AMOENITAS
Rivista annuale diretta da
Masanori Aoyagi e Claudia Angelelli
*
Comitato scientifico
Catherine Balmelle (cnrs France/ens Paris)
Marco Cavalieri (Université Catholique de Louvain)
Francesca Ghedini (Università degli Studi di Padova)
Federico Guidobaldi (cnr-icvbc Roma/Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana)
Demetrios Michaelides (University of Cyprus)
Giuliano Volpe (Università di Foggia/Scuola Archeologica Italiana di Atene)
*
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AMOENITAS
rivista internazionale
di studi miscellanei
sulla villa romana antica
VIII
mmxix
ISTITUTI EDITORIALI E POLIGRAFICI INTERNAZIONALI
PISA · ROMA
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S OM M A RI O
Mario Cesarano, Studiare la “Villa di Augusto” nell’ager Nolanus
Masanori Aoyagi, Claudia Angelelli, Satoshi Matsuyama, Ricerche nella cd. Villa di Augusto a Somma Vesuviana.
Aggiornamenti dalle campagne di scavo 2015-2019
Tomoo Mukai, Cohe Sugiyama, Céramique antique des fouilles de la “Villa di Augusto” à Somma Vesuviana (2002-2019)
Kyoko Sengoku-Haga, Rinvenimenti scultorei dalla “Villa di Augusto”
Akira Matsuda, Public archaeology at the so-called Villa of Augustus in Somma Vesuviana
Antonio De Simone, Problemi di conservazione e restauro dei siti archeologici: l’esperienza della “Villa di Augusto”
Barbara Maurina, Nuove osservazioni sugli affreschi della villa romana di Isera (tn)
Leonardo Schifi, Roma, località Spinaceto-Tor de’ Cenci. La villa romana presso il fontanile della Vaccheria Brunori
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STU D IA R E LA “VILLA D I AU G U S TO” N E L L’ AG E R N O LA N US
M ar i o C e s ar an o
Abstract · Studying the “Augustus’ Villa” in the age Nolau · Thi atile aim to oide the “Villa of Augutu” i Somma Veuviaa i
it teitoial otext, followig it developmet ove time. Betwee the 8th etuy bc ad it oquet y the Roma i the fit half of the 1st etuy
bc, Nola eome oe of the mot impotat ete of the Campaia egio, i ode to otol a vey lage teitoy. To date, mode ahaeologial
eeah ha ot give the ity ad age Nolau a impotae popotioate to the ole they oth play i the eoomi ad oial hitoy of atiquity.
Thi wok i aed o the elief that ity ad loal life ae itedepedet. Fo thi eao, the eult of old ad ew exavatio aied out i the
ity ete ad i the vat teitoy ae peeted. Oe of the ojetive i to make kow upulihed exavatio, kow oly fom the ahival
doumetatio of the Supeitedee. A futhe ojetive i to popoe old tudie to the attetio of hola, to make them the tatig poit fo
ew eeah.
Keywords · Nola, Roma Citie, Veuviu, Roma Villa, Roma i Campaia.
Useful work could be done by a scholar who would devote a little time
and care to a study of the Campanian “villae utiae”.
Rostovtzeff 1926
Una visita a Nola ed al territorio circostante, Cimitile, S. Paolo Belsito,
Liveri, etc., disposta dalla on. Soprintendenza e da me compiuta nello
scorso autunno allo scopo di eseguire un’accurata ricognizione dei monumenti esistenti, non si è effettuata senza risultati di un certo interesse.
Della Corte 1928
1. L’r Nns
dall ’antichità ai nostri giorni
« a piramide del Vesuvio divide la pianura campana in due
parti che sono collegate dall’ampia vallata di Nola».1 Con
queste parole Julius Beloch nel 1890 ricalca dopo duemila anni
il «viia Veevo oa iugo» delle Geogihe virgiliane2 e ribadisce
chiaramente la centralità del territorio nolano in quello che
per gli antichi è «il paese intorno al cratere».3 Si tratta di un territorio aggredito numerose volte dalle eruzioni del complesso
vulcanico Monte Somma-Vesuvio,4 talvolta con effetti devastanti, ma che proprio dall’attività del vulcano trae la fertilità
della propria terra, asservita alle attività agricole, per quel che
è documentato dall’archeologia, fin da fasi alte della protostoria, da genti stanziatesi diffusamente in un’areale molto ampio,5 e che in età storica, a partire dal pieno viii sec. a.C., si definisce progressivamente in relazione alla città di Nola, entità
fisica circondata (non sappiamo con precisione da quando) da
una cinta muraria, che divide uno spazio urbano da uno spazio
extraurbano, entrambi inscindibilmente necessari alla costruzione e al funzionamento della città nella sua qualità di fenomeno politico e di patto sociale.
L
mario.cesarano@beniculturali.it, MiBACT - Soprintendenza Archeologia
Belle Arti e Paesaggio area metropolitana di Napoli.
1 Beloch 1890, p. 10.
2 Verg. Geog. 2, 224.
3 Strab. v 4, 3. Cfr. anche Lepore 1976, pp. 573-585.
4 Tra le numerose eruzioni che le indagini sul campo consentono di registrare, per il periodo in cui vive la Nola antica, tra l’viii sec. a.C. e gli inizi del
vi sec. d.C. le fonti ricordano quelle, occorse tutte nell’era volgare, del 79, del
203 (Xifilin. nel compendio al libro lxxvi delle Hitoiae Romaae di Dione
Cassio), del 395 (Cod. Theod., 11, 28, 2), del 472 (Marc. Choio) e del 505 o
512 (Pahale Campaum; Cass.). Cfr. anche Livadie et alii 1998, pp. 33-86.
5 Livadie 1999, pp. 203-245; Vecchio et alii 2002.
6 Cesarano 2011, pp. 143-168.
7 Cerchiai, Salvadori 2012, pp. 435-455; Cesarano 2019, pp. 173-177.
8 Liv. 24, 13. Dion. Hal. 15, 5 per l’anno 326 a.C. chiama i Nolani ὁμόροι,
cioè confinanti, dei Napoletani, divisi da un confine, che non di rado deve aver
portato a mettere da parte l’amicizia più volte testimoniata dalle fonti (Liv. 8,
22-26; Dion. Hal. 15, 5-8. Si veda anche Cerchiai 2014, p. 80) e aver generato
Fondata da genti indigene, gli Ausoni delle fonti, nell’viii
sec. a.C. inoltrato,6 quando l’evidenza archeologica proveniente da contesti funebri mostra che sono ormai definiti «i criteri essenziali della pianificazione»7 dell’occupazione del territorio, con la distinzione tra abitato e aree di necropoli, nei
secoli che seguono, la città cresce tessendo rapporti con i Greci
stanziati sulla vicina fascia costiera e accogliendo nel suo tessuto sociale genti etrusche, fino a guadagnarsi un ruolo di primo piano nelle dinamiche sociopolitiche ed economiche della
regione, che conserva e accresce nella Campania che dalla seconda metà del v sec. a.C. diventa sannita, collocandosi, in un
equilibrato sistema territoriale, tra i centri di potere che controllano un ampio territorio.
Pur nel quasi totale silenzio delle fonti, possiamo ritenere
che ad est i suoi possedimenti si arrestino alle falde degli Appennini, confinando col territorio di Aella, che a nord e a
nord-ovest confinino con quelli di Sueula, di Aeae e del popiquu age di Neapoli,8 a sud con quelli delle genti della Valle
del Sarno, con il limite segnato, forse, dall’area santuariale del
teatro ellenistico,9 e a sud-ovest con quelli di Pompeii.10
Dunque i confini del territorio amministrato da Nola sono
già ben definiti quando sul finire del ellum oiale (91-88 a.C.)
controverse tanto spinose, da richiedere nei primi decenni del ii sec. a.C. l’arbitrato del Senato romano, che si vede costretto a (o approfitta per!!) segnare
con certezza i confini tra i due territori, lasciando tra essi una porzione di age
puliu assegnato al controllo di Roma (Cic., De off. 1, 33; Val. Max. 7, 3, 4).
9 Senatore 2001, pp. 238-247. Il territorio dell’odierna Sarno, per il quale
si è proposta l’identificazione con un supposto pagu Uulau, dovrebbe essere appartenuto alla non lontana Nueia, contro l’ipotesi avanzata sulla base
dello studio relativo alle centuriazioni da Chouquer et alii 1987, pp. 212 e 226228 che lo collega a Nola. Si consideri, comunque, anche il rinvenimento del
titolo epigrafico sepolcrale, rinvenuto nel 1739 nella costruzione del Casino
Abignente a Sarno (c, x, 1111 e edr 134884), di L. Claudiu Pollio Iuliu Iuliau, forse originario di Nola (c, x, 1249; Camodeca 2012, pp. 311, 318) e ivi
patrono della colonia.
10 Per l’age Pompeiau cfr. Senatore 2004, pp. 429-449. Ci sfugge il luogo
esatto, certamente tra Nola e Pompei, in cui doveva essere collocato il termine di calcare recante un’iscrizione osca nel quale è usato il verbo teematte,
proprio delle operazioni di temiatio, né siamo in grado di riferirlo a un intervento pubblico o privato.
https://doi.org/10.19272/201912301001 · «amoenitas», viii, 2019
10
mario cesarano
Silla cinge d’assedio la città e davanti alle sue mura massacra
circa 20.000 combattenti nemici insieme al loro condottiero
Luiu Cluetiu. Nola viene espugnata, ottiene la piena cittadinanza romana1 e il suo territorio diventa age Nolau.
È molto probabile che i suoi confini si amplino inglobando
l’age Pompeiau dopo l’eruzione vesuviana del 79 d.C., che
cancella la città di Pompei e i suoi proprietari terrieri. È ipotizzabile se si considerano i legami che, grazie all’evidenza epigrafica, si riscontrano tra importanti gete presenti a Nola e a
Pompei fin dalla conquista sillana di entrambe le città e in alcuni casi anche da prima.2 Se ne potrebbe, infine, rintracciare
un indizio nell’estensione della diocesi vescovile di Nola fino
alla foce del fiume Sarno nella bolla di Innocenzo III del 1215,3
se si tiene conto del ruolo che a partire dall’età tardoantica il
vescovo assume nelle città romane, che vanno configurandosi
in età altomedievale come “città episcopali”, al punto che la
giurisdizione del vescovo, insieme pate eleiae e pate ivitati,4 si estende a tutto il territorio amministrato dalla città.
La sopravvivenza dell’assetto territoriale di età romana oltre la fine del mondo antico, segnata in Campania dall’eruzione vesuviana del 472, nota nella letteratura scientifica come
“eruzione di Pollena”, e la progressiva evoluzione di antichi insediamenti vicanici in piccoli centri autonomi a partire dall’alto medioevo traspaiono dal racconto dei fatti della guerra greco-gotica redatto poco prima del x secolo da Landolfo Sagace,
che riporta che tra i centri dai quali vengono prelevate donne
e uomini per ripopolare Napoli nel 536, dopo i massacri perpetrati dal comandante dell’esercito bizantino Belisario, ci sono
anche i villaggi di Tola (oggi riunita nel Comune di Pollena
Trocchia), di Summa (oggi Comune di Somma Vesuviana) e di
Cimiteium (oggi Comune di Cimitile),5 sicuramente tra quei
vii e loi che giuridicamente e amministrativamente vanno a
confluire nel di lì a poco nascente Ducato di Napoli.6
Nel 1266 Carlo I d’Angiò istituisce la Contea di Nola, assegnandola al nobile Guido di Monfort e vi comprende diciannove casali: Cicala, Cimitile, Gallo, Cutignano, Casamarciano,
Visciano, S. Paolo Bel Sito, Liveri, Livardi, Sant’Erasmo, Saviano, Sirico, Faibano, Camposano, Comiziano, Risigliano,
Vignola, Tufino e Scaravito.7 Nel 1514 Ambrogio Leone vi si
riferisce chiamandoli ancora pagi8 e conserva e trasmette memoria di come gran parte del territorio nolano si sia evoluto
dall’antichità ai suoi giorni:
Molti degli insediamenti rurali si svincolano dagli obblighi
feudali o dalla dipendenza amministrativa di Nola soltanto nel
corso del xix secolo.
Oggi l’antico age Nolau abbraccia i territori dei Comuni
di: Casamarciano, Visciano, Tufino, Roccarainola, Comiziano,
Cicciano, Camposano e Cimitile a nord e a nord-est di Nola;
Saviano, Scisciano, San Vitaliano, Marigliano, Mariglianella,
Brusciano, Castello di Cisterna, Pomigliano d’Arco, Sant’Anastasia, Pollena Trocchia, Somma Vesuviana, Ottaviano, San
Giuseppe Vesuviano e San Gennaro Vesuviano, a ovest e a sudovest di Nola; San Paolo Bel Sito, Liveri, Carbonara e Palma
Campania, a sud di Nola; Marzano, Pago, Domicella, Lauro,
Quindici, Taurano e Moschiano, a sud-est di Nola, costituenti
il Vallo di Lauro; Scafati, Poggiomarino, Striano, Terzigno,
Boscoreale e Torre Annunziata, ricadenti nell’age Pompeiau
fino al 79 d.C. Tra questi quelli del Vallo di Lauro ricadono nella Provincia di Avellino e insieme a Scafati, afferente alla Provincia di Salerno, sono sottoposti per la tutela alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di
Salerno ed Avellino. Tutti gli altri sono compresi amministrativamente nella Città Metropolitana di Napoli e nelle competenze della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio
per l’area metropolitana di Napoli. Molti di essi derivano il
poleonimo terminante in -au da un toponimo prediale.
2. L’r Nns:
la ricerca sul campo e i dati editi
Io potrei affermare in modo molto preciso che questi erano i campi dei Nolani. Che ai tempi nostri in tal territorio sono ad occidente Mariano, o come dicono Marigliano, e Pompeiano, che ora
chiamano Pomigliano, a mezzogiorno Santa Anastasi, Somma e
Ottaiano, che stanno ai piedi del Vesuvio, e parimenti ad oriente
Palma e Domicella, che è ai piedi del monte di Sarno, dove esso
volge ad occidente, ed in ultimo a settentrione Tiziano, che chiamano Cicciano. Queste cose, dico per niente alterano i suddetti
limiti del territorio. Difatti tutti quei luoghi erano borgate, casolari e poderi dei Nolani, che, comprati da Romani (come accade)
o strappati, cominciarono dapprima a vivere separatamente e per
sé, di poi a poco a poco crebbero in forma di cittadini. In fine, declinando la potenza nolana, occuparono, come per proprio diritto, quella parte del territorio nolano, che ora posseggono.9
Rostovtzeff nel 1926 in The Soial ad Eoomi Hitoy of the
Roma Empie10 e Carrington nel 1931 con Studie i the Campaia “villae utiae”11 presagiscono l’importanza che uno studio sistematico del fenomeno villa in Campania avrebbe per la
comprensione delle vicende sociali ed economiche di Roma e
del suo impero. Se a tal riguardo numerose sono state le ricerche sul campo e gli studi editi per alcune aree della regione, soprattutto dopo la grande attività di uvey compiuta negli anni
’70-’80 del xx secolo da studiosi italiani, britannici e francesi,12
con i lavori fondamentali di Arthur sulla Campania settentrionale,13 di D’Arms sulla baia di Napoli14 e con gli innumerevoli
approfondimenti sulle villae dell’age Pompeiau15 e dell’age
Staiau,16 l’assetto insediativo dell’age Nolau a tutt’oggi
non ha ricevuto un’attenzione commisurata all’importanza
che, per la sua estensione e per la posizione di cerniera tra la
piana campana a nord e la valle del Sarno a sud, ma soprattutto per il peso politico della sua città di appartenenza, ha occupato nella regione in età romana.17 Per dirla con Arthur, l’age
Nolau è uno di quei territori «of great agricultural potential,
where both historical and archaeological data have rarely been
compared»,18 sicché non è stato possibile seguirvi sistematicamente, come altrove, l’evoluzione di eventuali insediamenti
rurali di età sannitica nella forma della villa che, raggiungendo
forme parossistiche nella prima età imperiale, combina il sistema di produzione schiavistico nelle campagne con il modello
di vita improntato all’otium, prerogativa «di coloro che detenevano il potere economico e delle volte anche politico a livello
1 In Liv. 89 e Gran. Lic. 32, 9-10 (Flemisch) solo nell’80 a.C., cinta d’un
duro assedio, Nola viene espugnata da Silla, ma in App. Civ. i, 50 ottiene la
piena cittadinanza romana insieme a Tiu e Paeete già nell’87 a.C.
2 Cfr. Camodeca 2012, pp. 297-322.
3 Beloch 1890, pp. 461-462.
4 Barone-Adesi 1998, pp. 49-58, in particolare pp. 50 e 58.
5 Crivellucci 1913, p. 42, cap. 15. Cfr. anche Del Mastro 2009, pp. 254262; Savino 2009, pp. 240-246.
6 Per il rapporto tra il territorio di Nola e il Ducato di Napoli cfr. La Rocca, Angelillo 1971, pp. 117-131.
7 Avella 2000; Fusco 2002.
8 Barbati 1934, p. 101.
9 Barbati 1934, pp. 51-52.
10 Rostovtzeff 1926, p. 496.
11 Carrington 1931, pp. 110-130.
12 Chouquer et alii 1987.
13 Arthur 1991.
14 D’Arms 1970.
15 Cfr. D’Arms 1979, pp. 65-86; Stefani 2000, pp. 13-19; Pisapia 2013, pp.
77-80 con una piccola sintesi bibliografica.
16 Mastroroberto, Bonifacio 2002, pp. 153-161.
17 Una sintesi dei rinvenimenti fatti a Nola e in un ampio areale che la
circonda è nel recentissimo Donceel 2020, che nasce dal lavoro di tesi di
dottorato che Robert Donceel dedicò negli anni Sessanta del secolo scorso
alla topografia di Nola antica.
18 Arthur 1991, p. 1.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
11
locale ed anche a Roma»,1 né riscontrarvi l’eventuale trasfordi intenti e realizzazioni future, destinato ad inserire la provinmazione di alcune ville di lusso in ville con un profilo esclusicia irpina come una delle zone più significative nel quadro
vamente rustico, come accade intorno alla metà del i sec. d.C.
dell’archeologia dell’Italia meridionale».10 Nel volume che nel
altrove, o la scomparsa di alcune di esse a causa delle trasfor1960 fa il punto della situazione sulla ricerca archeologica in Irmazioni che investono l’agricoltura italica nel corso del ii sepinia, Giovanni Oscar Onorato ritorna, così, a parlare di nuovo
colo,2 né, infine, è stato possibile rilevarne le trasformazioni
della villa di Domicella e dei siti di Lauro e di Pago.11 Gli tenche hanno caratterizzato l’habitat rurale tardoantico, nel quagono dietro Werner Johannowsky ed Elena La Forgia nel
le modalità insediative e forme di produzione sono state so1983,12 dopo che l’interesse sulla omaita nel Vallo di Lauro
stanzialmente altro rispetto ai secoli precedenti.
viene ravvivato dalla scoperta nel 1981 lungo il pendio al di sotGià nel 1928 Matteo Della Corte dà avvio a una serie di rito del convento di San Giovanni in Palco, nel territorio del Cocognizioni «nei vari paesi dell’agro Nolano (…) per la raccolta
mune di Taurano, di una villa impiantata in età tardorepubblidei materiali occorrenti alla compilazione della carta archeocana e abbandonata a seguito della disastrosa eruzione “di
logica della regione»3 e, attento a pubblicizzare i dati di quella
Pollena”. Parte dell’edificio, comprendente ambienti di età tiche oggi chiameremmo archeologia d’emergenza, riporta che
beriana di un impianto termale e di un meraviglioso ninfeo annesso al tiliium estivo, abbellito da una decorazione musiva,
nel Comune di Domicella, posto alla quota di 200 m s.l.m., su
viene scavata, restaurata e destinata alla fruizione pubblica, coun’altura a circa una dozzina di chilometri a sud-est di Nola,
sì quando alle Soprintendenze territoriali viene affidata la stedurante i lavori di abbattimento della casa canonica per la cosura del volume Le ville omae dell’età impeiale, con lo scopo di
struzione del nuovo Palazzo Comunale, si rinvengono i resti,
databili tra l’età tardorepubblicana e protoimperiale, di una
«ridisegnare, seguendo percorsi che erano già stati privilegiati
cella vinaria e di alcune cisterne per la raccolta delle acque con
nel Sette e Ottocento da tanti viaggiatori stranieri, una serie di
pavimento in opu igium, appartenenti a una villa rustica,
itinerari culturali che agevolassero, nelle nostre regioni meriche non esita a ritenere «fra le più grandi e cospicue del suo
dionali, un flusso turistico ormai da tempo arrestatosi a Venetempo».4 Ad una manciata di chilometri più a est registra, nel
zia, Firenze e Roma»,13 dell’intero agro nolano la villa di San
Comune di Lauro, la presenza di elementi architettonici di
Giovanni in Palco a Taurano è l’unica ad essere trattata.14 Nel
marmo presso il Castello Lancillotti e la scoperta di un bollo
1993 i lavori per il potenziamento del gasdotto transmediterradoliare in località Fornaci di Capodacqua, richiamando l’attenneo, che veicola il metano algerino, vengono eseguiti sotto l’alzione sul toponimo del vicino Comune di Pago, chiaramente
ta sorveglianza dell’allora Soprintendenza Archeologica delle
risalente ad un antico insediamento rurale di età romana. Inprovince di Salerno, Avellino e Benevento, lungo i territori di
fine, poco più a sud, segnala la frequentazione in età romana
sua competenza. Nel volume che ne dà contezza, nel quale nel
dell’altura su cui insiste il castello di Palma Campania, sulla ba1998 «si presentano i risultati più significativi dell’esplorazione
se del rinvenimento di alcuni bolli figulini.5
archeologica, al fine di dimostrare come sia possibile salvaguardare il patrimonio storico conservato nel sottosuolo senza
Lo stesso Della Corte segna il solco della ricerca archeolocontrapporsi allo sviluppo e alle trasformazioni che inevitabilgica nella porzione del territorio nolano alle pendici del Monmente il territorio subisce, individuando ogni possibile compate Somma, quando nel 1932 rileva evidenze riconducibili a ville
tibilità»,15 si dà conto della scoperta della villa romana di Monrustiche nel territorio del Comune di Sant’Anastasia6 ed esegue un saggio di scavo in località Starza della Regina a Somma
te Donico, nello stesso territorio di Taurano, sulle alture
Vesuviana, intercettandovi i monumentali resti di quella che
confinanti con il Comune di Visciano, contestualizzandola in
crede essere la villa della ge Otavia apud Nolam, nella quale,
un areale ricco di testimonianze di insediamenti rurali.16
nel racconto di Tacito, morì Augusto il 19 agosto del 14 d.C.,7
Sulla presenza romana sul versante nord-orientale del Monevidentemente non riconoscendo negli strati vulcanoclastici e
te Somma è, invece, Alfonso De Franciscis a richiamare l’atalluvionali, che obliterano le strutture, quelli dell’eruzione “di
tenzione della ricerca scientifica nel 1963, quando riporta alla
Pollena” e confondendoli con quelli della più nota del 79 d.C.8
luce quello che crede essere un piccolo edificio di culto del i
Nel 1947, più a sud sullo stesso versante montano, nel Comune
sec. d.C. in via San Gennarello, nel Comune di Pollena Trocdi Ottaviano, Amedeo Maiuri compie un sopralluogo in locachia,17 da ricondursi più plausibilmente a una villa residenziale
lità Montevergine, dove affiorano resti di muri, di intonaci deimpiantata non prima del ii sec. d.C.,18 e ancora nel 1974 con
corati e lacerti di cocciopesto, che propone di attribuire a un
un articolo in cui, nell’illustrare il contesto territoriale in cui
toulaium.9
ricade un monumento sepolcrale scoperto tra il 1967 e il 1968
Sembrano, insomma, porsi molto precocemente le premesin via Murillo di Trocchia nel Comune di Sant’Anastasia, datase per uno studio del territorio nolano o, almeno, di due delle
to alla prima metà del i sec. d.C., fa riferimento ai rinvenimenti
di ruderi di ville rustiche nella stessa area.19 Nello stesso terrisue aree più o meno ben circoscritte, il Vallo di Lauro e il vertorio comunale compie ricognizioni nel 1979 il Gruppo Arsante orientale del Monte Somma-Vesuvio. Ma, invece, non
cheologico Napoletano, rilevando i resti di due ville rustiche
decollano né la ricerca sul campo né, se si escludono gli studi
fino ad allora sconosciuti.20 Nel contesto di quest’attività nel
di appassionati e studiosi locali, quella di carattere più propriamente storico.
1981 lo studioso locale Raffaele D’Avino e l’archeologo Aniello
A richiamare l’attenzione sulla presenza romana nel Vallo di
Parma illustrano dettagliatamente, per quanto possibile, i rinLauro tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’80 non è un interesse
venimenti riguardanti una villa rustica in località Cupa Olivelrivolto alla conoscenza dell’age Nolau, ma «un programma
la, «sul primo dei costoni del Somma da cui si può ammirare
1 Johannowsky 1986, p. 13.
2 Vera 1994, pp. 239-248.
3 Della Corte 1929, p. 204.
4 Della Corte 1929, pp. 199-203.
5 Della Corte 1929, pp. 204-206.
6 Della Corte 1932.
7 Vell. 2, 123; Suet. Aug. 98, 10; 100, 1-2; Tac., A. 1, 5, 3; 4, 57; 9, 1; Dio.
Cass. 56, 29, 2; 31, 2; 46, 3.
8 Della Corte 1932, pp. 309-310.
9 Maiuri 1982, pp. 288-289.
10 Onorato 1960, p. 41.
11 Onorato 1960, pp. 23, 62 per Domicella; p. 62 per Lauro e Pernosano.
12
14
15
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17
18
19
20
Johannowsky, La Forgia 1983.
13 Spinosa 1986, p. 7.
Johannowski, La Forgia 1986, pp. 87-96.
Tocco Sciarelli 1998, p. 9.
Iacoe 1998, pp. 69-71; Festini, Porcaro 1998, pp. 72-75.
De Franciscis 1966, p. 188; De Franciscis 1976, p. 721.
De Simone 2009a, pp. 199-202.
De Franciscis 1974, pp. 225-231, tavv. i-xiii.
Parma 1980, pp. 133-143.
12
mario cesarano
lo specchio del mare di Napoli», a circa 250 m s.l.m., i cui resti,
già compromessi dall’incuria del tempo, erano stati intercettati all’inizio degli anni ’70 durante uno sbancamento per ricavare sabbia e distrutti «con l’ausilio di un folto gruppo di operai
e di una altrettanto valida e potente attrezzatura meccanica».1
Dal racconto di testimoni oculari si ricava che la villa «doveva
essere davvero notevole sia per le dimensioni, sia per le decorazioni e sia per l’arredamento (…) forse a più piani, come se
ne sono rinvenute e disperse molte altre sulla stessa dorsale e
sulla stessa altitudine lungo tutta la fascia che va da Pollena
Trocchia ad Ottaviano».2
Nel 1981 la parte più meridionale del versante orientale del
Monte Somma-Vesuvio diventa uno dei cinque comprensori,
quello dei “Paesi a est del Vesuvio”, di competenza della neoistituita Soprintendenza Archeologica di Pompei, che, nata
con lo scopo prioritario di porre rimedio ai danneggiamenti
arrecati agli importanti siti costieri vesuviani di sua competenza dal sisma del novembre 1980, intensifica l’attività di tutela anche di territori dal punto di vista archeologico dotati di
scarsa visibilità, guadagnando alla ricerca sulle ville rustiche
romane quel versante orientale del Monte Somma, esplorato
pioneristicamente dal Della Corte con il saggio a Somma Vesuviana, luogo delle “passeggiate campane” del Maiuri e scenario non poche volte di comportamenti illeciti a danno delle
testimonianze archeologiche superstiti. Nel comprensorio ricadono dell’antico agro nolano i Comuni di San Giuseppe Vesuviano, di San Gennaro Vesuviano e di Ottaviano, dei quali
vengono redatte carte archeologiche,3 sulla base di ricognizioni sul territorio, che confermano quanto tramandato da
tradizioni orali, come nel caso delle ville nelle località Montevergine,4 Carcovella e Trofa ad Ottaviano.5 In questo comune
a questi e ad altri siti, in cui resti murari e recuperi di intonaci,
di frammenti ceramici e di lacerti di pavimenti musivi indiziano la presenza di villae utiae, campagne di scavo regolari aggiungono quelle nelle località Boscariello, Bosco de Siervo e
Raggi. La prima viene indagata tra il 1993 e il 1994 in seguito
all’affioramento di resti murari durante lo sbancamento di
una collinetta per estrazione di materiale vulcanico. Si constata, purtroppo, che i lavori di cava hanno agito proprio sul nucleo centrale dell’edificio, alla cui pa uaa devono ricondursi alcuni frammenti di intonaci in ii Stile, lasciandone
superstiti soltanto alcuni ambienti marginali, forse un toulaium, per i quali si ipotizza una defunzionalizzazione dopo il
sisma del 62 d.C.6 In località Raggi con saggi regolari, eseguiti
nel corso di lavori pertinenti alla pubblica viabilità dell’area
tra il 1993 e il 1994, vengono individuati i resti di una vasca e di
muri, conservati allo stato di fondazione, sicuramente afferenti a una villa rustica, che per i frammenti ceramici ivi recuperati e per essere sottoposti al paleosuolo su cui si riversano
i materiali eruttati dal Vesuvio nel 79 d.C. si datano al ii-i sec.
a.C.7 Infine, in località Bosco de Siervo, dove si riscontra l’affioramento di frammenti di ceramiche varie e di creste murarie, si individua una villa rustica, che si estende per un terzo
nel Comune di Ottaviano, per la cui tutela archeologica in
quegli anni è competente la Soprintendenza di Pompei, e per
la restante parte in quello di Somma Vesuviana, che ricade
sotto le competenze della Soprintendenza di Napoli e Caserta. Nel 1995 la Soprintendenza di Pompei dà avvio ad una regolare campagna di scavo per la parte di propria competenza
1
2
3
4
5
D’Avino, Parma 1981, pp. 9-54, in part. per i passi citati p. 14.
D’Avino, Parma 1981, p. 14.
Cicirelli 2017, p. 22 fig. 2 e p. 23 fig. 3.
Cfr. upa, p. 11, nota 8.
Cicirelli 2017, pp. 29-30.
(f. 4, part. 20, 220 e 239 del catasto del Comune di Ottaviano),8
mentre il progetto di indagini anche nel territorio di Somma
(f. 24, part. 361-363 e 370), pur avviatane l’istruttoria a partire
dallo stesso anno, non va in porto nemmeno dopo il 2007, con
l’unificazione dei due enti nella Soprintendenza Speciale per i
Beni Archeologici di Napoli e Pompei, sicché lo scavo rimane
oggi ancora da intraprendere. Al momento delle indagini le
strutture che emergono risultano già ampiamente compromesse da sbancamenti di età moderna, funzionali a sistemare
per terrazze l’area, e da scavi clandestini. Della villa vengono
portate alla luce parte di un impianto termale e una grossa cisterna. Il pavimento del alidaium, asportato per ragioni di
tutela, è realizzato con un mosaico a tessere nere e bianche
raffiguranti al centro un’ancora e ai quattro angoli due delfini
opposti a due nuotatori in modo alternato. Le piccole dimensioni dell’area indagata e le condizioni stesse delle strutture
consentono di appurare che la villa è stata in uso per più fasi
sia prima che dopo l’eruzione vesuviana del 79 d.C., ma, al
tempo stesso, impediscono di comprendere la successione
delle diverse fasi cronologiche nel dettaglio. Al momento immediatamente precedente l’eruzione si riconducono il disco
di uno specchio di bronzo, un asse di Domiziano databile al 73
d.C. e una coppia di aghi crinali di avorio, le cui teste sono state modellate raffigurando una Venere Anadiomene. Un grande muro di terrazzamento, appartenente alla villa, fa da confine per circa 30 m tra i territori dei due comuni.9 Vale la pena
segnalare il rinvenimento nel 1837 nel fondo del sig. Francesco
De Siervo a Somma Vesuviana di una sepoltura «di una donna
romana vissuta circa il 383 dell’Era cristiana pendente il regno
dell’Imperatore Arcadio»,10 ma non abbiamo alcun elemento
per metterlo in relazione con la villa.
Uno studio rivolto alle modalità di rioccupazione del territorio rurale vesuviano dopo l’eruzione del 79 d.C., nel quale
sono illustrati i risultati di vecchi e nuovi scavi nel territorio a
nord-est del Monte-Somma, ricadente nell’age Nolau, si deve nel 1995 a Mario Pagano.11
Ad episodi di archeologia preventiva si devono anche i meglio noti rinvenimenti nel territorio a nord-est di Nola. In località Painzano, nella frazione Schiava del Comune di Tufino,
ai piedi della collina di Visciano, i resti di una villa rustica
vengono indagati preventivamente alla costruzione di uno stabilimento di tritovagliatura e imballaggio di rifiuti solidi urbani. Se ne individuano sette ambienti ed un probabile peristilio,
in uso tra l’età tardorepubblicana e quella tardoantica. Falcetti
di ferro per il taglio della vite, macine di pietra lavica e resti di
un forno rimandano alle funzioni agricole dell’insediamento.
Una fase di ricostruzione si data tra la fine del i e gli inizi del ii
sec. d.C., quando le macerie prodotte da una distruzione
collocabile in età flavia vengono accumulate in grosse fosse,
scavate all’interno degli stessi ambienti, e nuovi muri vengono
realizzati utilizzando pietre di calcare insieme a frammenti di
grossi dolia, di tegole, di anfore, di ceramica, di intonaci e di
malta chiaramente in stato di rimpiego. La villa viene definitivamente abbandonata in età tardoantica, se al momento dell’eruzione “di Pollena” gli stessi ambienti sono già ricoperti da
terreno umificato con solchi e porche. Molto simile la situazione di un’altra villa rustica in località Pigna, a Visciano, dove
nel corso degli stessi lavori per la realizzazione del gasdotto algerino, durante i quali sono venuti alla luce i resti della Villa di
6 Cicirelli 1994, pp. 211-214; Cicirelli 2012, pp. 32-35.
7 Cicirelli 1996; Cicirelli 2012, pp. 42-44.
8 Cicirelli 1998; Cicirelli 1998; Cicirelli 2012.
9 Cicirelli 2012, pp. 35-42.
10 Riccio 1838; Cesarano c.s.
11 Pagano 1995, pp. 35-44.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
13
Monte Donico nel Comune di Taurano, nel 1997 si indagano
nieri. Ne costituisce una tra le più rilevanti vicende lo scavo in
località Masseria De Carolis nel Comune di Pollena Trocchia,
otto ambienti della pa utia di una villa che doveva avere il
ai piedi del versante settentrionale del Monte Somma, estresettore residenziale in posizione panoramica, rivolto verso Namo lembo a nord dell’age Nolau, al quale si accompagna
poli. Lo scavo permette di collocare nel iii sec. d.C. il momenuna revisione dei dati noti, ma non sempre chiari, su vecchi
to di abbandono dell’edificio, dovuto molto probabilmente ad
scavi di villae nello stesso territorio comunale.9 Tra il 2006 e il
un incendio, dopo il quale in alcuni dei suoi ambienti vengono
2015 si mette in luce per la totalità dei resti conservati l’imdeposte sepolture in anfora di infanti. Di entrambe le ville viepianto termale afferente a una villa impiantata successivane data notizia preliminare negli atti di un convegno sul rapmente all’eruzione vesuviana del 79 d.C., che è già in gran
porto tra archeologia e vulcanologia in Campania, tenutosi a
parte spogliato e ridotto in stato di crollo quando diviene luoPompei nel 1996.1 Nello stesso volume si fa spazio al rinvenigo di sepoltura, come testimoniato dalle otto tombe, tra cui
mento a Cimitile, in via Morelli, di un edificio di epoca romadue deposizioni di neonati ad ehytimò, con il riutilizzo di
no-imperiale, del quale si documentano «un pavimento di
un’anfora lra 1 e di una Keay lii, e una di un bambino tra i
marmo ed un porticato che conserva due pilastri in opera liquattro e i sei anni, al cui interno si rinviene una moneta di
stata di tufo giallo e laterizi, allineati con una colonna in marbronzo dell’imperatore d’Oriente Marciano (450-457). Presso
mo bianco, conservata per oltre metà della sua altezza, rudenle strutture ormai dismesse, distrutte e spogliate vengono dotata nella parte inferiore e tortile in quella superiore». Alla
cumentate le tracce di una frequentazione chiaramente dataparte alta dei resti di quest’edificio, obliterato dagli strati dell’eruzione “di Pollena”, si addossano muretti in grezza tecnica
bile tra l’evento eruttivo del 472 e quello successivo assegnabidi età altomedievale.2 Il ritrovamento va ad aggiungersi a
le agli inizi del vi secolo, consistenti nel riutilizzo di una
quelli di insediamenti già noti nel territorio del Comune di Cicisterna, che viene liberata dei depositi vulcanoclastici e di
mitile in via Sant’Elena,3 in vico Nutrice e in via Manzoni, per
nuovo impermeabilizzata, e in un forno, costruito con matei quali, date le condizioni e le dimensioni delle aree indagate,
riale di spoglio a ridosso di un muro in laterizio, privato interisulta difficile definire la natura di villae o di più modeste abiramente del suo originario rivestimento. L’area viene comtazioni rurali, molto probabilmente comprese in quel viu
pletamente abbandonata dopo l’eruzione del 505, sui cui strati
menzionato da Paolino da Nola nel ame ataliium del 404,4
crollano i muri rimasti ancora in piedi.
ai cui abitanti devono appartenere anche i fondi che il santo riDal 2002 è in corso il progetto di scavo delle strutture in locorda irrigati dalle acque del Clai, provenienti dai monti delcalità Starza della Regina a Somma Vesuviana, condotto da
la vicina cittadina di Aella.5
un’equipe di studiosi giapponesi e italiani su concessione del
Dunque, nell’ultimo ventennio del xx secolo si infittisce il
Ministero per i beni e le attività culturali ed il turismo, di cui è
numero degli insediamenti rurali, databili a partire dal ii-i sec.
titolare l’Università di Tokyo. La quantità e la completezza dela.C., aventi carattere di villa, fatti oggetto di indagini sul camle pubblicazioni scientifiche che danno conto dei risultati ragpo, ma nella letteratura archeologica ne confluiscono sostangiunti su una superficie di circa 3000 mq ne avrebbero sicurazialmente notizie preliminari, sicché, ancora nel catalogo di
mente giustificato, nel 2003, l’inserimento nello studio con cui
Ville d’otium dell’Italia atia, del 2001, in cui vengono elencate
Lucia Romizzi prende a colmare la improcrastinabile lacuna di
470 ville, sia utiae che a carattere prevalentemente residenuna ricerca sulle ville dell’Italia tardoantica, che annovera della
Campania soltanto la villa “di Lucullo” a Miseno, quella di Poziale, sparse sul territorio della penisola italiana comprese tra
il ii sec. a.C. e il ii sec. d.C. e alcune di età medioimperiale e
sillipo e quella in località S. Lucia a Minori, senza far spazio a
tardoantica, nelle quali si riscontrano fasi tardorepubblicane
nessun caso attestato nell’age Nolau.10
e/o protoimperiali, dell’age Nolau sono presenti soltanto
Nel 2007 in via Sentino, nel Comune di Marigliano, durante
i lavori per la realizzazione di impianti fognari, vengono docuquella in località Livardi, nel Comune di San Paolo Bel Sito,
quella di contrada Boscariello, nel Comune di Ottaviano, e
mentati i resti di una villa rustica e di alcune sepolture di età
quella in località Starza della Regina, nel Comune di Somma
romana. Ne segue la presentazione pubblica attraverso un
Vesuviana,6 ma a nessuna delle attestazioni del territorio noconvegno nel 2008, i cui atti costituiscono il primo volume di
una collana dedicata esplicitamente a “Contributi per lo studio
lano viene dedicata un’approfondita scheda, per la scarsità dei
resti indagati, non utili a decretarne l’inserimento in una clasdell’age Nolau”, con un grande spazio dedicato alla pubblisificazione tipologica su base planimetrica, e, soprattutto, per
cazione dei risultati di un’intensa attività di ricognizione su
la scarsa quantità dei dati editi.7
tutta la sua estensione.11 Innumerevoli nuove evidenze archeologiche ricadenti nel territorio di Somma Vesuviana vanA porsi l’obiettivo «di definire l’assetto di un ambito territoriale, vasto nell’estensione ed esiguo nelle conoscenze, e di
no ad aggiungersi ai dati d’archivio della Soprintendenza e,
contestualizzarlo rispetto a quelli maggiormente noti e celeinsieme alle notizie tramandate dalle fonti storiche, confluibrati della fascia costiera vesuviana e di Neapolis»8 è l’Apollie
scono in un articolo dello scrivente sulla ricerca archeologica
nel territorio sommese, nel quale, per ovvie ragioni, la “Villa
Pojet, avviato dal 2001 dall’Università degli studi di Napoli
“Suor Orsola Benincasa”, in collaborazione con atenei stradi Augusto” occupa il posto più importante.12
1 Livadie et alii 1998, pp. 75-77.
2 Vecchio 1998, pp. 73-75. Cfr. anche Ebanista 2003, pp. 60-63.
3 Ebanista 2003, pp. 62-63, 66-67.
4 Paul. Nol. Cam. 28, 62-66 e 88-89.
5 Per il ripristino dell’acquedotto del Clanis cfr. Paul. Nol. Cam. 21, 717.
6 Romizzi 2001 pp. 230, nn. 53, 55; p. 232, n. 74. Romizzi 2001, p. 230 n. 54,
segnala anche i resti dell’edificio in via Saccaccio a Nola, pubblicati come “villa” in Sampaolo 1986, pp. 113-119, ma oggi riconosciuti come appartenenti ad
una domu urbana (cfr. Lubrano et alii 2011-2012, pp. 219-243; Cesarano 2018,
pp. 21-22).
7 La menzione della Villa di Starza della Regina a Somma viene fatta soltanto sulla base delle poche notizie edite precedentemente al progetto di sca-
vo avviato dal 2002 dalla University of Tokyo. Stupisce, però, l’assenza della
villa di Taurano alla quale a pieno titolo può assegnarsi l’espressione “villa
d’otium”, che in Romizzi 2001 (pp. 31-32) è riferita a «una costruzione lussuosa
posta su pendio in posizione panoramica, di notevole impegno planimetrico
e architettonico, caratterizzata da un ampio settore residenziale (pa uaa)
con una ricca decorazione parietale, pavimentale e scultorea; in essa, anche
se è sempre presente un settore produttivo più o meno esteso (pa utia), il
carattere residenziale resta predominante».
8 De Sanctis 2009, p. 11.
9 De Simone 2009a, pp. 191-206.
10 Romizzi 2003, p. 79, nn. 31-33.
11 Vecchio, Castaldo 2011; Castaldo 2012; Castaldo 2017; Castaldo
2019.
12 Cesarano c.s.
14
mario cesarano
Nel contesto di due incontri tenutisi presso l’Università degli
studi di Napoli “Federico II”, rispettivamente nel febbraio 1997
e nel giugno 1998, intitolati Haial’ legay tet’ai dopo e
Modalità iediative e tuttue agaie ell’Italia meidioale i età
omaa, con l’intento di «promuovere una riflessione non solo
o non tanto sulla validità delle tesi di fondo del libro del Toynbee, quanto sulla loro genesi, sul quadro documentario sul
quale fu costruito il libro, e ancora sugli sviluppi del dibattito
storiografico che ne è seguito»,1 Jean-Pierre Vallat presenta un
contributo nel quale, sinteticamente, propone le linee guida
da seguire per uno studio corretto della campagna campana di
età romana. Individua e supera i due modelli di studio ai quali
fino ad allora gli studiosi hanno ricondotto le ricerche sul
mondo rurale di età romana, «celui de la succession des modes
de production» e «celui de la succession des types d’habitat»,2
e, confrontando i dati relativi a centinaia di siti della campagna
campana e della Siria meridionale, propone un modello di approccio che chiama “emboîté”, che innesta, cioè, l’uno nell’altro, scambievolmente, i due precedenti, considerando che nello stesso momento possono convivere differenti forme di
habitat rurali, ma al tempo stesso proponendo la possibilità di
osservare l’oggetto della ricerca sulla base di due categorie di
tempo, «à long et à court terme».3 Il nuovo approccio gli consente di rilevare che la regione Campania «n’évolue pas
comme tel autre parce que les facteurs de substrats, d’histoire
locale, de rôle des aristocraties locales, des rapports entre
villes et campagne ont été différents, ici et là»,4 ma soprattutto
di comprendere che lo studio dei contesti rurali deve procedere di pari passo con quello delle realtà urbane, perché «prospérité de la ville et essor des campagnes vont de pair».5
La corretta comprensione, dunque, del contesto pluristratificato della “villa augustea” di Somma Vesuviana può avvenire soltanto se si incrociano le dinamiche evolutive del territorio nolano con quelle del centro urbano di Nola. Al tempo
stesso, con i quasi suoi venti anni di scavi alle spalle, con una
superficie portata alla luce di circa 3000 mq, per l’alto grado
di leggibilità delle planimetrie delle sue diverse fasi cronologiche, che attraversa mutando più volte il suo assetto e le sue
funzioni, per la monumentalità e lo stato di conservazione dei
muri e dei loro rivestimenti pittorici, per la quantità dei dati
editi e la molteplicità delle discipline coinvolte nello studio, la
“Villa di Augusto” può costituire il più completo laboratorio
di ricerca scientifica per la conoscenza dell’insieme Nola-age
Nolau.
A questo punto a rendere tortuoso il percorso di studio non
è soltanto uno stato della ricerca sugli insediamenti rurali
dell’age Nolau che, come abbiamo visto, possiamo riferire
ad uno stadio ancora neonatale, ma anche il fatto che la stessa
situazione si riscontra per quel che riguarda lo studio delle evidenze riconducibili alla città di età romana, oggetto, in alcuni
casi di scavi del passato, di una documentazione scadente o
non coerente con moderne esigenze scientifiche, in altri oggetto di edizioni non più che preliminari.6
Si aggiunga che la ricerca sul campo oggi si circoscrive quasi
esclusivamente all’ambito dell’archeologia preventiva, condotta dalle soprintendenze nell’esercizio della tutela del territorio, in situazioni di lavori pubblici o attività di edilizia privata, in cui il margine lasciato alla ricerca scientifica nel controllo
degli interventi nel sottosuolo non è sempre soddisfacente. Ne
consegue che il vantaggio di scavare in un territorio dove la
stratigrafia geoarcheologica è spesso ben scandita dai depositi
connessi alle eruzioni vulcaniche e dunque ben inquadrabile
in fasi più o meno definite cronologicamente, viene inficiato
dalla difficoltà manifestata in molti casi di raggiungere profondità al di sotto di determinate quote, oltre le quali prendono a
documentarsi le evidenze archeologiche dell’età antica e al di
sopra delle quali raramente si sono mantenute le tracce di quel
che era prima. In particolare la piana nolana costituisce il recapito principale dei depositi da caduta e da corrente piroclastica prodotti dall’eruzione “di Pollena”, datata, anche con
l’ausilio di fonti storiche, al 472 d.C., quattro anni prima, cioè,
del 476, con cui, con la deposizione da parte di Odoacre, re degli Eruli, dell’ultimo imperatore di Roma, Romolo Augustolo,
si fa convenzionalmente finire il mondo antico e iniziare l’alto
medioevo. La violenta eruzione sub-pliniana implica anche la
mobilizzazione dalle pendici del Somma-Vesuvio e dai versanti appenninici e la successiva messa in posto di spesse sequenze
di mud e dei flow, vale a dire flussi di fango e di detriti misti
a flussi vulcanoclastici, che hanno un notevole potere di devastazione nel raggio di decine di chilometri dal vulcano per un
arco di tempo che dura decenni dopo l’eruzione (tenuto conto
della presenza del livello di ceneri dell’eruzione del 512 d.C. sul
tetto dei depositi del precedente cataclisma), che si convertono in uno strato compatto e dalla consistenza cementizia, che
modifica la paleogeografia preesistente in maniera talvolta definitiva, seppellendo ampie fette di territorio sotto un manto
che nell’area dell’eponimo Comune di Pollena può raggiungere lo spessore di oltre 10 m.7
L’impatto dell’eruzione ha un’incidenza diversa nel cuore
dell’agglomerato urbano. In un ampio settore compreso a sud
tra l’anfiteatro e il teatro, flussi piroclastici e alluvionali vanno
a mantellare creste di muri attentamente destrutturati di domu urbane, completamente destrutturate e spogliate di ogni
prezioso rivestimento nel corso della seconda metà del v secolo, mucchi di macerie edilizie che hanno riempito le stanze di
queste residenze e anche le strade cittadine. Ma nel caso di
edifici pubblici di grosso impegno architettonico e nell’area
della città, che sopravvive alla crisi dei primi anni del secolo, si
calcola che i materiali da caduta eruttati dal Vesuvio si depositino sui tetti degli edifici per uno spessore di circa 20 cm, sufficiente in alcuni casi a farli collassare. Le connesse scosse telluriche causano danni agli elevati degli edifici e in certi casi il
distacco e la caduta di calcinacci, di rivestimenti e di pietre di
tufo, ma in linea di massima non ne provocano il crollo. Ne
verrebbe conferma dagli «avanzi dell’antica città» che ancora
agli inizi del xvi secolo per Ambrogio Leone possono «fornire
1 Lo Cascio 2001, p. 5.
2 Vallat 2001, p. 583.
3 Vallat 2001, p. 585.
4 Vallat 2001, p. 586.
5 Vallat 2001, p. 584.
6 Punto di partenza di tutti gli studi sulla Nola romana è il De Nola, redatto
nel 1512 dall’umanista nolano Ambrogio Leone ed edito a Venezia nel 1514 (cfr.
la traduzione italiana in Barbati 1934. Per l’importanza dell’antico nell’opera
di Leone cfr. da ultimo De Divitiis, Lenzo, Miletti 2018). Limitatamente
al centro urbano e alle necropoli cfr. Della Corte 1928, pp. 377-378; Voûte
1972, pp. 639-673; Sampaolo 1986, pp. 113-119; Sampaolo 1991, pp. 165-166; Albore Livadie et alii 1998, pp. 77-79 e 82; Tosi 2003, pp. 153-154; Capaldi 2005,
pp. 65-88 e 122-129; Capaldi 2006, pp. 439-468; Legrottaglie 2008, pp. 222223; Cesarano 2012, pp. 49-82; Lubrano, Boemio, Sannino 2011-2012, pp.
219-243; Rescigno, Vecchio 2012, pp. 27-73; Cesarano, Ferrante 2020, pp.
89-100. Lo studio delle testimonianze epigrafiche muove necessariamente
dalla raccolta del volume x del c e in particolar modo sui temi delle magistrature, dell’organizzazione territoriale e della prosopografia della Nola romana cfr. Camodeca 2001, pp. 413-433; Parma 2099, pp. 133-143; Camodeca
2012, pp. 296-328; Parma 2015, pp. 97-107. Per la centuriazione dell’age Nolau
cfr. Chouquer et alii 1987; Soricelli 2001, pp. 299-319; Ruffo 2011-2012, pp.
53-126.
7 De Simone et alii 2013, pp. 61-71.
3. «Prospérité de la ville et essor
des campagnes vont de pair»
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
Fig. 1. Nola, via Mario De Sena: macerie usate per chiudere un’apertura di un edificio
obliterato dall’eruzione “di Pollena” fino a metà della sua altezza.
o fare abbastanza fede e luce, per mostrare essere la medesima
la sede dell’antica e quella dell’odierna città»,1 tra cui l’anfiteatro, la cui parte alta crolla sugli strati alluvionali già solidificatisi, e forse gli edifici le cui creste dei muri sono state
intercettate a pochi centimetri dal piano di calpestio contemporaneo, a quote superiori a quelle degli strati dell’eruzione
“di Pollena”: l’impianto termale parzialmente portato alla luce nella corte di Palazzo Orsini; la domu con terme sottoposta
alla navata della chiesa di San Biagio e al Palazzo del Fascio; i
resti di ambienti termali inglobati nei palazzi in proprietà Mazzeo e proprietà Della Gala tra via Seminario e via Alberto da
Nola; l’edificio con muri in opu mixtum all’incrocio di via Mario De Sena con il ponte ferroviario della circumvesuviana
(Fig. 1); i due edifici, poco più avanti nella stessa strada, prospettanti su una strada lastricata. Ne viene conferma, anche,
dall’edificio, forse una domu dotata di ambienti termali, indagato di recente a 350 m a nord-ovest della Stazione delle Ferrovie dello Stato, proprio a ridosso dei binari. Nella stratigrafia
che oblitera gli ambienti si osserva chiaramente che ceneri
vulcaniche e flussi alluvionali si appoggiano alla parete di un
muro realizzato con mattoni regolari di tufo (Fig. 2). All’evento catastrofico si deve il crollo, riscontrabile sul lato opposto,
del materiale edilizio, prevalentemente pietre di tufo, ma anche frammenti di laterizi e di intonaci, che si frappone tra lo
strato di ceneri e il flusso alluvionale posteruttivo, la cui spinta
deve essere di non poca forza se riesce ancora a far crollare porzioni di muri, ben visibili al suo interno (Fig. 3). Questo settore della città si stringe, forse fin dall’età tardoantica, intorno all’iula epiopali e costituisce il nucleo dal quale si evolve di
nuovo nei secoli successivi lo spazio urbano. Nella ricerca della
città romana è proprio questa otiuita uaa a costituire
uno degli ostacoli maggiori.
1 Barbati 1934, p. 84.
Fig. 2. Nola, Stazione delle Ferrovie dello Stato:
i flussi vulcanoclastici e alluvionali dell’eruzione “di Pollena”
si appoggiano alla parete della domu.
15
16
mario cesarano
Fig. 3. Nola, Stazione delle Ferrovie dello Stato: parti di muro negli strati alluvionali post-eruzione “di Pollena”.
Fig. 4. Ipotetica ricostruzione della Nola romana nel De Nola di Ambrogio Leone (1514).
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
17
4. Nuovi contributi allo studio di Nola
e dell ’r Nns
4. 1. Dall’ e. a.C. al 79 d.C.
Nel 1514 l’umanista nolano Ambrogio Leone sostiene che la
Nola a lui contemporanea «sta nel medesimo luogo in cui stava prima».1 Nel 1890 gli fa eco Beloch: «L’antica Nola si trovava
esattamente nello stesso luogo occupato dalla città attuale». Il
primo a sostegno della sua tesi illustra gli «avanzi dell’antica
città che tuttora si vedono2 (…) vestigia di edifici, che qua e là
appaiono, trovate per la città, e che continuamente si trovano
da coloro che scavano», che possono «fornire o fare abbastanza
fede e luce, per mostrare essere la medesima la sede dell’antica
e quella dell’odierna città»,3 testimonianza evidente che «la città non fu mai distrutta dalle fondamenta con la guerra, o danneggiata fino al punto, che i cittadini superstiti, costretti a fuggire, siano andati in qualche borgata vicina, l’abbiano abitata
ed ingrandita e l’abbiano chiamata Nola».4 Lo studioso tedesco aggiunge che «le tombe che sono state trovate a nord e a
sud quasi immediatamente dinanzi alle mura odierne provano
che l’antica Nola non occupava affatto un’area molto più vasta
della città moderna, cioè un perimetro di circa un miglio
italiano. Vi si aggiungevano poi, d’altro canto, estesi sobborghi».5 La «città moderna» del Beloch, quella del suo tempo,
corrisponde a quello che oggi si configura come centro storico, grossomodo coincidente con la città circoscritta dalle mura, munite di bastioni, realizzate a cavallo tra xvi e xvii secolo,
ampliando il centro fortificato tardomedievale, che appare come il risultato di una notevole contrazione di quella che doveva essere la città di età romana, della quale nelle ipotesi del
Leone avrebbe occupato soltanto il piccolo settore nordorientale, lasciando fuori aree importanti del più antico tessuto urbano (Fig. 4), come evidente già su una mappa realizzata su
pergamena negli ultimi anni del xv secolo alla corte aragonese
di Napoli, sotto la regia di Giovanni Pontano, dove si osserva
l’anfiteatro lasciato fuori dalle mura (Fig. 5).6
Se da una parte Leone e Beloch hanno ragione sulla otiuita uaa del centro storico, dall’altra ci lasciano totalmente al buio per quanto riguarda l’eventuale differente estensione
che la città deve aver avuto nei secoli precedenti la conquista
romana, conclusasi intorno all’80 a.C., successivamente agli
eventi del ellum oiale.7 Manca il pur minimo dato per la città
fondata da genti prevalentemente indigene e cresciuta nel contatto con Greci ed Etruschi tra l’viii e il v sec. a.C., alla quale
possiamo riferire i coppi, talvolta dipinti con semplici fasce di
color bruno o rosso, riutilizzati per sepolture di infanti nel corso del vi sec. a.C., che indirettamente testimoniano che in città
l’uso di elementi di terracotta per la copertura dei tetti viene
introdotto più o meno nello stesso momento in cui accade nella maggior parte dei più importanti centri della penisola italica,8 contestualmente al ricorso a terrecotte di rivestimento per
gli edifici pubblici di legno, documentato dall’antefissa con
gorgone e dai frammenti di tegole di gronda recuperati in via
Polveriera e pertinenti al sistema di copertura del tetto di un
edificio templare extraurbano (Fig. 6), che doveva essere simile alle vetigia gaei moi che, secondo Pompeo Trogo nell’epitome di Giustino, anche a Nola, oltre che in tante altre cit-
1 Barbati 1934, p. 83. Per l’importanza dell’antico nel De Nola di Ambrogio
leone cfr. De Divitiis et alii 2018.
2 Barbati 1934, pp. 38-45.
3 Barbati 1934, p. 84.
4 Barbati 1934, p. 83.
5 Beloch 1890, pp. 457-458.
6 La Greca, Valerio 2008; Cesarano 2012, pp. 49-82.
7 V. upa, pp. 9-10, nota 1.
Fig. 5. Pergamena aragonese della fine del xv secolo raffigurante
la Nola tardomedievale con l’anfiteatro all’esterno delle mura.
tà della penisola italica, possono ancora osservarsi a cavallo tra
i sec. a.C. e i sec. d.C. e fornire una prova della fondazione calcidese della città.9
Meglio note ci sono le vicende storiche della Nola diventata
sannita, insieme a tutti i centri della regione, dalla seconda metà del v sec. a.C. Nel racconto dei fatti del ellum eapolitaum,
scoppiato nel 326 a.C. e mutatosi in men che non si dica in seconda guerra sannitica, per la prima volta vengono menzionate mura difensive che ne perimetrano lo spazio urbano, forse
quello che Diodoro Siculo chiama ἀκρόπολις,10 quando nel 313
a.C., i Nolani apprendono del sopraggiungere dei Romani per
conquistare la città e e ita moeia u advetum ditatoi et
Samitium omi multitudo et Nolaa ageti otuleat.11 Sono,
molto probabilmente, le stesse mura all’interno delle quali nel
216 a.C. si asserraglia il pretore romano Marcello per scongiurare la presa della città da parte di Annibale, quando itui
deide utimque aie oeptae, Romaoum po moeiu Nolae,
Poeoum ate ata ua.12 Le tre porte urbiche presso le quali
Marcello dispone le sue truppe per respingere l’assalto dei Cartaginesi13 devono trovarsi sul lato sud delle mura se Annibale
giunge a Nola e vi pone l’accampamento dopo aver conquistato Nueia.14 Sul piano archeologico rimane dubbia l’ipotesi,
8 Torelli 1983, p. 472.
9 Iust. 20, 1, 1-16.
10 Diod. 19, 101, 3.
11 Liv. 9, 28.
12 Liv. 23, 16, 4.
13 Liv. 23, 16, 8.
14 Liv. 23, 16, 2. A ipotizzarlo è già nel 1512 Ambrogio Leone (cfr. Barbati
1934, pp. 44-45).
18
mario cesarano
Fig. 6. Coppi di età arcaica provenienti dalla necropoli di Nola.
Fig. 7. Nola, Anfiteatro: strutture di edifici di tufo con pavimenti in cocciopesto al di sotto dei fornici di accesso alle gradinate.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
avanzata dall’ispettore archeologo Onorato, di trovarsi di
fronte a un tratto della cinta muraria di età sannitica, quando
nel 1958, relazionando in merito ai lavori di facimento di via
Mario De Sena, riferisce che nel punto in cui la nuova strada è
sormontata dal ponte ferroviario della Circumvesuviana, si
rinviene «una complessa costruzione in opera quadrata di
blocchi di tufo del periodo sannitico preromano (…) l’edificio
sannitico scoperto diventa sempre più grandioso, in alcuni
punti l’altezza raggiunge i 5 m, attualmente è difficile individuarne la natura e la funzione».1 Ne fornisce una descrizione
anche Francesco Palliola, incaricato di seguire scavi programmati dalla Soprintendenza a Nola:
19
una complessa costruzione in opera quadrata di blocchi di tufo,
(…) cioè di blocchi tufacei di grosse dimensioni, squadrati a forma di parallelepipedi rettangolari, ed uniti fra loro senza legamento di calce, per semplice combaciamento delle superfici. Lo
scavo … fu allargato su di una superficie di oltre 100 m quadrati
(…). Verso il lato orientale risulta addossata al muro, una costruzione in opu ietum di epoca posteriore … e allo stesso livello si
delineava il tracciato di una strada lastricata con blocchi di calcare
rozzamente tagliati e connessi … e una porta. Tale porta di proporzioni piuttosto ampie fece pensare che potesse trattarsi di una
porta secondaria della città, ma tale ipotesi mi sembrò inaccettabile per il fatto che intorno ad essa non si delineava chiaro l’andamento delle mura di cinta.2
A seconda dell’identificazione di questi imponenti resti, si
collocano fuori o dentro le mura i resti degli edifici di età
sannitica rasi al suolo entro la metà del i sec. a.C. per l’edificazione dell’anfiteatro, che si conservano a livello pavimentale al di sotto del piano di calpestio delle gallerie di accesso
alle gradinate della cavea, con muri di tufo grigio e pavimenti di buon cocciopesto (Fig. 7), ma per i quali, per ora, mancano dati che consentano di definire con precisione la cronologia della fase inziale e che potrebbero aver occupato lo
stesso spazio suburbano degli aedifiia iumieta mui, che
nel 313 a.C. vengono dati alle fiamme dal ditato romano per
facilitare ai suoi soldati l’assalto alle fortificazioni.3 Dal racconto liviano della guerra annibalica ricaviamo anche l’informazione dell’esistenza di un foro urbano, nel quale Marcello
riunisce, per punirli, quanti tra i Nolani hanno cercato di
tradire i Romani e consegnare la città ad Annibale,4 ma non
abbiamo nessun elemento per collocarlo all’interno dello
spazio cittadino.
Il passo in cui Diodoro Siculo riporta che nel 313 a.C. dopo
aver conquistato Nola Quinto Fabio τοῖς δὲ στρατιώταις
πολλὴν τῆς χώρας κατεκληρούχησεν,5 potrebbe supportare
l’ipotesi di una pianificata organizzazione del territorio rurale di Nola già in età sannitica, non diversamente da quanto
si ipotizza per gran parte del territorio regionale a partire dal
momento in cui si intensificano i contatti con Roma.6 Potrebbe ricondursi alla viabilità connessa a quest’organizzazione del territorio extraurbano la via teea perpendicolare
all’odierna via Seminario, ai piedi della collina di Sant’Angelo in Palco (Fig. 8), la cui costruzione non è successiva alle
più antiche sepolture a cassa di tufo databili agli inizi del iii
sec. a.C., che gli si allineano.7 La città, con le sue pertinenze,
dunque, fa parte di un sistema territoriale già ben strutturato
su una rete viaria (Fig. 9), che ha in Pompei il suo più immediato sbocco al mare8 e la sua spina dorsale in un percorso che è già ben delineato, quando nel 132 a.C. viene inserito
nella maglia stradale romana come via a Regio ad Capuam o
“via Popilia”.
Non possediamo alcun dato archeologico relativo a nuclei
abitativi stanziati nelle campagne, ma la presenza di insediamenti sparsi lungo questo percorso è documentata indirettamente da nuclei di necropoli di età sannitica rinvenuti nel
territorio di Palma Campania, nel luogo che potrebbe identificarsi con la tatio ad Teglaum indicata sulla Taula Peutigeiaa a 5 miglia a sud di Nola (Fig. 10).9 Sulla stessa via è probabile che si affacci il santuario posto sulla collinetta in località
La Vigna a San Paolo Bel Sito, al quale appartengono alcuni
resti di pavimento e di capitelli a volute di tufo e i materiali fittili in abbondanza recuperati in una fossa di scarico, che ne
consentono di circoscrivere la vita tra il iv e la fine del ii sec.
a.C.10 Fuori dalle mura è anche il santuario consacrato ad Ercole, le regole di gestione delle cui proprietà, definite concordemente dalle città di Nola e di Aella, sono note dal Cippu
1 La notizia della scoperta è solo segnalata da Donceel 1963, p. 599, ma
trattata in Donceel 2008-2009, pp. 62-75.
2 Avella 1990, pp. 25-26.
3 Liv. 9, 28.
4 Liv. 23, 17, 1. Annibale assedia per ben tre volte Nola tra il 216 e il 214 a.C.
senza mai riuscire ad espugnarla.
5 Diod. Sic. 19, 101, 3.
6 Ruffo 2011-2012, p. 60.
7 Cesarano 2018, pp. 30-39. L’asse viario di via Seminario corre in direzione del luogo di rinvenimento della tomba a cassa di tufo di fine iv-inizi iii sec.
a.C. detta “del Cavaliere” e delle tombe della stessa tipologia e cronologia
individuate in Masseria Sarnella, suggerendo che ci troviamo di fronte a
un’ampia area di necropoli, in uso non prima della fine del iv sec. a.C., che
continua ad estendere verso est la grande necropoli settentrionale della città,
oltre Piazza d’Armi.
8 Strabo 5, 4, 8; Cerchiai 2014, p. 79. Per una via Pompeii-Nolam cfr. Ruffo 2011-2012, p. 68 nota 34.
9 Albore Livadie et alii 1998, pp. 59-60; Ruffo 2010, pp. 267-268. Per
l’identificazione di ad Teglaum con Sarno e non con Palma Campania cfr.
Iannelli 1988, pp. 17-22.
10 Albore Livadie, Vecchio 1996, pp. 256-258; Albore Livadie et alii
1998, p. 51.
Fig. 8. Nola, via Seminario: via teea (iv sec. a.C.).
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mario cesarano
Fig. 9. Taula Peutigeiaa: frammento con via a Regio ad Capuam nel tratto nolano.
Aellau,1 il cui testo, databile alla seconda metà del ii sec.
a.C., specifica che il akaaklùm heeklei si trova al confine tra
i territori di Nola e di Avella, presso il luogo indicato col termine osco lage, la cui interpretazione rimane ancora incerta.2
Infine, un luogo di culto in uso tra il iv e i primi decenni del i
sec. a.C. è stato parzialmente portato alla luce in via Guadagni a Cimitile, a circa 2 km a nord di Nola, allineato a una via
realizzata con un battuto a base di tufo, dove tra i reperti mobili si è recuperata una statuina di bronzo di un Ercole imberbe e coperto della sola leotè.3
Alla conquista della città Silla fa seguire la deduzione di una
colonia.4 La città viene ampliata e dotata degli edifici consoni
alla vita di una società urbana, i cui cittadini affidano a statue
togate il compito di rappresentarne l’adesione a forme culturali romane e il sostegno politico alla nuova classe di governo.
La fervente attività edilizia è ben testimoniata dall’evidenza archeologica nel settore ad ovest e a sud dell’odierno centro storico, rimasto completamente fuori dai circuiti murari che si sono succeduti a partire almeno dall’età medievale e interessato
da un progressivo processo di urbanizzazione soltanto a partire dagli anni ’70-’80 del xx secolo.
All’incirca nel 1932 in via Polveriera nelle fondazioni della
Vetreria Masullo, oggi dismessa e abbandonata, vengono recuperati i frammenti marmorei di due architravi, uno dei quali
1 L’iscrizione fu rinvenuta nel xviii secolo reimpiegata in un edificio ad
Avella e acquisita alle collezioni del Seminario Vescovile di Nola (cfr. Murano 2011, pp. 267-324).
2 La Regina ne propone la traduzione latina con ampu, col significato di
luogo di mercato. Per una sintesi degli studi sull’iscrizione e il relativo santuario cfr. Cinquantaquattro 2013a, pp. 56-65. Per il significato di akaaklum
cfr. De Cazanove 2017, pp. 115-131.
3 Albore Livadie, Vecchio 1996, p. 256; De Caro 1997, pp. 429-430. Il
rinvenimento della statuina di Ercole ha riaperto la discussione sull’individuazione del tempio cui fa riferimento il Cippu Aellau, che si è anche
proposto di riconoscere in un’area di culto indagata a sud di Avella in località Paenzano, oggi nel Comune di Tufino, dove sono state trovate due statuette di Ercole (cfr. Cinquantaquattro 2013a, p. 63; Cinquantaquattro
2013b, p. 17). Va osservato che da soli gli idoletti dell’eroe non sono sufficienti a definire con certezza l’attribuzione delle menzionate aree di culto
ad Ercole. Si prenda il caso della sua statuetta, simile nelle fattezze e vicina
per cronologia a quella di Cimitile, proveniente dal Tempio di Iside a Pompei (cfr. Parisi 2016, pp. 200-201, fig. 19).
4 Camodeca 2012, pp. 297-302.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ ager nolanus
Fig. 10. Nola, Museo storico archeologico: apografo di cippo con iscrizione osca.
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22
mario cesarano
Fig. 11. Nola, Anfiteatro.
Fig. 12. Rilievo della porzione dell’anfiteatro portata alla luce.
recante l’iscrizione che ricorda la ricostruzione del tempio del
Geiu Coloiae, collassato per scosse telluriche, su interesse
dell’imperatore Tito, nell’81 d.C., molto probabilmente sotto
la direzione dei uatoe etituedae Campaiae, inviati per
riorganizzare il territorio campano vittima dell’eruzione vesuviana del 79 d.C.1 Strutture pertinenti all’edificio vengono alla
1 «ae», 1994, n. 413; edr 094068, con bibl. di riferimento. L’evento sismico che danneggia il tempio deve rintracciarsi tra uno di quelli compresi tra il 62 e il 79
d.C. (cfr. Soricelli 2001, p. 142 e con bibl. alla nota 15).
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
23
Fig. 13. Nola, via Polveriera n. 56: muri della domu seppellita da macerie, coperte dall’eruzione “di Pollena”.
luce nel marzo 1951, quando durante lavori di ampliamento
dell’impianto industriale, nel realizzare i cavi delle fondazioni
si intercetta
gnatura di sezione pentagonale e con tegole a cappuccina che sottostante al pavimento in mosaico, ha rotto in alcuni punti del suo
percorso il precedente pavimento in opu piatum.1
una costruzione di particolare consistenza in muratura d’opera
laterizia e con un pavimento in parte in cocciopesto, in parte a
mosaico, edificio rivestito di intonaco alle pareti. Nell’attraversare
e perforare lo strato antico questo è andato distrutto nella parte
occorrente per la fondazione dei pilastri ma l’imponenza della costruzione appare tuttavia pienamente visibile dalla stratigrafia dei
pozzi (…) ho potuto nettamente constatare in uno di essi l’impianto di una fognatura nonché una tubatura d’acqua a fistula
plumbea … i cavi sono stati effettuati nella zona dalla quale proviene l’iscrizione dell’imperatore Tito dell’anno 80 con la menzione del tetatylum Gei Coloiae.
accertare che si tratti di un edificio con due diverse fasi struttive.
La fase più antica a circa m. 3,50 di profondità è caratterizzata nella stratigrafia da un pavimento in opu piatum (…) La fase più recente a 60 centimetri al di sopra della precedente e a circa m. 2,90
di profondità dal suolo si rivela invece attraverso un pavimento a
mosaico in tessellato bianco (…). Connesso con la seconda fase
struttiva del pavimento a mosaico sono altresì dei grossi muri in
opera laterizia (uno dei quali dello spessore di m. 1,80) di carattere
per ora non chiaramente rilevabile nonché l’impianto di una fo-
Va segnalato, a questo punto, anche il rinvenimento in località
Masseria di Monsignore, a poche decine di metri ad ovest rispetto alle Vetrerie Masullo, dell’iscrizione del quattuovi Caiu Catiu, che negli stessi anni ampum pulie aequadum uavit, maeiem et hola et olaium, emitam de (ua) p(euia)
f(aiuda) (uavit), Geio oloiae et olooum hooi aua,
quod pepetuo feliite utatu.2 Il ampu, che il magistrato fa livellare coi fondi pubblici, potrebbe essersi trovato non troppo
lontano dal templum Geii oloiae, circondato da un muro di
cinta (maeie) e dotato di strutture (hola et olaium) e degli
ampi spazi necessari allo svolgimento delle funzioni alle quali
è adibito, tra cui, probabilmente, anche l’addestramento dei
gladiatori, che da questo momento prendono ad esibirsi nell’anfiteatro, costruito ad appena 50 m a nord-ovest del tempio
del Geiu Coloiae (Figg. 11-12).3 Allo stesso periodo si data
l’impianto, con muri in quai etiulatum o etiulatum, di tutte
le domu individuate nell’area tra via Polveriera e via Saccaccio (Fig. 13). Se fosse corretta l’identificazione dei resti descritti da Onorato con le mura di età sannitica, a soli 50 m a est
della Vetreria Masullo, l’intero quartiere comprendente il
tempio del Genio della Colonia, le domu circostanti e l’anfiteatro occuperebbe un’area precedentemente exta moeia, la
cui destinazione all’uso funebre potrebbe essere indiziata dal
rinvenimento di numerosi frammenti di ceramica di età arcai-
1 Archivio sabap-na-met, “Nola”, n 6/9.
2 c, x, 1236; Camodeca 2012, pp. 301-302.
3 L’edificio destinato agli petaula o ludi gladiatorii è, invece, quello che
il Leone chiama «anfiteatro laterizio», che, edificato poco dopo la conquista
romana, usando parzialmente le mura settentrionali come sostruzioni, oggi
si conserva per tutta la sua ellisse e fino a tutta la media cavea ed è stato portato alla luce per un quarto della sua grandezza (138 × 108 m): cfr. Tosi 2003,
pp. 153-154; Cesarano 2012, pp. 49-82.
Oltre a questa Giovanni Oscar Onorato, ispettore della Soprintendenza, invia nel mese di aprile al Soprintendente alle Antichità, Amedeo Maiuri, una seconda relazione sull’ampliamento dello scavo, che gli ha consentito di
24
mario cesarano
Fig. 14. Nola, via Antica Muraglia: resti delle mura urbiche di età sillana.
ca recuperati nello scavo delle domu nell’ex proprietà Manna
e in proprietà Caccavale. Il grande ampliamento si completerebbe con l’erezione delle mura, a ridosso delle quali viene
realizzato l’anfiteatro, delle quali si conserva un tratto con
orientamento nord/est-sud/ovest, visibile per circa 200 m di
lunghezza e per un’altezza tra i 2 e i 3 m, nella località che da
esse prende il nome di Muraglia (Fig. 14). Non ne è mai stato
avviato lo studio né un rilievo stratigrafico, ma ad una semplice osservazione autoptica è possibile riscontrare che la fase
più antica si caratterizza per un paramento esterno in opu
quai etiulatum identico a quello riscontrabile nelle coeve domu. Nell’area immediatamente a nord tre diversi scavi, tra il
1997 e il 2019, hanno consentito di individuare su una lunghezza complessiva di circa 500 m tratti di una via teea, che corre
parallelamente alle mura ad una distanza tra i 30 e i 40 m (Fig.
15). Con leggere variazioni nelle misure della carreggiata,
dall’alto in basso si susseguono almeno sei battuti stradali, il
più antico, nel quale si sono recuperati frammenti di anfore
del tipo Dressel 1, databile contestualmente all’erezione della
cinta muraria, dalla quale viene diviso da un grande fossato.
Nello stesso momento e con lo stesso orientamento, insieme
al fossato e alla strada viene realizzata una pavimentazione di
lastre di tufo giallo, in connessione tra di loro senza l’uso di
malta, che si affianca per tutta la sua lunghezza alla strada sul
suo lato nord (Fig. 16). La pendenza di oltre 1 m in direzione
ovest riscontrabile tra i due punti estremi in cui è stata intercettata, distanti tra loro all’incirca 500 m, supporta l’ipotesi
che si tratti di un’importante opera idraulica, funzionale a
convogliare e a smaltire le acque di scarico provenienti dalla
città. Nel tratto individuato quasi in corrispondenza della Muraglia la pavimentazione è marginata da muri che ricordano
l’opu afiaum, con pietre di tufo irregolari chiuse tra blocchi
di tufo in posizione verticale (Fig. 17). Molto più complessa la
situazione nel tratto più a est, alla via San Massimo n. 3: la pavimentazione dopo un tratto rettilineo, proseguendo a est
compie una curva verso sud, andando, molto probabilmente,
a intercettare una condotta attraverso le mura (Fig. 18); in un
primo tratto la parete sud, che fiancheggia il battuto stradale,
ha la tecnica simile all’opu afiaum (Fig. 17) mentre quella
nord è in opu quai etiulatum (Fig. 18); in prossimità della
curva e oltre, la parete sud diventa opu quadatum, con grossi
blocchi di tufo posti orizzontalmente, mentre a nord l’opera
quadrata per un breve tratto è sottoposta al quai etiulatum
e poi prosegue da sola (Fig. 18). Nessun dato consente di dire
se il canale fosse coperto o meno. Immediatamente al di là del
canale, in tutti i tratti indagati, ha inizio l’area di necropoli,
che si estende a nord per circa 300 m, in uso tra la seconda metà dell’viii sec. a.C. e il iii sec. d.C., molto probabilmente,
parzialmente intaccata proprio dalla realizzazione del fossato,
della strada e del canale.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
Fig. 15. Nola, via Antica Muraglia: via teea.
Fig. 16. Nola, via Antica Muraglia: via teea e canale con lastre di tufo giallo.
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Fig. 17. Nola, via San Massimo n. 3: via teea e canale con lastre di tufo giallo.
Fig. 18. Nola, via San Massimo n. 3: via teea e canale con lastre di tufo giallo.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ ager nolanus
Fig. 19. Nola, via San Massimo n. 3: rilievo dello scavo con, partendo da sinistra, la via terrena,
il canale pavimentato con lastre di tufo e sepolture di età arcaica e sannitiche.
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Fig. 21. Nola, via Anfiteatro Marmoreo: resti del teatro.
Fig. 22. Nola, via Anfiteatro Marmoreo: resti del teatro.
Le mura in via Antica Muraglia segnano il confine del centro abitato a nord, mentre a sud il limite dovrebbe spingersi, in
linea d’aria alla distanza di 1 km, fin circa alla metà dell’odierna
via Feudo, se è corretto riconoscere i resti di una porta urb
ur ica
nel corso di scavi, dei quali
q
è stanei blocchi di tufo individuati
indi
ta data soltanto una scarna notizia,1 condotti tra il 1979 e il 1984
ai lati di una via ilie tata
orientata quasi
q
perfettamente nordsud, al di sotto della strada moderna (Fig. 20). È a questi
q
resti
q
rileva
che deve
v riferirsi l’umanista Ambrogio Leone quando
che «movendo inoltre dall’anfiteatro marmoreo in linea retta
verso scirocco, dopo circa cento passi, si presenta un altro luogo rigonfio, dove allo stesso modo si crede che sia stato il muro
della città e similmente una porta con torri».2
I resti di quello
q
che Leone chiama “anfiteatro marmoreo”
sono stati individuati e parzialmente indagati nella località che
significativamente ha il nome di Castello rotto, nello spazio
compreso tra via Anfiteatro Marmoreo e via Giacomo Imbroda (Figg. 21-22).3 Si tratta in realtà del teatro, edificato presu-
mibilmente nella piena età augustea,, qquando con la deduzione
mi
di una nuova colonia4 si dà avvio a un progetto di riquali
q ficazione urb
ur ana, che promuove interventi di restauro presso l’anfiteatro e affida alla decorazione degli edifici pubblici un make
up completo del paesaggio ideologico dello spazio urb
ur ano nel
segno dei valori del principato.5
Strutture murarie «pertinenti forse ad un tratto della murazione di Nola» sono emerse anche durante i lavori di costruzione di un fabbricato per civili abitazioni nel 1985, all’odierno
n. 99 di via Saviano, sotto cui nel 1986 tra gli odierni numeri civici 75 e 83 si rinviene per un tratto di 22 m una strada lastricata,
con uguale orientamento di quella
q
moderna, fiancheggiata su
entrambi i lati da edifici con zoccolo di laterizi ed elevato in
opu eti
ulatum (Fig. 23).
La scarsità di dati ricavabili dalla documentazione esistente
non consente di assegnare una cronologia certa ai resti di via
Feudo e di via Saviano. Da documenti d’archivio6 si ricava che
lungo la stessa via Feudo, procedendo in direzione sud, in diversi scavi d’emergenza nel corso dei recenti anni Ottanta sono state rinvenute: sepolture «preromane»; resti «di un edificio
a pianta rettangolare, in irregolare opera vittata di tufo, orientato approssimativamente e-o, con due varchi di ingresso sul
lato n e privo del lato breve o», che per «l’assenza di un qual
q -
1 Sampaolo 1986, p. 114, nota 5.
2 Barbati 1934, p. 44.
3 Tosi 2003, p. 154.
4 Camodeca 2012, pp. 302-310.
5 Ne sono testimonianza i sei pilastrini di calcare recuperati nell’anfiteatro,
decorati sulla fronte con trofei d’armi, figure di barb
ar ari e amazzoni sottomessi e in catene e, in un caso, con l’immagine di una cinta muraria circolare
turrita (Capaldi 2005, pp. 65-88, 122-129; Capaldi 2006, pp. 439-468; Legrottaglie 2008, pp. 222-223).
6 Si tratta di relazioni relative a sopralluogh
alluog i eseguiti da personale tecnicoscientifico della Soprintendenza nel corso di lavori di edilizia privata, attualmente in fase di studio.
Fig. 20. Nola, via Feudo: strada basolata.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
29
siasi piano pavimentale, di tegole o di fomae e di qualsiasi
q
elemento di carattere funerario» si è proposto di riconoscere in
«un recinto per immagazzinamento di derrate o per ricovero
di animali», databile sulla base della tecnica muraria al iv-v
sec. d.C.»; «sepolture ipogeiche di epoca paleocristiana».
, in direzione ovest in via Saviano, a poProseguendo, invece
in
co più di 100 m dal rinvenimento dei resti della presunta cinta
ur ica, tra i numeri civici 185 e 187, nella primavera del 2017 sourb
no venuti alla luce quelli
q
di una villa suburb
ur ana (Fig. 24). La
maggior parte dei muri è stata asportata dopo che l’eruzione
“di Pollena” ha obliterato i cumuli di macerie degli ambienti
attentamente destrutturati in età tardoantica. I pochi muri
conservati in opu eti
ulatum e una colonna di laterizi si collocano nel pieno i sec. d.C. Probabilmente lo stesso ev
evento sismico che cagiona il crollo del tempio del Geiu Coloiae, tra
il 62 e il 79 d.C., arreca notevoli danni all’impianto residenziale, motivandone un riassetto, nel quale
q
in uno spazio esterno
all’interno di una grande fossa di scarico vengono accumulati
accum
numerosissimi frammenti di intonaci dipinti di un ottimo iii
Fig. 23. Nola, via Saviano: strada basolata,
Stile databile agli anni 35-45 d.C., riconducib
riconduci ili a numerosi
fiancheggiata da edifici.
pareti e ad almeno cinque
q soffitti (Fig. 25).1
Sulla base delle evidenze fin qui
q discusse e dei numerosi altri
rinvenimenti sparsi nell’area del centro storico odierno (Fig.
Alle tre deduzioni coloniali gli studiosi moderni proponq
romana e
26) possiamo ipotizzare che la città tra la conquista
gono di agganciare altrettanti interventi di centuriazione del
la piena età augustea raggiunga ormai una superficie intorno
territorio,3 che vanno succedendosi e spesso sovrapponendoai 90 ettari, chiusa in un perimetro di oltre 2 miglia, più del
si, generando una situazione tanto complicata da div
diventare
doppio, cioè, di quella
q
immaginata da Beloch.
esemplare (quasi
(q
proverb
over iale) per quel
q
che riguarda controIl riferimento nel Lie Coloiaum a oloi et familia – termiverse attrib
attri uzioni di proprietà nei testi del gromatico Siculo
ne,, qquest’ultimo, che deve intendersi per l’insieme di lib
li erti e
Flacco del ii sec. d.C.4 Va
V precisato che ad oggi tutti i tentativi
schiavi imperiali – e alcuni titoli epigrafici, che attestano la predi ricostruire griglie centuriali nel territorio nolano sono stati
senza a Nola e nel suo territorio di personaggi legati alla casa
sulla base della cartografia moderna e sull’osservazione
f
fatti
flavia, depone a sostegno dell’ipotesi di una terza deduzione
delle foto aeree, nella totale «assenza di adeguati riscontri arcoloniale ad opera di Ves
V pasiano.2
Fig. 24. Nola, via Saviano nn. 185-187: resti destrutturati della villa suburb
ur ana.
1 Cesarano 2018, pp. 12-14.
2 Camodeca 2012, pp. 311-314.
3 Chouquer et alii 1987; Soricelli 2001, pp. 299-319; Ruffo 2011-2012, pp.
53-126.
4 Sic. fl. de div. xvi.
30
mario cesarano
Fig. 26. Cartografia della Nola moderna con indicate le evidenze archeologiche ad ovest e a sud del centro storico contemporaneo.
cheologici, sia in senso quantitativo che qualitativo – assenza
che costituisce il ricorrente e riprovevole carattere di tutta la
documentazione disponibile per l’area nolana».1 Ai catasti Nola i, datato concordemente in età sillana, Nola ii, considerato
dalla cronologia indefinibile o collocato in età augustea, e Nola
iii, assegnato ad età vespasianea, ma nel solco di un ripristino
dei limites sillani,2 è stato aggiunto un catasto Nola d o NolaPompei, che sarebbe stato messo a punto successivamente all’eruzione vesuviana del 79 d.C., completando «il quadro, invero complesso e quasi certamente non definitivo, dei diversi
assetti agrari che tra la fine del ii sec. a.C. e gli inizi del ii sec.
d.C. sembrerebbero essersi contesi la fertile piana compresa
tra gli antichi centri di Nola, Pompei e Nuceria».3
Ad uno scavo condotto nell’estate del 2017 si deve l’individuazione, per un tratto di circa 50 m, di una via terrena all’estremità occidentale dell’odierna via San Massimo, realizzata a
danno di sepolture databili tra il iv e il ii sec. a.C. (Fig. 27).
L’asse viario mantiene l’orientamento di circa 30° O per tre distinte fasi d’uso. La più antica si data nel ristretto range cronologico compreso tra la più tarda datazione delle sepolture, il ii
sec. a.C., e il terzo anno di principato di Caligola (37-41 d.C.),
quando viene coniato il quadrante di bronzo rinvenuto nello
1 Ruffo 2011-2012, p. 95. Sulla penuria di dati editi relativa a Nola si veda
cfr. anche Rescigno, Senatore 2009, p. 435.
2 Ruffo 2011-2012, pp. 101-102.
3 Ruffo 2011-2012, p. 126. A riprova delle incertezze tra cui si muove lo
studio delle centuriazioni nolane si consideri quanto evidenziato da Ruffo
2011-2012, p. 102 in merito alla possibilità che Nola ii interrompa Nola iii,
capovolgendo la loro successione cronologica.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
31
Fig. 25. Nola, via Saviano nn. 185-187: frammenti di affresc
ff
hi parietali e di soffitti in iii Stile dalla villa suburb
ur ana.
strato di preparazione del battuto di seconda fase.. T
Tenuto
conto della distruzione delle sepolture ascrivib
ascrivi ili alla compagine sannitica della popolazione, la realizzazione della strada
potrebbe ricondursi a un’operazione di organizzazione del
territorio extraurb
aur ano fatta dai Romani, in connessione con la
deduzione di età sillana o con quella
q
di età augustea. La carreggiata della strada di seconda fase, segnata in superficie dalle
numerose tracce del passaggio di carri, raggiunge una larg ezza di oltre 15 m. Una moneta di Gordiano iii e un’altra di
gh
Costanzo ii documentano l’ininterrotta sua continuità d’uso
32
mario cesarano
Fig. 27. Nola, via San Massimo: via tee
a al di sopra di sepolture di età sannitica.
fino al iv secolo inoltrato,, qquando uno strato di terreno prende a depositarsi sulla carreggiata fino a raggiungere uno spessore di circa 40 cm e sulla sua superficie si imposta il campo
arato, che viene coperto dai flussi vulcanoclasitici e alluvionali
dell’eruzione “di Pollena” (Fig. 28).
All’arrivo dei coloni e delle blasonate gete romane si deve,
dunque
q , la crescita della città tra i sec. a.C. e i sec. d.C., ma anche il proliferare di piccoli insediamenti sparsi, da semplici abitazioni rurali e ville rustiche a ville d’otium e ad abitati di più
ampio respiro di tipo paganico-vicanico, in un territorio di
grandi dimensioni, caratterizzato da una varietà di paesaggi,
che vanno dalla pianeggiante viia Veevo oa
a iugo, alle piccole
alture appenniniche e alle balze del versante
v
orientale del
Monte Somma-Vesuvio
-V
, primo rifugio dei rivoltosi di Spartaco
nel 73 a.C.,1 alle cui incursioni nella piana nolana si vorrebbe
ricondurre la rovina della villa in località Raggi nel Comune di
Ottaviano.2
Dell’esistenza di alcuni dei pagi siamo informati dalla documentazione epigrafica. Non siamo in grado di individuarne la
collocazione nell’age,3 ma i loro nomi di origine spiccatamente romana – Apolliai
, Salutai
,4 Laui
iu,5 Laita, Capi
ulau, Agifa
u e Myttiau – suggeriscono per alcuni di essi il
legame a contesti santuariali e chiariscono per altri la vocazione prettamente agricolo-pastorale.6 Il pagu Myttiau deve
aver preso nome dalla ge Muttia, impossessatasi di proprietà
terriere nell’agro nolano con Silla o con Augusto
A
.7 Di altri fondi prosperi nel i sec. d.C., da collocare, forse, sul versante del
Monte Somma, siamo a conoscenza grazie alle tavolette cerate rinvenute ad Ercolano, ma, forse, redatte a Nola, che menzionano il fudu Cadiau, per i cui prodotti il 16 ottobre del
40-41 d.C. un servo stipula il prezzo per conto della sua padrona Hee
ia Tetia, e i fondi Numidiau e Stlaaiiau, i cui
proprietari nel gennaio del 69 d.C. affrontano
ff
una disputa per
definirne i confini.8
La città e il suo territorio, in particolare la porzione meridionale, si giovano, a partire dall’età di Augusto
A
, dell’importante acquedotto
q
voluto dal principe per approvvigionare la
flotta di Miseno con le acque
q provenienti dalle sorgenti del
Monte Serino in Irpinia,9 del quale
q
possenti resti si conservano in località Tirone a Palma Campania,10 in località La
V
Vigna
a San Paolo Belsito11 e a San Gennaro Vesuviano
V
.12
L’infrastruttura idraulica si snoda ai piedi della propaggine
appenninica con percorsi sotterranei, ma poi, dirigendosi
verso Napoli, attraversa l’intera piana nolana, in parte con
1 Per le fonti storiografiche relative alla guerra di Spartaco cfr. Levi 1973,
pp. 171-174.
2 Cfr. upa
, p. 12.
3 Per ipotesi sulla localizzazione del Pagu Apolliai
cfr. Ebanista 2003,
pp. 18, 81-82 e nota 223 (con bib
i l. prec.). Sull’ipotesi che dal nome del pagu
Apolliai
possa derivare
deri
dell’odierna cittadina di Pollena cfr. Parma
q
quella
2009, p. 139.
4 c, x, 1251; Camodeca 2001, pp. 417-419; Camodeca 2008, pp. 263-272.
5 La plausib
lausi ile esistenza di un pagu Laui
u è supposta sulla base di una
dedica ad Augusto
A
inscritta dai Laui
iee su un’ara, che dal momento del
suo rinvenimento si è creduta provenire da una Chiesa di San Nicola dell’odierno Comune di Marzano di Nola, posto a pochi chilometri dall’attuale
cittadina di Lauro, il cui poleonimo si è proposto far derivare proprio dall’antico pagu romano (c, x, 1238; Camodeca 2001, pp. 415-416; Camodeca
2008, p. 271, nota 18). Ma recenti ricerche ne indicano la collocano nel xvi secolo presso la Chiesa di San Nicola de Raymi a Casamarciano (Castaldo
2019, pp. 25-55).
6 Camodeca 2001, pp. 413-433, in part. nota 24.
7 Camodeca 2001, p. 428, nota 56.
8 Camodeca 1999, pp. 521-544; Camodeca 2012, pp. 308-309.
9 Keenan-Jones 2010, pp. 1-18 (con bib
i l. prec.).
10 Sampaolo 1986, pp. 117-118.
11 Livadie et alii 1998, pp. 49-51.
12 Cicirelli 2012, pp. 58-60.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
33
Fig. 28. Nola, via San Massimo: stratigrafia con arature che coprono la via tee
a al di sotto degli strati dell’eruzione “di Pollena”.
ponti-canale, ai cui resti sopravvissuti in età moderna devono
i toponimi le odierne Madonna dell’Arco e Pomigliano d’Arco. La sua realizzazione dà, sicuramente, un notevole impulso all’economia della regione, sia in termini di maestranze e
manodopera utilizzate per la sua costruzione, sia in considerazione dell’impatto che ha sulle lavorazioni e produzioni
agricole del territorio, nonché per i vantaggi derivanti dall’uso di acqua
q corrente alle stesse attività entro le mura. Sul
versante orientale l’approvvigionamento idrico si avvale di
un altro acquedotto
q
, rifornito prevalentemente dal fiume Clai sui monti avellani, che risulta danneggiato e dismesso
q
quando
tra lo scorcio del iv e i primi anni del v sec. d.C. su
richiesta di Paolino da Nola viene riattato gratuitamente ad
opera degli abitanti di Aella per portare l’acqua
q al complesso
santuariale cristiano sorto intorno alla tomba del presbitero
Felice, morto nel iii sec. d.C.,1 nel luogo detto Coemeteium
,
oggi Comune di Cimitile.2
L’organizzazione del territorio passa per la costruzione di
un’efficiente rete stradale. Della più importante, la via a Regio
ad Capuam o “via
via PPopilia”, impiantata nel 132 a.C., nel territorio
nolano non si conserva nessuna traccia diretta, ma se ne può
ipotizzare il tracciato a sud della città seguendo la dislocazione
dei mausolei romani che si susseguono su via San Paolo Belsito a Nola e la Strada Statale 367 in direzione di Palma Campania, lungo il percorso segnato per la via sulla Taula Peutige
ge a tra Nola e ad Teglaum (Fig. 10).3 Più complicato risulta
ia
rintracciarla a nord, in direzione di Sueula. Potrebbe identificarsi con la strada sulla quale
q
devono affacciarsi
ff
i monumenti
funerari individuati, ma non indagati completamente, su entrambi i lati di una trincea di circa 100 m, scavata nel dicembre
1990 per allocare un metanodotto, in corrispondenza della
Strada Statale 7 bis, alle spalle del mobilificio Nusco.4 La strada
“T
”, ovpotrebbe essere la stessa su cui prospettano le “Torricelle
vero i due mausolei “a conocchia” di via Polveriera, databili tra
il i sec. a.C. e il i sec. d.C. (Fig. 29), poco prima del suo ingresso in città. Con essa deve intersecarsi quella
q
secondaria, non
rinvenuta ma indiziata in località Croce del Papa dall’allineamento di ulteriori edifici funerari di età romana (Fig. 30).
1 Paol. Cam. xxi, 672-858. Per i resti di un acquedotto
q
romano ad Avella
A
cfr. Livadie et alii 1998, p. 70.
2 Per l’etimologia e l’evoluzione del poleonimo cfr. Ebanista 2003, pp.
48-50.
3 Resti
R di un sepolcro romano fiancheggiato da statue sono emersi nel luogo in cui oggi insiste l’Hotel Belsito, in via San Paolo Belsito, ma sono inediti.
Di questo
q
mausoleo, all’inizio della Strada Statale 367, riferisce Beloch 1890,
p. 461, che riporta che «un monumento funerario romano si trova anche nei
pressi di San Paolo, sulla strada per Sarno». Il disegno di un mausoleo romano
a Tegiai è posto accanto a quello
q
di un mausoleo funerario di Nola nel Codex
Detailleu B (cfr. Lanzarini, Martinis 2015, p. 164, tav
tav. xi).
4 Lo scavo è ad oggi inedito.
34
mario cesarano
Fig. 29. Nola, via Polveriera: uno dei due sepolcri “a conocchia” detti “Torricelle
“T
” (i sec. a.C. - i sec. d.C.).
Fig. 30. Nola, via Croce del Papa: sepolcri di età romana.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
Non abbiamo elementi per risalire con certezza alle strade
alle quali
q
appartengono due colonne miliari di marmo, recuperate nel territorio nolano. La prima, conservata nel palazzo
dei Capecelatro a Nola agli inizi del xvii e confluita nelle collezioni del Seminario Vescovile
V
della città nel xviii secolo, reca
una prima dedica posta a Massenzio tra il 306 e il 312 e una seconda a Giuliano tra il 361 e il 363. La seconda, recuperata nel
cuore del centro storico di Somma Vesuviana
V
, riporta una dedica a Costantino, collocabile tra 312 e 324 d.C., e un’altra agli
A
Augusti
V
Valentiniano
,T
Teodosio e Arcadio, databile tra il 388 e
il 392 d.C. (Fig. 31).1 Quest’ultimo miliario potrebbe riferirsi alla via che collega Napoli e Nola in una carta settecentesca
(Fig. 32), che corre a valle del pendio sul quale
q
sorge la “villa
q
si interaugustea” di località Starza della Re
R gina e con la quale
seca la «strada che viene da Somma», da identificarsi, forse,
con la via Summee di alcuni documenti dell’xi secolo.2 Un
suo tratto, pavimentato con basoli, potrebbe essere stato identificato nel 1963 in via San Gennarello a Pollena Trocc
T
hia, a circa 3 m di profondità dal piano di calpestio moderno.3 Potrebbe, infine, entrare a Nola per il tratto di via ilie tata
scoperta
nel 1986 in via Saviano.
È da supporre che un impatto di non poco conto abbia sul
nel 26 d.C. su interessamento di Tib
i eterritorio la oeatio
rio della dimora degli Otavii in cui si spegne Augusto
A
.4 È plausi ile che le proprietà della sua famiglia fossero proprio sul versib
sante orientale del Monte Somma, nel territorio del Comune
che ne avrebbe derivato il poleonimo di Ottaviano. Di un edificio di notevole impegno architettonico scoperto durante lavori senza alcun controllo da parte della Soprintendenza, su
un’altura ai confini tra Ottaviano, Saviano, San Gennaro Vesu
V viano e Nola, in via degli Alb
l ertini, alcuni anni fa gli operai raccontano di aver individuato alte colonne di marmo, capitelli
corinzi, iscrizioni e una statua. Di certo si conserva presso il
Museo storico archeologico di Nola l’unico pezzo che si è salvato dal rinterro dello scavo e dalla dispersione dei materiali
recuperati. Si tratta di un capitello composito di marmo bianco (Fig. 33), alto circa 73 cm, con un diametro alla base di 50
cm. La parte inferiore del kalatho presenta una corona di foglie d’acanto. Dall’echino, decorato da rosette a quattro
q
petali,
a olte da racemi vegetali, che si sviluppano in girali, si diraavv
mano le volute a nastro spiraliforme, desinenti in foglie
d’acanto. La mancanza di decorazione su uno dei lati suggerisce che fosse originariamente posto su una semicolonna addossata a una parete.5
35
4. 2. Dall’euzioe veuviaa del 79 d.C.
all’età di Cotatio
A partire dal terremoto del 62 d.C. gli eventi catastrofici, che
culminano nell’eruzione del Vesuvio
V
del 79, incidono pesantemente sulle vicende economiche e sociali della regione. L’epigrafia e l’archeologia documentano che Nola risponde con
una resilienza straordinaria, immediata. Se un’iscrizione attesta che il ripristino del tempio del Geiu Coloiae avviene per
intervento dell’imperatore,6 le fasi di ricostruzione della villa
suburb
ur ana in via Saviano e della villa rustica in località PainzaT fino, mostrano che i privati cittadini e cono nel Comune di Tu
loro che hanno proprietà nel territorio circostante dispongono
delle risorse necessarie alla ricostruzione dopo i danneggiamenti. Nella stessa temperie deve calarsi anche l’intervento
di restauro del teatro, con il rifacimento
rif
delle colonne e della
decorazione marmorea, promosso, per quel
q
che si ricava da
1 De Simone 2009b, pp. 159-160.
2 La carta è intitolata Piata e diego di tutte le lave he alao dal mote Somma ella maeia
ia del Dua di Ielzi ed è conservata presso la Società Napoletana
di Storia Patria (snsp 6g.3.1). Cfr. Cirillo 2003, p. 297, fig. 2; pp. 302-304. A tal
proposito è da segnalare che ancora in Veuvii po
pe
tu ex aediu egii
, una
carta del xviii secolo,, T
Trocchia-T
Tohlea compare come viu, al pari di Sa Seatiai viu (odierna San Sebastiano al Vesuvio
V
), di Maa viu (oggi Comu-
ne di Massa di Somma), di Baa viu e Tedu
ium viu (oggi rispettivamente
i quartieri
q
di Barra e di San Giovanni a Teduccio
T
della città di Napoli), tutti
posti lungo lo stesso asse stradale che da Napoli conduce al Monte Somma
(fig. 3) in Ruggiero 1888, fig. 1.
3 De Simone 2009a, p. 199.
4 Suet. Ti. 40; Tac. A. 4, 57; Cass. Dio 56, 46, 3. Cfr. Hänlein-Schäfer 1985, pp. 129-130.
5 Castaldo 2017, pp. 49-54 n. 90.
6 Cfr. upa
, p. 21, nota 1.
Fig. 31. Napoli, mann, n. inv
inv. 155732: colonna miliaria.
36
mario cesarano
Fig. 32. Napoli, Società Napoletana di Storia Patria:
Piata e diego di tutte le lave he alao dal mote Somma ella maeia
del Dua di Ielzi (xviii secolo).
un’iscrizione, dalla stessa e
pulia Nolaoum.1 L’impiego di
capitali messi in campo per il settore dell’edilizia, pubblica e
privata, negli anni prima e dopo l’eruzione vesuviana, deve
essere notevole, con un riflesso altrettanto importante sull’economia del territorio, in termini di movimentazione e
approvvigionamento dei materiali da costruzione e per il coinvolgimento di maestranze specializzate non solo nella costruzione e nel restauro di edifici esistenti, ma anche nella demolizione controllata di quelli
q
danneggiati, alla quale
q
si dedicano,
molto probabilmente, i uutoe
di un’iscrizione di età flavia
a
rinvenuta a Roma.2 Il giro d’affari
ff generato dal commercio dei
materiali edilizi funzionali al rimpiego deve occupare una
posizione considerevole nell’economia delle città antiche, se
tra l’età di Claudio e quella
q
di Ves
V pasiano si susseguono provvedimenti legislativi che ne regolamentano il funzionamento.3 All’abbattimento dei costi di approvvigionamento dei
materiali da costruzione, l’industria del riutilizzo associa il
vantaggioso risparmio in termini di smaltimento dei rifiuti
solidi urb
ur ani, tanto da guadagnare alle città romane l’etichetta
di elf-leaig
itie negli studi dei giorni nostri.4 In questo
q
complesso (ma tanto logico e comprensib
ensi ile) contesto si spiega come mai le macerie negli edifici nolani di via Saviano e di
località Painzano veng
v ano sepolti in fosse di scarico al di sotto
degli stessi piani di calpestio delle nuove costruzioni e non
smaltiti come rifiuti.
L’eruzione arreca, ovviamente, non pochi danni agli insediamenti ricadenti in quelle
q
aree dell’age Nolau più prossime
al vulcano, completamente distruggendone alcune e cancellandole dalla geografia umana del territorio. Ma se risponde al
vero l’ipotesi che vuole i cittadini nolani assegnatari di grandi
fette di quello
q
che era stato l’age Pompeiau, bisogna considerare che nel giro di pochi anni alcuni tra essi aumentano il loro
patrimonio fondiario, altri diventano ora per la prima volta
proprietari terrieri, molti tra essi investono nella costruzione
di villae rustiche e lussuose residenze di campagna, con particolare riguardo alle pendici del Monte Somma, dove sul paleodai materiali eruttati dal Vesu
V suolo potentemente fecondato
f
vio nel volgere di pochi anni si torna a godere di splendide
vedute panoramiche.5 Insomma, come accade dopo ogni catastrofe, deve esserci un boom economico proprio legato alla
ricostruzione.
I Flavii promuovono un importante programma di opere
pubbliche in città, la cui realizzazione deve essere affidata a Q.
Caeiu Q. f. Fal. Fitulau, noto in qualit
q
à di uato
ope(um)
pulio(um) datu a divo Aug. Vepa
iao, aed(ili), q(uaeto)
, vi e paef
aef(etu) faum, ma è plausib
lausi ile che proprio in questo
q
q
frangente essi volgano la loro attenzione anche all’acquisizio
ne di proprietà nell’age Nolau, della cui cura è incaricato un
li erto imperiale, onorato al tempo di Domiziano quale
lib
q
po
iai et divi Titi nell’iscrizione, che compare
uato
divi V
Vepa
su una base statuaria riutilizzata nel campanile medievale del
Duomo di Nola.6 È probabile che un ruolo di primo piano negli interventi promossi da Tito all’indomani dell’eruzione del
79 ricopra in città il senatore T. Rutiliu Vau, patrono della
città, molto vicino alla famiglia imperiale.7 Tra
T i protagonisti
del fermento sociale ed economico di cui godono la città e il
territorio sono senza dubbio anche i membri della ge Fiia,
che a Nola occupa i vertici della piramide sociale tra l’età au-
1 c, x, 1264; edr 139225.
2 c, vi, 940; Barker 2010, p. 128.
3 Si consideri la presenza ad Ercolano di una tavola di bronzo contenente,
come un testo unico in materia di rimpiego, i eatu oulta Hoidiau,
dell’età di Claudio, e Voluiau, dell’età di Nerone (cfr. Zevi 1992, pp. 39-58).
4 L’espressione di Rodríguez-Almeida 2000, pp. 123-127 è ripresa da Marano 2012, pp. 63-84, che tratta ampiamente l’argomento.
5 Già Camodeca 2012, p. 312. Cfr. anche Pagano 1995, pp. 35-44.
6 c, x, 1261; edr 105540; Camodeca 2012, pp. 311-312.
7 c, x, 1258; edr 123288; Camodeca 2012, p. 314.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
37
Fig. 33. Nola, Museo storico archeologico: capitello composito di marmo da via Alb
l ertini.
gustea e quella
q
traianeo-adrianea (e forse oltre), imparentandosi con i Cluvii e i Coellii
, e giungendo al senato con C. Fiiu
Po[- - -],1 cooptato nel 59 in un collegio sacerdotale, probabilmente quello
q
dei alii Collii, e con C. Fiiu Saiu, oul uffetu nell’83 d.C.2 L’intreccio familiare si fa ancora più complesso quando
q
nel ii secolo L. Coelliu
Cele Fiiu Rufi
Ru u,
patrono della città e forse di rango senatorio, sposa Varia
V
Pansina, della famiglia emergente dei L. Vaii
ii Amiuli, che nel 132
dona suolo e denaro per erigere una potium um tatui et vi u umii Veei
idi
Ioviae et oloiae.3 Nel 132-133 anche Q.
Plaiu Sadu
L. Vaiu
Amiulu, fratello di Varia
V
Pansina, è
senatore e patrono di Nola. La trama delle relazioni familiari
f
pone i notabili nolani nelle maglie di una rete di famiglie presenti nei più importanti centri e punti di riferimento economico della regione, da Napoli a Pompei, a Capua. Le condizioni di un’età prospera nel ii secolo inoltrato favoriscono,
accanto all’affer
ff mazione di famiglie blasonate, la scalata sociale anche di personaggi di estrazione lib
li ertina, che investono le loro risorse po
itoe
oloiae, come nel caso di [T.] Ma T. fil. Fal(ea) Iuliau, che assume prima dell’età prevista
iu
ei
ei fum(etaiae
) [idi?]ge
?] tium e offre
?]ge
ff
ffre
dalla legge la []uam
alla città spettacoli gladiatori, e come M. Staiu Comu, che ex
tetameto lascia le somme per abbellire la decorazione di un
settore del maellum.4
A incorniciare l’evergetismo locale è molto probabilmente
anche l’attenzione accordata alla città da parte dell’imperatore
Adriano, dedicatario in tre iscrizioni da Nola,5 una, in particolare proveniente da scavi effettuati
ff
nel xviii secolo in un edificio decorato con colonne e marmi pregiati, presso le rovine
dell’anfiteatro.6
Per la seconda metà del ii secolo si contrae sensib
sensi ilmente la
messe di dati ricavabili dalla documentazione epigrafica. Le
poche iscrizioni databili in questo
q
momento collocano in città
alcuni uato
e
ei puliae, ma è stato chiaramente dimostrato
che la loro presenza non deve leggersi necessariamente come
la spia di una crisi finanziaria, sì piuttosto come la risposta all’esigenza di monitorare la spesa pubblica contro abusi e spre-
ossi ilità di momenti di
chi, senza, comunque
q , ignorare la possib
difficoltà.7
Dunque
q , la vivacità e il fermento che caratterizzano la società urb
ur ana nolana a partire dalla tarda età flavia e per tutto il
ii secolo e l’intraprendenza delle più emergenti tra le famiglie
oni ilità di non didel notabilato locale, supportata dalla disponib
sprezzabili capitali, si riverb
er erano sicuramente sull’assetto del
territorio rurale. L’eruzione del 79 ha, certamente, un impatto
minimo su quelle
q
parti dell’age Nolau meno prossime al vulcano, dove, dopo interventi di restauro e talvolta di riorganizzazione degli spazi sul piano planimetrico e funzionale, si registra una certa continuità di vita delle villae, nella forma di
insediamenti di piccole e medie dimensioni impegnate nella
conduzione dei fondi agricoli annessi e dotate di più o meno
lussuosi settori residenziali, come nel caso degli insediamenti
individuati a Tu
T fino, a Visciano
V
e a Lauro. Ma la catastrofe
incide profondamente sull’assetto delle zone del versante settentrionale e orientale del Monte Somma e sulla piana immediatamente a valle, dove l’evidenza archeologica sembra registrare la scomparsa dei più piccoli insediamenti e la comparsa
di nuove ville, di dimensioni notevoli, nelle quali
q
si trasferiscono a pieno titolo le dinamiche caratterizzanti la socialità urb
ur ana, con l’impianto di settori residenziali deputati all’autorappresentazione del proprietario, attento ad ostentare la sua
uaita e l’elev
ele ato suo status, che deve alla ricchezza che gli
viene dalle sue proprietà fondiarie, con l’installazione di impianti termali e di piccole o grandi edicole destinate a culti,
scelti prevalentemente tra quelli
q
legati alla sfera dello sfruttaq
contesto che sormento delle risorse della natura. È in questo
gono nel territorio del Comune di Pollena Trocc
T
hia la villa di
Masseria De Carolis, del quale
q
rimane oggi il complesso termale (Figg. 34-35), e quella
q
di via San Gennarello, dove è stato
messo in luce un piccolo sacrario, dal quale
q
prov
rovengono una
statua marmorea di un Dioniso imberb
er e (Fig. 36), cinta la testa
di grappoli d’uva, un gruppo marmoreo con satiro e menade
e una maschera teatrale di marmo pertinente ad una fontana
(Figg. 37-38).8
1 c, vi, 2002.
2 Camodeca 2012, p. 313. Per i Fiii e le famiglie con loro imparentate a
Nola sono documentati l’augure (Sex.) Fiiu See
u (c, x, 1269), sua sorella
Fiia Sex. f. Rufi
Ru a (c, x, 1269; 1299), Cluvia M. f. Modeta Fiia
ia Ru
Rufia (c, x,
1299), Coelliu
Cele Fiiu Rufi
Ru u, pato
u di Nola d’età traianeo-adrianea, e
il duoviro e augure M. St[aiu/-atiu?] M. f. Pal. [- - -] Fiiu See
u Rutiliu
Caeiau (c, x, 1275). Per C. Fiiu Po[- - -] cfr. c, vi, 2002; pir2, f, 168; per
C. Fiiu Saiu cfr. «ae», 1969-1970, n. 6.
3 «ae», 1971, n. 85.
4 Camodeca 2012, p. 315.
5 Camodeca 2012, pp. 315-316.
6 Nella stessa area scavi saggi di scavo nel 1955 attestano la presenza «di
blocchi di marmo che fanno pensare allo stilobate di un tempietto o di una
edicola» (Rubino 2004, p. 11).
7 Camodeca 2012, pp. 316-317.
8 Cfr. upa
, p. 11, note 16-17.
38
mario cesarano
Fig. 34. Pollena Trocc
T
hia, Masseria De Carolis: terme afferenti
ff
ad una villa.
Fig. 35. Pollena Trocc
T
hia, via San Gennarello: edicola di culto (da De Simone 2009b).
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
Fig. 37. Pollena Trocc
T
hia, via San Gennarello:
ymplegma con satiro e menade (da De Simone 2009b).
Fig. 36. Pollena Trocc
T
hia, via San Gennarello: statua di Dioniso
(da De Simone 2009b).
In questo
q
vivace ed esuberante nuovo mondo viene impiantato il complesso edilizio in località Starza della Regina
R
a Somma Vesuviana
V
1 nelle forme monumentali della prima fase riconosciuta in elevato, con l’esedra, la cui parete di fondo è
sfondata da un grande ingresso dotato di un timpano decorato
da meravigliosi stucchi colorati con elementi del culto dionisiaco (Fig. 39), dalla quale
q
si dipartono le pareti rivestite di afaf
freschi e dotate di nicchie, che ospitavano le statue marmoree
di Dioniso (Fig. 40) e di una figura femminile panneggiata
(Fig. 41),2 e con le colonne di marmo africano sormontate da
capitelli corinzii, anch’essi di marmo, posti a chiusura di una
terrazza prospettante panoramicamente sulla piana sottostante (Fig. 42).
Gli attori di questo
q
scenario di trasformazioni, proprietari
di queste
q
grandi residenze, vanno ricercati, senza dubbio, tra
Fig. 38. Pollena Trocc
T
hia: maschera teatrale da fontana
(da De Simone 2009b).
1 Aoyagi, Angelelli 2012-2013 (con bib
i l. prec.).
2 De Simone 2010, pp. 337-353.
39
40
mario cesarano
Fig. 39. Somma Vesuviana
V
, “V
“Villa di Augusto
A
” in località Starza della Regina
R
: parete dell’esedra con stucchi colorati.
Fig. 40. Somma Vesuviana
V
, “V
“Villa di Augusto
A
”
in località Starza della Regina
R
: statua di marmo di Dioniso.
Fig. 41. Somma Vesuviana
V
, “V
“Villa di Augusto
A
”
in località Starza della Regina
R
: statua di marmo di peplophoo
.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
41
Fig. 42. Somma Vesuviana
V
, “V
“Villa di Augusto
A
”
in località Starza della Regina
R
: il colonnato di marmo.
Fig. 43. Somma Vesuviana
V
, “V
“Villa di Augusto
A
”
in località Starza della Regina
R
: cella vinaria.
i più insigni esponenti della società urb
ur ana di Nola, ma non è
escluso che alcuni di essi dimorino in altri centri della regione
e addirittura a Roma, dove a partire dall’età di Traiano
T
si constata la tendenza delle famiglie ascese ai vertici politici dell’im, ad acqui
q pero, provenienti dall’Italia ma anche dalle province
ro
stare terre nelle regioni centro-meridionali e in Sicilia, spesso
vendendo quelle
q
possedute nei paesi d’origine, per ricavarne
gli ingenti redditi necessari al raggiungimento di un tenore
adeguato al loro rango nella capitale,1 agevolate dalle condizioni fa
favorevoli
avorevoli alla trasformazione della proprietà terriera in
grande proprietà venutesi a creare nella regione vesuviana all’indomani dell’eruzione, con il venir meno dei piccoli proprietari e con l’aggravarsi della necessità di disporre di ingenti
capitali per avviare investimenti che possono procurare profitto soltanto a lungo termine.2
L’importante intervento di e
tylig
della villa a Somma,
con i grandi pilastri quadri
q
partiti, realizzati con grossi blocchi
di tufo locale, che vanno ad addossarsi in un certo momento
alle preesistenti pareti dell’esedra per sostenere volte stuccate
tra il grande portale e il colonnato, e con le absidi sul lato est,
riccamente decorate con affresc
ff
hi nei catini, con elementi
marmorei contro le pareti e con preziosi pavimenti, di cui
resta testimonianza soltanto in quello
q
in opu mixtum, che in-
q
in opu etile,
cornicia con tessere bianche e nere un riquadro
deve collocarsi almeno agli inizi del iii secolo, indizia una
prosperità della regione vesuviana, che contrasta con la tesi
di una crisi dell’agricoltura che investe la penisola italiana
omogeneamente tra la seconda metà del ii e la prima metà
del iii secolo,3 ed è, piuttosto, il riflesso della capacità economica di una élite urb
ur ana, che a Nola raggiunge i più alti livelli
di rango con il senatore Luiu Claudiu Polio Iuliu Iuliau
Galliau (che adisce il consolato e viene onorato dai Nolani,
tra i quali
q
sono anche suoi lib
li erti, come patrono della città e
otituto forse del teatro, cioè colui che nella prima metà del
iii sec. d.C. ne sostiene le spese di restauro) e con il senatore
Ceu Peto
iu P
Poatu Iuio Iutu (che tocca l’apice della
sua carriera come legatu Auguti in Africa nel 230-235, sicuramente imparentato con il senatore Luiu Puliliu P
Poatu,
console nel 250, a cui l’assemblea nolana dedica una statua tra
il 251 e il 270, e con il senatore Puliliu Felix, consolare nel
265-270).4
La comprensione dei nuovi assetti che assumono i territori
rurali non può prescindere da quella
q
del ruolo che in essi ricoprono gli insediamenti paganico-vicanici.. T
Tra quelli
q
che abbiamo visto configurarsi nell’age Nolau fin dalle età sillana e augustea, risultano ancora presenti nel cuore del iii secolo i pagi
1 Vera 1994, p. 243.
2 De Simone 2009a, p. 202.
3 Di trasformazioni delle modalità insediative e di produzione e non di
crisi spinge a parlare Vera 1994, pp. 239-248.
4 Per i senatori di provenienza nolana citati in questo
q
contesto cfr. Camodeca 2008, pp. 221-273, con tutti i riferimenti alle edizioni di epigrafi e relativa
bib
i liografia. Una disamina su tutti senatori noti da Nola per l’età romana è in
Camodeca 2012, pp. 296-328.
42
mario cesarano
Laita, Capiulau, Agifau e Myttiau. Considerato che
nello stesso momento, intorno al 264 d.C., compiono un atto
di omaggio, pressoché identico nella forma della dedica di una
statua, i primi tre all’imperatore Gallieno Augusto Pathiu
Maximu e l’ultimo a sua moglie Salonina Augusta, è probabile
che costituiscano un grande latifondo di proprietà imperiale.1
Tutte le basi iscritte sono state rinvenute nel centro storico di
Nola, ad eccezione di quella del pagu Capiulau, murata
nell’angolo del campanile della chiesa di San Barbato nel paesino di Lauro, dove, non è escluso che sia arrivata da Nola, confermando l’inestricabile legame tra i pagi e il centro urbano di
loro riferimento.
Ma nella documentazione epigrafica, e forse anche in quella
archeologica, potrebbero raccogliersi, comunque, indizi della
non estraneità dell’age Nolau alla crisi economica che si abbatte sulle città dell’impero nel corso della seconda metà del
iii sec. d.C.
Da alcune iscrizioni apprendiamo che il notabile nolano Pollio Iuliu Clemetiau, vissuto nel iv secolo inoltrato, viene
onorato con statue e acclamato in qualità di patrono e di persona miaili per i numerosi atti compiuti a favore della città
e dei suoi concittadini espressamente versanti in gravi difficoltà economiche, come desumibile dall’espressione odo feu,
con cui sembra potersi indicare l’assemblea cittadina priva di
risorse finanziarie.2 In particolare è menzionato come: edoato, ossia promotore e finanziatore del ripristino di un’importante strada pubblica; eeato, ossia colui che favorisce la
ripresa dei giochi nell’anfiteatro, ovviamente con l’investimento di grosse somme di denaro; uveto ivium eeitati
auaiae, ossia colui che soccorre i cittadini nel pagamento di
imposte al fisco imperiale. La mancata manutenzione di
un’importante asse viario, con la sua conseguente dismissione, l’interruzione degli spettacoli gladiatorii, sì intrinseci al
funzionamento della vita sociale di una città romana, e il forte
indebitamento della città possono essere la spia di una forte
crisi economica e sociale.
Un ulteriore indizio, forse più una suggestione, potrebbe ricavarsi dalla vicenda della villa rustica parzialmente portata alla luce sulla collina di Visciano, che nel pieno iii sec. d.C., viene abbandonata a seguito di un disastroso incendio, forse
proprio per l’impossibilità da parte dei proprietari di affrontarne le spese di ricostruzione nel quadro di una contingenza economica non favorevole.3
Anche per la villa di Somma deve ipotizzarsi un momento
di disagio nella seconda metà del iii secolo, se verso la prima
metà di quello successivo alcuni dei suoi ambienti vengono restaurati e si va verso la definitiva dismissione dell’uso residenziale del complesso edilizio o almeno della sua parte fino ad
oggi messa in luce.
Va comunque considerato che se da una parte la riforma
amministrativa dell’impero compiuta da Diocleziano sul finire
del secolo, con la creazione della tetrarchia, ha senz’altro lo
scopo di traghettare tutti i territori, ivi compresa la diocesi italiciana, fuori dalla crisi, dall’altra la provincializzazione dell’Italia lascia intendere che i poeoe italici e l’economia agraria
che essi muovono sono abbastanza forti «da tollerare i gravami
della iugatio-apitatio».4 La ripresa o il “risveglio della Campania”,5 se non una solida rinascita, può leggersi negli interventi
che interessano la provincia a partire dall’età costantiniana,
spesso ad opera proprio dell’imperatore, in particolar modo
dal momento in cui, sul finire del 324 d.C., essa viene elevata allo tatu di provincia consolare e assegnata a un governatore di
rango senatorio, individuato per la prima volta in M. Ceioiu
Iuliau igo Kameiu, e non più a un oeto di rango equestre.6 Malgrado le ombre che avvolgono la nostra conoscenza
degli obiettivi che Costantino persegue nell’attuare un simile
cambiamento, non è da sottovalutare l’incidenza che esso ha
sul favorire un’intesa tra il principe e la classe senatoria locale,
da un po’ di tempo in larga parte esclusa dall’accessione alle più
alte cariche dello Stato e ai supremi comandi militari. Negli anni della crisi la Campania non ha smesso di ricoprire una funzione imprescindibile per l’approvvigionamento della copiosa
popolazione di Roma, non più capitale dell’impero ma pur
sempre la sua maggior megalopoli, e continua ora ad essere
una regione in cui le famiglie senatorie hanno le fondamenta
di importanti patrimoni e giocano un ruolo da protagoniste
nella vita delle comunità cittadine locali. Tra i provvedimenti
di cui si fa carico lo stesso governo centrale emerge il restauro
dell’acquedotto augusteo del Serino. L’iscrizione che dà conto
dell’intervento di ripristino dell’aquedutum loga iuia et
vetutatem ouptum menziona tra i centri beneficiari anche la
ivita olaa e ricorda quale dedicante dei nuovi lavori proprio
il nuovo governatore Ceioiu Iuliau.7 Per la fine del iii o gli
inizi del iv secolo sappiamo che da Nola proviene il senatore
Popiliu Vio.8 Da un’iscrizione apprendiamo che al nume e
alla maestà di Costantino il governo cittadino nolano si dichiara devotu.9 Proviene proprio da Nola, ancora, la base statuaria
dedicata dal governatore di rango consolare Hoteiu a un
Augusto non meglio specificato nel pieno iv secolo10 e tra 364
e 375 per lo splendore di Nola si adopera il consolare della
provincia Campania Neatiu Sopiu.11
Cadono, dunque, in questo contesto di rinnovata prosperità
i già citati interventi evergetici di Pollio Iuliu Clemetiau e
quelli di Cuoiu Gatiliau, patrono del pagu Salutai di
Nola, i cui abitanti gli dedicano una statua per aver promosso
voluptate, vale a dire spettacoli nel teatro o nell’anfiteatro.12 È
probabile che sia il favore accordato alla città a motivare, tra il
312 e il 370, la dedica di una statua a un non precisato imperatore con la formula oo ei pulie ato,13 richiamata, in forma
abbreviata, nella dedica agli Augusti Valentiniano, Teodosio e
Arcadio posta tra il 388 e il 392 sulla colonna miliaria rinvenuta
a Somma Vesuviana.14
È sulla scia di questa rinascita che, nella seconda metà del
iv sec. d.C., la villa di Somma Vesuviana viene convertita in
un grande impianto per la produzione di vino. I diciassette
grossi dolia ad oggi individuati costituiscono una cella vinaria
della capienza di migliaia di litri. Un dato davvero impressionante che riapre il dibattito sull’evolversi della crisi della produzione vinaria della regione nel iii secolo, o almeno sui termini cronologici entro cui collocarne i confini, e che non può
non calare la conduzione dei vigneti afferenti alla villa in un
sistema economico di indubbia vivacità e indiziare che, se c’è
1 Camodeca 2001, pp. 413-433, in part. p. 427.
2 Parma 2015, pp. 97-107.
3 Lo studio della villa, scavata nel 1996 durante lavori pubblici, è ancora
inedito.
4 Vera 1994, p. 242. Cfr. anche Giardina 1982, pp. 134-135.
5 Cassola 1991, p. 140.
6 Savino 2005, pp. 21-26.
7 «ae», 1939, n. 151; Savino 2005, p. 24, in part. nota 35.
8 Camodeca 2012, p. 318.
9 edr 139047; c, x, 1245.
10 edr 144770; c, x, 1247; Cecconi 1994, p. 215.
11 edr 139120 c, x, 1253; Cecconi 1994, p. 215; Camodeca 2010, p. 290.
12 Camodeca 2008, pp. 263-273.
13 In Italia è usata per Flavio Claudio Iuliano a Tiium, odierna Pavia (edr
070687; c, v, 8061) e a Parma (edr 082088; c, xi, 6658); per Costantino a
Cavour, in provincia di Torino (edr 162043) e forse ad Aquileia (edr 154801;
«ae», 2011, n. 398), dove il testo coincide perfettamente con l’iscrizione da
Nola; per Licinio a Rhegio (edr 171393; c, x, 1969).
14 De Simone 2009b, pp. 159-160.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
43
stata anche per questo territorio, la crisi del iii secolo è ormai
dei bisognosi.8 Innanzitutto l’assenza di dati non esclude che
alle spalle.1
possa esserci l’intervento diretto della corte imperiale, tra Costantino e i suoi successori, a favore della Chiesa in una città,
come
Nola, che per tutta l’età tardoantica sembra mantenere
5. Nola e l ’r Nns
inalterato
il suo ruolo di potere nella poleogeografia della
all ’alba del Cristianesimo
Campania, se ancora nel vi secolo costituisce uno dei cardini
fondamentali di una delle più fitte reti insediative d’Italia, che
Dobbiamo ritenere che Nola, dove la presenza di un vescovo
comprende, tra le altre, le città di Napoli e di Capua,9 le cui
è attestata almeno dal iii secolo,2 viva le stesse dinamiche soChiese sono ricordate nel Lie Potifiali per i benefici che riciali che si osservano in tutte le città romane a partire dalla
cevono da parte di Costantino, le cui elargizioni nei confronti
concessione della liberalizzazione della professione del culto
della Chiesa di Roma e della cristianità sono tali da scatenare
cristiano con gli editti di Galerio nel 311 e degli Augusti Costangià tra i contemporanei la polemica contro il lusso della Chietino e Licinio nel 313, a ragione del ruolo sempre più premisa romana e trasmettere la convinzione di essere tra le cause
nente rivestito in città dal vescovo3 e della crescente presenza
di una grave crisi economica.10 Tra la fine del iv e gli inizi del
dei suoi sacerdoti nella società urbana. Il ruolo apicale del vev secolo la generosità della corte imperiale cede il passo alscovo sulla comunità clericale presente nella città in cui risiel’evergetismo dei notabili e patroni municipali. Pollio Iuliu Clede, che va lentamente definendosi a partire dal ii secolo, viene
metiau e Cuoiu Gatiliau devono essere soltanto la pundefinitivamente sancito dal diritto canonico nel 451 con il Conta dell’iceberg di una classe di maggiorenti locali in possesso
cilio di Calcedonia, che pone sotto la giurisdizione vescovile il
di importanti patrimoni.
clero e le chiese e i monasteri urbani, ma anche i monaci e i
Un impulso al rinnovamento e alla crescita la città riceve,
monasteri e i matyia disseminati nel territorio rurale afferensenz’altro, anche da Ponzio Meropio Paolino, che, a partire dal
te alla stessa città.4 Sul piano civile, se tra l’età di Costantino e
le grandi invasioni barbariche egli è ancora soltanto un citta378, ottenuto il governo della Campania, la preferisce a Capua
dino privato, a prescindere dall’epiopali audietia con cui
come propria sede.11 Convertitosi al cristianesimo, seguendo
Costantino gli conferisce una certa autorità nei processi civili,
la moglie Terasia, abbandonati gli abiti civili e indossati quelli
e la comunità cristiana clericale è ancora soltanto una collettidi sacerdote, Paolino dimora stabilmente nel viu a nord della
vità di diritto privato,5 con l’affermarsi della normativa canocittà e volge ogni sua cura al matyium del presbitero Felice,
nica emanata dal concilio calcedoniese il vescovo diventa il
ivi sepolto nella seconda metà del iii secolo, investendo le sue
referente ecclesiastico per l’amministrazione imperiale e la leenormi ricchezze nella costruzione, tra 401 e 403, di una aigislazione imperiale va riconoscendogli «una posizione non
lia ova, che circonda di strutture utili all’esercizio del culto
soltanto di onore, accanto ai magistrati della città, ma anche il
cristiano e ad accogliere la sempre più numerosa massa di pelcompito di garante locale della legalità».6 Si definisce per quelegrini che vi giungono, gettando le basi per far sì che il luogo
ste vie l’intimo e necessario legame tra il vescovo e la città e in
di culto alle porte di Nola diventi un punto di riferimento di
conformità agli indirizzi patristici in lui si fondono il pate etutta la cristianità, nel tempo stesso in cui va assumendo un
leiae e il pate ivitati.7 Solo con questi presupposti e con il
ruolo sempre più crescente nella geografia umana del territoloro rinnovarsi e consolidarsi nei secoli successivi, con il prorio nolano e attirando su di sé gran parte delle risorse dell’arigressivo definirsi della città in età altomedievale come “città
stocrazia urbana.
episcopale”, si può ipotizzare che l’ampio territorio posto sotSe il vescovo di Roma non detiene un potere economico tato la giurisdizione della diocesi di Nola, esteso fino alla foce del
le da rivaleggiare in ricchezza con le più ricche aristocrazie
fiume Sarno nella bolla di Innocenzo III del 1215, coincida con
dell’impero,12 tanto meno possono farlo i vescovi delle diocesi
il territorio amministrato dalla città di Nola.
locali, per quanto dalla metà del iv secolo il crescente prestigio
A prescindere dall’evidenza materiale restituitaci ad oggi
del vescovato ne faccia una carica sempre più ambita dall’aridallo scavo archeologico, dobbiamo, allora, ritenere che la listocrazia e dai notabili locali, che vi vedono un’onorevole conbera presenza dell’istituzione-Chiesa incida profondamente
clusione della loro carriera magistratuale.13 Al tempo stesso
sugli spazi della città, che deve necessariamente rispondere all’opportunità di associare nella stessa persona il vescovo, la cui
le esigenze della nuova configurazione assunta dalla società
figura va stringendo sempre più un legame intimo e impreurbana. Né le fonti storiche né quelle epigrafiche ci forniscono
scindibile con la città nella quale risiede e per il quale assume
informazioni sulla committenza dell’edilizia ecclesiastica in
definitivamente un valore paradigmatico la sua identità di
età tardoantica, che, pur in mancanza di evidenze archeologi“amante dei poveri”, e un ricco possidente, estratto tra l’élite
che, dobbiamo supporre che esista. Ma è ipotizzabile che essa
finanziaria dell’impero ed educato e formato al patronato clasdebba ricondursi a quelle forme di patronato caratterizzanti
sico, spiega gli episodi di acclamazione di sacerdoti e, sopratl’élite urbana romana classica e non al patronato del vescovo,
tutto, di vescovi a furor di popolo, che in certi casi poco hanno
che va configurandosi piuttosto come protezione dei poveri e
a che fare con la pieta religiosa.14 È in questo contesto che va,
1 Simili trasformazioni, con incremento delle strutture per l’ammasso delle derrate, sono riscontrabili nello stesso periodo anche altrove: nelle ville tardoantiche dell’Apulia settentrionale e del territorio di Volei, come a Casal Morena (suburbio di Roma) e a «Le colonne» (Cosa), o a Villanova di Castenaso
(Bologna); estremo, ma indicativo e non certo isolato, appare il caso della villa
di prima età imperiale sulla via Gabina trasformata nel iv secolo in un gigantesco granaio (Vera 1994, pp. 245-246, con riferimenti bibliografici a nota 29).
2 Per una sintetica trattazione sui vescovi nolani dei primi secoli sulla base
delle testimonianze epigrafiche cfr. Lambert 2008, pp. 140-143.
3 Cammarosano 2008, p. 53.
4 Barone-Adesi 1998, pp. 49-58, in part. p. 57 e nota 20.
5 Lepelley 1998, pp. 17-33.
6 Barone-Adesi 1998, p. 49.
7 Barone-Adesi 1998, pp. 49-58, in part. pp. 50, 58.
8 Lepelley 1998, pp. 17-33; Brown 2003, con particolare attenzione all’immagine del vescovo “amante dei poveri”.
9 Cammarosano 2008, pp. 79-80.
10 Pietri 1978, pp. 317-318.
11 Dell’intervento con cui fa lastricare la strada che da Nola conduce al
matyium di Felice a nord della città, dove sorgerà Cimitile, sappiamo da
Paul. Nol. Cam. 21, 382-383. Cfr. Ebanista 2003, p. 21.
12 Pietri 1978, p. 322.
13 Cfr. Lepelley 1998, pp. 23-24, che illustra la vicenda di Clemente addivenuto alla carica di vescovo di Cesarea dopo essere stato un ricco senatore
pagano con enormi proprietà fondiarie nella Mauritania.
14 Ne è esempio la vicenda di Piiau, membro della ricchissima e potente ge Valeia, che ad Ippona, dove si è recato insieme alla moglie Melania Minore, viene assalito dalla folla che lo spinge ad accettare il sacerdozio chiaramente per la possibilità di godere delle sue ricchezze e non delle sue virtù,
tanto da insistere con paurosa violenza di fronte al suo rifiuto (Lepelley
1998, pp. 25-26).
44
mario cesarano
Fig. 44. Nola: anfiteatro in fase di spoliazione.
Fig. 45. Nola, Stazione delle Ferrovie dello Stato: pavimento in tecnica mista della domu.
studiare la “ villa di augusto ” nell ’ r nns
45
Fig. 47. Nola, via Croce del Papa, sepolcri romani:
casseruola ricolma dei detriti dell’alluvione post-Pollena
(seconda metà del v sec. d.C.).
plausib
lausi ilmente, inquadrata
q
l’acclamazione a vescovo di Nola
di Paolino nel 409.1
In realtà l’età di Costantino il Grande è soltanto il canto del
cigno, la cui eco si protrae scemando fino al regno dei suoi più
prossimi successori. L’unità dell’impero va ormai sgretolanang i deldosi e le genti barb
ar are, da tempo integratesi nei rangh
l’esercito romano, rompono ogni indugio e danno avvio a
q
quelle
che la storia registrerà come “invasioni barb
ar ariche”.
Da Sant’Agostino, vescovo di Ippona, nell’Africa proconsolare, apprendiamo che i Goti guidati da re Alarico, dopo aver
saccheggiato Roma nel 410, si riversano sulla Campania e ipam Nolam aai
i vataveut.2 Paolino, ormai vescovo, viene
fatto prigioniero e il santuario di Cimitile è depredato delle
sue ricchezze. La fase ii della ailia ova potrebbe identificarsi con un intervento ricostruttivo dell’edificio danneggiato
dal saccheggio dei barb
ar ari.3 Ma se a Cimitile valgono la perseveranza di Paolino e la forza di volontà dei fedeli a sostituire
auum et age
tum e ad avviare la costruzione di un nuovo
ge
mondo, sembra che a Nola e nelle contrade circostanti non
avvenga la stessa cosa.
L’evidenza archeologica rivela che gli strati di ceneri e fang i riversatisi con l’eruzione “di Pollena”, si depositano fuori
gh
e dentro la città su resti di edifici già sottoposti a spoliazione e
in totale stato di abbandono.. T
Tale è la situazione di quel
q che riur ana in via Saviamane dell’ultima fase
f di vita della villa suburb
no, dove si riscontra un’azione accurata di distruzione dei mu-
ri e delle colonne di laterizi (Fig. 24).4 Nell’edificio al numero
56 di via Polveriera l’eruzione si abbatte su muri già rasati in
maniera accurata, su stanze riempite di macerie e spogliate di
ogni elemento di una qualc
q
he utilità, come la soglia di calcare
ur ano
prelevata dall’ingresso (Fig. 13).5 Nel cuore del centro urb
la stessa situazione si incontra nell’anfiteatro, spogliato di ogni
suo rivestimento di valore (Fig. 44), e negli ambienti parzialmente indagati nell’area della stazione delle Ferrovie dello Stato, dove al momento della catastrofe risultano asportati quasi
q
tutti gli elementi marmorei di un pavimento in tecnica mista
di etile e tessellato (Fig. 45), i rivestimenti, forse anch’essi di
marmo, che dovevano foderare le pareti dello stesso vano, e i
mattoni delle upe
uae
di quello
q
adiacente, che ne suggeriscono la destinazione ad uso termale.6
I dati di cui disponiamo non ci permettono di concludere
con certezza che questo
q
stato di distruzione e abbandono sia
conseguenziale alle devastazioni dei Goti, ma è senz’altro da
tenere in considerazione la possib
ossi ilità che nei sessant’anni che
corrono tra quell
q ’aggressione e l’eruzione “di Pollena” Nola,
al pari delle altre città dell’Italia romana, manchi delle risorse
necessarie a risollevarsi dalla crisi, tanto da spingere molti dei
suoi abitanti a concentrarsi nel nascente borgo di Cimitile, sotto l’egida di Paolino e della fede cristiana. Sulla parete di una
delle absidi della villa di Somma Vesuviana
V
un cristiano fissa
con un carb
car oncino un cristogramma, facendoci sapere che anche qui
q le macerie degli ambienti ormai abbandonati e i campi
coltivati, che hanno preso il posto di certe zone del complesso
edilizio, hanno ormai coperto le ricchezze del mondo antico e
con esse tutta la loro vanità. Forse è proprio nella costruzione
del santuario di Cimitile e del nucleo che gli va crescendo intorno che vengono impiegati i materiali edilizi asportati dagli
edifici di Nola e dalle ville suburb
ur ane, trasformati in vere e proprie cave, in un’epoca in cui sarebbe ormai impossib
ossi ile approvvigionarsi di marmi o altre pietre lavorate e per chiunque
q sostenere l’impegno economico di manodopera specializzata.
L’evidenza sotto i nostri occhi ci mostra muri rasati con cura,
lastre di marmo tagliate con precisione. Anche stavolta sono
ditte specializzate nello smontaggio degli edifici e gli appaltatori che gestiscono il mercato del materiale edilizio di “seconda mano”, che nel rispetto della legislazione vigente, destrutturano il mondo antico per costruire quello
q
nuovo. Le rozze
installazioni di vasche e canalette, i pozzi e i muri in tecnica
1 Sulla figura di Paolino, sul suo uu hooum e sulle sue ricchezze cfr.
Santaniello 2015.
2 Aug. de iv. Dei 1, 10, 2.
3 Ebanista 2017, pp. 287-331; Cesarano 2018, p. 15.
4 Cesarano 2018, pp. 12-14.
5 Cesarano 2018, p. 14.
6 Cesarano, Ferrante 2020, pp. 89-100.
Fig. 46. Nola, via Croce del Papa, sepolcri romani:
brocchetta di ceramica steccata ricolma dei detriti
dell’alluvione post-Pollena (seconda metà del v sec. d.C.).
46
mario cesarano
Fig. 48. Nola, via Saviano 185/187, villa suburb
ur ana.
Ceramica tardoantica: a-c) bacini; casseruola ad orlo introflesso;
e) lucerna “siciliana”; ff g) terra sigillata africana,
coppa tipo Hayes 67 e coppa tipo Hayes 91.
del precedente fenomeno vulcanico. Sulle sue ceneri crollano
i muri rimasti ancora in piedi.
Nei poco più di trent’anni trascorsi dalla catastrofe del 472
vi è certamente una ripresa e una riorganizzazione del territorio extraurb
aur ano riassoggettato alle attività produttive, se le
Vaiae
di Cassiodoro riferiscono di fondi agricoli per i quali
q
i
proprietari nolani, e con essi quelli
q
napoletani, chiedono
al fisco imperiale, perché danl’esenzione dell’imposta dovuta
do
neggiati dalla nuova eruzione del Vesuvio
V
.2 Ma nel paesaggio
rurale sono ormai scomparse le grandi residenze tardo-antiche, i grandi punti di riferimento dell’economia della regione.
Sopravvivono i vii. La città si contrae sempre più intorno a
q
quella
che, forse fin dal iv secolo, prende a configurarsi come
iula epiopali, nel settore nord-orientale della città romana.
Il paesaggio umano non è più definito dall’uaita ellenistico-romana, ma si proietta in un’organizzazione politica e in
una dimensione economica che non per forza devono assumere l’aspetto della città, fenomeno sociale, che,, qquando sopravvive alla crisi del mondo antico, si rinnova nelle ragioni, nelle
prerogative, nei valori che la costituiscono, nel ruolo che gioca
all’interno del territorio circostante, nella dialettica sua interna tra spazi pubblici e spazi privati, nella definizione del corpo
civico, nel significato stesso di ivita in rapporto con le strutture politiche sovracittadine. Nuova, anche, è la concezione
del rapporto tra l’uomo e il divino, sulla base di una nuova idea
dell’uomo e di una nuova idea della presenza di Dio nella storia dell’uomo, presupposto paradigmatico e irrinunciabile per
la nascita della Chiesa come vera e propria istituzione politica
giustapposta,, qquando non contrapposta, allo Stato civile.
Nola continua ad esistere e ad assecondare le trasformazioni che segnano il passaggio dall’evo antico all’altomedioevo,
per molti aspetti tragh
ag ettata dal luogo di culto a nord del suo
,
spazio extraurb
aur ano, che da matyium
si muta in Coemeteium
centro propulsore di crescita per tutto il territorio.3
Abbreviazioni bibliografiche
molto povera, addossati di solito a quelli
q
più antichi, diversamente orientati, tra i quali
q
si ritrovano fosse varie per dimensioni e profondità, possono ricondursi non a tarde fasi di vita
delle domu, ma ai cantieri di spoliazione e di riciclaggio e
datarsi a poco prima dell’eruzione “di Pollena”.1 Le suppellettili ceramiche provenienti dai contesti di scavo e associate a
q
questa
fase potrebbero essere state quelle
q
usate dai lavoratori
impiegati in queste
q
attività. Solo così può spiegarsi il rinvenimento di una brocca e di una casseruola, riempiti dall’alluvione post-Pollena, sui resti dei sepolcri, completamente e accuratamente rasati fino ai piani pavimentali e privati di tutti i loro
rivestimenti, in località Croce del Papa (Figg. 46-47). Lo stesso, accade forse, presso la villa di Somma Vesuviana
V
. Dopo
l’eruzione “di Pollena” le sue monumentali strutture emergono per buona parte dal possente strato alluvionale, ma continuano ad essere smantellate. Presso le terme di Masseria De
Carolis a Pollena Trocc
T
hia, successivamente alla catastrofe,
una cisterna viene lib
li erata dei depositi vulcanoclastici e di
nuovo impermeabilizzata e un forno viene costruito con materiale di spoglio a ridosso di un muro in laterizio, privato interamente del suo originario rivestimento. L’area viene completamente abbandonata dopo l’eruzione del 505, propaggine
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1 Cfr. a tal proposito Munro 2010, pp. 217-242, in particolare per il riuso di
materiali asportati da ville extraurb
aur ane in età tardoantica nel sud Italia. Cfr.
anche Marsili 2016.
2 De Simone et alii 2013, pp. 68-69.
3 Il termine Coemeteium
viene riferito a un luogo di sepolture di martiri,
dove si riuniscono i fedeli per celebrarne il culto.. V
Volgarizzatosi, compare per
la prima volta come toponimo dell’odierna Cimitile nell’838 nel testo del
Cho
io Satae Sophiae nella versione “Cimitiro” (cfr. Ebanista 2003, p.
577). Per l’evoluzione e la diffusione
ff
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47
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compo sto i n ca r attere serr a da nte da lla
fa bri z i o serr a edito re, p isa · ro m a .
sta m pato e rilegato nella
t ipo gr a f i a d i ag na no, ag na no p isa n o (pisa ).
*
Settembre 2020
(cz 2 · fg 21)