Domenico Beccafumi

Lorenzo di Mariano detto il Marrina si impone ormai da alcuni anni all’attenzione della moderna critica storico artistica come uno dei protagonisti della grande stagione dell’intaglio ornamentale in Italia.

Dopo una formazione iniziale spesa sotto la guida di Giovanni di Stefano nel cantiere dell’Opera del Duomo di Siena, Lorenzo seppe maturare, grazie all’appoggio del cardinale Francesco Piccolomini e della sua cerchia, uno stile personale e sofisticato, in linea con le ricerche che in quegli anni venivano portate avanti nei maggiori cantieri della Lombardia.

Sulla base delle notizie di archivio fino a questo momento pervenute e attraverso l’esegesi iconologica dei testi figurativi, questo studio si propone di gettare una nuova luce sulla personalità dello scultore, indagando il significato delle sue opere e il loro legame con il contesto culturale da cui scaturirono.

In the final decade of his career, Sienese artist Domenico Beccafumi (1484/86-1551) turned his attention from painting and sculpture to the art of printmaking, producing an exquisite oeuvre of chiaroscuro woodcuts that pointed to new ambitions for the aging artist. Contextualizing Beccafumi’s artistic aims within the recent invention of the chiaroscuro woodcut in Augsburg, Germany and its subsequent refinement by Venetian printmaker Ugo da Carpi (1468/70-1532), this research explores Beccafumi's body of prints in relation to Italian Renaissance debates over artistic status and comparisons between the arts, and Beccafumi’s own contributions to the evolving role and status of printmaking in Europe. This paper argues that through his late chiaroscuro prints, Beccafumi sought to elevate the status of humanist printmaking from an arte minore (low art) to an arte maggiore (high art), and by extension, to highlight his own status as an intellectual, divine maker on par with the greatest artists of the Renaissance.

Previous scholarship has shown how important the comparison of Ariosto’s poetry with Virgil’s was for the canonization of the Orlando furioso during the mid‐sixteenth century. The relationship was stressed in particular by Lodovico Dolce in his commentary published in the edition first printed by Giolito in 1542 and reprinted more than once a year in the following two decades (Javitch). This resulted in the overestimation of the epic elements of the Furioso to the detriment of the erotic features. The ‘armi’ were foregrounded in Giolito’s illustrations as well, lessening the importance of the ‘amori’ – in particular by relegating the feminine figures to the background (Cerrai). Given the great influence that Giolito’s woodcuts had on the visualization of the Orlando furioso in the late Renaissance, this expurgated imagery and moralizing interpretation could have almost totally concealed the sensuality and playfulness so typical of Ariosto’s poem from the vast majority of his readers. Luckily, there were alternative solutions that this paper aims to explore: namely, the visual reading proposed by Domenico Beccafumi in two series of woodcuts for the Orlando furioso which he designed during the 1540s. In particular, my analysis focuses on the images depicting the episode of Ruggero rescuing Angelica from the Orca (cantos 10‐11). It is an episode inspired by Ovid’s Metamorphoses and as such rich in eroticism and wittiness, centred as it is on a beautiful, naked lady. Those elements were concealed, as usual, in Giolito’s woodcuts, by hiding the body of Angelica while magnifying the heroic fight of Ruggero against the sea‐monster. Beccafumi’s interpretation is so different as to appear deliberately antagonistic, and shows the way for many other painters and illustrators to follow: the naked Angelica is put in the limelight and, together with the other lively scenes of the woodcut, brings to the foreground the Ovidian character of the episode. This happens in a more explicit manner than might seem at first sight, considering that on closer inspection the models of the Sienese painter are to be found in the illustrated editions of Ovid’s Metamorphoses, whose portraits of Andromeda rescued by Perseus are openly reflected in Beccafumi’s Angelica. Therefore his image, by highlighting its own links to another image, can reveal and emphasize the links between the texts they illustrate, and thus function as a rich and complex commentary on the Orlando furioso.

Le immagini di alchimia, su cui è concentrato il seguente studio, appartengono ai volumi della Libraria dell’ultimo duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere, colto intellettuale dedito a letture eterogenee e raffinate tra le quali si annoverano i libri alchemici illustrati. Le xilografie, studiate attraverso un percorso di analisi iconografica e iconologica, sono un importante tassello per ricostruire la personalità e il gusto letterario del principe filosofo ma sono anche un vivo e tangibile segnale della presenza di interessi alchemici all’interno della corte di Urbino e della sua produzione artistica e letteraria. Il presente contributo si inserisce all'interno del progetto di ricerca di Ateneo 2018 ''Immaginare i saperi'' coordinato da Massimo Moretti, in collaborazione con la Biblioteca Universitaria Alessandrina e la Biblioteca Comunale di Urbania. Lo studio si pone l’obiettivo di rintracciare il legame tra l’immaginario alchemico illustrato nei libri e l’antica disciplina praticata segretamente all’interno delle botteghe artigiane, non solo presso il ducato di Urbino ma anche a Firenze dove il ciclo figurativo del celebre Studiolo di Francesco I - contemporaneo stimato da Francesco Maria II - mostra un’iconografia alchemica tradizionale che per essere compresa va interpretata a partire dalle fonti letterarie e dunque dalla trattatistica illustrata che l’ha generata.

Si allega una selezione di articoli, usciti nei quotidiani fra il dicembre 2019 e il gennaio 2020, in merito a una petizione, formulata da un gruppo di studiosi, da Trieste a Ragusa, che partendo dalla questione dell'acquisto da parte degli Uffizi di due dipinti di Daniele da Volterra, storicamente e culturalmente legati a Siena, apriva un dialogo sulla questione della corretta collocazione delle opere d'arte comprate da enti dello Stato e chiedendo, in ultima analisi, il collocamento delle opere a Siena, nel locale museo statale: la Pinacoteca Nazionale. La petizione ha suscitato un motivato interesse, tanto che agli originari firmatari se ne sono aggiunti altri, e il sindaco di Siena, Luigi De Mossi, se ne è fatto portavoce. La stampa ha approfondito l'argomento intervistando alcuni firmatari, ma i roboanti titoli sovente hanno fuorviato il senso della petizione. Così al tono propositivo dell'iniziativa è stato, a volte, risposto in modo arrogante e provocatorio, ma non da parte delle istituzioni che hanno recepito il messaggio, così che agli articoli è seguito un incontro fra il sindaco De Mossi e il direttore degli Uffizi, Eike D. Schmidt, che ha dato luogo a una proficua collaborazione, ma non allo sblocco della situazione sui due dipinti di Daniele da Volterra, che saranno concessi a Siena solo per una mostra temporanea. ln attesa di sviluppi, e di un convegno già progettato, si rende nota la vicenda, omettendo per galanteria le punte polemiche, estranee all'iniziativa.