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Matteo Taufer (Hg.) Tradurre classici greci in lingue moderne Taufer print.indd 1 15.12.17 10:01 ROMBACH WISSENSCHAFTEN · REIHE PARADEIGMATA herausgegeben von Bernhard Zimmermann in Zusammenarbeit mit Karlheinz Stierle und Bernd Seidensticker Band 44 Taufer print.indd 2 15.12.17 10:01 Matteo Taufer (Hg.) Tradurre classici greci in lingue moderne Taufer print.indd 3 15.12.17 10:01 Unter der Schirmherrschaft der Autonomen Region Trentino – Südtirol Gedruckt mit Unterstützung der PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über ‹http://dnb.d-nb.de› abrufbar. © 2017. Rombach Verlag KG, Freiburg i.Br./Berlin/Wien 1. Auflage. Alle Rechte vorbehalten Umschlag: Bärbel Engler, Rombach Verlag KG, Freiburg i.Br./Berlin/Wien Satz: Martin Janz, Freiburg i.Br. Herstellung: Rombach Druck- und Verlagshaus GmbH & Co. KG, Freiburg i.Br. Printed in Germany ISBN 978-3-7930-9908-6 Taufer print.indd 4 15.12.17 10:01 Inhalt Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 S. DOUGLAS OLSON Il destino dei Feaci: testo e traduzione di Richmond Lattimore di Odissea XIII 158 . . . . . 13 MICHELE NAPOLITANO Note di lettura alla Teogonia esiodea nella traduzione di Pavese . . . . . 23 ANDREA BROCCHIERI Übersetzung / Auseinandersetzung Heidegger e la prova dell’estraneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 FRANCO FERRARI La traduzione della lingua filosofica di Platone: alcune riflessioni sul significato di ousia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 BERNHARD ZIMMERMANN Deutsche Aristophanes-Übersetzungen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 FRANCESCO PAOLO BIANCHI Raccogliere, tradurre e interpretare i frammenti dei poeti comici greci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 GIUSEPPE ZANETTO Tradurre epigrammi: un’impresa (im)possibile? . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 ANNA TIZIANA DRAGO »All’ombra dell’altra lingua«: la traduzione come atto necessario e alcune notazioni sugli epistolografi greci . . . . . . . . . . . . . 153 CARMELO CRIMI Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) di Gregorio Nazianzeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175 CLAUDIO BEVEGNI Tradurre (ma non solo) Aldo Manuzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195 Stellen- und Personenregister . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Figuren- und Sachregister . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 219 Taufer print.indd 5 15.12.17 10:01 Taufer print.indd 6 15.12.17 10:01 CARMELO CRIMI (Catania) Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) di Gregorio Nazianzeno Abstract This paper focuses on four Latin translations of a long poem by Gregory Nazianzen (I 2,10, de virtute). The oldest of these versions is due to the humanist Antonius Tudertinus (†1489), while the others are due to Johannes Löwenklau (1541-1594) and to Jacques de Billy (1535-1581). I examine how translators worked, emphasizing in particular the efforts of Löwenklau to adhere to the Greek text and Billius’ talent for translating into verse. Keywords Humanism – Renaissance – Patristics 1.1 L’umanista Antonio Pacini da Todi, Antonius Tudertinus, auditor di Francesco Filelfo e precettore di Giovanni di Cosimo de’ Medici1, ci ha lasciato anche una versione in prosa del carme I 2,10 di Gregorio Nazianzeno, tradizionalmente intitolato περὶ ἀρετῆς, de virtute 2. Essa è stata esemplata su un manoscritto molto simile, forse un ›gemello‹, a un codice del XIV secolo, il Romanus Casanatensis gr. 6 (= Cs)3, che appartiene a quel filone della tradizione manoscritta del carme in cui questo inizia col v. 184. Si distingue, infatti, tra il filone di tradizione ›integra‹ – comprensivo di tutti i 998 versi – e il filone per così dire ›mutilo‹, privo dei vv. 1-183. Dev’essere avvenuta una caduta accidentale di fogli in una fase antica della storia del testo, certamente ben prima del IX secolo4. La versione del Tudertinus (= Tudert. 1439), dedicata a papa Eugenio IV, si colloca al tempo della proclamazione dell’Unione con gli ortodossi, 6 luglio 1 2 Sul personaggio (†1489) cf. Lucioli 2014. La traduzione del Tudertinus è pubblicata da chi scrive in appendice all’edizione critica del carme I 2,10 in Crimi-Kertsch 1995, 440-457 (la versione è preceduta dal Prooemium ad Eugenium PP. Quartum, 438 s.). 3 Cf. Crimi 2000, 297-299. 4 Cf. Crimi in Crimi-Kertsch 1995, 43 ss. e 73: »I codici in nostro possesso continuano, in verità, due, se non tre, antiche famiglie le cui tracce possiamo ancora individuare tra la fine del VII e gli inizi del IX secolo«. Taufer print.indd 175 15.12.17 10:01 176 Carmelo Crimi 1439, al termine del Concilio di Ferrara-Firenze, e costituisce un esito della circolazione di testi patristici greci favorita da quel momento della storia della chiesa5. Tale traduzione rappresenta invero un unicum nel panorama del tempo e successivamente occorrerà attendere più di cento anni circa perché se ne dia una nuova. 1.2 L’editio princeps del carme I 2,10 (= Samb. 1568) 6 apparve nel 1568 ad Anversa per le cure dell’ungherese Iohannes Sambucus, Iános Számboky (15311584), singolare figura di umanista e collezionista di manoscritti7, in costante e interessato rapporto con la corte asburgica di Vienna. È per questo che la sua pubblicazione fu dedicata ai giovani arciduchi figli di Massimiliano II d’Austria (1564-1576) e a questa destinazione in un certo senso ›scolastica‹ si dovrebbe – a dire di Sambucus, ma appare del tutto speciosa la sua giustificazione – la mancanza di una versione latina a fronte, intesa a divulgare il difficile testo. L’ungherese afferma, infatti, nella sua lettera di dedica, che il compito di vertere i testi spettava all’insegnamento vivo, cioè orale, dei precettori dei rampolli imperiali8. La editio princeps è esemplata su un codice appartenente al filone di tradizione ›mutilo‹, mandato in tipografia e poi perduto9. 1.3 Nel 1571, un infaticabile dotto di confessione calvinista, Johannes Leunclavius (1541-1594)10, che nel corso della sua vita si occuperà in particolare di 5 6 7 8 9 10 Cf. Crimi 2000, 309ss. Per gli strumenti lessicografici utilizzati dagli umanisti del XV secolo cf. Rollo 2017. Alle pp. 82-112. Su questa edizione e i rapporti che la legano ad alcuni settori della tradizione manoscritta cf. Crimi in Crimi-Kertsch 1995, 87-92. Sulla pubblicazione di Sambucus e i testi che vi sono contenuti, nonché sul suo significato nella storia del Fortleben umanistico del Nazianzeno, cf. anche Crimi 2002, 147-150. Per la biografia cf. Visser 2005, 1-46, e Almási 2009, 145-197: quest’ultimo tratteggia la personalità di Sambucus come »gifted careerist who perfectly understood how to convert an international scholarly reputation into concrete benefits« e »prestigious client of the House of Austria« (196). Cf. Samb. 1568, 8: »Versionem, similiumque locorum παραγραφὰς adiecissem, nisi id viuorum esset magistrorum praestare…«. Cf. Crimi in Crimi-Kertsch 1995, 89ss.; anche Crimi 2002, p. 150 e n. 21. Della poliedrica attività di Leunclavius (sono svariate le grafie latinizzate del cognome Löwenklau) manca tuttora una ricostruzione complessiva. Sul personaggio (autore di una Taufer print.indd 176 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 177 testi tardoantichi e bizantini – soprattutto a carattere giuridico – pubblica a Basilea gli Opera del Nazianzeno, quasi sempre in versioni latine e solo desultoriamente accompagnate dal testo greco (= Leuncl. 1571)11. Nel terzo tomo12 si trova la versione in prosa del carme I 2,10 che ha per Vorlage un manoscritto ›integro‹, oggi perduto13. Nel contempo, Leunclavius dovette avere a disposizione anche un testis ›mutilo‹, che potrebbe identificarsi con Samb. 156814: il dotto tedesco intrattenne buoni rapporti di amicizia con l’ungherese e ne ricevette opere greche inedite da tradurre15. 1.4 Una figura centrale nella storia degli studi sul Nazianzeno è il francese Jacques de Billy de Prunay, latinamente Jacobus Billius16, che nacque nel 1535. Egli si professò monaco benedettino nel 1559, all’alba delle guerre di religione in Francia, e fu pure abate dell’antico monastero di S. Michel-enl’Herm in Vandea, roccaforte cattolica, che nel gennaio del 1569 fu presa e distrutta sanguinosamente dagli Ugonotti, nel corso della terza guerra di religione. Nello stesso anno, Billius pubblicò in versione latina (Bill. 1569) numerosi testi del Nazianzeno già noti17, tra cui non figura il carme I 2,10. 11 12 13 14 15 16 17 Taufer print.indd 177 Apologia pro Zosimo, pubblicata nel 1576, su cui cf. Mazzarino 2002, 95-102, che l’ha definita »la carta di fondazione degli studi moderni sul basso impero« [96], e ora Ben-Tov 2015, 14ss.) cf. Burtin 1990; per Leunclavius studioso del diritto bizantino cf. Stolte 1994, e per il suo interesse per la storia e la cultura ottomane cf. Ács 2011; Ács 2014, 273ss. Cf. Palla 2002, 177-179. Leuncl. 1571, 1044-1053. Cf. Palla 2002, 178. Cf. Crimi in Crimi-Kertsch 1995, 96 n. 290. Nella prima pagina (senza numero) del Prooemium di Leuncl. 1571, primo tomo, il dotto tedesco definisce Sambucus »amicissimus«. L’ungherese è chiamato anche »Caesareae familiae domesticus«, dal momento che era aulae familiaris della corte di Vienna, cf. Almási 2009, 150ss. Un anno dopo la traduzione del Nazianzeno, Leunclavius pubblicò la traduzione latina degli Annales dello storico bizantino Michele Glica (Leuncl. 1572), tratti »ex Io. Sambuci v.c. Bibliotheca«. Nel Prooemium (indirizzato »ad Generosum et illustrem virum, Ioannem Baronem Kitlicianum, Craini ac Drencaniae Dominum«: sui »Barones de Kittlitz« cfr. Menckenius 1730, 1983s.), Leunclavius traccia un quadro apertamente laudativo della liberalitas di Sambucus, e dice, tra l’altro, che l’ungherese gli aveva inviato »superioribus his annis proximis duos annalium scriptores Graecos, Michaelum Glycam, cognomento Siculum, et Constantinum Manassem: quorum utrumque Latinum in sermonem conuerterem, ac publici iuris facerem« (f. α3v). Su questa generosità di Sambucus, che prestava i suoi manoscritti ad umanisti interessati a pubblicarli o a volgerne i testi greci in latino, cf. Almási 2009, 218s. Per la biografia di Billius cf. Backus 1993, 15ss. Bill. 1569, su cui cf. Palla 2002, 168-176. 15.12.17 10:01 178 Carmelo Crimi Successivamente, conosciuto Samb. 1568, ne fornì una traduzione in senari giambici che apparve nel 1575 (= Bill. 1575)18. In virtù delle sue non comuni capacità divinatorie, Billius riuscì a ritrovare ope ingenii molte lezioni corrette, ma di svariate corruttele presentate dalla princeps non venne a capo. Lo studioso è in evidente posizione ›difensiva‹ nell’Argumentum premesso al carme: Hoc autem Carmen Graece nobis exhibuit Sambuci bibliotheca, verum multis ac foedis mendis deformatum, quae si non omnia emendare potuimus (sunt enim, ut opinor, quaedam eiusmodi, ut haud scio an quispiam illis a coniectura medicinam afferre possit) non erit propterea, cur nobis Lector succensere debeat. Interpretis enim non diuinatoris munere fungimur19. In questa sua pubblicazione del 1575, Billius non cita mai Leuncl. 1571, sebbene quest’opera fosse apparsa quattro anni prima: il benedettino non la conosceva ancora, forse a causa della vita raminga e delle peregrinazioni – Nantes, Tauxigny, Tours, Oysonville e Parigi – che dovette sostenere, dopo la distruzione della sua abbazia nel 1569. La sua esistenza, segnata dalla tubercolosi, ebbe termine a Parigi, dove si spense la notte di Natale del 1581. Due ecclesiastici amici, G. Génébrard (1537-1597) e J. Chatard20, pubblicarono un paio di anni dopo, dalle sue carte e sotto il nome del defunto, gli Opera del Nazianzeno, in cui compare la nuova versione del carme I 2,10 (= Bill. 1583)21. Nei due volumi postumi sono frequenti gli attacchi a Leunclavius22, che mescolano ragioni filologiche ed esegetiche con invettive personali e polemiche dottrinarie: il cattolico Billius aveva perso quattro fratelli nelle guerre di religione. Dai primi anni ’70 del XVI secolo e fino alla morte nel 1581, Billius era stato un interlocutore privilegiato di alcuni altissimi personaggi della corte pontificia che avevano individuato in lui l’interpres cattolico del Nazianzeno e di altri scrittori23. La sua traiettoria di studio si era incontrata con le significative attività dei cardinali Guglielmo Sirleto (1514-1585) e Antonio Carafa (1538- 18 Bill. 1575, su cui cf. Palla 1990; Palla 2002, 179-181. 19 Bill. 1575, 293. La traduzione del carme si trova alle pp. 293-325. I relativi ›Scholia‹ alle pp. 325-338. 20 A Chatard Billius aveva lasciato la sua biblioteca (cf. PG XXXV 19-20: »…Chatardi…, cui bibliothecam Billius legarat…«). 21 Questa versione è in Bill. 1583, 1375-1383, seguita dai relativi ›Scholia‹, pp. 1383-1389. Per Bill. 1583 cf. Palla 2002, 181-188. 22 Cf. Palla 2002, 182. 23 Per l’attività versoria di Billius e del fratello Jean (1530-1580) in relazione allo pseudo- damascenico Barlaam e Ioasaf cf. ora Ronchey in Cesaretti-Ronchey 2012, LXXIs. Taufer print.indd 178 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 179 1591), rivolte – dopo la conclusione del Concilio di Trento – a un rilancio degli studi patristici da parte cattolica. Il benedettino si rivolgeva loro per chiedere manoscritti di opere da tradurre e pubblicare, appagando, da un lato, le sue ambizioni di studioso, mentre il papato, dal canto suo, recuperava terreno nel difficile processo di ›riappropriazione‹ dei Padri, utilizzando le indubbie capacità filologiche e letterarie di Billius24. Grazie agli autorevoli interlocutori romani, il benedettino è riuscito ad ottenere svariati apografi di manoscritti. In particolare, egli ha ricevuto alla metà circa del 1580 un manoscritto vaticano – da considerare oggi perduto, perché sarà rimasto con ogni verosimiglianza tra le carte del suo lascito25 – che conteneva l’intero carme I 2,10. Su di esso, nel poco tempo che gli restava da vivere, Billius ha esemplato la seconda versione – sempre in senari – del carme stesso che apparve, come si è detto, nel 158326. 2.1 Questo il quadro sommario delle versioni umanistiche del carme I 2,10 che saranno qui considerate. Val la pena, nel contempo, ricordare che questo componimento si presenta come l’assemblaggio di exempla pagani e di ἱστο­ ρίαι dell’Antico e del Nuovo Testamento, quasi a costituire, per certi aspetti, un ›catalogo‹ suddiviso per sezioni e organizzato in base ad un principio contrastivo: agli exempla pagani si contrappongono quelli biblici che, naturalmente, emergono vittoriosi dalla synkrisis27. È di grande importanza individuare, in primo luogo, quali errori e fraintendimenti, presenti in una determinata versione, siano da addebitare allo status testuale della Vorlage su cui l’interprete ha condotto il proprio lavoro e quali invece siano da attribuire alla sua eventuale imperizia. I casi esemplari che verranno presentati nei successivi punti 2.2. e 2.3. sono da addebitare alla situazione della Vorlage. 24 25 26 27 Taufer print.indd 179 Cf. Palla 1990, 6ss.; Palla 2002, 180ss. Cf. Crimi 2014-2015, 359. Cf. supra n. 19. Cf. Crimi in Crimi-Kertsch 1995, 37ss. 15.12.17 10:01 180 Carmelo Crimi 2.2 Tra gli esempi pagani di ἀνδρεία, Gregorio ricorda le figlie di Leòs, offerte dal padre in sacrificio durante una pestilenza che aveva colpito Atene, poi Meneceo, figlio di Creonte, che si immolò per rendere possibile la vittoria dei Tebani, e Cleombroto che si suicidò dopo la lettura del Fedone platonico: 680 … Τὰς Λεὼ δὲ θαυμάζεις κόρας, τὰς τῶν Ἀθηνῶν προσφαγείσας ἀσμένως Μενοικέως τε τὴν πρόθυμον εἰσφοράν, Θηβῶν ὕπερ θανόντος ὡς σώσῃ πόλιν, Κλεομβρότου τε τοῦ σοφοῦ τὸ τίμιον πήδημ’ ἀφ’ ὕψους, ὡς ἀπέλθοι σώματος, ἐπεὶ Πλάτωνος τῷ περὶ ψυχῆς λόγῳ πεισθείς, ἔρωτι λύσεως κατεσχέθη;28 677 προσφαγείσας] προσφρείσας Cs, προσφιγείσας Samb. Mor. Tudert. 1439 così rende i vv. 677 s.: Puellas populi Atheniensis alacriter irruentes non parva admiratione dignas existimabis…?29 ove il participio »irruentes« fa riferimento alle figlie di Leòs, in realtà προσφα­ γείσας, ›sgozzate‹. A monte di questa erronea traduzione sta la lectio singularis προσφρείσας che appare soltanto in Cs, in pronuncia iotacistica prosfrìssas. L’umanista avrà forse ›congetturato‹ un προσρυείσας, prosriìssas, interpretandolo come »irruentes«. Non meno istruttivo lo stesso passo in Bill. 1575: Natas parente laudibus tollis Leo, Quod, imminenti soluere vt periculo Possent Athenas, non necem defugerint30 28 Crimi-Kertsch 1995, 162/164. Trad. Crimi, ibid., 163/165: »Perché queste cose? Ammiri le figlie di Leos, sacrificate volentieri per Atene, e la pronta offerta di Meneceo che morì per Tebe, per salvare la città, e il glorioso balzo dall’alto del saggio Cleombroto per uscire dal corpo, quando convinto dall’opera di Platone sull’anima, fu preso dal desiderio di liberarsi?«. L’apparato critico che accompagna i passi del carme I 2,10 citati in questo lavoro è tratto da quello dell’edizione Crimi-Kertsch 1995 e ne rappresenta una scelta, funzionale alla disamina delle traduzioni presentate. Non si è rinunciato, comunque, a presentare con una certa completezza il quadro della situazione manoscritta e delle edizioni per i lemmi riportati. I sigla dei manoscritti sono quelli dell’edizione predetta, 112-113. 29 Crimi-Kertsch 1995, 450. 30 Bill. 1575, 312. Taufer print.indd 180 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 181 dove il »defugerint« si spiega con quanto il benedettino leggeva in Samb. 1568, προσφιγείσας, che avrà inteso iotacisticamente come un προσφυγεί­ σας, peraltro inusitato, riconducendolo a προσφεύγω. Corretta la resa in Bill. 1583: … Lei tu filias laude euehis, Subiere quae pro gente Cecropia necem31 e migliore ancora Leuncl. 1571: Num potius uirgines illas Leo filias admiraris, quae alacri animo se pro Athenarum salute iugulari passae sunt?32. 2.3 Sotto il profilo che qui ci interessa, vanno esaminati pure i vv. 861-864, ove – all’interno della consueta caratterizzazione dei costumi licenziosi degli Elleni – si menziona Fidia che incide il nome del suo amasio, Pantarkes, nel dito della παρθένος, cioè della statua crisoelefantina di Atena nel Partenone: Ταῖς σφῶν δ’ ἑταίραις τὴν Ἀφροδίτην οἱ σοφοὶ μορφοῦσιν, ὡς θεοῖντο τῷ σοφίσματι· καὶ Φειδίᾳ τὰ παιδικὰ ἐν τῷ δακτύλῳ τῆς παρθένου γραφέντα· Παντάρκης καλός33. 864 Παντάρκης] πάντ’ ἀρχὴ CGS, πανταρκεῖ LM2, πάντ’ ἀρκεῖ Cs Cosm. Samb. Mor., Παντάρχης Caill., «omnipotentes» Syr. La versione di Tudert. 1439: Meretricibus vero prudentes sodales statuam Veneris erigunt ut hac fallacia rem divinam agere videantur et puerilia omnia formosae virginis ex dactylo Phidiae picta esse sufficiant34, 31 Bill. 1583, 1381. 32 Leuncl. 1571, 1051. 33 Crimi-Kertsch 1995, 176. Trad. Crimi, ibid., 177: »Sulla base delle loro etere gli esperti danno forma ad Afrodite, perché siano deificate con questo espediente, e il nome dell’amasio viene inciso da Fidia nel dito della vergine: ›Pantarkes bello‹«. 34 Crimi-Kertsch 1995, 454. Taufer print.indd 181 15.12.17 10:01 182 Carmelo Crimi tradisce la corruttela παντ’ ἀρκεῖ, presente in Cs nonché nella editio princeps. Billius, che nel 1575 ha Samb. 1568 per Vorlage, sebbene non riesca a divinare il nome del pusio dello scultore, cerca comunque di trarsi d’impaccio: …Cyprianique35 callidi Amasiarum sub suarum vultibus Formant, vt istis artibus fiant deae. Sic pusionis Phidias in annulo Scripsit Mineruae subdolus nomen sui 36. I due ultimi versi, 863-864, trapassano inalterati da Bill. 1575 a Bill. 158337: un dato che può sorprendere, tenuto conto che nel Vat. Ottobon. gr. 202 (Ot), il codice ›gemello‹ – con ogni verosimiglianza38 – del Sirleti liber che fu utilizzato dal dotto benedettino per rivedere Bill. 1575, si legge distintamente παντάρκης καλὸς39. Vi si può scorgere un ulteriore indizio del fatto che il benedettino non riuscì a condurre a termine la rielaborazione del lavoro del 1575 che si era ripromesso di attuare40? Non lo escluderei: sono alquanto numerosi, in proporzione, i versi che rimangono identici nel passaggio dall’una all’altra versione, anche se non è detto che Billius intendesse ritradurre e modificare ogni cosa. In realtà, non sappiamo bene in quali condizioni si trovassero le carte del dotto che, dopo la sua morte, furono utilizzate da Génébrard e Chatard per la pubblicazione del 1583 e ci sfugge con quanta acribia costoro abbiano lavorato sui materiali a disposizione. 3. È opportuno, per caratterizzare le peculiarità delle singole versioni e metterne in risalto i caratteri distintivi, verificare se in esse sia presente una qualche ricerca di equivalenza numerica tra termini da tradurre e termini tradotti. Sotto questo profilo, Leuncl. 1571 appare la versione che meglio corrisponde a tale procedere, ed è significativo che in essa persino qualche aggettivo o avverbio ›in più‹ ha una possibile ragion d’essere. In Leuncl. 1571, i vv. 678683, già citati41, 35 36 37 38 39 40 41 Lege Cypriamque. Bill. 1575, 320. Bill. 1583, 1382. Cf. Crimi 2014-2015, 356-359. Vat. Ottobon. gr. 202, f. 88v. Sul tema, conclusivamente, cf. Palla 2002, 186s. Cf. supra n. 28 e relativo contesto. Taufer print.indd 182 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 183 Μενοικέως τε τὴν πρόθυμον εἰσφοράν, Θηβῶν ὕπερ θανόντος ὡς σώσῃ πόλιν, 680 Κλεομβρότου τε τοῦ σοφοῦ τὸ τίμιον πήδημ’ ἀφ’ ὕψους, ὡς ἀπέλθοι σώματος, ἐπεὶ Πλάτωνος τῷ περὶ ψυχῆς λόγῳ πεισθείς, ἔρωτι λύσεως κατεσχέθη; sono così tradotti: Num (scil. admiraris) Menoecis oblationem promtam [sic], cupide mortui quo Thebas incolumes seruaret? num egregium illum docti uiri Cleombroti de sublimi saltum, ut exiret de corpore, posteaquam per librum Platonis de Animo persuasus, dissolutionis cupiditate mirifica fuisset accensus?42. L’avverbio »cupide«, allotrio rispetto al testo di partenza, ›anticipa‹ il »cupiditate« con cui il dotto tedesco traduce l’ἔρωτι di v. 683, ove si ricorda che Cleombroto fu posseduto dal desiderio di liberarsi dal corpo. Leunclavius ha voluto mettere in risalto il comune denominatore delle due morti volontarie, quella di Meneceo e quella di Cleombroto, e capiamo pure che egli procede segmentando il testo per blocchi, o segmenti, ampi e inclusivi. Egli ha per fine una resa perspicua, sostanzialmente senza sbavature, del testo d’origine, che ne attenui nel contempo le durezze e la frequente inconcinnitas. Diverso è l’atteggiamento degli altri due traduttori, Tudertinus e Billius, che indulgono volentieri alla dittologia sinonimica43, rivelando attenzione ben minore all’equivalenza numerica tra termini da tradurre e termini tradotti. 4. Un passo difficile, che costituisce un autentico banco di prova per la competenza teologica degli interpreti si trova quasi alla fine del carme, ai vv. 946-964: 42 Leuncl. 1571, 1051. 43 Per esempi in Tudert. 1439, cf. Crimi 2000, 304-305. Cito un solo significativo esempio per le due traduzioni billiane dell’aggettivo σεβασμία (che definisce la εἰκών del filosofo Polemone) nel carme I 2,10, 805: in Bill. 1575, 317, σεβασμία viene reso, con riferimento a Polemone stesso, »namque erat / Grauitate summa plenus, ac reuerentia«; non molto distante Bill. 1583, 1382, sempre riguardo al filosofo, »Ore venerando namque erat, perquam et graui«. Taufer print.indd 183 15.12.17 10:01 184 Carmelo Crimi Ὃ δ’ ἐστὶν οἴεσθ’ εἰδέναι, βλάβη φρενῶν, πλὴν εἰ καθ’ ὑδάτων τις ἡλίου σκιὰν βλέπων, νομίζοι προσβλέπειν τὸν ἥλιον, ἢ καὶ πυλῶνος κάλλος ἐκπεπληγμένος, τὸν δεσπότην οἴοιτο τῶν ἔνδον βλέπειν. Ἄλλος μὲν ἄλλου καὶ ποσῶς σοφώτερος, ὃς πλεῖον αὐγῆς ἔσπασε, πλείω βλέπων· κάτω δ’ ὅμως ἅπαντες ἀξίας Θεοῦ, ὃν φῶς καλύπτει, οὗ σκότος προΐσταται. Ἢν καὶ ζόφον τέμνῃ τις, ἀνταστράπτεται τοῦ φωτὸς ἄκρου δευτέρῳ προβλήματι. Διπλοῦν δ’ ὑπερσχεῖν οὐ μάλ’ εὐπετὲς σκέπας. Ὃς πάντα πληροῖ καὶ ἄνω παντὸς μένει, ὃς νοῦν σοφίζει καὶ νοὸς φεύγει βολάς, ἕλκων ἀεί με πρὸς ὕψος ‹ὡς› ὑπεκδρομαῖς. Θεὸν νοεῖν μὲν ὡς μάλιστα καὶ σέβειν, δεικνὺς τὸ φίλτρον ἐν ζέσει τῶν ἐντολῶν· ζητεῖν δ’ ὅ ἐστι, μήτε πάντῃ μήτ’ ἀεί, μήτε προχείρως πᾶσι γυμνοῦν τὸν λόγον44. 950 955 960 955 ἀνταστράπτεται] ἀστράπτεται C, ἀπαστράπτεται P s.l., Va (sed s.l. ἀνταστράπτε­ ται) 957 ὑπερσχεῖν] ὑπερέχειν CsM2 DoctrCE edd., ὑπερσχὴν fort. S 959 σο­ φίζει] φωτίζει G (sed mg. γρ: σοφίζει) P (sed s.l. σοφίζει) Doctr AB 960 με om. Ω ‹ὡς› supplevi ὑπεκδρομαῖς] ὑπ’ ἐκδρομαῖς L, ὐπεκδρομῆς Cs, ὐπεκδρομεῖς Samb. Mor., ὐπεκδρομεὶ Caill., ἐπ’ ἐκδρομαῖς DoctrΒ, ταῖς ὑπεκδρομαῖς (ταῖς ὑπ’ ἐκδρο­ μαῖς G) Ω; totus versus sic legitur in Syr.: «trahens me indesinenter in altum eo quod effugit» 961 νοεῖν μὲν ὡς μάλιστα] μάλιστα καὶ νοεῖν με (μὲν Caill.) LSVaCsM2 D mg., DoctrCE edd.; totus versus sic legitur in Syr.: «ut ‹quis› Deum quidem amplius intelligat et colat» 44 Crimi-Kertsch 1995, 182/184. Trad. Crimi, ibid., 183/185: »Credere di sapere che cosa sia nuoce alla mente, a meno che uno, vedendo il riflesso del sole nelle acque, non ritenga di vedere il sole o, incantato dalla bellezza di un vestibolo, non creda di vedere il padrone di ciò che è dentro. È sapiente più di un altro, e in una certa misura, chi, vedendo di più, ha attinto più luce; eppure tutti sono al di sotto della dignità di Dio, che è nascosto dalla luce, davanti al quale stanno le tenebre. Anche se uno fende l’oscurità, resta folgorato dal secondo ostacolo: la somma luce. Superare la duplice cortina non è molto agevole. Colui che riempie tutto rimane anche al di sopra di tutto; colui che rende saggia la mente sfugge agli sguardi della mente, traendomi continuamente verso l’alto, quasi col suo sfuggire. Abbi Dio in mente, onoralo quanto più è possibile, mostrando il tuo amore nello zelo per i precetti; non cercare ovunque e sempre ciò che è, e non svelare a chiunque con facilità il tuo pensiero«. Taufer print.indd 184 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 185 Tudert. 1439 mostra qui alcuni limiti nella comprensione: Si quis arbitratur Deum posse cognoscere in quantum Deus est, non sanam mentem habet, nisi, quemadmodum si umbram solis in aqua respiceret, solem intueri putaret vel ostii pulchritudinem admiratus, dominum intus videre putaret. Alius sane alio sapientia praestantior extat: qui, cum plura videt, plus splendoris abstraxit – sed tamen omnes dignitate Dei quem lumen velat inferiores sunt. Hoc lumen tenebrae tegunt atque preoccupant et, si aliquis nubem intuitu scinderet, fulgore secundi obiecti summi luminis reverberaretur. Quanquam et nubem et splendorem cogitatione superarem, non tamen ad Deum cognoscendum satis hoc sufficiens mihi videretur, qui omnia sui replet quique totus universos caelos occupat et qui mentibus sapientiam praebet ac mentis ictus refugit, quae me semper ad altissimam contemplationem cognoscendi Dei atque venerandi trahit amoremque ardore praeceptorum ostendit. Deus autem quid sit velle cognoscere nec ubique nec semper licet neque etiam debemus omnibus rationem enudare45. Qualche brano valga da esempio: il Tudertinus rende il v. 957 Διπλοῦν δ’ ὑπερσχεῖν οὐ μάλ’ εὐπετὲς σκέπας con un esplicativo »Quanquam et nubem et splendorem cogitatione superarem, non tamen ad Deum cognoscendum satis hoc sufficiens mihi videretur…«. Egli ricava »nubem et splendorem« dal precedente v. 954 (ὃν φῶς καλύπτει, οὗ σκότος προΐσταται), chiarendo scolasticamente il διπλοῦν…σκέπας, la ›duplice cortina‹ che rende Dio inaccessibile. E si produce nell’adiectio, banalmente integrativa, »…non tamen ad Deum cognoscendum satis hoc sufficiens mihi videretur«, senza riscontri nel testo di partenza, ma che fa da sutura con i vv. 958 ss. Al v. 960 emerge una rapida allusione alla dottrina dell’ἐπέκτασις46: alle βολαί della mente dell’uomo, tese a cogliere l’Inafferrabile, corrispondono simmetricamente le ὑπεκδρομαί di Dio, che con i suoi ›sfuggimenti‹, i suoi moti subitanei, sfugge alle βολαί stesse, nel contempo attirando l’uomo e il suo intelletto sempre più in alto. L’umanista non afferra bene il pensiero e la sua versione tenta di mascherare l’ignoranza del tema47. Eppure, anche in questo passo in cui il dotto mostra le sue incertezze nell’intendere pienamente il linguaggio teologico del Nazianzeno, appare qualche spunto significativo, come, ad esempio, la resa dell’ἀνταστράπτεται di v. 955 con »reverberaretur«. È, quest’ultima, una scelta lessicale che potrebbe rispecchiare la nota dottrina agostiniana 45 Crimi-Kertsch 1995, 455-456. 46 Nota soprattutto dalle opere di Gregorio Nisseno: cf. Völker 1993, 167ss. Per la presenza nel Nazianzeno cf. Crimi 1991, 35-36. 47 Cf. Crimi 2000, 303-304. Taufer print.indd 185 15.12.17 10:01 186 Carmelo Crimi della reverberatio espressa, tra l’altro, in Conf. VII 10,15, et reverberasti infirmitatem aspectus mei radians in me vehementer, et contremui amore et horrore48. Certamente migliore Leuncl. 1571 – versione che, come si è detto, opera per ampie segmentazioni di testo – in cui il passo viene così reso: Verum iccirco scire uelle quid sit Deus, mentis ipsius est pernicies. Nisi quis forte solis umbram in aquis cernens, solem ipsum se cernere putet: uel ob liminis elegantiam obstupescens, herum ipsum intra aedes abditum intueri se arbitretur. Alius quidem alio quadam ex parte sapientior est, ut qui plus lucis hauserit, et plus uideat: uerum omnes nihilo minus Dei maiestate sunt inferiores, quem lux tegit, et ante quem stant tenebrae. Quod si maxime tenebras quis penetret, altero lucis summae obstaculo ac uelamine prae nimio ipsius fulgore occaecatur. Et tegumentum duplex penetrare, non admodum est facile. Deum autem illum, qui omnia replet, ac supra omnia manet, qui mentem luce perfundit, et radios tamen mentis fugit semper subterfugiendo ad sublimiora trahens: Deum igitur hunc mente quidem indagare colereque maxime debes, ostenso amore in ipsum tuo per feruentem mandatorum eius obseruationem: at quid sit quaerere, nec ubique conuenit, nec semper, nec orationem de hoc tuam facile quibusuis aperire49. È significativo che Leuncl. 1571 faccia precedere la traduzione dei relativi ὅς ai vv. 958 e 959 da un »Deum autem illum…« ch’egli deriva dal Θεόν iniziale del successivo v. 961. A mio parere, una simile interpretazione non appare pienamente giustificabile, perché a partire dal v. 961 il Nazianzeno comincia un nuovo ordine di ragionamenti, contrapponendo alla conoscenza di Dio, che si realizza attraverso l’osservanza dei comandamenti, l’inopportunità di una ricerca estenuata di ciò ch’Egli sia. Mi appaiono complessivamente più felici le traduzioni di Billius, soprattutto quella apparsa in Bill. 1583, che rispecchia ottimamente la secchezza del testo originale e dimostra la grande abilità del benedettino nell’affrontare il difficile linguaggio teologico del Nazianzeno: 48 Cf. Kertsch in Crimi-Kertsch 1995, 371. 49 Leuncl. 1571, 1053. Taufer print.indd 186 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) Bill. 1575 At quid sit ipse, si quis est qui se putet Habere notum, mentis est inops bonae. Atque est perinde, solis vt si quis videns Vmbras in vndis, se putet tum cernere Solem: videns aut atrium pulcherrimum, Herum arbitretur aedium se cernere. Praecedat alter alterum sophia licet, Meliusque cernens, luminis plus hauriat: Infra supremi numinis cuncti tamen Sunt dignitatem: quem tegit lux splendida, Caligo cuique densa prostat maxime. Atque vt quis atram dissecet caliginem, Tamen supremi luminis perstringitur Velo secundo. Iam duo velamina Procliue non est cuipiam perrumpere. Qui cuncta complens altior cunctis manet, Sophiaque mentes instruens, mentis tamen Fugit ipse captum: sicque me semper trahit In culmen altum, dum celer se proripit. Et cogitare maxime, colere et pie Numen supremum debeo: sanctissimis Atque obsequendo legibus, quod hunc amem, Monstrare. quid ast ipse sit, nec quaerere Prorsus, nec omni tempore, aut promptissime De rebus hisce proloqui cunctos apud50. 187 Bill. 1583 At scire quid sit, qui putat, mente excidit. Atque est perinde, solis vt si quis videns Vmbras in vndis, hunc putet se cernere: Valdeque mirans atrium pulchrae domus, Dominum videre credat idcirco aedium. Praecedat alter alterum sophia licet, (Qui nempe lucis plus trahit, plura intuens) Infra Dei omnes dignitatem sunt tamen: Quem lumen operit, antequam51 fusus nigror. Tenebrasque si quis dissecet, velo statim Summi secundo luminis perstringitur. Non facile porro scinditur velum duplex. Qui cuncta complens altior cunctis manet, Docensque mentem, mentis aspectum fugit: Trahens in altum dum celer se proripit. Deum quidem tu cogita, et cole maxime, Philtrum, obsequendo legibus, monstrans tuum: At parce, quid sit ipse, ubique quaerere, Semperque, cunctis verba nec fundas leuis52. 505152 50 Bill. 1575, 323-324. Sono in corsivo i versi (o parti di verso) che ritornano identici in Bill. 1583 (cf. supra n. 40 e relativo contesto). 51 Lege ante quem. 52 Bill. 1583, 1383. In corsivo i versi (o parti di verso) ripresi da Bill. 1575 (cf. supra n. 40 e relativo contesto). Taufer print.indd 187 15.12.17 10:01 188 Carmelo Crimi 5. Ho notato altrove53 che il Tudertinus, che tradusse Vitae plutarchee, sembra apprezzare gli aneddoti e gli exempla virtutis che il Teologo – testimone critico, ma non di meno assai curioso, della vita degli Elleni – ci ha tramandato nel carme I 2,10. Nonostante questi suoi interessi, l’umanista mostra qualche defaillance a proposito di episodi e racconti relativi agli antichi. Ad esempio, al v. 676 (citato supra, al punto 2.2.), egli traduce malamente con »populi«, scambiandolo per il nome comune, il nome proprio Λεώ, il padre delle fanciulle sacrificate per salvare Atene. Anche a riguardo degli episodi veterotestamentari, le sue conoscenze rivelano qualche crepa. Il Nazianzeno, ai vv. 523-532, parla diffusamente del profeta Elia: …Ἠλίαν δὲ ποῦ στήσωμεν, ὃν Κάρμηλος ἔτρεφεν μέγας κόραξι χειμάρρῳ τε γῆς ἐκ διψάδος; Ὅς, ὢν πένης τε καὶ πενήτων ἔσχατος, ἵστη τυράννοις ὑετούς, ῥείθρων βάθη· πῦρ εἷλκεν ἐχθροῖς καὶ θυσίαις ἐξ οὐρανοῦ, χήραις ἐπήγαζε ῥανίδας στενὰς τροφῆς, τρέφων τρεφούσας πλουσίως ὁ ἐνδεής· νεκροὺς δ’ ἀνίστη, μισθὸν εὐσεβοῦς σκέπης, πυρός τ’ ἀνήγεθ’ ἅρματι πρὸς οὐρανόν54. 525 530 525 ἐκ διψάδος] ἐκδιψάμενος DG, διψωμένης P (sed mg. ἐκ διψάδος) 527 τυράν­ νοις] τυράννους Ω (sed τυράννοις P s.l.) 529 στενὰς] στενῆς P (sed s.l. στενὰς) LCs edd. τροφῆς] στροφῆς Cs a.c., edd. (sed τροφῆς PG) Ecco Tudert. 1439: Verum Eliam, qui in Carmelo monte altissimo a corvis cibum suscipiebat et e torrente terra longe arida scaturiente aquam potabat, ubi collocabimus? Qui, cum longe ceteros pauperes paupertate vinceret, imbres auferens ignem hostibus sacrificiisque e caelo diripuit; qui, cum reficiendi corporis gratia cibum poposcisset 53 Cf. Crimi 2000, 308ss. 54 Crimi-Kertsch 1995, 152. Trad. Crimi, ibid., 153: »E dove porremo Elia, che il grande Carmelo nutriva con i corvi e con il torrente dall’arida terra? Egli, povero, anzi l’ultimo dei poveri, arrestava le piogge ai tiranni e le profondità dei fiumi; faceva cadere dal cielo il fuoco su nemici e sacrifici; per le vedove faceva sgorgare piccole gocce di nutrimento, nutrendo copiosamente, lui bisognoso, chi lo nutriva; resuscitava i morti, ricompensa del pio riparo, e fu portato in cielo da un carro di fuoco«. Taufer print.indd 188 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 189 nutrientemque fecunde nutrisset viduaeque guttas imbecillis nutrimenti subministrasset, mortuo vitam, mercedem pii hospitii, restituit et igneo curru vectus ad caelos evolavit55. È evidente che, al v. 527, l’interprete non ha colto l’allusione alla siccità predetta da Elia al crudele re Achab56 e ha erroneamente riferito le piogge (»imbres auferens«) all’episodio del profeta e dei sacerdoti di Baal57 cui invece si allude, nel testo del Nazianzeno, al successivo v. 528. Tale confusione tradisce le incertezze del Tudertinus in materia biblica; però, quando egli afferra l’allusione – come accade per l’episodio della vedova di Zarepta che accoglie e nutre il profeta58 – egli aggiunge un allotrio »cum reficiendi corporis gratia cibum poposcisset«, senza riscontri nel carme gregoriano. È quel che si potrebbe chiamare il ›compiacimento‹ dell’interprete che ha finalmente modo di sfoggiare qualche competenza, aggiungendo di suo elementi extratestuali. La versione del Tudertinus, con i suoi limiti, è un esperimento episodico, che rivela anche come la figura del Nazianzeno venisse alquanto confusamente percepita nell’età dell’interprete: quasi un biografo ed educatore, un umanista cristiano, una sorta di alter Basilius. Il Basilio, diciamo pure, del De legendis libris gentilium capillarmente divulgato grazie alla fortunata traduzione di Leonardo Bruni59. 6.1 Discorso diverso va fatto certamente per le distinte personalità di Leunclavius e Billius, le cui versioni del carme de virtute fanno parte di corpora vasti e ambiziosi. Il primo vuole »…rendere pubblico quanto di inedito [del Nazianzeno] esiste, non in greco, ma in latino«60, e ciò giustifica l’evidente ricerca, da parte sua, di un eloquio piano, dal carattere sensu lato divulgativo. Quest’ultimo aggettivo sembra per qualche aspetto rispondere bene alle intenzioni del dotto tedesco, che, nell’epistola di dedica di Leuncl. 1571, così scrive: 55 56 57 58 59 60 Taufer print.indd 189 Crimi-Kertsch 1995, 447. Per questo passo cf. Crimi 2000, 301. Il re è designato col plurale poetico τυράννοις: l’episodio è narrato in 3 Reg. 17,1. In 3 Reg. 18,21ss., in particolare 18,38. In 3 Reg. 17,8ss. Nel carme gregoriano l’allusione si trova ai vv. 529-530. Cf. Naldini 1984, 58ss.; la traduzione di Bruni: ibid., 231-248. Palla 2002, 178. 15.12.17 10:01 190 Carmelo Crimi …liberali quodam animi desiderio, et ambitione honesta (fatebor enim quod res est) excitatus, in hoc totis uiribus incumbendum duxi: ut si qui ueterum Graecorum libri uel Latinam in linguam hactenus conuersi non essent, uel in bibliothecarum tenebris delitescentes necdum lucis usuram accepissent, meo studio tum Latinam uestem induerent, tum ea exornati publice hominum oculis sese spectandos exhiberent61. Pur espresso nella tradizionale topica umanistica, viene formulato un programma che appare pienamente consapevole del valore e del ruolo delle opere greche. 6.2 Billius, al contrario, inizialmente aveva soprattutto proposto versioni di testi già editi nell’originale, per poi focalizzare i suoi interessi anche nella pubblicazione di testi del Teologo inediti in greco62. E, a differenza di Leunclavius, il suo vertere, un vertere in metro, si badi, si prefiggeva altri scopi: una resa retoricamente nobile dei testi, ben adeguata alla auctoritas del Nazianzeno, il che significava quasi l’entrare in gara con i versi dell’augusto modello, non l’umile porsi al servizio del lettore. In tale prospettiva, Billius dava fondo alle sue notevoli competenze, attingendo a piene mani alla tradizione letteraria antica e producendo versioni colme di flosculi retorici che redolent auliche locuzioni63. Nel passaggio dalla prima (1575) alla seconda versione (1583), il benedettino ha ridotto il numero dei senari, sovrabbondanti nella prima, finendo per approssimarsi a quello dei trimetri giambici dell’originale. Non è stata una semplice operazione di maquillage, perché egli, pur senza rinunciare del tutto a ridondanze espressive, ha cercato di seguire più da vicino la catafratta durezza e l’imprevedibile sprezzatura del suo modello, che talora sconfinano nella obscuritas. Billius dà qui la misura della sua matura competenza e si approssima ad uno stile, quello del Nazianzeno, che risultava spesso sgradito anche a palati finissimi. Pensiamo ad un Erasmo che, cinquanta anni prima, 61 Leuncl. 1571, prima pagina (senza numero) del Prooemium, primo tomo (cf. Palla 2002, 178 n. 59). 62 Cf. Palla 2002, 179. 63 Un paio di esempi da due versi ricordati in questo lavoro (supra n. 28 e relativo contesto): I 2,10, 677 τῶν Ἀθηνῶν, Bill. 1583, 1381, »pro gente Cecropia« (cf. Hor. carm. 4, 12,5 Cecropiae domus), e 678 πρόθυμον, Bill. 1575, 312 e Bill. 1583, 1381, »non pigro… pede« (cf. Hor. epod. 11, 19 incerto pede). Si aggiunga I 2,10, 806 ἀπῆλθεν, che Bill. 1583, 1382, traduce »rettulit… pedem« (cf. Ov. her. 16, 73 rettulit illa pedem). Taufer print.indd 190 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 191 aveva parlato della argutiarum… affectatio e della obscuritas di Gregorio e non aveva nascosto di preferire la perspicuità di Basilio di Cesarea64. Alla versione di Billius del 1583 arride il successo. Viene riprodotta negli Ope­ ra omnia di Gregorio pubblicati tra il 1609 e il 1611, in due tomi, da Fédéric Morel (1552-1630), e nelle successive ristampe seicentesche. Ancor oggi la leggiamo in calce alla edizione dei Maurini, ristampata nella Patrologia Graeca. Quasi una insperata rivincita nei confronti del vituperato Leunclavius. Riferimenti bibliografici Ács 2011 = P. Ács, Pro Turcis and contra Turcos: Curiosity, Scholarship and Spiritua­ lism in Turkish Histories by Johannes Löwenklau (1541­1594), »Acta Comeniana« XXV (2011) 1-21 Ács 2014 = P. Ács, ›The Good and Honest Turk ‹. A European Legend in the Context of Sixteenth­Century Oriental Studies, »The Habsburgs and their Courts in Europe, 1400-1700. Between Cosmopolitism and Regionalism«, Edited by H. Karner, Ingrid Ciulisová, B.J. García García, Wien et al. 2014, 267-282 Almási 2009 = G. Almási, The Uses of Humanism. Johannes Sambucus (1531­1584), Andreas Dudith (1533­1589), and the Republic of Letters in East Central Europe, Leiden 2009 Backus 1993 = Irena Backus, La Patristique et les guerres de religion en France. Étude de l’activité littéraire de Jacques de Billy (1535­1581) O.S.B., d’après le MS. Sens 167 et les sources imprimées, Paris 1993 Ben-Tov 2015 = A. Ben-Tov, Infamie und historische Wahrheit. Johannes Löwenklaus Apologia pro Zosimo (1576), »Verteidigung als Angriff. Apologie und Vindi­ catio als Möglichkeiten der Positionierung im gelehrten Diskurs«, Herausgegeben von M. Multhammer, Berlin-Boston 2015, 9-25 Bill. 1569 = Divi Gregorii Nazianzeni, cognomento Theologi, Opera omnia, quae quidem extant, nova translatione donata, una cum doctissimis Nicetae Serronij commentariis in sedecim Panegyricas orationes, intextis etiam quibusdam Pselli enarrationibus in obscuriora loca secundae orationis de Paschate. Adiunctum est praeterea Nonni opusculum, quo pro­ fanas historias et fabulas, quae in Invectivis adversus Iulianum Apostatam reperiuntur, exponit. Quae omnia nunc primum Latina facta sunt, Iacobi Billi Prunaei, S. Michaëlis in Eremo Abbatis, diligentia et labore. Addita sunt etiam ubique brevia quaedam Scholia, eodem Abbate auctore. Cum triplici indice, Parisiis, Apud Sebastianum Nivellium [anche Apud Ioannem Benenatum], 1569 Bill. 1575 = D. Gregorii Nazianzeni, cognomento Theologi Opuscula quaedam, nunc pri­ mum in lucem edita, aliaque item versibus reddita, magnaque ex parte Cyri Dadybrensis 64 Per il severo giudizio di Erasmo sul Nazianzeno cf. Crimi 2006, 348-349 n. 132. Taufer print.indd 191 15.12.17 10:01 192 Carmelo Crimi Episcopi commentariis illustrata. Interprete Iacobo Billio Prunaeo, S. Michaelis in Eremo Coenobiarcha…, Parisiis, Apud Ioannem Benenatum, 1575 Bill. 1583 = D. Gregorii Nazianzeni, cognomento Theologi, Opera omnia quae extant, nunc primum propter novam plurimorum librorum accessionem in duos Tomos distincta: Cum doctissimis Graecorum, Nicetae Serronij. Pselli, Nonni, et Eliae Cretensis Commentariis. Iacobo Billio Prunaeo, Sancti Michaëlis in Eremo Coenobiarca, Interprete et Scho­ liaste, I-II, Parisiis, Apud Nicolaum Chesneau… [anche Apud Sebastianum Nivellium], 1583 [la paginazione dei due tomi è continua] Burtin 1990 = M.-P. Burtin, Un apôtre de la tolérance. L’Humaniste allemand Johan­ nes Löwenklau, dit Leunclavius (1541­1593?), »Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance« LII (1990) 561-570 Cesaretti-Ronchey 2012 = Storia di Barlaam e Ioasaf. La Vita bizantina del Budda, a cura di P. Cesaretti-Silvia Ronchey, Torino 2012 Crimi 1991 = C. Crimi, La «Doctrina Patrum» e la tradizione diretta del carme I 2,10 di Gregorio Nazianzeno, »ΣΥΝΔΕΣΜΟΣ. Studi in onore di Rosario Anastasi«, I, Catania 1991, 21-47 Crimi-Kertsch 1995 = Gregorio Nazianzeno. Sulla virtù: carme giambico [I,2,10], introduzione, testo critico, traduzione di C. Crimi, commento di M. Kertsch, appendici a cura di C. Crimi e J. Guirau, Pisa 1995 Crimi 2000 = C. Crimi, Antonio Pacini traduttore del carme giambico «De virtute» di Gregorio Nazianzeno, »Tradizioni patristiche nell’Umanesimo«. Atti del Convegno. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento. Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze, 6-8 febbraio 1997, a cura di Mariarosa Cortesi e C. Leonardi, Firenze 2000, 295-315 Crimi 2002 = C. Crimi, Note su alcune edizioni di Gregorio Nazianzeno apparse tra il 1550 e il 1568, »I Padri sotto il torchio. Le edizioni dell’antichità cristiana nei secoli XV-XVI«. Atti del Convegno di studi, Certosa del Galluzzo, Firenze, 25-26 giugno 1999, a cura di Mariarosa Cortesi, Firenze 2002, 147-165 Crimi 2006 = C. Crimi, «Editiones principes» dell’epistolario di Basilio di Cesarea, »›Editiones principes‹ delle opere dei Padri greci e latini«. Atti del Convegno di studi, Certosa del Galluzzo, Firenze, 24-25 ottobre 2003, a cura di Mariarosa Cortesi, Firenze 2006, 313-354 Crimi 2014-2015 = C. Crimi, Nazianzenica XX. Sopra un codice vaticano perduto e un Sirleti liber utilizzato da Jacques de Billy, »Bizantinistica. Rivista di Studi Bizantini e Slavi« s. II, XVI (2014-2015) 349-359 Leuncl. 1571 = Operum Gregorii Nazianzeni Tomi tres, Aucti nunc primum Caesarii, qui frater Nazianzeni fuit, Eliae Cretensis Episcopi, et ipsius Gregorii librorum aliquot acces­ sione. Quorum editio diuturnis vigilijs, summaque fide, qua interpretationem, qua veteres ad libros collationem, elaborata est per Ioannem Leuvenklaium. Nec deinceps aliam expectari locupletiorem posse, de prooemio Lector intelliget. Additae sunt Annotationes, et Index quum Locorum S. Scripturae obiter explicatorum, tum Rerum et verborum Taufer print.indd 192 15.12.17 10:01 Traduzioni latine del carme de virtute (I 2,10) 193 locupletissimus, Basileae, ex Officina Hervagiana, 1571 [la paginazione dei tre tomi è continua] Leuncl. 1572 = Annales Michaeli Glycae Siculi, qui lectori praeter alia cognitu iucunda et utilia, Byzantinam historiam uniuersam exhibent: nunc primum Latinam in linguam transscripti et editi per Io. Levvenclaium; ex Io. Sambuci v.c. Bibliotheca: accessit Index geminus locupletiss., Basileae, Per Episcopios, 1572 Lucioli 2014 = F. Lucioli, Pacini, Antonio, »Dizionario Biografico degli Italiani«, LXXX, 2014 (consultato online, 23 giugno 2017) Mazzarino 2002 = S. Mazzarino, La fine del mondo antico, rist. Milano 2002 (ediz. orig. Milano 1959) Menckenius 1730 = Scriptores rerum Germanicarum, praecipue Saxonicarum, in quibus scripta et monumenta illustria, pleraque hactenus inedita, tum ad historiam Germaniae generatim, tum speciatim Saxoniae sup. Misniae, Thuringiae et Varisciae spectantia, (…) maximam partem collegit Io. Burchardus Menckenius…, tomus III, Lipsiae, Impensis Ioannis Christiani Martini, 1730 Naldini 1984 = Basilio di Cesarea, Discorso ai giovani. Oratio ad adolescentes, con la versione latina di Leonardo Bruni, a cura di M. Naldini, Firenze 1984 Palla 1990 = R. Palla, Alle fonti della prima edizione billiana dei carmi di Gregorio Nazianzeno, estr. anticipato, Messina 1990, 1-33 [da cui si cita], e in »Polyanthema. Studi di letteratura cristiana antica offerti a Salvatore Costanza«, III, Messina 1998, 83-113 Palla 2002 = R. Palla, Tra filologia e motivi confessionali: edizioni e traduzioni latine di Gregorio Nazianzeno dal 1569 al 1583, »I Padri sotto il torchio. Le edizioni dell’antichità cristiana nei secoli XV-XVI«. Atti del Convegno di studi, Certosa del Galluzzo, Firenze, 25-26 giugno 1999, a cura di Mariarosa Cortesi, Firenze 2002, 167-188 Rollo 2017 = A. Rollo, Study Tools in the Humanist Greek School: Preliminary Obser­ vations on Greek­Latin Lexica, »Teachers, Students, and Schools of Greek in the Renaissance«, Edited by Federica Ciccolella, L. Silvano, Leiden-Boston 2017, 26-53 Samb. 1568 = Sententiae et regulae vitae ex Gregorii Nazanzeni scriptis collectae. Eiusdem Iambi aliquot, nunc primum in lucem editi: Per Ioannem Sambucum Pannonium, Antverpiae, Ex officina Christophori Plantini, 1568. Stolte 1994 = B.H. Stolte, The Lion’s Paws. Observations on Joannes Leunclavius (1541­ 1594) at work, »Rechtshistorisches Journal« XIII (1994) 219-233 Tudert. 1439 = editio princeps in Crimi-Kertsch 1995, 440-457 Visser 2005 = A.S.P. Visser, Joannes Sambucus and the Learned Image. The Use of the Emblem in Late­Renaissance Humanism, Leiden-Boston 2005 Völker 1993 = W. Völker, Gregorio di Nissa filosofo e mistico, trad. dal tedesco e indici di Chiara O. Tommasi, presentazione e trad. dei testi greci di C. Moreschini, Milano 1993 Taufer print.indd 193 15.12.17 10:01 Taufer print.indd 194 15.12.17 10:01