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MITTEILUNGEN DES DEUTSCHEN ARCHÄOLOGISCHEN INSTITUTS RÖMISCHE ABTEILUNG MITTEILUNGEN DES DEUTSCHEN ARCHÄOLOGISCHEN INSTITUTS RÖMISCHE ABTEILUNG Band ,  BULLETTINO DELL’ISTITUTO ARCHEOLOGICO GERMANICO SEZIONE ROMANA Volume ,  Es gelten die Zitierregeln nach Archäologischer Anzeiger , Seiten —, vgl. auch www.dainst.org Weitere Abkürzungen am Ende des jeweiligen Artikels. Sono vigenti le regole di citazione pubblicate in Archäologischer Anzeiger , pagine —, cf. anche www.dainst.org Altre abbreviazioni alla ine del rispettivo articolo. Wissenschaftlicher Beirat: Geza Alföldy (Heidelberg), Franz Alto Bauer (München), Martin Bentz (Bonn), Elisabeth Fentress (Rom), Carlo Gasparri (Rom), Juliette de la Genière (Neuilly/Seine), Pietro Giovanni Guzzo (Pompeji), Tonio Hölscher (Heidelberg), Paolo Liverani (Florenz), Valentin Kockel (Augsburg), Fausto Zevi (Rom) Copyright  by Verlag Schnell & Steiner ISBN 978-37954-2020-8 ISSN 0342-1287 Alle Rechte vorbehalten Satz, Bild, Prepress: Klaus E. Werner Belichtung und Druck: Schnell & Steiner Printed in Germany . Imprimé en Allemagne Printed on fade resistant and archival quality paper (pH  TCF) VERZEICHNIS DER AUTOREN UND AUFSÄTZE Altenhöfer, Erich: Die Cella des Dioskurentempels in Cori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Attanasio, Donato s. Palombi Beste, Heinz-Jürgen; Becker, Frank; Spigo, Umberto: Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania. Rapporto preliminare sul rilievo archeologico – Recente campagna di indagini . . . . . . – Becker, Frank s. Beste Bielfeldt, Ruth: Der Liber-Tempel in Pompeji în Sant’ Abbondio. Oskisches Vorstadtheiligtum und kaiserzeitliches Kultlokal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Biella, Maria Cristina: Idee tirreniche e sperimentazioni adriatiche. Note sugli impasti excisi al di là degli Appennini. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Bitterer, Tobias s. Freyberger Cappuccini, Luca: I kyathoi etruschi di Santa Teresa di Gavorrano e il ceramista dei Paiθina . . . . . . . . . . – Diebner, Sylvia: Landstädtische Sepulkraldenkmäler aus Picenum. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Ertel, Christine s. Freyberger Franken, Norbert: Rückkehr aus dem Schattenreich. Zu einem etruskischen Todesdämon in Berlin. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Freyberger, Klaus Stefan; Ertel, Christine; Lipps, Johannes; Bitterer, Tobias: Neue Forschungen zur Basilica Aemilia auf dem Forum Romanum. Ein Vorbericht – Die Säulenkapitelle der Basilica – Die Orientalenstatuen . . . . . . . . . – Geominy, Wilfred: Meter eon in Rom . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Guzzo, Pier Giovanni: Annibale al Lacinio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Heinemann, Alexander: Die vorletzte Ruhe. Topographisches zur Bestattung der Iulia Domna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – von Hesberg, Henner: Die Statuengruppe im Tempel der Dioskuren von Cori. Bemerkungen zum Aufstellungskontext von Kultbildern in spätrepublikanischer Zeit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Jastrzębowska, Elżbieta: Niobe da Roma a Nieborów . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Junker, Klaus: Die Porträts des Pompeius Magnus und die mimetische Option . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Palombi, Domenico; Leone, Anna: Il gruppo statuario dei Dioscuri dal tempio del foro di Cori. Con un’appendice di Attanasio, Donato: Analisi chimico-isica e provenienza del marmo del gruppo dei Dioscuri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Leone, Anna s. Palombi Leotta, Maria Cristina: Un ritratto di Pompeo Magno in una matrice di ceramica ellenistica a rilievo . . . . . . – Lipps, Johannes; Töpfer, Kai: Neues zum Grabbau des Marcus Paccius Marcellus im Kloster von San Guglielmo al Goleto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Lipps, Johannes s. auch Freyberger Mazzei, Paola: Una nuova epigrafe da San Cosimato in Mica Aurea. Traiano restaura la Naumachia di Augusto? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Monaco, Maria Chiara: Ancora sull’«Alessandro morente» della Galleria degli Uizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Naso, Alessandro: Klinai lignee intarsiate dalla Ionia all’Europa centrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Paris, Rita; Pettinau, Barbara: Dalla scenograia alla decorazione. La statua di Niobe nella Villa dei Quintili sulla Via Appia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Pettinau, Barbara s. Paris Rodríguez Gutiérrez, Oliva: Le cornici del frontescena del teatro romano di Tusculum. Un complesso recuperato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Sclafani, Marina: Zeus Soter, Eracle, Leukathea e tre ‹sortes› dall’antica Himera. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Spigo, Umberto s. Beste Töpfer, Kai s. Lipps Wolf, Markus: Der Tempel von Sant’ Abbondio in Pompeji. Bauaufnahme und Architektur . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Verstorbene Mitglieder. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  Veranstaltungen des Deutschen Archäologischen Instituts Rom  –  . . . . . . . . . . .  Redaktionelle Hinweise – Norme redazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania Catania condivide il destino di alcune grandi e importanti città dell’Impero Romano, come Pozzuoli, Civitavecchia, Marsiglia, di cui viene spesso dimenticata l’antica grandezza. Catania in particolare subì nel corso di pochi decenni due enormi catastroi, la grande eruzione del , durante la quale buona parte dell’area sudoccidentale della città venne ricoperta da metri di lava, e il terribile terremoto del , che distrusse quasi completamente la città, stravolgendo così la nostra coscienza dei suoi monumenti antichi. Tanto più encomiabile è l’enorme lavoro della Soprintendenza di Catania che, grazie al suo impegno, è riuscita a recuperare numerosi monumenti antichi diicilmente accessibili, mettendoli a disposizione dello studio di tutti i ricercatori e facendo così riiorire l’interesse per l’antica Catania. Grazie a una generosa oferta della Soprintendenza di Catania l’Istituto Archeologico Germanico ha efettuato al , in due campagne, il nuovo rilievo dei resti dell’aniteatro e dei suoi importanti elementi architettonici1. Essere chiamati a questi lavori con la documentazione scientiica diviene pertanto non solo un dovere ma soprattutto un grande onore, tanto più se l'invito viene rivolto ad uno degli Istituti stranieri attivi in Sicilia. Nonostante ovvie diicoltà organizzative legate a un compito tanto complesso, il generoso invito è stato accolto con grande interesse. Con questa iniziativa si intende infatti continuare un ilone di studi specialistici, dedicati agli aspetti più strettamente strutturali e architettonici dei monumenti antichi, che fa parte delle tradizioni peculiari dell'Istituto Archeologico Germanico. Una delle basi metodologiche di questi studi consiste nella convinzione che monumenti di una certa dimensione e soprattutto con una complessa storia evo- 1 Dopo l’invito espresso dalla Soprintendenza nel maggio , i lavori hanno avuto inizio, grazie alla disponibilità di Frank Becker, nel luglio dello stesso anno. lutiva richiedano sempre una base di documentazione altrettanto complessa. Solo il lungo e in certe circostanze diicoltoso lavoro quotidiano di un rilevamento completo eseguito in scala adeguata e comprendente in modo omogeneo ogni aspetto isico del monumento, può generare la necessaria familiarità con esso, indispensabile alla sua più profonda comprensione. Nel caso speciico il progetto di rilevamento prevede un sistema di assi ortogonali generato per mezzo di un laser ottico, l’elaborazione di pianta generale, sezioni orizzontali e verticali, nonché sviluppi degli alzati delle più importanti parti dell’aniteatro conservate in scala  : . In breve: si terrà sempre presente la vera inalità del lavoro, ovvero fornire tutti gli strumenti necessari alla più completa lettura della storia evolutiva del monumento. La nostra ricerca si muoverà in due direzioni. Una, la centrale e più urgente, è costituita dalla prosecuzione dei rilievi e dallo studio più dettagliato possibile del monumento stesso per raggiungere maggiori certezze sia su tutti gli aspetti ricostruttivi sia nella lettura della sua storia antica e per rispondere alle domande ancora aperte, che sono: le afermazioni sull’articolazione della cavea; la deinizione delle rampe di accesso, i vomitoria; la ricostruzione del sistema di scale interno; la ricostruzione delle dimensioni e l’articolazione del podio; l’accesso del monumento dall’esterno in particolare i settori occidentali; la ricostruzione della topograia antica per recuperare nuovi dati dalla pianta urbanistica. L’altra dovrebbe sviluppare un programma di criteri validi ed esperibili per ogni intervento e una migliore fruizione turistica del monumento. Heinz-Jürgen Beste  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo «Bauforschung» all’aniteatro romano di Catania. Rapporto preliminare sul rilievo archeologico Il rilievo dell’aniteatro di Catania fu eseguito nell’estate del  nell’ambito delle indagini preliminari, avviate dalla locale Soprintendenza e volte ad approfondire le conoscenze sul monumento di epoca romana2. In questa sede ci limitiamo a comunicare soltanto alcuni dei più importanti risultati della nostra analisi diretta, basata esclusivamente sulla stesura di un rilievo manuale diretto con supporto di un laser ottico e sulla lettura dei vari tipi di materiali impiegati nella costruzione antica. Il risultato più sorprendente del nostro studio è senz’altro l’individuazione di due distinte fasi costruttive, inora ignorate da tutti gli studiosi che ci hanno preceduto. Siamo stati in grado di distinguere un primo aniteatro, molto più piccolo del presente, grazie all’esattezza del rilievo e alla registrazione di tutti i reperti (igg. . ) nonché alla mappatura delle diferenti tecniche murarie (ig. ), qui di seguito esplicitate. Determinante dal punto di vista dei materiali costruttivi è la pietra lavica locale, adoperata in varie forme nei paramenti murari dell’ opus caementitium. Le superici della prima fase costruttiva si distinguono nell’opus vittatum dai grandi blocchi sbozzati nella parte inferiore delle murature ino all’imposta degli archi e delle volte, e nell’opus incertum riservato alle parti alte delle stesse. Nella seconda fase costruttiva i paramenti dei setti sono in opus africanum, caratterizzato da una intelaiatura in blocchi sbozzati messi alternativamente in verticale e orizzontale; i pilastri liberi dell’ambulacro esterno si distinguono invece per una ine lavorazione dei blocchi e per i sottili giunti sia verticali che orizzontali (ig. , sezione del settore VIII). 2 Dopo i primi tentativi di disseppellimento del monumento nel XVIII secolo, è da segnalare la fortuita scoperta nel  di un ambulacro che spinse la municipalità a portare in luce le strutture superstiti sotto il livello di piazza Stesicoro: ASCR, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità Belle Arti, Divisione I (–), Contrastano la scura pietra i mattoni, per lo più impiegati nelle coperture come costole perimetrali alle grandi volte cementizie e spesso intervallati da conci in pietra basaltica. A causa delle spoliazioni del monumento oggi ne rimangono pochi esemplari; unicamente nel muro che delimita l’arena li troviamo impiegati in un triplice ilare insieme all’opus vittatum sottostante. Di uso molto limitato è la pietra calcarea di colore biancastro e marroncino, impiegata la prima in blocchi con funzione di catene murarie nelle imposte delle volte della prima fase, la seconda nelle cornici delle porte dei corridoi secondari disposti presso l’asse maggiore. Alla prima fase costruttiva appartengono le strutture più interne dell’aniteatro. Il bordo dell’arena risulta delimitato da un muro, alto due metri e conformato dall’opus vittatum, coronato da un triplice ricorso di mattoni e da un ulteriore strato di blocchi di lava regolari. Sugli spessi lacerti di malta avanza qua è là un frammento di lastra marmorea, issata oltre che con la malta anche da perni metallici, i cui buchi di alloggiamento sono ancora ben visibili nella muratura retrostante. Dalla sommità del muro si estende un piano leggermente inclinato che oggi raggiunge la profondità di circa , m. Tale precinzione è fondata su un terrapieno delimitato dall’ambulacro interno dal quale viene servita da brevi rampe di scale regolarmente disposte. In corrispondenza dell’asse maggiore (settore I) la precinzione è interrotta dall’alta volta a botte a copertura dell’ampio corridoio centrale con una larghezza di , m. Esso è aiancato da due corridoi più stretti e bassi con i quali comunica attraverso due brevi passaggi perpendicolari, a ridosso del muro perimetral e dell’arena. Non disponiamo invece di alcun dato sulla conformazione degli accessi all’arena nell’asse minore, dal momento che gli stessi rimangono sepolti sotto i palazzi barocchi. Unicamente si conserva nell’ambulacro la triplice b. , fasc. . – Sulle movimentate vicende di tali attività di scavo vedi A. M. Oteri, Riparo, conservazione, restauro nella Sicilia orientale () –. Per le vicende storiche dell’aniteatro in generale vedi la più recente pubblicazione di C. Sposito, L’aniteatro romano di Catania () –. Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania apertura di modeste dimensioni che dava accesso all’arena rispettivamente alla tribuna. L’ambulacro interno comunica con i settori attraverso delle aperture originariamente coperte da archi in mattoni. In un primo momento i setti raggiungevano una estensione di circa , m e terminavano con il pilastro più largo del setto, il quale oggi si trova al centro delle lunghe murature. La sua faccia esterna era piana; il giunto continuo prova il più tardo prolungamento del setto verso l’esterno. In prossimità dell’ambulacro grosse catene di pietra calcarea facevano da piedritto a delle volte a botte di cui si conserva unicamente quella nel settore XXXVI (ig. ), mentre nella parte scavata rimangono soltanto gli archi in mattoni a sostegno della cavea. Appare insolita la scelta del materiale, meno resistente della lava, in un punto di maggior concentrazione delle forze. Durante la fase dell’ampliamento dell’aniteatro furono inserite in ogni due dei settori esistenti delle volte orizzontali a estradosso piano, sostenute da piedritti in opus africanum, i quali furono accostati ai setti preesistenti. Dal piano soprastante le volte partivano poi delle rampe di scale su volte rampanti verso l’ambulacro esterno (accertate nei settori VI, VIII, XII e XXXVI, XL, XLVI; cfr. ig. ), mentre la conclusione del percorso verso la cavea risulta ancora da chiarire. Esigui resti di muri laterali ascendenti si conservano nel settore VI e VIII, senza però che si possa precisare in quale forma fu coperto il varco tra il piano soprastante la volta della seconda fase e gli archi di sostegno della cavea della prima fase. A causa della totale scomparsa dei gradini di dislivello supponiamo l’impiego per gli stessi come materiale di riuso nelle epoche successive. Questo porterebbe a pensare o a una volta rampante in mattoni oppure a dei gradini in pietra direttamente appoggiati sui muri perimetrali; ipotesi confermata dalla ridotta larghezza del settore di circa , m in questo punto. Nella seconda fase costruttiva i profondi settori terminavano in un arioso ambulacro esterno i cui pilastri a pianta cruciforme erano conformati da grandi blocchi lavici regolarmente squadrati. Le paraste radiali interne sorreggevano in origine degli archi in muratura che scandivano la volta a botte anulare. Le paraste tangenziali erano più basse e terminavano in un capitello composto da un quarto di cerchio, contornato da semplici regoli squadrati e coronato da un abaco anch’esso squadrato, quasi a  ricordo del capitello dorico greco. La stessa successione di modanature si ritrova sulla facciata come cornice terminale dell’ordine inferiore, conservata nella parte occidentale dell’aniteatro, ovvero al di sotto di via del Colosseo (settori da XLIII a XLVIII). Facciamo notare che oltre alla mancanza di basi, le paraste esterne sono prive di capitello e terminano semplicemente nell’articolazione della cornice: quest’ultima non è un regolare architrave nei termini degli ordini architettonici antichi; probabilmente possiamo parlare di un ordine ‹neutro›. La semplicità del primo ordine può essere stata motivata dal fatto che esso non fosse visibile se non dallo stretto corridoio anulare esterno che circondava l’ediico ludico. L’area di rispetto dell’aniteatro è, infatti, marcata da un muro di recinzione, formato da un nucleo cementizio con due fodere di sottili blocchi di lava; mentre in piazza Stesicoro il muro raggiunge una altezza di circa  m sopra l’attuale livello di calpestio, sul lato nord-occidentale esso arriva al livello della cornice del primo ordine. Su questo lato si ergeva il notevole dislivello della lingua lavica sulla quale si era insediata la città greca e poi quella romana, verosimilmente tagliata per creare la grande spianata per l’ediicio ludico e rifoderata dal muro di recinzione scandito da lesene. Il corridoio circolare tra il monumento e il muro era scandito da archi pensili in fase con la facciata, mentre sul lato del muro di recinzione le imposte degli archi sono state inserite nelle lesene in un secondo momento, prova inconfutabile che il muro esterno appartiene alla prima fase costruttiva. In corrispondenza del settore XLVII lo spazio compreso tra il muro di recinzione e la facciata è coperto con una volta a botte in fase (ig. ; sezione del settore XLVI). Si tratta indiscutibilmente di un passaggio in quota che rese possibile l’accesso diretto dal livello dell’abitato all’ambulacro superiore. Un secondo passaggio simile è intuibile nel settore XLIII, ancora ingombro di terra, e per ovvie ragioni di simmetria se ne ipotizzano altri due in corrispondenza dei settori XXXVIII e XLII, dal momento che l’asse geometrico minore cade su un setto murario. Esattamente in questo punto la regolarità della curva della facciata sembra essere interrotta, i due settori centrali si allineano perfettamente su una retta. È possibile che l’ingresso principale all’aniteatro fosse evidenziato in facciata da un risalto che scavalcava il corridoio esterno al piano terra, accessibile direttamente dal piano dell’abitato.  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo Fig.  Rilievo della pianta dell’aniteatro Nulla di certo invece sappiamo sulla comunicazione tra il piano terra e questo primo piano, poiché in nessun punto dell’ediicio si conserva una scala. Salta all’occhio il grande numero e la sequenza alternata di rampe discendenti nella parte orientale dell’aniteatro. È comunque diicile immaginare che tutte servissero come accesso alla cavea sullo stesso livello. A questo punto ci si deve chiedere se su questo lato del monumento, opposto all’abitato e probabilmente a diretto contatto con le mura urbiche, il piano inferiore fosse o meno accessibile agli spettatori o piuttosto risultasse riser- vato alle funzioni inerenti ai giochi. Dobbiamo comunque supporre una suddivisione funzionale dei livelli per l’assenza di ipogei nell’aniteatro catanese. Infatti, gli ambienti in prossimità dell’asse maggiore (settori III e IV) presentano un più ampio spessore dei muri e l’accesso di larghezza ridotta; quello del settore III (e specularmente quello del settore LV) è allineato con uno dei corridoi laterali al grande ingresso sull’asse maggiore. Perché non immaginare da qui l’entrata delle belve nell’arena? E gli altri ambienti sottostanti le gradinate potevano ospitare dei depositi per i macchinari e per le armi, delle Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania  Fig.  Rilievo di tre sezioni nei settori VIII, XXXVI e XLVI gabbie per le bestie, degli spogliatoi per i gladiatori? Tale ipotesi verrebbe sufragata da alcuni muri in fase a chiusura delle arcate esterne – già accertate per la prima fase nel settore VII – che separano l’ambulacro esterno dai settori. I settori XLVI e XL erano chiusi verso l’ambulacro esterno; il secondo presentava inoltre una chiusura in facciata, come del resto i settori XLV e XLIV. Un gran numero di settori era inoltre collegato trasversalmente tramite delle porte nei setti. In tal modo sarebbe stato possibile giungere per esempio dal settore IV al IX, senza doversi servire dell’ambulacro interno. Gli spettatori invece non potevano raggiungere questo piano inferiore per accedere alla pre- cinzione, se non attraverso delle rampe di scale che partivano dal piano intermedio. Sarà un caso se si è conservato il terrapieno con alcuni gradini iniziali proprio nel settore VII ? Settore in diretta corrispondenza con una delle scale che conducono proprio alla precinzione! Senza disporre di dati precisi elenchiamo alcune osservazioni come ‹prove› per la possibile esistenza di una scala in questo settore. Guardando il settore VII verso ovest (ig. ) si nota che la porta della prima fase risulta tamponata; sulla muratura una linea obliqua segna la parte destra più chiara in supericie; dal punto in cui tale linea raggiunge il livello dell’estradosso della volta nel settore adiacente (VI) scende una linea rossastra  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo Fig.  Mappatura dei materiali costruttivi Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania  Fig.  Il settore VII verso ovest verticale; la soletta del ripiano nel settore VI è delimitata nettamente dal muro del setto, originariamente più alto, tranne nella parte di destra dove se ne intravedono tracce, quasi la soglia di una porta; e per ultimo il muro di fondo a metà profondità del settore a contenimento del terrapieno. Alcune di tali osservazioni si ripetono anche nel settore XI: i gradini di avvio, la nicchia tamponata irregolarmente come contro un terrapieno e, non per ultima, la corrispondenza del settore con una scala di accesso alla recinzione. Le conoscenze acquisite durante questa indagine preliminare non permettono di formulare che una prima congettura sulla conformazione in alzato dei settori, in particolar modo dell’unico settore tipo contemplato dal nostro rilievo (ig. ). Come dimostrato sopra, gli spettatori arrivavano preferibilmente dai passaggi in quota al livello del secondo ordine. Dall’ambulacro esterno si dirigevano verso i singoli settori dai quali si dipartivano delle rampe di scale verso l’alto e verso il basso e dei corridoi sullo stesso livello. I settori XXXIX e XLIII sono dotati di rampe di scale verso l’alto, mentre dall’ambulacro esterno si poteva procedere senza ostacoli di dislivelli sull’estradosso delle volte piane nei settori XXXVII, XXXVIII, XLI XLII, XLIV XLV, XLVII. La successione numerica suggerisce che tali settori fossero disposti a coppia. I settori VI, VIII, (X), XII e i settori XXXVI, XL, XLVI presentano la variante della rampa di scala discendente, ino a giungere all’estradosso piano del3 Cfr. A. Holm, Catania antica () . le volte aggiunte al livello inferiore per procedere su una breve rampa in salita ino al livello della cavea (ig. ). Nella igura  è esplicitato il processo di ricostruzione graica del settore tipo rilevato. La sovrapposizione dei tre rilievi di sezione permette il suo completamento graico con i dati presenti nei tre settori. Oltre all’evidenziazione delle strutture appartenenti alle due fasi costruttive è stato intrapreso il tentativo di ricostruzione del settore in questione, a questo punto della nostra ricerca del tutto ipotetica nella sua parte superiore per mancanza di reperti. Come appare evidente la precinzione doveva raggiungere una profondità minore rispetto a quella inora ipotizzata ovvero circa  m; considerando che essa fosse interrotta dalle quattro tribune sugli assi, la sua estensione non dovette essere così immensa come creduto inora. Nella ricostruzione graica abbiamo proposto in cima all’ultimo meniano un colonnato ionico in base ai rinvenimenti di frammenti di un tale ordine avvenuti durante gli scavi efettuati nei primi anni del XX secolo3. Alcuni conci lavici sparsi nell’ambito dell’aniteatro, caratterizzati da fori rispettivamente incavi rettangolari, forniscono lo spunto per la ricostruzione di un velario. Se siamo stati in grado di avanzare una prima ipotesi ricostruttiva riguardo alla conformazione di un settore tipo dell’aniteatro nella seconda fase costruttiva, nulla sappiamo invece sulla distribuzione delle masse nel primo ediicio, molto più  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo Dopo queste considerazioni sugli aspetti costruttivi vogliamo fornire brevemente alcuni dati riguardanti gli aspetti geometrici e formali dell’ediicio (ig. ). L’arena è un’ellisse nella quale si possono iscrivere due cerchi tangenti dal raggio di , m, corrispondenti a  piedi romani. Il raggio maggiore è di  piedi, i centri sull’asse minore distano di  piedi dall’incrocio tra gli assi. I setti dei settori sono tutti orientati sui quattro centri a esclusione di quelli del settore VI, il quale risulta collocato in maniera intermedia rispetto ai due raggi. I muri di tale settore sono allineati con un terzo centro, posto a metà di una retta che collega il centro del cerchio minore con quello del cerchio maggiore. La misurazione dei raggi espressa in piedi romani (, cm) ha dato come risultato valori sorprendentemente esatti. Le misure relative alla seconda fase costruttiva hanno invece una valenza relativa: ciò per il fatto che al momento dei lavori di ampliamento dell’ediicio i centri delle ellissi furono di dificile accessibilità per la presenza delle strutture già esistenti. Forse altri fattori determinarono l’orientamento dei settori esterni come le esigenze formali della facciata. I fornici infatti non sono di uguale ampiezza: dall’asse minore la luce aumenta gradualmente ino a raggiungere il massimo nei settori determinati dal passaggio tra i due centri dell’ellisse, nel già citato settore VI. Fig.  Sovrapposizione dei tre settori rilevati e ricostruzione ipotetica modesto nell’estensione planimetrica e di conseguenza anche in altezza. La grande distanza tra il muro di recinzione e l’ediico fa escludere l’esistenza di passaggi in quota già nella prima fase. L’accesso doveva avvenire dal basso, forse attraverso scale tangenziali al perimetro esterno come nel caso dell’aniteatro di Pompei. A tale riguardo è da notare il blocco lavico sporgente nel setto murario meridionale del settore XI, insieme a delle discontinuità nei setti della seconda fase nello stesso settore in immediata vicinanza. Si può pensare alla presenza di una doppia rampa di scale esterne, la cui reale esistenza potrebbe essere accertata solo attraverso uno scavo. 4 G. Lugli, La tecnica edilizia romana () . In conclusione vogliamo elencare alcuni dati utili all’inquadramento temporale delle diverse strutture. Secondo Lugli «l’opera muraria, più trascurata e più tarda di quella del teatro della città stessa, si inserisce in un ritorno dell’opera incerta con legamenti laterizi che avviene nel periodo fra Adriano e gli Antonini»4. Non sappiamo a quale tecnica muraria si riferisse lo studioso, dato che non aveva distinto le due fasi costruttive. Dal momento che i paramenti in opus africanum determinano il  delle superici dei setti radiali, possiamo immaginare che la datazione di Lugli si riferisca a tale tecnica muraria. Di conseguenza le strutture più interne dell’aniteatro sono anteriori al periodo indicato, forse appartenenti alla prima età imperiale. Frank Becker Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania  Recente campagna di indagini all’aniteatro di Catania Un progetto globale sull’aniteatro romano di Catania5 si preigura come un complesso intervento di archeologia urbana6 convergente, per metodo, tracciati attuativi e inalità, col graduale ma decisivo processo di valorizzazione che da oltre un decennio vede protagonisti, nella stessa città, il teatro greco-romano ed il suo contesto urbano7. 5 6 Per la storia della ricerca sul monumento prima degli studi dell’architetto F. Fichera v. C. Sposito, L’Aniteatro Romano di Catania. Conoscenza – Recupero – Valorizzazione () –.  s. Per una bibliograia essenziale successiva: F. Fichera, Archivio Storico per la Sicilia Orientale Catania , ,  ss.; id., Archivio Storico per la Sicilia Orientale Catania , , –; A. Holm – G. Libertini in: A. Holm, Catania Antica () –; B. Pace, Arte e Civiltà della Sicilia Antica II ()  s.; G. Lugli in: L’Architettura in Sicilia in età ellenistica e romana, Atti del VII Congresso Nazionale di Storia dell’Architettura, Palermo  ()  s.; M. Torelli – F. Coarelli, Sicilia. Guide Archeologiche Laterza ()  s.; Enciclopedia di Catania () – s. v. Aniteatro Romano (M. G. Branciforti); O. Belvedere in: ANRW II ,  ()  s.; J. C. Golvin, L’amphithéâtre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses fonctions () passim; R. J. A. Wilson, Sicily under the Roman Empire. e Archaeology of a Roman Province.  BC–AD  () –; id. in: B. Gentili (ed.), Catania antica. Atti del convegno della Società italiana per lo studio dell’antichità classica, Convegno Catania , Quaderni urbinati di cultura classica  () –; G. Tosi, Gli ediici di spettacolo nell’Italia Antica. Catalogo e saggi I () –; M. G. Branciforti in: F. Privitera – U. Spigo (ed.), Dall’Alcantara agli Iblei. La ricerca archeologica in provincia di Catania, Mostra Catania () –; E. C. Portale in: E. C. Portale – S. Angiolillo – C. Vismara, Le grandi isole del Mediterraneo. Sicilia, Sardinia, Corsica, Archeologia delle Province Romane I () ; A. Pavone – A. Patanè in: Teatri antichi nell’area del Mediterraneo. Conservazione programmata e fruizione sostenibile. Contributi analitici alla Carta del rischio. Atti del II Convegno internazionale di studi. La materia e i segni della storia, Siracusa  () – . Uno degli aspetti nodali, e fra i più delicati, in prospettiva della più ampia fruizione e valorizzazione dell’aniteatro, investe la pianiicazione di limitati ma basilari interventi di demolizione (previo esproprio) di alcuni immobili moderni privi di interesse storico-architettonico e insistenti su parti del settore sud occidentale dell’aniteatro, che po- Fig.  Variante della rampa di scala discendente 7 tranno così venire rimesse in luce, e l’organica sistemazione in rapporto ai circostanti spazi urbani da Piazza Stesicoro al giardino di Villa Cerami. – Alcune ipotesi di lavoro su questi interventi sono state delineate in particolare da Antonio Pavone, già Soprintendente ai Beni Culturali ed Ambientali di Catania, che ha oferto cospicui contributi allo studio ed alla tutela del monumento. Dalla campagna di scavi del  agli interventi con risorse comunitarie culminanti nel Progetto POR –: M. G. Branciforti in: Teatri antichi nell’area del Mediterraneo. Conservazione programmata e fruizione sostenibile. Contributi an alitici alla carta del rischio, Atti del II Convegno Internazionale. La materia e i segni della Storia, Siracusa  () –; G. Pagnano in: ibid. –.  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo Fig.  Analisi geometrica 8 9 Una fra le coordinate di riferimento per una progettazione organica8 risiederà nei risultati di una recente campagna di interventi e di indagini conoscitive9 condotta secondo un modello operativo e di ricerca che coordina, su diversi versanti di intervento, esplorazioni archeologiche, rilievi, analisi statica, conseguenti opere di consolidamento e restauro conservativo e discipline archeometriche. La compiuta valutazione degli ultimi risultati dovrà integrarsi con quella di due brevi ma importanti interventi della Soprintendenza di Catania alla ine del secolo scorso10. () Il primo approccio ad un’azione interdisciplinare sul monumento è stato attuato nel 11, in- In preparazione nell’ambito del POR –. Per una consulenza tecnica e scientiica di sostegno alla Soprintendenza nella redazione del progetto l’Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali e P.I. ha istituito una commissione di esperti della quale, su indicazione della Soprintendenza, fanno parte anche Fulvio Cairoli Giuliani, Dieter Mertens, Giuseppe Pagnano e Giuseppe Voza. Perizia di spesa per complessivi  . inanziata dall’Assessorato BB.CC.AA. ed E.P. sul capitolo  con D.D.G n.  del //. Equipe di progettazione: Antonio Fernando Chiavetta, Gioconda Lamagna, Andrea Patanè, A. Pavone, Giuseppe Sciacca, U. Spigo; direzione lavori e R.U.P: G. Sciacca; dir. degli interventi archeologici: U. Spigo coadiu- vato da G. Lamagna e da A. Patanè; dir. delle indagini geologiche: A. F. Chiavetta; consulenza strutturale Antonio Russo; direttore operativo: A. Pavone; responsabile della sicurezza: Giuseppe Giunta. Ringrazio l’amica Maria Grazia Branciforti, allora Soprintendente ai Beni Culturali ed Ambientali di Catania, per lo stimolo ed il sostegno alla progettazione e realizzazione dei predetti interventi. Preceduti nel secondo dopoguerra da campagne di restauro e consolidamento e da interventi di sistemazione curate dalla Soprintendenza alle Antichità di Siracusa, allora competente (Soprintendenti Luigi Bernabò Brea, Paola Pelagatti e Giuseppe Voza). Per gli interventi di sistemazione efettuati nel : G. V. Gentili, Fasti Archeologi- 10 Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania centrandosi sulla parte sud-occidentale dell’aniteatro nell’ambito di lavori mirati alla conoscenza del sottosuolo di villa Cerami12, attuale sede della Facoltà di Giurisprudenza, oggetto di frequenti fenomeni franosi accentuati anche dalle estese opere di ristrutturazione efettuate dall’Università. Insieme a resti murari appartenenti a fasi di epoca successiva, sovrappostisi al monumento, si sono messi in luce l’estradosso di una volta di presumibile pertinenza ad una delle scale di accesso ai piani superiori dell’aniteatro ed un tratto di muro dal paramento in blocchi squadrati – in allineamento coi setti murari sottostanti che a giudicare dalla documentazione fotograica mostra i caratteri della seconda fase costruttiva del monumento distinta dal rilievo dell’ Istituto Archeologico Germanico di Roma13. () In via Penninello nel , in occasione di lavori efettuati dalla Telecom, è aiorata ad esigua profondità dell’attuale piano stradale, la sommità di alcune strutture dell’ambulacro esterno del settore meridionale. Le tempestive indagini14 hanno portato alla proposta ed all’emanazione di un provvedimento di vincolo15 per evitare o comunque attenuare l’impatto negativo della città moderna su questa parte del monumento. Inoltre, il rapporto dell’aniteatro col tessuto urbano ed edilizio barocco della ricostruzione successiva al terremoto del / gennaio  pianiicata dal vicario generale Giuseppe Lan- 11 12 13 14 ci ,  n. . – Del tutto inedite le opere di restauro e consolidamento fra la ine degli anni  e i primi  del secolo scorso interessanti soprattutto il settore sudoccidentale sotto Villa Cerami (Assistente tecnico dei lavori Leonardo Re). Lavori diretti dalla M. G. Branciforti (allora Direttore della Sezione Archeologica) e da G. Sciacca (interventi strutturali). Aidati alla Tecnosint s.r.l. Dati estratti dalla documentazione agli atti della Soprintendenza. I resti sono stati successivamente ricoperti per ragioni di sicurezza. Contestualmente all’intervento di scavo archeologico è stata condotta una serie di sondaggi geognostici sia in corrispondenza delle pareti esterne di Villa Cerami sia all’interno degli ambulacri. Si è inoltre effettuato il puntellamento (su progetto di F. De Maio) della volta del tratto di ambulacro superiore sottostante l’ediicio di via del Colosseo, in prossimità dell’ingresso di Villa Cerami, che mostrava gravi segni di dissesto statico. Dirette da G. Lamagna.  za duca di Camastra oltre che con le ediicazioni e le sistemazioni otto e novecentesche è stato per la prima volta ben messo a fuoco nel  dal rilievo in scala  : 16, importante strumento di conoscenza anche ai ini di una più penetrante azione di tutela ad ampio raggio17. L’ultimo ciclo di lavori, fra l’estate  e i primi mesi del , oltre al rilievo archeologico diretto da parte dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma18 e al breve intervento di scavo, ha compreso una serie di indagini pluridisciplinari di notevole portata conoscitiva che qui enunciamo riservandoci una prossima presentazione analitica a più mani: () Rilievo topograico (ig. ) ed architettonico tridimensionale del tessuto edilizio insistente su ampie parti del monumento19, inalizzato anche ad una analisi statica puntuale dell’area di maggior dissesto sottostante villa Cerami: «Il rilievo topograico tridimensionale ‹contestuale› degli ambienti noti dell’aniteatro e della città di supericie è il primo strumento di indagine per una lettura sincrona delle strutture dei due ‹organismi›. Nello speciico, il rilievo topograico, si appoggia alla costruzione di una poligonale, geo-referenziata al sistema Gauss-Boaga, che cinge l’area d’inluenza dell’aniteatro. 15 16 17 18 19 D. A. n.  del // di un provvedimento di vincolo ai sensi degli articoli ,  e  della Legge/. Efettuato nel  dalla Sicil Tecnica, su incarico della stessa Soprintendenza di Catania. Alcune note sui caratteri e sulla metodologia del rilievo Sicil Tecnica in: C. Sposito, L’aniteatro romano di Catania. Conoscenza, Recupero e Valorizzazione ()  ss. In relazione alle grandi opere pubbliche progettate ed avviate negli ultimi anni e che incideranno particolarmente sul nuovo volto di Catania, ci interessa qui ricordare che, secondo le prescrizioni della Soprintendenza, il progetto deinitivo dei tratti ancora da realizzare della linea metropolitana sotterranea (gestita dalla Ferrovia Circumetnea) ha dovuto tener conto, nella deinizione del percorso in corrispondenza di piazza Stesicoro delle primarie esigenze di salvaguardia dei resti dell’aniteatro. Cfr. Becker supra. Curato dal ‹Laboratorio per l’Architettura Storica› di Palermo diretto da Gaetano Renda e coordinato da G. Sciacca ed A. Pavone.  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo La restituzione graica del rilievo plano-altimetrico ha portato a rivolgere l’attenzione sulle quelle ‹zone grigie› di interposizione tra il piano della città e gli ambienti ipogei. Nell’ambito dell’attuale fase di indagine ci si è sofermati in particolare sull’area di maggior dissesto statico dell ’aniteatro, il tratto di ambulacro esterno al di sotto delle ex scuderie di villa Cerami e dell’adiacente palazzetto di via Penninello. In questo caso tra il piano d’uso della villa e l’intradosso della volta dell’ambulacro è stata rilevata una ‹zona grigia› spessa oltre dieci metri. Indagata per via diretta si è rivelata essere un unico ricolmo di terreno incoerente. L’analisi statica della condizione descritta ha evidenziato la precarietà strutturale degli elementi murari verticali del monumento, i setti radiali in direzione della cavea ed i pilastri sul lato esterno dell’ambulacro, segnati da fratture e spanciamenti, in quanto sottoposti ad una ‹innaturale› sollecitazione dalla componente orizzontale della soprastante massa di terreno di riporto.»20 sopraggiunta in una fase di completa o comunque avanzata costruzione dell’ediicio» (quella del  d. C. ?)23; (b) conoscenza litologica e morfologica del piano di posa dell’aniteatro24: «Sia le indagini di tipo indiretto (prospezioni geoisiche) che quelle di tipo diretto (sondaggi meccanici a rotazione e carotaggio continuo) hanno permesso di conoscere le caratteristiche litologiche del piano di posa dell’Aniteatro e di determinarne la eterogeneità. Infatti, la maggior parte delle strutture sono risultate ediicate su un substrato roccioso di natura lavica mentre altre parti insistono su depositi incoerenti di ambiente ‹continentale› (per distinzione dai depositi di ambiente marino) costituiti da termini limo – sabbiosi di facies alluvionale. Pertanto, l’eterogeneità litologica dello strato di fondazione determina di fatto una diferente pericolosità di sito ed un diferente grado di vulnerabilità sismica del monumento»; (c) conoscenza degli aspetti idrogeologici: «Tutte le indagini, comprese quelle eseguite in precedenza nel , hanno messo in evidenza uno spesso strato di riporto antropico che risulta addossato e sovrastante alle strutture del monumento. Tale materiale risulta imbibito dalle acque di circolazione idrica sotterranea che provoca evidenti efetti di soferenza in alcune parti strutturali dell’ediicio. Alcune porzioni del materiale di riporto vengono direttamente permeate dalle acque di precipitazione meteorica in quanto direttamente esposte in supericie. In altre porzioni, la zona di alimentazione idrica è da ricercare nelle zone urbane limitrofe e la cui estensione non è al momento deinibile»25. () Indagini geologiche21. Le prospezioni geoisiche, consistenti in tomograie sismiche, tomograie elettriche e prospezioni elettromagnetiche (georadar), le analisi petrograiche e geochimiche22 ed i sondaggi geognostici, integrati con le informazioni ricavate da altre precedenti indagini hanno consentito, con la maggior conoscenza del contesto geologico, nuove incisive valutazioni dei fattori di pericolo statico e di degrado. Nello speciico: (a) contestualizzazione del monumento rispetto alle colate laviche che hanno raggiunto questa parte della città: «È stato possibile ottenere una netta discriminazione tra la colata lavica preesistente all’ediicazione dell’Aniteatro e quella successiva, 20 21 22 23 Dalla relazione preliminare di G. Sciacca. Coordinate da A. F. Chiavetta e curate dalle ‹Sezioni di Mineralogia e di Geologia e Geoisica del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Catania› diretto da Angelo Pezzino. Le prospezioni e la successiva interpretazione dei dati sono state curate da Sebastiano Imposa e da Paolo Mazzoleni. Eseguiti dalla ditta Tomaselli. Dalla relazione preliminare cortesemente fornita da F. Chiavetta; cfr. E. Guidoboni in: E. Boschi – E. Guidoboni, Catania. Terremoti e lave dal mondo antico alla ine del Novecento () . () L’analisi dei fattori di degrado è stata integrata dalle indagini bio-chimiche: «L’inluenza eserci24 25 26 27 Dalla relazione preliminare di A. F. Chiavetta. Dalla relazione preliminare di A. F. Chiavetta. Dalla relazione preliminare di G. Sciacca. Dirette da chi scrive strettamente coordinato da G. Lamagna e A. Patanè. Ha collaborato costantemente alla conduzione scientiica dello scavo di Francesca Romana Alberghina. Hanno inoltre partecipato a varie fasi delle indagini Vanessa Chillemi, Olga Colaianni, Teresa Giaquinta. Il primo esame dei materiali ceramici ed il primo inquadramento cronologico delle US di pertinenza si devono a Marco Leo Imperiale dell’Università di Lecce. Rilievi: Enzo Miano della Soprintendenza di Catania. Documentazione fotograica: Giuseppe Barbagiovanni. Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania  Fig.  L’aniteatro di Catania in rapporto al tessuto urbano tata dall’‹organismo-città› sulle strutture dell’Aniteatro è stata indagata anche sotto l’aspetto bio-chimico». Con l’ausilio del ‹Laboratorio di Analisi Chimiche Industriali e Merceologiche di Catania› diretto da Giuseppe Maggiore sono state efettuate indagini volte a caratterizzare le acque di scolo presenti all’interno del monumento, le elorescenze saline sul- le pareti, il cui esame è utili anche per una valutazione dei meccanismi di degrado delle malte, nonché la carica batterica e l’anomala concentrazione di sostanze chimiche presenti nell’atmosfera interna26. Le pur brevi e circoscritte indagini archeologiche effettuate nel 27, hanno fornito alcuni dati nuovi per l’inquadramento delle fasi di vita dell’aniteatro,  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo soprattutto di quelle di occupazione e di frequentazione successive al suo disuso. Il recente rilievo diretto curato dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma ha aperto ulteriori prospettive alla conoscenza del monumento, a partire dalla grande novità dell’individuazione di due distinte fasi costruttive. Concordiamo con la proposta, pur soggetta a veriiche di scavo, di datazione alla prima età imperiale per il primo impianto dell’ediicio, collegabile al fervore di rinnovamento edilizio e monumentale della città successivo alla deduzione della colonia augustea, in un momento coevo o di non molto posteriore a quella che Maria Grazia Branciforti denomina la ‹prima sistemazione romana› del Teatro28. La costruzione dell’aniteatro sul margine settentrionale del perimetro urbano di Catina, addossato alla scarpata che segnava il conine della collina di Montevergine, obliterò proprio un quartiere di età repubblicana e protoimperiale, come hanno dimostrato i ritrovamenti nell’area di Piazza S. Domenico, negli anni sessanta del secolo scorso, e le indagini condotte tra il  e il  all’interno dell’ex Ospedale S. Marco, nel Palazzo Tezzano29. Elementi per una maggior deinizione dell’assetto dei ianchi settentrionali di Montevergine nel periodo d’uso dell’aniteatro, sono venuti da recenti scavi efettuati dalla Soprintendenza, nelle chiese contigue di S. Agata al Carcere e di S. Agata La Vetere: testimonianze di un organico progetto di sistemazione a terrazze nel quale rientrano anche strutture direttamente funzionali all’aniteatro30. In età tardo antica l’area immediatamente a nord-ovest dell’aniteatro, che segnava quindi in quel periodo il conine settentrionale della città, venne progressivamente occupata da una vasta necropoli del V–VI secolo d. C. (aree di Palazzo Tezzano, Rinascente e Cripta di S. Euplio) che giunse quasi a lambire il monumento31. Nell’ultima campagna di scavo sono state aperte trincee di saggio nella parte nord-orientale dell’aniteatro, tra i settori IX e X (ig. ), con l’inten- Per una prima illustrazione delle fasi costruttive e decorative del Teatro romano di Catania alla luce delle più recenti campagne di scavo v. Branciforti o. c. (nota ). Per una proposta, non circostanziata, di inquadramento cronologico dell’impianto dell’aniteatro e del teatro nella fase iniziale della colonia augustea anche: Coarelli – Torelli o. c. (nota ) . M. G. Branciforti in: M. G. Branciforti et. al., Archeologia del Mediterraneo. Studi in onore di Ernesto De Miro ()  s.; M. G. Branciforti in: Privitera –Spigo (nota ) . Per un inquadramento aggiornato alla luce delle indagini più recenti della topograia archeologica di Katane e Catina v. Branciforti in: Archeologia del Mediterraneo o. c. –. – (anche per la bibliograia precedente); M. G. Branciforti in: R. Gigli (ed.), ΜΕΓΑΛΟΙ ΝΗΣΟΙ. Studi dedicati a Giovanni Rizza per il suo ottantesimo compleanno II () –; ead. in: Atti del convegno della Società italiana per lo studio dell’antichità classica, Catania  (in corso di stampa). I dati of- ferti da questi lavori, e la loro analisi, conducono a ridimensionare sensibilmente due pur recenti, e non privi di spunti interessanti, contributi sulla topograia di Catania antica: R. J. A. Wilson in: Gentili o. c. (nota ) . ; I. Muggia in: Boschi – Guidoboni o. c. (nota ). Per l’impianto urbano di Catania greca anche G. Rizza, Catania in età greca. L’evidenza archeologica in Gentili o. c. (nota ) –; M. Frasca, Sull’urbanistica di Catania in età greca in: I. Berlingó et. al. (ed.), Damarato. Studi di Antichità Classica oferti a Paola Pelagatti () –. – Sulla topograia di Catania bizantina e medievale da ultimo v. L. Arcifa in: Boschi – Guidoboni o. c. (nota ) –; ead. in: A. Casamento – E. Guidoni (ed.), Le città medievali dell’Italia Meridionale ed Insulare, Convegno Palermo  () –. Scavi diretti da A. Patanè. Per l’area di S. Agata La Vetere prime indicazioni in: A. Patanè – D. Tanasi in: D. Malitana – J. Poblome – J. Lund (ed.), Old pottery in a new century. Innovating perspectives on roman pottery studies, Fig.  Settori IX e X. Saggi di scavo  28 29 30 Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania to di acquisire dati stratigraici per l’inquadramento cronologico delle due fasi distinte dalla nuova ricerca (ig. ). Non si è però ancora potuto chiarire questo aspetto – giungendo al cavo di fondazione dei pilastri dell’ambulacro esterno e dei setti murari – per la presenza nei livelli superiori di una fase di frequentazione del monumento successiva al suo disuso, in età tardo antica, con impianti artigianali e probabilmente nuclei a destinazione abitativa. Situazioni simili sono state riscontrate a Catania, fra il tardo impero e l’età bizantina, al teatro romano, il cui abbandono, che i dati di scavo fanno risalire alla ine del V secolo d. C.32, è successivo come vedremo a quello dell’aniteatro, e lungo le arterie stradali dei quartieri residenziali di età repubblicana ed imperiale dell’ex Monastero dei Benedettini e di via Crociferi33. Particolarmente signiicativo è il rinvenimento del muro USM  orientato in senso nord-sud con le estremità appoggiate ai pilastri dell’ampliamento Fig.  Scavo . Settore X. A sinistra il basamento US –, a destra il battuto di calpestio dell’ambulacro della seconda fase costruttiva US , tagliato dal successivo impianto di US – della seconda fase del settore IX, e delimitante un vano nel quale si apre una soglia realizzata con conci lavici di reimpiego, probabilmente dall’aniteatro stesso (ig. –). Un supporto per la cronologia è oferto da un esemplare frammentario di ‹Late Roman Amphora ›, difusa fra la ine del IV e gli inizi del VI secolo d. C., rinvenuto nel crollo US  pertinente ad USM , nell’unica breve porzione esplorata dell’interno del vano da esso delimitato, presso la soglia34. Si collega direttamente a questa struttura il piano di battuto US , forse uno spazio aperto. La ceramica proveniente dall’US , costituita da lembi di crollo nell’area ad est di USM , ci conferma un arco cronologico fra la seconda metà del IV e gli inizi del VI secolo d. C., con una prevalenza di materiali databili nel corso del V secolo: ceramica ine nord africana35, una buona percentuale Fig.  Scavo . Settore IX veduta da est: il basamento fra i pilastri e, in secondo piano, il muro USM  31 32 33 Convegno Catania  () – in part. . – A S. Agata al Carcere si è fra l’altro messa in evidenza parte di una struttura dal fronte a grandi nicchioni semicircolari già individuata da Paolo Orsi all’inizio del secolo, anch’essa inquadrabile in un progetto di sistemazione unitaria dei ianchi e delle pendici del colle. Branciforti in: Archeologia del Mediterraneo o. c. (nota )  ss.  s. anche per una breve sintesi delle ricerche precedenti (in part. di P. Orsi, G. Libertini, G. Rizza) e la relativa bibliograia (da nota  a nota ); Branciforti in: Privitera – Spigo (nota )  ss. Branciforti o. c. (nota ) . Branciforti in: Privitera – Spigo (nota ) .  34 35 Riportiamo dalla relazione preliminare di M. Leo Imperiale sulla caratterizzazione cronologica dei materiali: «L’incompletezza del manufatto non ci permette di attribuirgli una o due anse, fattore piuttosto indicativo per la cronologia di questi contenitori. Alle Late Roman Amphorae  biansate, infatti, solitamente si attribuisce una datazione leggermente più tarda. Nei contesti della Francia meridionale, ad esempio, esse compaiono nei primi decenni del V secolo d. C.» In particolare tra la ceramica ine nordafricana sono riconoscibili le forme Lamboglia A, Hayes A/Lamboglia , Hayes B (?) oltre a diversi frammenti attribuibili alla sigillata C.  Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo di anfore LRA di fabbrica orientale36, ceramica da cucina della classe ‹Pantelleria Ware›, ceramica di probabile produzione locale37. Un simile quadro cronologico, con ricorrenza delle stesse classi ed importazioni – alle quali si uniscono almeno diverse anfore di produzione africana e ceramica invetriata tardo antica – è confermato dai materiali delle US relazionabili o prossime a quelle citate, comprendenti anche un più ridotto gruppo di frammenti ascrivibili al VI–VII secolo d. C. Le pertinenze stratigraiche conducono ad inquadrare in un medesimo ambito temporale l’area individuata nel settore X, parte di un impianto artigianale per la fusione e la lavorazione del vetro: la US  connotata da terra rossastra argillosa concotta con chiazze di bruciato e da pietre con palesi segni di fuoco, resti di un forno e di probabili strutture ad esso collegate cui si accompagna la cospicua presenza di una gran quantità di frammenti di vetri, molti dei quali scarti di lavorazione: frammenti di recipienti con abbondante presenza di gocciole fuse e/o con evidenti fenomeni di stiramento per riscaldamento e pani scoriacei38 (ig. ). La presenza di frammenti di vetri e scorie di fusione si irradia anche nell’area del settore IX (US  etc.). All’attività dell’oicina potrebbero collegarsi un recipiente in ferro in discreto stato di conservazione ed altri frammenti di suppellettili metalliche. La ‹vetreria› dell’aniteatro ofre un nuovo tassello alla ricostruzione del quadro produttivo ed economico della Sicilia tardo-antica, aiancandosi a quella della mansio Philosophiana databile probabilmente alla seconda metà del IV secolo d. C.39. In complesso, i dati cronologici più alti relativi a questa fase insediativa mostrerebbero la dismissione dell’aniteatro nel corso della seconda metà del IV secolo d. C., in concomitanza con la forte crisi e la conseguente cessazione degli spectacula che coinvolge l’intero mondo tardo-romano sia per motivazioni etico-religiose sia, e forse in maggior misura, per irreversibili ristrettezze economiche40. La successiva frequentazione dell’ediicio dovrebbe secondo una prima percentuale provvisoria dei materiali ceramici, aver raggiunto il maggior grado di stabilità nel V secolo d. C., sino forse ai primi decenni del VI secolo d. C, quando l’aniteatro era utilizzato anche come cava di materiali di reimpiego per altre costruzioni pubbliche col consenso uiciale di Teodorico41, inoltrandosi, con intensità decrescente, almeno sino alla metà del VII secolo d. C. Ai nuclei lavorativi ed ai gruppi familiari che hanno impegnato l’area dell’aniteatro in età tardo antica potrebbero essere pertinenti alcuni dei Fig.  US . Area della vetreria. Frammenti di vetri e scorie di lavorazione 36 37 Chartage LRA , LRA , ancora alcuni frr. di LRA , particolarmente attestata in Italia proprio all’inizio del V secolo. Presumibili impasti locali con buona presenza di inclusi vulcanici sono riconoscibili in alcune forme aperte con orlo biido e, soprattutto, in anfore genericamente attribuibili alla famiglia delle anfore Keay  (dati desunti dalla relazione di M. Leo Imperiale). Ai materiali ceramici dovranno unirsi, nella valutazione cronologica frr. di vetri (cfr. infra), oggetti metallici ed alcune monete di bronzo in corso di pulitura e restauro preliminarmente inquadrate da Maria Amelia Mastelloni (cui ne è aidato lo studio) soprattutto nella seconda metà del IV secolo d. C. 38 Sono in corso le analisi dei frr. di vetro e degli scarti di lavorazione da parte di un equipe del ‹Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Messina›, composta da Maurizio Triscari e da C. Giacobbe, S. Quartieri e G. Sabatino. In base ai primi risultati delle analisi, anticipatimi da M. Triscari che ringrazio, alcune componenti chimiche accomunano questi vetri a quelli provenienti dall’insediamento tardo romano e bizantino di Ganzirri, a Nord di Messina. Cfr.: C. Giacobbe et. al., A glass furnace of late Roman proto-Byzantine age in Catania (Sicily). Preliminary results. Abstract della comunicazione a Geoitalia , VI Forum italiano di Scienze della Terra, Rimini  (in corso di stampa). Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania 39 40 41 42 43  gruppi di sepolture ricadenti nelle contigue fasce di necropoli. Una frequentazione più sporadica sembra invece attestata per l’età tardo medievale, soprattutto fra XIII–XIV secolo, da frammenti di protomaiolica e di ceramica invetriata policroma42. Le indagini43 si sono contestualmente concentrate presso l’ingresso settentrionale del monumento, sull’imponente ed enigmatico basamento-piattaforma aiorante nei settori IX, X, XI a ridosso della ila dei pilastri liberi dell’ambulacro esterno di seconda fase, realizzato in ilari di conci lavici (ne sono superstiti due) connessi da un robusto conglomerato di calce e scaglie laviche, di taglio più irregolare e meno curato del paramento a blocchi squadrati dei pilastri44. Aggetta di circa , m rispetto agli angoli sud e nord-occidentale dei due pilastri e raggiunge verso ovest l’estensione massima di , m presenta inoltre una lacuna, dovuta ad una rottura successiva, nel passaggio fra il settore IX e X. Il basamento costituisce corpo unico con una sottostante ‹platea› in ‹opus caementicium› assai robusto (US ) formante una risega dell’ampiezza di circa , m (ig. ). Alcuni dati importanti per un primo inquadramento cronologico del basamento ed il suo rapporto con la seconda fase costruttiva dell’aniteatro, sono emerse da un bre- ve supplemento d’indagine – il cosiddetto saggio C aperto nel settore X, nei mesi di novembre e dicembre  mentre il presente contributo era già in bozze45. Lo studio dei risultati conseguiti, nell’ambito di una situazione piuttosto complessa, è ancora alla fase iniziale, ma si ritiene utile anticiparne brevemente alcune novità rispetto allo scavo . Pur non essendosi ancora acquisiti elementi signiicativi per una cronologia più puntuale, le Wilson o. c. (nota )  con riferimenti bibliograici. Cfr. EAA. Secondo Suppl. I ()  s. v. Aniteatro (J.C. Golvin). Cassiod. Var. , : lettera del / d. C. Cfr. Soraci in: Gentili o. c. (nota ) –; L. Arcifa in: Boschi – Guidoboni o. c. (nota )  s. Fra quest’ultima si segnala un fondo di ciotola ‹tipo Taranto›, rarissimo in Sicilia. In una prima fase delle indagini si sono anche aperti, nel settore sud-occidentale dell’aniteatro, due saggi stratigraici all’interno del segmento occidentale del settore XLII, partendo dal fornice di ingresso sull’ambulacro superiore. Per l’ingente spessore degli strati di accumulo, e preferendo, per il tempo limitato concentrare l’indagine nella parte sud-orientale, non è stato possibile raggiungere neppure una porzione del piano pavimentale del settore. Il riempimento, sostanzialmente uniforme, anche se costituito dal rimescolarsi di diversi «butti» e scarichi di detriti (US ) caratterizzati dalla presenza di numerosi ossa di animali, ha comunque restituito, nella varietà ed abbondanza delle classi ceramiche, altri indicatori cronologici delle fasi di frequentazione tardo romana-bizanti- na e tardo medievale corrispondenti a quelli posti in evidenza nei settori IX e X. L’indagine del settore XLII dovrà venir completata sino a raggiungere l’ambulacro inferiore (il fornice di comunicazione è attualmente chiuso da una tampognatura moderna), nel corso di un futura esplorazione sistematica (all’interno del progetto globale sull’aniteatro) dell’intero tratto meridionale dell’ambulacro esterno, inalizzata, in connessione e compatibilità con gli interventi di consolidamento statico – che si preigurano particolarmente complessi – al ripristino degli originari livelli di calpestio (di ambulacro superiore e settori) e della percorribilità dei settori. Una parte di questa struttura era già aiorata nel –  nel corso un breve intervento di sistemazione dell’area d’ingresso curato da Filippa Marchese della Soprintendenza. In quest’occasione è stato anche aperto un saggio presso il tratto nord-orientale del muro di delimitazione di prima fase. Alla conduzione dello scavo, diretto da chi scrive sempre in stretta sinergia con G. Lamagna e A. Patanè, ha prestato la sua collaborazione scientiica Maria Randazzo. Fig.  Settori IX e X a conclusione dello scavo . In secondo piano il settore X, a sinistra il basamento US –  e a destra il precedente battuto US  44 45  46 Heinz-Jürgen Beste, Frank Becker e Umberto Spigo connessioni stratigraiche condurrebbero a collocare il basamento nell’ultima fase degli spectacula o già nell’ambito del riutilizzo tardo antico del monumento, anteriormente però all’attivazione dell’impianto della vetreria. Rispetto alla prima ipotesi deve però osservarsi che questo apparato creava vistose cesure alla continuità spaziale dell’ambulacro esterno ed alla sua funzionalità per il delusso del pubblico e che inoltre la sua costruzione ha portato al taglio di un ampio tratto del precedente, compatto piano di calpestio – US  venuto in luce nel  – dell’ambulacro stesso (ig. ). Al di sotto di US  è emerso il sistema di smaltimento dell’acqua piovana della seconda fase dell’aniteatro: un robusto strato protettivo di pietrame (US ) celava un tratto del canale di delusso e la lastra ittile di copertura della ‹fossa› di scarico del tubo a sezione quadrangolare, anch’esso ittile, di convogliamento delle acque piovane che attraversa longitudinalmente il pilastro corrispondente fuoriuscendone alla sommità. Tornando al grande basamento, una fra le interpretazioni plausibili potrebbe risiedere nell’esigenza di un rinforzo statico delle fondazioni dei pilastri forse a seguito di danni e lesioni imputabili ad uno dei violenti terremoti che devastarono la Sicilia in età tardo imperiale. Il pensiero corre subito al tremendo sisma del  d. C. che risulterebbe ampiamente documentato nei contesti archeologici della Sicilia nord-orientale ma non può escludersi un movimento tellurico di periodo anteriore, forse quello che ha colpito la Sicilia e l’Africa del Nord nel primo decennio dello stesso secolo, quando l’aniteatro espletava ancora le sue originarie funzioni46. Diversamente, potrebbe trattarsi delle fondazioni di una poderosa chiusura dell’ambulacro esterno a ini difensivi. Non appare infatti insolito,in età tardo imperiale, l’inglobamento di ediici di spettacolo, non necessariamente dismessi, nelle cinte murarie o la loro trasformazione in baluardi avanzati: un sistema di raforzamento delle difese che vediamo difondersi ampiamente in età medievale47. L’ipotesi di un apprestamento strategico del fronte nord dell’aniteatro può apparire logico, ricadendo l’ediicio al margine settentrionale del perimetro urbano. D’altronde, pur se mancano notizie dirette dalle fonti, Catania nel periodo delle ripetute incursioni dei Vandali nell’isola, fra il  e il  d. C. si dovette trovare, come le altre città siciliane, in una situazione di grave emergenza difensiva che, in virtù dell’ubicazione dell’aniteatro, avrebbe giustiicato la sua parziale ristrutturazione come fortezza48. Ma il problema della reale natura del ‹basamento› rimane aperto in attesa di poter acquisire, nell’ambito di nuove indagini estensive, più puntuali elementi di datazione. Inine, la messa in luce nel saggio C dei lembi di due successivi battuti di calpestio sovrapposti (US . ) conferma la funzione dell’ambulacro, nella fase di riuso tardo antica, quale corridoio di disimpegno e servizio fra i vani ricavati, per attività lavorative ed artigianali, nei settori X e IX. Cfr. A. Di Vita, Africa , , –; Wilson o. c. (nota )  s. Per le testimonianze archeologiche del terremoto del  d. C. cfr. anche L. Bernabò Brea in: G. Giarrizzo (ed.), La Sicilia dei terremoti. Lunga durata e dinamiche sociali, Convegno Catania  () –. – Gli efetti dei disastrosi terremoti che colpirono la Sicilia tardo antica sono stati peraltro indicati da M. G. Branciforti fra le cause ‹del generale stato di degrado› dell’impianto urbano di Catania in questo periodo: Branciforti in: Gigli o. c. (nota )  nota . In alternativa, potrebbe supporsi, ma ci pare un’ipotesi più lontana, un movimento tellurico collegato alla presunta eruzione del  d.C. – L’agiograia sul martirio di S. Agata ci tramanda fra l’altro una scossa sismica, probabilmente di portata circoscritta, avvertita a Catania durante l’interrogatorio della santa: Aga- thae Passio,  (cfr.il testo riprodotto in F. P. Rizzo, Sicilia Cristiana dal I al V secolo, Kókalos suppl.  () II . Per il riutilizzo di teatri e aniteatri nei sistemi difensivi cfr. P. Basso in: Tosi o. c. (nota ) –. Per l’età tardo imperiale sono citati i casi degli aniteatri di Rimini, Castrense (a Roma) e di Milano (ibid.  note . .  per i riferimenti bibliograici). Un’emergenza temporanea, anche se di non breve durata che non contraddirebbe necessariamente il noto, e peraltro ampiamente discusso ne lla sua afettiva attendibilità, passo di Procopio (BG , ) che riferisce Catania ‹ateichistos› nella prima metà del VI secolo d. C. Sul problema cfr. L. Arcifa in: Boschi – Guidoboni o. c. (nota ); ead. in: Casamento – Guidoni o. c. (nota ). Umberto Spigo 47 48 Studio e rilievo sull’aniteatro romano di Catania  Dr.-Ing. Heinz-Jürgen Beste, Deutsches Archäologisches Institut, via Sardegna ,  Roma, Italia, beste@rom.dainst.org Dr. Frank Becker, via Antonio Cerasi ,  Roma, Italia, frank.becker@inwind.it Dr. Umberto Spigo, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, via L. Sturzo ,  Catania, Italia, spigo@tao.it Fonti iconograiche: Fig. – Frank Becker. – Fig. –  Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania (ig.  E. Miano). Resümee: Das Amphitheater von Catania, in den Jahren - in geringen Teilen freigelegt, ist bis auf wenige allgemeine Untersuchungen unerforscht. Ausgehend von einer neuen Bauaufnahme durch die erstmals Ausdehnung und Form des Monumentes sowie seine Lage zur neuzeitlichen Überbauung geklärt werden konnten, ergeben sich auch Fragen zur Urbanistik der antiken Stadt sowie zur Standortwahl und Erschließung des Bauwerks. Die von der Soprintendenz vorgenommenen Tiefbohrungen im Umfeld des Bauwerks zeigen, daß das Amphitheater in der Senke eines Lavastroms errichtet wurde. Die Wahl dieses Standortes hatte zur Folge, daß das Laufniveau der angrenzenden antiken Straßen bis zu circa  m über dem Niveau der Arena lag, wodurch ein Teil des Gebäudes direkt auf der Ebene des ersten Obergeschosses zugänglich war. Hieraus erklären sich die Treppenführung und die Erschließung der Sitzplätze in der cavea, die von anderen Amphitheatern abweicht. Wichtigstes Ergebnis der bisher vorgenommenen Untersuchung ist jedoch die Feststellung, daß das Amphitheater in einer zweiten Bauphase komplett erweitert wurde, wodurch die Frage der Datierung des Gebäudes ganz neu zu stellen ist. Die vorgenommenen Sondagen ergaben bisher, daß das Amphitheater durch eine Serie von Erdbeben, die für den Anfang und die Mitte des . Jhs. belegt sind, schwer beschädigt und als Spielstätte aufgegeben wurde. Eine Umnutzung von Teilen des Gebäudes für Glasproduktionen läßt sich bis zum Anfang des . Jhs. nachweisen.