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Mafie antimafia e cittadinanza attiva

2021

Questo volume raccoglie alcune relazioni scelte fra quelle presentate ai seminari-laboratori “Territorio, ambiente e mafie”, promossi dall’Università degli Studi di Catania. Un’esperien- za giunta alla settima edizione, che fin dall’inizio ha privilegiato l’apertura alla città, agli inse- gnanti, alle associazioni della società civile impegnate nel territorio. Una scommessa in larga parte vinta: lo dimostra la grande partecipazione di studentesse e studenti, la risposta positiva del mondo della scuola, la significativa presenza di cittadini. I seminari si sono affermati come un’esperienza di qualità, sia per i temi posti al centro di ciascuna edizione, sia per l’apporto conoscitivo che relatori di primo piano hanno saputo offrire. Rappresentano una risposta pregnante e positiva ad una domanda diffusa di analisi e di cono- scenza su un fenomeno complesso come quella delle mafie. Ne è nata una riflessione collettiva cha ha tenuto insieme rigore scientifico e tensione civile. Si sono stratificati saperi, analisi e ricerche che in queste pagine presentiamo con gli importanti contributi di magistrati, giornalisti, studiosi e rappresentanti del mondo delle istituzioni e del volontariato.

Rossana Barcellona insegna Storia del Cristianesimo antico e Cristianesimo e culture del Mediterraneo presso l’Università degli Studi di Catania (DISUM). Studia la storia dell’Occidente cristiano tra tarda antichità e medioevo (secc. IV-VII), con proiezioni nella contemporaneità (religioni e cinema; religioni e mediazione culturale; culti e società). Ha scritto saggi e monografie su temi di carattere storico-istituzionale e di storia della cultura religiosa anche in chiave antropologica (storia dei concili; clero e sessualità; agiografia; donne e religioni; storia dell’infanzia). Fra le sue pubblicazioni: Fausto di Riez interprete del suo tempo. Un vescovo tardoantico dentro la crisi dell’impero (2006), Una società allo specchio. La Gallia tardoantica nei suoi concili (2012) e L’eredità di una regina. Radegonda e lo scandalo di Poitiers (2020). Nell’anno accademico 2019/20 ha coordinato la settima edizione del Seminario interdipartimentale di Ateneo “Tracce di Mafia e Antimafia”. Antonio Fisichella ha diretto l’Agenzia dei beni confiscati alle mafie promossa da Libera di don Luigi Ciotti. Ha coordinato la comunicazione istituzionale della Regione Campania. Oggi fa parte di Memoria e Futuro, associazione contro le mafie per la promozione di una cittadinanza attiva. Ha curato la pubblicazione di La mafia restituisce il maltolto (1998). Tra i suoi ultimi saggi: La presunta omertà del sud e le statistiche europee (in Omertà: silenzio, paura ma non condivisione, a cura di S. Melorio, 2017), Torre Annunziata e Gela. Il tramonto del sogno industriale, la forza della mafia (in Torre Annunziata. Tra camorra e deindustrializzazione, a cura di S. Melorio, V. Sbrizzi, 2020), La Camorra, un’invenzione letteraria? (2020). Ha recentemente pubblicato il volume Una città in pugno. Informazione, affari, politica e mafia: Catania al tempo di Mario Ciancio. Una storia italiana (2020). Simona Laudani ha insegnato Storia moderna presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania. Si è occupata di Storia sociale ed economica con particolare attenzione ai temi dei conflitti e delle rivolte, delle forme di produzione e di organizzazione del lavoro in età moderna. Si è occupata di storia di genere con numerosi interventi. Fra le sue pubblicazioni: La Sicilia della seta (1996); Mestieri di donne, mestieri di uomini nelle strutture corporate d’età moderna, in Il lavoro delle donne (a cura di A. Groppi, 1996); Un ministro napoletano a Londra. Domenico Caracciolo e le sue “Memorie” (2000); “Quegli strani avvenimenti”. La rivolta palermitana del 1773 (2005); Lo “Stato” del principe. I Moncada e i loro territori (2008); Lettere a Costanza. Costanza Moncada Notarbartolo di Villarosa e il suo mondo (1792-1876) (2015). Immagine di copertina: Giuseppe Fava, Il fatto di cronaca, 1975 XX,00 euro MAFIE, ANTIMAFIA E CITTADINANZA ATTIVA A CURA DI ROSSANA BARCELLONA, ANTONIO FISICHELLA, SIMONA LAUDANI PREMESSA DI ANTONIO PIOLETTI INTRODUZIONE DI SIMONA LAUDANI ISBN 978-88-575X-XXX-X MIMESIS Mimesis Edizioni Eterotopie www.mimesisedizioni.it ROSSANA BARCELLONA - ANTONIO FISICHELLA - SIMONA LAUDANI (A CURA DI) MAFIE, ANTIMAFIA E CITTADINANZA ATTIVA Questo volume raccoglie alcune relazioni scelte fra quelle presentate ai seminari-laboratori “Territorio, ambiente e mafie”, promossi dall’Università degli Studi di Catania. Un’esperienza giunta alla settima edizione, che fin dall’inizio ha privilegiato l’apertura alla città, agli insegnanti, alle associazioni della società civile impegnate nel territorio. Una scommessa in larga parte vinta: lo dimostra la grande partecipazione di studentesse e studenti, la risposta positiva del mondo della scuola, la significativa presenza di cittadini. I seminari si sono affermati come un’esperienza di qualità, sia per i temi posti al centro di ciascuna edizione, sia per l’apporto conoscitivo che relatori di primo piano hanno saputo offrire. Rappresentano una risposta pregnante e positiva ad una domanda diffusa di analisi e di conoscenza su un fenomeno complesso come quella delle mafie. Ne è nata una riflessione collettiva cha ha tenuto insieme rigore scientifico e tensione civile. Si sono stratificati saperi, analisi e ricerche che in queste pagine presentiamo con gli importanti contributi di magistrati, giornalisti, studiosi e rappresentanti del mondo delle istituzioni e del volontariato. MIMESIS / ETEROTOPIE MIMESIS / ETEROTOPIE N. xxx Collana diretta da Salvo Vaccaro e Pierre Dalla Vigna comitato scientifico Pierandrea Amato (Università degli Studi di Messina), Stefano G. Azzarà (Università di Urbino), José Luis Villacañas Berlanga (Universidad Complutense de Madrid), Oriana Binik (Università degli Studi Milano Bicocca), Pierre Dalla Vigna (Università degli Studi “Insubria”, Varese), Giuseppe Di Giacomo (Sapienza Università di Roma), Raffaele Federici (Università degli Studi di Perugia), Maurizio Guerri (Accademia di Belle Arti di Brera), Micaela Latini (Università degli Studi “Insubria”, Varese), Luca Marchetti (Sapienza Università di Roma), Valentina Tirloni (Université Nice Sophia Antipolis), Salvo Vaccaro (Università degli Studi di Palermo), Jean-Jacques Wunenburger (Université Jean-Moulin Lyon 3) MAFIE, ANTIMAFIA E CITTADINANZA ATTIVA I Seminari dell’Università di Catania a cura di Rossana Barcellona, Antonio Fisichella, Simona Laudani Premessa di Antonio Pioletti Introduzione di Simona Laudani MIMESIS Volume pubblicato con il contributo dell’Università di Catania e del suo Dipartimento di Scienze Umanistiche. Si ringraziano il Magnifico Rettore, prof. Francesco Priolo, e il Direttore del Dipartimento, prof.ssa Marina Paino, per il sostegno assicurato alle attività dei Seminari. MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it mimesis@mimesisedizioni.it Collana: Eterotopie, n. xxx Isbn: 9788857552xxx © 2021 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 / 24416383 INDICE PREMESSA Per non essere, neanche noi, di coloro che tacciono Antonio Pioletti L’esempio di Scidà Antonio Pioletti 9 xx INTRODUZIONE Mafie e antimafia oggi Simona Laudani xx INFORMAZIONE E SOCIETÀ Mafia devota? La festa di S. Agata tra religione, poteri e legalità Rossana Barcellona, Teresa Sardella L’Antimafia di facciata: il caso Montante (e non solo) Attilio Bolzoni, Claudio Fava xx xx Geotrans: dalla confisca alla ripartenza. Una speranza in terra di Sicilia Pina Palella xx Il maxiprocesso come crocevia storico: il ruolo delle donne Adriana Laudani xx Politica, affari e mafia, il modello Catania Antonio Fisichella xx LEGISLAZIONE Come si ruba negli appalti e come ci si aggiudica una gara Michele Corradino xx Diritti universali e nuove forme di schiavitù: la lotta contro il traffico di esseri umani Delia La Rocca xx Vecchie e nuove sfide per la fattispecie di associazione di stampo mafioso Anna Maria Maugeri xx AMBIENTE E TERRITORI Tre storie semplici in un sistema ecosocio mafiogeno Filippo Gravagno Le Ecomafie: dalla terra dei fuochi alla gestione dei rifiuti in Sicilia Marisa Meli xx xx STORIA Ripensare le origini della mafia. Una nuova interpretazione xx Francesco Benigno Le mafie nella storia d’Italia Isaia Sales xx La mafia oggi, ovvero: la questione criminale nella società contemporanea Umberto Santino xx APPENDICE Seminari Territorio, ambiente e mafie Programmi, relatori, Associazioni partecipanti, tematiche dal 2015 al 2020 xx La mafia teme la scuola più della giustizia Antonino Caponnetto Antonio Pioletti PER NON ESSERE, NEANCHE NOI, DI COLORO CHE TACCIONO 1. Un po’ di storia Il 24 gennaio del 2014 ebbe a tenersi presso l’Aula 1 del Monastero dei Benedettini, organizzata da “Libera”, la presentazione di un volumetto edito nel 2013 da Rubbettino Editore che raccoglieva gli articoli scritti tra il 1992 e il 2002 per la rivista “Città d’Utopia” da Giambattista Scidà (1930-2011), per vent’anni Presidente del Tribunale dei Minori di Catania. Il volumetto, di piccole dimensioni ma di grande spessore etico-civile, è intitolato Eresie. Il caso Catania e il problema dei minori. Nel corso del mio intervento introduttivo avanzai la proposta di istituire presso l’Università degli Studi di Catania un Laboratorio permanente sui temi dell’antimafia da intitolare alla memoria di Scidà “che si definiva militante della democrazia” e che “fu il primo a capire l’importanza della cittadinanza attiva e della presenza nei quartieri” (si veda “CT-ZEN” 27 gennaio 2014). Presero avvio da quell’anno accademico, 2014-2015, con il consenso dei vertici dell’Ateneo, i Laboratori – dal 2019-2020 indicati come Seminari – Territorio, ambiente e mafie intitolati, appunto, a Scidà. Delle più recenti edizioni si pubblicano qui le relazioni introduttive, con l’aggiunta di un intervento di Umberto Santino, Presidente del “Csd Giuseppe Impastato” di Palermo. La prossima edizione è in preparazione. Iniziativa non nuova nel panorama di quelle assimilabili avviate in altri Atenei, ma dotata, come in seguito si rileverà, di una sua particolare pregnanza. Il 18 aprile 2016 presso l’Università Statale di Milano si è tenuto un Convegno su Le Università contro le mafie, promosso dalla Commissione Parlamentare Antimafia. 10 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva L’allora Presidente della CRUI, Gaetano Manfredi, in occasione degli Stati Generali sulla lotta alle mafie tenutisi a Milano il 23-24 novembre 2017, ha tenuto una relazione sulle iniziative didattiche previste negli Atenei sulla cultura della legalità, sulla base anche di una rilevazione dati, tramite questionario online, relativa appunto alle attività formative dagli Atenei, alle strutture specifiche previste, agli eventi organizzati. L’anno di riferimento era il 2015-2016, e l’Ateneo di Catania vi figura ancora marginalmente. Ne è emerso che dalla fine degli anni ’80, in crescendo anno per anno, numerosi sono gli Atenei attivi, invero più al Nord Italia, e che variegata si presenta la tipologia delle forme di trattazione del tema: Corsi di formazione specialistica, di insegnamento, Osservatori, Laboratori, Centri di studi e ricerca, Convegni, Tavole rotonde, Conferenze… Dipartimenti maggiormente coinvolti risultano essere quelli di Scienze giuridiche/ Giurisprudenza, Economia, Scienze politiche e sociali, Scienze della comunicazione. Attività per lo più tenute in collaborazione con Enti e Associazioni che svolgono attività antimafia nel territorio, nonché con Procure e singoli magistrati. Dai dati, che qui non si prendono tutti in esame, risulterebbe che circa il 50% degli insegnamenti si attesta su non più di 25 partecipanti, mentre in 5 casi si registrano dalle 120 alle 250 presenze. Più alta la partecipazione a singoli eventi. Da segnalare altresì la Convenzione siglata a Palermo, in occasione della ricorrenza della strage di Capaci, il 23 maggio 2019 fra MIUR, Fondazione Falcone, CRUI e CNSU. 2. I “Seminari interdipartimentali” all’Università di Catania Anzitutto, da quali premesse hanno preso avvio presso l’Università di Catania le attività di “Seminari interdipartimentali”, quale la loro funzione? Premessa necessaria è la visione che ci guida del ruolo dell’insegnamento universitario, nonché scolastico: offrire una preparazione di base di alto spessore culturale funzionale a far sviluppare progressivamente nelle nuove generazioni un pensiero critico, in grado cioè di saper distinguere, di favorire l’elaborazione di opinioni fondate su un documentato approfondimento. Sterile la contrapposi- A. Pioletti - Per non essere, neanche noi, di coloro che tacciono 11 zione alla quale spesso si indulge fra preparazione culturale di base e specializzazione: l’una è complementare all’altra. Il sapere d’altra parte non è una merce da valutare sulla base del paradigma dell’immediata utilità strumentale. E ancora, finalità imprescindibile della formazione è, appunto, formare cittadini coscienti, attori cioè del grande scenario del vivere comune, del bene comune, il che, come la realtà dell’oggi dimostra, si rende ancor più necessario in tempi di gravi crisi pandemiche ed economiche. Da queste premesse abbiamo preso le mosse nel proporre di inserire nei piani di studio, ove possibile e sulla base della loro articolazione, fra i crediti formativi relativi alle “Altre attività formative”, ovvero come moduli in insegnamenti compatibili, la frequenza di Seminari aperti a studentesse e studenti iscritti a tutti i Corsi di laurea, aperti alla città, agli insegnanti di Scuola, alle Associazioni della società civile, Laboratori dedicati alla trattazione di tematiche trasversali ai curricula specifici e che riguardano, direi, i saperi per una cittadinanza attiva: Territorio, ambiente e mafie; Conoscere il mondo islamico; i Gender Studies, attivo dal 2013 al 2016, a tutt’oggi permane solo il relativo insegnamento come disciplina inserita dal 2014 nei piani di studio. È al primo che qui volgiamo attenzione. 3. Il Seminario Territorio, ambiente e mafie La presenza delle mafie è non da oggi capillare nei gangli della società e sempre più ha assunto caratteri “globalizzati”. Comprenderne il fenomeno e le sue articolazioni è, direi, un dovere civico al quale non ci si può sottrarre, il che si manifesta ancor più necessario per le nuove generazioni, il nostro futuro: un dovere permanente. Quali dunque le motivazioni che hanno sorretto la scelta di attivare questo Seminario? Mi permetto di inserire qui una citazione tratta dalla Prefazione da me redatta al volume Le verità nascoste. Da Aldo Moro a Piersanti Mattarella e Pio La Torre, a cura di Ernesto De Cristofaro con la collaborazione di Antonio Fisichella, Edizioni La Zisa, Palermo 2017: 12 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva Mentre c’è chi in modo stucchevole discute se la mafia sia stata sconfitta o abbia vinto, non si può non registrare una carenza di analisi, con le dovute eccezioni, sulla nuova fase che caratterizza nel mondo globalizzato e del dominio del capitale finanziario le attività di quelle che chiamiamo le mafie, le diverse organizzazioni criminali che operano ormai, e non da oggi, in uno scenario internazionale che non trascura tuttavia mai il controllo dei territori. E non si può non registrare una caduta di attenzione verso un fenomeno che non dovrebbe riguardare solo gli addetti ai lavori, una tendenza all’oblio di quel che è accaduto e accade, un isolamento dei magistrati in prima linea nell’azione di contrasto. Nel corso delle attività laboratoriali, dal 2015 a oggi, si sono approfondite, con larga partecipazione di studentesse e studenti – il che dimostra la possibilità di suscitare interesse allorché al rigore della documentazione si accompagni una forte tensione civile volta a comprendere il reale che ci circonda –, di rappresentanti di Associazioni, insegnanti, diverse tematiche: cenni storici sul fenomeno mafioso; le sfere della sua presenza, dall’economia all’ambiente, ai paesaggi, alla gestione dei rifiuti urbani, alla tratta dei migranti e al loro sfruttamento; l’analisi degli strumenti legislativi finora messi in atto; il ruolo della donna nell’organizzazione mafiosa e nell’antimafia; la rappresentazione massmediatica del fenomeno e il ruolo dell’informazione (ivi, pp. 8-9). I Dipartimenti coinvolti sono stati negli anni quelli di Scienze Umanistiche, Ingegneria e Architettura, Scienze Politiche e Sociali, Giurisprudenza, Scienze della Formazione. Da sottolineare la costante funzione propulsiva svolta dal Dipartimento di Scienze Umanistiche e la duratura presenza di quello di Ingegneria e Architettura. Molto numerose le Associazioni della società civile che hanno partecipato con ruolo attivo, da “Libera” a “Memoria e Futuro”, dal “Gapa” e da “I Siciliani giovani” all’UDI, dalla CGIL al “Centro Astalli”, dalla “Casa dei Popoli” alla “Fondazione Fava”, e il cui elenco completo è qui riscontrabile nei Programmi annuali pubblicati in Appendice. Non è di secondaria importanza precisare che l’articolazione dei lavori svolti nel corso delle attività dei Seminari prevede: – l’invio agli iscritti di materiale bibliografico preparatorio ai singoli argomenti trattati; A. Pioletti - Per non essere, neanche noi, di coloro che tacciono 13 – una relazione seguita da dibattito – si troveranno in Appendice nomi dei relatori, argomenti trattati e Associazioni partecipanti anno per anno –; – la consegna di una relazione scritta finale su un argomento trattato nel corso delle attività da parte delle studentesse e degli studenti iscritte/i da sottoporre a valutazione da parte dei docenti coordinatori per il riconoscimento, ove previsto nei piani di studio, di 3 CFU in quanto “Altre attività formative”. La partecipazione alle attività è stata negli anni massiccia, attestandosi su una media di almeno 250 presenze annue. 4. Conclusioni, per continuare Nel pubblicare qui i testi delle relazioni tenute in massima parte nel corso dell’anno accademico 2019-2020, si intende rinnovare un impegno che sia duraturo e fecondo di risultati. È altresì da auspicare che altri “Seminari interdipartimentali” di eguale funzione prendano avvio: solo per riferirsi a qualche esemplificazione, la ripresa di quello dedicato ai Gender Studies, un altro su Conoscere la Costituzione italiana, un altro ancora su L’universo e le sue leggi conosciute. Sono solo proposte dettate dalla speranza, l’ultima a morire. Antonio Pioletti L’ESEMPIO DI SCIDÀ* Se “Città d’utopia” si poneva come spazio di iniziative, analisi, dibattiti, sogni fra le città del sud, Giambattista Scidà ne è stato voce che con coerenza ha saputo trasmettere il senso stesso della rivista, la sua funzione, i suoi obiettivi: ogni suo scritto nasce dall’analisi di un evento o di dati, pone gli elementi per un confronto con voci diverse, apre all’impegno, alla speranza, forse ai sogni, ma perché essi non restino tali. Il suo stile è dotto e ricercato, la grafia dei suoi manoscritti era talora non lontana dall’illeggibilità. I contenuti di profondo sentire, limpide le idee. Un argomentare apparentemente tortuoso che induce a saper riflettere sui fatti, una stringente e mai gratuita ricerca della parola giusta che conduca all’illuminazione del senso. E come distinguere l’uomo, il cittadino, il magistrato? Una stessa incrollabile fede nella giustizia, nella difesa dei più deboli, nel rigore e nella coerenza morali. E nei valori di una cultura senza confini: di largo raggio le sue letture e le sue conoscenze, letterarie, linguistiche, storiche, e ovviamente giuridiche. Un intellettuale fra i più eminenti che non solo Catania possa annoverare. E sul ruolo dei “chierici” s’interrogava, di fronte ai loro silenzi, alle loro mistificazioni, alla loro avidità, alle loro collusioni con i potenti del malaffare proni alla “fisica degli interessi”. Rileggendo i suoi scritti si resta colpiti, ma non meravigliati, dalla loro attualità, e il riproporli non è solo un omaggio alla sua figura, ora che è scomparso, è un modo per rispondere a un suo monito: * Tratto da G. Scidà, Eresie. Il caso Catania e il problema dei minori. Introduzione di A. Pioletti. Postfazione di R. Orioles, a cura della Redazione di “Città d’utopia”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013, pp. 9-13. 16 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva ignorare il passato vuol dire esser male attrezzati per la lettura del presente, e per combattere, nel presente, quel che del passato sopravvive e ci minaccia (Una città da lungo tempo ceduta alla malavita, p. 76); è un modo per rendere un servizio alla città di Catania, e non solo a essa, ai cittadini che non si sono arresi, a coloro che non sanno e che, meglio informati e con gli occhi aperti, potranno e dovranno praticare quella milizia della democrazia sulla quale Scidà continua a interpellarci. I suoi scritti qui ripubblicati sono un viaggio lungo gli ultimi trent’anni di vicende che hanno riguardato Catania in una dimensione nella quale il livello giudiziario è inscindibile da quelli istituzionale, politico e sociale. I fatti sono nei suoi interventi, e con sistematicità nel dossier finale, ampiamente richiamati e sarebbe ripetitivo farne qui nuova occasione di analisi e di commento. Preme maggiormente enucleare i punti nodali delle sue analisi o, se si preferisce, i passaggi fondamentali che portano a delineare nitide le strutture del sistema di potere, a tutto tondo i meccanismi del suo funzionamento, evidenti le condizioni che ne alimentano e perpetuano la continuità. 1. “Prima della mafia, dunque, quest’altra mafia: dell’atto deliberativo, del decreto, dell’ordinanza […] e dell’omettere mirato” (Per non essere di coloro che tacciono. La criminalità minorile: alla radice dei fatti, p. 23). Una proposizione, quest’ultima, che, se si ha ben chiara la comprensione del fenomeno mafioso nelle sue componenti strutturali, economico-sociali e culturali, permette di penetrare in un ordine di questioni che non casualmente molti preferiscono evitare: cioè quale sia il terreno di coltura della mafia e quali i meccanismi mafiogeni. 2. La devianza amministrativa e l’organizzazione criminale sono gangli sistemici che vengono da e portano all’esclusione sociale e alla privatizzazione illecita di risorse pubbliche. Lo scempio della città e del territorio, il degrado dei quartieri periferici e dei servizi sociali ed educativi a lungo sono stati e sono esorcizzati con lo spettro della delinquenza minorile e delle comunità di immigrati e nomadi, senza volerne comprendere le cause e A. Pioletti - L’esempio di Scidà 17 senza volere accedere a un progetto diverso e alternativo di città e di sistema economico-sociale. 3. C’è una centralità conferita al territorio nelle analisi di Scidà. Un territorio che va ripopolato nel concreto delle sue infrastrutture per una rinascita, che va presidiato con i valori della civiltà, che va alimentato di coscienza civile, contro l’abbandono voluto, contro la sua consegna alla “fisica degli interessi”. 4. C’è l’affresco a tinte vive della fosca opacità del sistema politico, colluso e omertoso, direttamente complice o pavido, con la “Signora Opposizione” perduta fra balbettii, omissioni e ombrosi trasversalismi consumati fra logge, uffici, palazzi del sapere e della giustizia stessa. 5. Anche in quegli anni, quelli ai quali Scidà si riferisce, le alchimie sulle leggi elettorali, costruite e imbalsamate a uso e abuso delle classi dirigenti, anche oggi “i colpi di pollice alle libertà degli italiani” (Eresie 1, p. 52). Anche oggi, come in quegli anni, l’attacco eversivo all’indipendenza della magistratura, al ruolo del Pubblico Ministero, all’obbligatorietà dell’azione penale. 6. I magistrati non sono angeli, amava dire Scidà. E la cronaca infatti, dolorosissimamente, ce ne ha fatto conoscere di martiri, di integerrimi, di ambigui, di corrotti. Catania è stata palcoscenico dei conflitti indotti da questa contraddizione. Si tentò di fare di Scidà un “caso”, quando il caso era un altro: Catania “geroglifico maligno”, così disegnato da complicità plurime che hanno fatto dei corruttori dei concussi, degli omertosi dei necessitati. Infine, Scidà leggeva e sapeva leggere il “libro dei fatti” già negli anni in cui politici e intellettuali di contorno negavano la presenza della mafia a Catania, negli anni in cui, che continuano, la denuncia del crimine e delle zone grigie che lo circonda veniva, e viene, oscurata o presentata dalla stampa dominante come autolesionistica offesa a un inesistente “genius loci”. 18 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva La solitudine è spesso, e invero quasi sempre, la compagnia amara cui si vuole destinato colui che professa con intransigenza i diritti e i doveri dell’essere cittadino, il mestiere, quest’ultimo, più difficile. Non sono riusciti a lasciarlo solo Scidà: che questa pubblicazione di suoi scritti sia un piccolo contributo affinché a seguire il suo esempio fra le giovani generazioni siano in tanti, soprattutto coloro che non l’hanno conosciuto e poco sanno del suo operato e del libro dei fatti che riguardava, e ancora riguarda, Catania. Simona Laudani MAFIE E ANTIMAFIA OGGI Vent’anni fa, a Palermo, veniva firmata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC) per promuovere la cooperazione tra gli Stati membri al fine di prevenire e combattere le attività criminali al di là dei confini nazionali, in modo efficace e coordinato. Vent’anni dopo, lo scorso ottobre, a Vienna, nel corso della Conferenza delle Parti, la delegazione italiana presentava una proposta per l’istituzione di una giornata celebrativa del ventesimo anniversario della firma posta nel 2000 a Palermo della suddetta convezione. Proposta che è stata oggetto di accordo unanime dei delegati ONU ed è stata trasmessa per l’approvazione definitiva alla Plenary della Conferenza Non si è trattato solamente di un significativo gesto commemorativo, ma di un atto carico di un forte contenuto programmatico. Non solo infatti è stato implicitamente riconosciuto il valore insostituibile della memoria, come presupposto necessario e indispensabile di ogni progetto di contrasto alla criminalità organizzata, ma è stata pienamente recepita la portata sociale e culturale della lotta contro la mafia, assunta come momento irrinunciabile per la difesa dei diritti e delle libertà di tutti e di ciascuno. Una lotta che non si limita alla repressione armata, ma che comporta necessariamente il coinvolgimento della società civile in una visione che tende a realizzare un “circolo virtuoso” di collaborazione tra le diverse istituzioni e le migliori energie della società civile, delle professionalità e del mondo scientifico, muovendo dalla consapevolezza che questa è una battaglia che ha bisogno dell’apporto di tutte e di tutti, delle intelligenze, delle capacità professionali, dell’impegno e della dedizione di ciascuno. Due elementi, questi della memoria e dell’impegno personale e collettivo, che ripercorrono e rilanciano senza dubbio i fili rossi lungo i quali si è svolto in questi anni l’impegno di quanti hanno scelto di fare di questa battaglia un momento importante della loro 20 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva vita personale e professionale, dando voce, volti, gambe e cuore, e a volte, ahinoi, sangue, ai due slogan che, tracciati su bianchi lenzuoli, in quella terribile estate del 1992, tappezzarono i balconi di una Palermo devastata da troppe morti1. Un binomio che ha costituito, come giustamente sottolineato da molti dei contributi qui raccolti, la peculiarità degli interventi legislativi e processuali, che a partire dalla legge Rognoni-La Torre, e l’inserimento dell’articolo 416 bis che introduce per la prima volta il reato di associazione mafiosa, ha portato la legislazione italiana ad essere tra le più innovative e attrezzate nel mondo. Come scrive Adriana Laudani, ricostruendo il lungo cammino che avrebbe portato al maxiprocesso e alla configurazione della mafia come fenomeno complesso, articolato al suo interno, ma sostanzialmente unitario, “a determinare il tutto, in verità, fu un processo di profondo cambiamento culturale, che vide protagonisti migliaia di donne e di uomini, in cammino”. Un cammino mai lineare, ad onor del vero, irto di molte contraddizioni, di periodi di stallo, di ritorni indietro, di zone scure e grigie, ma che, come testimoniato anche dalle tante voci che hanno dato vita in questi otto anni ai nostri seminari, e oggi a questo volume, è riuscito, e ancor oggi riesce, a far incontrare professionalità e sensibilità diverse, unite dal desiderio comune di non dimenticare e di continuare a mobilitare progetti e intelligenze per combattere un fenomeno, come quello mafioso, complesso e capace, come pochi, di interpretare la realtà e di inserirsi in essa per trarne profitto. Il libro, nel quale vengono riuniti solo alcuni degli interventi ai Seminari di questi anni, è stato pensato per lasciare testimonianza scritta di tutto ciò, attraverso le tracce di un’esperienza davvero unica, che anno dopo anno ha preso corpo da una serie di incontri, di rapporti tra soggetti con storie e percorsi diversi, ma accumunati da una comune passione per la libertà e per la legalità. Anno dopo anno prendevano corpo i temi da affrontare, le idee da privilegiare, i contributi da richiedere, le professionalità da coinvolgere attraverso un confronto assai ampio, una partecipazione per nulla scontata che non ha mai finito di meravigliarmi per la sua semplice ricchezza e per la generosità di tanti e di tante che in questo progetto si sentivano, di volta in volta, coinvolti. Ogni anno ho pensato “no questa volta non 1 Ci riferiamo in particolare agli slogan “Non li avete uccisi. Le loro idee camminano sulle nostre gambe” e “Senza memoria non c’è futuro”. S. Laudani - Mafie e antimafia oggi 21 ce la facciamo, è troppo tardi, è troppo complicato”, e poi invece tutto si componeva e diventava semplice, quasi automatico, spinto dall’entusiasmo e dalla disponibilità di quanti accettavano di mettere a disposizione degli studenti le loro competenze, le loro professionalità di magistrati, di giuristi, di giornalisti, di docenti, di operatori. Le linee lungo le quali finivano per dispiegarsi gli interventi dei relatori erano inevitabilmente quelle del ricordo di chi di quegli avvenimenti, su cui si ragionava, erano stati testimoni diretti o indiretti, e, strettamente intrecciate alle prime, le riflessioni legate alla propria collocazione professionale e culturale, dando così vita ad una comunicazione insieme competente e rigorosa, ma anche intensa e viva che ne rendeva la trasmissione agli studenti partecipe e partecipata. A conferma di ciò, negli anni ci hanno confortato il crescente numero degli iscritti (fino a 300) e la vivacità dei dibattiti che seguivano alle relazioni. In questo libro abbiamo cercato di restituire questa duplicità dei piani: quello della memoria e quello dell’elaborazione scientifica. Abbiamo deciso di dividere in spartizioni tematiche gli interventi qui raccolti per dar conto delle diverse angolazioni dalle quali in questi anni abbiamo cercato di affrontare un tema tanto complesso e multiforme come quello della mafia, partendo di volta in volta dalle tematiche di fondo prescelte e dalle competenze a nostra disposizione. La scelta di iniziare con un’ampia sezione dedicata al tema della società/informazione ci è sembrata quindi opportuna e in qualche modo obbligata. Per quanto assai diversi tra loro per i punti di osservazione e per le professionalità messe in gioco, i cinque interventi aprono scorci importanti e in qualche modo gli uni agli altri legati. Il rapporto tra mafia/cultura/istituzioni/società emerge come tema portante delle dinamiche che intercettano gangli fondamentali del vivere civile: la religiosità e i suoi riti, l’informazione e i poteri forti, la forza delle donne nel contrasto e nella crescita di una coscienza della legalità, la risposta delle istituzioni all’illegalità (la gestione non facile dei beni sequestrati) e, last but not least, l’antimafia di facciata. Se infatti, come scrivono Barcellona e Sardella, le relazioni tra festa patronale e malavita organizzata non sono esclusive della nostra città e della sua santa, ma sono l’esito della fitta e variegata trama di relazioni che le storie dei santi intrecciano con il territorio ab origine, è la questione del controllo del territorio, da un canto, e 22 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva dell’accesso all’identità cittadina, dall’altro, che diventano il terreno da conquistare da parte delle organizzazioni mafiose catanesi. E questo grazie ad un peculiare intreccio di convenienze incrociate da parte dei poteri forti della città (clero, organi di informazione, potere politico, potentati economici), che ne hanno garantito negli anni, con il loro colpevole silenzio, la presenza e il ruolo egemone nella gestione del consenso popolare. E di peculiarità catanese, anzi di vero e proprio caso Catania, ci racconta Antonio Fisichella che ricostruisce quello che lui definisce: “un avanzato e moderno sistema di relazioni tra classi dirigenti, mafia e affari. Uno dei più evoluti del nostro Paese. Un modello in cui i confini tra economia legale e illegale si appannano fino a compenetrarsi, dove il ‘mondo di sopra’, con le sue élite imprenditoriali, professionali e politiche non mostra alcuna incertezza a relazionarsi con ‘il mondo di sotto’ e con le élite criminali che esso esprime”. Il mito della Milano del Sud, fiera della sua economia dinamica e capace di affermarsi ben al di là dei confini locali, sarebbe stato travolto dai suoi stessi presupposti di “contraddittoria modernizzazione, fondata sulla sistematica negazione di regole comuni, priva di una radicata etica pubblica, incardinata intorno alla rendita e alla speculazione a generare un avanzato modello politico, affaristico e criminale; cioè, compiutamente mafioso”. Una relazione, quella tra mafia e affari, evidenziata dal lungo e faticoso lavoro del pool di magistrati raccolti intorno al giudice Chinnici, i cui risultati confluiranno in quell’evento irripetibile che fu il maxiprocesso. Evento, quest’ultimo, la cui celebrazione produsse una vera e propria rivoluzione non solo nei metodi di indagine e di contrasto, ma più profondamente nel modo di concepire il fenomeno mafioso, provocando una vera e propria rottura culturale nella società. Una rivoluzione che non sarebbe stata possibile senza l’apporto di tanti uomini e soprattutto di tante donne che misero in gioco la propria vita e il proprio impegno a sostegno dell’attività dei magistrati, mettendo in atto quel movimento di opinione e di iniziative che più tardi sarebbe stato chiamato “antimafia”. Un’antimafia le cui vicende e i cui personaggi sono stati da sempre coprotagonisti dei nostri seminari e di questo volume, anche quando, come nel caso Montante, magistralmente ricostruito da Claudio Fava e da Attilio Bolzoni, si tratta di sottolinearne i pericoli, la degenerazione, la corruzione, ancora più drammatica perché costruita sulla S. Laudani - Mafie e antimafia oggi 23 scia di sangue lasciata dai tanti eroi del contrasto alla criminalità organizzata. Di antimafia positiva e concreta, ma anche delle sue mille difficoltà a fare i conti con burocrazie e mentalità difficili da superare, tratta invece il contributo di Palella che, utilizzando un caso concreto relativo alla gestione dei beni confiscati alla mafia, ci aiuta a misurarci con la realtà economica e di mercato del nostro Paese. La seconda parte di questo volume raggruppa tre interventi centrati sulla questione giuridica che, nella diversità dei punti di vista scelti, sottolineano tutti la profonda relazione esistente tra modo di percepire il fenomeno mafioso e il farsi del sistema legislativo. Così Maugeri sottolinea il valore performativo del linguaggio legislativo che per affrontare le questioni di sicurezza pubblica e privata finisce per creare le fattispecie giuridiche destinate a determinare la fisionomia dei fenomeni contro cui combatte,come nel caso dell’art. 416bis della legge Rognoni-La Torre. È, infatti, la difficoltà di utilizzare il concetto di associazione a delinquere nel caso dell’associazione di stampo mafioso, non sempre finalizzata nell’immediato a perseguire fini illeciti e che utilizza un metodo tutto suo, a ridefinire le caratteristiche della mafia. L’associazione mafiosa si caratterizza, secondo quella legge fondamentalmente, per tre caratteristiche: forza di intimidazione, assoggettamento e omertà. Caratteristiche utilizzate, ci dice Maugeri “come strumento di potenziamento del loro ‘capitale sociale’: intendendo per tale – appunto – la rete sistemica di relazioni che le mafie sono solite intrattenere e sviluppare con i diversi settori della c.d. ‘società legale’ e che storicamente, e fino ad oggi, rappresenta il loro punto di forza e la persistente ragione della loro specificità nel panorama criminale”. Una definizione questa che non solo avrebbe permesso di perseguire efficacemente le associazioni di stampo mafioso, ma che avrebbe cambiato definitivamente il modo di concepirne la natura e le caratteristiche, consentendo di superare i pregiudizi di tipo antropologico-geografico. E allo stesso modo, come ci dice La Rocca, è la difficoltà di tipo“concettuale”di distinguere tra “grave sfruttamento”, “contrabbando” e vero e proprio traffico di esseri umani a non consentire di combattere efficacemente le nuove schiavitù connesse alla tratta di esseri umani e di perseguire le organizzazioni mafiose che dal controllo di queste nuove schiavitù traggono ricchezza e potere. La 24 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva tratta, infatti, scrive La Rocca “proprio in quanto fenomeno illegale, si interseca, si sovrappone e si ‘nasconde’ dietro ad una serie di fenomeni limitrofi o contigui, che non necessariamente andrebbero descritti con la formula ‘riduzione in schiavitù’: il ‘contrabbando’ di migranti, il ‘grave’ sfruttamento lavorativo, il coinvolgimento di migranti irregolari in attività illecite”. Un’ambiguità e una difficoltà concettuali che spesso non consentono di regolamentare, con leggi chiare e univoche, fenomeni così complessi lì dove solamente “un approccio alla repressione della criminalità organizzata sorretto dalla consapevolezza che l’arma più efficace per comprimere e sopprimere il mercato nero delle persone è la liberazione di queste, attraverso il riconoscimento della loro qualità di titolari di diritti fondamentali” riuscirà a contrastare questo terribile fenomeno. Nel caso, infine, degli appalti che costituiscono il terreno fertile per comportamenti mafiosi e corruttivi, sono le stesse norme amministrative a essere utilizzate in maniera distorta profittando delle lungaggini burocratiche o degli escamotages consentiti da una legislazione complessa come quella in materia di appalti pubblici. “Il malaffare -scrive Corradino- è molto più fantasioso del legislatore e così la pratica quotidiana mostra mezzi assai insidiosi impiegati per aggirare tutte le precauzioni individuate dalla legge”. È questo il caso, tra i tanti, delle gare per l’appalto della raccolta dei rifiuti, da sempre assai appetibile per le organizzazioni mafiose che non esitano a utilizzare tutte le possibili occasioni per continuare a controllare questo snodo fondamentale della vita di tutti noi. E della gestione dei rifiuti tra legislazione e prassi concrete si occupa anche la terza parte di questo volume dedicata al territorio e alle questioni ecologiche. Meli, tenendo presente l’ultima relazione della Commissione antimafia della Regione Sicilia, affronta il tema dei rifiuti e delle possibili infiltrazioni mafiose nel quadro della più generale discrepanza tra la normativa europea, tesa nel tempo ad affermare sempre più come necessario e improcrastinabile il passaggio da un’economia lineare ad un’economia circolare, da un canto, e le misure legislative e amministrative italiane in generale e quelle regionali, in particolare, dall’altro. Discrepanza che oltre a far incorrere l’Italia nei richiami e nelle sanzioni per i suoi ritardi in materia di adeguamento alle norme europee, ha, in alcune regioni soprattutto, prodotto dei sistemi, come quello dello stato di emergenza e S. Laudani - Mafie e antimafia oggi 25 dei commissari straordinari che, protrattisi nel tempo, hanno finito per disattivare le regole, piuttosto che contribuire a farle rispettare, aprendo così ampi spazi alla gestione privata dei rifiuti e alle infiltrazioni mafiose in un settore in espansione come quello del riciclaggio. Di un’esperienza concreta di un diverso modo di fare didattica e di intervenire sul tessuto sociale di un territorio è quello illustrato da un gruppo di giovani studiosi coeditati da Filippo Gravagno che hanno dato vita a un laboratorio dal titolo Laboratorio paesaggi delle mafie. Un’esperienza sul campo, sviluppatasi in un quartiere periferico e difficile come S. Giovanni Galermo, piazza di spaccio e di presenza mafiosa, che ha visto gli studenti universitari, docenti e abitanti del quartiere lavorare fianco a fianco per rendere concreto e attivo il processo di comprensione dell’importanza dell’organizzazione territoriale sul futuro delle nostre periferie. E, per ultimo, ma non per importanza, dal momento che il passato, tanto quello più lontano che quello più vicino a noi, è un elemento indispensabile per il presente e per il domani, l’ultima parte di questo volume è dedicata alla storia del fenomeno mafioso, visto in tre momenti e da tre angolazioni assai diverse tra loro, ma accomunate dalla consapevolezza che non di antistato si tratta, quando si parla di mafia, ma di un fenomeno intrinseco alla vita politica ed istituzionale dell’Italia unita. E così Franco Benigno ricostruisce le origini del fenomeno mafioso nel contesto dei linguaggi della politica ottocentesca e dell’organizzazione degli apparati preposti all’ordine pubblico: “Le origini della mafia – egli afferma – non vanno cercate nella capacità autonoma di strati popolari della società siciliana di ottenere mediante la violenza un’affermazione identitaria e un avanzamento sociale, una dinamica delineata romanticamente come quelle di un popolo a parte; ma nel complesso processo di costruzione dell’ordine pubblico del nascente stato italiano”. Un ordine pubblico che, nel travagliato farsi dello Stato unitario, sembra più preoccupato di reprimere le minacce eversive che il crimine organizzato, di cui, anzi, si serve ampiamente in funzione antisovversiva, strutturando una costante interazione tra poteri criminali e potere politico, che nel tempo diventerà la caratteristica principale del fenomeno mafioso, contribuendo a costruirne le modalità associative, gli obiettivi e perfino i linguaggi e la ritualità. 26 Mafie, antimafia e cittadinanza attiva Inseparabilità della storia della mafia da quella dell’Italia tutta, ribadita con forza anche da Sales che attribuisce proprio a questo profondo originario connubio la forza delle mafie, la loro capacità di sopravvivere ai mutamenti di regimi, la possibilità di adattarsi ai mutamenti per trarne profitto. Come egli afferma: “La storia delle mafie è nei fatti storia di relazioni con le mafie, storia dei rapporti che parte della società e delle istituzioni hanno stabilito, nel tempo, con i fenomeni criminali e viceversa. La forza delle mafie sta nelle relazioni con coloro che avrebbero dovuto combatterle. Senza queste relazioni, senza questi rapporti le mafie non sarebbero tali, non sarebbero durate tanto a lungo, non peserebbero come un macigno sul passato, sul presente e sul futuro dell’Italia. La mafia è criminalità di potere che si rapporta con gli altri poteri pubblici e da essi viene legittimata”. Concetto ribadito da Santino che, ricostruendo la storia più recente del fenomeno mafioso dagli anni ‘80 ad oggi, sottolinea la convergenza di interessi tra la mafia e il potere politico-istituzionale nell’eliminare personalità portatrici di un nuovo progetto riformatore e progressista, basato sulla legalità e la giustizia sociale. Nel caso della mafia – egli afferma – “Siamo di fronte a due poteri, uno politico-istituzionale, l’altro terroristico-mafioso, che danno luogo a decisioni comuni, frutto di convergenze con soggetti esterni all’organizzazione mafiosa, evocati ma non individuati, con ricorrenti richiami ai servizi segreti o alla massoneria etichettati come deviati”. Insomma un quadro ampio e complesso quello che emerge dagli interventi qui raccolti, che affrontano il fenomeno mafioso dalle tante angolazioni, dai mille aspetti che di volta in volta la criminalità organizzata in Italia ha assunto per esercitare la propria egemonia, il proprio potere non antistato, ma potere dentro i poteri, non realtà separata e alternativa, ma organizzazione capace di farsi forte delle tante alleanza con parti importanti del mondo politico-istituzionale, delle forze economico-produttive, di una parte della società che per distrazione e più spesso per convenienza ha alimentato e utilizzato la criminalità. Una realtà con la quale i giovani di oggi e gli uomini e le donne di domani dovranno fare i conti con piena consapevolezza della sua natura e dei tanti volti che nel tempo è stata capace di assumere, per imparare a combatterla, e a vincerla.