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Abstract

Giovedì 24 Ottobre 2019 21 P avia, città universitaria da secoli rinomata, insieme a Padova, per la sua facoltà di Medicina (ma non solo). Palazzo Botta, pieno centro storico. Queste mura racchiudono uno dei luoghi simbolo della ricerca biomedica. Vantano, probabilmente, un primato italiano, vale a dire il maggior numero di scoperte per unità di spazio. Tra le molte, due di particolare importanza: la serotonina (definizione scientifica entrata oggi nel linguaggio quotidiano come «neurotrasmettitore della felicità» dopo aver prestato il titolo al best seller dello scrittore francese Michel Houellebecq), isolata nel 1937 da Vittorio Erspamer, e l'Apparato di Golgi, uno dei «mattoni» fondamentali della cellula. Fra la fine dell'Ottocento e il 1926, l'Istituto di Patologia Generale a Palazzo Botta fu il cuore pulsante dell'attività scientifica di Camillo Golgi (1843-1926), primo italiano a vincere il premio Nobel per la Medicina nel 1906. Da allora, i suoi allievi «ogni giorno fanno una scoperta», annotò, con stupore, l'antropologo Paolo Mantegazza. L'istituto, trasferito in una sede più moderna, oggi ospita Kosmos, il museo scientifico appena inaugurato con criteri assolutamente innovativi, e il «Golgi», che ha ancora l'antica struttura ma presto verrà ripensato e adeguato al modernissimo ultimo arrivato. Ci guida nella visita Paolo Mazzarello, professore di Storia della Medicina, presidente del sistema museale dell'Università di Pavia e direttore del Museo Golgi. Al Nobel ha dedicato una monumentale biografia ed è autore di numerosi saggi «letterari» ispirati agli scienziati che hanno dato impulso, con il loro operato, all'ateneo lombardo, da Lazzaro Spallanzani ad Alessandro Volta a Cesare Lombroso. Laboratori ottocenteschi «Il museo Golgi consente di immergersi nella grande epopea della medicina italiana», spiega Mazzarello passeggiando per queste antiche sale dove, nel 1900, si tenne l'importante congresso della Anatomische Gesellschaft, la più prestigiosa società anatomica del mondo. «Ben pochi luoghi della scienza hanno la capacità, come questo, di proiettarci in un'epoca passata, coinvolgendo il visitatore in un'atmosfera scientifica e donando l'emozione di viaggiare a ritroso nel tempo. Qui si vive un'esperienza unica. Si accede a una delle officine culturali da cui trassero origine le neuroscienze contemporanee e si ha la sensazione di partecipare alle ricerche nel laboratorio di fine Ottocento, praticamente intatto, dove il maestro e i suoi allievi facevano progredire la scienza medica». Attraversiamo la suggestiva aula ad anfiteatro dove Golgi teneva le sue lezioni, i diversi laboratori dove lavorarono i suoi assistenti, il suo studio con i mobili originali, la biblioteca che racchiude i volumi scientifici della seconda metà dell'Ottocento (spesso con la dedica al Maestro).

Corriere Salute Corriere della Sera Giovedì 24 Ottobre 2019 21 La storia . corriere.it/salute La serotonina? È nata qui di Pier Luigi Vercesi Una delle antiche sale del Museo Golgi a Palazzo Botta nel cuore di Pavia, dove è stato appena inaugurato Kosmos. In questo istituto dell’ateneo pavese sono state fatte decine di fondamentali scoperte scientifiche. Sono rimaste intatte le sale di ricerca Ottonovecentesche e anche l’aula dove insegnava Camillo Golgi, premio Nobel per la Medicina nel 1906 P avia, città universitaria da secoli rinomata, insieme a Padova, per la sua facoltà di Medicina (ma non solo). Palazzo Botta, pieno centro storico. Queste mura racchiudono uno dei luoghi simbolo della ricerca biomedica. Vantano, probabilmente, un primato mondiale, vale a dire il maggior numero di scoperte per unità di spazio. Tra le molte, due di particolare importanza: la serotonina (definizione scientifica entrata oggi nel linguaggio quotidiano come «ormone della felicità» dopo aver prestato il titolo al best seller dello scrittore francese Michel Houellebecq), sintetizzata nel 1937 da Vittorio Erspamer, e l’Apparato di Golgi, uno dei «mattoni» fondamentali della cellula. Fra la fine dell’Ottocento e il 1926, l’Istituto di Patologia Generale a Palazzo Botta fu il cuore pulsante dell’attività scientifica di Camillo Golgi (1843-1926), primo italiano a vincere il premio Nobel per la Medicina nel 1906. Da allora, i suoi allievi «ogni giorno fanno una scoperta», annotò, con stupore, l’antropologo Paolo Mantegazza. L’istituto, trasferito in una sede più moderna, oggi ospita Kosmos, il museo scientifico appena inaugurato con criteri assolutamente innovativi, e il «Golgi», che ha ancora l’antica struttura ma presto verrà ripensato e adeguato al modernissimo ultimo arrivato. Ci guida nella visita Paolo Mazzarello, professore di Storia della Medicina, presidente del sistema museale dell’Università di Pavia e direttore del Museo Golgi. Al Nobel ha dedicato una monumentale biografia ed è autore di numerosi saggi «letterari» ispirati agli scienziati che hanno dato impulso, con il loro operato, all’ateneo lombardo, da Lazzaro Spallanzani ad Alessandro Volta a Cesare Lombroso. Il neuromediatore su cui si fondano molte terapie antidepressive è solo una delle scoperte fatte nell’Istituto di Pavia dove lavorava il Nobel della medicina Camillo Golgi e che oggi ospita il museo Kosmos. Un luogo simbolo della ricerca biomedica. E un gioiello storico Laboratori ottocenteschi «Il museo Golgi consente di immergersi nella grande epopea della medicina italiana», spiega Mazzarello passeggiando per queste antiche sale dove, nel 1900, si tenne l’importante congresso della Anatomische Gesellschaft, la più prestigiosa società anatomica del mondo. «Ben pochi luoghi della scienza hanno la capacità, come questo, di proiettarci in un’epoca passata, coinvolgendo il visitatore in un’atmosfera scientifica e donando l’emozione di viaggiare a ritroso nel tempo. Qui si vive un’esperienza unica. Si accede a una delle officine culturali da cui trassero origine le neuroscienze contemporanee e si ha la sensazione di partecipare alle ricerche nel laboratorio di fine Ottocento, praticamente intatto, dove il maestro e i suoi allievi facevano progredire la scienza medica». Attraversiamo la suggestiva aula ad anfiteatro dove Golgi teneva le sue lezioni, i diversi laboratori dove lavorarono i suoi assistenti, il suo studio con i mobili originali, la biblioteca che racchiude i volumi scientifici della seconda metà dell’Ottocento (spesso con la dedica al Maestro). Il museo, con le sue ampie sale, i banconi di laboratorio, le vetrerie, i microscopi, gli strumenti scientifici, i ritratti dei protagonisti che lo hanno animato (tra i quali il patologo Giulio Bizzozero) è sospeso nel tempo, in un mondo lontano, «ma che ha mutato il volto della medicina contemporanea — preci- Qui vogliamo testimoniare come le istituzioni scientifiche si siano impegnate per liberare gli uomini dal dolore e dalla malattia sa Mazzarello —, generando la spinta iniziale che ha portato ai moderni studi sulla struttura del sistema nervoso». L’Università di Pavia ha deciso di preservare questo luogo sia per il suo valore di testimonianza storica, sia soprattutto per il grande potenziale didattico che può scaturire da tali ambienti. «Uno dei pochi esempi rimasti di luogo della ricerca che vide svilupparsi una vera scuola scientifica, dove la competizione favoriva l’emulazione ma anche la collaborazione, dove ogni ricercatore sapeva di muoversi lungo crinali della conoscenza che sconfinavano nell’ignoto, dai quali si poteva gettare uno sguardo nuovo sulla struttura microscopica degli esseri viventi e sui fenomeni patologici». È proprio questa idea del viaggio ad ispirare le sale appena inaugurate di Kosmos. «Noi non lo vogliamo rappresentare come un museo», interviene il Magnifico Rettore dell’ateneo Fa- bio Rugge. «Vuole essere, piuttosto, un’esplorazione curiosa ed entusiasmante dell’universo creato dall’uomo. Dal Rinascimento in poi, è infatti lo sguardo dell’uomo a ordinare la realtà – sterminata verso l’alto e verso il basso – al cui centro l’uomo si è posto». Dunque non più museo in senso tradizionale, con l’esposizione di oggetti inanimati, bensì «testimonianza che quella creazione di cui siamo figli è anche nostra figlia, prodotta dalle nostre menti, dalle emozioni e dagli accadimenti che hanno spinto l’uomo a ordinare l’universo, a dargli un senso, ad assegnargli dei nomi, a prescegliere alcuni tra gli infiniti nessi che ne permettono la vita. La biologia, la chimica, la medicina, l’astronomia, la fisica che vi vengono rappresentate sono sì il prodotto della nostra ambizione di guidare il mondo ma, al tempo stesso, sono le padrone della nostra esistenza, del nostro tragitto di umani», precisa Rugge. L’ottimismo illuminista Il «viaggio» di Kosmos parte dal Settecento. Ciò che in queste antiche sale stiamo esplorando è figlio dell’Illuminismo e anche di una donna, l’imperatrice d’Austria Maria Teresa, che favorì lo sviluppo delle istituzioni scientifiche periferiche rispetto alla capitale perché fungessero da raccordo con la realtà vissuta dalla gente comune. Il «mondo di Golgi» ne è l’esempio più immediato. Rappresenta il continuo affaticarsi attorno alla realtà con uno scopo ben preciso: liberare il popolo degli umani dal dolore e dalla malattia, per accompagnarlo verso una vita felice. Ottimismo ingenuo di quel secolo illuminato, il Settecento, diremmo oggi, che immaginava, nella politica (la Costituzione americana, ad esempio), come nella medicina, che esistesse un rettilineo da percorrere verso la felicità. Oggi sappiamo che la strada è più tortuosa, e nemmeno certa è la meta. Ma abbiamo pure imparato che, senza nutrirci di tale «illusione», non si progredisce. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA