«Atti della Accademia Galileiana di Scienze, Lettere e Arti», Parte III. Memorie della classe di scienze morali, lettere ed arti, CXXXV (2022-2023), pp. 25-46 (XXI Giornata Galileiana, Padova, 21 gennaio 2023), 2023
Pompeo Caimo (1568-1631) e il nipote Giacomo (1609-1679) furono personalità di cospicua importanz... more Pompeo Caimo (1568-1631) e il nipote Giacomo (1609-1679) furono personalità di cospicua importanza nella cultura padovana seicentesca. Entrambi furono docenti presso lo Studium, entrambi fecero parte dell’Accademia dei Ricovrati. Pompeo conobbe Galileo, con il quale condivideva una grande passione letteraria. La sua cultura era però molto diversa da quella del matematico. Pompeo compose saggi su Dante e su Tasso, così come fece Galileo. Ma la sua metodologia, diversamente da quella di Galileo, era ancora legata all’aristotelismo e al tomismo. Giacomo Caimo è stato identificato con un doctor Paduanus – nominato dal matematico Wilhelm Weilhamer in una sua missiva – cultore della scienza galileiana e possessore di un telescopio. Tale identificazione si dimostra infondata e si propone di identificare il doctor Paduanus con il giurisperito Giovanni Galvan. Di Giacomo Caimo è messa in luce l’attività presso l’Accademia dei Ricovrati; sono evidenziate inoltre le sue relazioni con Carlo de’ Dottori, Ciro di Pers, Agostino Ragona, di cui si esamina una lirica dedicata a Giacomo e pubblicata nel 1652.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Papers by Matteo Venier
La seconda parte del volume contiene l’edizione critica, corredata di un apparato di note di commento, delle Espositioni trasmesse dal citato manoscritto Fondo principale 433 della Biblioteca civica udinese.
La terza parte contribuisce a ricostruire l’imponente biblioteca della famiglia Caimo, oggi per la maggior parte confluita presso la Biblioteca Universitaria di Padova; rivela inoltre come alcuni volumi appartenuti alla famiglia siano arricchiti da annotazioni manoscritte, spesso di cospicuo interesse storico-culturale: tra esse la editio princeps delle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo, le cui postille sono edite a conclusione del volume.
Per la fortuna del dialogo platonico, di cui la cultura medievale latina aveva conosciuto in modo vago e indiretto solo alcune tematiche, si trattò di un evento decisivo: la versione bruniana ebbe infatti immediata diffusione, ed è oggi testimoniata da quarantaquattro manoscritti e da un incunabolo (Bologna, 1475 circa).
Dopo che Marsilio Ficino tradusse e pubblicò nel 1485 l’intero corpus platonico, la traduzione bruniana fu presto dimenticata. Ma, poiché il Ficino a fondamento della propria traduzione aveva posto la precedente del Bruni, questa, benché di riflesso, continuò tuttavia a esercitare la propria influenza sulla moderna esegesi del dialogo.
Della traduzione bruniana è pubblicata qui l’edizione critica, fondata sulla recensio di tutti i testimoni: ne sono a tal fine descritti i complessi rapporti genealogici e ne è fornita esaustiva bibliografia e descrizione. Il manoscritto greco materialmente usato per tradurre non è più conservato: trattandosi però di un apografo dell’attuale ms. Par. gr. 1811– codice già appartenuto al maestro del Bruni, il dotto Manuele Crisolora – la sua facies testuale viene con sicurezza ricostruita. In un saggio introduttivo sono esaminati diffusione, modalità di lettura e riusi del dialogo nella letteratura quattrocentesca. Sotto tale profilo, appaiono emblematici alcuni luoghi dell’opera di Bruni e di Matteo Palmieri, in cui vengono assunti ed elaborati temi e argomenti della rhesis di Callicle, un brano che, per la sua spregiudicatezza rivoluzionaria, affascinò molti lettori, e, tra i moderni, in modo particolare Friedrich W. Nietzsche.
Assieme alle precedenti e successive traduzioni del Bruni, anche quella del Gorgia costituisce lo sforzo di restaurare un latino classico d’impronta ciceroniana; essa implica, inoltre, cospicue intuizioni filologiche (specie congetture al testo greco), che sono individuate ed esaminate, accanto agli inevitabili errori di comprensione. Esemplifica la risonanza europea della traduzione un corpus di glosse marginali e interlineari, attestato in mss. di origine boema, e probabilmente redatto a Praga, nel pieno Quattrocento, in funzione di una lettura accademica del dialogo.
La versione latina che della rhesis di Callicle diedero, nel 1469, Giovanni Andrea Bussi e Teodoro Gaza nella editio princeps delle Noctes Atticae– opera nella quale il celebre brano del Gorgia è esplicitamente citato (X 22) – fornisce occasione per un confronto con l’antecedente bruniana, la quale, a distanza di cinquant’anni, restava esempio di competenze filologiche e stilistiche insuperate.
pluralità di tematiche: il fascino della civiltà contadina, il sacro e la Bibbia, la donna e il suo
ruolo sociale, la natura e l’ecologia. Siffatte tematiche sono però evocate con sensibilità diversa,
spesso contrastante e non conciliabile, come dimostra l’esame comparativo di alcuni testi, e
come lo stesso Sgorlon rilevò in un saggio dedicato a Turoldo a quasi un decennio dalla scomparsa del poeta.
Casella amava scrivere poesie in latino ed intratteneva relazioni con
personaggi di primo piano dell’ambiente friulano del suo tempo. Tra questi
il goriziano Giuseppe Rabatta, vescovo di Lubiana, cui nel 1668 dedicò
un carme epitalamico in occasione delle nozze della nipote Felicita con
Ferdinando di Colloredo. Il testo mette tra l’altro in evidenza i legami
con la Toscana che sia i Rabatta sia i Colloredo potevano vantare.
Qual è l’eredità dantesca oggi per tutti noi specie se europei? Cos’ha da dirci ancora Dante? Assieme ai relatori affronteremo una lettura e analisi dell’avventura dantesca della Commedia e delle sue istanze profetiche e critiche.