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2017
Il volume affronta un ampio spettro di problemi riguardanti la storia della cultura slava orientale nelle sue interazioni con modelli culturali propri dell’Europa occiden- tale. Si tratta di un’opera collettanea, frutto del convegno franco-italiano “Fratture e integrazioni tra Russia, mondo slavo orientale e Occidente. Storia e civiltà letteraria dal Medioevo all’epoca contemporanea” (Università di Firenze, 16-17 aprile 2015): la complessità delle relazioni culturali tra Russia, Oriente slavo e Occidente europeo è analizzata esaltando la pluralità dei punti di vista e beneficiando di molteplici approcci metodologici e prospettive disciplinari. Si presentano qui nuovi materiali e nuovi metodi di analisi, utili per studiare le complesse interazioni tra la tradizione culturale occidentale e quella slava orientale dal Medioevo ai nostri giorni. Le “frat- ture” e le “integrazioni” vengono individuate attraverso la lettura o rilettura critica di testi, opere e autori che hanno preso parte alla costruzione e allo sviluppo dei rapporti culturali tra le diverse aree europee.
"Alberto Masoero Lines of Fracture in the Tsarist Empire. An Overview This essay offers an interpretation of the crisis of the Tsarist regime. It analyses three lines of fracture that potentially undermined the stability of the Imperial state during the 19th Century. It examines the tensions between a pre-modern social hierarchy and modern state-building, between an imperial or national definition of the state, and between the promotion of knowledge and the autocratic ideology. The 1905-17 reform-revolution historical cycle is interpreted as the result of the intersection and reciprocal intensification of these long-term factors. Keywords: Tsarist Empire, Social Conflict, Nation building, Revolutionary Movement"
The article presents one of the most developed in Europe of nation al schools of the Russian thought, n amely, the Italian historiography of Russian philosophy. Considers its most important trends, personalities and their activities.
"Altre Modernità" - 01/2015, pp. 70-90. This paper is focused on the complex situation linked with the concept of national cultural identity, and the conflicts between cultural models, which reflect social and political struggles in the post-Soviet space. The analysis of contemporary Ukrainian literature in Russian represents a productive field of research in order to analyse the post-soviet national context. Such a literary phenomenon emerges in the interstitial passage between Ukrainian fixed opposite identifications: we deal with a hybrid phenomenon that grows out of the passage from the soviet domination to national independence, and that produces a narrative of displacement. The given literary movement rises at the margins of the national cultural model and is an example of post-soviet hybrid writing, which stimulates the process of confrontation: as stressed by Jurij Lotman (1994), every culture creates its own ‘marginal system’, which involves outsiders who don’t belong to its centre, and that a strict analysis excludes from its model.
L'Analisi linguistica e letteraria
L'eterna influenza francese" Classici russi per il tramite del francese all'alba del Terzo millennio2017 •
Il contributo tratta un fenomeno di cattiva pratica che trova nuovo spazio nell'editoria italiana, le traduzioni dal russo attraverso versioni intermedie in lingua francese. Di tre traduzioni italiane – il Processo a Brodskij, un racconto di Čechov e uno di Grossman – si dimostra la provenienza dal francese, per poi analizzare cause e conseguenze dell'allontanamento lessicale e stilistico dall'originale, inevitabile in traduzioni di seconda mano, per principio aliene da un approccio filologico.
L'ultima erede indoeuropea? La Rus' di Kiev!
L'eredità indoeuropea della Rus' di Kiev2017 •
Anni fa è stato in voga per lungo tempo, quasi a far rinascere teorie precedenti della superiorità della razza europea nordica sulle altre razze nel mondo, il punto di vista che la presenza antica – forse III o II millennio a.C. – sull'Europa intera di tante lingue indoeuropee spiegasse ogni storia regionale come eredità locale ricevuta da un antico e orgoglioso popolo – appunto indoeuropeo – con tutto il suo corredo di antiche e gloriose Weltanschauungen. Di qui gli sforzi di ricercatori e di viaggiatori-giornalisti di riuscire a ricostruire una lingua originaria indoeuropea da attribuire a un popolo definito. Dopodiché si proclamava, basandosi su un postulato di continuità diacronica, un'unità di intenti politici degli " europei antichi " strettamente collegati per parentela con quelli " moderni " e a seconda dei casi riconoscendo il meticciato nelle popolazioni esistenti elaborare progetti di vita di tipo originario indoeuropeo. Naturalmente si immaginava che gli Indoeuropei dovessero apparire nell'aspetto fisico e nella cultura loro di base in tipi razziali preconcetti sfornando delle pazze equazioni come >indoeuropei biondi, occhi azzurri, dolicocefali< o >indoeuropei = difensori e protettori armati< et sim. addirittura appellandosi come prova a quanto certi osservatori medievali hanno lasciato scritto. In altre parole è un'assurdità partire da una lingua per creare un popolo, ma purtroppo è ancora in atto oggi tale modo di agire nel " fare storia " ... Nei secoli XIX-XX l'Europa (e i suoi ectoplasmi extra-europei) guerrafondaia e colonialista, schiavista e insanguinata da efferatezze condotte su popoli di altri continenti era sostenuta da élites al potere reali e imperiali che si vedevano come gli epigoni dei gloriosi e potentissimi Romani. E, se la lingua di Roma, il latino, apparteneva alla famiglia di lingue scoperta da F. Bopp (1791-1867), ciò non solo affratellava le lingue europee (e quindi i parlanti sudditi), ma preludeva l'esistenza certa d'un popolo indoeuropeo portatore di principi etici universali (o perlomeno da globalizzare scriveremmo noi oggi). I saggi locali finora erano stati sollecitati giusto da quei re e da quegli imperatori a costruire la storia umana più o meno con i fini dettati nel lontano Medioevo dal dio cristiano alla chiesa cattolica. Ora però chissà che presto non si scoprisse nei documenti l'esistenza del fumoso popolo antenato e che esso fosse l'inviato del dio cristiano stesso a porre le giuste basi politiche alle varie dinastie europee regnanti addirittura prima di Cristo! Per questo la chiesa consacrava i sovrani da pii e giusti: per concessione divina o in latino gratia dei. Non solo ogni atto del monarca, ma ogni ideologia da lui propagata e sponsorizzata aveva così l'etichetta di sperimentata e giusta per tutti gli uomini. Nelle epopee nazionali musicate e cantate come monumenti letterari di alto valore pedagogico si riconobbe dalle ricerche linguistiche fatte persino un fondo comune sempre indoeuropeo in cui era difficile non ipotizzare che tali eventi li avessero vissuti un popolo di conquistatori. Per questa loro " indole militaresca " i personaggi indoeuropei, man mano che avanzavano in Europa specialmente, ma pure in Asia: Persia, India fino a Ceylon; erano ben in diritto di imporre ai non-indoeuropei la propria potestà in un pacchetto comprendente asservimento, lingua e armi cioè guerra e pace. La prima domanda che ci poniamo è: La combinazione di lingua con un popolo fisico e reale ha qualche concretezza o lingua e popolo sono due realtà soltanto a volte coincidenti in un'unica realtà parlante? Acquisite nuove informazioni sulla questione ho rivisto quanto pubblicato qui e questo è il nuono testo.
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