PREMESSA
La comunicazione visiva è un processo che da un lato riguarda l’acquisizione
degli aspetti percettibili della realtà e dall’altro le modalità e i comportamenti
cognitivi di chi osserva. Si attiva dunque un rapporto comunicativo fra l’uomo e
il mondo , dove il concetto di forma finisce per essere assunto come metafora di
transito fra natura e cultura. Le forme della realtà hanno senso solamente in
quanto si trasformano in forme mentali, e queste ultime possono, a loro volta,
diventare concrete e tangibili quanto quelle oggettive. Così pure il vedere una
forma in un’altra forma costituisce la conseguenza della facoltà di pensiero. Una
delle pulsioni primitive e primarie consiste nel rappresentare la natura
attraverso principi, metodi e procedure che portano i segni grafici e iconici a a
raffigurare, mediante analogie, la realtà, arricchendosi dei tratti semantici
ricavati dall’esperienza e dal mondo interiore. Le rappresentazioni visive
acquisiscono dunque una loro autonomia, potendo essere trattate come
elementi codificati e funzionali che innescano ulteriori processi di
interpretazione. Il punto di vista nell’ambito della comunicazione visiva è
l’indice di misura rispetto al dato esterno.Bisogna innanzitutto
considerare bene il punto di vista, per fare uno studio di ogni tipo di
comunicazione visiva; il punto di vista deve quindi essere colto secondo
una differenziata articolazione, distinguendo un punto di vista, percettivo
( realtivo alla percezione, tutto passa attraverso i sensi ), un p di v
informazionale cognitivo, che riguarda la quantità di “sapere” presente ed
effettivamente elaborata ed infine un punto di vista ideologico‐epistemico
che si riferisce alla concezione del mondo e dei valori, al modo di aderire ai
dati, alla relazione che si viene a stabilire con il destinatario.
In tutta la storia la rappresentazione figurativa è vincolata dal punto di vista.
Il passaggio dalla realtà alla rappresentazione si concretizza attraverso la
percezione e quindi l’interpretazione, questo produce nella rappresentazione
effetti di essenzialita e di ridondanza perché la realtà viene a perdere i suoi
connotati primari per aquistarne altri, simbolici o comunque sostitutivi dei
primi. La realtà “reale” oggettiva passa attraverso il filtro della percezione ,
modificando così la sua struttura grazie ad un complesso interevento di
conoscenze, emozioni, intenzioni … sentimenti. La realtà percettiva si oppone
dunque alla realtà oggettiva nella rappresentazione infantile viene attuata una
raffigurazione istintiva, naturale che riflette la convinzione di rappresentare la
realtà nella sua oggettività(es. il disegno del sole con la faccia sorridente).
Nell’adulto invece la rappresentazione degli oggetti passa attraverso una
precisazione percettiva, un potenziamento della visione, una volontà pilotata a
ricercare elementi che ad un primo impatto erano sfuggiti. Il meccanismo
percettivo trasforma la realtà in immagine: ciò che vediamo è metafora di ciò
che è.
La realtà del mondo e delle cose presenti intorno a noi stimola il sistema visivo e
simultaneamente tutta la sfera percettiva, attivando una trasformazione dei dati
oggettivi mediante il condizionamento determinato dai fattori soggettivi w dai
significati culturali. L’occhio è bersaglio e calamita e la rappresentazione del
mondo che ne deriva è subordinata al modello culturale a cui fa capo il sistema
visivo. Accanto alla realtà percepita, metafora della realtà oggettiva si affaccia
un’altra realtà interiore, imbrigliata nelle strutture profonde dell’immaginario.
Con la stessa autenticità con la quale la realtà oggettiva si trasforma, attraverso
la percezione, in un fatto mentale‐ che ce la restituisce dissolta nell’immahine‐ la
realtà interiore si presta a diventare attraverso l’immagine un fatto visivo‐ che
ce la restituisce con una forma credibile e concreta nel pensiero. Occhio e
pensiero sono quindi nella stessa misura creatori di forme. Vedere e pensare
trovano una ragione comune nel sapere, processo cognitivo in cui le
manifestazioni sensoriali si trasformano in elaborazioni compiute dalla mente,
le informazioni pervenute al cervello tramite i sensi si configurano secondo le
modalità dettate dal pensiero, diventando immagini. L’immagine è quindi il
risultato di un pensare figurato. L’immagine non è solo rappresentazione, figura
o effetto di realtà date, ma essendo l’esito di un’attività mentale, ha una sua
struttura autonoma e deve dunque essere considerata come il risultato di quel
processo comunicativo che si attua tra l’individuo e la realtà.
LA PERCEZIONE DELLO SPAZIO
La conoscenza del mondo si attua come impatto di energie fisiche su ricettori
sensoriali, questi oltre ad essere soggettivi, sono anche esposti a
condizionamenti di tipo culturale.
E’ il primo modo dell’uomo di mettere in atto i dati sensoriali. Il primo senso che
l’uomo percepisce (attraverso la vista) è quello di distanza o vicinanza.
La percezione si manifesta tramite i vari componenti dell’apparato sensoriale
che possono essere suddivisi in:
- ricettori di distanza: coinvolti nella conoscenza di oggetti distanti (tramite la
vista, l’udito e l’olfatto)
- ricettori di vicinanza, coinvolti nella conoscenza di oggetti vicini (tramite il
tatto e l’apparato del gusto)
Le informazioni sensoriali relative allo spazio, alle superfici e alla materia hanno
caratteristiche diverse in relazione al tipo di ricettore o captatore sensoriale
coinvolto.
Tutto ciò incide notevolmente sulla percezione dello spazio, in considerazione
del fatto che i condizionamenti culturali di vario tipo possono modificare
profondamente le informazioni sensoriali.
Di fatto ogni cultura ha i suoi schemi percettivi.
Concetto di spazio: lo spazio è il risultato di una molteplicità di dati
provenienti dai 5 sensi oltre che dal senso aptico e cinestetico, dalla relazione
prossemica e dal grado di attenzione.
I singoli sensi difficilmente riescono a restituire una percexione dello spazio
tridimensionale, ma è solamente da una globalità percettiva, quindi da
un’integrazione di tutti i sensi che è possibile conoscere uno spazio. Il termine
aptico è stato coniato dallo psicologo J.J Gibson nele 1966 “haptic” egli
dimostrò che i sensi non sono unicamente ricettori passivi della raltà, ma che
forniscono al cervello informazioni già elaborate,interpretazioni attive di esse.
• il senso aptico: relativo agli organi preposti al tatto, ma fortemente coadiuvato
dagli altri sensi. Ha origine nel senso del tatto, ma prevede il coinvolgimento
di tutta la sfera percettiva. E’ quindi da una simultaneità di percezioni e
sensazioni che il senso aptico fornisce nell’immediatezza dell’integrazione
percettiva, una serie di dati al cervello che poi decide cosa fare.
• Il senso cinestetico: è relativo al movimento e alla posizione del corpo nello
spazio. Ne deriva una percezione della distanza e della tridimensionalità,
nienete affatto statica, ma assolutamente dinamica, poiché connessa
all’azione.
Ci sono delle discipline che nello specifico studiano culturalmente lo spazio,
ad esempio la prossemica che indaga i valori che si esplicano quando un certo
tipo di persona che si muove in un certo spazio e che appartiene ad una certa
cultura agisce in una data maniera.
Prossemica : disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo
spazio e le distanze attraverso la comunicazione verbale e non. La prossemica
trattando le distanze fra l’uomo e le cose e fra l’uomo e gli altri uomini, incide
notevolmente sulla percezione provocando coinvolgimenti sensoriali
altamente variabili. Il termine proxemics introdotto da E.Hall 1966 evoca il
concetto di prossimità, formulando ipotesi sui meccanismi culturali sui quali
l’uomo struttura e usa il proprio spazio. Il comportamento prossemico si pone
come un sistema di comunicazione non verbale riguardante l’organizzazione e
la considerazione dello spazio e quindi la percezione di ogni evento che abbia
attinenza con le relazioni umane.
Fisiologia della visione, attenzione e percezione
Una condizione fondamentale della percezione è l’attenzione. Se il mondo ci
circonda a 360°, il nostro campo visivo oscillla fra 240 e 210°. La percezione è
l’esito di una serie di scelte attivate dall’attenzione.
Gli aspetti perspicui dell’attenzione sono:
- la selettività: tramite la quale si operano delle scelte e che rende possibile
isolare uno stimolo percettivo.
- L’intensità: tramite la quale è possibile mediante lo sforzo dell’attenzione,
identificare correttamente lo stimolo.
Alla base di ogni esperienza visiva agiscono le forze ottiche di attrazione e
l’origine fisica della percezione è data dal flusso di energia luminosa che dalla
realtà, attraverso l’occhio, raggiunge il sistema nervoso dell’osservatore.
Ogni natura materica si traduce in sensazione luminosa e cromatica: tonalità,
chiarezza, luminosità e saturazione tracciano i confini dell’identità dell’impulso
sensoriale che colpisce l’occhio. Quello che percepiamo dall’esterno è sempre
sotto forma di lunghezze d’onda.
La percezione visiva che parte da un impulso ottico ed è quel processo che
organizza, individua e sollecita l’attribuzione di significato a quell’impulso
della mente. i rapporti di posizione tra gli oggetti della realtà, il loro rapporto
con la luce, con la distanza dal punto di vista dell’osservatore implicano
mutamenti nell’esperienza sensoriale del “campo visivo”. Ogni cambiamento di
rapporto delle forze esterne produce un’alterazione del fatto sensoriale dunque
una disposizione diversa del sistema nervoso all’elaborazione e all’ attribuzione
di significato. Le forze interne sono invece quelle forze che garantiscono un
equilibrio tra l’individuo e le interferenze esterne. La propensione dinamica
all’equilibrio conduce il sistema nervoso a organizzare gli impulsi, a dar loro un
significato spaziale stabile.
L’esperienza visiva
L’uomo vivve e si muove in ciò che percepisce, ma capta so,tanto ciò che
pensa, ciò che la sua esperienza personale gli suggerisce istintivamente:
ciascun individuo vive la realtà come mondo soggettivo legato al proprio
esistere producendo una “figura” dell’esperienza del reale che si stempera
in sensazioni emotive. Ciascuno di noi percependo quella realtà riconosce un
significato specifico in ciò che percepisce e traduce quella realtà percepita in
“figura”, costruendo così le proprie sensazioni ed emozioni. Il processo
cognitivo, ossia la metodologia atta a realizzare la conoscenza, ha luogo nel
momento stesso della percezione. Percepire e pensare sono quindi attività
coincidenti come sosteneva Goethe. Il pensiero e dunque di natura percettiva ed
è condizionato dalle immagini mentre esso stesso le elabora: per l’uomo la
pratica cognitiva coincide con quella visiva: vedere vuol dire conoscere.
Bisogna distinguer sulla traccia di quanto ha approfondito J.Gibson fra
immagine della retina e rappresntazione soggettiva, ossia tra ciò che è
pura registrazione della realtà da parte dei captatori sensoriali della vista
e il trattamento soggettivo dell’immagine, quindi tra ciò che si definisce
“campo visivo” e “mondo visivo”. Nel campo visivo si attua la percezione
della realtà come insieme di impulsi registrati dalla retina, che nel mondo
visivo assumono un’identità diventando esperienza soggettiva tra le
impressioni sensoriali che caratterizzano il campo visivo e la percezione
visiva soggettiva che contraddistingue il mondo visivo, intervengono
molteplici fattori provenienti da altri livelli percettivi. I dati sensoriali
risultanti dalla percezione aptica e cinestetica, dalla prossemica e
dall’attenzione che giungono infatti a integrare la percezione visiva,
identificando e consolidando ciò che si configura come “mondo visivo” .
Come sostiene Kepes: “ l’esperienza di una qualsiasi immagin è il prodotto di una
interazione tra forze fisiche esterne e forze interne dell’individuo, perché questi
assimila, ordina e plasma le forze esterne sulla propria misuara.”
Ogni relazione fra le unità ottiche genera una sensazione di spazio. La
posizione, il colore, il valore della superficie di ciascun elemento del campo, il
loro interscambio e la loro reciprocità spaziale, fondati sul rapporto figura‐
sfondo e sul movimento, contribuiscono a produrre la qualità ottica
dell’esperienza visiva che si realizza come esperienza spaziale.
Campo visivo, mondo visivo
L’esperienza visiva non si ferma alla mera registrazione sensoriale, ma è il
risultatato di un’elaborazione provocata dal pensiero, dal sentimento, dalla
predisposizione o dalla reazione improvvisa, dall’emozione del ricordo..., o da
qualcosa di non direttamente connesso a ciò che si sta osservando, e quindi
dall’associazione mentale. L’esperienza visiva è completa quando i dati della
percezione sensoriale giungono ad una configurazione strutturata a livello
emozionale e intellettuale, conducendo attraverso l’attenzione, l’organizzazione
visiva, l’equilibrio tra forze interne ed esterne, la comprensione e la deocdifica,
alla memorizzazione di quella particolare situazione recepita. Le circostanze di
ogni evento vissuto sono infatti contrassegnate da caratteristici riferimenti a
quello spazio e a quel momento per cui la propria esperienza percettiva di
quella situazione è unica e irripetibile. Inoltre tutto ciò che pertiene il mondo
visivo, segna indelebilmente differenze individuali fra gli osservatori, per cui
ogni esperienza percettiva vissuta da ciascun soggetto è modellata su
caratteristiche spazio‐temporali proprie.
Stimolazione periferica sensoriale‐forze esterne della realtà.
Ritenzione sensoriale: immagine retinica.
Identificazione delle unità ottiche o segnali.
Attribuzione spaziale agli elementi del campo.
Percezione, coinvolgimento e concentrazione dell’attenzione, fenomenologia dei
processi psichici.
Raccolta e riconoscimento degli elementi e interevento delle forze interene:
attribuzione di significato.
Elaborazione mentale(meccanismi, strutture, processi neurofisiologici): processi
cognitivi di elaborazioe dell’informazione(giudizio, pensiero sentimento)
Decodifica, comprensione, riconoscimento, determinati dal comportamento
dagli scopi attribuzione del senso.
memorizzazione