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FILOLOGIA & CRITICA rivista quadrimestrale diretta da bruno basile, renzo bragantini, roberto fedi, enrico malato, matteo palumbo, manlio pastore stocchi direttore responsabile: enrico malato ANNO XXXII • 2007 SALERNO EDITRICE ROMA Direttori Bruno Basile, Renzo Bragantini, Roberto Fedi, Enrico Malato, Matteo Palumbo, Manlio Pastore Stocchi Direttore responsabile Enrico Malato Redattori Claudio Gigante, Massimiliano Malavasi, Emilio Russo Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 16065 del 13.10.1975 L’annata viene stampata con un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright © 2007 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Salerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. NOTE E DISCUSSIONI DUE RITROVAMENTI MARINIANI* 1. Un esemplare delle lettere di Marino postillato da Stigliani Nella Nota che correda l’edizione dell’Epistolario di Marino, accompagnato da una scelta di lettere di altri contemporanei (in particolare Achillini e Stigliani), Fausto Nicolini1 richiamava l’attenzione sulla copia della seconda raccolta di lettere di Marino,2 data alle stampe nel 1628, conservata nella Biblioteca Nazionale di Roma, « cui pervenne “ex bibl. maiori coll. rom. Societ. Iesu”». La ragione della segnalazione dell’esemplare e del suo interesse consiste nella presenza, nei suoi margini, di postille manoscritte di mano di Tommaso Stigliani. L’esemplare era stato in precedenza segnalato da Mario Menghini, che due di quelle postille aveva pubblicato nella monografia dedicata allo Stigliani;3 una piú ampia scelta, di quelle ritenute «le principali », utili a recare « qualche giovamento all’intelligenza del testo », è quindi resa nota da Nicolini nella sua edizione.4 Un paio di anni fa, nel maggio 2006, a me è capitato di imbattermi, rovistando tra i banchi degli espositori presenti alla mostra mercato bolognese «Antiche pagine», che si svolge nel chiostro e nella sala capitolare della basilica di San Francesco, in una copia della precedente edizione delle Lettere del Marino,5 in * Nell’ambito di un’indagine comune, e condotta in parallelo, si deve a Guido Arbizzoni la stesura del punto 1, a Emilio Russo quella del punto 2. 1. G. Marino, Epistolario seguito da lettere di altri scrittori del Seicento, a cura di A. Borzelli e F. Nicolini, 2 voll., Bari, Laterza, 1911-1912 (d’ora in avanti BN ); la distribuzione del lavoro tra i due collaboratori è dichiarata a p. 385 del vol. ii. I riferimenti all’altra importante edizione delle Lettere del Marino (quella a cura di M. Guglielminetti, Torino, Einaudi, 1966) saranno indicati con la sigla G. 2. Lettere del Caval. Marino. Gravi, argute e facete. Non piú stampate. Con alcune poesie dell’istesso, Venezia, Presso Giacomo Sarzina, 1628 (d’ora in avanti Lettere 1628); cfr. F. Giambonini, Bibliografia delle opere a stampa di Giovan Battista Marino, 2 voll., Firenze, Olschki, 2000, num. 7578. 3. M. Menghini, Tommaso Stigliani. Contributo alla storia letteraria del secolo XVII, Genova, Tip. del Regio Ist. Sordomuti, 1890, pp. 26 e 44. 4. BN, pp. 389-90; E. Russo, Le promesse del Marino. A proposito di una redazione ignota della lettera Claretti (in Id., Studi su Tasso e Marino, Roma-Padova, Antenore, 2005, p. 119), ricorda anche postille dello Stigliani apposte ai margini di un esemplare manoscritto della Vita del Marino di Giovan Battista Baiacca posseduto dalla Biblioteca Casanatense di Roma. 5. Lettere del Cavalier Marino gravi, argute, facete e piacevoli, con diverse poesie del medesimo non piú stampate, Venezia, Appresso Francesco Baba, 1627 (d’ora in avanti Lettere 1627); cfr. Giambonini, Bibliografia, cit., num. 74. 290 due ritrovamenti mariniani vendita ad un prezzo modesto a causa di gravi difetti. Oltre che essere privo del ritratto, l’esemplare presentava infatti una gran quantità di mutilazioni ai margini, piú frequentemente esterni, ma anche superiori e inferiori, dovute all’iniziativa di qualcuno che aveva inteso, con accurato lavoro di forbici, eliminare buona parte delle postille manoscritte che vi erano state apposte, evitando peraltro di intaccare lo specchio di stampa. Compiuto dunque l’acquisto ed esaminato il libretto con maggior agio non mi è stato difficile, attraverso la lettura di qualche superstite postilla, sospettarne l’attribuzione allo Stigliani e quindi accertarla sulla base della descrizione dell’altro esemplare della Biblioteca Nazionale di Roma. Stessa anche la provenienza, certificata da un ex libris tipografico incollato nel foglio di guardia al verso della copertina anteriore in pergamena morbida: «Ex Bibliotheca / majori Coll. Rom. / Societ. Jesu » con segnatura manoscritta « 23-f-17», due volte ripetuta, manoscritta direttamente sullo stesso foglio di guardia, con le varianti « 23.f.23» e « 23.f.22»; la provenienza è ribadita da altro ex libris manoscritto nel frontespizio, con l’ulteriore indicazione: «ex leg.o Card. Pallav. ». Purtroppo l’interesse che le annotazioni dello Stigliani potevano rivestire risulta oggi molto ridotto a causa della meticolosa opera dell’incognito sforbiciatore. Rimangono, insieme alle postille sfuggite all’implacabile censura, numerosi segni di attenzione, in particolare tratti a penna verticali lungo i margini esterni, sottolineature di parole del testo alle quali dovevano corrispondere le annotazioni marginali, in gran parte eliminate, mentre le mutilazioni permettono almeno di riconoscere i luoghi in cui le postille dovevano essere piú fitte, o piú estese. Si tratta insomma di un esatto pendant dell’esemplare della edizione successiva conservato alla Biblioteca Nazionale di Roma: la coppia, per lo Stigliani, doveva costituire una sorta di dossier di appunti intorno al maggior documento autobiografico del Marino, tanto piú che, com’è noto, le due prime raccolte di epistole mariniane non si sovrappongono, contenendo materiali quasi totalmente diversi (solo quattro delle cento lettere della seconda raccolta comparivano già nella prima).6 Le tracce della lettura di Stigliani riguardano, genericamente, luoghi dell’epistolario in cui Marino parla di sé, dei propri successi, o esperisce forme di comunicazione “spiritosa”: diffusi segni di attenzione, non accompagnati da postille, marcano, ad esempio, i margini delle lettere [72],7 nella quale Marino lamenta stampe abusive dell’Adone; [82],8 in cui rimprovera Giulio Strozzi di non averlo nominato in una sua opera e ne loda un dramma; [83],9 la celebre 6. Tavole delle presenze nelle due edizioni si possono leggere in BN, pp. 387-88. 7. Lettere 1627, pp. 156-58 = BN 215 = G 200; indico tra parentesi quadre la numerazione progressiva, non presente nella stampa, delle lettere nell’edizione del 1627, sempre accompagnata dal rinvio al numero progressivo delle due edizioni novecentesche (BN e G). 8. Lettere 1627, pp. 172-76 = BN 170 = G 157. 9. Lettere 1627, pp. 176-85 = BN 124 = G [sez. Lettere burlesche] 7. La lettera è anche edita 291 note e discussioni lettera a Lorenzo Scoto dove discorre delle stranezze della lingua francese e delle mode e dei costumi parigini. A volte questi generici segni sono accompagnati da minimi commenti marginali, come un « Lamenti» apposto alla lettera [93],10 o un «Lodi iperboliche » alla lettera con la quale Achillini comunica al Preti la morte del Marino.11 La vastità delle mutilazioni documenta invece in absentia le ampie postille che dovevano contrappuntare la lettera [71]12 allo Scaglia nella quale Marino rivendicava la progenitura dell’invenzione di “epistole eroiche”,13 e le due lettere del Busenello, pubblicate in appendice a quelle mariniane,14 colme di lodi verso l’Adone. Alcune superstiti postille si limitano a mettere in evidenza al margine passaggi del testo. Stigliani, ad esempio, annota tutte le volte che Marino trasmette i suoi saluti all’Aleandri (forse per documentare un’amicizia che potrebbe far sospettare di parzialità la Difesa dell’‘Adone’):15 cosí nelle chiuse delle lettere [42], [46], [58], [63], tutte indirizzate ad Antonio Bruni,16 e [97] a Gaspare Salviani;17 due volte è evidenziato in margine il riferimento alla misteriosa Stufa.18 Nonostante il lavoro di forbici un certo numero di postille però sopravvive, o grazie alla dislocazione che impedisce l’asportazione senza ledere il testo a autonomamente in un elegante volumetto: G. Marino, Parigi 1615. Lettera sulla stranezza della moda e dei costumi parigini illustrata da litografie originali di Fabrizio Clerici e tradotta in francese da Jacques Audiberti, Roma, Edizioni dell’Elefante, 1952, quindi ristampata con l’aggiunta di un testo di N. Borsellino, ivi, id., 1981. 10. BN 129 = G [sez. Dedicatorie] 9. È la dedicatoria degli Epitalami indirizzata a Concino Concini. La postilla (a p. 266) si riferisce al passo in cui Marino, entro il topos della “distanza” tra donatore e ricevente, si autorappresenta come « Ingegno per natura debole, per arte inerudito, per fortuna oppresso, insidiato da nemici, tradito dagli amici, sbattuto dalle calunnie, stanco dalle peregrinazioni, di nome oscuro, di stato basso […] ». 11. C. Achillini, lett. 107, in BN, ii pp. 176-78. 12. Lettere 1627, pp. 154-55 = BN 196 = G 183. 13. « […] né mi sarei mai pensato che nel mondo si trovasse tanta sfacciataggine, che ad un uomo della mia qualità si dovesse rubare cosí apertamente un suggetto ed una invenzione già pubblicata da me venti anni sono per tutto » (G, p. 345). Guglielminetti (ivi, p. 312 n.) ipotizza che l’allusione vada alle Lettere delle dame e degli eroi di Francesco Della Valle, pubblicate a Venezia dal Ciotti nel 1622; cfr. Russo, Le promesse del Marino, cit., pp. 117-19. 14. Lettere 1627, pp. 305-16 = BN [Appendice ii ] 6 e 3. 15. G. Aleandri, Difesa dell’Adone poema del Cav. Marini […] per risposta all’Occhiale del Cav. Stigliani, Venezia, Appresso Giacomo Scaglia, 1629. 16. Risp.: Lettere 1627, pp. 96-98 = BN 232 = G 218; Lettere 1627, pp. 106-8 = BN 225 = G 211; Lettere 1627, pp. 134-35 = BN 236 = G 222; Lettere 1627, pp. 140-41 = BN 245 = G 231. 17. Lettere 1627, pp. 291-92 = BN 169 = G 156. 18. Lettere 1627, [32] p. 80 = BN 10 = G 10, e Lettere 1627, [36] p. 87 = BN 13 = G 13. Della Stufa si tocca nella dedicatoria a firma Onorato Claretti premessa alla terza parte delle Rime, Venezia, Appresso Gio. Batt. Ciotti, 1614 (cfr. Giambonini, Bibliografia, cit., num. 118), che si legge ora in redazione auctior in Russo, Le promesse del Marino, cit., pp. 138-84, a p. 179; cfr. A. Borzelli, Il cavalier Giovan Battista Marino (1569-1625), Napoli, Priore, 1898, pp. 21-22. 292 due ritrovamenti mariniani stampa, o, in qualche caso, per dimenticanza o forse per scelta. Le trascrivo seguendo l’ordine di apparizione nella stampa secentesca:19 Ad Andrea Barbazza Lettere 1627, [13] p. 51 = BN 159, i p. 276 = G 144, p. 268. ma la favola] Che la favola dell’Adone sia povera d’azzione A Tommaso Stigliani Ivi, [16] p. 58 = BN 35, i p. 47 = G 33, p. 51. m’è capitato] oscenità nefanda A Tommaso Stigliani Ivi, [17] pp. 58-59 = BN 92, i p. 140 = G 91, p. 159. Il sonetto] Qui si vede chiaro che il sonetto applicato al Villifranchi era scritto a me essendo piú] la correzion delle sue Rime prime 20 nella mia Galeria] Nella Galeria è applicato al Vilifranchi 21 A Tommaso Stigliani Ivi, [50] pp. 116-17 = BN 116, i p. 180 = G 112, p. 191. Sciolse] Qui si vede chiaro che questo sonetto era fatto per me e fra l’altre] Che l’Adone sia quanto la Gerusalemme e cosí dilatato da digressioni A Giacomo Scaglia Ivi, [53] p. 121 = BN 209, ii p. 28 = G 194, p. 357. Il discorso] Questo è il discorso attribuito a Monsú Cappellano 22 A Girolamo Preti Ivi, [54], pp. 125-26 = BN 230, ii p. 54 = G 216, p. 395. che il genere] pretende che l’Adone sia Romanzo Rompansi] Di qui si vede che l’autore ha voluto intendere del Romanzo quando ha detto esser l’Adone diverso di genere dalla Gerusalemme e vedesi in tutta questa facciata e nell’altra 19. Prima della parentesi quadra separativa trascrivo il passo della lettera (secondo il testo di Lettere 1627 e tenendo conto dei segni di evidenza tracciati da Stigliani) a cui si riferisce la postilla. 20. Questo l’intero passo mariniano: « essendo piú agevol cosa ch’io possa perder l’intelletto, che perder giamai la memoria de i virtuosi benefici da lei in diversi tempi ricevuti ». 21. G.B. Marino, La Galeria, a cura di M. Pieri, Padova, Liviana, 1979, vol. i p. 198. Sulla vicenda di questo sonetto Sciolse il Colombo de l’audace ingegno cfr. Menghini, Tommaso Stigliani, cit., pp. 41-42. 22. In realtà qui Marino si riferisce al « discorso » che egli stesso intendeva predisporre per l’edizione italiana dell’Adone: cfr. l’altra lettera allo Scaglia di poco precedente: « Vi manca ancora un lungo discorso, ch’io ho fatto sopra questo libro […] e veramente mi sarebbe sommamente caro che in Italia non si vedesse quest’opera senza esso, perché oltre il dichiarare molti miei pensieri intorno a sí fatto poema, parlo diffusamente dello scrivere lascivo » (BN 198 = G 185). 293 note e discussioni Ad Antonio Bruni Ivi, [55] p. 129 = BN 246, ii p. 70 = G 232, p. 418. Quest’aere] Rubato a me 23 A Simon Carlo Rondinelli Ivi, [77] pp. 163-64 = BN 34, i p. 46 = G 32, p. 49. senza manichei] Concetto nefando24 Starò aspettando] Che la genitura d’Adone fusse calcolata da alcuno Ad Arrigo Falconio Ivi, [84] p. 187 = BN 123, i p. 190 = G [sez. Burlesche] 6, p. 544. carcame] Carcame vale corpo spolpato Il pupolo alla pupola Ivi, [87] p. 217 = BN [Appendice i ] 2, ii p. 93 = G [sez. Burlesche] 4, p. 540. Questa lettera e la succedente son rubate in quanto al concetto al mio madrigal del Canzoniero O anima Petrarca25 Il pupolo alla pupola Ivi, [88] p. 220 = BN [Appendice i ] 3, ii p. 95 = G [sez. Burlesche] 5, p. 542. Erizzo] Si pronunzia Èrizzo colla prima acuta26 A Gaspare Salviani Ivi, [97] p. 292 = BN 169, i p. 290 = G 156, p. 290. oltre la pensione] Che dal Re avesse Dumila scudi di pensione Un corollario, infine, sulla piccola silloge di Poesie diverse […] non piú stampate che chiude il volume. Alcune postille, presumibilmente di carattere lessicale o morfologico, accompagnavano la canzone Vergine invitta, il cui togato ingegno; ne sopravvive una soltanto, relativa al v. 9 dell’ottava stanza, dove « uccida », in rima, è censurato: « Uccidi avrebbe a dir ».27 Delle postille al panegirico per la 23. L’imputazione di furto, che non so documentare, si riferirà al “concetto” secondo cui l’« aere » napoletano « produce grandi ingegni, ma non gli alleva ». 24. La stessa allusione oscena nella lettera del Marino a Emilio Buonalingua del 1624 (BN 232 = G 219): « non suol venire in Napoli se non per qualche occorrenza di manichei ». 25. T. Stigliani, Il canzoniero, Roma, Per l’erede di Bartolomeo Zannetti, 1623, p. 271: è un madrigale intitolato Scherzo sopra alcuni nomi di poeti; ne trascrivo il testo completo: « O anima Petrarca, / per cui gli occhi miei lassi / non son di sonno Tassi, / ma di pianti Ruscelli / ed in breve è mestieri / che siano ancor di cecitade Omeri / e poscia Claudiani: / tu con sguardi Pontani / mi fosti Dante al cor d’un colpo amaro / che mai sarà Guarin né Sannazaro ». Cfr. O. Besomi, Tommaso Stigliani: tra parodia e critica, in Id., Esplorazioni secentesche, Padova, Antenore, 1975, pp. 53-205, in partic. alle pp. 72-73 e n., dove è postulato un rapporto inverso. 26. La pronuncia sdrucciola toglie evidenza al salace equivoco. 27. La canzone è intitolata Italia parla a Venezia; il verso intero recita: « Sostieni e spera e pria te stessa uccida » (Lettere 1627, p. 325). 294 due ritrovamenti mariniani regina d’Inghilterra « nel tempo che correva voce ch’ella fusse Catolica »,28 rimane qualche leggibile traccia di quella che accompagnava il verso 6 della sesta ottava, «di nobil foco il piú gelato polo»: si può intuire che Stigliani osservasse l’inesattezza di attribuire maggior rigore al polo artico. Una analoga censura, a proposito di un verso del sonetto in lode del cardinal Doria O di gran padre emulator figliuolo, è resa nota dal Marino stesso in una lettera a Guidubaldo Benamati del 1614: Circa il verso notato dal genovese nelle mie rime, ha ben ragione; poiché questo appunto è un de’ luoghi falsificati e scorretti di tanti e tanti che ve ne sono. L’ignoranza d’un correttor ha non solo stroppiata l’ortografia, guaste le parole, trasportate le righe, rovinati i sentimenti, fatti i versi piú brevi e piú lunghi; ma ha voluto anche por mano ad accomodare molti concetti, a rifare molti versi, i quali a S.S. non pareva che corressero bene. Fra’ quali fu quello il quale, come si può vedere nel mio originale, diceva: dal piú profondo al piú sublime polo, trasformato poi in quella guisa ch’ella a potuto vedere. Il che appare dalla seconda impressione di esse rime, le quali sono state ristampate conforme al primo esemplare con molto maggior diligenza che nella prima non fu fatto, per una bravata ch’io feci al Ciotti in una lettera. Perciò V.S. mi scusi con cotesto gentiluomo, pregandolo in mio nome a non volermi aver per tanto goffo, ch’io non abbia almeno studiata la sfera.29 Nella princeps della Parte terza delle Rime, il verso si leggeva infatti nella forma « dal piú cocente al piú gelato polo».30 Della vicenda di questo verso tocca Emilio Russo, nell’ambito di alcune riflessioni intorno alla travagliata gestazione di quell’edizione e alle non semplici questioni ecdotiche che dovrà affrontare il futuro editore;31 per parte mia posso aggiungere che un sondaggio parziale, ma di qualche estensione, induce a ritenere che la «bravata» del Marino 28. G [sez. Attribuite] 2, p. 608. È la lettera a firma Onorato Claretti premessa alla terza parte delle Rime, che si legge ora in redazione auctior in Russo, Le promesse del Marino, cit., p. 153. 29. G 104, pp. 179-80 = BN 109, i pp. 173-74. La lettera non è compresa nella silloge edita nel 1627, ma si legge nell’edizione Sarzina dell’anno successivo ed è cosí postillata nell’esemplare appartenuto allo Stigliani: « Il genovese son io, e la scusa e la correzzione sono false, essendo l’istesso errore in altri componimenti del medesimo autore » (BN, ii p. 389). Cfr. anche Menghini, Tommaso Stigliani, cit., p. 44. 30. Marino, Rime, ed. 1614 cit., p. 105. Ho verificato gli esemplari posseduti dalla Biblioteca Marciana di Venezia della princeps (Giambonini, Bibliografia, cit., num. 118) e di una sua variante (ivi, num. 120). 31. Russo, Le promesse del Marino, cit., pp. 103-8 (« Naturale sospettare, in casi del genere, e non solo per il Seicento, che le spalle del tipografo siano caricate oltre il debito da un autore non impeccabile quanto a finitura formale dei propri testi e sarà l’attesa edizione critica della terza parte della Lira a misurare l’effettivo tasso di scorrettezza della stampa Ciotti, in un’indagine che sin d’ora può indovinarsi complicata dalla scarsità di autografi mariniani », p. 104). 295 note e discussioni abbia avuto un effetto solo momentaneo: se infatti il verso si legge nella forma emendata nelle ristampe del Ciotti del 1615 e 1616,32 esso poi generalmente ricompare nella forma primitiva, sia nella vulgata delle stampe successive dello stesso Ciotti,33 sia in numerose edizioni piú tarde e piú comuni.34 2. Un’edizione ignota delle Egloghe Come è noto, la parabola del Marino idillico si avvia per tempo, già all’interno della stagione napoletana. In una lettera del 1594 era annunciata al Manso la stesura di componimenti pastorali: Mi son messo in alcune egloghe picciole ad imitazione di quelle di Virgilio, parte in verso sciolto e parte in quello stile che usa il Tasso nell’Aminta, in versi rotti e intieri, e tra volta e volta quando vi può cader la rima senza regola ferma.35 Di queste prove non si ha altra ricorrenza nelle maglie larghe dell’epistolario e le si confinerebbe nella rubrica dei progetti senza esito se assai piú avanti, nel 1620, non fosse apparsa un’edizione dal titolo Rime boscareccie che raccoglieva sei egloghe, identificabili appunto con i versi giovanili, cui venivano aggiunte le ottave dei Sospiri d’Ergasto. La stampa apparve a Napoli, presso Scipione Bonino, in evidente sovrapposizione rispetto all’uscita della Sampogna:36 nella dedica a Cesare Ferrao, marchese di Sant’Agata, firmata il 24 aprile 1620, Lazzaro Scoriggio informava di aver ricevuto il libro «pur frescamente da uno stretto parente di lui»,37 rinvio che con ogni probabilità allude a Francesco Chiaro, il 32. Ivi, p. 109 n. 30. Delle due stampe (Giambonini, Bibliografia, num. 123 e 125) ho visto rispettivamente gli esemplari della Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone e della Biblioteca Nazionale di Firenze. 33. Cosí, per es., nelle ristampe del 1618 (Giambonini, Bibliografia, cit., num. 129, attribuita al 1616, ma datata in fine 1618: esemplare della Biblioteca Statale di Lucca), 1625-1626 (ivi, num. 145: esemplare della Biblioteca dell’Univ. Cattolica di Milano), 1629 (ivi, n. 151: esemplare della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna). 34. Ho verificato le edd. seguenti: Venezia, eredi di Gio. Salis, 1646-1647; Venezia, Baba, 1653; Venezia, Gio. Pietro Brigonci, 1664, 1667 e 1674; Venezia, Pezzana, 1675 (Giambonini, Bibliografia, cit., risp. num. 155, 157, 159, 161, 163, 165). 35. G 10, p. 18, datata genericamente al 1594; vd. anche G.B. Marino, La Sampogna, a cura di V. De Maldé, Parma, Fondazione Pietro Bembo-Guanda, 1993, lett. i p. 3: « tardi mi riduco a divulgar con le stampe il presente volume d’Idilli, già da me composti insu ’l fiore della mia prima età, ma tenuti da me suppressi infino a quest’ora ». 36. Sulle vicende della stampa della Sampogna vd. V. De Maldé, Nota al testo, in Marino, La Sampogna, cit., pp. lxiii-cx. 37. Rime boscareccie del Marino, In Napoli, per Scipione Bonino, 1620, p. 4. Dopo la lettera dedicatoria si leggevano (pp. 5-7) un paio di componimenti di Prospero Antonio Zizza, accademico ozioso, in lode del Marino, il secondo in persona della città di Napoli, trepidante nell’attesa di un ritorno del poeta. Da sottolineare che si tratta di un’edizione rara al punto 296 due ritrovamenti mariniani nipote del Marino che da Napoli cercava di organizzare tanto il ritorno del poeta quanto la rete delle pubblicazioni italiane.38 Per questa via, avendo cioè come promotore il Chiaro, le Rime boscareccie assumerebbero lo statuto di edizione in qualche misura autorizzata, ma rimane ferma e decisiva la loro concorrenza con il volume che il Marino intanto stampava a Parigi, sorvegliandolo personalmente. Una concorrenza già visibile nella presenza dei due idilli giovanili Dafne e Siringa, sottoposti nella Sampogna ad ampia riscrittura,39 ma soprattutto macroscopica nell’alternanza tra i Sospiri d’Ergasto in 80 ottave posti a suggello della Sampogna (redazione B) e lo stesso testo in 119 ottave pubblicato nel libretto napoletano (redazione A): una versione, quest’ultima, che il Marino non avrebbe piú lasciato circolare e tanto meno fatto pubblicare, avendo cominciato a ricavarne materiali da rifondere nell’Adone.40 Ad ogni modo, l’edizione napoletana del 1620 presentava questa sequenza di testi: 1. Sospiri d’Ergasto. « Queste sono stanze Selvagge, ove un pastore innamorato sfoga la sua passione amorosa in affettuosi lamenti » (incipit: Già di Friso il Monton da l’aureo corno).41 da risultare a lungo irreperibile. Fulco (Bibliografia mariniana sommersa [1978], in Id., La « meravigliosa » passione. Studi sul Barocco tra letteratura e arte, Roma, Salerno Editrice, 2001, pp. 69-73), dopo varie supposizioni e ipotesi (Borzelli, Croce, Taddeo), ne segnalava l’unico esemplare noto in una biblioteca americana, salvo registrarne subito dopo lo smarrimento. Un nuovo esemplare è stato rinvenuto presso la Rare Collection della biblioteca dell’Università di Birmingham e descritto in M. Slawinski, Poesia e commercio librario nel primo Seicento: su alcune edizioni mariniane ignote o poco note, in F.eC., a. xxv 2000, pp. 316-34. Un ulteriore esemplare dell’edizione Bonino (seppur mutilo, privo delle pp. 83-86) è di recente entrato in possesso di Guido Arbizzoni, che ringrazio per avermi fornito la copia sulla cui base svolgo le considerazioni riportate qui di seguito. Si ha notizia del passaggio di un altro esemplare sul mercato antiquario, a testimonianza, anche per quanto si dirà, di una situazione ancora fluida sul versante documentario. 38. Per dettagli sui rapporti del Chiaro tanto con il Marino quanto con Giacomo Scaglia vd. almeno G. Fulco, La corrispondenza di G.B. Marino dalla Francia, in Id., La « meravigliosa » passione, cit., pp. 204-11. 39. Vd. E. Taddeo, Le ‘Egloghe boscherecce’, in Id., Studi sul Marino, Firenze, Sandron, 1971, pp. 5-42; R. Reichlin, Le ‘Egloghe boscherecce’ del Marino, Thèse présentée à la Faculté des Lettres de l’Université de Fribourg, 1980; Id., Un lamento nell’apprendistato poetico del Marino, in Forme e vicende per Giovanni Pozzi, a cura di O. Besomi, G. Gianella, A. Martini, G. Pedrojetta, Padova, Antenore, 1988, pp. 295-306; Id., Due egloghe pastorali del Marino: ‘Dafne’ e ‘Siringa’, in R. Reichlin-G. Sopranzi, Pastori barocchi fra Marino e Imperiali, Friburgo, Edizioni Universitarie, 1988, pp. 9-73. 40. Sui Sospiri d’Ergasto, la loro doppia redazione, e i rapporti con la costruzione dell’Adone, vd. anzi tutto E. Taddeo, I ‘Sospiri d’Ergasto’ primi e secondi, in Id., Studi sul Marino, cit., pp. 43-61; piú ancora le celebri pagine di G. Pozzi, Guida alla lettura, in G.B. Marino, Adone, a cura dello stesso, 2 voll., Milano, Adelphi, 1988, vol. i pp. 756-68. 41. Riproduco, qui e per gli altri titoli, le didascalie che accompagnavano le Egloghe; nel caso dei Sospiri d’Ergasto l’espressione coincide perfettamente con quanto a proposito della 297 note e discussioni 2. Tirsi. « Egloga Prima. Ove questo pastorello si vede con caldissimo affetto invitare la bella Fillide a goder seco i boscarecci Amori » (incipit: Musa, che meco in alto stil sovente).42 3. Il lamento. « Egloga seconda. Ove il povero Aminta querelandosi de la superba Amarilli, par che riempia l’aria d’ardentissime fiamme » (incipit: Ne la vaga stagion, che ’l mondo adorna).43 4. Dafne. « Egloga terza. Ove Apollo seguendo a gran passi la ritrosa Dafne, mentre gli rimprovera le sue nozze et Amori, in un tratto la vidde cangiarsi in un lauro ». 5. Siringa. « Egloga quarta. Ove il mezzo capro Dio seguendo la traccia della vaga Siringa per le selve d’Arcadia, fú da quella similmente schernito, imperoche da’ Dei fú convertita in canna » (incipit: Per le folte d’Arcadia amiche selve). 6. Pan. « Egloga quinta. Ove il selvaggio Dio fortemente invaghito della bianca Luna, quando pensava invano havere sparsi i suoi prieghi, furno da quella dolcemente graditi » (incipit: Era la notte, e di celesti gemme). 7. Echo. « Egloga sesta. Mentre Elcippo il Pastore presso un antro frondoso, sfogava in darno il suo chiuso cordoglio, credendo trovar rimedio al suo Amoroso tormento, in fin s’accorse esser dall’aria follemente schernito » (incipit: In un deserto, e solitario bosco). Il quadro, già intrecciato, che vede le antiche prove pastorali riemergere a Napoli, va ulteriormente complicato per la recente scoperta di un’altra e persino precedente edizione. Si tratta di un opuscolo esile, privo di dediche e di ogni altro paratesto, il cui sviluppo può essere cosí descritto: Egloghe | del | Cavalier | Gio: Batti-|sta Mari-|no. | [marca] | IN NAPOLI | Per Costantino Vi-|tale. 1616. | Con Licenza de’ Sup. fascicoli: A12B4. cc. A2r-A9r (pp. 3-17): « Thirsi | Egloga. | Prima. | Del Cavalier Gio: Battista | Marino. »; incipit: Musa, che meco in altro stil sovente; cc. A9v-B1v (pp. 18-26): « Echo | Egloga | Seconda. | Del Cavalier Gio: Battista | Marino. »; incipit: In un deserto, e solitario bosco; cc. B2r-B4v (pp. 27-32): « Dafne | Egloga | Terza. | Del Cavalier Gio: Battista | Marino. | APOLLO SOLO. »; incipit: Su la fiorita, e verdegiante riva.44 La stampa riemersa sposta indietro di quattro anni l’apparizione delle Egloghe, stessa opera si leggeva in Lettera Claretti, 45 (che riprendo da Russo, Le promesse del Marino, cit., p. 158); per Dafne non riporto l’incipit, che cade nella zona mancante nell’esemplare di Arbizzoni. 42. Ricordo, qui solo di passaggio, che un componimento attribuito al Marino con incipit No Tirsi, tu non hai era trasmesso nel ms. Roma, Biblioteca Angelica, 1630 (Inventario dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia, dir. G. Mazzatinti, vol. xxii, Firenze, Olschki, 1915, p. 78); il codice risulta però da molti anni mutilo in diverse parti a seguito di una momentanea sparizione dalla biblioteca, e privo in particolare delle carte di pertinenza mariniana. 43. Il frontespizio reca tuttavia come titolo Aminta. 44. L’opuscolo si trova, ancora invenduto a quanto mi risulta, presso la Libreria Antiquaria Pattini di Roma; devo alla cortesia del libraio, che ringrazio, la copia dei testi di cui dispongo. 298 due ritrovamenti mariniani in contemporanea ora con gli Epitalami e ben prima della Sampogna, costringendo a riformulare ipotesi e attestando una sopravvivenza consolidata delle prove pastorali a Napoli, malgrado il Marino avesse lasciato la città già all’altezza del 1600. Occorre quindi postulare la circolazione di un manoscritto contenente le tre prove del 1616 in anticipo su una seconda collezione di testi, forse fornita dal Chiaro, mandata a stampa nel 1620. Oltre infatti che per la titolazione dell’insieme (la stampa del 1616 porta il riferimento alle Egloghe che era del Marino giovane) e per le didascalie collocate in apertura delle singole prove, da un punto di vista testuale, almeno ad un primo esame, le due stampe napoletane paiono differenziarsi per particolari di scala minuta, per saltuarie varianti che impongono comunque due antigrafi distinti.45 Qui riproduco a titolo esemplificativo una serie di varianti, ricavate dal primo scorcio del solo Tirsi, tralasciando le oscillazioni di ordine grafico: Tirsi v. 1 v. 2 v. 16 v. 40 v. 44 v. 48 v. 54 v. 77 v. 89 v. 97 v. 102 v. 111 v. 119 Egloghe 1616 Rime 1620 in altro stil de la tromba al suono cantando e spesso oltre e d’un in altro calle ver l’amate mura ch’era il suo obietto deh qual empio destin Abhorre l’altre cittadine De i teneri virgulti Di canne intorno Né men caro Di peregrine statute poriasi assai in alto stil de la tromba il suono cantando spesso oltre e d’uno in altro colle ver l’avare mura ch’era il suo oggetto O qual empio destin Schiva già l’altre cittadine Che’ teneri virgulti Di canne intorto Non men caro Di pellegrine statue provasi assai Scarse le variazioni, come per minimi aggiustamenti, non in tutto però attribuibili a pratiche editoriali, e trasmesse da manoscritti che riportavano dunque in parallelo, ed in modo indipendente, le egloghe mariniane. E se le vie della tradizione manoscritta napoletana rimangono per il momento nell’ombra, altrettanto misteriose sono le ragioni di una diffusione a stampa semiclandestina, senza neppure una riedizione ravvicinata tanto per le Egloghe del 1616 quanto per le Rime boscareccie del 1620, dato inconsueto per un poeta che pure 45. Basterà qui indicare la variante tra l’incipit di Tirsi nella stampa del 1616 e in quella del 1620; una prima indagine in questo senso è stata svolta in V. De Maldé, Marino tra egloga e idillio, in Marino e il Barocco, da Napoli a Parigi. Atti del Convegno internazionale di Basilea, 79 giugno 2007, a cura di E. Russo, i.c.s.; ormai evidente, tuttavia, la necessità di un’edizione filologicamente accurata che metta ordine in questa tradizione per larghi tratti ancora misteriosa. 299 note e discussioni “vendeva” in abbondanza (si pensi alla fitta serie di ristampe della Lira). Occorre aspettare l’edizione Sarzina del 1626 per una ripresa dei componimenti giovanili, e ancora nel 1627, entro l’edizione milanese di Cerri, si leggeva: «le quali [Egloghe], benché siavi suspizione che fossero di già alcuni anni addietro impresse in Napoli; nondimeno vi è sicurezza, che queste nostre non l’hanno piú vedute».46 Dubbio, nell’insieme, anche il ruolo del Marino: troppo rare infatti le testimonianze epistolari dei primi mesi francesi per stabilire se l’edizione Vitale del 1616 sia stata accolta con stizza o con compiacimento, posto ovviamente (come pure ritengo probabile) che ne abbia avuto notizia. Quanto risulta, con una mandata di interrogativi suscitati piuttosto che sopiti da una scoperta, è una conferma ulteriore della tradizione complessa delle opere mariniane, specie di quelle progressivamente finite ai margini della sua attenzione, scalzate da progetti maggiori, e per questo sopravvissute in una tradizione estravagante e pulviscolare, in larga parte censita per le stampe da Francesco Giambonini, in larga parte invece ancora da censire sul fronte manoscritto.47 Guido Arbizzoni Emilio Russo 46. Egloghe boscherecce, Milano, Cerri, 1627 c. a3r (riportata in Giambonini, Bibliografia, cit., vol. ii p. 676). 47. Ricordo che di un manoscritto delle Egloghe si aveva notizia e disponibilità ancora fino al 1866: vd. A. Borzelli, Storia della vita e delle opere di Giovan Battista Marino, Napoli, Tip. degli Artigianelli, 1927, p. 201. 300