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TESORI ARCHEOLOGICI : UN NUOVO CAPITOLO. Anche per la stagione archeologica 2011 il panorama degli scavi tuscanesi ha confermato una rinnovata dinamicità, che fa ben sperare per il futuro, imperniata sullo scavo condotto dalla Camnes in loc. Macchia Riserva e su quello condotto dalla Soprintendenza presso il sito della monumentale necropoli di Guado Cinto, il tutto accompagnato da manifestazioni e conferenze (molto importante quello del IV convegno nazionale dei giovani archeologi svoltosi in maggio) che fanno da degno corollario a un periodo che consente di guardare, seppur con moderato ottimismo, al rilancio del nostro patrimonio archeologico finora colpevolmente trascurato. Le note positive comunque non riguardano solamente gli scavi sul campo: significative “scoperte” sono state compiute per l’ennesima volta anche nell’ambito riguardante la dispersione dei reperti tuscanesi frutti degli scavi ottocenteschi e conservati nei più disparati musei del mondo, spesso nemmeno esposti e relegati in dimenticati scaffali di magazzini museali. E’ questa una ricerca, occorre dirlo, molto difficile il cui percorso si snoda fra cavilli burocratici, montagne di documenti cartacei da consultare, database elettronici complicati, contatti epistolari e risposte che tardano ad arrivare ma che reca soddisfazioni pari, se non superiori, alle scoperte effettuate sul campo; attività che spesso è legata anche a veri e propri “colpi di fortuna” dovuti alle segnalazioni di qualche amico, parente o di qualche appassionato in visita in qualche museo europeo. Tutti questi ingredienti sono alla base dei nuovi “ritrovamenti”, qui riproposti in veste sintetica poiché saranno adeguatamente trattati singolarmente in un secondo momento, fatti dallo scrivente, da Stefano Bocci e da Luigi Salvatori. Proprio una sua segnalazione mi ha permesso di arrivare alla documentazione riguardante una splendida Hydria attica a figure nere, 530 a.c. circa, (fig. 1) conservata presso Le Cabinet dès Medaillès della Biblioteca Nazionale di Parigi (la stessa, per intenderci, dove si trovano i celebri “dadi di Tuscania”) del tutto sconosciuta al grande pubblico. Questo eccezionale manufatto approdò nella collezione parigina nel 1839 provenendo dagli scavi effettuati dal Campanari in una necropoli tuscanese e l’apparato figurativo rappresenta, sul corpo, l’apoteosi di Ercole tributatagli da Atena e sulla spalla l’uccisione dell’invulnerabile leone di Nemea. Ad impreziosire ancor più il vaso, attribuito al pittore Euphiletos, vi è la firma del vasaio, quel Pamphaios (fig. 7) operante in ambito vulcente la cui produzione artistica e ben attestata da esemplari sparsi in tutto il mondo. Il secondo reperto si trova oggi esposto (anche se da poco tempo) nelle sale del British Museum e trattasi di una “tromba” etrusca (o buccina) in bronzo (fig.2) risalente al IV-III secolo a.c. acquistato dalla struttura londinese nel 1839 insieme con altri 50 oggetti provenienti dagli scavi fatti sempre dal Campanari in quegli anni (forse dalla necropoli del Carcarello, indagata a fondo proprio negli anni 1838-39). Nonostante sia un oggetto di uso strettamente militare, la tromba etrusca è riconducibile anche alla sfera inerente alle cariche magistratuali ed è quindi molto probabile che il sepolcro dove fu rinvenuta appartenesse ad un membro di rango elevato proveniente da una di quelle famiglie aristocratiche che in quel periodo controllavano Tuscania e il suo territorio. Rimanendo Al British Museum, da una ricerca effettuata dal sottoscritto nel database del “Beazley Archive” di Oxford, è spuntato fuori un bellissimo portaprofumi in bronzo di II secolo a.c. conformato a testa femminile (fig. 3) acquisito dagli inglesi nel 1839 (in pratica faceva parte di quello stock di reperti venduti dal Campanari) e il cui luogo di rinvenimento è da mettere in stretta relazione con il precedente reperto. Volutamente si è lasciata per ultima la presentazione di due oggetti conservati presso il Pennsylvania Museum di Philadelfia, U.S.A. (fig.4) non perché il loro valore artistico sia minore ma per il semplice fatto che il Gruppo Archeologico Tuscanese sta lavorando da qualche tempo ad una loro più congrua pubblicazione. Una vicenda che coinvolse parecchie persone, fra le quali una miliardaria americana, una famiglia di antiquari di Civitavecchia, i Marchesi Lavaggi, gli eredi del Campanari e l’amministrazione comunale di Tuscania nella persona di Giuseppe Cerasa e la figura del nobile archeologo, Conte Francesco Mancinelli-Scotti, che fu protagonista di scavi a Capena, Narce Falerii, Corchiano, Musarna e, soprattutto, operò alacremente nel territorio di Montebello. In questa sede si presentano due reperti ritrovati in una tomba etrusca scavata a Montebello nel 1896 dal Mancinelli-Scotti, appunto, che restituì tantissimo materiale fittile e bronzeo (molti erano gli specchi figurati di pregevole fattura) e furono acquistati, dopo varie peripezie, dal museo americano nel 1920. Si tratta di un pregevole busto femminile in nenfro di ambito sepolcrale inerente al culto degli antenati e risalente al IV–III secolo a.c. (fig.5) e di una delicatissima ciotola in vetro (fig.6) anch’essa databile al III secolo a.c. che, nonostante, il discreto valore artistico non riescono ancora a trovare giusta sistemazione nelle sale del museo americano. Siamo certi che altre testimonianze del passato della nostra città attendono di essere riscoperte. E’ solo questione di tempo e di pazienza, ma l’importante è che questo lavoro di ricerca costante non si interrompa poiché recuperare la memoria di questi oggetti, non solo significa aprire nuove pagine di storia tuscanese ma, soprattutto, vuole continuare a essere un omaggio alla dignità e al blasone della nostra città. Riccardo Fioretti