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Incontri triestini di filologia classica 6 (2006-2007), 289-297 FABIO VENDRUSCOLO Codici dell’Argiropulo tra gli Utinenses Graeci Pochi campi d’indagine regalano più soddisfazioni ai filologi, in questi decenni, dei manoscritti greci in età umanistica. Accanto alla rilevanza culturale dei testi e al fascino dei personaggi coinvolti – dotti bizantini e umanisti occidentali – eroi febbrilmente operosi di un momento magico della storia della cultura, grande è l’appeal metodologico dell’investigazione che, nell’ambito di un campo ricco ma non sterminato (a paragone per esempio di quello latino), incrocia i dati forniti dall’analisi testuale con quelli codicologici e paleografici, particolarmente fecondi, questi ultimi, in una temperie grafica, in cui anche le scritture librarie sono personali, rendendo possibile quell’approccio su vasta scala all’identificazione degli ‘scribi’ greci (a partire da quella minoranza di codici che sono esplicitamente ‘firmati’), che va trovando sistematico coronamento nei volumi del Repertorium der griechischen Kopisten. Studi filologici, partiti da un testo, si intersecano con quelli che muovono dalla scrittura, da un personaggio, da una biblioteca antica o dalla storia di un fondo attuale. Anche lo studio di un minuscolo fondo greco, quale quello, di soli dodici manoscritti, della biblioteca Patriarcale-Arcivescovile di Udine, pur costituito nel ’700 per opera dell’ultimo patriarca aquileiese Dionigi Dolfin, schiude prospettive storico-culturali che conducono direttamente ai grandi crocevia del ’400/’5001. Ben dieci degli Utinenses Graeci, infatti, per metà codici umanistici, di norma cartacei, contenenti testi o commenti aristotelici, per l’altra metà bombicini o pergamenacei bizantini (datati dal X al XIV secolo) di contenuto patristico o ascetico, rimontano en bloc a una singola collezione libraria del primo ’500, quella dell’illustre cardinale veneziano e patriarca di Aquileia Domenico Grimani, all’epoca, per quantità (15.000 volumi, tra cui 392 manoscritti greci e oltre 200 ebraici), se non per qualità, «forse la maggiore biblioteca europea»2. Tale 1 Per i manoscritti greci udinesi e le loro vicende (e la relativa bibliografia) presuppongo nel segui- to, anche tacitamente, l’accurata trattazione di Formentin 1979, che funge anche da integrazione e aggiornamento, sul piano della descrizione codicologica, del catalogo di riferimento, Mioni [1964], 437-448. 2 Così Marino Zorzi nella Presentazione (p. VII) del recente volume Diller-Saffrey-Westerink [2003], su cui si veda anche l’importante recensione Losacco 2005; sulla biblioteca, inoltre: Jackson 1999; Sicherl 1974. Per il personaggio, invece, da ultimo: Benzoni-Bortolotti 2002. - 289 - FABIO VENDRUSCOLO provenienza è dimostrata dagli ex-libris, conservati oggi da sei manoscritti, e dal riscontro puntuale con gli inventari e i cataloghi disponibili delle biblioteche del Grimani e di Sant’Antonio di Castello, a Venezia, cui il cardinale destinò gran parte dei suoi libri nel 1520. Di questa insigne raccolta, infatti, a lungo ritenuta interamente perduta nel rovinoso incendio del convento veneziano, nel 1687, sono a poco poco riemerse finora, in varie biblioteche d’Europa, diverse decine di codici, evidentemente scampati alle fiamme (almeno cinquanta manoscritti greci, stando a una testimonianza dell’epoca), oppure già alienati sottobanco in precedenza. Altre identificazioni forse restano da fare (o da confermare), anche dopo il recente volume di Diller, Saffrey e Westerink, ma finora i dieci (o più esattamente undici, constando l’Utin. 256 di due parti distinte) udinesi costituiscono il più cospicuo nucleo superstite di codici greci Grimani (cui se ne aggiungono quattro latini e sei ebraici); prima che al Dolfin essi appartennero al senatore veneziano Antonio Capello (m. 1711), presso il cui ‘museo’ li censì nel 1698 Bernard de Montfaucon3; le affumicatu- 3 Cfr. Formentin 1979, 36-42. Montfaucon esaminò i codici del Capello a Venezia, il 16 agosto 1698, lasciando su di essi, come di consueto, alcune annotazioni - titolo in latino e spesso un’indicazione cronologica - e ne pubblicò poi un inventario nel Diarium Italicum. Un elenco più accurato gli fu in seguito inviato dal Capello stesso, in una lettera oggi a Parigi, pubblicata da Omont 1904. È merito di Diller 1975, 159-161 (=1983, 459-461) aver riconosciuto in questi inventari dei codici del Capello gli utinensi di provenienza Grimani. Si può però precisare che, poiché il Capello appare affidarsi alle annotazioni apposte sui codici da Montfaucon, l’item «Aristotelis de animalibus, 250 ann.» del suo elenco corrisponde, probabilmente, non all’Utin. 254 (che pure contiene gli scritti sugli animali), ma all’attuale Utin. 257, che contiene in realtà il De anima, ma reca a f. 1r, di mano del Montfaucon, esattamente quella erronea dicitura (a causa, penserei, di un’interferenza appunto con il 254, piuttosto che di una svista per ‘animabus’, come ipotizzato da Formentin 1979, 53, e cfr. tav. IV: in base all’autopsia escluderei che, come si potrebbe pensare, «-libus» sia aggiunta posteriore). Il fatto curioso che nell’elenco del Capello manchino due dei codici aristotelici udinesi di sicura provenienza Grimani (quindi Utin. 254 [scritti sugli animali] e Utin. 256 [commento <di Eustrazio> agli Analytica posteriora + Rhetorica ad Alexandrum]), e per converso ve ne appaiano due in più («Aristotelis problemata, graecum» e «Metaphysica Aristotelis, graecum»), che si dovrebbero supporre dispersi, si può forse spiegare immaginando che il Capello (al pari del fanatico ma incompetente ‘antiquario’ della commedia di Goldoni), in mancanza dell’indicazione di Montfaucon o di altro titolo latino, tirasse un po’ a indovinare sul contenuto dei codici; Scalon 1979, 58 ipotizzava invece che i due titoli in più si riferissero erroneamente anch’essi all’Utin. 258 (su cui peraltro «Politica arist(ote)lis», titolo che coincide con quello dell’elenco del Capello, si leggeva probabilmente già all’epoca, a f. 208; cfr. Formentin 1979, 54, e 38 n. 38). Sotto la dizione del Capello «Libri hebraïci, arabi, græci diversi» sarebbe stato invece compreso di greci il solo Utin. 260 difficile in effetti da classificare (Epimerismi in Psalmos, mutilo in principio). Non pervenuti a Udine sono peraltro certamente i due codici greci del Capello corrispondenti agli item «Historia Constantini Manassis, 400 ann.» e «Excerpta longissima et preciosissima Stromatum, Protreptici et Paedagogi S. Clementis Alexandrini, ann. plus 300» (su cui vedi Diller 1975, 160 [=1983, 460]). - 290 - CODICI DELL’ARGIROPULO TRA GLI UTINENSES GRAECI re evidenti su un paio di essi fanno ritenere che si tratti di tutto un manipolo salvatosi dal citato incendio4. Ma l’unità del nucleo greco udinese ha in parte radici anche più profonde. Sappiamo che degli undici manoscritti risalenti al Grimani, almeno otto (Utinn. 254, 255, 256II, 258, 260, 261, 262, 263) si trovavano già associati nella vasta biblioteca adunata, in pochi anni, sul finire del ’400, da Giovanni Pico della Mirandola, che dopo la sua morte fu appunto acquistata, col sacrificio fin dell’argenteria di casa, da Domenico Grimani, nel 14985, come primo e fondamentale elemento costitutivo della grande raccolta (sono 126 su 392 i manoscritti greci grimaniani che risalgono a Pico, secondo i calcoli di Saffrey)6. Andar ancora oltre nella ricostruzione delle provenienze è più difficile e solo occasionalmente possibile. Per esempio, la presenza, non osservata finora, della famosa nota «visto p(er) mi Franc(esc)o da Lucha» alla fine dell’Utin. 262 (Eclogae da Giovanni Crisostomo) affaccia la possibilità, in base a un’ipotesi di Giovanni Mercati, poi più volte confermata dai progressi della ricerca, che questo codice sia appartenuto, nel ’400, a Palla Strozzi, l’umanista fiorentino e generoso mecenate degli studi greci, morto in esilio a Padova nel 1462. Dagli eredi di Palla potrebbe averlo acquistato Pico stesso, forse a Ferrara, verso il 14807. Una ulteriore vicenda comune, che coinvolgerebbe, anche a monte di Pico, un gruppetto di codici udinesi, sembra invece possibile intravedere, grazie a uno di quei tipici intrecci, cui si è accennato, di dati paleografici e filologici. Nell’Utin. 255 (pergamenaceo, contenente Etica Nicomachea e Magna moralia) già Dieter Harlfinger aveva identificato, oltre al copista principale, Michael Lygizos, una seconda mano, responsabile di annotazioni e integrazioni marginali presenti nella prima parte del codice, quel- 4 Noto fra l’altro che i codici greci del Capello si possono riconoscere praticamente tutti nei due ultimi plutei (XXIII e XXIV) del catalogo di Sant’Antonio di Castello redatto dal Tomasini nel 1650 (e ora ripubblicato in Diller-Saffrey-Westerink [2003], 197-203, e in part. 202-203). Rispetto alle proposte di identificazione di Formentin 1979, 31-35, e a quelle, indipendenti, di Jackson 1999, 3, rettificherei: Utin. 263 (mutilo in principio e anepigrafo) = Plut. XXIII, 4 «Homiliae Graecae. f. m.»; Utin. 257 = Plut. XXIV, 9 «Themistius in Aristotelem. f. m.» (già Formentin); Utin. 260 (che reca sui lacerti dell’antica legatura, cosa sfuggita sinora, la dicitura ajnwvnumo" e, sotto, un numero .29?) = Plut. XXIII, 2 «Glossarium vetus Anonymi. 8. ch.» (e forse corrispondente a Grimani 329 «Vocabularium sine principio» [o ‘sine titulo’? cfr. Diller-Saffrey-Westerink [2003], 157 e 189, V2]; improbabile, dato il tipo di testo, Ioh. Choerob. Epimerismi in Psalmos, la designazione come ‘psalterium’); Utin. 264 (Ioh. Clim. Scala Paradisi) = Plut. XXIII, 5 «Breviarium Graecum. 8. m.» (?); nel Plut. XXIII (12) si troverebbero anche i perduti Stromata (cfr. n. prec.); solo per la Cronaca di Manasse bisognerebbe risalire al Plut. XXI (10). 5 Cfr. Paschini 1943, 126; Formentin 1979, 24, 35-36. 6 Diller-Saffrey-Westerink [2003], 105. 7 Cfr. Vendruscolo (in corso di stampa). - 291 - FABIO VENDRUSCOLO la di Giovanni Argiropulo8, uno dei più venerati maestri bizantini del nostro umanesimo, che, giunto dapprima in Italia per il Concilio di Ferrara-Firenze nel 1438, fu poi a Padova, dal 1441 al 1444 (sotto la protezione proprio del citato Palla Strozzi), più tardi a Firenze, dove tenne una cattedra ufficiale allo Studio, dal 1456 al 1471 e poi dal 1477 al 1481 (avendo come allievi, fra gli altri, Lorenzo de’ Medici, Poliziano, Alamanno Rinuccini, Donato Acciaiuoli), per morire infine a Roma nel 14879. Proprio uno dei primi corsi fiorentini dell’Argiropulo fu dedicato all’Etica Nicomachea, il cui testo da lui postillato appunto nel codice udinese, sarebbe interessante confrontare con quello della sua fortunata e in seguito molte volte ristampata traduzione10. Anche se l’Utin. 255 è più probabilmente posteriore al 1464 (vedi sotto), terminus ante quem per la traduzione, che è dedicata a Cosimo de’ Medici11. Dalla mano stessa di Giovanni Argiropulo è però vergato anche, come ha notato Mariarosa Formentin12, un altro manoscritto udinese, vale a dire la prima parte dell’attuale Utin. 256, contenente il commento di Eustrazio (ma il nome dell’autore nel codice manca) al primo libro degli Analytica posteriora, altro testo aristotelico studiato e tradotto dal maestro bizantino13. E fin qui la sola paleografia. A collegare, almeno ipoteticamente, allo stesso personaggio anche l’Utin. 254, contenente il corpus completo degli scritti aristotelici sugli animali, concorrono invece i rapporti testuali. Questo codice infatti, attribuito dalla Formentin al copista bessarioneo Kosmas Trapezuntios14, dipende però certamente dal Vat. Gr. 259 di cui ripete (con una aggiunta) il contenuto, e anzi la dipendenza è ‘diretta’, come ha mostrato in particolare Friederike Berger segnalandone, nel testo del De incessu animalium, una prova classica (omissione di un rigo intero dell’antigrafo, supplita in margine dal copista stesso)15. Ora, in questo Vat. 259, antigrafo dell’Utin. 254, troviamo non solo le stesse due mani gre- 8 Harlfinger 1971, 408, 414. Nei soli titoli e fregi decorativi si riconosce infine la mano del notissimo copista Ioannes Rhosos, che da questo codice ha anche tratto un apografo, per Eth. Nic., attuale Laur. Plut. 81,12; cfr. Brockmann 1993, 64. 9 Cfr. Cammelli 1941; Bigi 1962, 129-131. 10 Cfr. Cammelli 1941, 183 (con la bibliografia); Garin 1950, 82-87. 11 Sull’Etica del resto il dotto bizantino sembra aver continuato a lavorare fino a pochi mesi prima della morte, anche in occasione delle varie edizioni a stampa della traduzione; cfr. Cammelli 1941, 116 n. 2, 144. 12 Formentin 1979, 43, 51. 13 Cfr. Cammelli 1941, 183. 14 Formentin 1979, 42, 50. 15 Berger 1993, 30. L’Utin. 254 non è preso in considerazione da Nussbaum 1976. Per l’Historia animalium, assente nel Vat. 259, l’Utin. 254 è invece copia del Vat. 262 (cfr. sotto nel testo); cfr. Balme 2002, 24-25. - 292 - CODICI DELL’ARGIROPULO TRA GLI UTINENSES GRAECI che attive nell’Utin. 255 – Michael Lygizos, come copista principale, e Giovanni Argiropulo, a cui si devono, secondo Harlfinger, i titoli correnti16 – ma una nota latina che ne attesta esplicitamente l’appartenenza alla biblioteca personale del dotto bizantino (cfr. sotto). Di più, l’Utin. 255 e il Vat. 259 sono accomunati anche dal fatto di essere entrambi copie dirette di due manoscritti, oggi laurenziani, rispettivamente Plutt. 87,4 e 81,1817, prodotti – anche quest’ultimo come ha visto Christian Brockmann18 – del famoso quanto misterioso scriptorium di Ioannikios (collocato da Wilson a Costantinopoli nel XII secolo), e appartenenti evidentemente a una ‘collezione’ unitaria, che, portata forse in Italia già dall’ambasciatore pisano Burgundio, sembra essere riemersa a Firenze nel ’40019. Il che ammonta a una certa probabilità che sia l’Utin. 255 che il Vat. 259 siano stati copiati da Michael Lygizos per l’Argiropulo, al tempo del suo insegnamento fiorentino; non prima però del 1464/1465, data fino alla quale il copista appare attivo a Creta20. Accanto, quindi, a due manoscritti, uno copiato l’altro postillato dall’Argiropulo, Utin. 256I e 255, un terzo, Utin. 254, si rivela copia diretta di un codice certamente a lui appartenuto. Volendo dare un senso alla coincidenza, si può pensare che tutti e tre i codici udinesi fossero del dotto bizantino, e che insieme siano stati poi acquistati, forse unitamente a più altri suoi codici aristotelici, da Pico della Mirandola21. Il Vat. 259, invece, come si ricava da una nota latina cui si è già accennato, che si legge sul foglio di guardia posteriore, era stato venduto dall’Argiropulo alla Vaticana, insieme ad altri undici manoscritti, tra il 1481 e il 148422, una fase in cui, cessato l’insegnamento a Firenze e trasferitosi a Roma, egli dovette probabilmente far fronte a difficoltà economi- 16 Harlfinger 1971, 408 e 414. L’attribuzione all’Argiropulo non è ricordata in Repertorium III 1997, A, 101-102 (n° 263). 17 Cfr. Brockmann 1993, 64 e Berger 1993, 30. 18 Brockmann 1993, 49-50 (e tavv. 4-5). 19 Wilson 1983, in part. 165, 175; sul tema cfr. poi Wilson 1962, 113-118; Wilson 1991, 447-455; Vuillemin-Diem - Rashed 1997, 136-198. Per la controversa attribuzione dei primi due fogli del Laur. 81,18 a Palla Strozzi, cfr. ora De Gregorio 2002, 75 n. 124. 20 Cfr. Repertorium I 1981, A, 151-153 (n° 282). 21 Si ricordi che la prima parte dell’Utin. 256 (=Grimani 29) non trova esplicito riscontro negli inventari della biblioteca di Pico; l’eventuale comune ascendenza all’Argiropulo dovrebbe però comportare anche la comune appartenenza pichiana. Per l’ipotesi che altri codici aristotelici di Pico risalgano all’Argiropulo, si può notare, per quel che conta, che anche il De anima, contenuto nell’Utin. 257, e la Rhetorica ad Alexandrum, contenuta nella seconda parte dell’Utin. 256 (=Grimani 93), appartengono al numero dei testi illustrati e tradotti dall’Argiropulo; cfr. Cammelli 1941, 183-184. 22 Cfr. Codices Vaticani Graeci 1923, 340, e cfr. Mercati 1910: «emptus ab argyropilo una cum aliis XI similiter signatis. b. manfredus» (Bartolomeo Manfredi, custode della Vaticana dall’ottobre 1481 al novembre 1484). - 293 - FABIO VENDRUSCOLO che23. Il fatto di disporre di un doppione nell’attuale Utin. 254 poté forse facilitare al dotto la separazione dall’altro suo codice, Vat. 259. A meno che, se è giusta la datazione intorno al 1480 suggerita dalle filigrane24, l’Utin. 254, che aggiunge agli scritti biologici derivati dal Vat. 259 l’Historia animalium, copiata dal Vat. 26225, non sia stato commissionato proprio in questa occasione26, per rimpiazzare il più pregiato Vat. 259 (pergamenaceo), che l’Argiropulo si accingeva a cedere, insieme, forse, appunto al Vat. 262. Quest’ultimo infatti potrebbe, a questo punto, essere un altro dei dodici manoscritti venduti dal dotto alla Vaticana (solo sei dei quali, a mio sapere, sono stati finora identificati). È in definitiva possibile che i tre codici aristotelici, oggi contigui nel piccolo fondo udinese (264, 265, 266), che hanno attraversato uniti le molte vicende cui si è accennato – a Firenze con Pico, a Roma col Grimani, a Venezia a San Giovanni di Castello, poi presso Antonio Capello, infine, col patriarca Dolfin, a Udine, nella pubblica biblioteca inaugurata nel 1711 – fossero accomunati fin dall’ ‘origine’ umanistica, presso uno dei protagonisti del passaggio di consegne culturale tra Bisanzio e l’Europa moderna. 23 Cfr. Cammelli 1941, 168 e n. 3. Cfr. Formentin 1979, 50. 25 Cfr. sopra n. 15. 26 L’attribuzione, proposta dalla Formentin, dell’Utin. 254 al copista Kosmas Trapezuntios (cfr. sopra n. 14), attestato da ultimo a Roma nel 1471 (cfr. Repertorium I 1981, A, 122 [n° 218] e VogelGardthausen 1909, 236), non sarebbe incompatibile con l’ipotesi fatta. Tale attribuzione tuttavia non mi pare si possa considerare sicura; si confronti Formentin 1979, tav. I con Repertorium I 1981, C, n° 218 (ho visto anche un microfilm del Marc. Gr. 435, sottoscritto da Kosmas). 24 - 294 - CODICI DELL’ARGIROPULO TRA GLI UTINENSES GRAECI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Balme 2002 Aristotle, Historia animalium. I. Books I-X: Text, Edited by D.M.Balme, Prepared for Publication by A.Gotthelf, Cambridge 2002. Benzoni–Bortolotti 2002 G.Benzoni – L.Bortolotti, Grimani, Domenico, in Dizionario biografico degli Italiani, LIX, Roma 2002, 599-609. Berger 1993 F.Berger, Bemerkungen zur Überlieferungsgeschichte der aristotelischen Schrift De Incessu Animalium, in F.Berger, Ch.Brockmann, G.De Gregorio, M.I.Ghisu, S.Kotzabassi, B.Noack (eds.), Symbolae Berolinenses für Dieter Harlfinger, Amsterdam 1993, 23-42. Bigi 1962 E.Bigi, Argiropulo, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, IV, Roma 1962, 129-131. 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