Archeologia Italica

Un' ampia panoramica sulle ricerche degli ultimi 25 anni per quel che riguarda il periodo italico nell'area vestina della Provincia di Pescara, territorio del popolo antico dei Vestini Trasmontani, con ricostruzione complessiva dell'assetto del popolamento, ed illustrazione dei principali abitati, necropoli, e luoghi di culto.

Il presente lavoro intende essere un compendio della storia del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che va dalla preistoria al Medioevo. Difatti, l’intento dell'autore è quello di fornire un’opera facilmente fruibile per tutti coloro che sono interessati al passato delle comunità umane di questa parte dell’Alta Val di Sangro situata fra le regioni storiche della Marsica e del Sannio. Per quanto riguarda le informazioni qui presentate, quest'ultime sono state attinte da precedenti ricerche, condotte sia da studiosi locali che da storici professionisti, con lo scopo di produrre una narrazione completa ed esauriente delle diverse epoche storiche indagate.

Seppur sono stati molti i contributi che hanno messo in luce i caratteri del popolo dei Piceni, è tuttavia venuto a mancare uno sguardo d’insieme che sottoponesse a specifiche analisi tutti i numerosi aspetti e le varie ideologie di cui si è andata a comporre nel corso dei secoli la ritualità funeraria adottata dalla suddetta cultura.
Solo recentemente grazie all’edizione di nuove e importanti scoperte e alla pubblicazione, seppur molte volte parziale, di alcuni vecchi rinvenimenti, sono emersi nuovi importanti dati, senza tuttavia avere ancora un chiaro scenario riguardo l’ideologia funeraria dei Piceni.
È in questo panorama che si inserisce il presente elaborato, in cui si è cercato di analizzare il rituale funerario piceno tra la Prima età del Ferro (IX sec. a.C.) e il pieno Arcaismo (VI sec. a.C.). Tale lavoro vuole porsi come uno dei tanti e piccoli tasselli che negli ultimi anni cercano di avvicinarsi all’obiettivo di definire un quadro sistematico e generale riguardo le numerose componenti della ritualità funeraria adottata dalla civiltà picena. Essendo però allo stesso tempo consapevoli che le osservazioni da qui scaturite non riflettono con certezza una situazione alquanto complessa, che solo con un assiduo studio delle componenti non ancora edite potrà chiarire.
Uno dei primi obiettivi che si sono prefissati, è stato quello di arrivare a definire una
completa catalogazione di tutte le sepolture marchigiane edite, riferibili al periodo tra il IX e il VI sec. a.C. La schedatura delle suddette tombe si è ritenuta fondamentale affinché si potesse avere successivamente un valido supporto su cui poter fondare l’analisi riguardante lo sviluppo e la comprensione della ritualità funeraria picena tra la Prima età del Ferro e il pieno Arcaismo, costituente il secondo principale obiettivo di questa tesi.
Al fine di poter fornire un quadro più completo possibile sulla cultura picena e sulle
metodologie di analisi, la Tesi si è sviluppata secondo dei capitoli introduttivi alla catalogazione delle sepolture e all’esame della ritualità funeraria.
Oggetto del terzo capitolo sono la catalogazione e la schedatura delle sepolture individuate come base di ricerca per le successive valutazioni sul rituale funerario. Per ogni tomba si presenta una scheda schematica in cui sono raccolte le principali informazioni desunte dalla bibliografia di riferimento. All’interno delle schede si è posto l’accento in particolare su alcune componenti quali il rito, la tomba e il corredo di accompagnamento, valutati come fattori determinanti per la ricomposizione della ritualità funeraria. Nell’ultimo capitolo, il quarto, si presenta lo studio analitico sul rituale funerario piceno, basato su campione di 161 tombe individuate nella precedente fase di catalogazione, che si distribuiscono lungo un arco cronologico di circa tre secoli. Al termine di questo quarto capitolo, si è poi inserito un primo studio comparativo, soprattutto in merito a quanto emerso dai precedenti paragrafi, riguardo le dinamiche funerarie riscontrabili nella tomba T.100 di Corinaldo, rinvenuta nel 2018 nell’ambito del progetto “ArcheoNevola”, al fine di poter fornire delle iniziali valutazioni sulle norme funerarie che hanno regolato questo particolare contesto, tutt’ora in fase di restauro e studio.

Among the most widespread locally-made vase shapes in pre-Roman southern Italy, there is a distinctive type
known in literature under different names (olla, olletta, olletta-kantharos, cantharos, cantharoid vase,
anforetta, nestoris). This shape and its variants are most common in the so-called “northern Lucanian”
area. In the present paper, the whole range of cantharoid vases, regardless of differences in size, profile and
decoration is analyzed, in order to look at this shape from a fresh perspective, to shed light on the development
of its profile over time, and, above all, to gain a better understanding of its function. A new typological classification
is proposed on the basis of a systematic study of the grave-goods of the necropolis of Ruvo del Monte
(Potenza), which represents an excellent term of comparison for other northern Lucanian centers. Differences
in shape and decoration can be traced to different local workshops influenced by the geographical and cultural
proximity of groups using different decorative repertoires. Further, the size of cantharoid vases and the fact that
it is mainly found in funerary contexts calls for new hypotheses about its function.

Vito Capialbi e Vibo Valentia: vecchie scoperte e nuove ricerche archeologiche
Vito Capialbi esponente illuminato di una delle più antiche famiglie di Vibo Valentia nella prima metà dell’ottocento mosso dalla “brama d’illustrar la patria”  e spinto dal disaggio di vivere in “tempi tutt’altro che favorevoli alle muse” si lascia guidare dal “santo fuoco del sapere”. Tutto ciò che è antico suscita nel conte curiosità. Se in un primo periodo il suo interesse per l’archeologia prende le mosse da rinvenimenti legati al mero gusto del collezionismo successivamente la sua attività è tutta finalizzata alla rigorosa e dettagliata documentazione di ogni piccola traccia del passato. Possiamo seguire il suo fare affannoso nei cantieri urbani nel tentativo di raccogliere quante più informazioni possibili sulla storia della sua Montelione. E ancora oggi, nonostante la parzialità dei dati editi, i suoi resoconti di scavo riescono a fornire spunti inattesi alle nostre riflessioni archeologiche. Nel corso di questo studio l’attenzione è stata incentrata sullo scavo delle necropoli al Cofinello, dove ad oggi il conte è l’unico archeologo ad aver operato. Grazie alle sue riflessioni di scavo e ad un’attenta analisi della ceramica a vernice nera della Collezione Capialbi è stato possibile ipotizzare una ben caratterizzata fase d’uso italiota di quest’area cimiteriale. Sui Brettii e sulla loro presenza a Vibo Valentia ancora avvolta nel mistero sono gli scritti del Capialbi che ci aiutano ad identificare tracce tangibili. Nell’attesa che la moderna ricerca archeologica riesca a compiere ulteriori quanto assolutamente indispensabili passi avanti è ancora il conte Vito a guidarci in molti dei capitoli della millenaria storia della sua amata Montelione.

When Roman writers wrote about Pre-Roman Central-Italy, they consigned to History a picture made of epic wars and brave warriors. Indeed, the Archaic period is the golden age of the Pre-Roman aristocracy and warrior ideology played a crucial role in building it. In this paper I will focus on the specific case of the Vestini Cismontani, a Sabine tribe of modern Abruzzo, in order to define the role of war and its display within communities of the same ethne. The high number of weapons and warriors, along with the widespread fortification of the territory, even in areas supposed to be within the borders, are indicators of a society where fighting and rivalries are part of the wider diplomatic balance of the region. In this paper I will explore settlement patterns and archaeological evidence in order to define the role of war and inter-communal aggression in a mountainous and harsh landscape.

After a short generic introduction about the Enigmatic Tablets phenomenon, the article describes two tablets from the area of Rovereto (TN, Italy). The artifact from Dosso Alto (Borgo Sacco, Rovereto, TN) is already known in the literature but here it is re-published in a more detail way; the other is the result of a recent donation and it comes from the famous Bronze Age site of " Colombo di Mori " (TN). In the conclusion I try to take stock of the situation drawing a geographical and chronological framework of the Enigmatic Tablets phenomenon. In this scheme the tablets from Trentino Alto Adige represent a key element to better understand the link between the Po valley and central-eastern Europe.

Archeologia preromana in Emilia occidentale descrive l'attività di studio e di ricerca che, in Emilia Romagna, o su altre limitrofe, ricercatori delle Università di Bologna e di Milano e della Soprintendenza dei Beni Archeologici dell'Emilia Romagna vanno svolgendo in questi anni.
Ne emerge un quadro ricco e articolato del popolamento dell'Emilia occidentale nella prima età del Ferro tra IX-VIII e in seguito tra VI e V secolo a.C., con nuovi più specifici punti di domanda tra cui quello relativo alla matrice, alla tipologia e all'ampiezza della prima occupazione etrusca o quello riguardante la presenza e la consistenza di un substrato protoligure colto fin nel Modenese.
Risultano altresì evidenti ulteriori percorsi di indagini quali ad esempio quello relativo alla individuazione del confine tra Liguri ed Etruschi a sud del Po, in età storica, tenendo conto dei precisi interessi economici e politici che sono alla base del complesso gioco di rapporti che coinvolgono la Transpadana da un lato verso Genova in quanto centro ligure ed emporio frequentato da Etruschi, dall'altro verso Felsina.

Stralcio di una ricerca iniziata nel 2009 sul reimpiego dei materiali del municipium romano di Saepinum. Il caso particolare del riuso degli spolia epigrafici ci parla di necessità materiale ma anche di identità culturale, per dare lustro estetico, per richiamare i modelli classici, per segnare la continuità con il passato.

As part of the Roman religion, the prodigies represented an important role closely linked to the fear they caused to be understood as manifestations of gods with negative character. These were understood to be produced only when humans had taken any action for which they were responsible and that had angered some particular deity, must be atoned for as soon as possible based on rituals perfectly set. The Romans suffered defeats at the hands of Hannibal only understood by them as produced by the loss of the favor of the gods, and in their search to confirm there were reports of numerous miracles which were recorded by Livy.