25
Collana Alleli / Projects
Comitato scientifico
Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa)
Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano)
Nicola Flora (ICAR 16, Napoli)
Antonella Greco (ICAR 18, Roma)
Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa)
Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia)
Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)
ISBN 978-88-6242-875-0
Prima edizione marzo 2024
© LetteraVentidue Edizioni
© Paolo Belardi
È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi
mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale
purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti
l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un
modo di trasmettere la conoscenza.
Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per
fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un
furto e opera ai danni della cultura.
Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione
riguardo ai copyright delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo
nella prossima ristampa.
Crediti fotografici: Alessandra Chemollo (p. 9), Dario Diarena (pp.
116, 118, 119, 120, 121), Paolo Ficola (pp. 42, 43, 44-45, 46,
47), Daniele Filacchioni (p. 6), Andrea Jemolo (pp. 82, 83, 84, 85),
Pietro Savorelli (pp. 61, 62, 63, 64, 65, 66, 67), Paolo Tramontana
(pp. 93, 94, 95, 96-97).
LetteraVentidue Edizioni Srl
via Luigi Spagna, 50P
96100 Siracusa
www.letteraventidue.com
Paolo Belardi
EX ANTIQUO
costruire
sopra
sotto
accanto
intorno
dentro
davanti
dietro
tra
come
con
oltre
sull’esistente
INDICE
6 Prefazione
di Alessandro Melis
Preambolo
11 La formula della bellezza
15 Costruire sopra all’esistente (sovrapporre)
→ Ängelholm (Svezia), Casa del nuoto, 2008
99 Costruire come l’esistente (replicare)
→ Città del Vaticano, Sistina Experience, 2018
27 Costruire sotto all’esistente (sottoporre)
→ Torgiano (Pg), Pop-Up #One, 2018
107 Costruire con l’esistente (riciclare)
→ Norcia (Pg), Chiesa delle macerie, 2018
35 Costruire accanto all’esistente (affiancare)
→ Perugia, Ampliamento del cimitero di Pila,
1988-2000
113 Costruire oltre l’esistente (sostituire)
→ Perugia, Cittadella dell’edilizia, 2007-2014
49 Costruire intorno all’esistente (inglobare)
→ Umbertide (Pg), Church in progress, 2022
57 Costruire dentro all’esistente (inserire)
→ Perugia, Centro Servizi Tecnici del Comune di
Perugia, 2004-2009
69 Costruire davanti all’esistente (anteporre)
→ Gubbio (Pg), Postscaenium, 2018
123 Costruire sull’esistente (sostruire)
→ Perugia, Co-Living Unipg, 2019
131 Costruire sopra, sotto, accanto, intorno, dentro,
davanti, dietro, tra, come, con, oltre e sull’esistente
(fare città)
→ Perugia, Nuovi spazi pedonali per l’acropoli del
terzo millennio, 2010
→ Assisi (PG), Porta del Parco Subasio, 2021
→ Perugia, Riqualificazione del complesso
ex Palazzetti a Ponte San Giovanni, 2023
77 Costruire dietro all’esistente (posporre)
→ Ceccano (Fr), Villa Micheli, 2002-2006
87 Costruire tra l’esistente (frapporre)
→ Perugia, Centro artigianale, 1994-1998
Appendice
153 Tre parole importanti, anche per Dante
6
Ex Antiquo
PREFAZIONE
di Alessandro Melis
< Costruire accanto
all’esistente
Perugia, Centro
Cortonese,
particolare, 2008
Hoflab (Paolo Belardi,
Simone Bori), Hofpro
(Alessio Burini),
Alessio Boco, Valeria
Menchetelli
costruire
Questo libro rappresenta un invito a intraprendere un viaggio nel mondo dell’architettura,
tanto progettata quanto costruita, sulla scia delle profonde intuizioni e dell’approccio innovativo
di Paolo Belardi. Il fulcro del libro, identificabile nel concetto di “costruire” o meglio nell’arte
del costruire – e quindi nelle molteplici relazioni che il costruire stabilisce con le preesistenze
– rappresenta da sempre un tema centrale per l’architettura. Ma la prospettiva di Belardi è del
tutto originale, in quanto lancia una sfida all’idea comune di progettazione e di costruzione architettonica, suffragando pragmaticamente la sua tesi con gli esiti dell’attività progettuale svolta
nell’ambito dello studio Hoflab.
Il verbo "costruire" ammette molte interrelazioni con le preesistenze e Belardi esplora con lucidità dodici possibili approcci che dilatano gli orizzonti della creazione architettonica, in quanto
sondano i limiti del realizzabile nell’ambito dell’esistente, alimentando il cuore pulsante sia della
sua ricerca progettuale sia del suo insegnamento universitario. Dal “costruire sopra l’esistente”
al “costruire sull’esistente”, l’insieme delle diverse possibilità rappresentate fornisce un’interpretazione originale del modo in cui gli architetti possono interagire con il passato, con il presente e
con il futuro, inducendo i lettori a riflettere sulla validità della “formula della bellezza” applicata
al mondo dell’architettura nel contesto della crisi globale. Le prime pagine del libro sono volte
a spiegare il senso di questa enigmatica equazione tratta dalla teoria della relatività ristretta di
Albert Einstein, che funge da pilastro di fondazione metaforico sia per la prassi professionale
dello studio Hoflab sia per la missione pedagogica di Belardi. Qui la memoria che affonda le sue
radici nel passato e il coraggio di stabilire nuovi punti di vista sul futuro si integrano reciprocamente, generando un panorama di nuove possibilità che sostanziano il concetto di bellezza, poi
approfondito in tutta la sua complessità nelle pagine che seguono mediante una rassegna, ricca
e significativa, di opere e di progetti.
Nel guidarci in questo viaggio, Belardi ci invita a riflettere sulla complessità della relazione
tra le nozioni che strutturano i valori estetici della nostra cultura e a trovare il coraggio per
trascendere i vincoli imposti dal tempo e dallo spazio. Non a caso il libro supera la mera speculazione teorica del progetto, presentando anche un’ampia casistica di opere in cui Belardi attinge
liberamente al repertorio della storia architettonica della sua terra, l’Umbria, citando i nomi
di architetti visionari quali Matteo da Gattapone, Antonio da Sangallo il Giovane, Galeazzo
Alessi, Andrea Vici, Paolo Campello della Spina e Tomaso Buzzi che, con le loro opere, provano la validità di una formula della bellezza che non va intesa quale esito di canoni prefissati e
cristallizzati, ma quale esito dell’aspirazione a un coraggio creativo radicale tradotto in termini
concreti. Infatti, durante il viaggio nel mondo dell’architettura proposto da questo libro, i lettori
incroceranno una vera e propria tassonomia progettuale, che restituisce un vasto panorama di
7
> Costruire sotto
all’esistente
Milano, Interni Open
Borders. Padiglione
della Regione Umbria,
2016. Hoflab (Paolo
Belardi, Matteo
Scoccia), Paul Henry
Robb
8
idee progettuali e di traduzioni costruttive fondate, per l’appunto, sulla formula della bellezza,
in questo caso architettonica: un viaggio che sfida i pregiudizi, che innesca l'immaginazione e
che invita a riscoprire la relazione profonda che sussiste tra memoria, coraggio ed estetica in
architettura.
Il portfolio dei progetti e delle opere di Belardi restituisce un abecedario della sua creatività,
della sua competenza e del suo impegno nel superare i confini della progettazione architettonica.
Perché, procedendo tra le pagine del libro, si constata come l’autore sappia calare la sua filosofia
architettonica nella prassi del costruire, ad esempio con l'innovativo progetto "Pop-Up #One",
volto a riciclare uno scheletro di calcestruzzo armato abbandonato nella campagna di Torgiano, piuttosto che con il "Centro Servizi Tecnici del Comune di Perugia", realizzato con grande
cura nel vivo del centro, o con l'audace "Cittadella dell'edilizia", piantata come seme ordinatore
della periferia industriale del capoluogo umbro. In tutte le opere e in tutti i progetti si fondono
creatività, funzionalità e profondo rispetto per il contesto, inteso non quale vincolo restrittivo,
ma quale opportunità inattesa. Tutte le opere e tutti i progetti, proprio perché sono segnati dal
legame borromeo che sussiste fra coraggio, memoria e bellezza, guardano al “genio del passato”
con una prospettiva finalmente umanistica, quale genotipo – piuttosto che mero fenotipo – della bellezza: una prospettiva che induce a superare il preconcetto che le preesistenze siano detriti
inerti e mummificati, per unirsi a una danza dinamica della creatività, ormai evoluta e lontana
dal suo mero e originario intento adattativo.
L'appendice costituisce la naturale conclusione del libro. Perché in effetti la ricerca progettuale di Belardi sul potenziale trasformativo dell'architettura evoca la saggezza senza tempo di
Dante Alighieri: bellezza, memoria e coraggio vanno intesi quali fari che ispirano e guidano la
ricerca nell'espressione architettonica, nell'innovazione e nella più profonda comprensione dello
spirito umano. Le opere e i progetti di Paolo Belardi rappresentano una sfida volta a riconsiderare i confini dell'architettura e invitano ad avvalersi della novità oltre che della diversità
degli spunti ideativi che, ancora oggi, possono essere suscitati dal confronto con le preesistenze.
Questo libro può essere fonte d’ispirazione per architetti, designer e appassionati di architettura
oltre che motivo d’incoraggiamento a spingere la disciplina della composizione architettonica
oltre le anodine prospettive binarie che, troppo spesso, contrappongono l'antico al futuro e la
memoria alla creatività.
Ex Antiquo
costruire
9
LA FORMULA
DELLA BELLEZZA
< Andrea Mantegna,
San Sebastiano,
1481 ca., Musèe du
Louvre, Parigi.
Da qualche anno a questa parte, prima d’iniziare la prolusione al corso di “Architettura e
composizione 1”, annoto sulla lavagna con il gesso tre lettere, una maiuscola e due minuscole di
cui una contrassegnata da un numero all’apice, legate da un segno d’identità:
E=mc2
L’equazione spiazza ritualmente i miei studenti, in quanto pensano che io faccia riferimento alla
celebre formula della relatività ristretta teorizzata da Albert Einstein nel 1905, dove “E” indica
l’energia relativistica totale di un corpo, “m” la sua massa relativistica e “c” la costante velocità
della luce nel vuoto. Poi però, dopo avere passato in rassegna alcuni esempi tratti dalla storia
dell’arte (in particolare lo sfondo del San Sebastiano di Andrea Mantegna, dove l’arco trionfale,
sopraelevato con il piano attico, e i fornici di un acquedotto trasformati in botteghe artigiane
celebrano la continuità sovrastorica della città italiana), chiarisco che non parlo da fisico, ma da
progettista. Nella mia accezione, infatti, “E” sta per Estetica, intesa come consapevolezza che
la bellezza è anche una condizione morale ben lungi dall’accezione modaiola corrente, “m” sta
per memoria, intesa come consapevolezza della necessità di non dimenticare il passato, e “c” sta
per coraggio, inteso come consapevolezza della necessità di non dimenticare il futuro. Quindi,
ottenuto il sorriso sollevato dei miei studenti, concludo che, per me, l’equazione annotata sulla
lavagna non è la formula della relatività, ma è la formula della bellezza. Una formula evidentemente meno scientifica sia rispetto alla formula di Jacques Binet, volta a calcolare i termini della
bellezza insita nella successione aurea di Fibonacci, sia rispetto alla formula di Benoît Mandelbrot, volta a misurare la bellezza insita nell’irregolarità della natura. Ma pur sempre una formula
che, se analizzata nei suoi casi limite, restituisce indicazioni preziose. Infatti, se “m” assume un
valore nullo, ovvero se il progetto di architettura si disinteressa delle preesistenze ambientali,
il valore di “E” risulta anch’esso nullo in quanto si sconfina facilmente nelle vanità autoreferenziali dell’exploit stilistico. Così come, se “c” assume un valore nullo, ovvero se il progetto di
architettura rinuncia alla propensione visionaria, il valore di “E” risulta ancora una volta nullo
in quanto ci si impantana malinconicamente nelle secche paludose della conservazione fine a
se stessa. Ma se né “m” né “c” assumono un valore nullo, ovvero se il progetto di architettura
è capace di coniugare passato e futuro, il valore di “E” oscilla verso un valore infinito e risulta
comunque positivo.
A questo punto sull’aula cala il silenzio. Perché i miei studenti, soffocati da una cultura che
impone il dovere di rispettare il passato senza riconoscere il diritto di sognare il futuro, comprendono l’importanza della memoria, ma non comprendono l’importanza del coraggio. Soprattutto
non comprendono le ragioni per cui il valore di “E” dipende linearmente dal valore di “m”, mentre il valore di “E” è legato al valore di “c” da una relazione esponenziale. Così, per convincerli
11
che le tappe salienti dell’architettura sono contrassegnate non solo dal “fattore m”, ma anche e
soprattutto dal “fattore c”, ricordo loro l’incipit del saggio Esthétique des visionnaires, in cui
Henri Focillon celebra l’importanza dell’immaginazione compilando un elenco dei più grandi
visionari del passato. Un elenco lungo e variegato, perché affrancato da limiti temporali e da
gerarchie disciplinari, ma non esaustivo. Così, dopo avere invitato i miei studenti a concentrare l’attenzione sull’Umbria e in particolare sull’architettura, faccio presente che a buon diritto
potremmo aggiungere all’elenco molti altri nomi. Ad esempio, quelli di Matteo da Gattapone,
Antonio da Sangallo il Giovane, Galeazzo Alessi, Andrea Vici, Paolo Campello della Spina e
Tomaso Buzzi: ideatori e spesso anche promotori di capolavori architettonici che continuano a
emozionarci perché capaci di assurgere la meraviglia a bellezza. Infatti, solo un visionario come
Matteo da Gattapone poteva immaginare uno spazio pubblico pensile qual è la piazza Grande di
Gubbio; solo un visionario come Antonio da Sangallo il Giovane poteva immaginare di sostruire
una rocca con le case medievali dei Baglioni; solo un visionario come Galeazzo Alessi poteva
immaginare d’incorporare la Porziuncola nella teca muraria della basilica di Santa Maria degli
Angeli; solo un visionario come Andrea Vici poteva immaginare di rimodellare in chiave scenografica i balzi della cascata delle Marmore; solo un visionario come Paolo Campello della Spina
poteva immaginare di reinventare in forma di giardino botanico le fonti del Clitunno; e solo un
visionario come Tomaso Buzzi poteva immaginare di addossare al convento francescano della
Scarzuola la propria città ideale.
Ma non è tutto qui.
Concludo infatti la prolusione facendo notare ai miei studenti che tutte le opere sopracitate
condividono un fattore comune: la fiducia nel progetto. Perché, nella formula della bellezza, ciò
che tiene insieme “m” e “c” nel segno di “E” è la fiducia nella capacità dell’atto progettuale
di creare luoghi senza cancellare luoghi ovvero di modificare lo statu quo ante senza mortificare le preesistenze - siano esse artificiali e/o naturali - addirittura eleggendole a pretesto
ideativo. Purtroppo però questa dimensione fideista, che ha segnato le tappe salienti della storia
dell’architettura, è stata minata dal “pensiero debole” di fine millennio. Tanto che di fatto, nella maggior parte degli studi professionali, la viltà realista ha preso il sopravvento sull’audacia
immaginifica che giace sepolta sotto il cumulo delle pratiche burocratiche ed è confinata nella
climax, fortunatamente ancora onirica, delle aule universitarie, dove continua a essere custodita
e alimentata attraverso esercitazioni didattiche e tesi di laurea a carattere progettuale.
E forse, proprio in virtù del fatto che ogni insegnante degno di questo nome è chiamato
prima di tutto a imparare dai propri studenti, io stesso alimento i loro sogni. In tal senso, convinto che la sostenibilità, più che degli exploit performanti degli edifici equipaggiati con pannelli
fotovoltaici e pale microeoliche, è insita nella continuità inclusiva dei nostri centri storici, dove
ogni singola pietra, ogni singolo mattone, ogni singolo capitello è stato recuperato e riutilizzato
con grande libertà espressiva, e non è stato smaltito in una qualche discarica di periferia, trovo
la forza per coltivare il mio desiderio visionario nel segno del disegno, ostinandomi a immaginare architetture progettate “ex antiquo” ovvero sopra, sotto, accanto, intorno, dentro, davanti, dietro, tra, come, con, oltre e sull’esistente: un elenco di preposizioni locative che, evocando
la natura stratificata delle architetture segnate dalla storia (dalla cattedrale della Natività di
Maria Santissima a Siracusa alla chiesa di Sant’Angelo in Pescheria a Roma fino alla Ca’ del
Duca a Venezia), tradiscono tanto la mia passione per la concretezza dello sperimentalismo site
specific, soprattutto quando coinvolge le rovine del contemporaneo, quanto il mio disinteresse
per l’astrazione dell’enunciazione ex cathedra, soprattutto quando sfocia nell’autoreferenzialità
fine a se stessa. Perché, così come impone la via erratica che mi ha indicato tanti anni fa il mio
maestro Vittorio De Feo, “è pur meglio sentirsi partecipi della diruta umanità della storia che
proiettarsi verso la mostruosa astrazione della teoria: anche se la seconda via potrebbe risultare
più tranquilla”. Da allievo (devoto), io provo da sempre a percorrerla, progettando e realizzando
opere nell’ambito del gruppo Hoflab, di cui presento una selezione in questo volume.
12
Ex Antiquo
Andrea Mantegna, San Sebastiano, particolare, 1481 ca, Musèe du Louvre, Parigi.
La formula della bellezza
13