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Leon Battista Alberti si assume il compito di esplorare la logica interna del linguaggio pittorico, di indagarne la coerenza e ricercarne le leggi. Volge l’attenzione a determinare e ordinare gli elementi costitutivi, non ancora mai... more
Leon Battista Alberti si assume il compito di esplorare la logica interna del linguaggio pittorico, di indagarne la coerenza e ricercarne le leggi. Volge l’attenzione a determinare e ordinare gli elementi costitutivi, non ancora mai illuminati, dell'atto figurativo che si proponga di imitare o riprodurre la realtà visibile.
Il testo ha così le caratteristiche di una guida alla creazione artistica, ma mira nello stesso tempo a far comprendere meglio un'opera di pittura.
Alberti si pone subito il problema di delimitare il campo specifico della pittura, che definisce così: Nam ea solum imitari studet pictor quae sub luce videantur
(«Infatti il pittore s’ingegna solamente d’imitare le cose che si vedono alla luce»).
È il concetto, precisato e arricchito, su cui egli torna a scrivere all'inizio del terzo libro, quasi per riassumere, verso la chiusa del testo, il suo pensiero.
«Compito del pittore è tracciare con linee e dipingere con colori qualsivoglia dato corpo su una superficie così che, ad una certa distanza e stabilita la precisa posizione del raggio centrico, ogni cosa che tu vedi dipinta appaia con lo stesso rilievo e molto simile al corpo dato».
Inoltre quando esorta chi voglia eccellere nell'arte pittorica a far uso del velo, può scrivere: picturam expectamus eam quae maxime prominens et datis corporibus persimilis videatur («ci aspettiamo una pittura che sembri molto in rilievo e molto simile ai corpi dati»).
In Alberti naturale e ferma è la volontà di una pittura che tenda a imitare le cose reali e a rappresentare le cose viste. Ma l'osservazione diretta dovrà fissarsi e saldarsi in una forma compiuta e chiara: «Sarà adunque pittura non altro che intersegazione della pirramide visiva, sicondo data distanza, posto il centro e constituiti  i lumi, in una certa superficie con linee e colori artificiose representata».
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Il corpus degli scritti autografi di Piero della Francesca (1412 ca.-1492) comprende, oltre al testo sulla prospettiva, due trattati di argomento matematico-geometrico (il Trattato d’abaco in volgare e il Libellus de quinque corporibus... more
Il corpus degli scritti autografi di Piero della Francesca (1412 ca.-1492) comprende, oltre al testo sulla prospettiva, due trattati di argomento matematico-geometrico (il Trattato d’abaco in volgare e il Libellus de quinque corporibus regularibus in latino) e la trascrizione della versione latina dell’Archimede (ms. Ricc. 106 della Biblioteca Riccardiana di Firenze) di Jacopo da Cassiano: ai disegni dei manoscritti di questi testi è affidata l’intera opera grafica del pittore di Borgo Sansepolcro.
Del De prospectiva pingendi esistono sia una versione volgare, sia una latina. Ciascuna è tradita da quattro codici: per il volgare, ms. 1576 della Biblioteca Palatina di Parma, ms. Reggiano A 41/2 della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, ms. D 200 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano e ms. A266 della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.
- Parma, Biblioteca Palatina, ms. Parmense 1576 (in volgare, autografo)
- Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Mss. Regg. A 41/2 (in volgare, autografi i disegni e le annotazioni marginali)
- Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. D 200 inf. (in volgare)
- Bordeaux, Bibliothèque municipale, ms. 616 (in latino)
- Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. C 307 inf. (in latino)
- Londra, British Library, ms. 10366 (in latino)
- Parigi, Bibliothèque Nationale, ms. Lat. 9337 (in latino).
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Hans Belting ha dato un contributo fondamentale allo studio della cultura figurativa e della funzione delle immagini nel mondo occidentale, per l’originalità della sua impostazione interpretativa. Ne è un esempio eminente Bild und Kult,... more
Hans Belting ha dato un contributo fondamentale allo studio della cultura figurativa e della funzione delle immagini nel mondo occidentale, per l’originalità della sua impostazione interpretativa. Ne è un esempio eminente Bild und Kult, distintosi tra i libri che hanno impresso una svolta negli studi storico-artistici per avere avviato una trattazione delle immagini di culto dall'avvento del cristianesimo alla Riforma protestante che prescinde dal concetto stesso di arte. A più di trent'anni dalla prima pubblicazione in lingua tedesca, questa nuova edizione italiana presenta, oltre a una traduzione e a una veste grafica completamente riviste, un corredo iconografico a colori arricchito anche rispetto all'edizione originale.
Prima dell'età del Rinascimento e della Riforma, le immagini sacre erano considerate oggetti di venerazione che recavano in sé una tangibile presenza del sacro: oggetti di culto capaci di operare miracoli, emettere responsi, determinare l'esito di una guerra.
Solo con la fine del Medioevo e l'inizio del mondo moderno, il legame esclusivo tra immagini e culto tende ad allentarsi, e le immagini finiscono per essere apprezzate e discusse soprattutto per il loro stile e per le loro qualità estetiche.