Quali sono state le intenzioni che hanno spinto il nostro autore a faticare per la creazione di questo trattato? Stoicheggiante è la veemenza con cui Filone dichiara che ogni passione è inconciliabile con la maestà di Dio: per questo egli...
moreQuali sono state le intenzioni che hanno spinto il nostro autore a faticare per la creazione di questo trattato? Stoicheggiante è la veemenza con cui Filone dichiara che ogni passione è inconciliabile con la maestà di Dio: per questo egli protesta contro l'interpretazione letterale della Sacra Scrittura, che usa espressioni antropomorfiche solo per ragioni pedagogiche. Filone pensa che la Bibbia sia una fonte inesauribile di conoscenza e sapienza e che abbia il compito di illuminare la vita umana, la quale, senza suddetta sapienza creatrice, sarebbe vuota e indegna di essere vissuta.
E allora che cosa ci dice essenzialmente il De Somniis? perché tanto faticare sul concetto di sogno da parte del nostro autore? “Non sopravvalutare la passione e non farti prendere o guidare da essa”, tuona l’Alessandrino.
Attraverso l’interpretazione dei vari sogni, infatti, è possibile esperire il sentimento trascendente che anima da sempre l’uomo di ogni tempo. Da questo trattato appare con chiarezza ciò che Filone intende col termine “trascendere”: in senso proprio significa conoscere la realtà, coglierne i limiti e riportala alle sue cause originali. Perché l’uomo agisce? Perché desidera? Perché abusa del desiderio? Perché non sa fermarsi davanti all’opera sua? Perché capisce di essere nel torto? Perché sa di essere per sé o contro di sé?
È possibile notare talvolta in Filone una certa contraddizione fra la concezione delle passioni sviluppata in certi passi e la normale valutazione che di solito egli ne dà, quasi sempre nettamente negativa. È in gioco infatti in questi passi l’ambiguità tra la passione come istinto psicologico e la passione come elemento etico: nel primo caso essa può ritenersi positiva, perché fa parte della struttura naturale dell’uomo, nel secondo invece è negativa perché si oppone alla ragione. Basti ricordare come la passione più grande, l’esperienza suprema, per Filone sia la ricerca di Dio. Filone in questo trattato non tematizza i sensi in quanto tali, ma li presenta come ostacoli da superare e di cui liberarsi grazie alla migrazione verso Dio.
Se l’oggetto della sua riflessione nel De Somniis fossero i sensi o l’esperienza sensibile, si giungerebbe all’assurda conclusione che la vita basata sui sensi è superiore a quella fondata sulla scienza caldaica, la quale, per quanto decettiva ed errata nelle sue conclusioni, è pur sempre frutto di un’attività intellettuale di ordine spirituale. L’Alessandrino invece vuole dirci che il rientrare in sé non può che seguire la via obbligata imposta alla costituzione dell’uomo: dunque per mezzo dei sensi ma uscendo da essi. Questa via è duplice, somatica all’esterno e psichica all’interno.
Ora, chi rientra in sé incontrerà, nell’ordine, prima il corpo e i sensi e poi l’intelletto. Ma il processo di interiorizzazione, come abbiamo visto, quando l’uomo ha in sé una pre-disposizione alla contemplazione, avviene per via naturale e avviene anche quando è ancora chiuso nelle caverne corporee, perché ben presto l’uomo (anche grazie all’aiuto straordinario di Dio attraverso sogni premonitori) riuscirà a cogliere i limiti dei sensi e sarà portato a trascenderli.
Ma dunque il sentire è del corpo o dell’anima? L’errore non è mai nella sensazione ma nel giudizio. La sensazione vuole sé stessa, né più né meno. Non sa di volersi, vuole e basta. La sensazione è assoluto conoscere; in essa senziente e sentito si adeguano perfettamente. Il sentire è indizio di una realtà che non è oggetto dei sensi. Intelletto e sensazione sono educatori inseparabili nel De Somniis, ma si potrebbe dire in tutta l’opera filoniana. Tuttavia, colui che arriva al luogo di Dio nella sua vita non potrà vedere Dio nella sua essenza, ma soltanto intravederlo da lontano. Per questo Dio invia i suoi discorsi per comunicare con gli uomini, parole salvatrici che soccorrono gli amici della virtù: infatti, in questo senso la sapienza divina è il canale privilegiato per arrivare a Dio.
Il logos è ontologicamente immagine di Dio e modello delle cose create, in quanto parola tradotta in atto senza soluzione di continuità: poiché il tempo non esiste rispetto a Dio, nessuna discontinuità potrebbe darsi.
Quanti vogliono capire il mondo invisibile, sono guidati dallo spettacolo del mondo visibile. Devono essere guidati dal mondo visibile nella sua forma più evidente di elementarità ontica, giacché ciò che non è chiaro sul piano dell’immagine difficilmente sarà assumibile come verità intellettuale. Il viaggio verso Haran è la fatica di conoscere sé stessi, dall'indagine sulla natura - la Caldea - all'investigazione dei sensi: questo è ciò che gli Ebrei chiamano Tare e i greci Socrate. Tare ha avuto modo solo di annusare la virtù, poiché il suo nome significa "riconoscimento dell'odore", "olfatto". Il simbolo che rappresenta il concetto di "conoscere sé stessi" è un albero ben cresciuto per gli amanti della virtù che prima raccolgono il frutto della conoscenza sensibile e poi si rivolgono a un oggetto superiore di contemplazione, lasciando dietro di sé Haran, cioè la percezione.
Grazie alla Bibbia ed al suo contenuto universale di verità secondo Filone è possibile distinguere le argomentazioni vere dalle false e, confutando le verosimiglianze sofistiche, guarire da quella grave piaga dell’anima che è l’inganno. Attraverso la sapienza Divina mediata dal logos biblico è possibile per l’uomo capire ciò che è essenziale e ciò che non lo è. Tutte le storie sono vere. È utile prendere familiarità con tutte le storie dell’uomo sull’uomo, facendone il proprio banco di prova, perché può darsi, può darsi davvero -come è accaduto a molti- che per il tramite di storie soggette alla storia, si giunga in stretto contatto con la storia sovrana, più comunemente chiamata “verità”: la verità per Filone è una storia di cui ci si prende cura. Filone sostiene che solo ciò che ha un'evidenza immediata può essere ammesso come vero, cosicché va oltre tutta la tradizione.
Quando la mente attraverso le cose sensibili tende ad elevarsi a contemplazioni intellettuali, sono assolutamente più preziosi i trasbordi più chiari dei sensi, i discorsi più limpidi, le visioni più evidenti. Giacché se non sono evidenti le cose che stanno davanti ai sensi, neppure essi potranno porre bene davanti alla mente le cose sensibili. Interpretare non significa modificare le Sacre Scritture, ma significa amarle, conoscerle, coltivarle: insomma continuare quel processo creativo in relazione al principio che comunemente chiamiamo amore per il sapere. È necessario per lui partire dall'ordine del mondo, dalla contingenza delle parti, che suppone la contingenza del tutto, fino alla necessità di una causa attiva. La parola della rivelazione è vista, non viene ascoltata la voce di Dio, ma è rivelazione all'occhio dell'anima.