, anche se incidentalmente, su un libro o in un museo), senza la consapevolezza cosciente dell’osservatore. Nel campo dei fenomeni paramnestici, un'altra variante che potrebbe interessare l’arte medianica è invece la pseudomnesia, attraverso la quale il soggetto attribuisce alle sue fantasie lo status di ricordi di situazioni che in realtà non ha mai vissuto, come nel caso delle raffigurazioni di persone o paesaggi lontani nel tempo e nello spazio, che l’artista afferma di conoscere o aver visto (ad esempio la rappresentazione dei paesaggi gioviani o marziani realizzati da alcuni artisti medianici del secolo scorso, tra cui il commediografo e pittore medianico francese Victorien Sardou, descritto in § 4.1.2 ed illustrato dalle Fig. 37 e 38). 244 | P a g . CAPITOLO SETTIMO: CONCLUSIONI 7.1 Verso una neurobiologia degli automatismi creativi Sino ad oggi non è ancora stato adeguatamente chiarito il meccanismo in grado di attivare gli automatismi creativi degli artisti medianici, che sembra aprire improvvisamente un “canale” tra il corpo e la mente, attraverso cui fluisce quel mondo visionario ed immaginifico di contenuti apparentemente misteriosi e inconsci, che si concretizzano materialmente nella produzione di opere d’arte di indiscutibile valore estetico. Le ipotesi che sono state avanzate fino ad ora, da noi sintetizzate nel quadro teorico delineato in questo lavoro di ricerca, non hanno tenuto in debita considerazione la possibilità di un convolgimento della sfera neurobiologica dei soggetti interessati dalle manifestazioni di arte medianica. Proprio per tale motivo, sulla base della metodologia di ricerca utilizzata e dopo un’attenta analisi ed interpretazione di tutti i dati raccolti in tre anni di lavoro, si è giunti a sviluppare una nuova ipotesi interpretativa, fornendo una diversa spiegazione scientifica ai fenomeni di automatismo creativo: siamo infatti convinti che l’arte medianica abbia delle basi neurali e che i neuroni specchio siano coinvolti nelle manifestazioni di automatismo creativo sperimentate dagli artisti medianici. Ma come si è giunti a formulare tale ipotesi? Il quesito fondamentale che ha guidato il presente lavoro di ricerca, ovvero come sia possibile riuscire a creare delle opere d’arte senza avere alcuna conoscenza artistica, nè le competenze tecnico-stilistiche necessarie, ci ha spinto a ricercare gli elementi comuni alle varie manifestazioni di arte medianica, concentrando la nostra attenzione su quelli che ricorrevano con 245 | P a g . maggior frequenza, indipendentemente dal contesto socioculturale e dal periodo storico di riferimento. La ricorsività di tali elementi nella maggior parte dei casi di studio analizzati, ci ha fatto intuire la possibilità di una origine comune di tali fenomeni ed il fatto che tale matrice possa essere individuata in fattori universali (ovvero potenzialmente presenti in tutti gli esseri umani), quali appunto l’apparato neurobiologico e, in particolare, i neuroni specchio. Dopo aver analizzato tutti i dati raccolti attraverso la metodologia di ricerca descritta nel relativo capitolo del presente lavoro, e dopo aver valutato le evidenze sperimentali ed i risultati degli studi condotti sino ad oggi anche da altri gruppi di ricerca, si è giunti alla conclusione che la cosiddetta “arte medianica” sia una forma di automatismo creativo determinato dalle specifiche modalità di funzionamento dei neuroni specchio: infatti, come più sopra evidenziato, tale classe di neuroni (di recente scoperta) determina la simulazione/imitazione di azioni osservate o anche immaginate dal soggetto, ovvero una corrispondenza di tipo simmetrico tra il dato osservato e le azioni necessarie a simulare, imitare, riprodurre, replicare, emulare quanto osservato. Ben prima della scoperta dei neuroni specchio, già Feltz & Landers (1983) avevano messo in luce che l’immagine mentale di un’azione (ad esempio, dipingere o disegnare) attiva virtualmente le stesse aree cerebrali coinvolte nell’azione reale, evidenziando una correlazione tra osservazione e azione. Si è dunque pensato che l’azione di disegnare o dipingere compiuta da individui senza alcuna competenza tecnico-artistica potesse dipendere dal tentativo di riprodurre immagini che fossero in qualche modo già presenti (anche se a livello inconsapevole) nella memoria dei soggetti, ma non fossero accessibili a livello cosciente (ovvero in uno stato di coscienza ordinario): infatti, alcuni soggetti immersi in uno stato modificato di coscienza sono in grado di dipingere o disegnare in modo automatico, come se osservassero un’immagine mentale, traducendo inconsapevolmente l’osservazione mentale in azione reale finalizzata alla riproduzione dell’immagine stessa attraverso automatismi creativi del tutto involontari (come una sorta di riflesso condizionato). 246 | P a g . Poichè la correlazione tra osservazione è azione è una specifica funzionalità dei neuroni specchio, allo scopo di confermare l’ipotesi della presente ricerca si è voluto verificare se lo stesso processo di produzione artistica inconsapevole e automatica (ossia messo in atto in assenza di apprendimento specifico) fosse presente anche in soggetti non umani dotati di neuroni specchio, ossia in animali che non potrebbero essere in grado di realizzare consapevolmente disegni o dipinti, non potendo appunto sviluppare alcuna competenza artistica al pari di un essere umano. Sorprendentemente, si è scoperto che anche un altro essere vivente dotato di neuroni specchio è in grado di disegnare o dipingere, pur senza avere alcuna competenza tecnica, nè alcuna consapevolezza dei processi di creazione artistica: l’elefante. Così come lo studio della simmetria tra azione ed osservazione nei macachi ha permesso di individuare la classe dei neuroni specchio, che sono situati nella corteccia parietale e frontale e, coinvolgendo le aree motorie e premotorie del cervello (in particolare l’area di Broca), sono in grado di tradurre l’osservazione in azione (Pellegrino et al., 1992; Rizzolatti et al., 1996; Gallese et al., 1996;), l’osservazione diretta delle abilità artistiche di esseri non-umani dotati di neuroni specchio come gli elefanti, in grado di eseguire disegni e dipinti certamente non attribuibili ad alcuna formazione tecnico-artistica (o consapevolezza estetica), confermerebbe l’esistenza di una correlazione tra gli automatismi creativi (manifestati da soggetti senza alcuna competenza artistica, come gli artisti medianici) e i neuroni specchio. È pertanto ipotizzabile che le aree motorie e premotorie del cervello che rispondono all’osservazione diretta, traducendola una corrispondente azione di tipo imitativo, siano coinvolte anche nell’attivazione degli automatismi creativi finalizzati alla riproduzione estetica da parte di soggetti senza alcuna competenza artistica: tale processo di rispecchiamento di immagini mentali in azione pittorica appare sostanzialmente simile sia negli elefanti che negli artisti medianici. Ma come è possibile che gli elefanti siano in grado di disegnare o dipingere? Anche se si tratta di imitazione e non di creazione intenzionale, consapevole o immaginativa (infatti è lo spettatore che attribuisce un significato ed un valore estetico a tali prodotti), questi animali, 247 | P a g . se opportunamente addestrati utilizzando il condizionamento operante per favorire l’apprendimento di un comportamento “artistico” (Skinner, 1938), sono in grado produrre disegni e dipinti raffiguranti figure ed oggetti esteticamente rilevanti (riuscendo addirittura a rappresentare se stessi), avvalorando ancora di più l’ipotesi dell’esistenza di quella che abbiamo definito “memoria estetica”, ossia di un archivio mentale di immagini o esperienze visive di natura estetica, inconsapevolmente impresse ed introiettate attraverso meccanismi percettivi di tipo “fotografico”, mediante un processo di scansione selettiva della realtà percepita che, nel caso dell’uomo, sarebbe stimolato dai processi emozionali e di elaborazione simbolica coinvolti nella percezione estetica del dato artistico (propri della nostra specie, ossia in parte biologicamente determinati ed in parte culturalmente condizionati), nel caso dell’animale dall’osservazione ed imitazione di pratiche artistiche umane. In quest’ultimo caso, i meccanismi di fissazione mnemonica (come la ripetizione di un disegno legata ad una specifica memoria di lavoro) sfrutterebbero l’abilità dei neuroni specchio di tradurre l’osservazione in azione, per cui il processo di esecuzione creativa di tipo artistico non è frutto di semplice addestramento, basato sulla ripetizione meccanica di azioni sequenziali apprese a memoria, ma è una riproduzione di immagini mentali presenti nella “memoria estetica” dell’animale (Broughton, 2007). Il distacco dai processi attentivi della memoria consapevole da parte del soggetto nel corso dei fenomeni di automatismo creativo, ovvero l’accesso ad un altro livello di conoscenza non consapevole e ad un altro livello di memoria, è stato rilevato per mezzo di alcuni esperimenti di neuroimaging compiuti nel corso di fenomeni di scrittura automatica, che hanno messo in luce una bassa attivazione delle aree cerebrali responsabili dell’attenzione e delle attività di pianificazione durante il verificarsi dei fenomeni. Infatti, durante lo svolgimento di un compito che richiede attenzione e accesso ad una memoria consapevole (come quello della scrittura), sarebbe dovuto avvenire il contrario: ciò testimonia che, durante lo stato dissociativo, il soggetto accede effettivamente ad un altro tipo di memoria, inaccessibile allo stato cosciente (Peres et al., 2012). 248 | P a g . La possibilità di accedere a questa “memoria estetica”, permetterebbe dunque di osservare le immagini mentali ivi immagazzinate e riprodurle nella realtà attraverso un procedimento tecnico-esecutivo di tipo automatico, basato sulla correlazione simmetrica tra osservazione e azione, ossia su una caratteristica funzionale tipica dei neuroni specchio, com’è stato dimostrato dalle più recenti ricerche nel campo delle neuroscienze, supportate dall’utilizzo delle tecniche di visualizzazione cerebrale e neuroimaging (Rizzolatti & Craighero, 2004; Rizzolatti & Sinigaglia, 2006; Oberman, Pineda & Ramachandran, 2007). L’automatismo creativo (basato sull’apprendimento inconsapevole) sarebbe dunque guidato dai processi funzionali tipici dei neuroni specchio, rivelando quindi una matrice neurobiologica comune sia nell’uomo che in un altro essere vivente dotato di neuroni specchio, come è stato dimostrato osservando gli automatismi creativi nell’elefante. L’ipotesi di un coinvolgimento dei neuroni specchio verrebbe inoltre confermata anche dal fatto che, come è stato scientificamente appurato, i fenomeni psicofisici che anticipano le manifestazioni di arte medianica (la cosiddetta “fase prodromica”), in particolare le esperienze allucinatorie di tipo visivo o auditivo (come l’aura, che di solito precede le crisi epilettiche, comportando alterazioni della percezione), interessano maggiormente la corteccia e le aree temporali, ossia proprio le aree cerebrali connesse all’attività biochimica dei neuroni specchio. Ma perché quale motivo i fenomeni di automatismo creativo si manifestano soltanto in alcuni individui? Sulla base dei dati raccolti, relativi ai casi di numerosi studio esaminati, nonchè come già ampiamente descritto nel presente lavoro, la maggior parte dei soggetti che sperimentano fenomeni di creatività non-ordinaria si trovano immersi in uno stato modificato di coscienza. Ciò significa che gli stessi individui non riescono ad accedere in modo consapevole alle proprie abilità creative latenti in stato di coscienza ordinario, o meglio, lo stato cosciente costituirebbe una barriera all’estrinsecazione di tali facoltà: infatti nessun artista medianico è in grado di disegnare/dipingere o di riprodurre i propri disegni/dipinti in stato di coscienza ordinario, per il semplice fatto che, in tal caso, sarebbe un artista ordinario . Poiché, nel caso dell’uomo, gli automatisi creativi si attivano attraverso uno 249 | P a g . stato modificato di coscienza, si è ipotizzato che alcuni individui siano dotati di un particolare asset o struttura neurale capace, in particolari condizioni di attivazione e/o sollecitazione, di accelerare l’attività elettrobiochimica delle aree cerebrali coinvolte nei processi di visione (tra cui, appunto, i neuroni specchio), come accade ad esempio nelle esperienze di proiezione extracorporea (OBE) di pre-morte (NDE), determinando un’ipereccitazione delle aree cerebrali responsabili dei processi di visione, testimoniata dall’aumento dell’oscillazione delle onde cerebrali gamma, delta e theta (le onde coinvolte nei processi creativi), come è stato dimostrato nel corso di una recente ricerca finanziata dal National Institutes of Health e dalla James S. McDonnell Foundation, condotta da un gruppo di ricercatori della Medical School dell’Università del Michigan nell’ambito del Neuroscience Graduate Program (Borjigin et al., 2013), che ha messo in luce la capacità del cervello, all’approssimarsi della morte clinica, di attivare un “circuito di emergenza” in grado di far fronte all’ipossia e alla degradazione delle catene di glucosio in un organismo morente. Il fatto che alcuni artisti medianici riferiscano di avere visioni, allucinazioni o sperimentano percezioni extracorporee, che li inducono a riprodurre con estrema lucidità immagini mentali dotate di connotati estetici sotto forma di opere d’arte, è probabilmente dovuto ad un processo analogo, ovvero ad una modificazione degli stati elettrofisiologici del cervello: il loro asset neurale sarebbe in grado, in determinate condizioni (come, ad esempio: stati di meditazione profonda, trance, pratiche di ipnosi o autoipnosi, trip psichedelici e altro ancora), di attivare spontaneamente tale “circuito di emergenza”, stimolando l’eccitazione delle aree cerebrali responsabili dei processi di visione (che in questo caso non avverrebbe in punto di morte), che determina l’accesso (proprio come avviene nei sogni lucidi) a visioni mentali di natura estetica e ad abilità creative latenti di tipo artistico: l’attivazione e/o modificazione dell’attività elettrofisiologica e biochimica del cervello, determinerebbe un ampliamento delle proprie capacità di visione, che si ripercuote a livello psicomotorio traducendosi negli automatismi creativi tipici dell’arte medianica. 250 | P a g . Il particolare stato di dissociazione creativa, definito anche “trance estetica” (Pavese, 1955), che precede gli episodi di automatismo creativo degli artisti medianici, verrebbe dunque indotto da particolari condizioni di attivazione (interne o esterne all’individuo) in grado di innescare una modificazione dell’attività biochimica ed elettrofisiologica del cervello, permettendo agli artisti stessi di recuperare le immagini fissate ed immagazzinate in una specifica area della memoria presumibilmente dedicata alla registrazione di informazioni e dati di natura estetica, che abbiamo appunto definito “memoria estetica”, traducendo le visioni mentali in impulsi psicomotori inconsapevoli e automatici finalizzati alla creazione di disegni o dipinti conformi a tali immagini attraverso i processi indotti di automatismo creativo (Grosso, 1997; Braude, 2002). Sulla base dell’analisi approfondita dei casi di studio sopra illustrati, i quali hanno messo in luce gli elementi maggiormente ricorrenti nelle manifestazioni di arte medianica, le principali condizioni di attivazione del suddetto stato di dissociazione (o trance estetica), in grado di determinare gli automatismi creativi negli artisti medianici, sono le seguenti: a) meditazione profonda, ipnosi, auto-ipnosi, trance, tecniche di condizionamento e/o manipolazione del pensiero; b) credenze e fenomeni di suggestione ed autosuggestione; c) influenza e condizionamento esercitati dal contesto sociale ed antropologico-culturale di riferimento dell’artista (come, ad esempio, le pratiche rituali fortemente suggestionanti sperimentate dai mediumpittori all’interno di particolari comunità, come i Centros ed i circoli spiritici kardeciani in Brasile); d) riti e pratiche religiose (Negro, Palladino-Negro & Louzã, 2002); e) esperienze mistiche, ascetismo, esoterismo, pratiche spiritistiche e rituali magici come lo sciamanesimo e il curanderismo (Maduro, 1983; Cooperstein, 1996; Krippner, 2000 e 2007); 251 | P a g . f) uso di particolari droghe o sostanze psicotrope, allucinogene, enteogene o psichedeliche in chiave mistico-rituale, tipico di determinati riti iniziatici, capaci di indurre l’estasi mistica e l’ampliamento delle capacità creative dei soggetti assuntori; g) traumi fisici, psichici o emotivi (specie se vissuti nel corso della prima infanzia), come ad esempio: mancanza di affetto; perdita di un genitore; educazione repressiva; violenza familiare; abusi e privazioni; mancanza di stimoli, incoraggiamento o approvazione nello sviluppo delle abilità individuali; basso status socio-economico. In particolare, i fattori elencati al punto g) condurrebbero il soggetto a sviluppare un basso livello di autostima e di fiducia nelle proprie capacità, oltre che un senso di frustrazione, spingendolo a maturare un forte desiderio di autoaffermazione, nonchè la volontà di emergere e distinguersi dagli altri, come rilevato nel corso delle ricerche effettuate sui pittori medianici brasiliani (De Oliveira Maraldi & Krippner, 2013). In alcuni soggetti neurofisiologicamente predisposti, in presenza dei suddetti meccanismi di attivazione, tali fattori possono portare all’emersione di abilità creative latenti che si manifestano sotto forma di di manifestazioni anomale di creatività non-ordinaria, come appunto i fenomeni di automatismo creativo tipici dell’arte medianica, che vengono rafforzati dal sistema di credenze dell’individuo e dall’influenza (mediante suggestione o condizionamento) esercitata dall’appartenenza a sette o circoli iniziatici di natura spiritistica, che esaltano la natura paranormale di tali manifestazioni creative, confermando ed avvalorando il ruolo e l’influenza sociale dell’artista medianico nella comunità di appartenenza, contribuendo a divulgare il messaggio spirituale del gruppo e ad alimentarne la credenza in una vita oltre la morte, oltre che a rafforzare nell’immaginario collettivo il ruolo istituzionalizzato e riconosciuto di medium (o channeler), esercitato dell’artista medianico all’interno della propria comunità spiritica (Almeida, Lotufo Neto, & Greyson, 2007; De Oliveira Maraldi, 2014). È stato infatti accertato che la pressione esercitata da tali condizionamenti sociali e religiosi può condurre l’individuo (attraverso un processo di suggestione profonda) a modificare la sua stessa personalità, 252 | P a g . rendendolo in grado di accedere ad abilità creative latenti (ossia sconosciute allo stesso soggetto, in quanto non apprese a livello consapevole ed inattingibili a livello cosciente), facendo emergere, attraverso i fenomeni di automatismo creativo propri dell’arte medianica, capacità artistiche al di fuori dell’ordinario in persone del tutto prive di competenze di natura tecnicoartistica o stilistica, che si manifestano dunque all’improvviso ed in modo apparentemente inspiegabile (Dagnall, Munley, Parker, & Drinkwater, 2010). Tale aspetto, di natura biopsicosociale, è stato chiaramente messo in luce dai test psicodiagnostici somministrati al pittore medianico brasiliano José Andrade dall’équipe di ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile (De Oliveira Maraldi & Krippner, 2013). Il condizionamento culturale, psicosociale e religioso operato su soggetti neurofisiologicamente predisposti all’attivazione dei processi di automatismo creativo, così come l’influenza esercitata dal sistema di credenze all’interno di una determinata comunità, contribuirebbero dunque ad attivare la particolare “ipersensibilità” di tali individui agli stimoli estetici provenienti dall’ambiente esterno, rafforzando la capacità del soggetto di accedere ad uno stato mentale che va al di là della soglia di coscienza, caratterizzato da un ampliamento delle proprie capacità di visione cosciente: tale processo è stato definito transliminalità, misurabile attraverso un test per il quale è stata predisposta un’opportuna scala di misurazione, in grado di individuare i soggetti maggiormente predisposti alla manifestazione di tali fenomeni (Thalbourne, 2000a, 2000b; Thalbourne & Maltby, 2008). Il condizionamento operato all’interno delle comunità spiritiste brasiliane sarebbe talmente forte per alcuni individui, da determinare una trasmissione “memetica” delle pratiche creative medianiche, avvalorata dal fatto che, in alcuni casi, anche i familiari dell’artista medianico manifestano le stesse doti di automatismo creativo, come ad esempio nel caso del pittore-medium brasiliano Luiz Antonio Gasparetto (anche sua madre e suo fratello erano automatisti!): è come se tali doti creative venissero in qualche modo apprese e trasmesse all’interno della comunità (probabilmente grazie a specifiche pratiche di ”addestramento mistico”), propagandosi come un meme, ovvero 253 | P a g . dando luogo ad un fenomeno di replicazione delle stesse capacità in altri soggetti appartenenti al medesimo gruppo culturale o religioso (Dawkins, 1976; Lumsden & Wilson, 1981; Cavalli-Sforza & Feldman, 1981; Ianneo, 1999; Dennet, 2007; Jouxtel, 2010). Non a caso la maggior parte degli artisti medianici viventi è attualmente concentrata nelle comunità spiritiste kardeciane in Brasile. Tali circostanze consentirebbero addirittura di ipotizzare, in alcuni individui, una predisposizione genetica dell’asset neurale in grado di determinare la loro ipersensibilità estetica: la capacità di manifestare automatismi creativi potrebbe quindi essere trasmissibile geneticamente, ma tale ipotesi è ancora da dimostrare. Secondo Kretschmer (1931), per predisposizioni ereditarie, il genio sarebbe dotato di una struttura psichica del tutto particolare, che gli consentirebbe di generare, a un livello più elevato di altri, dei prodotti creativi su cui è impresso il sigillo di una personalità rara e originale: se si eccettua il caso della sindrome di Savant, molto spesso i casi di manifestazione di eccezionali talenti artistici emergono in tenera età ed hanno dei precedenti familiari (si pensi ad esempio ai “calcolatori prodigio”). A tal proposito è interessante notare, da un punto di vista psichiatrico, che molti geni creativi rientrano nel gruppo dei pazienti maniaco-depressivi, ciclotimici o affetti da disturbo bipolare, caratterizzati dall’ampiezza delle fluttuazioni di umore e dal rischio depressivo, fino ad arrivare al rischio suicida o a comportamenti di natura suicidaria (corrispondenti allo stereotipo dell’artista sregolato e ribelle o dell’artista “maledetto”), come nel caso di famosi pittori come Vincent van Gogh o Mark Rothko, a conferma dello stretto legame tra arte e follia, che è stato oggetto di numerosi studi in campo neuropsichiatrico (Akiskal & Akiskal, 1988; Andreasen, 1988; Richards et al., 1988; Richards, 1994). Come accade spesso ai “pittori prodigio” (di solito bambini), anche gli artisti medianici manifestano i loro fenomeni creativi, apparentemente inspiegabili, attraverso sintomi neurofisiologici di natura prodromica che precedono gli episodi maggiori, come allucinazioni, aura, sogni lucidi, sonnambulismo o semi-sonnambulismo. Infatti, come sostenuto da Kretschmer, “i prodotti creativi dell’immaginazione artistica tendono ad emergere da un crepuscolo 254 | P a g . psichico, da uno stato di coscienza attenuata e di minore attenzione agli stimoli esterni. Inoltre stato è caratterizzato da una certa distrazione accompagnata da una superconcentrazione ipnoide su un unico punto (attenzione focalizzata), che offre un’esperienza puramente passiva, spesso di carattere visivo, scissa dalle categorie di spazio e di tempo, di logica e volontà” (Kretschmer, 1931). Anche l’auto-isolamento sociale dell’artista (come nel caso dei pittori braminici indiani studiati da Maduro negli anni Settanta, più sopra descritti), o l’appartenenza a sette o circoli di natura spiritica (come i Centros brasiliani, oggetto di recenti studi condotti dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di San Paolo del Brasile), sono terreno fertile per la comparsa di psicosi che possono condurre a manifestazioni creative anomale, eccezionali e al di fuori dell’ordinario: questo, però, non significa affatto che l’artista medianico sia un malato psichico, ma, piuttosto che possegga probabilmente una struttura o asset neurale (di supposta natura genetica) che lo rende più vicino al genio creativo. Sulla base di quanto rilevato dalle più recenti ricerche di taglio biopsicosociale a proposito delle comunità spiritiste brasiliane di derivazione kardeciana (da cui proviene la maggior parte dei pittori medianici viventi), all’interno delle quali viene operato un forte condizionamento psicologico sugli adepti, l’arte medianica si configura quindi come un fenomeno psicoantropologico tipico di uno specifico ecosistema culturale: l’influenza ed il condizionamento esercitati in tali comunità su individui dotati di uno specifico asset neurale, che li renderebbe “ipersensibili” al dato estetico (ossia capaci di registrare inconsapevolmente le informazioni estetiche filtrate in maniera selettiva dall’ambiente attraverso i processi di percezione visiva), permetterebbe di attivare i processi di automatismo creativo, consentendo agli artisti medianici di riprodurre le proprie visioni mentali attraverso uno tipico schema di automatismo motorio inconsapevole ed involontario, basato su un processo di corrispondenza tra l’osservazione delle immagini immagazzinate nella “memoria estetica” e l’azione pittorica in grado di replicare tali immagini: poichè le sperimentazioni neuroscientifiche hanno dimostrato che tale processo di corrispondenza tra osservazione e azione è una tipica funzionalità 255 | P a g . dei neuroni specchio, l’ipotesi formulata nel presente lavoro di ricerca, ossia che i fenomeni di automatismo creativo caratteristici dell’arte medianica potrebbero avere una matrice neurobiologica (essendo appunto basati su patterns di funzionamento dei neuroni specchio), sembrerebbe essere confermata. Tale conclusione può essere estesa anche ai casi europei di automatismo creativo analizzati nel presente lavoro, ovvero a quei casi che, pur lontani da un contesto antropologico-culturale permeato di cultura spiritica (quale quello brasiliano), sembrano riflettere i medesimi meccanismi e processi funzionali a livello neurobiologico, proprio perché basati sul sistema dei neuroni specchio, che costituiscono il nostro comune patrimonio biologico. Sulle base delle specifiche modalità di attivazione dei fenomeni di automatismo creativo, l’arte medianica si configura quindi come una forma di espressione “anomala” o non-ordinaria della creatività umana, la cui psicogenesi, secondo l’ipotesi formulata in questo lavoro di ricerca, andrebbe rintracciata in una particolare “ipersensibilità” estetica di alcuni individui, neurofisiologicamente dotati di una particolare struttura neurale: il patrimonio di immagini e di esperienze di natura estetica, stratificatesi nel tempo attraverso un processo di selezione e registrazione inconsapevole di tali dati all’interno della “memoria estetica” (di cui si è ampiamente discusso), verrebbe quindi attivato inconsapevolmente attraverso gli stati modificati di coscienza, che consentirebbero agli artisti medianici di accedere a questo tipo di memoria. Il coinvolgimento del sistema dei neuroni specchio nei processi di visione mentale, permetterebbe dunque di replicare e simulare le immagini mentali registrate nella “memoria estetica” attraverso meccanismi di automatismo creativo involontario, il cui risultato è la creazione inconsapevole di opere d’arte, corrispondenti appunto alla visione di immagini mentali di oggetti o esperienze estetiche reali. Come già ampiamente discusso, la particolare “ipersensibilità” estetica degli artisti medianici (probabilmente dovuta ad una disfunzione nei processi di neural binding che, paradossalmente, renderebbero le loro capacità artistiche davvero straordinarie), permetterebbe loro di filtrare in maniera selettiva ed estremamente focalizzata i dati estetici provenienti dall’esperienza percettiva 256 | P a g . esterna, fissando (come scatti fotografici) a livello inconsapevole immagini o esperienze di natura estetica, immagazzinandole all’interno della “memoria estetica” (analogamente a dati memorizzati in un computer), cui i soggetti sarebbero in grado di accedere in determinate condizioni di attivazione o attraverso specifici stimoli e/o processi di natura induttiva rispetto agli automatismi creativi messi in atto (costituiti essenzialmente dagli stati alterati di coscienza), riuscendo a riprodurre le proprie visioni mentali attraverso meccanismi di riproduzione artistica basati su automatismi psicomotori, caratterizzati a loro volta dall’estrema rapidità esecutiva con cui vengono realizzate le opere di arte medianica. Lo stato di “sospensione” temporanea di coscienza (o “dissociazione creativa”), caratteristico della maggior parte degli artisti medianici, presenta delle analogie con il fenomeno della rêverie (definito anche daydream, o “sogno ad occhi aperti”), nel corso del quale il soggetto, dissociandosi dalla realtà circostante ed immergendosi in uno stato di profondo assorbimento estatico e derealizzazione, riuscirebbe a focalizzare la sua attenzione su immagini mentali impresse nella “memoria estetica”, recuperando tutte le informazioni esteticamente rilevanti e tecnicamente riproducibili (linee, formato, luce, stile, colore, layout, etc.), attivando al tempo stesso i meccanismi psicomotori in grado di guidare le sequenze di movimenti necessari a riprodurre le immagini mentali visualizzate dal soggetto, attraverso la creazione/duplicazione “automatica” dell’opera d’arte per mezzo di un processo esecutivo di “dinamismo rituale” che guida l’automatismo creativo, tipico dei fenomeni di arte medianica, i quali si verificano in uno stato di dissociazione creativa, che favorisce l’accesso dell’individuo alla “memoria estetica” e alle abilità creative latenti, in grado di tradurre l’osservazione delle immagini mentali in azione grafico-pittorica involontaria. Come già abbiamo visto, il concetto di “dissociazione creativa” (Grosso, 1997) non ha affatto una natura esclusivamente psicopatologica, ma si configura come un continuum di esperienze di stati di coscienza diversi, apparentemente scollegati tra loro (Bernstein & Putnam, 1986): l’artista medianico non è uno psicopatico, uno soggetto psicolabile o un malato 257 | P a g . psichiatrico, ma piuttosto un individuo neurobiologicamente dotato di una particolare “ipersensibilità” estetica, che lo rende in grado di riprodurre le proprie visioni mentali attraverso un processo di attivazione psicomotoria, che si esprime per mezzo di automatismi creativi involontari, ai quali accede inconsapevolmente attraverso uno stato modificato di coscienza. L’accesso alle immagini presenti nella “memoria estetica”, che avviene in stato modificato di coscienza producendo i fenomeni di automatismo creativo, a loro volta guidati dai meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio, può essere indotto: a) volontariamente, ossia per mezzo di processi di attivazione cosciente, come meditazione profonda, preghiere, rituali, invocazioni, pratiche spiritiche (che sono tutti meccanismi induttivi dotati di intensa capacità di suggestione sull’individuo), oppure tramite l’assunzione di sostanze psicotrope, allucinogene, psichedeliche o enteogene che, come si è visto, producono nel soggetto un’alterazione più o meno profonda dello stato di coscienza, funzionale al recupero delle informazioni estetiche (criptate nella “memoria estetica”) e delle abilità creative latenti, sconosciute ed inaccessibili al soggetto in stato di coscienza ordinario; b) involontariamente, ovvero al di fuori del controllo cosciente dell’individuo ed in presenza di particolari condizioni che ne favoriscono l’attivazione, manifestandosi sotto forma di “attacchi” improvvisi di creatività (simili a dei veri e propri raptus), che vengono normalmente stimolati da un evento che funge da “innesco” o catalizzatore, come ad esempio la visione di un’immagine evocativa, analogamente a quanto avviene nei processi di ipnosi, nei quali tale attivazione (in individui fortemente predisposti a suscettibilità ipnotica) può essere indotta da una specifica parola (Hilgard, 1965). In quest’ultimo caso, lo stato di attivazione involontaria susseguente alla condizione di attivazione (arousal) permette al soggetto di accedere ad abilità creative latenti inaccessibili allo stato cosciente. L’innesco infatti induce nel soggetto lo stato modificato di coscienza che dà inizio al processo creativo automatico: attraverso tale stato coscienziale, l’individuo può accedere alla 258 | P a g . “memoria estetica” dando il via al processo di produzione automatica che, come si è visto, è guidato dai meccanismi funzionali propri dei neuroni specchio, secondo lo schema osservazione/visione mentale > azione/riproduzione grafico-pittorica. Le abilità creative latenti che si manifestano attraverso gli automatismi creativi tipici dell’arte medianica sono basate sulla simulazione/riproduzione delle immagini mentali visualizzate dal soggetto in stato modificato di coscienza, attraverso impulsi psicomotori che si traducono in sequenze di movimenti finalizzati alla riproduzione artistica. Come rilevato in alcuni casi di studio (tutti quelli non riconducibili ai Centros brasiliani, i quali fungono da incubatori dei processi di automatismo per i medium-pittori, che si nutrono di suggestioni spiritico-medianiche tipiche di tale contesto socio-culturale e religioso), l’abilità creativa manifestata dai pittori medianici, così come era apparsa, può anche scomparire all’improvviso: allo stesso modo in cui il soggetto aveva manifestato improvvisamente un eccezionale talento artistico attraverso la creazione inconsapevole e involontaria di opere d’arte, altrettanto improvvisamente tale talento sparisce ed il soggetto non è più in grado di realizzare alcuna opera, non essendo più capace di disegnare o dipingere a livello cosciente (infatti non ricorda di aver manifestato tale capacità, né di aver mai posseduto tale talento o competenza artistica). Tra l’altro, sembrano non verificarsi più le condizioni in grado di attivare i processi di automatismo creativo, ossia gli stati modificati di coscienza. Esiste dunque un meccanismo, ancora sconosciuto, capace di attivare o disattivare il fenomeno (una sorta di “interruttore” psichico), che non sembra essere collegato ad alcun evento (o stato sintomatologico specifico) relativo alla vita dei soggetti analizzati, cioè non è stato rilevato nulla in grado di giustificare l’improvvisa scomparsa delle manifestazioni di automatismo creativo. Solo un ulteriore approfondimento della neurobiologia dei processi di automatismo creativo potrà fornire gli elementi utili alla costruzione di un quadro noetico sufficientemente chiaro ed esplicativo. Un altro elemento che nel corso della ricerca ha attirato la nostra attenzione, è il fatto che le manifestazioni di arte medianica si verificano quasi esclusivamente in individui appartenenti alle culture occidentali (soprattutto 259 | P a g . in quelli di cultura neolatina), come dimostrato dalla numerosità dei casi ricorrenti in Brasile, Francia e Italia. È come se i processi di “visione interna” riscontrati negli artisti medianici, che sarebbero correlati, come si è visto, al sistema dei neuroni specchio, in grado di tradurre la visione interiore in azione pittorica automatica, siano in qualche modo già connaturati alle culture orientali, fortemente permeate da sistemi di credenze e pratiche filosoficospirituali di ascetismo mistico e meditazione, attraverso cui l’individuo puo entrare in contatto con la dimensione più profonda della propria coscienza (si pensi al Buddhismo Zen o al misticismo ascetico induista), diventando quindi poco ricettivo o “immune”, anche a livello psicofisico, rispetto ai fenomeni di automatismo creativo, che invece ricorrono più frequentemente in individui appartenenti a culture (quali appunto quelle occidentali) che non hanno maturato nel proprio genoma culturale il livello di profondità interiore e spirituale raggiunto dalle culture orientali, grazie appunto alla disponibilità di sistemi filosofico-religiosi millenari e culturalmente radicati. Inoltre, si è notata una particolare correlazione tra i casi di arte medianica e quelli relativi alla Sindrome di Stendhal (detta anche Sindrome di Firenze, o Hyperkulturemia), che deriva il suo nome dallo pseudonimo utilizzato dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle (1783-1842), che ne fu colpito per la prima volta durante il viaggio compiuto in Italia nel 1817, fornendo una descrizione dei sintomi nel resoconto della sua esperienza.12 Questo disturbo neurologico di natura psicosomatica, individuato per la prima volta nel 1977 dalla psichiatra italiana Graziella Magherini, sarebbe dovuto ad un sovraccarico di immagini artistiche (specie se concentrate in spazi ristretti) o ad esperienze di fruizione estetica estremamente ravvicinate e compattate, come appunto quelle vissute dai turisti che, in pochi giorni di permanenza, sperimentano una full immersion nelle bellezze storico-artistiche di Firenze. Tali circostanze (o eventi scatenanti) determinerebbero un vero e proprio “cortocircuito” percettivo nell’individuo colpito (cultural overload): la Sindrome di Stendhal descrive infatti tutta una serie di sintomi di natura psicofisica che si verificano in individui prevalentemente occidentali in visita 12 Stendhal (1826). Rome, Naples et Florence. Paris: Delaunay. 260 | P a g . a musei o gallerie d’arte, di solito turisti/viaggiatori solitari di sesso maschile, di età compresa tra i 25 e i 45 anni, dotati di un buon livello di istruzione scolastica (Magherini, 1989). Il range sintomatologico di questa sindrome è molto vario e comprende sia disturbi di natura psicotica, che esperienze di tipo nevrotico/dissociativo, come ad esempio: percezioni e intuizioni di natura delirante, associate ad allucinazioni visive e auditive, disturbi maniacali e ipomaniacali (euforia, sensazione di estasi, delirio di onnipotenza), panico, ansia, fobia, cenestofrenie, deliri olotimici e catatimici (ossia disturbi della sfera affettiva, caratterizzati da depressione o senso di colpa e rovina). A livello neurologico, l’eziologia di questa psicosi riguarderebbe la particolare sensibilità di alcuni soggetti predisposti a meccanismi di distorsione percettiva, riferibili proprio all’attivazione dei neuroni specchio, i quali verrebbero elicitati dal processo di fruizione estetica, determinando appunto una sorta di “cortocircuito” percettivo nell’individuo, ovvero una overdose di stimoli di natura estetica che il soggetto non è in grado di decodificare adeguatamente (in quanto collegate ad un sovraccarico di informazioni di natura artistico-culturale, concentratesi nella mente dell’individuo), e che quindi scatenano la sintomatologia psichica sopra descritta. L’alta concentrazione di opere d’arte in spazi ristretti e la velocità di fruizione estetica in poco tempo disorienterebbero quindi l’individuo, provocando un fenomeno di rifrazione interna in grado di disorientare e destabilizzare l’equilibrio psicofisico del soggetto coinvolto: è come se una stessa immagine si riflettesse e rifrangesse più volte nella mente dell’individuo (analogamente a un gioco di specchi), attivando una fenomenologia psicotica, che si manifesta attraverso percezioni abnormi e sensazioni di tipo onirico o psichedelico (Nicholson, Pariante & McLoughlin, 2009; Gallese, Migone & Eagle, 2006; Innocenti et al., 2014). In merito all’interpretazione neurobiologica della Sindrome di Stendhal, ed in particolare a proposito del coinvolgimento dei neuroni specchio, è stato osservato che “attraverso il meccanismo della simulazione incarnata mediata dai neuroni specchio l'osservazione di un'opera d'arte potrebbe teoricamente generare nell'osservatore in maniera automatica, non consapevole e pre- 261 | P a g . riflessiva i medesimi stati emozionali consci od inconsci che il suo autore ha voluto più o meno consapevolmente esprimere, in alcuni casi così intensi da generare in soggetti predisposti quadri psicopatologici complessi come quelli osservati nella sindrome di Stendhal. Anche l'interpretazione psicoanalitica della sindrome proposta dalla Magherini riletta alla luce delle recenti scoperte sui neuroni specchio e dei meccanismi relativi alla simulazione incarnata può non apparire un costrutto totalmente privo di fondamento scientifico. Se è stato dimostrato che provare una emozione e osservare la stessa emozione provata da altri attivano la stessa struttura neurale, questi meccanismi potrebbero essere utilizzati per spiegare l'empatia o fenomeni come l'identificazione proiettiva: il “Fatto Scelto” nell'interpretazione psicoanalitica della sindrome di Stendhal potrebbe rappresentare quel particolare dell'opera d'arte che elicita una popolazione di neuroni specchio responsabile della simulazione di un particolare stato d’animo nell'osservatore e del conseguente scatenamento della sintomatologia psichica. Quello che va notato è che secondo la teoria della simulazione incarnata da parte del soggetto non ci sarebbe alcuna intenzione inconscia: l'empatia e l'identificazione proiettiva secondo questa teoria sarebbero fenomeni automatici e ubiquitari ed in ogni relazione umana vi sarebbe una induzione automatica di quello che l'altro prova”.13 In realtà esistono diverse varianti della “Sindrome di Firenze” (definita così in quanto colpirebbe appunto i turisti in visita ai musei di Firenze), che presentano una correlazione inversa rispetto alla presunta caratterizzazione prevalentemente “occidentale” del fenomeno. Tali varianti sono: la cosiddetta “Sindrome di Parigi”, la quale colpirebbe quasi esclusivamente i turisti giapponesi (dunque orientali), in visita alla capitale francese (dovuta probabilmente al disagio psichico, definito Pari shōkōgun, causato dalla visione idealizzata di tale città, maturata nella cultura nipponica, e l’effettiva percezione della città reale), oppure la “Sindrome di Gerusalemme”, collegata ai disturbi psichici causati dall’intensa suggestione esercitata dal luogo religioso, capace di indurre forti reazioni emozionali nei visitatori. Comunque Il brano, riportato integralmente, è tratto dalla voce ”Sindrome di Stendhal”, reperita su Wikipedia e disponibile al link: https://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Stendhal 13 262 | P a g . sia, tutti i quadri clinici sopra delineati hanno in comune l’insorgenza improvvisa di uno scompenso psichico acuto, in grado di indurre forti reazioni emozionali, scatenando la sintomatologia psichica descritta nei soggetti colpiti. Ai fini della presente ricerca, è importante evidenziare il fatto che già altri studi (non specificamente incentrati sugli automatismi creativi) hanno messo in luce il coinvolgimento del sistema dei neuroni specchio nei processi di percezione estetica: infatti, secondo l’ipotesi presentata in questo lavoro di ricerca, esiste una stretta correlazione tra i neuroni specchio e i fenomeni di arte medianica, ed i suddetti studi avvalorerebbe ancora di più la nostra ipotesi. 7.2 Riepilogo dei risultati raggiunti Presentiamo qui di seguito un breve riepilogo dei risultati raggiunti attraverso il nostro lavoro di ricerca, attraverso cui siamo arrivati alla formulazione di una nuova ipotesi interpretativa di tipo neuroscientifico, relativa ai fenomeni di automatismo creativo noti come “arte medianica”: ritenendo che tali risultati siano sufficientemente in grado di sostenere la validità della nuova ipotesi qui presentata, si spera che essi possano costituire un valido punto di partenza per ulteriori studi di approfondimento su questa affascinante tematica relativa alla multiformità dei processi creativi messi in atto dall’essere umano grazie alle straordinarie capacità della mente, ancora in gran parte sconosciute. Riepilogando, la ricerca sin qui condotta ha dunque rilevato che: 1. Esistono capacità creative che trascendono il puro apprendimento cosciente di conoscenze e competenze artistiche o tecnico-stilistiche, che vengono comunemente acquisite attraverso un processo di formazione di tipo scolastico-accademico, oppure attraverso la pratica artistica professionale, semi-professionale o dilettantistico-amatoriale ripetuta nel tempo; 2. Tali capacità vengono sviluppate inconsapevolmente dall’individuo attraverso i processi di percezione/visione di informazioni, dati ed esperienze di natura estetica ed introiettate in una specifica area della 263 | P a g . memoria, pronte ad emergere sotto forma di abilità artistiche latenti, se opportunamente attivate in particolari condizioni; 3. L’accesso a tali capacità e l’attivazione dei processi di automatismo creativo sono attualmente osservabili solo in alcuni individui; 4. Tali capacità sono normalmente inaccessibili all’individuo in stato di coscienza ordinario: l’accesso avviene nella maggior parte dei casi in stato modificato di coscienza; 5. Gli individui interessati dai fenomeni di automatismo creativo sarebbero dotati di una particolare struttura o asset neurale, tale da renderli “ipersensibili” al dato estetico; 6. Lo sviluppo di queste capacità creative latenti, che si manifestano attraverso i fenomeni di automatismo creativo, può essere ricondotto al sistema neurobiologico dell’essere umano; 7. Tali capacità sono collegate alle specifiche modalità di funzionamento dei neuroni specchio e si basano sul modello di risposta funzionale osservazione > azione; 8. Anche un altro essere vivente dotato di neuroni specchio, ossia l’elefante, è in grado di dipingere o disegnare in modo automatico, ovvero senza possedere alcuna competenza o conoscenza consapevole di tipo tecnico-artistico o stilistico, a conferma di un coinvolgimento dei neuroni specchio nei fenomeni di automatismo creativo; 9. Esiste una “memoria estetica”, ossia un tipo di memoria selettiva rispetto ai dati estetici provenienti dall’esperienza percettiva del soggetto: si tratta di una specifica area della memoria (inaccessibile allo stato di coscienza ordinario) all’interno della quale verrebbero inconsapevolmente immagazzinate le informazioni di natura estetica (immagini e/o azioni) provenienti dall’esperienza percettiva del soggetto percipiente; 10. Il processo di selezione dei dati estetici attraverso l’esperienza percettiva potrebbe essere legato a una disfunzione nei meccanismi di 264 | P a g . neural binding; in base al quale i suddetti dati, anziché giungere all’individuo integrati in un’esperienza percettiva globale e unitaria, verrebbero filtrati selettivamente ed introiettati in maniera subliminale (ovvero senza il controllo cosciente del soggetto), per essere immagazzinati nella “memoria estetica”, che li conserverebbe in maniera latente fino al momento dell’attivazione dei processi di automatismo creativo; 11. I soggetti dotati di quella particolare struttura o asset neurale (che li rende ipersensibili al dato estetico) sono in grado di recuperare, in particolari stati modificati di coscienza, immagini o esperienze di natura estetica, registrate in maniera selettiva nella “memoria estetica”, attivando inconsapevolmente abilità artistiche latenti che si manifestano attraverso gli automatismi creativi, basati su uno schema di corrispondenza tra visione mentale ed azione pittorica, guidato dal sistema dei neuroni specchio; 12. Tale asset neurale potrebbe essere trasmissibile, se non geneticamente, a livello memetico, secondo una prospettiva di tipo “transpersonale” (Ianneo, 1999; Jouxtel, 2010). I risultati della presente ricerca confermano che alcuni individui sono dotati di abilità creative latenti, che superano le normali capacità di espressione della creatività secondo consueti meccanismi di tipo standard comunemente osservabili e che restano inespresse allo stato di coscienza ordinario. Tali abilità sono subliminali, in quanto vengono introiettate inconsapevolmente a livello profondo e si nascondono al di sotto del livello di coscienza ordinario, ma possono emergere con forza all’improvviso, una volta “liberate” da specifici meccanismi di attivazione (coincidenti generalmente con stati modificati di coscienza o di dissociazione creativa), rompendo le barriere imposte dall’Io razionale e manifestandosi sotto forma di automatismi creativi apparentemente inspiegabili, in quanto differenti dalle normali modalità di espressione della creatività ordinaria (Grosso, 1997; Braude, 2002). 265 | P a g . La stretta correlazione tra i fenomeni di automatismo creativo ed i meccanismi di funzionamento dei neuroni specchio, rilevata nel corso della presente ricerca, confermerebbe dunque la matrice neurobiologica delle manifestazioni psichiche di creatività non-ordinaria che sono state definite “arte medianica”. 266 | P a g . RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Akiskal, H. S., & Akiskal, K. (1988). Reassessing the prevalence of bipolar disorders: Clinical significance and Artistic Creativity. Psychiatry and Psychobiology, 3, 29–36. Allison, R. (1980). Mind in Many Pieces. New York: Rawson, Wade. Almeida, A. M., Lotufo Neto, F., & Greyson, B. (2007). Dissociative and psychotic experiences in Brazilian Spiritist mediums. Psychoterapy and Psychosomatics, 76, 57–58. doi:10.1159/000096365 Alvarado, C. S. (2005). Research on non-pathological dissociation. Ciencias de la Conducta, 20(1), 31–56. Anastasi, A., & Foley, J. P., Jr. (1940). A survey of the literature on artistic behavior in the abnormal: III. Spontaneous productions. Psychological Monographs, 52(6), 1–71. doi:10.1037/h0093580 Anastasi, A., & Foley, J. P., Jr. (1941).A survey of the literature on artistic behavior in the abnormal: II. Approaches and interrelationships. Annals of the New York Academy of Sciences, 42(1), 1–121. doi:10.1111/j.1749-6632.1941.tb55387.x Anastasi, A., & Foley, J. P., Jr. (1941). A survey of the literature on artistic behavior in the abnormal: I. Historical and theoretical background. J. Genet. The Journal of General Psychology, 25(1), 111–142. doi:10.1080/00221309.1941.10544708 Anastasi, A., & Foley, J. P., Jr. (1941). A survey of the literature on artistic behavior in the abnormal: IV. Experimental Investigations. J. Genet. The Journal of General Psychology, 25(1), 187–237. doi:10.1080/00221309.1941.10544711 Anastasi, A., & Foley, J. P., Jr. (1944). An experimental study of the drawing behaviour of adult psychotics in comparison that of a normal control group. Journal of Experimental Psychology, 34, 169–194. doi:10.1037/h0058121 267 | P a g . Andreasen, N. C. (1988). Bipolar affective disorder and creativity: Implications and clinical management. Comprehensive Psychiatry, 29(3), 207–217. doi:10.1016/0010-440X(88)90044-2 Andreoli, V. (1963). L’espressione grafica nei malati di mente. In Psicopatologia dell’Espressione, edito in occasione delle V Giornate Mediche Internazionali degli Istituti Ospitalieri, Verona. Andreoli, V. (1968). Sexuality and religion shown in graphic expression of a chronic schizophrenic. La Settimana Medica, 56, 85–99. Andreoli, V., & Trabucchi, M. (1969). L’evoluzione dello stile fondamento per una utilizzazione clinica dell’espressione grafica. Neuropsichiatria, 25, 151–162. Andreoli, V. (1972). Il Mandala nella “Weltanschauung” schizofrenica. In AA.VV., Psicanalisi e strutturalismo di fronte a Dante, vol. I. Firenze: Lep S. Olschki, 369–387. Andreoli, V. (2009). Il linguaggio grafico della follia. Milano: BUR Saggi. Angoff, A., & Shapiro, B. (Eds.) (1970). Psi factors in creativity. New York: Parapsychology Foundation. Angoff, A., & Barth, D. (Eds.) (1974). Parapsychology and anthropology. New York: Parapsychology Foundation. Amaru, E., & Alleguede, O. (2014). Artiste médium. L’art fantastique… Entre vision et rébellion. Escalquens, FR: Editions Trajectoire. Ampolo, V., & Carretta, L. (Eds.) (2005). Dissociazione e creatività. La transe dell'artista. Pasian di Prato (UD): Campanotto Editore. APA - American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina. Arieti, S. (1976). Creativity: The Magic Synthesis. New York: Basic Books. Arnheim, R. (1954). Art and Visual Perception: A Psychology of the Creative Eye. Berkeley-Los Angeles, CA: University of California Press. Ås, A. (1963). Hypnotizability as a Function of Nonhypnotic Experiences. Journal of Abnormal and Social Psychology, 66(2), 142-150. doi:10.1037/h0045590 Assagioli, R. (1935). Manifestazioni supercoscienti: l’arte e la personalità di Maria Gallotti, La Ricerca Psichica, 35, 417–426. Baars, B. (1988). A Cognitive Theory of Consciousness. Cambridge: Cambridge University Press. 268 | P a g . Bader, A. (1958). Art moderne et schizophrénie. Revue Suisse de Psychologie, 17(1), 48–54. Bagchi, B. H. (1971). Mysticism and Mist in India, In U. Kamiya, T. X, Barber, L. V. DiCara, N. E. Miller, D. Shapiro & J. Stoyva (Eds.). Biofeedback and SelfControl. New York, NY: Aldine-Arherton. Bahnson, C. B., & Smith, K. (1975). Automatic changes in a multiple personality. Psychosomatic Medicine, 37, 85–86. Ball, P. (2000). Lucid dreaming and the art of dreaming creatively. London: Arcturus Publishing, Ltd. Bar, M, & Neta, M. (2006). Humans prefer curved visual objects. Psychological Science, 17(8), 645–648. doi:10.1111/j.1467-9280.2006.01759.x Barber, T. X. (1979). Suggested (“Hypnotic”) Behavior: The Trance Paradigm Versus an Alternate Paradigm, In E. Fromm, & R. E. Shor (Eds.). Hypnosis: Developments in Research and New Perspectives. New York, NY: Aldine. Barbosa, P. C. R., Giglio, J. S., & Dalgalarrondo, P.(2005). Altered states of consciousness and short-term psychological after-affects induced by the first-time ritual use of ayahuasca in an urban context in Brasil. Journal of Psychoactive Drugs, 37, 93–201. doi:10.1080/02791072.2005.10399801 Barison, F. (1964). Arte e schizofrenia (I): Nuove considerazioni sui rapporti fra arte e schizofrenia. Archivio Psicologia Neurologia Psichiatria, 25, 19–25. Barman, W., & Rheingold, H. (1986). Creatività superiore. Roma: Astrolabio. Barrett, D. L. (1996a). Fantasizers and Dissociaters: Two types of High Hypnotizables, Two Imagery Styles. In R. Kusendorf, N. Spanos, & B. Wallace (Eds.), Hypnosis and Imagination. New York: Baywood Publishing. Barrett, D. L. (1996b). Dreams in multiple personality. In D. L. Barrett (Ed.), Trauma and Dreams. Cambridge, MA: Harvard University Press. Barrett, D. L. (2010). Dissociaters, Fantasizers, and their Relation to Hypnotizability. In D. L. Barrett (Ed.). Hypnosis and Hypnotherapy (Vol. 1: History, theory and general research). New York: Praeger/Greenwood. Barriére, G. (1988). Art médiumnique: La peinture de l’au-delà. Beaux-arts Magazine, 63. Barton, M. E. (2008). Soul Sight: Projections of Consciousness and Out of Body Epiphanies. Kindle Edition (Ebook). Baudouin, C. (1927). Psychoanalyse de l’art. Paris: Félix Alcan. 269 | P a g . Baynes, H. G. (1940). Mythology of the soul: a research into the unconscious from schizophrenic dreams and drawings. Baltimore, MA: Williams and Wilkins. Bedoni, G. (1997). Arte, psicopatologia, psicoanalisi. Conversazione con Fausto Petrella. In B. Tosatti (Ed.), Figure dell'anima. Arte irregolare in Europa. Milano: Mazzotta. Belli, A. (2000). Transe, estasi e conoscenza. In Uomini e Idee, 8 (Creatività e stati modificati di coscienza), 85–114. Napoli: Alfredo Guida Editore. Bellisai, M. V. (1981). I messaggi del fiore. Messaggi e disegni medianici ricevuti da Milly Canavero. Roma: Edizioni Mediterranee. Bender, H. (1936). Psychische Automatismen. Leipzig: Barth. Bender, H. (1981). Telepatia, chiaroveggenza, psicocinesi. Roma: Edizioni Mediterranee. Bentall, R. P. (1990). The illusion of reality: a review and integration of psychological research on hallucinations. Psychological Bulletin, 107, 82–95. doi:10.1037/0033-2909.107.1.82 Bentall, R. P. (2000). Hallucinatory experiences. In E. Cardeña, S. J. Lynn, & S. Krippner (Eds.), Varieties of Anomalous Experience (pp. 85–120). Washington, MA: American Psychological Association. Berenbaum, H., Kerns, J., & Raghavan, C. (2000). Anomalous experiences, peculiarity, and psychopathology. In E. Cardeña, S. J. Lynn, & S. Krippner (Eds.), Varieties of Anomalous Experience (pp. 25–46). Washington, MA: American Psychological Association. Berlin, L., Guthrie, T., Weider, A., Goodell, H., & Wolff, H. G. (1955). Studies in human cerebral function: the effects of mescaline and lysergic acid on cerebral processes pertinent to creative activity. Journal of Nervous and Mental Disease, 122(5), 487–491. doi:10.1097/00005053-195511000-00012 Bernheim, H. (1917). Automatisme et suggestion. Paris: Félix Alcan. Bernstein, D. P., & Fink, L. (1997). Childhood Trauma Questionnaire: A retrospective self-report. San Antonio, TX: Pearson. Bernstein, E. M., & Putnam, F. W. (1986). Development, reliability, and validity of a dissociation scale. Journal of Nervous and Mental Disease, 174, 727–735. doi:10.1097/00005053-198612000-00004 Bianchi, A. (1997). I mistici del vegetale: piante psicotrope e stati alterati di coscienza nella Selva Amazzonica. Uomini e idee, 1-2, 129–142. 270 | P a g . Billing, O. (1971). Is schizophrenic expression art?. A comparative study of creativeness and schizophrenic thinking. Journal of Nervous and Mental Disease, 153(3), 149–164. doi:10.1097/00005053-197109000-00001 Binet, A. (2011). Le alterazioni della personalità [1892]. Roma: Fioriti Editore. Biondi, M., & Tressoldi, P. E. (2007). Parapsicologia. Storia, ricerca, evidenze. Bologna: Il Mulino. Blackmore, S. (1984). A psychological theory of the out-of-body experience. Journal of Parapsychology, 48, 201–218. Blanke, O., Ortigue, S., Landis, T., & Seeck, M. (2002). Stimulating illusory ownbody perceptions. Nature, 419, 269–270. doi:10.1038/419269a Bobon, J. (1955). Psychopathologie de l’expression plastique (mimique et picturale): note préliminaire sur les “néomimismes” et les “néomorphismes”, Acta Neurol. Psychiatr. Belg., 55, 923. Bobon, J. (1957). Du geste et du dessin magiques au néographismes conjuratoire, Acta Neurol. Psychiatr. Belg, 52, 815–829. Bobon, J. (1962). Psychopathologie de l’expression. Paris: Asson. Bobon, J., & Maccagnani G. (1963). L’espressione plastica in psicopatologia. Imola: Galeati. Bobon, J. (1969). Psych’art: Tableaux d’une exposition. Liège: Galerie de l’Apiaw. Boden, M. A. (1991). The Creative Mind: Myths and Mechanisms. New York: Basic Books. Borel, A. (1945). Unconscious process in artistic creation. Journal of Clinical and Experimental Psychopathology, 7, 253–272. Borjigin, J., Lee, U., Liu., T., Pal, D., Huff, S., Klarr, D., Sloboda, J., Hernandez, J., Wang, M. M., & Mashour, G. A. (2013). Surge of neurophysiological coherence and connectivity in the dying brain. Proceedings of the National Academy of Sciences, 110(35), 14432–14437. doi/10.1073/pnas.1308285110 Bourguignon, E. (1983). Antropologia psicologica. Roma-Bari: Laterza. Braud, W. G. (1980). Lability and Inertia in Conformance Behavior. Journal of the American Society for Psychical Research 74, 297–318. Braud, W. G., & Schlitz, M. (1989). A Methodology for the Objective Study of Transpersonal Imagery, Journal of Scientific Exploration, 1, 43–63. 271 | P a g . Braude, S. E. (1988). Mediumship and multiple personality. Journal of the American Society for Psychical Research, 55(813), 177–195. Braude, S.E. (1995). First person plural: Multiple personality and the philosophy of mind. Lanham-London: Rowman & Littlefield Braude, S. E. (2000). Dissociation and Latent Abilities: The Strange Case of Patience Worth. Journal of Trauma and Dissociation, 1(2), 13–48. doi:10.1300/J229v01n02_02. Braude, S. E. (2002). The creativity of dissociation. Journal of Trauma and Dissociation, 3(3), 5–26. doi:10.1300/J229v03n03_02 Braude, S. E. (2003). Immortal Remains: the evidence of life after death. Plymouth, UK: Rowman & Littelfield Publishing Group, Inc. Bredart, S., Lampinen, J. M., & Defeldre, A. (2003). Phenomenal characteristics of cryptomnesia. Memory, 11, 1–11. doi:10.1080/741938174 Breton, A. (1933). Le message automatique. Minotaure, 3-4(12), 54–65. Paris: Ed. Albert Skira. Breton A. (1945). Primo Manifesto del Surrealismo [1924]. Venezia: Edizioni del Cavallino. Breton, A. (2007). The Automatic Message. In C. Dichter, H. G. Golinski, M. Krajewski, & S. Zander (Eds.), The Message. Art and Occultism (pp. 33–55). Cologne: Walther König. Broad, C. D. (1953). Religion, Philosophy and Psychical Research. New York, NY: Harcourt, Brace. Broughton, R. (2007). Memory, emotion and the receptive psi process. Journal of Parapsychology. 71(2), 255–274. Brown, A. S., & Halliday, H. E. (1991). Cryptomnesia and source memory difficulties. American Journal of Psychology, 104, 475–490. doi:10.2307/1422937 Brown, A. S., & Murphy, D. R. (1989). Cryptomnesia: Delineating inadvertent plagiarism. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition, 15, 432–442. doi:10.1037/0278-7393.15.3.432 Bryant, R.A., & McConkey, K.M. (1989a). Hypnotic blindness: A behavioral and experiential analysis. Journal of Abnormal Psychology, 98, 71–77. doi:10.1037/0021-843X.98.1.71 272 | P a g . Bryant, R.A., & McConkey, K.M. (1989b). Visual conversion disorder: A case analysis of the influence of visual information. Journal of Abnormal Psychology, 98, 326–239. doi:10.1037/0021-843X.98.3.326 Bryant, R.A., & McConkey, K.M. (1989c). Hypnotic blindness, awareness, and attribution. Journal of Abnormal Psychology, 98, 443–447. doi:10.1037/0021843X.98.4.443 Buccino, G., Binkoski, F., Fink, G. R., Fadiga, L., Fogassi, L., Gallese, V., Seitz, R. J., Zilles, K., Rizzolatti, G., Freund, H.-J. (2001). Action observation activates premotor and parietal area in a somatotopic manner: a fMRI study. European Journal of Neuroscience, 13, 400–404. Buckalew, L.W., Finesmith, S.H., & Sisemore, D.A. (1968). An experimental demonstration of learning without awareness. Psychonomic Science, 11, 277– 278. doi:10.3758/BF03328190 Burgess, N., & O’Keefe, J. (2003). Neural representations in human spatial memory. Trends in Cognitive Science, 7(12), 517–519. doi:10.1016/j.tics.2003.10.014 Bychowski, G. (1951). Metapsychology of artistic creation. Psychoanalytic Quarterly, 20, 592–602. Cahn, B.R., Delorme, A., & Polich, J. (2010). Occipital gamma activation during Vipassana meditation. Cognitive Processing, 11(1), 39–56. doi:10.1007/s10339009-0352-1 Calvo, M. G., & Lang, P. J. (2004). Gaze patterns when looking at emotional pictures: Motivationally biased attention. Motivation and Emotion, 28, 221–243. doi:10.1023/B:MOEM.0000040153.26156.ed Cameron, N. (1938). Individual and social factors in development of graphic ability. J. Psychol. 5, 165–184. Camilla, G. (2000). Arte visionaria 1. Altrove. Rivista della Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza, 7, 84–103. Campbell, J., & Moyers, B. (1991). The power of myth. New York: Knopf Doubleday Publishing Group. Cappelletto, C. (2009). Neuroestetica. L’arte nel cervello. Roma-Bari: Laterza. Cappuccio, M. (Ed.) (2006). Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell’esperienza cosciente. Milano: Paravia Bruno Mondadori Editori. Cardeña, E. (1997). The etiologies of dissociation. In S. Krippner, & S. M. Powers (Eds.), Broken Images, Broken Selves: Dissociative Narratives in Clinical Practice. Washington, DC: Brunner/Mazel. 273 | P a g . Cardeña, E., Lynn, S.J., & Krippner, S. (Eds.) (2000). Varieties of anomalous experience: Examining the scientific evidence. Washington, DC: APA Books. Cardeña, E. (2009). Anomalous experiences during sleep hypnosis. In M. Smith (Ed.) Anomalous experiences: Essays from Parapsychological and Psychological Perspectives (pp. 93–107). New York: Praeger. Cardeña, E., & Krippner, S. (2010). The cultural context of hypnosis. In S. J. Lynn, J. W. Rhue, & I. Kirsch (Eds.), Handbook of clinical hypnosis (2nd ed.), 743–771. Washington, DC: APA Books. Cardeña, E., Iribas, A., & Reijman, S. (2012). Art and Psi. Journal of Parapsychology, 76(1), 3–25. Cardinal, R., Danchin, L., Lusardy, M., Méheust, B., Pigani, E., Ahmed, D. S., & Thévoz, M. (1999). Art spirite médiumnique, visionnaire, messages d'outremonde (exhibition catalogue). Paris: Halle Saint-Pierre & Éditions Hoëbeke. Caretti, V., Craparo, G., Schimmenti, A. (2007). Gli esiti psicopatologici della dissociazione. Psichiatria & Psicoterapia, 26(1), 9–25. Carhart-Harris, R. L., et al. (2012). Neural correlates of the psychedelic state as determined by fMRI studies with psilocybin. Proceedings of the National Academy of Sciences, 109, 2138–2143. doi:10.1073/pnas.1119598109 Carlson, E. B., & Putnam, F. W. (1993). An update on the Dissociative Experiences Scale. Dissociation, 6(1), 16–27. Carlson, E. B., Putnam, F. W., Ross, C. A., Torem, M., Coons, P., Dill, D., Loewenstein, R. J., & Braun, B. G. (1993). Validity of the Dissociative Experiences Scale in screening for multiple personality disorder: A multicenter study. American Journal of Psychiatry, 150, 1030–1036. doi: 10.1176/ajp.150.7.1030 Carretie, L. Hinojosa, J. A., Martin-Loeches, M., Mecado, F., & Tapia, M. (2004). Automatic attention to emotional stimuli: Neural correlates. Human Brain Mapping, 22, 290–299. doi:10.1002/hbm.20037 Cassoli, P. (1972). Studio di un caso di cosiddetta ‘pittura medianica’: Giuseppe Lanzillo. Quaderni di Parapsicologia, 4-5. Bologna: CSP, Centro Studi Parapsicologici. Cassoli, P. (1976). La pittura medianica. ESP, 12. Cassoli, P. (2001). La parapsicologia. Milano: Xenia Edizioni. Cavalli-Sforza, L. L., & Feldman, M. (1981). Cultural Transmission and Evolution: A Quantitative Approach. Princeton, New Jersey: Princeton University Press. 274 | P a g . Cela-Conde, C., Marty, G., Maestú, F., Ortiz, T., Munar, E., Fernández, A., Roca, M., Rosselló-Mir, J., Quesney, F. (2004). Activation of the prefrontal cortex in humans visual aesthetic perception. Proceedings of the National Academy of Sciences, 101(16), 6321–6325. doi:10.1073/pnas.0401427101 Centro di Psicoanalisi Romano (Società Psicoanalitica Italiana) (2012). Dissociazione, scissione, rimozione. Milano: FrancoAngeli. Chippindale, C., Smith, B., & Taçon, P. S. C. (2000). Visions of dynamic power: Archaic rock paintings, alteres states of consciousness and clever men in Western Arnhem Land (NT), Australia. Cambridge Archeological Society, 10(1), 63–101. doi:10.1017/S0959774300000032 Chu, Y. K. (1970). Oriental views on creativity. In A. Angoff, & B. Shapiro (Eds.), Psi factors in creativity. Parapsychology Foundation, New York, 35–50. Cooperstein, M. A. (1996). Consciousness and cognition in alternative healers: An interim report on research into the relationship of belief, healing, and purported subtle energies. Subtle Energies & Energy Medicine, 7(3), 185-238. Coppo, P. (1999). Etnopsichiatria. Milano: Il Saggiatore. Couliano, I. P. (1991). I viaggi dell’anima. Milano: Mondadori. Corquin., P. (1933). Une grande figure dans l’ombre: A. Lesage, Revue Spirite, 76, 59–61. Courquin, P. (1935). Un nouveau medium peintre: Victor Simon. Revue Spirite, 105. Dagnall, N., Munley, G., Parker, A., & Drinkwater, K. (2010). Paranormal belief, schizotypy, and transliminality. International Journal of Parapsychology, 74(1), 117–135. Dalenberg, C. J., Brand, B. L., Gleaves, D. H., Dorahy, M. J., Loewenstein, R. J., Cardeña, E., Frewen, P. A., Carlson, E. B., Spiegel, D. (2012). Evaluation of the evidence for the trauma and fantasy models of dissociation. Psychological Bulletin, 138(3), 550–588. doi:10.1037/a0027447 Davidson, J. M., & Davidson, R. J. (Eds.) (1980). The Psychobiology of Consciousness. New York: Plenum. Dawkins, R. (1976). The Selfish Gene. New York, NY: Oxford University Press. Dax, E. C. (1953). Experimental Studies in Psychiatric Art. London: Faber and Faber. Deikman, A. J. (1972a). Deautomatization and the Mystical Experience. In C. T. Tart (Ed.), Altered States of Consciousness. Garden City, NY: Anchor. 275 | P a g . Deikman, A. J. (1972b). Experimental Meditation, In In C. T. Tart (Ed.), Altered States of Consciousness. Garden City, NY: Anchor. Deikman, A. J. (1974). Bimodal Consciousness, In R. E. Ornstein (Ed.), The Nature of Human Consciousness. New York, NY: Viking. Delacampagne, C. (1979). Des artistes inspirés par l'au-delà. Psychologie, 119(12). Delay, J., Volmat, R., Pichot, P., & Robert, R. (1959). Névrose narcissique et production artistique. Anxiété, peinture et sexualité. L’Encéphale, 48(6), 457– 480. Delorme, A., Beischel, J., Michel, L., Boccuzzi, M., Radin, D., & Mills, P.J. (2013). Electrocortical activity associated with subjective communication with deceased. Frontiers in Psychology, 4(834). doi: 10.3389/fpsyg.2013.00834. Denis, L. (1990). O Espiritismo na arte. Niterói, BR: Arte e Cultura. Dennett, D. C. (2006). I nuovi replicatori, in Rompere l’incantesimo. La religione come fenomeno naturale, Milano: Raffaello Cortina. Denzin, N. (1984). The research act. Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall. Deonna, W. (1932). De la planète Mars en terre sainte. Art et subcoscient. Un médium peintre: Hélène Smith. Paris: De Boccard. Dermen, D., & London, P. (1965). Correlates of hypnotic susceptibility. Journal of Consulting Psychology, 29(6), 537–545. doi:10.1037/h0022621 Deroeux, D. (1999). Fleury-Joseph Crépin. Paris: Idée'Art. Déttore, U. (1992). Paranormale. Dizionario enciclopedico. Milano: Arnoldo Mondadori Editore. Deveney, J. P. (2001). H. P. Blavatsky and Spirit Art. In R. Caron, et al. Esotérisme, gnoses & imaginaire symbolique: mélanges offerts à Antoine Faivre. Leuven, BE: Peeters Publishers. Di Fiorino, M., Del Debbio, A. (2009). Dissociazione una guida pratica. Forte dei Marmi: Psichiatria & Territorio. Di Marco, G. (Ed.) (1995). Creatività, psicopatologia, arte. Castrovillari (CS): Teda Edizioni. Domino, G., Short, J., Evans A., & Romano, P. (2002). Creativity and ego defence mechanism: Some exploratory empirical evidence. Creativity Research Journal, 14(1), 17–25. doi10.1207/S15326934CRJ1401_2 276 | P a g . Dracoulidès, N. N. (1952). Psychanalyse de l’artiste et de son oeuvre. Genève: Mont-Blanc. Dubuffet, J. (1971). I valori selvaggi. Milano: Feltrinelli. Dubugras, E. (1979a). L. A. Gasparetto. Espìritos Diversos. São Paulo, BR: Ed. FEESP. Dubugras, E. (1979b). Is that you, Renoir?. São Paulo, BR: FEESP. Durkheim, È., Hubert, H., & Mauss, M. (1951). Le origini dei poteri magici. Torino: Einaudi. Eastwood, S. L., Burnet, P. W., Gittins, R., Baker, K, & Harrison, P.J. (2001) Expression of serotonin 5-HT(2A) receptors in the human cerebellum and alterations in schizophrenia. Synapse, 42, 104–114. doi:10.1002/syn.1106 Eckblad, M., & Chapman, L. J. (1983). Magical ideation as an indicator for schizotypy. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 51, 215–225. doi:10.1037/0022-006X.51.2.215 Edelman, G. (1991). Il presente ricordato. Una teoria biologica della coscienza. Milano: Rizzoli. Egidi, F. (1953). Pittura e disegni metapsichici. Luce e Ombra, 1–6 (Milano-Roma: Fratelli Bocca Editori, 1954). Ehrenwald, J. (1978). Psi Phenomena, Hemispheric Dominance and the Existential Shift. In B. Shapin & L. Coly (Eds.), Psi and States ofAwareness. New York, NY: Parapsychology Foundation. Ehrenzweig, A. (1948). Unconscious form-creation in art. Part I and II. British Journal of Medical Psychology, 21, 88–109. doi:10.1111/j.20448341.1948.tb01170.x Ehrenzweig, A. (1949). Unconscious form-creation in art. Part III and IV. British Journal of Medical Psychology, 22, 185–214. doi:10.1111/j.20448341.1949.tb02885.x Ehrenzweig, A. (1953). The Psycho-analysis of the artistic vision and hearing. London: Routledge & Kegan Paul. Eibl-Eibesfeldt, I. (1988). The biological foundation of aesthetics. In I. Rentschler, B. Herzberger, D. Epstein (Eds.). Beauty and the Brain. Biological Aspects of Aesthetics. Basel-Boston-Berlin: Birkhäuser Verlag. Einsenbud, J. (1949). Psychiatric Contribution to Parapsychology: A review. Journal of Parapsychology, 13, 247–262. 277 | P a g . Eisenbeiss, W., & Hassler, D. (2006). An Assessment of ostensible communications with a deceased grandmaster as evidence for survival. Journal of Social and Personal Relationships, 70, 65–97. Eliade, M. (1953). Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi. Milano: Fratelli Bocca Editori. Engel, A. K., & Singer, W. (2001). Temporal binding and the neural correlates of sensory awareness. Trends in Cognitive Sciences, 5(1), 16–25. doi:10.1016/S13646613(00)01568-0 Eysenck, H. J. (1995). Genius. The natural of creativity. Cambridge: Cambridge University Press. Fach, W. (2011). Phenomenological aspects of complementarity and entanglement in exceptional human experiences. Axiomathes, 21, 233–247. doi:10.1007/s10516010-9143-7 Fachinelli, E. (1989). La mente estatica. Milano: Adelphi. Falace, L. (2013). Il sincronismo creativo. La legge di attrazione e il fenomeno delle coincidenze significative. Napoli: Iemme Edizioni. Feltz, D. L., & Landers, D. M. (1983). The effects of mental practice on motor skills learning and performance: A meta-analysis. The International Journal of Sport Psychology, 5, 25–57. Ferdière, G. (1947a). Introduction à la recherche d’un style dans les dessins des schizophrènes. Ann. Méd. Psychol., 105(II), 35. Ferdière, G. (1947b). Les dessins schizophréniques: leurs stéreotypies (vraies ou fausses). Ann. Méd. Psychol., 105(II), 95. Ferdière, G. (1948). Le style des dessins schizophréniques: la symétrie et l‘équilibre. Ann. Méd. Psychol., 106(I), 430–434. Ferdière, G. (1951). Le Dessinateur schizophrène. L’évolution psychiatrique, 2, 215–230. Fernandes, M. M. V. (2002). Num mar de luz: Tudo sobre pintura mediúnica. São Paulo, BR: Radhu. Fischer, R. (1965). Aesthetics and the biology of the fleeting moment. Perspectives in Biology and Medicine, 2(VIII), 210–217. doi:10.1353/pbm.1965.0011 Fischer, R. (1968). On creative, psychotic and ecstatic states (pp. 1–30). Relazione presentata al Vth International Colloquium of the America Society of Psychopathology of Expression, Los Angeles, CA. 278 | P a g . Flammarion, C. (1907). Mysterious Psychic Forces: An Account of the Author's Investigations in Psychical Research, Together with Those of Other European Savants. Boston, MA: Small, Maynard and Company. Flournoy, T. (1971). Spiritismo e psicologia [1911]. Roma: Edizioni Gattopardo. Flournoy, T. (1994). From India to the Planet Mars: A Case of Multiple Personality with Imaginary Languages [1900]. Princeton, NJ: Princeton University Press (tr. it. Dalle Indie al pianeta Marte: il caso Hélène Smith: dallo spiritismo alla nascita della psicoanalisi. Milano: Feltrinelli, 1985). Freimark, H. (1908). Machner, il medium pittore. Ann. Scien. Psych. Freimark, H. (1914). Mediumistische Kunst. Mit einem Beitrag über den künstlerischen Wert mediumistischer Malereien von Eugen Johannes Maecker. Leipzig: Verlag von Wilhelm Heims. French, C. C., & Stone, A. (2014). Anomalistic Psychology. Exploring Paranormal Belief and Experience. London: Palgrave Macmillan. Freud, S. (1967). Studi sull’isteria e altri scritti. In Opere, vol. I. Torino: Boringhieri Freud, S. (1969). Psicoanalisi del genio. Roma: Newton Compton Editori. Freud, S. (1979). Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni) [1932], In Opere. Torino: Boringhieri. Freud, S. (1985). L’interpretazione dei sogni [1900]. Torino: Bollati Boringhieri. Friedenberg, J., & Bertamini, M. (2015). Aesthetic Preference for Polygon Shape. Empirical Studies of the Arts, 33(2), 144–160. doi:10.1177/0276237415594708 Frischholz, E. J., Lipman, L. S., Braun, B. G., & Sachs, R.G. (1992). Psychopathology, hypnotizability, and dissociation. The American Journal of Psychiatry, 149, 1521–1525. doi:10.1176/ajp.149.11.1521 Gabrici, E. (1964). Espressione pittorica mistica in una particolare forma di schizofrenia. In G. Maccagnani (Ed.). Saggi di psicopatologia dell’espressione. Milano: Feltrinelli. Gagliardi, G. (1998). La trance ipnotica. Luce e Ombra, 98, 193–208. Galetta, G. (2014a). Predicting the Artwork’s Beauty. Elements of Predictive Aesthetics. Proceedings of the SGEM Conference on Psychology and Psychiatry, Sociology and Healthcare Education, vol. 1, 295–302. doi:10.5593/sgemsocial2014B11 279 | P a g . Galetta, G. (2014b). The “Channeling” Phenomena in Art: Mediumship or Creative Dissociation?. Proceedings of the SGEM Conference on Psychology and Psychiatry, Sociology and Healthcare Education, vol. 1, 539–546. doi:10.5593/sgemsocial2014B11 Galetta, G. (2016). Surrealismo e dissociazione creativa: il “caso” Dalí e gli effetti delle droghe sulla creatività artistica contemporanea. In R. Tomassoni & A. Fusco (Eds.), Atti del Convegno Internazionale Psychology and Artistic Creativity. Social, Psychological and Clinical Perspectives. Milano: FrancoAngeli (in corso di pubblicazione). Galimberti, U. (1992). voce “Scissione”, In Dizionario di Psicologia (pp. 849–852). Torino: UTET. Galimberti, U. (2009). voce “Scissione”, In Enciclopedia di Psicologia (pp. 939– 942). Milano: Garzanti. Gallese, V. (2005). Embodied simulation: From neurons to phenomenal experience. Phenomenology and the Cognitive Sciences, 4(1), 23–48. doi:10.1007/s11097-0054737-z Gallese, V., Fadiga, L., Fogassi, L., & Rizzolatti, G. (1996). Action recognition in the premotor cortex. Brain, 119, 593–609. doi:10.1093/brain/119.2.593 Gallese, V., Migone, P., Eagle, M. N. (2006). La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività ed alcune implicazioni per la psicoanalisi. Psicoterapia e Scienze Umane, XL(3), 543–580. Garfield, P. L. (1974). Creative Dreaming. New York, NY: Simon & Schuster. Garzia, P. (1990). Immagini dalla follia. Welcome Tabloid, 1. Gauld, A. (1970). Man, Myth and Magic: Automatic Art. London: BPC Publishing. Gauld, A. (1992). A history of hypnotism. Cambridge: Cambridge University Press. Giesbrecht, T., Merckelbach, H., & Geraerts, E. (2007). The Dissociative Experiences Taxon is related to fantasy proneness. Journal of Nervous and Mental Disease, 195(9), 769–772. doi:10.1097/NMD.0b013e318142ce55 Giovetti, P. (1980). Analisi di alcuni casi di pittura medianica in Italia e all’estero. Luce e Ombra, 2. Bologna: Archivio di Documentazione Storica della Ricerca Psichica. Giovetti, P. (1982). Arte Medianica. Pitture e disegni dei sensitivi. Roma: Edizioni Mediterranee. Girard, J. P. (2006). Encyclopédie de l’Au-delà. Paris: Editions Trajectoires. 280 | P a g . Glisky, M. L., Tataryn, D. J., Tobias, B. A., & Kihlstrom, J. F. (1991). Absorption, Openness to Experience, and Hypnotizability. Journal of Personality and Social Psychology, 60 (2), 263–272. doi:10.1037/0022-3514.60.2.263 Godwin, M. (1994). The Lucid Dreamer. New York, NY: Simon & Schuster. (tr. it. Il sognatore lucido. Milano: Corbaccio Editore, 1999). Goldberger, E. (1957). Simple method of producing dreamlike visual images in the waking state. Psychosomatic Medicine, 19, 127–133. doi:10.1097/00006842195703000-00006 Goleman, D. (1988). The Meditative Mind. Los Angeles: Tarcher. Greeley, A. M. (1975). The Sociology of the Paranormal. A Reconnaisance. London: BeverlyHills. Greyson, B. (1985). A typology of near-death experiences. American Journal of Psychiatry, 142, 967–969. doi:10.1176/ajp.142.8.967 Greyson, B. (2000). Dissociation in people who have near-death experiences: Out of their bodies or out of their minds?. Lancet, 355, 460–462. doi:10.1016/S01406736(99)07305-5 Greyson, B., & Stevenson, I. (1980). The phenomenology of near-death experiences. American Journal of Psychiatry, 137, 1193–1196. doi:10.1176/ajp.137.10.1193 Griffiths, R. R., Richards, W. A., McCann, U., & Jesse, R. (2006). Psilocybin can occasion mystical type experiences having substantial and sustained personal meaning and spiritual significance. Psychopharmacology, 187(3), 268–292. doi:10.1007/s00213-006-0457-5 Grof, S. (1985). Beyond the Brain. Albany, NY: State Universiry of New York Press. Grof, S., & Grof, C. (1993). Emergenza Spirituale. Como: Red Edizioni. Grosso, M. (1997). Inspiration, mediumship, surrealism: The concept of creative dissociation. In S. Krippner & S. M. Powers (Eds.), Broken images, broken selves: Dissociative narratives in clinical practice (pp. 181–198). Washington, DC: Brunner-Mazel. Gruber, E. R. (1980). Mediumistic and psychopatological pictorial expression: An introductory comparative study. Confinia Psychiatrica, 23(2), 82–87. Gruber, E. R. (1982). La struttura della pittura medianica come paradigma della struttura del paranormale. Metapsichica, 37, 9–17. Guilley, R. E. (1991). Harper’s Encyclopedia of Mystical and Paranormal Experience. San Francisco CA: HarperSanFrancisco. 281 | P a g . Guttmann, E., & MacLay, W. S. (1937). Clinical observations on Schizophrenic Drawings. British Journal of Medical Psychology, 16(3-4), 184–205. doi:10.1111/j.2044-8341.1937.tb00696.x Hageman, J. J., Peres, J. F. P., Moreira-Almeida, A., Caixeta, L., Wickramasekera, II, I., & Krippner, S. (2010). The Neurobiology of Trance and Mediumship in Brazil. In S. Krippner, & H. Friedman (Eds.), Mysterious Minds: The Neurobiology of psychics, mediums, and other extraordinary people (pp. 85– 111). Santa Barbara, CA: Praeger/ABC Clio. Hageman, J. J., Wickramasekera, II, I., & Krippner, S. (2011). Across cultural boundaries: Psychophysiological responses, absorption, and dissociation comparison between Brazilian Spiritists and advanced meditators. NeuroQuantology, 9(1), 5–21. doi: 10.14704/nq.2011.9.1.386 Halifax, J. (1979). Shamanic Voices. New York, NY: Dutton. Hamayon, R. N. (2007). Are “trance”, “ecstasy” and similar concepts appropriate in the study of shamanism?. Shaman, 1/2, 17–40. Haraldson, E., & Houtkooper, J. (1991). Psychic experiences in the multinational human values study. Who reports them?. Journal of the American Society for Psychical Research, 85, 145–165. Harner, M. (2013). Cave and Cosmos: Shamanic encounters with another reality. Berkeley, CA: North Atlantic Books. Harman, W., & Rheingold, H. (1984). Higher Creativity: Liberating the Unconscious for Breakthrough Insights. Los Angeles, CA: Jeremy P. Tarcher, Inc. Hartman, A. M., & Holister, L. E. (1963). Effect of mescaline, lysergic acid diethylamide and psylocibin on colour perception. Psychomarmacologia 4, 441– 451. doi:10.1007/BF00403349 Hartmann, E. (1991). Boundaries in the Mind: A New Psychology of Personality. NewYork: Basic Books. Hastings, A. (1991). With the Tongues of Men and Angels: A Study of Channeling. Orlando, FL: Holt, Rinehart & Winston, Inc. Held, M. (1977). Unkontrollierbares Universum. Berlin: Rainer Verlag. Hergovich, A. (2003). Field dependence, suggestibility and belief in paranormal phenomena. Personality and Individual Differences, 34, 195–209. doi:10.1016/S0191-8869(02)00022-3 282 | P a g . Herlacher, D. & Schredl, M. (2004). Required time for motor activities in lucid dreams. Perceptual and Motor Skills, 99, 1239–1242. doi:10.2466/PMS.99.7.12391242 Hess, D. J. (1991). Spiritists and scientist: Ideology, spiritism, and Brazilian culture. State College, PA: Pennsylvania State University Press. Hilgard, E. R. (1965). Hypnotic Susceptibility. New York, NY: Harcourt, Brace & World. Hilgard, E. R. (1977). Divided consciousness: Multiple controls in human thought and action. New York: John Wiley. Hilgard, E. R. (1987). Research advances in hypnosis: Issues and methods. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 35, 248–264. doi:10.1080/00207148708416058 Hilgard, J. R. (1974). Imaginative involvement: some characteristics of the highly hypnotizable and non-hypnotizable. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 22, 138–156. doi:10.1080/00207147408412993 Hilgard, J. R. (1979). Personality and Hypnosis: A Study of Imaginative Involvement. Chicago, IL: University of Chicago Press. Hyslop, J. H. (1909). A case of veridical hallucinations. Journal of the American Society for Psychical Research, 3, 1–469. Hobson, J. A. (2001). The Dream Drugstore: Chemically Altered States of Consciousness. Cambridge, MA: MIT Press. Horowitz, M. J. (1963). Graphic communication: A study of interaction painting with schizophrenics. American Journal of Psychoterapy, 17, 230–239. Horowitz, M. J. (1964). The imagery of visual hallucinations. Journal of Nervous and Mental Disease, 138, 513–521. doi:10.1097/00005053-196406000-00002 Horowitz, M. J. (1977). Visual imagery and defensive processes. International Journal of Psychoanalytic Psychoterapy, 6, 99–112. Hugdahl, K. V. (1996).Cognitive influences on human automatic system function. Current Opinion in Neurobiology, 6, 252–258. doi:10.1016/S09594388(96)80080-8 Hughes, A. O., & Drew, J. S. (1984). A state creative?. Papers in the Social Sciences, 4, 1–15. 283 | P a g . Hughes, D. J. (1992). Differences between trance channeling and multiple personality disorder on structured interview. Journal of Transpersonal Psychology, 2, 181–192. Hughes, D. J., & Melville, N. T. (1990). Changes in Brainwave Activity during Trance Channeling: A Pilot Study. Journal of Transpersonal Psychology, 22(2), 175–189. Hughes, J. R., Kuhlman, D. T., Fichtner, C. G., & Gruenfeld, M. J. (1990). Brain mapping in a case of multiple personality. Clinical Electroencephalography, 21, 200–209. doi:10.1177/155005949002100409 Hunter, J., & Luke, D. (Eds.) (2014). Talking with the spirits: Ethnographies from between the worlds. Brisbane, Au: Daily Grail Publishing. Huxley, A. (2005). Le porte della percezione. Paradiso e inferno. Milano: Mondadori. Iacoboni, M. (2008). Mirroring People. The New Science of How We Connect with Others. New York: Farrar, Straus & Giroux (tr. it. I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri. Torino: Bollati Boringhieri). Ianneo, F. (1999). Meme. Genetica e virologia di idee, credenze e mode. Roma: Castelvecchi Editore. Inglis, B. (1989). Trance: A Natural History of Altered States of Mind. London: Grafton Books. Innocenti, C., Fioravanti, G., Spiti, R., Faravelli, C. (2014). The Stendhal Syndrome between psychoanalysis and neuroscience. Rivista di Psichiatria, 49(2), 61–66. doi:10.1708/1461.16139 Irwin, H. J. (1985a). A study of the measurement and the correlates of paranormal belief. Journal of the American Society for Psychical Research, 79, 301–326. Irwin, H. J. (1985b). Parapsychological Phenomena and the Absorption Domain, Journal of the Americam Society for Psychical Research, 79, 1–11. Irwin, H. J. (1985c) Flight of Mind: A Psychological Study of the Out-of-Body Experience. Metuchen, NJ: Scarecrow. Irwin, H. J. (1992). Origins and functions of paranormal belief: The role of childhood trauma and interpersonal control. Journal of the American Society for Psychical Research, 86(3), 199–208. Irwin, H. J. (1993). Belief in the paranormal: A review of the empirical literature. Journal of the American Society for Psychical Research, 87, 1–39. 284 | P a g . Irwin, H. J. (1994a). Childhood trauma and the origins of paranormal belief: A constructive replication. Psychological Reports, 74, 107–111. doi:10.2466/pr0.1994.74.1.107 Irwin, H. J. (1994b). Paranormal belief and proneness to dissociation. Psychological Reports, 75(3), 1344–1346. doi:10.2466/pr0.1994.75.3.1344 Irwin, H. J. (1999). Pathological and non-pathological dissociation: the relevance of childhood trauma. The Journal of Psychology, 133(2), 157–164. doi:10.1080/00223989909599730 Irwin, H. J. (2000). The disembodied self: An empirical study of dissociation and the out of body experience. Journal of Parapsychology, 64(3), 261–277. Irwin, H. J. (2001). The relationship between dissociative tendencies and schizoptipy. Journal of Clinical Psychology, 57(3), 331–342. doi: 10.1002/jclp.1015 Istomini, I. (1964). Sciamanesimo. Roma: Accademia Tiberina, Istituto di Cultura Universitaria e di Studi Superiori, Facoltà di Scienze Psichiche (inedito). Jacab, I. (1956). Dessins et peintures des aliénés. Budapest: Ed. de l’Academie de Science Hongroise. Jacobi, J. (1955). Pictures from the unconscious. Journal of Projective Techniques, 19, 264–270. doi:10.1080/08853126.1955.10380636 Jahn, R. G., & Dunne, B. J. (1986). On the Quantum Mechanics of Consciousness with Application to Anomalous Phenomena. Foundations of Physics, 16(8), 721– 772. doi:10.1007/bf00735378 James, W. (1961). The Varieties of Religious Experience [1902]. New York: Collier Books/MacMillan Publishing. Jamison, K. R. (1993). Touched with fire: Manic-depressive illness and the artistic temperament. New York: Free Press. Janet, P. (1889). L'Automatisme Psychologique: essai de psychologie expérimentale sur les formes inférieures de l’activité humaine. Paris: Félix Alcan (tr. it. L’automatismo psicologico. Saggio di psicologia sperimentale sulle forme inferiori dell’attività umana. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2013). Janet, P. (1996). Disaggregazione, spiritismo, doppie personalità. Roma: Ed. Sensibili alle Foglie. Janet, P. (1998). The mental state of hystericals: A study of mental stigmata and mental accidents. Bristol, UK: Thoemmes Press. 285 | P a g . Jaspers, K. (2001). Genio e Follia [1922]. Milano: Raffaello Cortina Editore. Jawer, M. (2006). Environmental sensitivity: inquiry into a possible link with apparitional experience. Journal of the American Society for Psychical Research, 70, 25–47. Jaynes, J. (1996). Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza. Milano: Adelphi Edizioni. Jeannerod, M. (1994). The Representing Brain: Neural Correlates of Motor Intention and Imagery. Behavioral and Brain Science, 17, 187–245. doi:10.1017/S0140525X00034026 Johnston, R. E. (1973). A ketamine trip. Anesthesiology, 39, 460–461. doi:10.1097/00000542-197310000-00031 Jouxtel, P. (2010). Memetica. Il codice genetico della cultura. Torino: Bollati Boringhieri Juda, A. (1949). The relationship between high mental capacity and psychic abnormalities. American Journal of Psychiatry, 106, 296–307. doi:10.1176/ajp.106.4.296 Jung, C. G. (1977). Psychology and Spiritualism. In The Symbolic Life: Miscellaneous Writings [1948]. The Collected Works of C. G. Jung, vol. 18. Princeton, NJ: Princeton University Press. Jung, C. G. (1970). Cryptomnesia [1905]. In Psychiatric Studies. The Collected Works of C. G. Jung, vol. 1. Princeton, NJ: Princeton University Press. Jung, C. G. (1969). Concerning Mandala Symbolism [1950]. In Archetypes and the Collective Unconscious. The Collected Works of C. G. Jung, vol. 9(i). Princeton, NJ: Princeton University Press. Kafka, E., & Reiser, M. F. (1967). Defensive and adaptive ego processes: Their relationship to GSR activity in free imagery experiments. Archives of General Psychiatry, 16, 34–40. doi:10.1001/archpsyc.1967.01730190036004 Kalweit, H. (1996). Guaritori, sciamani e stregoni. Roma: Astrolabio Ubaldini. Kampman, R. (1976). Hypnotically induced multiple personality: An experimental study. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 24(3-4), 215–227. doi:10.1080/00207147608416203 Kardec, A. (1860). L'art païen, l'art chrétien, l'art spirituel. Revue Spirite: Journal d’Etudes Psychologiques et de Spiritualisme Expérimental, 3(12), 366–368. 286 | P a g . Kardec, A. (2004). Il Vangelo secondo lo spiritismo [L'Evangile selon le Spiritisme, 1864]. Roma: Edizioni Mediterranee. Kardec, A. (2005). Il libro degli spiriti [Le Livre des Esprits (Philosophie spiritualiste), 1857]. Segrate (MI): Casa del Nazareno Edizioni. Keefe, J. A., & Magaro, P. A. (1980). Creativity and schizophrenia: An equivalence of cognitive processing. Journal of Abnormal Psychology, 89, 390–398. doi:10.1037/0021-843X.89.3.390 Kelly, E. F., Williams Kelly, E. Crabtree, A., Gauld, A., Grosso, M., & Greyson, B. (2007). Irreducible Mind: Toward a Psychology for the 21st Century. Lanham, MD: Rowman & Littlefield Publishers, Inc. Kent, J. L. (2010). Psychedelic Information Theory. Seattle, WA: PIT Press. Keynes, M. (1995). Creativity and psychopathology. Lancet, 345, 138–139. doi:10.1016/S0140-6736(95)90159-0 Kihlstrom, J., Glisky, M., & Angiulo, M. (1994). Dissociative tendencies and dissociative disorders. Journal of Abnormal Psychology, 103(1), 117–124. doi:10.1037/0021-843X.103.1.117 King, D., Luke, D., Sessa, B., Adams, C., & Tollen, A. (Eds.). (2015). Neurotransmissions: Essays on psychedelic research from Breaking Convention. London: Strange Attractor Press. Kinter, M. (1933). Measurement of artistic abilities. New York: Psychological Corporation. Kleiman, J. (2006). Introducción al automatismo en la pintura. Recrearte. Revista Internacional de Creatividad aplicada total, 6, 3. Kluft, R. (1999). Dissociative identity disorder: recent developments. American Journal of Psychotherapy, 53(3), 283–300. Klüver, H. (1926). Mescal visions and eidetic vision. American Journal of Psychology, 37(4), 502–515. doi:10.2307/1414910 Koestler, A. (1975). L'atto della creazione. Roma: Ubaldini. Kretschmer, E. (1931). The Psychology of Men of Genius. London: Kegan Paul, Trench, Trübner & Co., Ltd. Krippner, S. (1985). Psychedelic drugs and Creativity. Journal of Psychoactive Drugs, 17, 235–245. doi:10.1080/02791072.1985.10524328 287 | P a g . Krippner, S., & George, L. (1986). Psi Phenomena as Related to Altered States of Consciousness. In B. B. Wolman & M. Ullman (Eds.), Handbook of States of Consciousness. New York, NY: Van Nostrand Reinhold. Krippner, S. (1987). A Learning Guide for the Psychology of Shamanism. San Francisco, CA: Saybrook Institute. Krippner, S. (1997). Dissociation in many times and places. In S. Krippner & S. M. Powers (Eds.). Broken images, broken selves: Dissociative narratives in clinical practice (pp. 3–40). Washington, DC: Brunner/Mazel. Krippner, S. (2000). The epistemology and technologies of shamanic states of consciousness. Journal of Consciousness Studies, 7, 93–118. Krippner, S. (2007). Humanity’s first healers: Psychological and psychiatric stances on shamans and shamanism. Revista de Psiquiatria Clínica, 34(1), 16–22. Krippner. S., & Wickramasekera, I. (2008).Absorption and Dissociation in Spiritic Brazilian Mediums, In D. Goleman (Ed.), Measuring the Immeasurable: The Scientific Case for Spirituality (pp. 425–438). Boulder, CO: Sounds True, Inc. Krippner, S., & Friedman, H. L. (Eds.) (2010). Mysterious Mind: The Neurobiology of Psychics, Mediums, and Other Extraordinary People. Santa Barbara, CA: Greenwood Publishing Group/ABC Clio, Lcc. Kris, E. (1944). Art and regression. Transactions of the New York Academy of Sciences, 6, 236–250. doi:10.1111/j.2164-0947.1944.tb00160.x Kris, E. (1952). Psychoanalytic explorations in Art. New York: International University Press, Inc. Kris, E. (1953). Psychoanalysis and the study of creative imagination. Bulletin of the New York Academy of Medicine, 29(4), 334–351. Kubie, L. S. (1958). The neurotic distortion of the creative process. Lawrence: University of Kansas Press. Kubie, L. S. (1958). Neurotic distortion of the creative process. Lawrence: University of Kansas Press. Kuchinka, K. (1959). Das Problem des sogenannten medialen Zeichnens und Malens. Neue Wissenschaft, 8. La Vecchia, M. T. (2002). Antropologia paranormale: fenomeni fisici e psichici straordinari. Roma: Editrice Pontificia Università Gregoriana. 288 | P a g . Laberge, S. (1980). Lucid dreaming: An exploratory study of consciousness during sleep. (Ph.D. thesis, Stanford University, 1980), University Microfilms No. 80– 24, 691. LaBerge, S. (1988). Sogni coscienti. Milano: Armenia Edizioni. LaBerge, S., & Rheingold, H. (1991). Exploring the World of Lucid Dreaming. New York, NY: Ballantine Books-Random House, Inc. Laidlaw, T. M., Dwivedi, P., Naito, A., & Gruzelier, J. H. (2005). Low selfdirectedness (TCI), mood, schizotypy and hypnotic susceptibility. Personality and Individual Differences, 39 (2), 469–480. doi:10.1016/j.paid.2005.01.025 Laing, D. (1969). L'Io diviso. Torino: Einaudi. Landini, C. A. (1983). Fenomenologia dell’estasi. Milano: FrancoAngeli. Lange, R., Thalbourne, M. A., Houran, J., & Storm, L. (2000). The Revised Transliminality Scale: Reliability and Validity Data From a Rasch Top-Down Purification Procedure. Consciousness and Cognition, 9(4), 591–617. doi:10.1006/ccog.2000.0472 Lapassade, G. (1980). Saggio sulla trance. Milano: Feltrinelli. Lapassade, G. (1993). Stati modificati e transe. Roma: Ed. Sensibili alle Foglie. Lapassade, G. (1996). Transe e dissociazione. Roma: Ed. Sensibili alle Foglie. Lapassade, G. (1997). Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe. Milano: Edizioni Urra. Laplantine, F. (1993). Da Antropofagia à Mediunidade: os pintores espíritas de São Paulo. In: C. Olievenstein, & F. Laplantine. Um olhar francês sobre São Paulo. São Paulo, BR: Brasiliense. Larøi, F., Marczewski, P., & van der Linden, M. (2004). Further evidence of the multi-dimensionality of hallucinatory predisposition: factor structure of a modified version of the Launay–Slade Hallucinations Scale in anormal sample. European Psychiatry, 19, 15–20. doi:10.1016/S0924-9338(03)00028-2 Larsen, S. (1988). The Shaman's Doorway. Barrytown, NY: Station Hill. Lee, H. B. (1949). Projective features of contemplative artistic experience, American Journal of Orthopsychiatry, 19(1), 101–111. doi:10.1111/j.19390025.1949.tb06563.x Leff, J. (1992). Psichiatria e culture. Torino: Edizioni Sonda. 289 | P a g . Leonard, L. S. (1991). Testimone del fuoco: Creatività e dipendenza. Roma: Astrolabio. LeShan, L. (1969). Toward a General Theory of the Paranormal, Psychological Monographs, 9. New York, NY: Parapsychology Foundation. LeShan, L. (1975). The Medium, the Mystic, and the Physicist. New York, NY: Ballantine. Lewerenz, A. S. (1929). Predicting Ability in Art, Journal of Educational Psychology, 20(9), 702–704. doi:10.1037/h0075953 Lewgoy, B. (2006). Representações de ciência e religião no espiritismo kardecista: Antigas e novas configurações. Civitas, 6(2), 151–167. Lewgoy, B. (2008). A transnacionalização do Espiritismo Kardecista brasileiro: Uma discussão inicial. Religião e Sociedade, 28(1), 84–104. doi:10.1590/S010085872008000100005 Lewis, I. M. (1972). Le religioni estatiche. Roma: Astrolabio. Lewis, I. M. (1993). Possessione, stregoneria, sciamanesimo. Napoli: Liguori Editore. Lewis, N. (1928). Graphic art productions in schizophrenia. Research Nerv. & Ment. Dis., 5, 344–368. Libet, B. (1985). Unconscious Cerebral Initiative and the Role of Conscious Will in Voluntary Action, Behavioral and Brain Sciences, 8, 529–566. doi:10.1017/S0140525X00044903 Lima, I.W.R. (1998). Pesquisa de atividade psicopictográfica de Jacques Andrade [Research into the psychic paintings of Jacques Andrade]. Proceedings of the 3rd Psi Meeting. Curitiba, Brazil. Lindeman, M., & Aarnio, K. (2006). Paranormal beliefs: their dimensionality and correlates. European Journal of Personality, 20, 585–602. doi:10.1002/per.608 Lingiardi, V. (2004). La personalità e i suoi disturbi. Lezioni di psicopatologia dinamica. Milano: il Saggiatore. Lins, R. D. (1999). Psicopictografia: Uma nova abordagem conceitual e um estudo de caso. In AA.VV., Teoria Parapsicológica General. Recife, BR: Instituto Pernambucano de Pesquisas Psicobiofísicas. Liotti, G. (Ed.) (1993). La discontinuità della coscienza. Etiologia, diagnosi e psicoterapia dei disturbi dissociativi. Milano: FrancoAngeli. 290 | P a g . Lloyd Mayer, E. (2007). Extraordinary Knowing: Science, Skepticism, and the Inexplicable Powers of the Human Mind. New York: Bantam Books. Locke, R. G., & Kelly, E. F. (1985). A preliminary model for the cross-cultural analysis of altered states of consciousness. Ethos, 13(1), 3–55. doi:10.1525/eth.1985.13.1.02a00010 Lombroso, C. (1864). Genio e follia. Milano: Giuseppe Chiusi Editore. Lord, L. D., et al. (2012). Functional brain networks before the onset of psychosis: a prospective fMRI study with graph theoretical analysis. Neuroimage: Clinical, 1, 91–98. doi:10.1016/j.nicl.2012.09.008 Lorenz, F. W. (1977). Electroencephalogram Experiments with Matthew Manning, In J. Mishlove (Ed.), A month with Matthew Manning: Experiences and Experiments in Northern California during May and June 1977. San Francisco, CA: Washington Research Centre Press. Lowenfeld, H. (1941). Psychic Trauma and productive experience in the artist, Psychoanalytic Quarterly, 10, 116–130. Lubart, T. I. (1999). Creativity across cultures. In R. J. Sternberg (Ed.), Handbook of creativity (p. 339–350). Cambridge: Cambridge University Press. Ludwig, A. M. (1992). Culture and creativity. American Journal of Psychotherapy, 46(3), 454–469. Luke, D. P., & Kittenis, M. (2005). A preliminary survey of paranormal experiences with psychoactive drugs. Journal of Parapsychology, 69(2), 305–327. Luke, D. P. (2008a). Disembodied eyes rivisited: an investigation into the ontology of entheogenic entity encounters. Entheogen Review: The Journal of Unauthorized Research on Visionary Plants and Drugs, 17(1), 1–40. Luke, D. P. (2008b) Psychedelic substances and paranormal phenomena: a review of the research. Journal of Parapsychology, 72, 77–107. Luke, D. P., & Friedman, H. L. (2010a). The Neurochemistry of Psi Reports and Associated Experiences. In S. Krippner, & H. Friedman (Eds.), Mysterious Minds: The Neurobiology of psychics, mediums, and other extraordinary people (pp. 163–175). Santa Barbara, CA: Praeger/ABC Clio. Luke, D. P. (2010b). Anthropology and parapsychology: still hostile sisters in science? Time & Mind: The Journal of Archaeology, Consciousness and Culture, 3(2), 245–266. 291 | P a g . Luke, D. P. (2011a). Discarnate Entities and Dimethyltryptamine (DMT): Psychopharmacology, Phenomenology and Ontology. Journal of the Society for Psychical Research, 75.1(902), 26–42. Luke, D. P. (2011b). Anomalous phenomena, psi and altered consciousness. In E. Cardeña & M. Winkelman (Eds.). Altering consciousness: A multidisciplinary perspective, vol. 2, Biological and psychological perspectives (pp. 355–374). Westport, CT: Praeger. Luke, D. P. (2012a). Altered states of consciousness, mental imagery and healing. In C. Simmonds-Moore (Ed.). Exceptional human experiences, health and mental health (pp. 64–80). Jefferson, NC: McFarland. Luke, D. P. (2012b). Psychoactive substances and paranormal phenomena: A comprehensive review. International Journal of Transpersonal Studies, 31, 97– 156. Luke, D. P. (2013). Psychedelics, parapsychology and exceptional human experience. In: C. Adams, D. P. Luke, A. Waldstein, B. Sessa, & D. King (Eds.). Breaking Convention: Essays on psychedelic consciousness (pp. 220–227). London: Strange Attractor Press. Luke, D. P. (2014). Psychedelic possession: The growing incorporation of incorporation in ayahuasca use. In J. Hunter & D. Luke (Eds.). Talking with the spirits: Ethnographies from between the worlds (pp. 229–254). Brisbane, Au: Daily Grail Publishing. Luke, D. P. (2015a). Psychic dreams: Evidence, transformational process and magical thinking. In M. Schroll (Ed.). Steps toward a reconciliation of the divorce between matter and spirit: Reflections on parapsychological inquiry, sacred sites, dreaming, transpersonal psychology, and the anthropology of consciousness (pp. 321–327). Llanrhaeadr-ym-Mochnant, UK: Psychoid Books. Luke, D. P. (2015b). Drugs and the paranormal. In M. Cardin (Ed.). Ghosts, spirits and pychics: The paranormal from alchemy to zombies (pp. 67–71). Westport, CT: ABC-CLIO. Luke, D. (2015c). Drugs and psi phenomena. In E. Cardeña, J. Palmer, J., & D. Marcusson-Clavertz (Eds.). Parapsychology: A handbook for the 21st century (pp.149–164). Jefferson, NC: McFarland. Lumsden, C. J., & Wilson, E. O. (1981). Genes, Mind, and Culture: The Coevolutionary Process. Cambridge, Massachusetts: Harvard University Press. Lusardy, M. (1999). Art spirite, médiumnique, visionnaire, Messages d’OutreMonde. Paris: Halle Saint Pierre/Hoëbeke (Catalogue d’exposition). 292 | P a g . Lutz, A., Greischar, L. L., Rawlings, N. B., Ricard, M., Davidson, R. J. (2004). Longterm meditators self-induce high-amplitude gamma synchrony during mental practice. Proceedings of the National Academy of Sciences, 101(46), 16369– 16373. doi:10.1073/pnas.0407401101 Lynn, S. J., Pintar, J., & Rhue, J. W. (1997). Fantasy proneness, dissociation, and narrative construction. In S. Krippner & S. M. Powers (Eds.). Broken images, broken selves: Dissociative narratives in clinical practice. Washington, DC: Brunner/Mazel, pp. 274–302. Lynn, S. J., & Rhue, J. (1986). The fantasy-prone person: hypnosis, imagination, and creativity. Journal of Personality and Social Psychology, 51, 404–408. doi:10.1037/0022-3514.51.2.404 Lynn, S. J., & Rhue, J. (1987). Hypnosis, imagination and fantasy. J. Ment. Imag. 11, 101–111. Lynn, S. J., & Rhue, J. W. (1988). Fantasy proneness: Hypnosis, developmental antecedents, and psychopathology. American Psychologist, 43, 35–44. doi:10.1037/0003-066X.43.1.35 Lynn, S. J., & Sivec, H. (1992). Hypnotizable subject as creative problem-solving agent. In E. Fromm and M. R. Nash (Eds.), Contemporary Hypnosis Research, pp. 292–333. New York: Guilford Press. Maccagnani, G. (1958). L'arte psicopatologica: rassegna critica, osservazioni generali e contributo casistico: limiti dei rapporti tra arte moderna e arte psicopatologica: considerazioni psicopatologiche sul problema dello Stilwandel. Reggio Emilia: Editrice AGE. Maccagnani, G. (1959). Sui rapporti tra la produzione artistica degli ammalati di mente ed alcune correnti dell’arte figurativa moderna e contemporanea (interesse psicopatologico della cosidetta arte figurativa schizofrenica). Pesaro, Arti Grafiche Federici. Maccagnani, G. (Ed.) (1964). Saggi di psicopatologia dell’espressione. Milano: Feltrinelli. Maccagnani, G. (1964). Rapporti tra il surreale nell’arte e il mondo degli schizofrenici. Imola: Galeati. MacDonald, D. H., LeClair, L., Holland, C. J., Alter, A., & Friedman, H. L. (1995). A survey of measures of transpersonal constructs. Journal of Transpersonal Psychology, 27, 171–235. MacGregor, J. M. (1989). The Discovery of the Art of the Insane. Princeton, NJ: Princeton University Press. 293 | P a g . Machover, K. (1949). Personality projection in the drawing of the human figure: A method of personality investigation. Springfield, IL: Charles C. Thomas, Publisher. MacLay, W. S., Guttman, E., & Meyer-Gross, W. (1939). Spontaneous Drawings as an Approach to Some Problems in Psychopathology. Proceedings Royal Society of Medicine, 31(11), 1337–1350. Macrae, C. N., Bodenhasen, G. V. & Calvini, G. (1999). Contexts of cryptomnesia: May the source be with you. Social Cognition, 17, 273–297. doi:10.1521/soco.1999.17.3.273 Maduro, R. (1976). Artistic creativity in a Brahmin painter community. Research monograph 14. Berkeley, CA: Center for South and Southeast Asia Studies, University of California Press. Maduro, R. (1983). Curanderismo and Latino views of disease and curing. Western Journal of Medicine, 139(6), 868–874. Maffei, L., & Fiorentini, A. (2008). Arte e cervello. Bologna: Zanichelli. Magherini, G. (1989). La sindrome di Stendhal. Firenze: Ponte Alle Grazie (nuova edizione: La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell'arte, Milano, Ponte alle Grazie, 2003). Mandell, A. (1980). Toward a psychobiology of transcendence: God in the brain. In J. M. Davidson & R. J. Davidson (Eds.), The Psychobiology of Consciousness (pp. 379–464). New York: Plenum. Mandler, G. (1994). Hypermnesia, incubation, and mind-popping: on remembering without really trying. In C. Umiltà & M. Moscovitch (Eds.), Conscious and Nonconscious Information Processing (pp. 3–33). Cambridge, MA: MIT Press. Manning, M. (1974). The Link: The Extraordinary Gifts of a Teenage Psychic. Gerrards Cross, Buckinghamshire, UK: Colin Smythe, Ltd. Manning, M. (1976). Da dove vengono i miei poteri?. Milano: Armenia Edizioni. Maraldi, E. O. (2013). El caso del medium Chico Xavier: Una interpretación psicológica. E-Boletín Psi, 8(1). Maraldi, E. O. (2014). Medium or author? A preliminary model relating dissociation, paranormal belief systems and self-esteem, Journal of the American Society for Psychical Research, 78(1), 1–24. Maraldi, E. O., Alvarado, C. S., Zangari, W., & Machado, F.R. (2013). Théodore Flournoy’s contributions to psychical research and parapsychology. In 56th 294 | P a g . Annual Convention of the Parapsychological Association, Abstracts of Presented Papers. Viterbo, Italy. Maraldi, E. O., & Krippner, S. (2013). A Biopsychosocial Approach to Creative Dissociation: Remarks on a Case of Mediumistic Painting. NeuroQuantology, 11(4), 544–572. doi:10.14704/nq2013.11.4.695 Maraldi, E. O., Machado, F.R., & Zangari, W. (2010). Importance of a psychosocial approach for a comprehensive understanding of mediumship. Journal of Scientific Exploration, 24(2), 181–196. Maraldi, E. O., & Zangari, W. (2012). Therapeutic and projective functions of dissociative practices in religious context. Boletim Academia Paulista de Psicologia, 32(83), 424–452. Maréchal, J. (2004). The Psychology of Mystics [1927]. Mineola, NY: Dover Margnelli, M. (1996). L’estasi. Roma: Ed. Sensibili alle Foglie. Marinow, A. (1972). Psychopathology of expression and psychedelic art. Inscape, 5. Marks, D. F., Baird, J. M., & McKellar, P. (1989). Replication of trance logic using a modified experimental design: Highly hypnotizable subjects in both real and simulator groups. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 37, 232–248. doi:10.1080/00207148908414475 Marsh, R.L., Landau, J. D., & Hicks, J. L. (1997). Contributions of inadequate source monitoring to unconscious plagiarism during idea generation. Journal of Experimental Psychology: Learning, Memory, and Cognition, 23, 886–897. doi:10.1037/0278-7393.23.4.886 Martelli, A. (1977). I pittori prodigio. Arte, IV, 1. Ancona: Edizioni Bugatti. Martelli, A. (1978). Un recente caso di automatismo grafico. Relazione presentata al Convegno di Parapsicologia Sperimentale, Rovigo. Martindale, C., Locher, P., & Petrov, V. (Eds.) (2007). The Ancestral Angle on Aesthetics, Creativity, and the Arts. Evolutionary and Neurocognitive Approaches to Aesthetics, Creativity, and the Arts. Amityville. NY: Baywood. Maslow, A. (1971). Verso una psicologia dell’essere. Roma: Astrolabio. Mauss, M. (1965). Teoria generale della magia e altri saggi. Torino: Einaudi. Mavromatis, A. (1987). Hypnogogia: The Unique State of Consciousness Between Wakefulness and Sleep. London: Routledge & Kegan Paul 295 | P a g . McClenon, J. (1994). Surveys of anomalous experience. A cross-cultural analysis. Journal of the American Society for Psychical Research, 88, 117–135. McGuirck, J., Fitzgerald, D., Friedmann, P. S., Oakley, D., & Salmon, P. (1998). The effect of guided imagery in a hypnotic context on forearm blood flow. Contemporary Hypnosis, 15, 101–108. doi:10.1002/ch.121 McIntosh, A. R. (1999). Mapping cognition in the brain through neural interactions. In J. K. Foster (Ed.), Neuroimaging and Memory (pp. 515–548). Hove, UK: Psychology Press. McKenna, D. (2004). Clinical investigations of the therapeutic potential of ayahuasca: Rationale and regulatory challenges. Pharmacology and Therapeutics, 102, 111– 129. doi:10.1016/j.pharmthera.2004.03.002 McKim, R. H. (1972). Experiences in visual thinking. Belmont, CA: Wadsworth Publishing, Co. McNeill, T. F. (1971). Prebirth and postbirth influence on the relationship between creative ability and recorded mental illness. Journal of Personality, 39, 391–406. doi:10.1111/j.1467-6494.1971.tb00050.x McPeake, J. D. (1968). Hypnosis, suggestions, and psychosomatics. Diseases of the Nervous System, 29, 536–544. McWhinnie, H. J. (1970). Chemical agents for behavioral change: creative, psychotic and ecstatic states. Some implications for drug education. British Journal of Addiction, 65, 123–137. doi:10.1111/j.1360-0443.1970.tb01143.x Merra, S. (2000). Estasi e pathos. Saggi sulla creatività. Roma: Armando Editore. Mesulam, M. M. (1981). Dissociative states with abnormal temporal lobe EEG: Multiple personality and the illusion of possession. Archives of Neurology, 38, 176–181. doi:10.1001/archneur.1981.00510030070010 Metzinger, T. (2005). Out-of-body experiences as the origin of the concept of a “soul”. Mind Matter, 3, 57–84. Metzner, R. (Ed.) (2006). Sacred vine of the spirits: Ayahuasca. Rochester, VT: Park Street Press. Meyer, P. (1994). Apparent communication with discarnate entities induced by dimethyltryptamine (DMT). In T. Lyttle (Ed.), Psychedelics (pp. 161-203). New York: Barricade Books. Miller, B. L., Ponton, M., Benson, F. D., Cummings, J. L., & Mena, I. (1996). Enhanced artistic creativity with temporal lobe degeneration. Lancet, 348, 1744– 1745. doi:10.1016/S0140-6736(05)65881-3 296 | P a g . Milman, D. H. (1995). Creativity and mental illness. American Journal of Psychiatry, 152(5), 816–825. doi:10.1176/ajp.152.5.816b Milner, M. (1992). La follia rimossa nelle persone sane. Città di Castello, PG: Borla. Miti, G. (1992). Personalità multiple: uno studio sui disturbi dissociativi. Roma: La Nuova Italia Scientifica. Mobbs, D., & Watt, C. (2011). There is nothing paranormal about near-death experiences: How neuroscience can explain seeing bright lights, meeting the dead, or being convinced you are one of them. Trends in Cognitive Sciences, 15(10), 447–449. doi:10.1016/j.tics.2011.07.010 Monroe, R. (1971). Journeys Out of the Body. Garden City, NY: Doubleday. Montagnolo, C. (2005). L’elemento creativo nei processi psicotici. Psychofenia, 8(13), 161–188. Morris, D. (1969). Biologia dell’arte. Uno studio sul comportamento artistico delle scimmie nei suoi rapporti con l’arte umana. Milano: Bompiani. Morselli, G. E. (1908). Psicologia e spiritismo. Milano: Fratelli Bocca Editori. Morselli, G. E. (1945). Psicopatologia e arte. Rivista di Psicologia, 1, 142–151. Morselli, G. E. (1946). Le personalità alternanti. Rivista di psicologia normale, patologica a applicata, 42, 24–52. Mosse, E. P. (1951). Psychological Mechanisms in Art Production. Psychoanalytic Review, 38, 66–74. Morgenthaler, W. (1990). Madness and Art [Ein Geisteskranker als Künstler, 1921]. Lincoln, NE: University of Nebraska Press. Morsier, de, G. (1969). Art et hallucination, Marguerite Burnat-Provins. Neûchatel, FR: La Baconnière. Moulton, S. T., & Kosslyn, S. M. (2008). Using neuroimaging to resolve the psi debate. Journal of Cognitive Neuroscience, 20, 182–192. doi:10.1162/jocn.2008.20009 Mühl, A. M. (1930). Automatic Writing. Dresden-Leipzig: Theodor Steinkopff (Whitefish, MT: Kessinger Publishing, 2010). Muller, H. J., Elliott, M. A., Herrmann, C. S., & Mecklinger, A. (2001). Neural Binding of Space and Time: An Introduction. Visual Cognition, 8, 273–285. doi:10.1080/13506280143000007 297 | P a g . Mumford, M. D., & Gustafson, S. B. (1988). Creativity syndrome: Integration, application, and innovation. Psychological Bulletin, 103(1), 27–43. doi:10.1037/0033-2909.103.1.27 Münsterberg, H., Ribot, T., Janet, P., Jastrow, J., Hart, B., & Prince, M. (Eds.) (1910). Subconscious Phenomena. Boston, MA: Gorham. Myers, F. W. H. (1892). The subliminal consciousness. Chapter 2: The mechanism of suggestion. Proceedings of the Society for Psychical Research, 7, 327–355. Myers, F. W. H. (1889). [Review of] Professor Janet’s Psychological Automatism, Nineteenth Century, 26, 341–343. Myers, F. W. H. (1903). Human Personality and Its Survival of Bodily Death. London: Longmans, Green, & Co. Nathan, T. (1996). Principi di etnopsicanalisi. Torino: Bollati Boringhieri. Negro, P. J., Palladino-Negro, P., & Louzã, M. R. (2002). Do religious mediumship dissociative experiences conform to sociocognitive theory of dissociation?. Journal of Trauma and Dissociation, 3(1), 51–73. doi:10.1300/J229v03n01_05. Newman, J., & Grace, A. A. (1999). Binding Across Time: The Selective Gating of Frontal and Hippocampal Systems Modulating Working Memory and Attentional States. Consciousness and Cognition: An International Journal, 8(2), 196–212. doi:10.1006/ccog.1999.0392 Nicholson, T. R. J., Pariante, C., & McLoughlin, D. (2009). Reminder of important clinical lesson. Stendhal Syndrome: A case of cultural overload. BMJ Case Reports 2009. doi:10.1136/bcr.06.2008.0317 Nijenhuis E. R. S. (2000). Somatoform dissociation: Major symptoms of dissociative disorders. Journal of Trauma & Dissociation, 1(4), 7–32. doi:10.1300/J229v01n04_02 Noll, R. (1983). Shamanism and Schizophrenia: A State-Specific Approach to the “Schizophrenia Metaphor” of Shamanic States. American Ethnologist, 10(3), 443–459. doi:10.1525/ae.1983.10.3.02a00030 Notter, A., Derouec, D., & Thevoz, M.. (1988). Augustin Lesage 1876-1954. ArrasBéthune-Lausanne-Florence-Le Caire. Paris: Philippe Sers Éditeur / Vilo. Nüsslein, H. (1932). Das Geheimnis der Inspiration: aus dem Wunderreiche der schöpferischen Kraft: für geistreiche, intelligente und geniale Menschen, die mit ihren Genien, mit ihren Intelligenzen und mit dem Reiche des Geistes und den geistigen Heerscharen in Verbindung stehen. Nürnberg-Leipzig: Gesamtauslieferung, F. Volckmar. 298 | P a g . Oakley, D. A. (1999). Hypnosis and conversion hysteria: A unifying model. Cognitive Neuropsychiatry, 4, 243–265. doi:10.1080/135468099395954 Oakley, D. A. (2008). Hypnosis, trance and suggestion: Evidence from Neuroimaging. In M. R. Nash & A. Barnier (Eds.), Oxford handbook of hypnosis (pp. 365–392). Oxford: Oxford University Press. Oberman, L. M., Pineda, J. A., & Ramachandran, W. S. (2007). The human mirror neuron system: A link between action observation and social skills. Social Cognitive Affective Neuroscience, 2(1), 62–66. doi:10.1093/scan/nsl022 Oberman, L. M., & Ramachandran, V. S. (2009). Reflections on the mirror neuron system: Their evolutionary functions beyond motor representation. In J. A. Pineda (Ed.), Mirror Neuron Systems. The Role of Mirroring Processes in Social Cognition (pp. 39–62). New York: Humana Press/Springer. Oliveira, L. V. P., de (2009). Mediunidade e psicopictografia: Reflexões preliminares acerca da pintura mediúnica. Proa: Revista de Antropologia e Arte, 1(1), 67–93. Ooashi, T., Kawai, N., Honda, M., Nakamura, S., Morimoto, M., Nishina, E., & Maekawa, T. (2002). Electroencephalografic Measurement of Possession Trance in the Field. Clinical Neurophysiology, 11(3), 435–445. doi:10.1016/S13882457(02)00002-0 Opitz, B. (2010). Neural Binding Mechanisms in Learning and Memory. Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 34, 1036–1046. doi:10.1016/j.neubiorev.2009.11.001 Orban, G. A. (2011). The Extraction of 3D Shape in the Visual System of Human and Nonhuman Primates. Annual Review of Neuroscience. 34, 361–88. doi: 10.1146/annurev-neuro-061010-113819 Orne, M. T. (1959). The nature of hypnosis: Artifact and essence. Journal of Abnormal and Social Psychology, 58, 277–299. doi:10.1037/h0046128 Orne, M. T. (1962). Hypnotically induced hallucinations. In L. J. West (Ed.), Hallucinations, pp. 211–219. New York: Grune & Stratton. Orne, M. T. (1971). The simulation of hypnosis: Why, how, and what it means. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 19, 277–296. doi:10.1080/00207147108407167 Orne, M. T. (1972). On the simulating subject as a quasi-control group in hypnosis research: What, why, and how. In E. Fromm & R. E. Shor (Eds.), Hypnosis: Developments in research and new perspectives, pp. 399-433. Chicago: Aldine-Atherton. Ortega, J., & Ortega, G. (1948). The deshumanisation of art. Princeton, NJ: Princeton University Press. 299 | P a g . Ortoleva, R., & Testa, F. (Eds.) (2003). Psicosi e creatività. Milano: Vivarium. Osty, E. (1925). La connaissance supra-normale. Etude expérimentale. Paris: Alcan. Osty, E. (1928a). Aux confins de la psychologie classique et de la psychologie métapsychique. II. M. Augustin Lesage, peintre sans avoir appris. Revue Métapsychique, 1, 1–36. Osty, E. (1928b). Aux confins de la psychologie classique et de la psychologie métapsychique. III. Marjan Gruzewski, peintre sans avoir appris. Revue Métapsychique, 2, 85–126. Osty, E. (1929). Ce que la medicine doit attendre de l’étude expérimentale des propriétés psychiques paranormales de l’homme. Revue Métapsychique, 2, 79–148. Ott, U., Reuter, M., Hennig, J., & Vaitl, D. (2005). Evidence for a common biological basis of the absorption trait, hallucinogen effects, and positive symptoms: Epistasis between 5-HT2a and COMT polymorphisms. American Journal of Medical Genetics Part B: Neuropsychiatric Genetics 137B(1), 29– 32. doi:10.1002/ajmg.b.30197 Owen, A. R. G. (1974). A preliminary report on Matthew Manning’s physical phenomena. New Horizon Journal, 1(4). Owens, J. E., Cook, E. W., & Stevenson, I. (1990). Features of “near-death experience” in relation to whether or not patients were near death. Lancet, 336, 1175–1177. doi:10.1016/0140-6736(90)92780-L Pahnke, W. (1966). Drugs and mysticism. International Journal of Parapsychology, 8, 295–313. Pahnke, W. (1969). The psychedelic mystical experience in the human encounter with death. Harvard Theological Review, 62, 1–32. Pahnke, W., & Richards, W. (1966). Implications of LSD and experimental mysticism. Journal of Religion and Health, 5, 175–208. doi:10.1007/BF01532646 Palmer, J. (1978). The out-of-the-body experience: A psychological theory. Parapsychology Review, 9(5), 19–22. Palmer, J. (2011). Motor automatisms as a vehicle of ESP expression. The Journal of Parapsychology, 75(1), 45–60. Palmer, J. (2013). Extrasensory perception, dissociation, and motor automatisms. In 56th Convention of the Parapsychological Association: Abstracts of Presented Papers. Viterbo, Italy. 300 | P a g . Paradiso, G. (1999). Arte, creatività e follia. Formazione Psichiatrica, 3-4. Catania: Edizioni dell’Università. Paris, J. (1996). Review-Essay: Dissociative Symptoms, Dissociative Disorders, and Cultural Psychiatry. Transcult Psychiatry, 33(1), 55–68. doi:10.1177/136346159603300104 Parker, A., Wilding, E. L., & Bussey, T. J. (Eds.) (2002). The Cognitive Neuroscience of Memory: Encoding and Retrieval. Hove, UK: Psychology Press. Parra, A. (2009). Ritratti dall'aldilà: l'arte dei medium. Luce e Ombra, 104, 303-316. Bologna: Archivio di Documentazione Storica della Ricerca Psichica. Pavese, R. (1955). Trance medianica e trance estetica. Metapsichica, IV. Peduto, A. (1979). Arte medianica ed espressione pittorica psicopatologica. Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Bologna, A.A. 1978-79. Peduto, A., Bersani, F. (1982). Analisi iniziale di un caso di “pittura medianica”. In V. Andreoli (Ed.), The Pathology of non-verbal communications. Milano: Masson Italia Editori, pp. 369–371. Pekala, R. J., Kumar, V. K., & Marcano, G. (1995). Anomalous/paranormal experiences, hypnotic susceptibility and dissociation. Journal of the American Society for Psychical Research, 89, 313–332. Pellegrino, G., Fadiga, L., Fogassi, L., Gallese, V., & Rizzolatti, G. (1992). Understanding motor events: a neurophysiological study. Experimental Brain Research, 91(1), 176–180. doi: 10.1007/BF00230027 Pérez-Fabello, M. J., & Campos, A. (2011). Dissociative experiences and creativity in fine art students. Creativity Research Journal, 23(1), 38–41. doi:10.1080/10400419.2011.545721 Peres, J. F., Moreira-Almeida, A., Ciaxeta, L., Leao, F., & Newberg, A. (2012). Neuroimaging during Trance State: A contribution to the study of Dissociation. PLoS ONE, 7(11), 1–9. doi:10.1371/journal.pone.0049360. Perkins, S. L., & Allen, R. (2006). Childhood physical abuse and differential development of paranormal belief systems. Journal of Nervous and Mental Disease, 194, 349–355. doi:10.1097/01.nmd.0000217832.85665.c5 Perry, J. W. (1980). La dimensione nascosta della follia. Napoli: Liguori Editore. Pessoa, L. (2008). Mediunidade e psicopictografia: reflexões preliminares acerca da pintura mediúnica. Revista Proa, 1(1), 67–93. 301 | P a g . Peters, L. G. (1989). Shamanism: Phenomenology of a Spiritual Discipline, Journal of Transpersonal Psychology, 21, 115–137. Peters, L. G., & Price-Williams, D. (1983). A Phenomenological Overview of Trance. Transcultural Psychiatric Research Review, 20, 5–39. doi:10.1177/136346158302000101 Petrella, F. (1985). La mente come teatro. Antropologia teatrale e psicanalisi. Torino: Centro Scientifico Torinese. Petrella, F. (1993). Turbamenti affettivi e alterazioni dell’esperienza. Milano: Raffaello Cortina Editore. Petri, G., Expert, P., Turkheimer, F., Carhart-Harris, R., Nutt, D., Hellyer, P. J., & Vaccarino, F. (2014). Homological scaffolds of brain functional networks. Journal of the Royal Society Interface, 11(101): 20140873, 1–10. doi:10.1098/rsif.2014.0873 Pfister, O. (1917). Analysis of artistic production. Psychoanalytic method. New York: Moffat. Pfister, O. (1923). Expressionism in art: Its psychological and biological basis.. New York: Dutton. Phillips, W. (1957). Art and psychoanalysis. New York: Criteriorn Books. Pierre, J. (1972). Raphaël Lonné et le retour des médiums. L'Œil, 216(12). Pincus, J. H., & Tucker, G. J. (1985). Behavioral neurology. New York: Oxford University Press. Pine, F., & Holt, R. R. (1960). Creativity and Primary Process: A Study of Adaptive Regression. Journal of Abnormal and Social Psychology, 61, 370–379. doi:10.1037/h0048004 Pineda, J. A. (Ed.) (2009). Mirror Neuron Systems. The Role of Mirroring Processes in Social Cognition. New York: Humana Press/Springer. Pizzagalli, D., Lehmann, D., & Brugger, P. (2001). Lateralized direct and indirect semantic priming effects in subjects with paranormal experiences and beliefs. Psychopathology, 34, 75–80. doi:10.1159/000049284 Plotnik, J. M., de Waal, F. B. M., Reiss, D. (2006). Self-recognition in an Asian elephant, Proceedings of the National Academy of Sciences, 103(45), 17053–57. doi:10.1073/pnas.0608062103 Polidoro, M. (1997). L'illusione del paranormale. Padova: Esedra. 302 | P a g . Prince W. F. (1964). The case of Patience Worth: A critical study of certain unusual phenomena [1927]. New Hyde Park, NY: University Books. Prinzhorn, H. (1995). Artistry of the mentality ill: a contribution to the psychology and psychopathology of configuration [Bildnerei der Geisteskranken, 1922]. Vienna-New York: Springer-Verlag. Pulvirenti, L. (1999). Droga e creatività artistica: verso una biochimica della diversità. In AA.VV., Creatività Drogata?. MDD - Medicina delle Tossicodipendenze. Italian Journal of the Addictions, 7(24), 13–15. Radin, D. I., (1997). The Conscious Universe: The Scientific Truth of Psychic Phenomena. New York: Harper Edge. Ramachandr an, V. S. (2000). Mirror Neurons and I mit at io n Lear ning as t he Dr iving Force behind t he ‘Gr eat Leap Forward’ in Hu man Evo lut io n. Edge, 69. Est ratto l’11 Novembre, 2015, da http://edge.org/3rd_culture/ramachandran/ramachandran_p1.html Ramachandran, V. S., & Blakeslee, S. (1999). Phantoms in the Brain: Probing the Mysteries of the Human Mind. New York: Harper Collins. Rank, O. (1943). Art and Artists: Creative Urge and Personality Development. New York: Agathon Press. Rao, P. V. K. (1992). Fantasy proneness, reports of paranormal experiences and ESP test performance. J. Indian Psychol., 10, 27–34. Rapaport, D. (1967). States of Consciousness. Collected Papers. New York: Basic Books. Rauscher, E. A. (1977). Remote perception of target drawings by Matthew Manning, In J. Mishlove (Ed.), A month with Matthew Manning: Experiences and Experiments in Northern California during May and June 1977. San Francisco, CA: Washington Research Centre Press. Reikson, M. K., & Kubie, L. S. (1938). The Use of Automatic Drawings in the interpretation and Relief of a State of Acute Obsessional Depression. Psychoanalytic Quarterly, 7, 443–466. Reinsel, R. (2003). Dissociation and Mental Health in Mediums and Sensitives: A Pilot Survey. Proceedings of the Parapsychological Association 46th Annual Convention, 200–221. Vancouver, BC. Reitman, F. (1950). Psychotic Art. London: Routledge & Kegan Paul. Reyher, J. (1977). Spontaneous visual imagery: Implications for psychoanalysis, psychopathology, and psycotherapy. Journal of Mental Imagery, 1, 253–274. 303 | P a g . Rhue, J.W., & Lynn, S.J. (1989). Fantasy proneness, hypnotizability, and absorption – A re-examination: A brief communication. International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 37(2), 100–106. doi:10.1080/00207148908410539 Riccardi, N. (2004). Pittura spiritica (pp. 27–35). In Gustavo Adolfo Rol, Le Monografie di Metapsichica, N. 1. Milano: A.I.S.M. – Associazione Italiana Scientifica di Metapsichica. Ricciardi, E., Bonino, D., Sani, L., Vecchi, T., Guazzelli, M., Haxby, J. V., Fadiga, L., & Pietrini, P. (2009). Do We Really Need Vision? How Blind People “See” the Actions of Others. The Journal of Neuroscience, 29(31), 9719–9724. doi:10.1523/JNEUROSCI.0274-09.2009 Richards, D. G. (1991). A study of the correlations between subjective psychic experiences and dissociative experiences. Dissociation 4(2), 83–91. Richards, R. (1981). Relationships between creativity and psychopathology: An evaluation and interpretation of the evidence. Genetic Psychology Monographs, 103, 261–326. Richards, R. (1994). Creativity and bipolar mood swings: Why the association?. In M. P. Shaw, & M. A. Runco (Eds.), Creativity and affect (pp. 44–72). Norwood, NJ: Abelx. Richards, R. L., Kinney, D., Lunde, I., Benet, M., & Merzel, A. P. (1988). Creativity in manic depressives, cyclothymes, their normal relatives, and control subject. Journal of Abnormal Psychology, 97, 281–288. doi:10.1037/0021-843X.97.3.281 Richeport, M. M. (1992). The interface between multiple personality, spirit mediumship and hypnosis. American Journal of Clinical Hypnosis, 34(3), 168– 177. doi:10.1080/00029157.1992.10402841 Rizzolatti, G., Fadiga, L., Gallese, V., & Fogassi, L. (1996). Premotor cortex and the recognition of motor actions. Cognitive Brain Research, 3(2), 131–141. doi:10.1016/0926-6410(95)00038-0 Rizzolatti, G., & Craighero, L. (2004). The Mirror-Neuron System. Annual Review of Neuroscience, 27, 169–192. doi:10.1146/annurev.neuro.27.070203.144230 Rizzolatti, G., and Sinigaglia, C. (2006). So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Milano: Raffaello Cortina Editore. Ro, T., Breitmeyer, B., Burton P., Singhal, N. S., & Lane, D. (2003). Feedback contributions to visual awareness in human occipital cortex. Current Biology, 13(12), 1038–1041. 304 | P a g . Roland, A. (1972). Imagery and symbolic expression in dreams and art. International Journal of Psychoanalysis, 53, 531–538. Roman, R., & Landis, C. (1905). Hallucinations and Mental Imagery, Journal of Nervous and Mental Disease, 102, 327–331. doi:10.1097/00005053-19451000000001 Romme, E., & Escher, A. (1989). Hearing voices. Schizophrenia Bulletin, 15, 209– 216. doi:10.1093/schbul/15.2.209 Rosenzweig, M. R. (1996). Aspects of the search for neural mechanisms of memory. Annual Review of Psychology, 47, 1–32. doi:10.1146/annurev.psych.47.1.1 Ross, C. A. (1989). Multiple Personality Disorder. Diagnosis, clinical features and treatment. New York: Wiley-Interscience Publication. Ross, C. A. (1997). Dissociative identity disorder: Diagnosis, clinical features, and treatment of multiple personality. New York: John Wiley & Sons. Rosselló-Mir, J., Marty, G., Maestú, F., Ortiz, T., Munar, E., Fernández, A., Capó, M., Nadal, M., Cortés, Á., Cela-Conde, C. (2015). Differential Activation of Prefrontal Dorsolateral Cortex when perceiving beautiful and non-beautiful stimuli. A MEG Experiment about beauty vs. non-beauty perception. doi:10.13140/RG.2.1.4673.4166 Rothenberg, A. (1979). The emerging goddess: the creative process in art, science, and other fields. Chicago: University of Chicago Press. Rothenberg, A. (1990). Creativity and madness: New findigs and old stereotypes. Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press. Roney-Dougal, S. M. (2001). Walking Between the Worlds: Links Between Psi, Psychedelics, Shamanism, and Psychosis (manoscritto inedito). Glastonbury, UK: Psi Research Centre. Rudowicz, E. (2003). Creativity and Culture: A Two Way Interaction. Scandinavian Journal of Educational Research, 47(3), 273–290. doi: 10.1080/00313830308602 Rufino, M. H. O. (1999). “Arte-Cura” em pintura mediúnica. Brasília, BR: Petry. Sandison, R.A. (1953). Psychological disturbance and artistic creation. Journal of Nervous and Mental Disease, 117, 310–322. doi:10.1097/00005053-19530400000003 Sannwald, G. (1963). On the psychology of spontaneous paranormal phenomena. International Journal of Parapsychology, 5, 274–292. 305 | P a g . Sarbin, T. R., & Coe, W. C. (1972). Hypnosis: A Social-Psychological Analysis of Influence Communication. New York, NY: Holt, Reinhart, & Winston. Schacter, D. L. (2002). Il fragile potere della memoria. Come la mente dimentica e ricorda. Milano: Mondadori. Schank, R. C. (1988). Creativity as a mechanical process. In R. J. Sternberg (Ed.), The nature of creativity (p. 220–238). New York, Cambridge University Press. Schneider, A. (1979). Psychomotorische Automatismen. Para-Phänomene, 2. Schneider, D. E. (1950). The psychoanalyst and the artist. New York: Farrar, Strauss and Co. Schube, K., & Cowell, J. (1939). Art of Psychotic persons. Archives of Neurology and Psychiatry, 41, 709–720. Seligman, R. (2005). Distress, dissociation and embodied experience: reconsidering the pathways to mediumship and mental health. Ethos, 33(1), 71–99. doi:10.1525/eth.2005.33.1.071 Servadio, E. (1970). Preconscious Process, ESP, and Creativity. In A. Angoff, & B. Shapin (Eds.), Psi Factors in Creativity. New York, NY: Parapsychology Foundation. Severi, B. (2003). Sciamani e psichedelia. Quaderni di Parapsicologia, 34(1), 36. Severi, B. (2006). L’arte psichedelica nella foresta amazzonica. Atti del 10° Congresso Internazionale di studi delle esperienze di confine, San Marino. Severi, B. (2015). Arte medianica. Conferenza dell’8 maggio 2015 del Professor Ferdinando Bersani con la partecipazione della dottoressa Angela Peduto. Notiziario Centro Studi Parapsicologici di Bologna (Supplemento ai Quaderni di Parapsicologia), 50, 5–6. Sharps, M. J, Matthews, J., & Asten, J. (2006). Cognition and belief in paranormal phenomena: gestalt/feature-intensive processing theory and tendencies toward ADHD, depression and dissociation. Journal of Psychology, 140(6), 579–590. doi:10.3200/JRLP.140.6.579-590 Sherwood, S., & Milner, M. (2004–2005). The relationship between transliminality and boundary structure subscales. Imagination, Cognition and Personality, 24(4), 369–378. doi:10.2190/1YH2-51J5-TG3E-UTFU Shor, R. E. (1972). Hypnosis and the Concept of the Generalized RealityOrientation. In C. T. Tart (Ed.), Altered States of Consciousness. Garden City, NY: Anchor Books. 306 | P a g . Silvia, P. J., & Barona, C. M. (2009). Do People Prefer Curved Objects? Angularity, Expertise, and Aesthetic Preference. Empirical Studies of the Arts, 17(1), 25–42. doi:10.2190/EM.27.1.b Singer, W. (1999). Neuronal synchrony: A versatile code for the definition of relations?. Neuron, 24(1), 49–65, 111–125. doi:10.1016/S0896-6273(00)80821-1 Sinke, C., Halpern, J. H., Zedler, M., Neufeld, J., Emrich, H. M., & Passie, T. (2012). Genuine and drug-induced synesthesia: a comparison. Consciousness and Cognition, 21, 1419–1434. doi:10.1016/j.concog.2012.03.009 Skinner, B. F. (1938). The behavior of organisms: an experimental analysis. New York: Appleton-Century-Crofts, Inc. Soy, S. K. (1997). The Case Study as a Research Method. Austin, TX: University of Texas. Spare, A. O. (1972). A Book of Automatic Drawing. London: Catalpa Press. Spiegel, D., & Cardeña, E. (1991). Disintegrated experience: the dissociative disorders revisited. Journal of Abnormal Psychology. 100, 366–378. doi:10.1037/0021-843X.100.3.366 Spitzer, C., Barnow, S., Freyberger, H. J., & Grabe, H. J. (2006). Recent developments in the theory of dissociation. World Psychiatry, 5(2), 82–86. Staal, F. (1976). Introduzione allo studio del misticismo orientale e occidentale. Roma: Astrolabio. Stake, R. E. (1995). The Art of Case Study Research. Thousand Oaks, CA: Sage Publications. Stein, B. S. (1989). Memory and creativity. In J. A. Glover, & R. R. Ronning (Eds.), Handbook of creativity (p. 163–176), New York, Plenum Press. Stein, M. I. (1974). Stimulating Creativity (vol. 1). New York, NY: Academic Press. Steinberg, M., & Schnall, M. (2006). La dissociazione. I cinque sintomi fondamentali. Milano: Raffaello Cortina. Sturman, A. (1998). Case Study Methods, In B. R. Clark, T. Husén, N. Postlethwaite, & G. Neave (Eds.). Education: The Complete Encyclopedia. Oxford: Elsevier Science, Ltd. (CD ROM) Tart, C. T. (Ed.) (1972). Altered States of Consciousness. Garden City, NY: Anchor Books (tr. it. Stati di coscienza. Roma: Astrolabio, 1977). Tart, C. T. (1975). States of Consciousness. New York, NY: Dutton. 307 | P a g . Tellegen, A., & Atkinson, G. (1974). Openness to absorbing and self-altering experiences ("absorption"), a trait related to hypnotic susceptibility. Journal of Abnormal Psychology, 194, 83(3), 268–277. doi:10.1037/h0036681 Terman, L. M. (1925). Genetic Studies of Genius. Stanford, CA: Stanford University Press. Thalbourne, M. A. (2000a). Transliminality: A Review. International Journal of Parapsychology, 11, 1–34. Thalbourne, M. A. (2000b). Transliminality and Creativity. Journal of Creative Behaviour, 34(3), 193–202. doi:10.1002/j.2162-6057.2000.tb01211.x Thalbourne, M. A., Bartemucci, L., Delin, P. S., Fox, B., & Nofi, O. (1997). Transliminality: Its Nature and Correlates. Journal of the American Society for Psychical Research, 91, 305–332. Thalbourne, M. A., Crawley, S. E., & Houran, J. (2003). Temporal lobe lability in the highly transliminal mind. Personality and Individual Differences, 35, 1965– 1974. doi:10.1016/S0191-8869(03)00044-8 Thalbourne, M. A., & Delin, P. S. (1994). A common thread underlying belief in the paranormal, mystical experience and psychopathology. Journal of Parapsychology, 58, 3–38. Thalbourne, M. A. & Delin, P. S. (1999). Transliminality: Its Relation to Dream Life, Religiosity and Mystical Experience. The International Journal for the Psychology of Religion, 9, 45–61. doi:10.1207/s15327582ijpr0901_6 Thalbourne, M. A., & French, C. C. (1995). Paranormal belief, manic-depressiveness and magical ideation: a replication. Personality and Individual Differences, 18, 291–292. doi:10.1016/0191-8869(94)00146-J Thalbourne, M. A., Houran, J., & Crawley, S. E. (2003). Childhood trauma as a possible antecedent of transliminality. Psychological Reports Journal, 93, 687– 694. doi:10.2466/pr0.2003.93.3.687 Thalbourne, M. A., & Maltby, J. (2008). Transliminality, thin boundaries, unusual experiences, and temporal lobe lability. Personality and Individual Differences, 44, 1617–1623. doi:10.1016/j.paid.2008.01.022 Thévoz, M. (1990). Art Brut, psychose et médiumnité. Paris: La Différence. Tobacyk, J. J. (2004). A revised Paranormal Belief Scale. The International Journal of Transpersonal Studies, 23(23), 94–98. 308 | P a g . Tononi, G. (2012). Integrated Information Theory of Consciousness: An updated. account. Archives Italiennes de Biologie. A Journal of Neuroscience, 150(2-3), 293–329. doi: 10.4449/aib.v149i5.1388 Trabucchi, C., Andreoli, V., & Pasa, A. (1963). L’arte nei malati di mente: da Lombroso ad oggi. Padova: La Garangola Editrice. Trabucchi, C., Andreoli V., & Pasa A. (1964). I quadri messaggio di un paranoico (pp. 635–652). Atti del 2° Colloquio Internazionale sull’Espressione Plastica, Imola: Galeati. Tuchman, M., & Eliel, C. S. (Eds.). Parallel Visions: Modern Artists and Outsider Art (exhibition catalogue). Los Angeles: Los Angeles County Museum of Art. Underwood, H. W. (1960). The validity of hypnotically induced visual hallucinations. Journal of Abnormal and Social Psychology, 61, 39–46. doi:10.1037/h0041667 Vaitl, D., Birbaumer, N., Gruzelier, J., Jamieson, G. A., Kotchoubey, B., Kübler, A., Lehmann, D., Miltner, W. H., Ott, U., Pütz, P., Sammer, G., Strauch, I., Strehl, U., Wackermann, J., & Weiss, T. (2005). Psychobiology of Altered States of Consciousness. Psychological Bulletin, 131(1), 98–127. doi:10.1037/0033-2909.131.1.98 Varela, F. J., Thompson, E., & Rosch, E. (2001). The embodied mind. Cambridge: MA: MIT Press. Varela, F. J. (1995). Resonant cell assemblies. A new approach to cognitive functions and neuronal synchrony. Biological Research, 28(1), 81–95. Varèze, C. (1948). Allan Kardec. Paris: Athêna (tr. it. Allan Kardec. Il fondatore della filosofia spiritista. Roma: Edizioni Mediterranee, 2001). Verrico, F., & Verrico M. (1998). La psicoscrittura. Pratica della scrittura automatica. Roma: Edizioni Mediterranee. Victor, M.-C. (1970). Augustin Lesage, peintre-médium. Cahors, FR: Jean-Louis Victor. Vinchon, J. (1924). L’art et la folie. Paris: Librairie Stock. Volmat, R. (1956). L'Art psychopathologique. Paris: Presses Universitaires de France. Volmat, R. (1961). Art et Psychiatrie. In E. K. Cruickshank et al., Soziale und angewandte Psychiatrie (pp. 494–567). Berlin-Heidelberg: Springer-Verlag. 309 | P a g . Ward, L. M. (2003). Synchronous neural oscillations and cognitive processes. Trends in Cognitive Sciences, 7(12), 553–559. doi:10.1016/j.tics.2003.10.012 Waddel, C. (1998). Creativity and mental illness: is there a link?. Canadian Journal of Psychiatry, 43, 166–172. Wadeson, H. (1971). Characteristics of Art Expression in Depression. Journal of Nervous and Mental Disease, 153(3), 197–204. doi:10.1097/00005053197109000-00004 Wadlingthon, V. L., & Mc Whinnie, H. J. (1973). The Development of a Rating Scale for the Study of Formal Aesthetic Qualities in the Paintings of Mental Patient. Art Psychotherapy, 1, 201–220. doi:10.1016/0090-9092(73)90037-9 Waller, N. G., Putnam, F. W., & Carlson, E. B. (1996). Types of dissociation and dissociative types: A taxometric analysis of dissociative experiences. Psychological Methods, 1(3), 300–321. doi:10.1037/1082-989X.1.3.300 Washner, T. S. (1946). Interpretation of spontaneous drawings and paintings. Genetic Psychology Monographs, 33(70), 33–70. Weitzenhoffer, A. M., & Hilgard, E. R. (1959). Stanford Hypnotic Susceptibility Scales, Forms A and B. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press. Weitzenhoffer, A. M., & Hilgard, E. R. (1962). Stanford Hypnotic Susceptibility Scales, Form C. Palo Alto, CA: Consulting Psychologists Press. Weitzenhoffer, A. M., & Sjoberg, B. M. (1961). Suggestibility with and without “induction of hypnosis”. Journal of Nervous and Mental Disease, 132, 204–220. doi:10.1097/00005053-196103000-00002 West, M. A. (1980). Meditation and the EEG. Psychological Medicine, 10(2), 369– 375. doi:10.1017/S0033291700044147 West, M. A. (Ed.) (1987). The psychology of meditation. New York: Clarendon Press. Whitton, J. (1974). ‘Ramp Functions’ in EEG power spectra during actual or attempted paranormal events. New Horizons, 1(4), 174–183. Wickramasekera, I., Krippner, S., & Wickramasekera, II, I. (1997). Channeling dead spirits and painters in Brazil: Psychophysiological dissociation as “incongruence” between physiological response systems in psychic claimants. Paper presented at the annual meeting of the American Psychological Association, Chicago, IL. Wider, K. V. (1997). The bodily basis of consciousness. Ithaca, NY: Cornell University Press. 310 | P a g . Wild, C. (1965). Creativity and Adaptive Regression. Journal of Personality and Social Psychology, 2, 161–169. doi:10.1037/h0022404 Will-Levaillant, F. (1980). L'analyse des dessins d'aliénés et de médiums en France avant le Surréalisme: contribution à l'étude des sources de l'automatisme dans l'esthétique du XXe siècle. Revue de l'art, 50, 24–39. Wilson, S. C., & Barber, T. X. (1981). Vivid fantasy and hallucinatory abilities in the life histories of excellent hypnotic subjects (“Somnambules”): A Preliminary Report. In E. Klinger (Ed.), Imagery: Vol. 2: Concepts, Results, and Applications. New York: Plenum Press. Wilson, S. C., & Barber, T. X. (1983). The Fantasy-Prone Personality. Implications for understanding imagery, hypnosis, and parapsychological phenomena. In A. A. Sheikh (Ed.), Imagery: Current Theory, Research, and Application (pp. 340-390). New York: Wiley. Winkelman, M. J. (1984). A Cross-Cultural Study of Magico-Religious Practitioners (Unpublished doctoral dissertation). University of California, Irvine, CA. Winkelman, M. J. (1986). Trance States: A Theoretical Model and Cross-Cultural Analysis. Ethos, 14(2), 174–203. doi:10.1525/eth.1986.14.2.02a00040 Winkelman, M. J. (2010). Shamanism: A biopsychosocial paradigm of consciousness and healing. Santa Barbara, CA: Praeger. Wolfradt, U. (1997). Dissociative experiences, trait anxiety and paranormal beliefs. Personality and Individual Differences, 23, 15–19. doi:10.1016/S01918869(97)00043-3 Wonder, J., & Blake, J. (1992). Creativity East and West: Intuition vs. Logic?. Journal of Creative Behavior, 26(3), 172–185. doi:10.1002/j.21626057.1992.tb01174.x Woolfolk, R. L. (1975). Psychophysiological correlates of meditation. Arch. Gen. Psychiatry, 32(10), 1326-1333. doi:10.1001/archpsyc.1975.01760280124011 Wright, D. B., Loftus, E. F. (1999). Measuring dissociation: Comparison of alternative forms of the dissociative experiences scale. The American Journal of Psychology, 112(4), 497–519. doi:10.2307/1423648 Yin, R. K. (1993). Applications of case study research. Thousand Oaks, CA: Sage Publications. Yin, R. K. (2003). Case study research. Design and Methods. Thousand Oaks, CA: Sage Publications. 311 | P a g . Young, W. C. (1988). Psychodynamics and dissociation: All that switches is not split. Dissociation, 1, 33–38. Zanola, R. (1996). Arte e Espiritismo: Textos de Allan Kardec, André Luiz e outros. Rio de Janeiro, BR: CELD. Zarkadakis, G. (2001), Noetics: A proposal for a theoretical approach to consciousness. Proceedings of International Conference “Toward a Science of Consciousness: Sweden 2001; Consciousness and its place in Nature”, Sweden: University of Skovde. Zeki, S. (1999). Inner Vision: An Exploration of Art and the Brain. Oxford-New York: Oxford University Press (tr. it. La visione dall’interno. Arte e cervello. Torino: Bollati Boringhieri, 2003). Zelazo, P. D., Moscovitch, M., & Thompson, E. (Eds.) (2007). The Cambridge Handbook of Consciousness. Cambridge, UK: Cambridge University Press. Zusne, L., & Jones, W. H. (1989). Anomalistic Psychology: A Study of Magical Thinking (2nd ed.). Hillside, NJ: Lawrence Erlbaum Associates. 312 | P a g . RIFERIMENTI SITOGRAFICI Anton Neto, F. (26 settembre 2007). Peinture Médiumnique avec le médium Florencio Anton (Renoir). Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=zJmPlA2KlGs&feature=PlayList&p=3B09075D8F DCE6AA&index=0&playnext=1 Anton Neto, F. (9 ottobre 2007). Peinture Médiumnique - Florêncio Anton (T. Lautrec, Renoir). Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=icAE472i87g Anton Neto, F. (17 gennaio 2011). Pintura mediúnica com os pés (Florêncio Anton). Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=yGCvDtQAKSI Delfino pittore (17 ottobre 2009). Dolphin painting project. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=a_PjV8rRgcU Elefante pittore (7 marzo 2008). Original Elephant Painting. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=He7Ge7Sogrk Elefante pittore (13 giugno 2008). Elephant painting poppy flowers. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=hz4CFAOY0R8 Elefante pittore (15 giugno 2008). Elephant Painting Self Portrait. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=SNogdpHeuiE Elefante pittore (2 agosto 2009). Suda – The Painting Elephant. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=foahTqz7On4 313 | P a g . Elefante pittore (10 settembre 2011). Elephant Paintings Elephants – Suda… the Rembrandt of Painting Elephants. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=VQYEVQ4w7nw Elefante pittore (11 marzo 2013). Maesa Elephant Painting Lesson. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=-gvjjlQWK0s Elefante pittore (10 ottobre 2013). Elephant painting in Thailand. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=JCzH0Mk5s7s Elefante pittore (16 marzo 2014). Elephant painting a picture. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=rvEEooI4pDA Elefante pittore (6 settembre 2014). Incredibile Elefante disegna. Youtube.com. Estratto il 3 dicembre 2015, da www.youtube.com/watch?v=ggnjk-Ys9hI Gasparetto, L. A. (8 gennaio 2008). Artiste Peintre Médium: Luiz Gasparetto. Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=rtVKjbaSQfo Gasparetto, L. A. (19 novembre 2009). Luiz Antonio Gasparetto (psicopictografia). Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=ie4NjHYxSy0 Gasparetto, L. A. (26 marzo 2013). Luiz Gasparetto - Pintura Mediúnica (Psicopictografia) 2/2 12-04-1981. Youtube.com. Estratto il 15 ottobre 2015, da www.youtube.com/watch?v=QWzBfi3iRDE 314 | P a g . INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI Figura 1. Arte Medianica: il quadro teorico attuale ________________________ pag. 94 Figura 2. Gustavo Adolfo Rol _________________________________________ pag. 103 Figura 3. Narciso Bressanello _________________________________________ pag. 105 Figura 4. Giuseppe Lanzillo __________________________________________ pag. 107 Figura 5. Milly Canavero ____________________________________________ pag. 112 Figura 6. Victorien Sardou ___________________________________________ pag. 119 Figura 7. Fleury-Joseph Crépin ________________________________________ pag. 121 Figura 8. Augustin Lesage ___________________________________________ pag. 122 Figura 9. Marguérite Burnat-Provins ____________________________________ pag. 125 Figura 10. Laure Pigeon _____________________________________________ pag. 125 Figura 11. Victor Simon _____________________________________________ pag. 127 Figura 12. Raphaël Lonné ____________________________________________ pag. 128 Figura 13. Heinrich Nüsslein __________________________________________ pag. 131 Figura 14. Margarethe Held __________________________________________ pag. 133 Figura 15. Clara Schuff ______________________________________________ pag. 135 Figura 16. Gertrud Emde ____________________________________________ pag. 139 Figura 17. Elizabeth Hope ___________________________________________ pag. 145 Figura 18. Coral Polge ______________________________________________ pag. 146 Figura 19. Matthew Manning _________________________________________ pag. 147 Figura 20. Emma Kunz ______________________________________________ pag. 153 Figura 21. Sri Chinmoy ______________________________________________ pag. 161 Figura 22. Narayana Murthy __________________________________________ pag. 163 Figura 23. Luiz Antonio Gasparetto ____________________________________ pag. 166 Figura 24. José Jacques Andrade ______________________________________ pag. 170 Figura 25. Florêncio Anton ___________________________________________ pag. 176 Figura 26. Gustavo Adolfo Rol: Paesaggio _______________________________ pag. 182 315 | P a g . Figura 27. Gustavo Adolfo Rol: Rose, I _________________________________ pag. 182 Figura 28. Gustavo Adolfo Rol: Rose, II ________________________________ pag. 182 Figura 29. Narciso Bressanello: Pennarello su carta, 1987 ___________________ pag. 183 Figura 30. Narciso Bressanello: Penna a sfera su carta, 1981 _________________ pag. 183 Figura 31. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “disegni” ___________ pag. 184 Figura 32. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “paesaggi” __________ pag. 184 Figura 33. Giuseppe Lanzillo: Opera tratta dalla serie dei “paesaggi” __________ pag. 185 Figura 34. Liena: Amea I ____________________________________________ pag. 185 Figura 35. Milly Canavero Serra: Pennarello a feltro su carta, 1985 ____________ pag. 186 Figura 36. Milly Canavero Serra: Pennarello a feltro su carta, 1985 ____________ pag. 186 Figura 37. Victorien Sardou: La maison de Mozart sur Jupiter ________________ pag. 187 Figura 38. Victorien Sardou: Quartier des Animaux chez Zoroaster ____________ pag. 187 Figura 39. Fleury-Joseph Crépin: Tableau Merveilleux No 11, 1946 ___________ pag. 188 Figura 40. Fleury-Joseph Crépin: Untitled No 37, 1948 _____________________ pag. 188 Figura 41. Augustin Lesage: composizione simbolica, 1936__________________ pag. 189 Figura 42. Augustin Lesage: L’esprit de la Pyramide, 1926 __________________ pag. 189 Figura 43. Victor Simon: La Toile Bleue, 1943-1944 _______________________ pag. 190 Figura 44. Raphaël Lonné: Inchiostro di china su carta______________________ pag. 190 Figura 45. Raphaël Lonné: Composizione, 1982 ___________________________ pag. 191 Figura 46. Heinrich Nüsslein: Taiga, 1920 _______________________________ pag. 191 Figura 47. Heinrich Nüsslein: Der Thriumphbogen, 1910____________________ pag. 192 Figura 48. Margarethe Held: Ritratti di spiriti, dèmoni ed elfi ________________ pag. 192 Figura 49. Clara Schuff: Pennarello su carta, 1980 _________________________ pag. 193 Figura 50. Viktor Emanuel Bickel (Faroxis): Nell’èra delle farfalle ____________ pag. 193 Figura 51. Coral Polge: Ritratto di un defunto sconosciuto __________________ pag. 194 Figura 52. Matthew Manning: Dipinto in stile Monet _______________________ pag. 194 Figura 53. Emma Kunz: Disegni a pastello e colori a cera ___________________ pag. 195 Figura 54. Marcelo Modrego: Olio su tela, 1980 ___________________________ pag. 195 Figura 55. Takeshi Mochizuki: Nascita di Venere _________________________ pag. 196 Figura 56. Sri Chinmoy: Acrilici su grande tela, 1993 ______________________ pag. 196 Figura 57. Sri Chinmoy: Acrilico su tela ________________________________ pag. 197 Figura 58. MaNaNi: Inchiostro su carta, 1984 ____________________________ pag. 197 Figura 59. Luiz Antonio Gasparetto: Stile Degas __________________________ pag. 198 Figura 60. Luiz Antonio Gasparetto: Stile Modigliani ______________________ pag. 198 316 | P a g . Figura 61. Luiz Antonio Gasparetto: Toulouse-Lautrec _____________________ pag. 198 Figura 62. Luiz Antonio Gasparetto: Toulouse-Lautrec _____________________ pag. 198 Figura 63. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh _____________________ pag. 199 Figura 64. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh _____________________ pag. 199 Figura 65. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh _____________________ pag. 200 Figura 66. Florêncio Anton: Dipinto in stile van Gogh _____________________ pag. 200 Figura 67. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso ________________________ pag. 201 Figura 68. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso _______________________ pag. 201 Figura 69. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso _______________________ pag. 201 Figura 70. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso ________________________ pag. 201 Figura 71. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso ________________________ pag. 201 Figura 72. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso ________________________ pag. 201 Figura 73. Florêncio Anton: Dipinto in stile Picasso ________________________ pag. 201 Figura 74. Florêncio Anton: Dipinti in stile Modigliani _____________________ pag. 202 Figura 75. Florêncio Anton: Dipinti in stile Modigliani _____________________ pag. 202 Figura 76. Florêncio Anton: Dipinti in stile Modigliani _____________________ pag. 202 Figura 77. Florêncio Anton: Dipinto in stile Chagall _______________________ pag. 202 Figura 78. Florêncio Anton: Dipinto in stile Matisse _______________________ pag. 202 Figura 79. Florêncio Anton: Dipinto in stile Renoir ________________________ pag. 202 Figura 80. Florêncio Anton: Dipinto in stile Toulouse-Lautrec _______________ pag. 202 Figura 81. Florêncio Anton: Dipinto in stile Toulouse-Lautrec _______________ pag. 202 Figura 82. Florêncio Anton: Dipinto in stile Toulouse-Lautrec _______________ pag. 202 Figura 83. Florêncio Anton: Dipinto in stile Monet ________________________ pag. 203 Figura 84. Florêncio Anton: Dipinto in stile Monet ________________________ pag. 203 Figura 85. Imitazione neonatale nel macaco grazie ai neuroni specchio ________ pag. 207 Figura 86. Elefante pittore mentre dipinge un quadro ______________________ pag. 208 Figura 87. Elefante pittore con il suo mahut ______________________________ pag. 209 Figura 88. Attivazione della corteccia prefrontale rispetto al “bello” ___________ pag. 242 Figura 89. Attivazione della corteccia prefrontale rispetto al “non-bello” _______ pag. 242 317 | P a g . RINGRAZIAMENTI E RICONOSCIMENTI Anche se si è prestata la massima attenzione nell’attribuzione dei diritti d’autore per ogni immagine, disegno o dipinto utilizzato, le illustrazioni inserite in questo lavoro (reperite per la maggior parte su Internet) appartengono ai rispettivi autori e/o aventi diritto (anche se non citati) e sono state utilizzate unicamente per gli scopi della presente ricerca. Desidero ringraziare la Prof.ssa Rosella Tomassoni, mio tutor (nonché coordinatore del corso di Dottorato di Ricerca XXVIII Ciclo svoltosi presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale) ed il Prof. Antonio Fusco per la fiducia che hanno voluto concedermi, ma soprattutto per avermi accolto nel loro gruppo di lavoro: spero di essere stato all’altezza delle loro aspettative. Voglio inoltre ringraziare il Prof. Ferdinando Bersani, docente all’Alma Mater di Bologna e Presidente del CSP – Centro Studi Parapsicologici, per la disponibilità, il materiale di studio ed i preziosi suggerimenti forniti su un tema ancora in parte controverso e di non facile interpretazione. Un ringraziamento particolare va anche agli studiosi che, pur non avendo avuto il piacere di conoscere personalmente, mi sono stati di grande aiuto e ispirazione, grazie al loro importante contributo allo studio del fenomeno: Paola Giovetti, Angela Peduto ed Everton De Oliveira Maraldi, del Dipartimento di Psicologia Sociale dell’Università di San Paolo del Brasile, attraverso i cui lavori ho approfondito la comprensione biopsicosociale del fenomeno indagato. Ma soprattutto, grazie a tutti coloro che hanno creduto e continuano a credere in me. 318 | P a g .