QPL
«QUADERNI PER LEGGERE»
collana diretta da
Natascia Tonelli e Simone Giusti
STRUMENTI
19
Comitato scientifico
ROBERTO ANTONELLI (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”), JOHANNES BARTUSCHAT (Università di Zurigo), FRANCESCO BAUSI (Università della Calabria), FRANCO BUFFONI (IULM di Milano), STEFANO CARRAI (Università degli Studi di Siena), MASSIMO CIAVOLELLA (UCLA), ROBERTO FEDI (Università per Stranieri di Perugia), PIERANTONIO FRARE
(Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), MARINA FRATNIK (Università di Parigi
VIII), PAOLO GIOVANNETTI (IULM di Milano), ALESSANDRO MARIANI (Università degli Studi di Firenze), MARTIN MCLAUGHLIN (Università di Oxford), EMILIO PASQUINI (Università
degli Studi di Bologna), FRANCISCO RICO (Università Autonoma di Barcellona), PIOTR SALWA (Università di Varsavia), † GIULIANO TANTURLI (Università degli Studi di Firenze), TIZIANO ZANATO (Università degli Studi di Venezia).
Storia, tradizione e critica dei testi
Per Giuliano Tanturli
Vol. I
a cura di
Isabella Becherucci e Concetta Bianca
con la collaborazione di
Alessio Decaria, Francesca Latini, Giuseppe Marrani
Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze
Dipartimento di Lingue, Letterature e culture moderne
dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
Dipartimento di Scienze Umane dell’Università Europea di Roma
International Studies Institute
L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. Sono vietate e sanzionate (se non
espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica) e la comunicazione (ivi inclusi a titolo esemplificativo ma non esaustivo: la distribuzione, l’adattamento, la traduzione e la rielaborazione, anche a mezzo di canali digitali interattivi e con qualsiasi modalità attualmente nota od in futuro sviluppata). Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto ed opera ai danni della cultura.
ISBN volume 978-88-6760-486-9
ISSN collana 2284-421X
2017 © Pensa MultiMedia Editore s.r.l.
73100 Lecce • Via Arturo Maria Caprioli, 8 • Tel. 0832.230435
25038 Rovato (BS) • Via Cesare Cantù, 25 • Tel. 030.5310994
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INDICE
CONCETTA BIANCA
Premessa
p.
7
LORENZO AMATO
«Nobil desio d’honore». A proposito di alcuni madrigali sul calcio in livrea
di Giovan Battista Strozzi il Giovane
»
11
STEFANO U. BALDASSARRI
Poggio Bracciolini e Coluccio Salutati. L’epitaffio e le lettere del 1405-1406
»
23
ISABELLA BECHERUCCI
Filologia di autore
»
35
DARIO BRANCATO
Ancora sui libri di Benedetto Varchi. Notizie dalle biblioteche inglesi
»
47
PAOLO CELI, «Orme, del passo tuo l’empia ruina».
Su un sonetto del Bronzino in morte del Pontormo
»
61
ALESSIO DECARIA
Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
»
71
BEATRICE FEDI
Joan de Castellnou, Compendi I: osservazioni sulla struttura e le fonti
»
81
MATILDE GUARDUCCI
Per l’edizione del De temporibus suis del Bruni volgarizzato
da Girolamo Pasqualini
»
107
FRANCESCA LATINI
Tre identikit per Il Raviggiuolo del Bronzino
»
119
LEONARDO LENZI
Sulla tradizione di due sonetti attribuibili a Giovanni de’ Pigli
»
131
CRISTIANO LORENZI BIONDI
Sallustio e Pistole di Seneca volgari: manoscritti poco conosciuti fra librerie private,
Crusca e Rosso Antonio Martini
»
141
GIUSEPPE MARRANI, BENEDETTA ALDINUCCI
Realismo di Nicola Lisi
»
159
AGNESE M. PEREGO
L’Expositio in Actus Apostolorum del manoscritto Paris, BnF, lat. 15679:
un contributo irlandese all’esegesi carolingia
»
175
CAMILLA RUSSO
Su un volgarizzamento quattrocentesco di Sen. XI 11 del Petrarca. Prime indagini
»
187
TOMMASO SALVATORE
Un ‘Petrarca’ e un ‘Boccaccio’ per l’appassionato copista di professione
(con una nota sull’adiaforia)
»
197
ALESSANDRA SANTONI
Per l’edizione critica del volgarizzamento dell’Etica d’Aristotele:
primi sondaggi sulle varianti
»
219
FABIO ZINELLI
Cuore o corpo? Storia linguistica di un’immagine
(Guinizelli, Cavalcanti, Onesto e Cino)
»
231
Indice dei nomi
»
251
Indice dei manoscritti
»
263
ALESSIO DECARIA
Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
In un breve saggio pubblicato nel dicembre del 2016 nella miscellanea in onore di
Antonio Daniele avevo dato notizia del ritrovamento di una frottola di Benedetto
Varchi, non inedita, ma pubblicata solo da Gaetano Poggiali all’inizio dell’Ottocento
e poi presto dimenticata dagli studi1. Di quel testo ero riuscito a localizzare due copie in altrettante miscellanee poetiche cinquecentesche: il Panciatichiano 164 della
Nazionale di Firenze (P) e il codice a cui con ogni probabilità attinse il Poggiali, ora
Conventi Soppressi 430 della Laurenziana (L).
Pur avendo compiuto un’ampia ricognizione tra le carte varchiane della Nazionale, ero consapevole del fatto che il loro assai precario stato di inventariazione esponeva al rischio di farsi sfuggire qualche importante attestazione del breve componimento. Infatti, solo grazie alla provvida segnalazione di Dario Brancato, che ha dedicato un ampio studio a un testo contenuto in uno di questi codici, ho potuto identificare una nuova testimonianza della frottola varchiana2.
Questa terza copia della frottola si trova in un volume cartaceo della Biblioteca
Nazionale Centrale (segnatura II.VIII.146), appartenuto al Varchi e contenente principalmente, come recita il titolo posto a c. 5v, VARIE TRADVZZIONI, [ET]3 COMPONIMENTI / PARTE COLLE RIME, ET PARTE / SENZA DI M. BENEDETTO / VARCHI. Il codice era già noto agli studi varchiani, come risulta dalla breve notizia fornita dal Catalogo delle opere di Benedetto Varchi che si conservano nella Rinucciniana, che tuttavia non menziona esplicitamente il componimento che qui interessa:
MADRIGALI, EPIGRAMMI, CANTI PER MASCHERATE, STANZE, VERSIONI dal greco e
dal latino ecc. Ancor questi trovansi sparsamente scritti, o di suo carattere o d’altri
con sue correzioni, e tramezzati ad altre composizioni latine e toscane, distinti
al solito gli editi dagl’inediti4.
Segnalato, in forma ancor più compendiosa, nell’undicesimo volume degli IMBI5,
il teste Nazionale (N) è poi ricordato in alcuni saggi recenti6, ma lo spazio estrema71
ALESSIO DECARIA
mente limitato che in esso si riserva alla produzione per così dire ‘lirica’ ha contribuito a mantenere celata la presenza della frottola.
Il manoscritto, databile intorno alla metà del XVI secolo, misura mm. 225 x 160
e proviene, come molti altri codici appartenuti al Varchi, dalla Biblioteca Rinucciniana. Fu scritto da varie mani, fra cui spicca quella di Lelio Bonsi, che trascrisse gran
parte del codice (cc. 6r-90r, 115r-v; a 70v-71v con variazione di penna e inchiostro),
affiancato da altre cinque, che forniscono un contributo decisamente più limitato rispettivamente alle cc. 72r-75r, 75v-76v, 92r-107v, 112v-113r, 113v. Restano diversi
fogli bianchi: cc. I, 1r-5r, 21v, 24v, 26r-27v, 41v-47v, 53v-59v, 77r-v, 86v, 91r-v, 99v101v, 108r-112r, 114r-v, 116r-118v7.
La presenza della mano del Varchi in tutte le sezioni copiate dal Bonsi (non si registra alcun intervento alle cc. 91-114) assicura che si ha a che fare con una copia sorvegliata di scritti in gran parte attribuibili al letterato fiorentino, come del resto ora
conferma l’accurata tavola predisposta da Brancato. Varchi intervenne sul codice in
vari momenti, come denuncia la variazione dell’inchiostro, per correggere e integrare, in margine o nell’interlinea, quanto scritto dal copista; fu lui ad aggiungere o completare varie volte, ad esempio, le rubriche che precedono i componimenti.
Il teste presenta una sezione iniziale dedicata a traduzioni poetiche del Varchi, in
latino e in volgare, da diversi autori classici (fra cui Teocrito, Orazio, Mosco, Callimaco, Catullo, Marziale) e moderni (Giovanni Antonio Campano e Marco Antonio
Flaminio), seguita da due parti contenenti canti e mascherate (cc. 28r-37r; 78r-86v)8,
separate da una serie di madrigali e strambotti (cc. 60r-76v). Nelle sezioni successive,
dove non opera la mano del Bonsi, trovano spazio una nuova, ampia sequenza di madrigali (cc. 92-107r), alcuni testi non attribuibili al Varchi (cc. 112v-113v) e una serie
di epitaffi (115r-v)9.
L’estraneità della produzione lirica del Varchi, qui parcamente rappresentata, rispetto agli altri testi contenuti nella miscellanea si giustifica anche in ragione della sua
collocazione nel manoscritto. Essa viene infatti a occupare la parte finale di un fascicolo, il quarto (cc. 38-53), dedicato nella sua prima parte a due serie di stanze di argomento amoroso che istituivano una qualche continuità, almeno dal punto di vista
metrico, coi canti e le mascherate accolti nel fascicolo precedente. Le carte finali dei
fascicoli delle miscellanee poetiche, del resto, sono spesso il luogo in cui confluiscono materiali poco organici rispetto al resto del manoscritto; anche in questa raccolta
varchiana si registra, da questo punto di vista, un altro caso interessante (è quello dell’aggiunta autografa a c. 90v, di cui si dirà fra breve).
Ecco in dettaglio la tavola di questa sezione, preceduta da diverse carte bianche
(anche il verso di c. 53 resta bianco):
c. 48r-v: Sestina. LE piaggie, i monti, le campagne, i colli10;
c. 49r-v: Ballata.VA(N)NE ballata à la mia donna bella11;
cc. 49v-51r: Versi Saffici12 SER Benedetto, che per cortesia13;
cc. 51r-52r: .HINNO. Ò SANTA schiera amica14;
cc. 52r-53r: .FROTTOLA. Rider uorrei, c’huom folle15.
72
Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
A una certa distanza, ma in posizione analoga – in una delle facciate lasciate bianche alla fine di un fascicolo (il settimo, cc. 86-91) – si trova nel codice Nazionale una
paginetta tutta scritta di mano del Varchi, anepigrafa, che contiene una serie di distici di contenuto sentenzioso che, come si è dimostrato nel commento della nostra precedente edizione della frottola, presentano palesi convergenze sia col dettato della
frottola, sia col modello a cui essa si ricollega strettamente, la canzone-frottola Rvf
105. Si presenta pertanto qui di seguito la trascrizione integrale di questa pagina (è la
c. 90v del manoscritto), mettendola a riscontro con le parti corrispondenti dei Detti
sentenziosi pubblicati nel 186916, a cui si aggiunge un numero d’ordine per dar conto della differente disposizione dei distici. Le divergenze di lezione rispetto al teste
Nazionale sono evidenziate tramite la sottolineatura17:
Amico i tel uo dir: tu sei errato
Se credi non amando, essere amato.
Misura quattro uolte, E una taglia
Se non che ’l tuo sarà fuoco di paglia.
Taci la gioia, di che tu sei pieno.
Felice Amante dee godersi in seno.
Non à me no, ma sol credi allo specchio.
Ei ti dirà se sei giouane, o uecchio.
Del Ciel ti duoli, (et) Cerchi ad Amor torti.
E hai no(n) un ma mille mila torti.
Pria, ch’io noll’ami, E qua(n)to possa, honori
Stelle18 no(n) haura’l Ciel, laterra fiori.
Prouerbio ama chi t’ama è fatto antico.
Tu’l sai per pruoua, Ed io p(er) pruoua il dico.
Tu non sei ’l primo, E non sarai il secondo,
Cui feo rompere in mar uento secondo
D’infelice Amador gli sdegni E l’ire.
Sol la rupe leucadia puo guarire.
Piu dolce giugnera piu ti fia grata
Tal grazia, quanto piu l’harai bramata
Desta te stesso, Ed ergiti, troppo erra
chi crede al Ciel salir giacendo i(n)terra.
[5] Amico, io tel vo’ dir, tu sei errato
Se credi, non amando, essere amato.
[6] Misura quattro volte e una taglia,
Altrimenti farai fuoco di paglia.
[1] Taci la gioja di che tu sei pieno,
Felice amante dee godersi in seno.
[7] Non a me, no, ma sol credi allo specchio;
Ei ti dirà se sei giovane o vecchio.
[8] Del ciel ti duoli, e cerchi ad amor torti;
Ch’ài non un, ma mille mila torti.
[14] Pria che non l’ami, e quanto possa onori,
Stelle non avrà ’l ciel, la terra fiori.
[9] Proverbio: ama chi t’ama; è fatto antico
Tu ’l sai per pruova, ed io per pruova il dico.
[10] Tu non se’ ’l primo, e non sarai ’l secondo
Cui feo rompere in mar vento secondo.
[15] D’infelice amador gli sdegni e l’ire
Sol la rupe leucadia può guarire.
[11] Più dolce giugnerà, più ti fia grata
Tal grazia, quanto più l’arai bramata.
[13] Desta te stesso, ed ergiti: troppo erra
Chi crede al ciel salir giacendo in terra.
Il testo critico della frottola che si è pubblicato sulla base delle due testimonianze
apografe subisce limitati ritocchi grazie al recupero del nuovo teste, la cui provenienza
dallo scrittoio del Varchi fornisce ampie garanzie sull’affidabilità della lezione trasmessa. Se si escludono minime variazioni formali (2 onde è / ond’è; 10 che i / che ’;
27 andare / andar; 30 quando è / quand’è; 36 sono / son; 37 Quando ’l / Quando il; 40
giuoco / gioco; 41 quando altri / quand’altri), sono pochissimi i luoghi in cui si registrano novità significative. Al v. 5, dove pure nell’edizione precedente, come già in quella di Poggiali, si era messo a testo avvolga, si registra un errore congiuntivo (avvoglia)
tra L, che poi corregge, e P, che si contrappongono ad avvolga di N. Un’altra variante (nulla) congiunge i due apografi L e P al v. 17, ed è stata assunta a testo nelle edizioni precedenti: questa lezione, del resto, non appare di per sé erronea o inadeguata
73
ALESSIO DECARIA
al contesto. In N, in questo luogo, dove pure la lezione trascritta dal Bonsi è la stessa
degli altri testimoni, si registra una correzione del Varchi (no·lla): l’intervento induce
a supporre, piuttosto che una variante d’autore, la correzione di un errore di copia
che accomuna i tre testi e che sarà stato indotto dalla particolare consuetudine varchiana di lasciare aperto nella parte alta l’occhiello della «a e in genere tutti i corpi
tondi»19. Alla stessa causa, del resto, si può attribuire l’errore di copia del solo N al v.
28 (farà in luogo di fora).
La discendenza di L e P da una stessa fonte si era del resto già ipotizzata in ragione dell’attestazione in entrambi i testimoni di altri componimenti; il riscontro che ora
si rende possibile con N rende il quadro più articolato anche da questo punto di vista, dato che sia il codice Conventi Soppressi 430, sia, in misura minore, il Panciatichiano 164 presentano delle coincidenze esclusive con N, mentre sono pochi i componimenti che si trovano in tutti e tre i manoscritti. In ogni caso, non si riconoscono gruppi estesi e compatti di rime comuni ad almeno due testimonianze, se si escludono una serie di madrigali condivisi, ma con sequenza non del tutto sovrapponibile, fra il Conventi Soppressi e il Nazionale e, in P e L, la collocazione in posizione subito successiva alla frottola della canzone di Bernardo Cappello Di bella, saggia e nobil
coppia m’arde20. La varia lectio della canzone conferma che anche per quel testo i due
apografi presentano numerose convergenze, anche esclusive in errore, che provano la
loro derivazione da un comune ascendente21.
Per quanto riguarda il testo della frottola, il principale mutamento rispetto all’edizione del 2016 consiste nel recupero di una variante d’autore al v. 24, dove la lezione scritta dal copista e documentata dagli altri manoscritti s’altri il spigne è corretta dal Varchi prima in s’egli è spinto, che, non rispettando la rima, viene a sua volta corretta dall’autore in s’un lo spigne, quindi in s’huom lo spigne. A innescare il rifacimento fu probabilmente la presenza, soprattutto nei versi vicini, di diverse occorrenze di
altri o altrui (vv. 2, 15, 21, 26, 41).
Grazie al ritrovamento del testimone rivisto da Varchi, dunque, il testo non solo
ritorna in alcuni punti alla sua veste originaria, ma, quel che più conta, recupera una
qualche profondità diacronica, staccandosi dalla proiezione sul piano a cui la tradizione apografa lo aveva ridotto. In questo ‘quaderno di traduzioni’ varchiane, del resto, capita più volte di vedere l’autore intento a correggere i suoi testi, a ripulirli dagli arbitri o dai fraintendimenti dei copisti, ma soprattutto a ritoccarne la lezione in
funzione del progresso della propria ricerca poetica. È un caso fortunato in cui la testimonianza testualmente più garantita (idiografa con correzioni autografe) si colloca alla fine del processo di elaborazione del testo che riusciamo a ricostruire, facendoci ritenere che essa – fino a prova contraria – rispecchi l’ultima volontà dell’autore. Del resto, anche gli altri due testimoni, che pure non recano traccia della mano
dell’autore, non conducono ad ambienti a lui estranei, visto che il codice Conventi
Soppressi è riconducibile alla mano di uno dei segretari del Varchi, Cammillo Malpigli da Montevarchi. Eppure, come si è visto, nonostante questa prossimità allo scrittoio del Varchi, la recensio ci dice che tra questa copia e l’originale varchiano (un originale rappresentante il primo stadio redazionale della frottola) potrebbe essere esisti74
Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
to un interposito. L’impossibilità di ricorrere, nella prima edizione, all’idiografo con
correzioni autografe consente di percepire in modo più chiaro, attraverso il raffronto
tra la vecchia e la nuova edizione, il mutamento di prospettiva scaturito dalla nuova
acquisizione. Casi di questo tipo sono stati più volte oggetto della riflessione di Giuliano Tanturli:
La tradizione dei testi del basso Medioevo e del Rinascimento il più delle volte
non si situa in un momento separato, anche se in parte, da quello della loro
elaborazione. Storia dell’elaborazione e storia della tradizione di conseguenza
convivono e si compenetrano, senza confondersi. In questa convivenza e
compenetrazione si collocano le copie autografe e controllate dall’autore
partecipando dell’una e dell’altra. La critica del testo, quando classifica la
tradizione, intende risalirne la storia fino alla sua forma iniziale; l’esame e la storia
dell’elaborazione, che, quando è testimoniata, è ugualmente oggetto della critica
del testo, tende a riconoscerne la direzione, cioè il succedersi e stratificarsi delle
varianti dalle più alte e fluide attestazioni verso un punto fermo e d’arrivo: due
percorsi che seguono una direzione opposta. È semplicistico credere che in
questa situazione le copie autografe e controllate dall’autore si collochino o alla
scaturigine del testo o al punto d’arrivo dell’elaborazione. Ciò è possibile, non
direi probabile. La forte e rassicurante garanzia d’autenticità della loro lezione,
senza dubbio più alta di quella d’altre copie, può valere in un’edizione
provvisoria d’uno scritto, non sostituire con la loro fedele riproduzione o anche
edizione critica parziale, come se si trattasse di opera a testimonianza unica,
l’edizione critica propriamente detta, cioè riferita a tutta la documentazione.
Quella loro rassicurante garanzia d’autenticità può diventare un comodo alibi per
rinunciare al processo, che attraverso un vaglio senza pregiudizi di tutta la
tradizione, quella autografa, quella controllata dall’autore e quella semplicemente
apografa, conduce all’edizione critica22.
Per quanto concerne la resa formale, in questa nuova edizione si mantengono i
criteri della precedente: si riconduce la grafia all’uso moderno riguardo ad accenti,
apostrofi, maiuscole e minuscole, distinzione fra u e v e fra i e j. Si elimina tacitamente
la i dopo c e g palatale (gielo > gelo) e si riduce all’ortografia moderna quoce (v. 23).
Nell’apparato si segnalano tra parentesi uncinate le parti soppresse, fra quadre quelle
aggiunte. La disponibilità del nuovo, autorevole testimone, che reca alcuni segni di
punteggiatura, ha inoltre consentito di apportare alcuni correttivi all’interpunzione.
Per meglio evidenziare le caratteristiche dell’idiografo varchiano si è deciso di isolare in una prima fascia di apparato i numerosi interventi correttori apportati dal Varchi sul testo del copista, confinando nella seconda fascia la varia lectio delle altre due
testimonianze e dell’editio princeps (Poggiali).
Il rinvenimento di un testimone così autorevole potrebbe suscitare il desiderio, oltre che di una più esatta ricostruzione della lezione del testo e della sua genesi, di un
suo più corretto inquadramento all’interno della produzione varchiana, di cui pure si
è cercato di fornire qualche ragguaglio nel precedente studio. E se il carattere isolato e
75
ALESSIO DECARIA
chiaramente sperimentale di questo esercizio frottolesco del Varchi risulta comunque
difficile da collocare nel tempo, si può rilevare, sulla base dell’analisi del teste ritrovato,
che molti dei testi lirici traditi da questa raccolta sembrano rinviare ad anni giovanili23.
Ma lo stato degli studi sulla produzione in versi del Varchi diversa dai sonetti, che ebbero la ventura di approdare alla stampa in vita dell’autore24, non consente per adesso
di fissare termini perentori, anche perché, a differenza di altri componimenti compresi nel manoscritto Nazionale, non si ha nessuna indicazione su un eventuale destinatario della frottola. Se è vero, infatti, che «la poesia del Varchi ha carattere dialogico anche quando non è propriamente epistolare»25, questa frottola si può includere in quella galassia di testi, che in parte stanno riemergendo, che fuoriescono dal compassato
esercizio lirico varchiano per fare posto ai fatti politici e alle vicende coeve, in questo
caso esclusivamente di ordine letterario, come la questione della frottola e il rapporto
di Petrarca con questo metro26. Del resto, se la stretta affinità tra la frottola e le altre,
sporadiche prove del Varchi ‘sentenzioso’ rivelano chiaramente quello che per il letterato era la frottola (cioè un genere deputato ad accogliere sentenze e proverbi), va anche detto che l’uso di espressioni proverbiali e sentenziose interferisce ampiamente, e
su larga scala, col suo esercizio lirico. Mi limito a riportare alcuni passi delle rime del
Varchi menzionate, proprio per l’affiorare di ascendenze proverbiali (di chiara matrice
petrarchesca), in un recente saggio di Franco Tomasi27:
Ninfa, deh ninfa bella, ama chi t’ama:
Cogli or le rose, e l’april tuo dispensa,
Ch’altro non è beltà, ch’un breve fiore
(Sonetti, I, 375, 12-14).
Lasso! che troppo al mio troppo disìo
Di veder voi con quel gran Lauro a paro
Credetti, ed or quel ch’io sapeva, apparo:
Intendami chi può ch’io m’intendo io
(Sonetti, I, 408, 5-8).
Di questa tendenza, del tutto prevedibile visti gli interessi linguistici varchiani, si
potrebbe dare amplissima documentazione compulsando ulteriormente i Sonetti. Ma
per una conferma dell’assunto è sufficiente riportare il sonetto 412, «costruito su
un’infilata di proverbi che ricordano (...) il genere della canzone-frottola»28:
Breve stilla, signor, d’assenzio o fele
(Così piacque a Colui che sol misura
Dirittamente e tutte cose cura)
Può molto29 inamarir dolcezza e mele.
Non si chiama leal, non è fedele
Chi la mente non ha sincera e pura:
Picciolo inchiostro gran bianchezza oscura;
Talor troppa pietà face uom crudele:
Non ben la fede e sue promesse attende
76
Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
Chi l’altrui merti e ’l suo dovere obblìa:
Non oltraggia nessun chi sé difende.
Raro perdonar suol chi spesso offende:
Mal fa chi segue altrui per torta via:
E so, ch’altri che voi, nessun m’intende.
Non stupisce, allora, che proprio su una nota di questo genere i sonetti si chiudano:
Altro che voi né chiesi mai né volsi
Né voglio o cheggio infino all’ultime hore,
Che ben fin fa chi bene amando muore
(Sonetti, I, 534, 12-14)30.
Testo critico
Rider vorrei c’huom folle
spesso ha quel ch’altri volle, onde è più saggio.
Bel mese è maggio, e pur tal volta ha ghiaccio;
chi vuole uscir d’impaccio
non avvolga se stesso.
Io non son più quel desso e però parlo.
Mal fa chi (come il tarlo)
sempre a se stesso nuoce.
Chi non ha buona voce oda e non canti.
Men sono i buon’ che i santi
in questa età moderna.
Chi perde non ischerna, ch’è gran fallo.
Danzi chi entra in ballo;
chi è zoppo non corra.
Chi vuol ch’altri il soccorra gridi aita.
Chi ha grave ferita
e no·lla sente è morto.
Spesso ara torto buon bifolco antico.
Io non so s’io mel dico;
io ’l pur dirò: troppo erra
chi dando guerra altrui crede haver pace.
Chi carbon tocca o brace
sempre si cuoce o tigne.
Chi cade, s’huom lo spigne, ha degna scusa.
Chi fa quel che non s’usa
rende altrui ben per male.
Non puote huom senza scale andare in alto.
Troppo fora gran salto
5
10
15
20
25
77
ALESSIO DECARIA
volar da terra al cielo.
Chi suda quando è gelo agghiaccia al caldo.
Tal corre che sta saldo,
tal minaccia che teme.
Stolto è chi non ha speme e pur disia.
Chi crede la bugia
fa un gran torto al vero;
io per me sono un zero e nulla meno.
Quando ’l cielo è sereno
rade volte vien pioggia.
Reo porto è Chioggia e peggio è Malamoco.
Parvi però bel giuoco
pianger, quando altri ride?
In che si fide huom saggio al mondo è nulla.
30
35
40
Testimoni: N (cc. 52r-53r): .FROTTOLA.; L (cc. 65v-66r): Frottola del Varchi; P (pp. 93-94):
Frottola del Varchi; Pog (pp. 90-91): FROTTOLA / tratta dal Cod. 227. della Nunziata
3 maggio] <ghiaccio>[Maggio]: correzione di mano del copista, che sovrascrisse M a ghi e gg
a cc
7 Mal fa <(>chi (come il tarlo): la parentesi, indebitamente anticipata, fu poi biffata
15 ch’altri] ch’altri: la a sembra cassata dal Varchi e sostituita da un carattere quasi illeggibile in
interlinea (probabilmente si tratta di un’A, con intervento analogo a quello del v. 21. L’inchiostro
pare lo stesso delle correzioni introdotte ai vv. 3 e 7)
17 no·lla] nulla, corretto in nolla con sovrascrittura di o a u (mano del Varchi)
21 altrui] altrui, corretto in Altrui con espunzione e correzione interlineare dell’iniziale di mano
del Varchi
24 s’huom lo spigne] <s’altri il spigne><[(s’egli è spinto)]>[(s’<un>[huom] lo spigne)]:
la lezione del copista fu cassata. Varchi la sostituì sul marg. est. in un primo tempo con (s’egli è
spinto), poi cassò anche questa variante e scrisse sul rigo soprastante (sempre sul marg. est.) (s’un
lo spigne). Infine cassò un e scrisse in interlinea huom
26 altrui] altrui, corretto in Altrui per sovrascrittura di mano del Varchi
28 fora] farà, corretto in fora da Varchi, che sovrascrisse o ad a e cancellò l’accento con un tratto
obliquo
30 agghiaccia] ag<h>[g]hiaccia (rasura e sovrascrittura del copista inter scribendum)
41 altri] altri, corretto in Altri con sovrascrittura dell’iniziale di mano del Varchi (cfr. 26)
2 volle] vol<t>[l]e (sovrascrittura) L; onde è] ond’è L P Pog 4 vuole] vuol Pog 5
avvolga] auuo[l]g<l>a (cassatura e inserzione interlineare) L auuogla P 10 sono] son P; che
i] che L Pog 15 gridi] grid<a>[i] (sovrascrittura) P 17] no·lla] nulla L P Pog 24
s’huom lo] s’altri il L P Pog; spigne] pigne Pog 27 andare] andar L Pog 30 quando è]
quand’è L Pog 36 sono] son L 37 Quando ’l] Quando il L Pog Quand’il P 39
Chioggia] Chioggia (i primi quattro caratteri furono riscritti su rasura: il primo era g) L 40
giuoco] gioco L P Pog 41 quando altri] quand’altri L P Pog
Dopo l’ultimo verso, in L e P si legge: Il fine (in P la lettura degli ultimi due caratteri è impedita
dalla rifilatura)
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Ancora sulla frottola ritrovata di Benedetto Varchi
NOTE
1 Si veda rispettivamente A. Decaria, Una frottola ritrovata di Benedetto Varchi, in Lingua, letteratura e umanità. Studi offerti dagli amici ad Antonio Daniele, a cura di V. Formentin, S. Contarini, F. Rognoni, M. Romero Allué, R. Zucco, Padova, Cluep, 2016, pp. 189-97; Rime di autori citati nel Vocabolario degli Accademici della Crusca ora per la prima volta accuratamente pubblicate, [a cura di G. Poggiali], Livorno, Masi, 1812, pp. 9091.
2 Il saggio in questione è intitolato «Una egloga con verso sciolto, secondo il costume moderno». Il Dafni di
Varchi e l’Alcon di Castiglione, «La Rivista», V, 2017, pp. 23-60. Ringrazio l’autore, che è fra i pochissimi
ad essersi già occupato del manoscritto (Benedetto Varchi traduttore di Boezio, in Benedetto Varchi (15031565). Atti del Convegno di Firenze, 16-17 dicembre 2003, a cura di V. Bramanti, Roma, Edizioni di
Storia e Letteratura, 2007, pp. 95-135: 96), per avermi permesso di leggere il suo contributo in anteprima e per i numerosi consigli elargitimi.
3 Integrazione interlineare.
4 Lezioni sul Dante e prose varie, la maggior parte inedite, tratte ora in luce dagli originali della Biblioteca Rinucciniana per opera di G. Aiazzi e L. Arbib, Firenze, Società editrice delle storie del Nardi e del Varchi,
1841, vol. I, p. XXXIV.
5 Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia, XI: Firenze (R. Biblioteca Nazionale Centrale), a cura
di G. Mazzatinti, F. Pintor, Forlì, Bordandini, 1901, p. 250: «“Varie traduzzioni et componimenti, parte
colle rime et parte senza” di m. Benedetto Varchi, con qualche correzione od aggiunta autografa. Cart.,
in 8, sec. XVI, ff. non num. continuamente. Leg. in mezza membr. - Provenienza: Rinuccini (a. 1850)».
6 Segnalo in particolare S. Lo Re, Politica e cultura nella Firenze cosimiana. Studi su Benedetto Varchi,
Manziana, Vecchiarelli, 2008, p. 276 e A. Siekiera, Benedetto Varchi, in Autografi dei letterati italiani: Il Cinquecento, t. I, a cura di M. Motolese, P. Procaccioli, E. Russo, consulenza paleografica di A. Ciaralli, Roma, Salerno, 2009, pp. 337-57: 341.
7 Per la distinzione delle mani si sono apportate, grazie a un esame diretto del codice, piccole rettifiche alla scheda descrittiva di Brancato.
8 A cc. 87r-90r si trova un’elegia in terzine indirizzata a Paolo Giordano Orsini (1541-1585), duca
di Bracciano e sposo di Isabella, figlia di Cosimo de’ Medici.
9 Sul contenuto di questo manoscritto, oltre al già menzionato studio di Brancato, si veda F. Tomasi, «Mie rime nuove non viste ancor già mai ne’ Toschi lidi». Odi ed elegie volgari di Benedetto Varchi, in Varchi e
altro Rinascimento. Studi offerti a Vanni Bramanti, a cura di S. Lo Re e F. Tomasi, Manziana, Vecchiarelli,
2013, pp. 173-214: 174-75.
10 Il testo è stato pubblicato da G. Aiazzi, Saggio di rime inedite di Benedetto Varchi estratte dai manoscritti originali della Biblioteca Rinucciniana, Firenze, Nella Stamperia Piatti, 1837, pp. 23-24.
11 Tomasi, «Mie rime nuove non viste ancor già mai ne’ Toschi lidi» cit., pp. 25-26; Rime di autori citati nel
Vocabolario degli Accademici della Crusca cit., pp. 82-83.
12 La rubrica è autografa del Varchi.
13 Vedine l’edizione in Tomasi, «Mie rime nuove non viste ancor già mai ne’ Toschi lidi» cit., pp. 209-10.
14 Tomasi, «Mie rime nuove non viste ancor già mai ne’ Toschi lidi» cit., pp. 194-95.
15 Per le edizioni cfr. nota 1.
16 Detti sentenziosi di Benedetto Varchi la più parte inediti tratti da un codice del sec. XVI, [per le nozze di
Giovanni Sforza ed Elisa Pierantoni, a cura di L. Del Prete, C. Minutoli ed E. Ridolfi], Lucca, Landi,
1869. La fonte da cui questi versi sono attinti è «un codice di Rime varie, scritto nel sec. XVI, esistente nella pub. libreria di Lucca, segnato già col N. 41 fra i Moückiani, e che oggi porta il N. 947 fra i Manoscritti della stessa libreria», che riporta un numero più ampio di Detti sia rispetto al codice Nazionale, sia rispetto all’edizione Aiazzi del 1837 (sezione Epigrammi e motti, pp. 44-48), in cui, fra molti altri,
compaiono in sequenza continua i Detti 7, 9 e 13 dell’edizione lucchese.
17 I distici sono separati dal Varchi tramite una x posta al centro del rigo. Le iniziali di ciascun distico, spostate sul margine esterno, presentano tutte un segno obliquo di biffatura. L’intera pagina è stata
poi cancellata con un segno verticale posto al centro dello specchio di scrittura e attraversante longitudinalmente la pagina e due segni obliqui che s’intersecano verso il centro dello stesso.
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ALESSIO DECARIA
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Davanti alla S sembra che sia stata aggiunta una I, che rende il verso ipermetro.
Si cita dalla Nota sulla scrittura di Antonio Ciaralli all’interno del menzionato Siekiera, Benedetto
Varchi, p. 350.
20 Per operare un raffronto analitico degli ordinamenti si è ricorsi all’analisi diretta dei testimoni, visto che solo per il Panciatichiano (Catalogo dei Manoscritti Panciatichiani della Biblioteca Nazionale Centrale
di Firenze, vol. I, a cura di S. Morpurgo, P. Papa, B. Maracchi Biagiarelli, Roma, presso i principali librai,
1887-1962, pp. 271-79) e, ora, per il Nazionale (nel più volte menzionato saggio di Brancato), si dispone di una tavola analitica dei componimenti. Per la bibliografia relativa al codice Laurenziano cfr. Decaria, Una frottola ritrovata cit., pp. 189-90.
21 Per questa canzone mi sono servito dell’edizione critica di Irene Tani: Le Rime di Bernardo Cappello. Edizione critica, tesi di dottorato in Letteratura, storia della lingua e filologia italiana, ciclo XXVII,
tutor G. Marrani, Università per Stranieri di Siena, a.a. 2013-2014, pp. 378-82.
22 G. Tanturli, La critica del testo davanti all’autografo, in Paleografia e critica del testo davanti all’autografo.
Giornate di studio, Firenze, 17-18 ottobre 2011 («Medioevo e Rinascimento», 26, n.s. 23, 2012), pp. 11317: 116-17.
23 Si veda al riguardo Tomasi, «Mie rime nuove non viste ancor già mai ne’ Toschi lidi» cit. Altri testi, invece, sembrano rinviare a date più avanzate (ad esempio la già menzionata elegia indirizzata all’Orsini).
24 Per i sonetti si può ricorrere ai saggi di G. Tanturli, Una gestazione e un parto gemellare: la prima e la
seconda parte dei Sonetti di Benedetto Varchi, «Italique», VII, 2004, pp. 44-100 e L. Paolino, Il ‘geminato ardore’ di Benedetto Varchi. Storia e costruzione di un canzoniere ‘ellittico’, «Nuova Rivista di Letteratura Italiana», VII, 1-2, 2004, pp. 233-314.
25 D. Chiodo, Varchi rimatore: modi e forme della poesia di corrispondenza, in Benedetto Varchi (1503-1565)
cit., pp. 157-71: 157.
26 Per alcuni approfondimenti su questo tema si rinvia a Decaria, Una frottola ritrovata cit., pp. 19193.
27 F. Tomasi, Osservazioni sul proverbio nella lirica quattro-cinquecentesca, in Il proverbio nella letteratura italiana dal XV al XVII secolo. Atti delle Giornate di studio. Università degli studi di Roma Tre, Fondazione Marco Besso, Roma, 5-6 dicembre 2012, a cura di G. Crimi e F. Pignatti, Manziana,Vecchiarelli, 2014,
pp. 217-46: 226-27.
28 Paolino, Il ‘geminato ardore’ cit., p. 291.
29 molta nell’edizione, ancora non sostituita, del Lloyd austriaco (Opere di Benedetto Varchi ora per la
prima volta raccolte, Trieste, Dalla sezione letterario-artistica del Lloyd austriaco, 1858-1859, 2 voll., II,
p. 894).
30 Cito da Tanturli, Una gestazione e un parto gemellare cit., p. 48.
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