Vasco Pratolini

"For the first time this book reconstructs thoroughly the history of Italian literature between the Second World War and the Seventies by using the analytical tools elaborated by Bourdieu’s sociological theory. Through an analysis of the literary treatment of Communist characters, the author investigates fundamental questions related to the contemporary artistic world, such as the life-span of cultural innovations, the behavior of the social actors involved, the figure of the politically engaged writer and the relationships between narrative creativity and the social world – especially between literature and the publishing industry or between politics and literature. The latter issue is of particular consistence during the second post-war period, when the Italian Communist Party (PCI) gained a great influence on the intellectual field. The PCI played a fundamental role in defining the questions at stake inside a literary field that was undergoing a major transformation related to the modernization of the Italian society. By studying those general features as well as the individual trajectories of some important Italian writers, the author elaborates a case study of the complex relationship between political and intellectual fields. Baldini draws also on Bourdieu’s Domination masculine in order to explain some recurrent representational systems in the Italian narrative of the period".

Pasolini a toujours été considéré comme un intellectuel à contre-courant, de la poésie au cinéma, en passant par la littérature. Au cœur de la réaction au néoréalisme des années 1950, nous analyserons ici ses prises de position dans le débat et sa justification d’un style réaliste que ce soit dans les champs littéraire ou cinématographique.

Between poetry, cinema or literature, Pasolini has always been regarded as a marginal intellectual. At the core of the reaction triggered by the Neorealism in the Fifties, one will analyze his standpoints in the debate and his justification about a realistic style, whether dealing with the literary or with the cinematographic field.

Verrebbe da usare la frase più volte ascoltata di un "affresco" di vita... ma in questo caso si tratta semplicemente di uno "schizzo" e nella Firenze del 1925, agli albori del regime fascista, si muovono e vivono gli abitanti della Via del Corno, anti-eroi per definizione. Il racconto, la cronaca della loro esistenza, non può che renderli eroi di una quotidiana battaglia per la vita e la sopravvivenza.

Throughout my studies, I was taught theory, strategies, and possible points of error to be wary of in relation to different types of translation.  However, autobiographical translation was never explicitly discussed.  Does autobiography not, like all other forms of writing, merit some type of translation theory for its practice?  What are the stakes for autobiographical translation?  These questions, which I later expanded upon as I shall note in the section immediately following, guided me in the initiation of my research as I went through the autobiographical text of Cronaca Familiare and its English translation, Family Chronicle, line by line--in the same manner that I would as if proofreading a translation—in order to see if the target text was faithful to the source text.  This essay details my subsequent analyses and conclusions.

Nella produzione letteraria di Vasco Pratolini è fondamentale il concetto di "cronaca", che può essere considerato una naturale disposizione narrativa per lo scrittore fiorentino. Nutrendosi della generalizzata tendenza a raccontare tipica del neorealismo, la cronaca pratoliniana giunge alla massima fioritura nel 1947.
Le "Cronache fiorentine 20° secolo", intervento uscito sul «Politecnico», dimostrano l’interesse dell’autore per le cronache medievali, che fanno parte della tradizione letteraria di Firenze; l’articolo rende conto della lotta che interessa da secoli la città e che si è concretizzata nel Novecento nello scontro tra fascisti e antifascisti, vissuto in prima persona dallo scrittore.
Opera rivolta e dedicata al fratello morto, "Cronaca familiare" lega la narrazione cronachistica allo scavo memoriale e sentimentale tipico della prima produzione di Pratolini, appropriandosi del tema sociale e politico e preparando così il terreno a "Cronache di poveri amanti". Con questo romanzo l’autore compie il salto verso la dimensione collettiva, attraverso la narrazione corale delle vicende che interessano la fiorentina via del Corno. Il narratore si trova in continuo movimento tra il piano diegetico e i lettori, assumendo i panni di storico-ideologo, cronista e cantastorie e includendo all’interno della comunità degli umili se stesso, il pubblico e i personaggi. Questi ultimi compongono, con la loro varietà, un ritratto puntuale e tipico della società nella metà degli anni Venti, ma si rivelano allo stesso tempo dei simboli: la strada in cui vivono diventa così un microcosmo popolare che tutto contiene.

I saggi del volume si richiamano al concetto di ironia; ma è ironia compenetrata con una «pena» profonda e cosciente, come si riscontra nel saltimbanco palazzeschiano, nell’artista dello sberleffo (anche nel dizionario ungarettiano, «ironia» sarà termine del tutto simmetrico a quello di «malinconia»); l’ironia, coscienza di sproporzione degli eventi rispetto a scopi e attese umane, risulta un concetto non contraddittorio con la tragica esperienza d’una guerra planetaria e può formare il sintagma, tutt’altro che antinomico, di «guerra ironica»: «pare un’ironia», scrive Serra il 17 luglio 1915. Il riferimento all’«ironia di naufragi» può porsi quale una “linea guida” nello studio letterario del nostro Novecento: dalla Prima guerra mondiale, nel dialogo dissonante di Serra e Panzini, al fascismo, rivissuto da Pratolini e da Bilenchi, al dramma del «buffo», al «lettore orizzontale», Bazlen, con il suo naufragio interiore, nella conscia deriva d’un’immersione junghiano-bernhardiana e d’una profonda adesione taoista.

"Cronaca familiare" rappresenta uno dei casi più esemplari di fedeltà del cinema alla letteratura: è la concezione intima e personale del romanzo di Pratolini, la sua verità, che impone la fedeltà del film di Zurlini. Ma è sul piano dell'immagine che il regista trova quella libertà di movimento a cui rinuncia, per sua stessa volontà, sul piano dell'invenzione: e lo fa ispirandosi alla pittura di Ottone Rosai per elaborare un'organizzazione geometrica dello spazio che finisce per raffreddare l'alta intensità emotiva della pagina di Pratolini.

This essay, which explores the representation of prostitution during Italian Fascism, as represented in Vasco Pratolini's Cronache di poveri amanti, was later developed into a chapter in my Prison Terms: Representing Confinement During and After Italian Fascism, where it is expanded and, among other things, where it updates the bibliography. The link to the book, winner of the MLA's Howard R Marraro Prize, is below.
https://utorontopress.com/us/prison-terms-2

Con Il “dilavato e graffiato schermo” di Alessandro Manzoni, Antonella Brancaccio compie un’originale ricognizione storica e critica sulle metamorfosi cine-televisive dei Promessi Sposi, partendo da una più diretta considerazione sul rilievo che la dimensione visiva assume all’interno del romanzo, sia nei suoi svolgimenti descrittivi che nei suoi sviluppi linguistici e stilistici, sia nella proiezione figurativa data dalle xilografie di Francesco Gonin per l’edizione illustrata del 1840. Tenendo conto dell’attenzione che la critica più recente ha rivolto alle vignette della Quarantana, l’indagine di Antonella Brancaccio ne approfondisce la gestualità e il carattere scenico, rivelando una vera e propria disposizione “registica” dello scrittore in rapporto all’illustratore. Questa sezione preliminare, ma essenziale per l’evidenza che dà alla prospettiva più specificamente letteraria, si confronta problematicamente con la riflessione teorica sviluppatasi nel Novecento sugli effetti dello sguardo e sul rapporto tra parola e visione.
Che si tratti di tentativi per il piccolo o grande schermo o, ancora, di progetti incompiuti, Antonella Brancaccio si sofferma sui vari rimaneggiamenti, ricostruendone di volta in volta le vicende produttive, le scelte d’impostazione, le reazioni del pubblico e della critica. A ciò aggiunge un ampio assortimento iconografico, frutto di un diretto esame di tutto l’ampio materiale disponibile, che conduce a verificare le continuità e le sfasature della resa visiva, il modo vario di lavorare dentro l’“archivio” figurativo definito nella prima sezione del lavoro.
Il “dilavato e graffiato” schermo di Alessandro Manzoni scrive, insomma, un capitolo fondamentale di storia della ricezione, esplorando un immaginario popolare e nazional-popolare al quale il romanzo non cessa, suo malgrado, di essere sacrificato.

The aim of this article titled ‘L’autre néoréalisme dans la nominatio de Pavese, Fenoglio et Vittorini’ (‘The Other Neorealism in the Nominatio of Pavese, Fenoglio and Vittorini’) concerns the interpretation of the full onomastic cataloguing of Beppe Fenoglio’s, Cesare Pavese’s and Elio Vittorini’s novels through the analysis of their nominatio. The article proposes to introduce a new interpretive trail on the above-mentioned authors’ works because of the modernity of their texts. They tell the stories of people involved in the tragedy of war and reveal a daily resistance deeply imbued with a humanitas which lacks heroism. Thus the critical review of these Italian neorealists’ literature becomes a way of revisiting the core values inspired lately by the Resistance in today’s cultural context. The nominatio of these authors is also characterized by a large, varied number of names constituting a real world that lends itself to a study such as this one, considering that any onomastic reference is motivated by the author’s willingness to experiment and to enrich the diegetic profile of his works. The article proposes a critical course based on the analysis of the full onomastic review of names used by the three authors mentioned (the article also contains some references to Vasco Pratolini’s onomastic interpretation) both toponyms and anthroponyms (names, surnames, pseudonyms and nicknames). The use of names will be shown to be an example of allegoric complexity in a literary context characterized by a popular language, strictly tied to the dynamics of the spoken language.

Conferenza tenuta il 30 marzo 2017 presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell'Università di Torino, nell'ambito del progetto "Incontri letterari del giovedì, stagione 2017", organizzato dal Professor Luca Badini Confalonieri (ordinario di Letteratura Italiana presso l'Università di Torino)

Este trabajo propone estudiar las representaciones de la e(in)migración italiana en la Argentina en el entrecruzamiento semiótico entre el cine y la literatura. El corpus, con producciones argentinas e italianas, comprende el cuento “Dagli Appenini alle Ande” de Edmondo De Amicis, incluido en Cuore (1886) y las transposiciones de Umberto Paradisi (1916), Flavio Calzavara (1943) y Folco Quilici (1959), el teatro La Nona de Roberto Cossa, estrenado en 1977, llevado al cine por Héctor Olivera en 1979 y el proyecto fílmico de Vasco Pratolini y Fernando Birri, Mal d’America, todavía no realizado. Se espera reconstruir las estrategias y articulaciones entre lenguajes diferentes, perspectivas y horizontes ideológicos alrededor del fenómeno migratorio.

In this paper I will argue that the Aristotelean trope of enigma best exemplifies the narrative function of many Fascist characters in post-World War II Italian literature. The fascists present in novels such as Un eroe del nostro tempo by Vasco Pratolini, Il prete bello by Goffredo Parise, La luna e i falò by Cesare Pavese, all appear to be riddled surfaces which thwart the hero’s search for truth and the author’s ethical mission to provide an objective portrait of the past. Sadism, sexual perversion and ambiguity, physical deformation, form the common traits of identities which seem to escape uncomplicated categorization and definition. Fascist villains are the agents of mystery and of the fantastic within the plot, they often disrupt realism’s ambition towards a truthful account of history, as can be seen in Italo Calvino’s Ultimo viene il corvo. In this sense, their models are the heroes and femme fatale of the gothic novel or the tormented sinners of Dostoevsky’s novels. Rhetorically speaking, the fascist character is like an enigma, the trope that Aristotle in his Poetics and Rhetoric defined as closed or hidden simile that provides insight, pleasure and perspicuity to the reader by giving her/him the stimulation of an unusual combination of words and metaphors. 
Figures like the female collaborator, often a prostitute, or the sadomasochist fascist official, have an enigmatic moral and political identity that the main hero struggles to frame and decipher. Thus, antifascist authors and heroes share a similar aesthetic and phenomenological problem when called to remember and describe their political enemy. Far from being an embodiment of absolute evil, the fascist character ends up working as a mirror where the good heroes of the Resistance might unexpectedly recognize their own share of sin, thus compromising the finalization of meaning in a coherent, teleological mythical narrative of national foundation and redemption.

RESUMO: Silone, Levi e Pratolini são escritores especialmente citados pela postura antifascista na atividade política e na atitude literária. Três de suas principais narrativas representam experiências de contato com as desigualdades agravadas durante o regime, além de retratarem aspectos nefastos no comportamento autoritário dos representantes do Estado fascista. Publicados antes e depois da Segunda Guerra, com enredos cobrindo períodos que vão dos anos de 1920 aos de 1930, Fontamara (1933), Cristo si è fermato a Eboli (1945) e Cronache di poveri amanti (1947) compõem quadros camponeses e urbanos comprometidos com a população esquecida do sul do país e com as pessoas amedrontadas em plena irrupção do terror. Há uma tarefa intelectual de revirar o passado para explicar o presente, estabelecer uma posição, defender a verdade e oferecer uma solução estética para a expressão dela. Os filmes baseados nos romances, aos quais dedicamos uma breve digressão, deram continuidade à proposta e conseguiram problematizar as visões sobre os anos que se seguiram ao fascismo.
ABSTRACT: Silone, Levi and Pratolini are names especially cited for their antifascist stance in political activity and literary attitude. Three of their main narratives represent experience of contact with the inequality worsened during the regime, besides portraying nefarious aspects of the authoritarian behaviour of the Fascist State representatives. Published before and after the World War II, with plots covering a period that spans the 1920's to the 1930's, Fontamara (1933), Cristo si è fermato a Eboli (1945), and Cronache di poveri amanti (1947) compose rural and urban pictures committed to the forgotten population of the Southern region of the country, and to the people scared amid the full irruption of terror. There is an intellectual task of revolving the past to explain the present, of establishing a position, of defending the truth, and offering an aesthetical solution for its expression. The films based on the novels, to which we dedicate a brief discussion, gave continuity to the proposal, and succeeded in putting in doubt the visions about the years that followed Fascism.

My contribution concerns the use of phonemes, morphemes and other signifiers in Vasco Pratolini’s onomastic choices. First of all, I propose two significant examples. The first is taken from a short partisan story called Paisà, paisano (1945), in which the main characters are referred to by the initials of their names. The second example regards a brief novel entitled Cronaca familiare (1946). In the narration, the characters are referred to by their hospital bed numbers. As for the first example, I would like to suggest that this kind of name conceals a significant meaning. Furthermore, in the novel Cronache di poveri amanti (1947) there are four women strongly related to each other. Their names appear in alphabetic order: I will provide an interpretation of this choice. In the novel Un eroe del nostro tempo (1949), Pratolini introduces two characters called Alessandro Vergesi and Virginia Aloisi. In this work, I claim that these two couples of anthroponyms are related to the narrative role their corresponding characters play. Besides, I introduce another onomastic peculiarity of Vasco Pratolini: in my opinion, the Italian male diminutive suffix –ino has a negative connotation in Pratolini’s novels. In conclusion, I would like to show a particular characteristic of the protagonists’ anthroponyms, namely that they all begin with the letter M. I believe this choice reflects the evolution of the author’s ideology in his work.