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GIOVANNI MARIA NANINO DUE ANTIFONE MARIANE PER CORO A QUATTRO VOCI (SATB) A CAPPELLA - Ave Regina coelorum - Alma Redemptoris Mater - Edizione critica a cura di Alceste Innocenzi Edizioni ARMELIN MUSICA Padova 2 Il manoscritto Il codice 10 del fondo musicale del Duomo di Spoleto è un manoscritto cartaceo del XVI secolo composto di otto fascicoli per un totale di 83 fogli senza precedenti numerazioni con un foglio di guardia all’inizio del volume. Ogni foglio contiene dieci pentagrammi tracciati con inchiostro nero e presenta una notazione di tipo mensurale, ad eccezione delle pagine che contengono antifone monodiche, ed è disposto a libro corale con le voci sovrapposte e distribuite sulle facciate contigue. Alcuni fogli sono stati sottoposti a restauro con strisce di carta e l’inchiostro mostra un evidente stato di ossidazione con frequenti bucature della carta. La legatura è realizzata con piatti in cartone, rivestita con frammento in pergamena da altro manoscritto, fornita di legacci con tre rinforzi cordacei sul dorso. La sovraccoperta è composta da un frammento di pergamena asportato da un codice medievale sulla quale è stato apposto il titolo “Te deum laudamus” e l’antica segnatura “I”. Contiene i responsori, le antifone, il benedictus e il miserere dei Mattutini delle Tenebre nella Settimana Santa, l’invitatorio, i responsori, le antifone, il benedictus del Mattutino del Natale, le antifone finali dell’Ufficio del Breviario Romano e una messa da requiem. Tra il foglio 72 volta e il foglio 75 recto vi sono due antifone mariane, Ave regina coelorum e Alma redemptoris mater che riportano nell’intestazione la scritta «G. Nanino». Se tale intestazione è attendibile, poiché nessuna delle due antifone risulta nel catalogo delle opere di Giovanni Maria Nanino né in quello di Giovanni Bernardino Nanino, che è ancora in corso di redazione1, è assai probabile che si possa riconoscere l’autore in Giovanni Maria Nanino: varie volte (compreso anche un elenco della Cappella Sistina) è stata riscontrata la forma «G. Nanino» per composizioni chiaramente di Giovanni Maria Nanino; mentre per il fratello è stato rilevato soprattutto l’uso di chiamarlo col secondo nome: Bernardino (o Belardino). Inoltre, basandosi sulla consultazione dei libri delle risoluzioni capitolari del Duomo e su evidenti analogie di carattere grafico e perigrafico (struttura dei codici stessi, fisionomia tecnico-libraria del testo, morfologia, inchiostro, grafia musicale, annotazioni e indicazioni a latere, epoca di compilazione) l’opera di redazione del codice sarebbe da attribuire a Giovanni Troiano, musicista umbro nativo di Todi e attivo a Gubbio e Spoleto come maestro di cappella, prima che la sua attività lo porti a ricoprire importanti incarichi a Roma in S. Giovanni Laterano (organista dal 1593) e in Santa Maria Maggiore (maestro di cappella dal 1596 al 1601). Membro della Compagnia dei Musici di Roma (dalla quale discende l’odierna Accademia Nazionale di Santa Cecilia), Giovanni Troiano (o Troiani, Trojano) conosceva personalmente Giovanni Maria Nanino e probabilmente è per questo motivo che ha utilizzato il nome che doveva essere quello comunemente usato per chiamare il musicista: Giovanni, appunto. 1 Entrambi i cataloghi sono curati da Maurizio Pastori, che ringrazio per la citazione. AM - ECV 184 3 La conoscenza tra Nanino e Troiano risale almeno al 1597, quando quest’ultimo venne incaricato dalla Congregazione dei Riti di sostituire Luca Marenzio nella commissione di esperti (già composta da Giovanni Maria Nanino, Andrea Dragoni e Fulgenzio Valesio) convocata per giudicare il lavoro di emendazione del Graduale Romano affidato da Gregorio XIII nel 1577 a Palestrina e Annibale Zoilo. Né Palestrina né Zoilo completarono il lavoro, tuttavia Iginio, figlio di Palestrina, ad un certo punto, dopo la morte del padre, presentò l’opera come autentica e ne trattò l’ingente prezzo con uno stampatore. Ma il lavoro venne riconosciuto dalla suddetta commissione come opera di altra mano (contenente anche errori e scarsa uniformità) e perciò non venne approvato dalla Congregazione dei Riti: ciò causò un contenzioso tra Iginio e gli stampatori i quali, ovviamente, non vollero più acquistare il lavoro. Giovanni Maria Nanino (Tivoli, 1544 – Roma, 1607) fu allievo di Palestrina. Tenorista a S. Maria Maggiore, ne divenne maestro di cappella nel 1571 succedendo proprio a Palestrina. Nel 1575 affiancò a questa la medesima carica presso S. Luigi dei Francesi, finché nel 1577 entrò come tenorista nella Cappella Sistina. Maestro nel 1579 a S. Maria Maggiore, divenne direttore nella Cappella pontificia a partire dal 1604 fino alla morte. Istituì una scuola musicale pubblica – la prima aperta a Roma da un italiano – alla quale collaborarono il fratello Bernardino, lo stesso Palestrina e Francesco Soriano. La varietà di interessi lo portò a spaziare nei principali generi musicali praticati al suo tempo. Se gli studi più recenti hanno preso in esame in particolare la sua produzione sacra e madrigalistica, egli godette della stima dei contemporanei anche come uno dei massimi rappresentanti dello stile «artificioso». Del suo prestigio di insegnante, anche in rapporto al massimo fra i musicisti attivi a Roma, Palestrina, si trova una notevole testimonianza nella lettera di Antimo Liberati a Ovidio Persapegi: “Non ebbe egli [Palestrina] genio di far scola o non potendo per l’assiduo impiego della composizione armonica; ma s’unì e si conformò con la scola di Gio. Maria Nanino, suo condiscepolo et amico confidentissimo, valoroso quanto dotto compositore e contrappuntista, ascritto per cantore nella Cappella Pontificia; di modo che in quella scola compariva et assisteva bene spesso il medesimo Palestrina, come degnissimo Maestro principale decidendo le differenze et opinioni che nascevano tra scolari o professori diversi, che lui a bella posta frequentavano”2. 2 Antimo Liberati, Lettera scritta dal signor Antimo Liberati in risposta ad una del signor Ovidio Persapegi, Roma, Mascardi, 1685, pagg. 24-25. Si tratta dell’unica opera teorica di Antimo Liberati (Foligno, 1617 – Roma, 1692), che fu cantore della cappella papale mentre svolgeva attività anche a S. Maria dell’Anima (organista e compositore), a S. Trinità dei Pellegrini e nella Chiesa delle SS. Stimmate. Fu maestro della cappella papale nel 1674-75. La lettera a Persapegi è ritenuta un documento basilare per la conoscenza della vita e delle opere giovanili di Palestrina e dei suoi seguaci. La stesura dello scritto nacque da un’occasione contingente determinata dalla richiesta avanzata a Liberati da Ovidio Persapegi di esaminare e giudicare il valore delle composizioni dei cinque candidati al concorso per il prestigioso incarico di maestro di cappella del Duomo di Milano svoltosi il 18 agosto 1684. AM - ECV 184 4 Le antifone Le antifone mariane che concludono la compieta sono il frutto della «primavera mariana» dell’alto medioevo, la cui religiosità, più che dall’evento pasquale, era caratterizzata dall’incarnazione di Cristo e dalla sua solidarietà con le sorti degli uomini. Così anche sua madre Maria venne posta in primo piano, soprattutto nella spiritualità degli ordini religiosi sorti durante il medioevo. Nel XIII secolo i cistercensi, i domenicani e i camaldolesi concludevano la compieta con un’antifona mariana. Grande influenza ebbe una decisione presa nel 1249 dal capitolo generale dei francescani, che prescriveva l’uso alternato delle quattro antifone correntemente utilizzate fino alla riforma liturgica del Vaticano II, ‘post Completorium decantandis’. La collocazione serale, prima del riposo durante la notte, venne favorita da una pari disposizione della scena dell’annunciazione, che dava origine ad un simbolismo teologico una volta assai comune (relativo al mondo irredento che volgeva verso la sua fine). Per tale motivo le stesse antifone facevano riferimento all’evento della predicazione o ne facevano memoria mediante la loro impostazione di «saluto». Le antifone Ave Regina coelorum e Alma Redemptoris mater fanno parte delle suddette antifone mariane e sono brani che, se probabilmente in origine conservavano la struttura antifona-salmoantifona, attualmente si presentano come melodie autonome da cantarsi preferibilmente al termine di particolari momenti della giornata liturgica. Oggi, come in origine, vengono cantate a conclusione di tutto l’Ufficio secondo una particolare distribuzione dell’anno liturgico3. A partire dall’XI secolo4 ebbero una grandissima fortuna musicale per tutto il medioevo, rinascimento e in epoche più recenti: esse vengono tramandate – in canto piano – con una doppia veste, semplice e solenne. Così come la versione monodica gregoriana presenta una interessante varietà melodica, nonché la frequente presenza di elementi tropistici, le antifone mariane suscitarono un grandissimo interesse presso i compositori di musica sacra: non esistono raccolte per l’Ufficio in cui gli autori non presentino almeno una vestizione polifonica del testo mariano. 3 La distribuzione odierna è: Alma redemptoris mater (dalla 1a dom. di Avvento fino alla Purificazione, 2 feb.); Ave regina coelorum (tempo quaresimale); Regina coeli laetare (tempo pasquale); Salve Regina (tempo ordinario). Prima del Concilio Vaticano II, l’Ave regina coelorum era cantata in tempo natalizio (da Natale fino all’ottava dell’Epifania). 4 L’Alma redemptoris mater è di origine anonima, come pure l’Ave regina coelorum. Entrambe sono attestate per la prima volta in un antifonario dell’abbazia parigina di Saint-Maur-des-Fossés. L’antifona Regina coeli letare, secondo il cardinale teatino e storico della liturgia Giuseppe Tomasi di Lampedusa († 1713), s’incontra per la prima volta in un antifonario romano proveniente da San Pietro, degli inizi del XIII secolo. Alle sue origini c’è un inno di Natale dell’XI secolo. Il Salve regina è la più antica delle antifone mariane; per lungo tempo venne attribuita al monaco di Reichenau Ermanno il Contratto. Andreas Heinz (in Die marianischen Schlussantiphonen im Stundengebet, Klöckener M./ Rennings H., Lebendiges Stundengebet, 1989) invece ritiene che l’autore sia stato Bernardo di Chiaravalle, che lo fece conoscere anche all’abate Pietro di Cluny, a cui era legato da amicizia. Oltre a queste quattro antifone mariane classiche, la Liturgia Horarum propone anche quella intitolata Sub tuum praesidium. AM - ECV 184 5 L’antifona Ave regina coelorum, nella variante ambrosiana del testo (il termine “exorta” in conclusione del quarto verso deve intendersi come un errore di copiatura e pertanto dovrebbe leggersi “est orta”), presenta una scrittura contrappuntistica estremamente rarefatta e una sezione in tempo ternario secondo la proportio tripla5 sulle parole “Gaude gloriosa super omnes speciosa” che richiede una suddivisione ternaria del tactus precedente. Nanino, in questo caso, sceglie di trattare la parola sacra con uno stile prevalentemente omofonico e accordale, privilegiando la chiara declamazione dei testi secondo le direttive tridentine Il materiale tematico è tratto dall’omonimo canto gregoriano: comparando la composizione cinquecentesca con l’antifona gregoriana, Nanino utilizza, per l’inizio del primo versetto l’incipit gregoriano e i primi suoni che seguono alla paroloa “Ave”. Similmente, basandosi cioè sempre sul canto originale, tratterà l’incipit dei versetti successivi. La melodia di derivazione gregoriana subisce, nella sua migrazione polifonica, delle costrizioni che trovano una loro giustificazione nei punti d’incontro verticali. Essa si trasfigura morfologicamente mutando l’assetto modale in quello tonale: la frase inizia con una formula gregoriana per concludere con una cadenza tonale, acquisendo elementi ornamentali, ritardi e chiuse di frasi. L’antica cellula gregoriana influenza il movimento per gradi congiunti della melodia, che tende a controbilanciare le direzioni e a selezionare accuratamente i salti intervallari (evitando moti cromatici, salti oltre l’ottava, intervalli eccedenti e diminuiti, ecc.). Lo scopo dell’autore sembra quello di raggiungere il massimo grado di cantabilità con l’utilizzo di un linguaggio essenzialmente diatonico. L’equilibrio e la compostezza della scrittura emergono dal trattamento delle voci che, attraverso il movimento melodico, non risultano mai spinte oltre il registro centrale o obbligate a impennarsi nelle zone estreme della loro estensione. Nella consapevolezza dell’architettura complessiva, Nanino pone una cura estrema alle voci cantus e bassus, mentre quelle centrali, altus e tenor, restano più coperte e nascoste. Egli affida alle voci superiori e al loro movimento piccolo e controllato il senso di continuità e stabilità e al basso lascia, invece, una maggiore libertà di muoversi per salti intervallari. La forma base della curva melodica, costituita da riposo-movimento-rallentamento-riposo, acquista in questo modo un suo equilibrio strutturale. Nanino ha evidentemente un ideale melodico che lo porta a ricercare una linearità fluida ed espansiva, ma sempre attenta a bilanciare l’equilibrio delle proporzioni. Egli ha un modo chiaro di iniziare e concludere le frasi: mentre sostiene la sillaba iniziale del testo con un suono lungo, appoggia l’ultima unità testuale con ampie fioriture. Lo slancio melodico, 5 Nel Cinquecento sono relativamente rare le composizioni polifoniche in tempo base ternario: molto più frequente è l’impiego di tale tempo in alcuni episodi inseriti, a mo’ di contrasto, in una composizione in tempo binario. In casi come questo, funziona il meccanismo delle proporzioni, che manifestano l’esistenza di un unico tactus, suddiviso in modo sia binario sia ternario. Le proporzioni più usate consistevano nella cosiddetta proportio tripla, nella quale tre semibrevi del nuovo tempo ternario corrispondevano a una semibreve del tempo precedente. 6 AM - ECV 184 6 nella maggioranza dei casi, conduce a una nota prolungata in sincope, che si carica di tensione diventando un ritardo dissonante: si tratta di dissonanze che hanno uno scopo espressivo e compaiono solo alla presenza di almeno tre voci che ne mitigano gli effetti. L’aspirazione è quella ad una linearità fluida ed elegante, la sovrapposizione delle melodie e l’uso della tecnica senza soluzione di continuità conducono ad un incastro di modelli melodici alternati in cui le cadenze risultano parzialmente oscurate. Lo stile di estremo controllo dei rapporti di consonanza/dissonanza, dipendenza/indipendenza delle voci e di ricerca di coerenza della struttura architettonica, fa sì che di rado vi sia un acme tensivo culminante e sul quale convergono contemporaneamente tutte le voci. Discorso praticamente identico si può fare per l’altra antifona Alma redemptoris mater: l’impressione generale è quella di pacatezza con slanci vocali assai contenuti e con le quattro linee vocali che si uniscono per trasmettere un senso di estasi religiosa quasi ipnotica. Sul piano espressivo, l’antifona comunica sentimenti universali di equilibrio estatico e religiosità che non si allontanano mai da una composta naturalezza della manifestazione affettiva e da una partecipazione distaccata, quasi astratta: questo livello di lettura rifugge da atteggiamenti eccedenti di tensione emotiva mentre cerca di far percepire in modo evidente l’estrema semplicità delle idee espresse dal testo. Il trattamento delle voci è quasi esclusivamente omofonico, poche le dissonanze impiegate; inoltre, per quanto riguarda la sistemazione delle sillabe, tranne rare eccezioni quella accentata viene fatta solitamente coincidere con l’inizio del tactus. Ad ogni modo, bisogna pensare che la musica polifonica con la sua poliritmia orizzontale non sempre è facilmente inquadrabile nelle moderne stanghette di battuta, che la obbligano in una scansione verticale che in qualche caso è opposta ai suoi accenti costituzionali. È importante ricordare che la gestione del tempo richiede un movimento oscillatorio del tactus senza appoggio metrico. Questo aspetto modifica l’equilibrio dinamico della frase e con essa quello del periodo melodico: la mancanza di accento forte ricorrente viene a mutare la sostanza delle figurazioni ritmiche. La sincope costituita da un valore breve seguita da un valore lungo che risolve su uno breve risulta un fenomeno differente dalla sincope moderna, perché non contrastando il gioco degli accenti forti/deboli, è percepito al momento in cui si produce e non al momento in cui finisce. La sincope che si prolunga durante una sezione intera costituisce una sorta di inclusione espressiva d’insieme ed è utilizzata sistematicamente per segnalare la cadenza. Il tactus pertanto può presentare momentanee alterazioni nella sua interpretazione, legate al carattere del testo: così come la presenza di un melisma può interferire sulla regolarità della pulsazione, apportando una leggera dilatazione temporale, le figure ritmiche prolungate portatrici di sillabe possono suggerire una leggera contrazione. Alceste Innocenzi AM - ECV 184 7 Ave regina coelorum Antifona ambrosiana “ad completorium vesperis” nativitatem B. Mariae V. Ave Regina coelorum Ave domina angelorum Salve radix sancta Ex qua mundo lux exorta [sic] Gaude gloriosa Super omnes speciosa Vale valde decora Et pro nobis semper Christum exora. Alma redemptoris mater Antifona “ad completorium vesperis” nativitatem B. Mariae V. Alma redemptoris mater, quae pervia caeli Porta manes et stella maris, succurre cadenti Surgere qui curat populo: tu quae genuisti Natura mirante, tuum sanctum genitorem Virgo prius ac posterius, Gabriellis abore [sic] Sumens illud ave, peccatorum miserere. AM - ECV 184 8 AVE REGINA COELORUM Edizione critica di Alceste Innocenzi Giovanni Maria Nanino (1544 - 1607) & X X X Ì Ì ¡ ¡ Ì Re - gi - na coe - lo - & X X X Ì Ì X X X X Re - gi - na coe - lo - 8& X "& 7 Ì Ì X X mi - na an - ge - lo mi - na X X ¯ ¯ - rum A - ve Do - Ì ¡¡ X - rum ¯ A ¯ - ve X Do - - rum A ¯ - ve Do - - rum A - ve Do - - - ¡ ¡ ¡ ¡¡X - - Re - gi - na coe X - lo - X - Re - gi - na coe - lo - - ¯ X Ì Ì X X X ¯ ¡Ì - ¯ ¯ rum Sal ¯ ¯ ¯ ¯ X ve ra - - X ¯ rum ¯ Sal ¯ - ve ¯ ra mi - na "Ì Ì X an - ge - lo X - rum ¯ Sal - ve ¯ ra-dix mi - na an - ge - lo - rum Sal - ve ra ¯ X Ì X X X cta ex qua mun - do lux 15 ¯ X X X X ¯ Ì X X X ¯ Ì Ì ¡ Ì dix Ì - Ì Ì Ì ex - Ì - Ì san - ¡Ì Ì ¯ dix san - ¯ - ta ¯ - - - ta ¯ cta ex X qua Ì mun - do X lux cta ex qua mun - do lux X ex X - or - ¯ - - - ta cta ex qua mun - do lux ex - or - - - - ta 8 ¯ " ¯ X Ì X © Copyright 2018 Armelin Musica - Padova (Italia) X X AM - ECV 184 X - - - ex - or - X X X san - or - ¯ X - ¡ ¡¡¡X dix ¡ ¡ X X san - Ì ¡ ¡ ¡¡ Ì ¯ - X ¯ Ì an - ge - lo 8Ì Ì X ¯ ¯ X X ¯ ¯ - - - - - - - ¡¡Ì Ì