RIVISTA DI STUDI
POMPEIANI
XXII
2011
«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER
© 2013 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER – Via Cassiodoro 19, Roma
© Associazione Internazionale Amici di Pompei – Piazza Esedra, Pompei
Direttore responsabile Angelandrea Casale
Rivista di studi pompeiani / Associazione internazionale amici di Pompei. A. 1 (1987)-, - Roma: «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1987.-, III.; 29 cm.
- annuale
ISSN 1120-3579
1. Associazione internazionale amici di Pompei
CDD 20.
937.005
Periodico: Autorizzazione Tribunale di Torre Annunziata n. 34 del 26-11-1996
Sommario
Antonio Varone, Baldassare Conticello, in memoriam . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
Pier Giovanni Guzzo, Considerazioni sulla valorizzazione . . . . . . . . . . . . . . .
11
Kristian Reinfjord, Communicating Conspicuous Consumption in Roman Pompeii . . . .
15
Fabio Caruso, Melampo e le figlie di Preto. Una proposta di letttura per il nuovo rilievo da
Ercolano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
25
Vincenzina Castiglione Morelli, Le monete della villa della Pisanella di Boscoreale. Dalla
schedatura virtuale al mercato globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37
Ernesto De Carolis, Alphonse Bernoud fotografo a Pompei . . . . . . . . . . . . . . .
49
Girolamo F. De Simone, Annamaria Perrotta, Claudio Scarpati, L’eruzione del 472 d.C. e il suo
impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
61
Caterina S. Martucci, Luana Toniolo, Ceramica da fuoco tardo antica in area vesuviana:
dinamiche di scambio tra costa ed entroterra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
73
Attività di ricerca nell’area vesuviana
Notiziario
A. Varone, Ufficio Scavi di Pompei, Attività 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
89
F. Pesando, Le ricerche dell’Orientale di Napoli nella Casa del Granduca Michele (VI 5, 5)
e nel settore settentrionale dell’insula IX, 7: la campagna 2011 . . . . . . . . . . . . .
94
D. D’Auria, La Casa del Granduca Michele a Pompei. Campagna di scavo del 2011 . . .
95
M. Giglio, Le indagini dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” nella Regio IX.
Campagna di scavo 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
101
M. del Carmine Alonso, M.A. Alonso, E. Castillo, J.M. Luzon, J. Manas, Projecto Pompeya VII, 6, 3.
Casa de la Diana arcaizzante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
107
V. Papaccio, Premesse e metodologia della manutenzione a Pompei . . . . . . . . . . .
122
P. Rispoli, R. Paone, Pompei Scavi, Canale Conte Sarno. Lavori di sistemazione e rifunzionalizzazione 2009-2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
126
R. Morichi, R. Paone, P. Rispoli, F. Sampaolo, Sulla nuova cartografia digitale di Pompei . .
133
M. Di Gerio, A. Genovese, Studio zoo-archeologico sui reperti provenienti dalla Regio IX,
Insulae 11/12, saggi B e C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
143
F. Esposito, C. Falcucci, D. Ferrara, La tecnica esecutiva dei dipinti del Salone 5 della Villa
dei Misteri, cento anni di ipotesi e ricerche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
149
A. Ciarallo, E. De Carolis, Laboratorio di Ricerche Applicate di Pompei . . . . . . . . .
158
L. Fergola, Ufficio Scavi di Oplontis, Attività 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
159
A.M. Sodo, Attività SIANV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
159
M.P. Guidobaldi, Ufficio Scavi di Ercolano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
161
M.P. Guidobaldi, A. Wallace Hadrill, Le attività dell’Herculaneum Conservation Project nel 2010
161
J. Thompson, Il programma di conservazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
162
Parte I: P. Persico, M. Martelli Castaldi, C. Monda, G. Rizzi, Le attività di conservazione
sul sito nel 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Parte II: D. Camardo, M. Notomista, M. Brizzi, A. d’Andrea, D. Esposito, C. Imperatore,
Nuove conoscenze archeologiche come risultato delle attività di conservazione . . . .
Parte III: V. Puglisi, S. Court, Chr. Biggi, Mantenere viva Ercolano . . . . . . . . . .
163
165
174
C. Cicirelli, Attività dell’Ufficio scavi Zone periferiche: . . . . . . . . . . . . . . . . .
177
Terzigno Cava Ranieri Villa 6, Campagna di scavo 2011 . . . . . . . . . . . . . . .
Poggiomarino loc. Longola, Campagna di scavo 2011 . . . . . . . . . . . . . . . .
177
190
G. Bonifacio, Ufficio Scavi di Stabia, Attività 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
197
T. Noble Howe, P. Gardelli, Stabia, attività Fondazione Restoring Ancient Stabiae . . . . .
199
T. Terpstra, L. Toniolo, P. Gardelli, Campagna di scavo APAHA 2011 a Villa San Marco,
Stabiae: Relazione preliminare sull’indagine archeologica . . . . . . . . . . . . . . .
199
T. Noble Howe, K. Gleason, J. Sutherland, Stabiae, Villa Arianna: scavi e studi nel giardino
del Grande Peristilio, 2007-2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
205
P. Gardelli, A. Butyagin, D. Ghistov, A. Ershova, I. Fiore, Relazione preliminare sulle due
campagne di scavo, restauro e rilievo 2010 e 2011 promosse dal Museo Statale Ermitage/
Fondazione RAS presso il sito di Villa Arianna a Stabiae . . . . . . . . . . . . . . . .
209
G. Di Maio, I. Giugliano, L. Jacobelli, P. Kastenmeier, F. Praiano, S. Scala, Il Complesso
archeologico di Loc. Ponte San Benedetto – Castellammare di Stabia . . . . . . . . . .
216
Discussioni e Recensioni
Discussioni
G. Guadagno, Le “nature morte”nell’area vesuviana: uno “status symbol” pittorico . . . .
229
Recensioni
F.J. Heras Moras, Un edificio singular de la Merida tardorromana, un possible centro de
culto, ATECINA-Instit. Arqueol. de Merida, 2011 (V. Castiglione Morelli) . . . . . . . . .
233
Nunziata Liana (a cura di), Acta Lucretiana, I Certamen Lucretianum internazionale, Liceo
Scientifico “Tito Lucrezio Caro” di Napoli, Napoli 2011 (M. Pagano) . . . . . . . . . . .
233
A. Wallace-Hadrill, Herculaneum. Past and future, London 2011 (M. Pagano) 233
G.A. Stella, S. Rizzo, Vandali. L’assalto alle bellezze d’Italia, Milano 2011 (V. Castiglione
Morelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
234
P.G. Guzzo, Pompei, tra la polvere degli scavi. Essere Soprintendente a Pompei: memorie
umane e professionali (V. Castiglione Morelli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
235
GIROLAMO FERDINANDO DE SIMONE, ANNAMARIA PERROTTA, CLAUDIO SCARPATI
L’eruzione del 472 d.C.
ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio
The AD 472 eruption and its impact on some sites on the slopes of Vesuvius. This contribution provides a multi-disciplinary
analysis of the AD 472 eruption of Vesuvius in archaeological contexts. The first section overviews the settlement pattern and the
data available on the sites buried by volcanoclastic fill. It further addresses the question of the exact number and main features
of the late antique eruptions of Vesuvius (i.e. AD 472, 505 and 512), it reviews the information from literary sources and analyses
the evidence from the field. In particular, the impact of the AD 472 eruption on two sites on the northern slopes of Vesuvius – in
Pollena Trocchia and Somma Vesuviana – is thoroughly described. The last section deals with the problem of resettlement after
AD 472 and puts forward some hypotheses as to how the land recovered.
1. Introduzione
Le eruzioni tardo-antiche del Vesuvio, e
quella del 472 in particolare, potenzialmente consentono di ricostruire molto accuratamente aspetti dell’economia
e della società tardo-antica in modo simile a quanto è stato fatto per il I secolo d.C. grazie ai rinvenimenti dai siti
sepolti dall’eruzione del 79 d.C. Tale potenziale non è stato ancora pienamente sfruttato a causa della preponderanza
di alcuni temi di ricerca ancora legati in
modo diretto o indiretto a Pompei, quali ad esempio la percezione del Vesuvio
quasi unicamente nel suo versante meridionale/costiero e l’interesse per la ‘rinascita’ degli insediamenti dopo l’eruzione
del 79 (fermandosi quindi soprattutto sui
contesti di II e III secolo)1; d’altro canto
però la ricostruzione storica è resa più
difficoltosa dalla mancanza di un bacino di dati sufficientemente ampio: ancora pochi sono i contesti pubblicati e di
questi raramente sono disponibili alcune informazioni indispensabili per comprendere il rapporto dell’uomo tardo-antico con l’ambiente circostante, come per
esempio le percentuali delle classi ceramiche o delle specie vegetali attestate. A
queste domande tenta di dare una risposta il progetto di ricerca multidisciplinare “Apolline Project”2, fra le cui attività
ha particolare rilievo lo scavo sistematico
del complesso termale di Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis3, lo stu-
dio e la pubblicazione di contesti pressoché inediti, quali ad esempio la villa
di via Saccaccio a Nola, la collaborazione con gli altri soggetti operanti nell’area
d’indagine ed in particolare con l’equipe italo-giapponese che opera nel sito
di Somma Vesuviana, località Starza della Regina (cosiddetta Villa di Augusto)4.
All’interno di questo quadro di ricerca, il presente contributo tratta delle
modalità di seppellimento dei siti archeologici sul versante settentrionale del Vesuvio a seguito dell’eruzione del 472 d.C.
Lo studio è preceduto da un quadro sintetico di quanto noto per i siti tardo-antichi in ambito perivulcanico e nolano, ed
è seguito da una breve nota sulle attestazioni di frequentazione antropica successive al 472.
2. Alcune note sugli insediamenti
seppelliti dall’eruzione del 472
Lo studio delle modalità insediative intorno al vulcano, in particolare per il periodo fra l’eruzione del 79 d.C. ed il 472,
è ancora limitato dall’assenza di una carta archeologica e di ricerca sistematica
sul territorio5. In figura 1 si mostra uno
stralcio di una più ampia carta realizzata da G.F.D.S. all’interno della ricerca
dottorale sui territori di Neapolis e Nola.
Quanto visibile per la metà meridionale
del vulcano è in buona sostanza la collazione di piante già edite, mentre per la
metà settentrionale sono stati plottati anche dati d’archivio inediti e materiale da
ricognizione sul campo. Nel considerare
quanto visibile, bisogna tener conto che
la mancanza di dati per alcune ampie
porzioni di territorio probabilmente non
riflette una reale assenza di insediamenti, quanto piuttosto carenza di ricerca,
poca visibilità sul campo, obliterazione
delle realtà archeologiche. In particolare, l’area ad est di Napoli, fra il Sebeto e le falde del Vesuvio, appare spoglia
in quanto ormai altamente conurbata,
quindi il dato archeologico è irrimediabilmente perso sebbene lo si possa inferire dalle tracce ancora evidenti di centuriazione romana nei tracciati moderni.
Similmente, per le falde meridionali del
Vesuvio fra i 100 e i 400 metri s.l.m. ci si
aspetterebbe una densità d’insediamenti
uguale se non maggiore a quella attestata sul versante settentrionale del vulcano; la pressoché totale assenza di dati è
probabilmente causata da un interro vulcanico particolarmente spesso che rende quindi invisibile il dato archeologico.
Per contrasto, gli allineamenti che si notano in prossimità del Sebeto, a nord e
ad est di esso, mostrano in realtà i dati
emersi dai saggi stratigrafici eseguiti durante la realizzazione delle nuove linee
ferrate, i quali però sono purtroppo ancora inediti. Ciò premesso, è utile passare in rapida rassegna i dati disponibili
per gli insediamenti post-79. Questi consistono per la maggior parte di sepoltu-
62
re, pertinenti a ville di cui però non resta traccia; fra queste si ricordano a titolo
esemplificativo le 5 sepolture rinvenute a
Sant’Anastasia, in via Rosanea (proprietà Dolgetta)6, le 8 sepolture rinvenute ad
Ercolano in via Doglie7, le 35 sepolture, di cui 18 ad enkythrismòs, rinvenute a Palma Campania in località Jerola8 e
probabilmente pertinenti ad una piccola comunità. Le sepolture mancano quasi
sempre di corredo e, quando presente,
esso è molto povero (ad es. brocchetta in
ceramica steccata). In alcuni casi gli insediamenti successivi all’eruzione del 79 si
impiantano sopra o nei pressi di siti preesistenti, come nel caso del sito di Torre
del Greco, nei pressi di Villa Sora9, della
Villa di San Sebastiano al Vesuvio10, della villa rustica di Ponticelli, Cupa Pironti (lotto 0)11. Di questi siti, vitali per la
comprensione del territorio ed ai quali
si potrebbero aggiungere il sacello (probabilmente pertinente ad una villa residenziale) di Pollena Trocchia, località
San Gennarello12 e l’edificio termale di
Boscoreale, in località Pennino13, la limitata indagine e la pubblicazione parziale
dei resti archeologici non permette purtroppo di elaborare teorie sull’economia
tardo-antica. Il fondamentale contributo
di Soricelli sulle centuriazioni14 mostra
come dopo l’eruzione del 79 ci fosse l’intenzione di riorganizzare il territorio per
stimolarne la rioccupazione e la ripresa
delle attività agricole; quanto della piana fosse però realmente coltivato in età
tardo-antica al momento non è possibile
ipotizzare. L’evidenza disponibile, come
i solchi d’aratro a San Gennaro Vesuviano, località Toppa15, a Casalnuovo in
via Filichito, ed a Casoria, in località Lufrano16, mostrano che almeno in queste
aree il territorio era sfruttato per la produzione di ortaggi e cereali, quindi potrebbe essere legato ad un’economia di
sussistenza. Spostandoci in ambito cittadino, i dati offerti da alcuni rinvenimenti
a Nola e nelle sue vicinanze, in particolare gli edifici in via Morelli e in via Polveriera, mostrano chiaramente che essi
erano già in stato di abbandono e rovina
prima dell’eruzione del 47217.
All’interno di questo quadro generale, particolare rilievo assumono le indagini archeologiche ancora in corso nei
siti di Pollena Trocchia, località Masseria
De Carolis, e di Somma Vesuviana, località Starza della Regina (cd. Villa di Augusto). Il sito di Pollena Trocchia18 (fig. 2)
fu scoperto nel febbraio del 1988 duran-
Girolamo Ferdinando De Simone – Annamaria Perrotta – Claudio Scarpati
1. Carta archeologica dei siti attestati in ambito perivulcanico, con profilo del Vesuvio come si
mostrava dopo l’eruzione del 79 d.C. (modificato da Cioni–Santacroce–Sbrana 1999), tracciato
dell’acquedotto augusteo del Serino, fiume Sebeto (come attestato nella cartografia borbonica
del 1830). Con la sigla MDC è indicato il sito di Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis,
con VA il sito di Somma Vesuviana, località Starza della Regina (autore: GFDS).
te alcuni lavori edilizi. In parte distrutto
da mezzi d’opera, divenne poi discarica abusiva e fu abbandonato a se stesso.
Nel 2007 è cominciata l’opera di bonifica
e l’indagine archeologica sistematica del
sito; questa ha portato finora in luce almeno 10 ambienti di un edificio termale,
forse pertinente ad una villa residenziale (fig. 3). L’edificio fu costruito sopra le
ceneri dell’eruzione del 79 e nei pressi
di una villa precedente (frammenti di affreschi di stile transizionale e frammenti
ceramici), probabilmente già alla fine del
I secolo19 o comunque entro la metà del
II secolo. Il sito si trovava già in stato di
avanzata spoliazione prima dell’eruzione: gli ambienti b, d, ed e erano probabilmente già privi di copertura ed erano
stati rimossi già i pavimenti dei prefurnia
f e g, nonché i pavimenti riscaldati degli
ambienti b, d, ed e, mentre era in corso
la spoliazione dei pavimenti dell’ipocausto degli ambienti e e d (fig. 4). L’evidenza ceramica è databile all’ultimo venticinquennio prima dell’eruzione, in una
2. Modello tridimensionale ricostruttivo del
sito di Pollena Trocchia con sullo sfondo il
complesso vulcanico del Somma-Vesuvio
(autore: N. De Carlo).
sorta di vasto scarico di materiale mentre altre parti del sito erano ancora in
uso. L’ipotesi è confermata dalla presenza di 8 sepolture, alcune purtroppo rovinate dalle attività del mezzo meccanico
nel 1988, poste nell’ultimo strato antropico prima dell’eruzione20. Al momento
non sono stati rinvenuti elementi ricon-
L’eruzione del 472 d.C. ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio
63
so monumentale di una villa residenziale.
I dati stratigrafici non consentono ancora
di datare in modo certo le strutture murarie, ma i resti rinvenuti in un saggio eseguito nell’angolo a sud degli ambienti 2 e
4 suggeriscono una datazione alla seconda metà del II secolo d.C. Gli ambienti,
riccamente decorati con affreschi e statue
a tema dionisiaco, furono poi convertiti
in ambienti produttivi per la produzione
agricola. In particolare fu installata una
cella vinaria (12) nella terrazza inferiore,
collegata con delle canalette all’area delle presse, verosimilmente poste nell’ambiente 8 della terrazza mediana. Il pavimento a mosaico dell’ambiente 1-4 della
terrazza superiore fu in parte sostituito da
uno a cocciopesto, con spallette per definire aree di deposito per botti. L’ambiente 2 viene diviso in due parti, quella est
destinata a stalla, quella ovest per lo stoccaggio di derrate alimentari, noci e olive,
rinvenute in dolia. In una fase successiva
due forni sono posti nei pressi del portale (4) ed un altro forno è posto nell’angolo nord-ovest dell’ambiente 2, sopra i detriti accumulatisi a seguito del crollo del
tetto (fig. 6). La produzione vinicola continua fino all’avvento dell’eruzione, molti dolia della cella vinaria (12) sono stati trovati infatti con coperchio e resti di
vino all’interno.
Quanto finora illustrato mostra per il
V secolo un panorama di ruralizzazione e cambiamento, dagli esiti polimorfi
secondo variabili non sempre chiare. Il
sito di Somma Vesuviana, nei suoi tratti
così eccezionali, difficilmente può essere utilizzato come termine di paragone,
mentre quanto visibile nel sito di Pollena Trocchia mostra, nella pur marcata riduzione degli spazi utilizzati, un insediamento ancora attivo, che sembra quindi
contrapporsi con quanto noto per l’area
urbana e suburbana di Nola.
3. Pianta del sito di Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis, aggiornata al 2011 (autori:
A. Baldi–R. Di Maio–A. Simeoli).
3. Le eruzioni tardo-antiche
e la datazione delle stratigrafie
vulcaniche
ducibili alla produzione agricola; anche
il dato ceramico consiste principalmente
di suppellettile per la preparazione ed il
consumo dei cibi.
Il sito di Somma Vesuviana21 fu scoperto nel decennio del 1890 e scavato
per brevi campagne dal 1932 al 1935; la
mancanza di fondi e la guerra fermarono
Il correlare passi letterari con stratigrafie
vulcaniche ed evidenza archeologica è
operazione tanto insidiosa quanto vantaggiosa sia per gli storici, che possono così
verificare l’attendibilità delle fonti letterarie, sia per i vulcanologi, che possono
comprendere la frequenza dei cicli eruttivi, sia per gli archeologi, che ottengono
un chiaro terminus ante/post quem per i
lo scavo e portarono alla copertura progressiva di quanto visibile, a seguito di alluvioni. Dal 2002, ad opera dell’Università di Tokyo su progetto di A. De Simone,
è in corso lo scavo sistematico del sito.
Quanto finora portato in luce consiste di
10 ambienti (fig. 5) articolati su 3 terrazze,
che costituiscono probabilmente l’ingres-
64
Girolamo Ferdinando De Simone – Annamaria Perrotta – Claudio Scarpati
4. Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis, vista panoramica del sito da sud (autore: GFDS).
manufatti posti negli strati precedenti/successivi a quello eruttivo. Le difficoltà che
si incontrano sono sostanzialmente di due
tipi, la prima è propria del settore umanistico, poiché relativa al modo in cui (e soprattutto se) il fenomeno vulcanico è stato
osservato, descritto, e tràdito; la seconda è di tipo più empirico, poiché legata a
cosa e quanto della stratigrafia vulcanica
sia effettivamente visibile sul campo. Infatti i prodotti eruttati dal vulcano possono essere localizzati anche in aree molto
limitate intorno al centro eruttivo o possono essere stati rimossi in parte o in toto
da fenomeni erosivi post-eruttivi, quali ad
esempio alluvioni, o seppelliti da successive eruzioni. Tale premessa è necessaria
per comprendere meglio il problema delle eruzioni tardo-antiche del Vesuvio, che
secondo la testimonianza dei chronica sarebbero state tre, mentre l’evidenza sul
campo fino a qualche anno fa ne mostrava solo una, cui se ne è aggiunta una seconda, chiaramente visibile sia nel sito di
Somma Vesuviana, sia in quello di Pollena
Trocchia (v. infra, p. 67).
Il passo che descrive la prima delle
tre eruzioni, datata al 6 novembre del
472, è di Marcellinus Comes:
a. 472: Vesuvius mons Campaniae torridus intestinis ignibus aestuans exusta
evomuit viscera nocturnisque in die tenebris incumbentibus omnem Europae faciem minuto contexit pulvere. Huius metuendi memoriam cineris Byzantii annue
celebrant VIII idus Novembr. (Marcellinus
Comes, Chronicon, M.G.H., A.A. XI, 90).
Le successive eruzioni, datate rispettivamente al 9 novembre del 505 ed all’8 luglio del 512, sono riportate invece nel Paschale Campanum (M.G.H., A.A. IX, 330):
a. 505: Mons Besubius eructuavit V id. Novembres;
a. 512: hoc anno in k. Iul. Sol eclipsim passus
est et monte Besuvio ardente VIII id. Iulias
tenebraefactae sunt per vicinium montis.
Secondo un’opinione consolidatasi nel tempo, ma non giustificata da alcun elemento obiettivo di riscontro, si ritiene che le fonti abbiano combinato o
duplicato informazioni; quindi generalmente si ipotizza o che vi sia stato un
unico evento eruttivo, occorso fra il 472
ed il 511, oppure che l’eruzione indicata da Marcellinus Comes per il 472 sia in
realtà quella del 505, essendo avvenute
entrambe in novembre (sic!)22. Tale opinione è stata sostanzialmente scardinata da studi più recenti, nei quali tramite
un’analisi letteraria più approfondita e la
contestualizzazione storica degli autori si
prova in buona sostanza l’affidabilità degli stessi23.
Marcellinus Comes ha attinto probabilmente la notizia da documenti ufficiali costantinopolitani, i quali sono la
fonte anche per altri fenomeni naturali,
accuratamente descritti e positivamente
riscontrati, da lui riportati. La caduta di
ceneri su Costantinopoli e la conseguen-
L’eruzione del 472 d.C. ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio
5. Pianta del sito di Somma Vesuviana, località Starza della Regina, aggiornata al 2010 (autori:
K. Iwaki–C. Sugiyama).
te istituzione di una ricorrenza annuale
per celebrarne omelie in ricordo forniscono un elemento identificativo forte,
cui è possibile collegare numerosi altri
passi. Lo stesso Marcellinus Comes, nel
descrivere la rivolta del trisagion di Costantinopoli del 512, ricorda come gli
Ortodossi si fossero radunati il 6 novembre nel Foro di Costantino per celebrare le omelie in ricordo della caduta di
6. Somma Vesuviana, località Starza della Regina, ambiente 2, angolo
nord-ovest: forno (autore: C. Sugiyama).
65
ceneri24. La caduta di ceneri è ricordata
in numerose fonti costantinopolitane e
mediorientali, anche di secoli successivi (fig. 7). Alcune di queste datano l’evento al 473 ed a tale data sembra propendere anche Soricelli25, sebbene altre
fonti oscillino dal 429 al 474, rimanendo
quindi comunque all’interno del V secolo26. La caduta di ceneri a Costantinopoli è ricordata anche da Procopio (Bell.
Goth., II, 4, 76C), come excursus sull’attività passata del Vesuvio, mentre ne descrive il risveglio nel 536; similmente
Cassiodoro, in una lettera chiaramente
databile fra il 507 ed il 511 e nella quale si richiede l’esenzione dal pagamento
delle tasse per le genti campane afflitte
da una recente eruzione, evoca in modo
indiretto l’eruzione del 472, ricordando
come in passato la caduta di ceneri vulcaniche oltre i mari sia stata indice del
patimento sofferto dalle genti intorno al
vulcano: Volat per inane magnum cinis decoctus et terrenis nubibus excitatis
transmarinas quoque provincias pulvereis guttis compluit, et quid Campania
pati possit, agnoscitur, quando malum
eius in orbis alia parte sentitur (Cass.,
Var., IV, 50).
La lettera di Cassiodoro è di particolare importanza poiché, oltre a menzionare la caduta di ceneri più in là dei mari
in un passato lontano (472 d.C.), fa riferimento più chiaro e dettagliato ad un’eruzione avvenuta in un tempo di poco precedente la redazione della lettera stessa,
poiché si chiede l’esenzione per il pagamento dei tributi a causa dei danni
provocati dall’eruzione. È lecito quindi
supporre che verosimilmente faccia riferimento all’eruzione del 505.
7. Raffigurazione della caduta di ceneri su Costantinopoli durante l’eruzione del 472 d.C. (dal Menologium Graecorum).
66
Il riferimento alle eruzioni del 505
e del 512 viene dal cosiddetto Paschale Campanum, uno dei chronica latini
tramandatoci insieme ad altri in un manoscritto anonimo di VI-VII secolo, dal
titolo Epitoma temporum et indiculum
Pascae27. Secondo Mommsen i riferimenti storici nel Paschale Campanum sarebbero stati aggiunti da uno scriba campano verso la fine del VI sec. e tale ipotesi
resta ancora oggi la più accreditata28. L’eruzione del 512 è solitamente accettata
dagli studiosi, poiché essa è stata posta
in relazione con l’eruzione del Vesuvio
placata dalle preghiere del vescovo napoletano Stefano I, cui si fa riferimento
nella Passio di S. Patrizio29. La veridicità
del passo può tuttavia essere inferita anche dall’informazione relativa all’eclissi
solare, indicata nella fonte per il giorno
1 luglio del 512. Infatti da consultazione
degli archivi dell’ente spaziale americano30 si evince che un’eclissi di sole è avvenuta nel Mediterraneo nel primo mattino del 29 giugno del 512, con eclissi
parziale sulla Campania ed eclissi totale
a Costantinopoli; lo scarto di due giorni,
considerando il modo in cui le informazioni circolavano e si consolidavano in
antico e che l’evento astronomico non
coincideva comunque con quello eruttivo, è da ritenersi accettabile.
In conclusione quindi, l’analisi storico-letteraria porta a ritenere accettabili le
informazioni relative alle tre eruzioni tardo-antiche del Vesuvio; diverso invece è
il problema dell’etichettatura del deposito vulcanico/vulcanoclastico con le date
fornite dalle fonti. La tradizione scritta dà
maggiore enfasi all’eruzione del 472, che
verosimilmente sembra anche la prima di
un ciclo eruttivo e quindi dovrebbe essere anche quella di maggiore magnitudo.
A questa eruzione vanno probabilmente
attribuiti sia i depositi da caduta rinvenuti
fino a Benevento, sia gli spessi strati vulcanoclastici rinvenuti in ambito perivulcanico e nella piana nolana. La datazione
proposta dagli archeologi per i depositi in
area nolana al 505, ed in particolare per lo
strato di fondazione della basilica di San
Tommaso a Cimitile, si basa sul rinvenimento di un piatto in terra sigillata chiara
D (Hayes 104A), per il quale propongono
una datazione agli inizi del VI secolo31.
Tuttavia, un riscontro più preciso del riferimento bibliografico mostra come la datazione proposta da Hayes sia al secondo
quarto del VI secolo, poiché frammenti di
questo piatto non sono attestati nei de-
Girolamo Ferdinando De Simone – Annamaria Perrotta – Claudio Scarpati
positi coperti dal terremoto di Antiochia
del 526, mentre sono presenti frammenti in un deposito dell’agorà di Atene datato al 530-550 circa ed in un deposito
del 550 circa, datato da monete di Giustiniano e Baduila (541-552)32. Seguendo
quindi la datazione proposta per il piatto
Hayes 104A, bisognerebbe escludere non
solo l’eruzione del 472, ma anche quelle
del 505 e del 512. Credo quindi sia meno
oneroso ritenere che il piatto in questione
sia attestato anche in contesti di tardo V
secolo ed in questa direzione stiamo conducendo una ricerca bibliografica e archivistica su altri siti. In tal senso è particolarmente utile il contributo di Tortorella33,
in cui facendo una rassegna dell’edito si
propone di alzare la datazione del piatto
Hayes 104A al 470-480, basandosi su dati
da contesti di Roma, Napoli, Porto Torres,
Marsiglia, Provenza34.
(G.F.D.S.)
4. Cenni sull’eruzione del 472 d.C.
I prodotti dell’attività esplosiva del Vesuvio eruttati in epoca storica hanno ricoperto il territorio circostante con spessori
non uniformi in conseguenza della magnitudo, ovverosia del volume di magma
eruttato, e dello stile delle diverse eruzioni35. Gli eventi pliniani e subpliniani
hanno determinato una vasta distruzione, documentata dai danni alle strutture antropiche rilevati nei siti archeologici fin oltre i 20 chilometri di distanza
dalla bocca eruttiva, ai limiti della Piana Campana36. I principali esempi sono
dati dall’eruzione pliniana di Avellino
(4365 BP)37, che ha sepolto alcuni villaggi dell’età del Bronzo38, e dall’eruzione
del 79 d.C. che ha causato la distruzione ed il seppellimento di Pompei, Ercolano e Stabiae39. Recentemente, in base
ai risultati di studi vulcanologici, è stata
ricostruita con maggiore dettaglio la sequenza eruttiva e la distribuzione areale dei prodotti dell’eruzione subpliniana
del 472 d.C.40. L’eruzione del 472 d.C. inizia con una colonna galleggiante nell’atmosfera la cui altezza massima oscilla tra
i 12 ed i 20 chilometri. Dalla nube eruttiva ricadono scorie su una vasta area a
nord-est del Vesuvio, determinando l’accumulo di un deposito stratificato da caduta che raggiunge il suo massimo spessore, di circa 2,5 metri, sulle pendici del
Somma. Durante la seconda fase eruttiva
sono generate dal collasso gravitaziona-
le della colonna delle correnti piroclastiche, misture di gas e ceneri vulcaniche
turbolente che scorrono ad elevata velocità, che lasciano sul territorio un sedimento piroclastico distribuito prevalentemente a nord e ad est del Vesuvio,
entro i 10 chilometri dal centro eruttivo.
Durante questa seconda fase si producono episodicamente le condizioni per la
formazione di una colonna eruttiva sostenuta che risale nell’atmosfera e da cui
ricadono frammenti il cui accumulo produce ulteriori livelli di scorie da caduta.
L’eruzione termina con una fase vulcaniana e freatomagmatica, dovuta all’interazione nel sottosuolo tra il magma e la
falda acquifera, durante la quale si formano delle fontane che collassando generano correnti piroclastiche. Flussi secondari sin- o post- eruttivi, dovuti alla
rimobilizzazione di sedimento piroclastico incoerente sulle pendici del Somma e
dei contrafforti appenninici, invadono la
piana di Nola seppellendo parzialmente
strutture romane41.
5. Le sequenze stratigrafiche
che hanno sepolto i siti romani
Scavi archeologici, tutt’ora in corso, hanno permesso di ricostruire in dettaglio la
successione stratigrafica dei depositi che
sono stati prodotti nel corso di varie eruzioni, determinando il seppellimento degli edifici romani venuti alla luce ai piedi del versante settentrionale del Somma.
La stratigrafia illustrata in figura 8 si riferisce alle aree dove sono ubicate la Villa
di Augusto a Somma Vesuviana42 e le terme romane di Pollena Trocchia. Nell’ambito della sequenza stratigrafica ricostruita, sono stati studiati con maggiore
dettaglio i prodotti dell’eruzione del 472
d.C. (fig. 8). In quest’area sono presenti materiali vulcanici primari (associati a
fasi eruttive) e materiali vulcanoclastici
(dovuti a rimobilizzazione di sedimenti incoerenti dai versanti del Vesuvio). I
depositi delle varie eruzioni sono separati da paleosuoli che stanno ad indicare pause sia eruttive che nella sedimentazione dei materiali vulcanoclastici. Le
unità eruttive sono, quando possibile, associate con eruzioni storiche vesuviane
sulla base delle loro caratteristiche litologiche e stratigrafiche.
In entrambi i siti, sul pavimento romano affiora un livello umificato di natura antropica, poiché dovuto all’accumulo
L’eruzione del 472 d.C. ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio
67
to nell’area al termine delle fasi eruttive.
La parte alta della successione è scarsamente pedogenizzata, il che suggerisce
una breve stasi eruttiva; localmente si osserva un più marcato paleosuolo rosato,
spesso circa 10 centimetri, in cui sono
stati ritrovati numerosi gusci di gasteropodi polmonati perfettamente preservati.
A tetto dei depositi del 472 d.C. si osservano dei livelli cineritici, massivi o stratificati, associati all’eruzione del 505/512
d.C. Spessi depositi rimaneggiati e sottili livelli piroclastici primari, associati ad
eruzioni vesuviane medioevali, rappresentano la parte alta della successione.
6. Ricostruzione dei danni
causati dall’eruzione del 472 d.C.
8. Sequenza stratigrafica ricostruita della successione di depositi che hanno sepolto le rovine
romane. Le lettere indicano le unità stratigrafiche, che sono suddivise in livelli o strati identificati da numeri. I paleosuoli sono indicati con la lettera P, con la lettera S è indicato il suolo
attuale. Le unità eruttive riconosciute sono riportate sulla destra.
di materiali prodotti dall’attività di spoliazione. I prodotti dell’eruzione del 472
d.C. sono rappresentati dal basso verso
l’alto da: a) livelli di scorie da caduta; b)
livelli cineritici da corrente piroclastica
(affioranti solo a Somma Vesuviana); c)
una spessa sequenza vulcanoclastica che
consiste di numerosi depositi massivi o
stratificati, di spessore da decimetrico a
metrico, che si alternano a sottili livelli cineritici vescicolati. I depositi massivi presentano un grado variabile di litificazione e sono formati prevalentemente
da litici, le cui dimensioni massime raggiungono i due metri in diametro. La frazione iuvenile è scarsa e consiste in lapilli pomicei bianchi e grigi e scorie che
derivano, rispettivamente, da precedenti
depositi pliniani e dall’erosione dei depositi primari del 472 d.C. Lo spessore
dei livelli massivi è fortemente controlla-
to dalla paleomorfologia, in quanto essi
si assottigliano negli ambienti dove è più
spesso l’accumulo di materiale antropico
basale. In alcuni ambienti si notano strati con una concentrazione di clasti litici
di dimensioni decimetriche, formati dalla sedimentazione di debris flow ad alta
concentrazione. Il locale accumulo di litici grossolani è probabilmente causato
dalla disposizione delle pareti che rappresentano un ostacolo allo scorrimento di questi debris flow. Ne causano la
perdita di energia e quindi della capacità
di trasporto. I livelli stratificati, fortemente erosivi, sono invece interpretati come
messi in posto da correnti iperconcentrate. Infine, i livelli cineritici vescicolati indicano una sedimentazione direttamente
dalla sospensione. Si tratta di materiale
in prevalenza detritico fluitato dai versanti del vulcano (lahar) ed accumula-
Le fasi eruttive dell’eruzione del 472 d.C.
hanno danneggiato strutture romane fortemente indebolite da precedenti spoliazioni e già in stato di fatiscenza prima del
loro seppellimento. Ciò è indicato dal fatto che i depositi piroclastici sono a diretto contatto con il nucleo interno dei muri,
già privi di intonaco e di finiture esterne;
anche il pavimento è ricoperto da uno
strato di humus contenente abbondanti
frammenti di intonaco e laterizi. A Somma
Vesuviana le correnti piroclastiche hanno
avuto la capacità di erodere parzialmente
i muri e di trasportare frammenti di mattoni e di intonaco. L’impatto dei lahar,
capaci di trasportare blocchi lavici plurimetrici (fig. 9 a), causa sulle strutture l’abbattimento delle colonne e dei muri perpendicolari alla direzione di scorrimento.
Infatti, porzioni significative di muri e di
archi sono stati trovati all’interno dei depositi vulcanoclastici del 472 d.C. Colonne
e trabeazioni sono state ritrovate spostate
di alcuni metri rispetto alla loro posizione originale (fig. 9 b). Nel sito di Pollena
Trocchia, blocchi murari si trovano nei depositi di debris flow basale (fig. 9 c). Alcuni vani ancora parzialmente scavati sono
riempiti da depositi sedimentati dai debris
flow interstratificati con materiale di crollo (fig. 10). Il fatto che i frammenti murari non siano stati ritrovati tutti alla stessa altezza stratigrafica indica che i crolli
sono avvenuti in tempi successivi durante
la deposizione delle colate vulcanoclastiche. La deposizione dei debris è avvenuta per ‘ondate’ successive: almeno cinque
successivi lahar hanno investito gli edifici
romani. Studi preliminari sulla fabric del
deposito, ricostruita sulla base della dispo-
68
Girolamo Ferdinando De Simone – Annamaria Perrotta – Claudio Scarpati
sizione spaziale di resti di vegetali ritrovati
negli strati, mostrano una variabilità nella
direzione di scorrimento locale delle successive colate, probabilmente influenzata
dalla disposizione dei muri degli edifici.
Si può supporre che, a causa di intense
piogge cadute durante o immediatamente
dopo l’evento eruttivo, si siano generate
delle inondazioni che hanno eroso facilmente i depositi non consolidati accumulati sulle pendici del vulcano. Questi flussi carichi di frammenti piroclastici e lavici
hanno inondato le aree ai piedi del vulcano. Poiché il rapporto tra lo spessore dei
depositi vulcanoclastici e depositi piroclastici nelle aree scavate è largamente favorevole ai primi, è evidente che un’ingente
massa di materiale è stata rimobilizzata e
trasportata a valle.
(A.P., C.S.)
7. Problemi di reinsediamento
La lettera di Cassiodoro (Var., IV, 50) contiene in nuce gli argomenti di discussione sul problema del reinsediamento dopo
l’eruzione del 472. Essa infatti è una supplica per concedere l’esenzione della tassa fondiaria per chi è stato danneggiato
dall’eruzione, verosimilmente quella del
505. Si evocano quindi i danni maggiori subiti nell’eruzione passata (472) ed il
clamore che l’evento suscitò oltremare. Si
ricorda però anche la fertilità del suolo
dopo le eruzioni e si lascia intendere che
solo una parte dei proprietari terrieri ha
subito danni rilevanti dai depositi del 505.
L’evidenza dai siti di Somma Vesuviana e Pollena Trocchia mostra un deposito vulcanoclastico spesso a sufficienza per seppellire in modo irrecuperabile
ogni tipo di coltivazione. Ciononostante,
come notato nei paragrafi precedenti, il
flusso seguì la paleomorfologia, quindi
l’interro deve aver coperto in modo disomogeneo i siti posti alle pendici del
vulcano. L’eruzione deve inoltre aver
avuto effetti diversi secondo la distanza
dal vulcano e lo spessore dell’interro. Se
infatti i siti alle falde del vulcano e alle
pendici degli Appennini furono colpiti
da flussi vulcanoclastici di considerevole
spessore, non si può dire lo stesso per i
10. Schema dei depositi delle eruzioni del 472
e del 505-512 d.C. all’interno dell’ambiente j
del sito di Pollena Trocchia. Si possono notare le intercalazioni di materiale da crollo nei
livelli da debris flow.
9. Depositi vulcanoclastici massivi associati
all’eruzione del 472 d.C. a) Somma Vesuviana, la presenza di blocchi lavici di dimensioni
superiori al metro testimonia l’elevata capacità di trasporto dei debris flow; b) frammento
di trabeazione ritrovato all’interno del deposito di debris flow; c) Pollena Trocchia, frammenti murari alla base della successione di
debris flow.
69
L’eruzione del 472 d.C. ed il suo impatto su alcuni siti alle falde del Vesuvio
siti, da Abella a Beneventum, in cui i depositi da caduta hanno coperto il suolo
solo per pochi decimetri.
La vegetazione recuperò comunque
molto rapidamente. L’evidenza dal sito
di Pollena Trocchia mostra la formazione quasi immediata di un paleosuolo nel
quale la presenza di gasteropodi polmonati indica una vegetazione di sottobosco. A ciò si aggiungano anche le fonti
letterarie, partendo da Cassiodoro fino ai
resoconti di Sir William Hamilton per l’eruzione del 1779, dalla cui lettura risulta
chiaro che anche 30 centimetri di ceneri su piante ed alberi, sebbene causino
l’immediata distruzione di foglie e frutti, generino nel giro di pochi giorni una
vegetazione ancora più florida43. Inoltre,
per le aree più lontane, considerando
che l’eruzione avvenne in pieno inverno, sarebbe stato possibile rimuovere lo
strato di cenere dai campi arati, o meglio spostarlo ai lati dei solchi, in modo
da fertilizzare naturalmente al suolo senza limitare la crescita delle piante, come
avviene in molte comunità dell’America
Centrale ancora oggi. È quindi evidente
che le analisi dell’impatto delle eruzioni
sulle coltivazioni non si può limitare al
calcolo del tempo che necessita al suolo
per tornare fertile, poiché questo è solo
la prima variabile di cui tenere conto.
L’altra è costituita dalla reazione dell’uomo all’evento, ed in particolare dal sistema economico-sociale nel quale l’eruzione avviene. Infatti se l’eruzione viene a
distruggere non solo un campo, ma un
intero sistema economico e di distribuzione già in declino, come si può ipotizzare per esempio per l’eruzione del 79, è
chiaro che il recupero di solo una parte
del territorio non è sufficiente per risollevare l’economia dell’intera area e quindi
a ricreare un’alta concentrazione di insediamenti. In ultimo bisogna considerare
che, nei punti in cui l’interro vulcanoclastico coprì per più di 2 metri i campi, pur
considerando una subitanea fertilità del
suolo fu necessario reimpiantare le coltivazioni, quindi aspettare ad esempio dai
3 ai 7 anni per avere la prima vendemmia utile. Tale investimento necessita di
un capitale cospicuo e di una economia
favorevole che difficilmente possono
corrispondere a quanto è emerso finora
per la Campania tardo-antica. Da questo
ragionamento va esclusa ovviamente l’agricoltura di sussistenza, poiché produzioni di vegetali non richiedono un investimento a medio termine.
11. Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis, muro sud dell’ambiente j. Si noti la spoliazione quasi integrale del paramento laterizio del muro ed il piano di calpestio, corrispondente
alla parte sommitale del deposito vulcanoclastico del 472 d.C.
12. Pollena Trocchia, località Masseria De Carolis, apprestamento in opera incerta (forno?).
In questa prospettiva è più facilmente comprensibile l’evidenza disponibile
per Somma Vesuviana e Pollena Trocchia
per la fase fra il 472 ed il 512. A Somma Vesuviana, pur avendo l’interro del
472 coperto solo per 2/3 il sito, si trovano scarse tracce di frequentazione sporadica. Nel sito di Pollena Trocchia invece
si assiste alla spoliazione sistematica di
paramenti murari in laterizio (muro sud
dell’ambiente j, fig. 11) e all’accumulo di
materiale di spoglio per il pareggiamen-
to del piano di calpestio, sul quale è posta una piccola struttura muraria (forno?,
fig. 12). Viene inoltre svuotata la cisterna
del complesso termale (ambiente i, sopra
la carbonaia h) dall’interro vulcanoclastico del 472 ed è utilizzato l’intero piano
superiore dell’edificio. Arriverà poi dopo
pochi anni, nel 505-512, un’altra eruzione
a sigillare il sito. Laborat enim hoc uno
malo terris deflorata provincia (Cass.,
Var., IV, 50).
(G.F.D.S.)
70
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Ceramica in Italia: VI-VII secolo, Atti del Convegno
in onore di John W. Hayes (Roma, 11-13 maggio
1995), Firenze 1998, pp. 41-69.
Note
1
Su questi temi si veda De Simone 2008, con
rassegna bibliografica.
2
Per una descrizione d’insieme del progetto
ed una rassegna delle attività svolte fino al 2007, si
veda De Simone–Macfarlane 2009.
3
De Simone et al. 2009; De Simone et al. 2010;
Martucci et al. 2010.
4
De Simone 2009; Aoyagi–Angelelli–Matsuyama
2010 con bibliografia precedente; De Simone–Aoyagi 2010.
A titolo esemplificativo, ricordo alcuni fra i
contributi più significativi per lo studio di parti del
territorio: Scatozza Höricht 1985; Sampaolo 1986;
Pagano 1996; Albore Livadie–Mastrolorenzo–Vecchio
1998; Stefani 2000; Soricelli 2001; Ebanista 2003; De
Carolis–Soricelli 2005.
6
Parma–Gifuni 1988; Pagano 1996, n. 6.
7
Pisapia 1981; Pagano 1996, n. 12.
8
Dato inedito.
9
Pagano 1991; Id. 1996, n. 16.
10
Cerulli Irelli 1965; Pagano 1996, n. 6.
11
De Stefano–Carsana 1987; Pagano 1996, n. 52.
12
De Simone 2008; Pagano 1996, n. 3.
13
Pagano 1998, n. 25.
14
Soricelli 2002.
15
Cicirelli 2002, pp. 253-259.
16
Dati inediti.
17
Albore Livadie–Mastrolorenzo–Vecchio 1998.
18
De Simone et al. 2009; De Simone et al. 2010;
Martucci et al. 2010.
19
L’ipotesi è suggerita dal rinvenimento, su numerosi sesquipedali dei pavimenti dell’ipocausto,
del bollo DVO DOM, prodotto dai fratelli Domitii
fino al 95 d.C. Il bollo costituisce tuttavia solo un
terminus post quem per la realizzazione del pavimento.
20
Oltre al dato stratigrafico, è possibile almeno per una di queste sepolture di avere il conforto di una datazione più precisa. Infatti nella sepoltura a semicappuccina di un bambino di 4-6
anni, maschio, nell’angolo sud-est dell’ambiente f,
è stata rinvenuta come unico elemento di corredo una moneta dell’imperatore d’Oriente Marciano (450-457).
21
De Simone 2009; Aoyagi–Angelelli–Matsuyama
2010; De Simone–Aoyagi 2010.
22
Colucci Pescatori 1986, pp. 137-138; Pagano 1996, pp. 35-37; Albore Livadie–Mastrolorenzo–
Vecchio 1998, p. 71; Mastrolorenzo et al. 2002, pp.
23, 33.
23
Savino 2004; De Carolis–Soricelli 2005; cui rimando per una disamina di dettaglio. In questo
5
71
contesto riporto in breve solo le argomentazioni a
mio giudizio più salienti.
24
MARCELLINUS COMES, Chronicon, M.G.H.,
A.A. XI, 97, a. 512.
25
THEODORUS LECTOR E 398 (111, 14-16
Hansen); THEOPHANES, Chron., 119, 29-33 (De
Boor); Propylaeum Acta Sanctorum 198. De Carolis–Soricelli 2005, p. 523.
26
Savino 2004.
27
Cod. Vat. Reg., 2077. Per una trattazione più
ampia del problema, si veda Savino 2004.
28
Croke 2001, p. 314.
29
De Carolis–Soricelli 2005, dove però si menziona anche la possibilità che il passo in questione
si possa riferire al vescovo Stefano II (787).
30
http://eclipse.gsfc.nasa.gov
31
Albore Livadie–Mastrolorenzo–Vecchio 1998,
73. Un altro esemplare dello stesso tipo è presente nel contesto immediatamente precedente l’interro vulcanico nel sito di Somma Vesuviana, località Starza della Regina (Mukai–Sugiyama–Aoyagi 2009,
p. 176).
32
Hayez 1972, pp. 165-166.
33
Tortorella 1998.
34
La datazione salirebbe al 450-460 per le varianti Hayes 104A, nn. 5, 6, 9.
35
Cioni et al. 2008.
36
Santacroce et al. 2008.
37
Santacroce et al. 2008.
38
Albore Livadie–Bietti Sestieri–Marzocchella
2004; Di Vito et al. 2009.
39
Sigurdsson et al. 1985; Luongo–Perrotta–Scarpati 2003; Luongo et al. 2003.
40
Mastrolorenzo et al. 2002; Rolandi–Munno–
Postiglione 2004; Sulpizio et al. 2005.
41
Mastrolorenzo et al. 2002.
42
Perrotta et al. 2006.
43
Hamilton 1780, passim. Per la determinazione dello spessore delle ceneri vulcaniche nel punto in cui descrive l’evento mi sono avvalso dello
studio di Arrighi 2001 (p. 139, fig. 7, sezione stratigrafica Zlc).
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