CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
Comitato organizzatore: G. FORTE (Università degli Studi di Foggia), D.
GANGALE RISOLEO (Università di Pisa), I. RAIMONDO (Università di Pisa).
Comitato scientifico: Prof. S. CAMPANA (Università di Siena), Prof. G. CERAUDO
(Università del Salento), Prof. P. LIVERANI (Università degli Studi di Firenze),
Prof.ssa M.L. MARCHI (Università degli Studi di Foggia), Prof.ssa S. MENCHELLI
(Università di Pisa).
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ABSTRACT BOOK
LANDSCAPE: UNA SINTESI DI ELEMENTI DIACRONICI, 2
“CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO”
Foggia, 26-27 febbraio 2021
I sessione: Confini e frontiere
D. OIONE, R. CORVINO, G. SAVINO, Tiati - Teanum Apulum area di frontiera:
il passaggio dall’insediamento daunio alla città romana attraverso le più recenti scoperte. (p. 4)
I.M. MUNTONI, A. FRANGIOSA, M. LA TROFA, Aspetti identitari e cultura materiale nella media
Valle del Fortore. Il territorio di Carlantino tra età arcaica e romanizzazione. (p. 5)
S. BERRICA, La Meseta Centrale: da centro nevralgico a estrema periferia. (p. 6)
II sessione: Vie di comunicazione
A. MOSCA, Viabilità in area alpina tra persistenze e trasformazioni. (p. 8)
R. BUSONERA, A nos ponere in caminu. L’impatto della transumanza nel sistema viario della
Sardegna romana. (p. 9)
E. ROMANÒ, F. SUSINI, Il sistema viario dell’ager lucensis dall’età romana all’età altomedievale
tra persistenza e continuità d’uso. (p. 10)
G. FORTE, G. SAVINO, “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”: gli itinerari resilienti
tra Dauna e Sannio in una lettura diacronica. (p. 11)
III sessione: Urbanistica, ambiente e gestione del territorio
R. MARCHESCHI, L’ager Lunensis fra il I sec. a.C. e la tarda antichità: territorio, gestione, risorse.
Il case study del sito di Bocca di Magra. (p. 13)
V. LIMINA, Quando le città “non muoiono”. La resilienza urbana nell’Etruria settentrionale
tardoantica: contingenze umane e ambientali, 300-600 d.C. (p. 14)
T. BARONTI, Via Galluppi a Pisa. Topografia e risorse di un quartiere suburbano. (p. 15)
M. RONIN, Irrigation and drainage technologies. Legal solutions and the reconstruction of the
Roman productive landscapes. (p. 17)
E. BROMBIN, Gortina post 365 d.C. La ripresa dopo il terremoto. (p. 18)
J. TURCHETTO, Resilient Cappadocia: lo sfruttamento territoriale tra età romana ed epoca
bizantina. (p. 19)
Poster (p. 20)
G. BALZANELLI, Mediolanum. Dalla crisi del III secolo a capitale dell’Impero Romano
d’Occidente; D. BECERRA FERNÁNDEZ, J.L. RODRIGUEZ PIŇERO, Resistance to decline. Italica
after the Principality of Hadrian.
IV sessione: Metodologie a confronto
G. FONTANA, Fixing the picture: large scale LIDAR-based study for detection of hillforts in ancient
Samnium. (p. 21)
F. BOSCHI, Metodologie a confronto per lo studio di un paesaggio funerario medio-adriatico:
resilienza o discontinuità di una necropoli nella Valle del Nevola tra l’età del ferro e l’età romana?
(p. 23)
G. SCALESE, Resilienza e continuità nelle strutture del paesaggio antico. Spunti per un metodo
integrato, fra topografia storica e diritto romano. (p. 24)
Elenco dei partecipanti (p. 27)
Programma (p. 28)
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CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
I SESSIONE: Confini e frontiere
D. OIONE, R. CORVINO, G. SAVINO, Tiati - Teanum Apulum area di
frontiera: il passaggio dall’insediamento daunio alla città romana
attraverso le più recenti scoperte.
[SABAP Barletta, Andria, Trani e Foggia, Comune di San Paolo di Civitate (FG),
Università degli Studi di Foggia - domenico.oione@beniculturali.it]
Il territorio di quelle che localmente vengono definite “Coppe di Civitate”, a circa
4 km a N/W di San Paolo di Civitate, è stato testimone, sin dal Neolitico, di processi
di evoluzione, prima spontanea e successivamente programmata che, tra il VII e VI
sec. a.C., hanno portato allo sviluppo di un importante insediamento di frontiera:
Tiati. Osservando l’intero territorio delle Coppe di Civitate, notiamo un
consolidamento diacronico dell’antico insediamento che porta alla nascita del
municipium di Teanum Apulum e successivamente della città medievale di Civitate.
Lungo tale arco temporale assistiamo dapprima ad una capacità del primo nucleo
insediativo a sostenere le perturbazioni, sia naturali che antropiche. Indagini di
superficie permettono di definire una frequentazione su Piani di Lauria, Marana
della Difensola, Pozzo Basso e Inversi Tristi, già dal VI millennio a.C. Tuttavia, è
tra XI e il IX sec. a.C. che si rinvengono le prime testimonianze di una forma
insediativa non occasionale, ma determinata da una embrionale programmata
occupazione del territorio per piccoli nuclei sparsi che caratterizzano le località di
Coppa Mengoni, Pezze della Chiesa, Piani di Lauria. La ricerca archeologica
condotta in questi ultimi anni e tutt’ora in corso, lo studio dei contesti rinvenuti e il
confronto tra questi è volto, tra l’altro, alla definizione e comprensione degli
elementi che hanno determinato l’occupazione dello spazio e la formazione di
nuclei insediativi nonché la ricchezza e varietà dei percorsi di connessione tra ogni
singolo nucleo sparso. La presenza del fiume Fortore, la disponibilità di risorse
naturali, il controllo dei percorsi e dei traffici, costituiscono gli elementi
determinanti l’occupazione dello spazio con la creazione di nuclei diversi. Il
rinvenimento, nell’ambito delle medesime località (Coppa Mengoni, Pezze della
Chiesa, Piani di Lauria, Marana della Difensola, Mezzana), di sepolture databili tra
il VII sec. a.C. e il V sec. d.C., che definiscono le aree di occupazione, evidenzia
come, in questo territorio di frontiera tra il mondo Daunio e quello Frentano, siano
presenti probabilmente una ricchezza e una varietà di percorsi di connessione tra i
singoli nuclei capaci di assorbire le trasformazioni nonché le alterazioni causate da
eventi drammatici legati a fenomeni naturali nonché da forti cambiamenti di
carattere economico-sociale. La maglia insediativa che caratterizza a livello
spaziale l’insediamento daunio di Tiati, sembra presentare una struttura tale da
sopportare e resistere alle profonde trasformazioni verificatesi sul territorio a
seguito della conquista romana avvenuta nel 318 a.C. durante la seconda guerra
sannitica. Roma ridisegna l’intero assetto organizzativo dell’insediamento e
istituisce, nel I sec. a.C., dopo la guerra sociale, il municipium di Teanum Apulum.
Il recente rinvenimento dell’anfiteatro in località Pezze della Chiesa rappresenta
una testimonianza archeologica di straordinaria importanza e attesta la
monumentalizzazione della città romana. Le testimonianze archeologiche, allo stato
attuale della ricerca, sembrano cessare o comunque diminuire dopo il V sec. d. C.
4
ABSTRACT BOOK
quando probabilmente improvvisi e traumatici eventi hanno sconvolto bruscamente
la consistenza dell’insediamento, definito ora da una geografia spaziale le cui
caratteristiche restituiscono un sistema urbano poco resiliente.
The area which is locally referred to as “Coppe di Civitate”, roughly 4 km north-west from San
Paolo di Civitate, has witnessed, since the Neolithic era, first spontaneous and then planned
processes of evolution that, between the VII and the VI century BC, have led to the development of
the important border settlement of Tiati. By observing the entire area of Coppe di Civitate, it may
be noted a diachronic reinforcement of the ancient settlement which has led to the birth of the
municipium of Teanum Apulum and after to the birth of the medieval city of Civitate.
Moreover, it can be witnessed the capacity of the first settlement to withstand both natural and
anthropogenic disruptions, during that time. In this regard, surface explorations allow us to attest
human presence in the areas of Piani di Lauria, Marana della Difensola, Pozzo Basso and Inversi
Tristi, since the VI millennium BC. However, the first evidences of a planned settlement, which
follows an embryonic plan of occupation of the territory through small-scattered built-up areas in
Coppa Mengoni, Pezze della Chiesa and Piani di Lauria, are only discovered between the XI and
the IX century. In addition, the archaeological research that was conducted in recent years and still
in progress, in combination with the analysis and the comparison of the found contexts, aim to the
definition and the understanding of the elements which have caused the occupation of the space and
the development of clustered settlements, as well as the richness and the variety of the connection
paths between the scattered built-up areas. The presence of Fortore River, the availability of natural
resources, the control of the routes and the trades, are key elements determining the occupation of
space, by creating different built-up areas. Within the same territory (Coppa Mengoni, Pezze della
Chiesa, Piani di Lauria, Marana della Difensola, Mezzana) have been discovered burial sites, datable
between the VII century BC and the V century AC, that might help us to define the occupied areas.
It highlight that, in this border zone between the Daunian and the Frentan territories, is probably
present a wealth and a variety of connection paths between the individual built-up areas. In this
regard, it should be noted that the latters are capable to ‘‘absorb’’ the transformations and the
disruptions caused by dramatic events related to natural phenomena, as well as related to major
economic and social changes. The settlement site that spatially characterizes the Daunian Tiati seems
to present a structure able to bear and withstand the profound changes that have taken place after the
Roman conquest in the 318 BC, during the Second Samnite War. After the aforementioned event,
Rome redesigned the entire organizational set-up of the settlement and established, in the I century
BC, after the civil war, the municipium of Teanum Apulum. The recent discovery of the amphitheater
in the area of Pezze della Chiesa represents an archeological evidence of great importance and
confirms the monumentalization of the Roman city. However, considering the current state of
research, the archeological evidences seems to stop or at least decrease after the V century AC when,
most likely, unexpected and traumatic events abruptly disrupted the consistency of the settlement,
that is now defined by a spatial geography whose characteristics witness a not very resilient urban
system.
I.M. MUNTONI, A. FRANGIOSA, M. LA TROFA, Aspetti identitari e
cultura materiale nella media Valle del Fortore. Il territorio di
Carlantino tra età arcaica e romanizzazione.
[SABAP Barletta, Andria, Trani e Foggia, Università degli Studi di Foggia italomaria.muntoni@beniculturali.it]
Il quadro culturale che caratterizza alcuni aspetti legati alle dinamiche insediative
di questo comparto, associato ad un rituale funerario “diverso” ed una cultura
materiale eterogenea, fatta di elementi di reciprocità, ma anche di radicata
tradizione, induce ad evidenziare che si tratti di un’area di convergenza di diverse
entità etniche. Decisivo e fondamentale risulta il duplice ruolo svolto dal fiume
Fortore: elemento di confine e di apertura, di limite e di comunicazione, di barriera
e di scambio. Un’area di frontiera tra mondo daunio e quello sannita che vede già a
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CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
partire dall’Età del Ferro una strutturazione complessa e che si sviluppa con
caratteri propri delle due popolazioni rendendo a volte impalpabile e sfuggevole la
precisa attribuzione identitaria del comprensorio all’una o all’altra. Gli elementi
archeologici raccolti ed esposti in questa sede, riferibili all’ambito funerario ed a
quello insediativo/produttivo, esito di un lavoro di revisione ed ordinamento delle
collezioni condotto dalla Soprintendenza, in collaborazione con le realtà locali,
pubbliche e non, di Carlantino, non solo sottolineano l’importanza strategica di
questo territorio in relazione alle dinamiche di acculturazione e confronto tra le due
culture, ma anche come queste reagiscono ai processi di trasformazione indotti dalla
romanizzazione che investe la Puglia Settentrionale a partire dal IV secolo a.C.
L’introduzione di “altri” modelli esplicitamente attestati nelle colonie di nuova
fondazione tra cui Luceria, caposaldo dell’avanzata romana, travolgono il mondo
indigeno e portano al suo progressivo sfaldamento, determinando l’affermazione di
nuovi equilibri. La risposta che registriamo in questa area a tali momenti di crisi e
trasformazione è rappresentata dal perdurare di usi e costumi fortemente
tradizionali, intimamente legati alle origini, ma aperti ai nuovi stimoli, elementi che
mettono bene in evidenza il carattere resiliente delle comunità locali che reagiscono
in modo autonomo e vivace alla conquista romana.
The cultural framework characterizing some aspects connected with the settlement patterns of this
area, associated with a “different” funerary ritual and a heterogeneous material culture made up of
elements of reciprocity as well as of deep-rooted tradition, suggests that it is an area of convergence
of different ethnic entities. The dual role played by the river Fortore is decisive and fundamental: it
is an element of enclosure and openness, of limitation and communication, of containment and trade.
A border area between the Daunian and the Samnite world which experiences a complex
organization as early as the Iron Age and which develops with the typical traits of the two
populations, making the precise identity attribution of the area to one population or the other
sometimes imperceptible and evanescent. The archaeological elements collected and displayed here,
referable to funeral and settlement/productive contexts, are the result of a work of revision and
organisation of the collections carried out by the Superintendence in association with public and
private local entities of Carlantino. They not only emphasize the strategic significance of this
territory with regard to the the comparison of the two cultures and their acculturation patterns, but
they also point out how the two cultures respond to the processes of transformation induced by the
Romanization, which affected northern Apulia from the 4th century BC. The introduction of “other”
models, explicitly attested in the newly founded colonies including Luceria, cornerstone of the
Romans' advance, overwhelms the indigenous world and leads to its gradual disintegration, causing
the establishment of new balances. The response recorded in this area to such moments of crisis and
transformation is represented by the persistence of deeply traditional customs and habits, profoundly
connected with their origins but open to new inputs. These elements clearly demonstrate the resilient
attitude of the local communities that respond to the Roman conquest in an independent and lively
way.
S. BERRICA, La Meseta Centrale: da centro nevralgico a estrema
periferia.
[Universidad de Alcalà – silvia.berrica@edu.uah.es]
Durante il periodo visigoto (secoli VI-VIII), il centro peninsulare iberico era il
fulcro dello Stato Visigoto. Questo nuovo status ha cambiato profondamente il
paesaggio attraverso la riorganizzazione urbanistica che si è sviluppata nella
capitale, Toledo e soprattutto con la costruzione della città di Recópolis. Tutto
questo ha portato a dei cambi importanti nella organizzazione territoriale,
6
ABSTRACT BOOK
modificando la gestione del paesaggio della Meseta Centrale. La rimodulazione del
paesaggio non si percepisce solo nelle città ma anche nelle zone rurali, dove villaggi
di diverse dimensioni e fattorie saranno parte di questa nuova rete politica ed
economica dello stato visigoto. Nella seconda metà del secolo VII si riscontra una
crisi generale dello stato e si potrà vedere nel cedimento dell’organizzazione
urbanistica che incomincia a perdere la sua centralità, questo si ripercuoterà anche
nelle zone rurali, dove proprio in questo momento troviamo una nuova
organizzazione del territorio attraverso la costruzione di hilltops, chiese rurali,
monasteri e grandi villaggi che avranno anche un’importanza economica grazie allo
sviluppo delle attività artigianali. Questo processo di destrutturazione delle città
farà sì che le élite locali prendano il controllo del territorio e così creando una catena
di prosperi villaggi che contribuirà al forte dinamismo del secolo VII nell’ambito
rurale. Questo tipo di struttura locale vedrà la sua fine con l’arrivo degli arabi alla
Penisola Iberica nell’anno 711 d.C. L’arrivo dei nuovi eserciti tanto arabi, come
berberi porterà a una riorganizzazione profonda nel nuovo stato d’al-Andalus. La
élite araba decide di prendere le distanze da quello che era lo stato visigoto,
cambiando la capitale da Toledo a Cordova, questo produrrà un cambio sostanziale
nella Meseta Centrale che da zona centrale dello stato si troverà ad essere una zona
di frontiera, come lo stesso nome arabo rispecchia: aṯ-Ṯaġr al-Awsaṭ o Marca
Media. La Meseta da questo momento si considererà un territorio di demarcazione,
ṭugūr, dove difficilmente gli emiri riusciranno ad avere un controllo diretto, giacché
sarà occupata dalle popolazioni berbere dei Banū Sālim y dei Banū Dīl-Nun. Questo
porterà a una ulteriore trasformazione all’interno del paesaggio cambiando per
sempre quello che era il cuore dello stato visigoto, diventando l’ultimo avamposto
del grandissimo Impero Omayyade, che si estendeva dall’Asia alla nostra regione
della Marca Media. Tutto questo ripercuote nella riorganizzazione del territorio e a
un cambio sostanziale che si produrrà gradualmente durante il secolo VIII. Molti
dei grandi centri urbani e dei villaggi saranno rimpiazzati per la costruzione di
nuove città. Questo processo di riorganizzazione urbanistica comincerà sul finire
del secolo VIII e porterà una variazione anche nell’organizzazione del territorio,
visto che le città saranno il nuovo fulcro, la base essenziale per lo sviluppo della
vita politica e sociale dello Stato dell’Emirato Indipendente. I villaggi rurali si
costruiranno a ridosso di questi nuovi centri contribuendo all’economia. I secoli
VII-IX quindi vedranno una modificazione del paesaggio importante che muta a
seconda delle circostanze politiche ed economiche che vedranno la perdita della
centralità visigota e l’arrivo di una nuova realtà organizzativa che muta il territorio,
plasmandolo alle esigenze del nuovo stato arabo.
In the Visigoth Period, the Iberian Peninsula centre was the hub of the Visigoth State. This new
status has profoundly changed the landscape through urban reorganization. Toledo has developed in
the capital, and especially with the construction of the new city, Recópolis. The landscape currently
living the important change, especially in the territorial organization. The remodelling also affects
rural areas, where villages of different sizes and farms will be part of this new political and economic
network of the Visigoth state. The crisis of the Visigoth State in the 7th century is to blame for the
collapse of the urban organization that begins to lose its centrality. this will also affect rural areas,
where right now we find a new organization of the territory through the construction of hilltops,
rural churches, monasteries and large villages that will also have an economic importance thanks to
the development of craft activities. The local elites take the control of the territory, because the
process of destructing in the city landscape, create a new dynamic in the Early Medieval Period
7
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
society. The new villages that will contribute to the new dynamism of the seventh century in the
rural area. This type of local structure will see its end with the arrival of the Arabs to the Iberian
Peninsula in the year 711 AD. The arrival of new armies, both Arab and Berber, will lead to a
profound reorganization in the new state of al-Andalus. The Arab elite decides to distance
themselves from what was the Visigoth State, changing the capital from Toledo to Cordoba, this
will produce a substantial change in the Central Meseta which from the central area of the state will
be found to be a border area, like the same Arabic name reflects: aṯ-Ṯaġr al-Awsaṭ or Marca Media.
The Meseta from this moment will be considered a demarcation territory, ṭugūr, where the emirs
will hardly be able to have direct control since it will be occupied by the Berber populations of the
Banū Sālim and the Banū Dīl-Nun. This will lead to a further transformation within the landscape
by forever changing what was the heart of the Visigoth state, becoming the last outpost of the huge
Umayyad Empire, which stretched from Asia to our region of the Middle March. All this has
repercussions in the reorganization of the territory and a substantial change that will gradually occur
during the eighth century. Many of the large urban centres and villages will be replaced for the
construction of new cities. This urban reorganization process will begin at the end of the eighth
century and will also bring a change in the organization of the territory since the cities will be the
new hub, the essential basis for the development of the political and social life of the State of the
Independent Emirate. Rural villages will be built close to these new centres, contributing to the
economy. The 7th-9th centuries will therefore see an important modification of the landscape that
changes according to political and economic circumstances which will see the loss of Visigoth
centrality and the arrival of a new organizational reality that changes the territory, shaping it to the
needs of the new Arab state.
II SESSIONE: Vie di comunicazione
A. MOSCA, Viabilità in area alpina tra persistenze e trasformazioni.
[Sapienza Università di Roma - annapaolamo@gmail.com]
In area alpina, nel distretto territoriale in gran parte ricadente in età romana nel
territorio di Tridentum, corrispondente a parte dell’attuale Trentino Alto Adige, dati
di varia tipologia raccolti con una metodologia diversificata portano a dimostrare
che, in periodi di instabilità e di insicurezza, sono state potenziate le direttrici viarie
interne transitanti attraverso valichi, generalmente considerati di importanza
secondaria, che permettono un agevole collegamento fra le vallate alpine. Le
direttrici viarie ritenute “minori” risultano essere alternative alla viabilità di
fondovalle che era stata riorganizzata nel primo periodo imperiale. I trasporti
integrati tramite vie d’acqua e di terra, controllati da siti d’altura, continuarono ad
essere praticati anche in periodi di instabilità, in stretta relazione con le idrovie della
pianura, elemento di resilienza nel paesaggio antico. Viene quindi analizzato il
sistema viario quale fenomeno complesso, strettamente collegato a cambiamenti e/o
persistenze insediative.
In the Alpine area, in the territorial district largely falling in the Roman age in the territory of
Tridentum, corresponding to part of the current Trentino Alto Adige, various types of data collected
with a diversified methodology lead to demonstrate that, in periods of instability, the internal roads
leading to the Alpine passes, generally considered of secondary importance, were enhanced. The
roads considered “minor” allowed an easy connection between the Alpine valleys and turned out to
be alternatives to the valley road network that had been reorganized in the first imperial period.
Integrated transport via waterways and land routes, controlled by top hill sites, continued to be
practiced even in periods of instability, in close relationship with the lowland waterways, elements
of resilience in the ancient landscape. The road system is then analyzed as a complex phenomenon,
closely linked to changes and/or to persistence of settlement.
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ABSTRACT BOOK
R. BUSONERA, A nos ponere in caminu. L’impatto della transumanza nel
sistema viario della Sardegna romana.
[Università degli Studi di Sassari - rbusonera@uniss.it]
In Sardegna, lo studio dei dati forniti dalle fonti itinerarie, dai toponimi, così come
dal ritrovamento di cippi miliari e tratti di massicciata ha consentito di individuare
una fitta rete viaria risalente all’età romana, che tuttavia appare documentata solo
in riferimento all’età imperiale e non consente di conoscere con assoluta precisione
l’andamento di strade e vie minori, utili per raggiungere città e villaggi localizzati
in un territorio che appare complessivamente poco urbanizzato. È oramai verificato
quanto la costruzione di strade sia insieme parte del fenomeno e veicolo di ogni
processo di romanizzazione di un nuovo territorio occupato, ma sull’isola le
ricostruzioni cartografate mostrano percorsi con andamento prevalentemente
costiero e di connessione tra le principali aree portuali, mentre sembrano assenti
ulteriori vie di attraversamento dei territori interni. A questo aspetto si aggiungono
gli studi relativi alla toponomastica stradale, che indicano frequenti cambiamenti di
denominazioni delle strade a seconda delle fonti, suggerendo, in alcuni casi, non
tanto la realizzazione di un progetto viario unitario, quanto la progettazione di brevi
tratti, resi evidentemente compatibili con un impianto già largamente consolidato.
Gran parte degli studi condotti in riferimento a questo aspetto ha interpretato
l’evoluzione del sistema viario romano in Sardegna quale espressione di un
metodico riutilizzo di percorsi legati ad occupazioni di età precedente: vie di
comunicazione e sentieri originati in età preistorica, protostorica e successivamente
sviluppati in epoca punica. Eppure, la lettura dei dati a disposizione sembrerebbe
confermare il progressivo consolidamento di un complesso sistema viario derivante
non tanto da un impianto di epoca precedente (e quindi ereditato), ma
complementare all’esercizio del pascolo ed ai percorsi della transumanza: una
relazione che si propone di rileggere e riconoscere lungo itinerari razionali,
sicuramente più semplici e convenienti perché strutturati sulla base di logiche
ambientali che, in età romana, avrebbero incontrato un momento di
razionalizzazione ed infrastrutturazione. Il ritrovamento e lo studio dei miliari
stradali (tutti localizzati in aree nevralgiche dell’isola) sembra supportare questa
ipotesi e definire la progressiva, seppur discontinua, realizzazione di un’area di
confine e passaggio. Più in generale, un’organizzazione territoriale che sembra
riverberarsi topograficamente nell’individuazione di alcuni centri localizzati ai
margini delle pianure costiere, peculiare punto di snodo e collegamento tra la
viabilità romana e quella, resiliente, delle popolazioni pastorali dell’isola. Quello
delle vie della transumanza è ancora oggi un complesso sistema viario il cui studio,
se orientato all’influenza avuta in età antica, può aiutare ad individuare forme e
tracce dell’insediamento sulla base di un’organizzazione che si potrebbe definire
mista: quella da cui dipendono i percorsi costieri ed i collegamenti tra le principali
città portuali, e quella che a raggiera si estende dai territori montuosi delle aree più
interne per connetterle alle coste.
In Sardinia, the study of data provided by literary sources and toponymy, as well as by the discovery
of milestone blocks and stretches of embankment made it possible to identify a huge road network
dating back to the Roman age. However, it appears attested only referring to the imperial age and
does not allow us to know the path of less important roads, useful for reaching cities and villages
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CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
located in a territory that appears to be overall little urbanized. It is now verified how much roads
have been one of the main tools of the process of occupation and Romanization of new territories,
but on the island, the cartographic reconstructions show mainly coastal routes and connections
between the main port areas, while there is a lack of further roads through the interior territories. In
addition to this aspect, many studies relating to street toponymy suggest frequent changes in street
names, that often depend on the sources and which, in some cases, propose just the design of short
sections compatible with an already widely consolidated system, instead of a unitary road project.
In Sardinia, most of studies related to this aspect interpreted the evolution of the Roman road system
as an expression of a regular reuse of paths linked to cultures of previous ages: routes coming from
the prehistoric and protohistoric ages, that had been eventually developed during the Punic
colonization. However, the available data would confirm the gradual consolidation of the entire road
system not only from a previous one (therefore, inherited), but as an additional tool related to the
existing transhumance routes. Then, a relationship that this paper aims to read again and recognize
along rational itineraries that were certainly easier and cheaper because they were organized and
arose on the basis of environmental reason, which would have a moment of rationalization in Roman
times. The discovery of road milestones (all located in key areas) seems to support this hypothesis
and define the progressive, but discontinuous, creation of a border. Then, a territorial plan that seems
to have topographical effects by the recognition of some cities located close to the coastal plains, as
a peculiar point of connection and interaction between the Roman road system and that one of the
pastoral populations of the island. Transhumance paths are still today a heterogeneous road system
whose study, if investigated on the impact it had in ancient times, could help to identify shapes and
traces of the ancient settlement: the one on which coastal routes and connections between the main
port cities depend, and the second one that extends itself from the mountains to connect them to the
coasts.
E. ROMANÒ, F. SUSINI, Il sistema viario dell’ager lucensis dall’età
romana all’età altomedievale tra persistenza e continuità d’uso.
[Università di Pisa - romano.ele@gmail.com]
Nella Piana di Lucca un sistema viario strutturato cominciò a essere predisposto in
concomitanza con la deduzione coloniale romana della città, avvenuta, secondo le
fonti storiografiche, nel 180 a.C. Questa impostazione fu realizzata per un più facile
collegamento tra il centro urbano e il suo ager e per unirlo alle altre comunità
dell’alta Etruria, già colonizzate o in fase di romanizzazione. Tale organizzazione
risulta evidente nel collegamento di Luca alle due vie consolari Clodia Nova e
Cassia, che si congiungevano ai suoi cardines e ai decumani maximi, e da ulteriori
tracciati terrestri di minore entità creati e/o potenziati nel corso del tempo. Questo
impianto risultava efficace anche perché connesso con i vari percorsi fluviali,
lacustri e marittimi che sfruttavano le risorse naturali locali e che favorivano un
proficuo collegamento della colonia lucense con i vici e i pagi sparsi nel suo ager,
soprattutto per fini produttivi e commerciali. Numerosi toponimi di età romana e di
varia natura attestano ancora oggi l’uso abitativo-agricolo del territorio della piana
di Lucca a conferma del sistema sopra esposto: per citarne alcuni, noti sono quelli
miliari di Sesto, Diecimo e Valdottavo o quelli prediali di Marlia, Deccio, Cascio,
Eglio. La strutturazione viaria di tutto l’ager lucensis fu progressivamente
trascurata nella fase di crisi storica ed economica vissuta dal mondo romano tra i
secoli III-IV d.C.; nel periodo successivo, quando la città venne rioccupata da
comunità cospicue da legare alla fase della discesa dei Longobardi (secc. VI-VII),
tale viabilità fu parzialmente riutilizzata per le nuove esigenze di controllo
territoriale allora sopraggiunte. A partire dall’alto medioevo si assiste a un ulteriore
fenomeno non strutturato di pellegrinaggi ‘francigeni’, che hanno coinvolto anche
10
ABSTRACT BOOK
alcune località della piana di Lucca tra le quali un ruolo fondamentale hanno avuto
Capannori e Altopascio, luoghi connessi a preesistenze romane di natura agricola e
abitativa di età tardo-repubblicana. Partendo dai riscontri archeologici e topografici
finora noti, oggetto del nostro studio è quello di analizzare, in un’ottica diacronica,
il sistema viario della Piana di Lucca, i suoi usi e la sua persistenza nel tempo. A
tale scopo, un maggiore focus verrà dedicato alla parte centro-orientale del
territorio, poiché maggiormente connessa agli itinerari medievali della via
Francigena, utili alla ricostruzione di quei segmenti stradali al momento non ancora
rintracciati.
On the Plain of Lucca a structured road system began to be set up at the same time with the Roman
colonial deduction of the city, which took place in 180 BC, according to historiographical sources.
This setting was created for an easier connection between the urban center and its agerand to unite
it with the other communities of upper Etruria, already colonized or in the process of Romanization.
This organization is evident in Luca's connection to the two consular routes Clodia Nova and Cassia,
which joined its cardines and decumani maximi, and by further smaller terrestrial routes created
and/or strengthened over time. This system was also effective since connected with the various river,
lake and sea routes that exploited the local natural resources and that favored a profitable connection
of the colonia lucense with the vici and pagis cattered throughout its ager, especially for productive
and commercial purposes. Numerous toponyms of the Roman age and of various kinds still report
the residential-agricultural use of the territory of the Plain of Lucca confirming the system described
above: to name a few, thewell-known milestones of Sesto, Diecimo and Valdottavo or the predial
ones of Marlia, Deccio, Cascio, Eglio. The road structure of the whole ager lucensis was
progressively neglected in the phase of historical and economic crisis experienced by the Roman
world between the 3rd and the 4th century AD. In the following period, when the city was reoccupiedby large communities relatedto the descent of the Lombards (6th-7th centuries), this road
network was partially reused for the new territorial control needs that arose at that time. Starting
from the early Middle Ages there is a further unstructured phenomenon of “Francigeni” pilgrimages,
which also involved some localities of the Plain of Lucca, among which Capannori and Altopascio
played a fundamental role, places connected to Roman pre-existences of an agricultural nature and
housing from the late Republican age. Starting from the archaeological and topographical findings
so far known, the object of our study is to analyze, from a diachronic perspective, the road system
of the Plain of Lucca, its uses, and its persistence over time. For this purpose, a greater focus will be
dedicated to the central-eastern part of the territory, as it is more connected to the medieval itineraries
of the Via Francigena, useful for the reconstruction of those road segments not yet traced.
G. FORTE, G. SAVINO, “Tutto deve cambiare perché tutto resti come
prima”: gli itinerari resilienti tra Dauna e Sannio in una lettura
diacronica.
[Università degli Studi di Foggia - gianniforte76@libero.it]
Riprendendo un celebre passo de ‘Il Gattopardo’, si vuole sottolineare come spesso
le scelte relative alle vie di comunicazione stradale siano risultate in continuità con
quelle del passato e siano perdurate fino ai giorni nostri in un contesto tuttavia in
cui tutto il resto (dalle modalità costruttive, a quelle produttive, alle scelte cultuali
e culturali) ha subito dei cambiamenti significativi nei momenti di transizione che
hanno prodotto e portato a nuove peculiari fasi storiche. Tra le strutture del
paesaggio, forse le strade sono quelle che più di altre evocano la dimensione del
tempo, perché lungo di esse si sono allineati per secoli spazi e strutture
dell’insediamento militare, religioso, civile e produttivo. Questa è la ragione per cui
l’attenzione degli studiosi del settore si è spesso concentrata sugli aspetti della
continuità della rete stradale nel tempo, tralasciando però l’approfondimento di un
11
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
concetto particolarmente ‘di moda’, che negli ultimi anni ha investito quasi tutti i
campi della ricerca sino a radicarsi anche nel campo della ricerca archeologica: la
resilienza. Questo concetto, che in fisica è inteso come la capacità di un materiale
di assorbire un urto senza rompersi, opportunamente declinato nella ricerca
archeologica, offre spunti di riflessione non indifferente che aprono “nuove strade
interpretative” che meglio spiegano e giustificano i fenomeni diacronici propri di
un “ambiente” inteso come il contenitore sistemico degli eventi umani e naturali.
Questo contributo, applicando alla ricerca ed interpretazione dei dati esposti il
concetto di resilienza come sopra inteso, propone alcune riflessioni sul quadro
ricostruttivo della viabilità antica nella zona nord-occidentale della Daunia, da
sempre “zona cuscinetto” tra etnie e culture diverse, su scala diacronica
(analizzando dunque tutti i dati a disposizione, dalle tracce del popolamento
preistorico fino a quello moderno ricavabile dalla cartografia storica e dalla rete dei
tratturi). L’analisi è volta non solo all’individuazione degli specifici percorsi ma
anche alla comprensione dei criteri che sottostanno alla loro scelta e formazione, al
riconoscimento di eventuali variazioni e/o alternative dei percorsi o alla loro
continuità di utilizzo nel tempo, all’interno dell’ampio periodo temporale
considerato. Il quadro che così delineato potrà essere letto come forma di
“resistenza” alle trasformazioni del contesto paesaggistico ed insediativo, avvenute
in risposta a mutate esigenze, e come la capacità di “rigenerarsi e rinnovarsi” sulla
base del “potenziale non disperso”. Per raggiungere tale scopo è stato necessario un
metodo multidisciplinare che prende in considerazione le fonti documentarie, le
fonti archeologiche, le fonti storiche, la lettura geografica, geomorfologica,
geologica e orografica del comprensorio territoriale oggetto di studio integrando,
ove opportuno, aspetti economici e commerciali, avvalendosi infine, dell’ausilio di
metodi di analisi e ricerca moderni (analisi aerofotografica, analysis cost surface,
viewshed analysis, etc…trattati in ambiente G.I.S.).
Taking up a famous excerpt from 'Il Gattopardo', we want to emphasize how often the choices
relating to road communication routes have resulted in continuity with those of the past and have
persisted up to the present day in a context, however, in which whole rest (from construction
methods, to production methods, to cultual and cultural choices) has undergone significant changes
in the moments of transition that have produced and led to new peculiar historical phases. Among
the structures of the landscape, perhaps the streets are those that more than others evoke the
dimension of time, because along them for centuries spaces and structures of military, religious,
civil and productive settlements have been aligned. This is the reason why the attention of scholars
in the sector has often focused on the aspects of the continuity of the street network over time,
omitting, however, the deepening of a particularly 'trendy' concept, which in recent years has
affected almost all fields of research up to root also in the field of archaeological research: the
resilience. This concept, which in physics is understood as the ability of a material to absorb a shock
without breaking, suitably declined in archaeological research, offers considerable food of thought
that opens "new ways of interpretation" that better explain and justify the diachronic phenomena
typical of an "environment" understood as the systemic container of human and natural events. This
contribution, by applying the concept of resilience to the research and interpretation of the data
shown above, offers some reflections on the reconstructive framework of the ancient viability in the
north-western area of Daunia, which has always been a "buffer zone" between different ethnic
groups and cultures, on a diachronic (thus analyzing all available data, from the traces of the
prehistoric population to the modern one that can be obtained from historical cartography and from
the network of sheep tracks). The analysis is aimed not only at identifying specific paths but also at
understanding the criteria underlying their choice and training, at recognizing any variations and /
or alternatives of the paths or at their continuity of use over time, within of the large time period
12
ABSTRACT BOOK
considered. The picture thus outlined can be read as a form of "resistance" to the transformations of
the landscape and settlement context, which occurred in response to changing needs, and as the
ability to "regenerate and renew oneself" on the basis of the "not-scattered potential". To achieve
this purpose, it was needed a multidisciplinary method that took into consideration the documentary
sources, archaeological sources, historical sources, the geographical, geomorphological, geological
and orographic reading of the territorial district object of study, integrating, where appropriate,
economic and commercial aspect, finally making use of the aid of modern analysis and research
methods (aerial photography analysis, cost surface analysis, viewshed analysis, etc… processed in
a GIS environment).
III SESSIONE: Urbanistica, ambiente e gestione delle risorse
R. MARCHESCHI, L’ager Lunensis fra il I sec. a.C. e la tarda antichità:
territorio, gestione, risorse. Il case study del sito di Bocca di Magra.
[Università di Pisa - rocco.marcheschi@phd.unipi.it]
Nel corso del suo divenire storico, l’ager Lunensis mostra progressive
trasformazioni nelle forme di occupazione e sfruttamento del territorio che possono
essere messe in relazione a specifici momenti di cesura. Elementi di criticità sono
connaturati alla deduzione della colonia di Luni nel 177 a.C., mentre elementi di
sviluppo e crescita sono rilevabili a partire dall’età augustea, e per tutta la prima età
imperiale, sino ad un progressivo ridimensionamento nel corso del II sec. d.C.
Infine, durante il III-IV sec. d.C. si registrano testimonianze di profonde
trasformazioni nelle forme di occupazione del territorio, da leggere con attenzione
a causa della esigua quantità di dati disponibili, e nel tessuto insediativo di Luni. Il
sito di Bocca di Magra, ubicato lungo la riva destra del fiume Magra conserva i resti
di una villa romana articolata in una serie di ambienti disposti su terrazze degradanti
verso il mare. Lo studio della cultura materiale e dei dati di scavo, restituiti da
interventi non stratigrafici condotti tra la fine degli anni ‘50 ed i primi anni ‘60 del
secolo scorso, ha permesso di definire le fasi di vita del sito, i cambiamenti nelle
sue modalità di occupazione e alcuni aspetti del panorama economico-commerciale
in cui esso si inserisce. L’impianto della villa datato alla seconda metà del I sec.
a.C. successivo ad un’iniziale frequentazione dell’area di età tardo-repubblicana,
probabilmente riconducibile alla presenza di un approdo marittimo pertinente al
sistema portuale del Portus Lunae. Alla fine del I sec. d.C. la villa è oggetto di
un'importante ristrutturazione che vede la trasformazione del suo settore orientale
in un balneum e, probabilmente, la realizzazione di un porticato fronte mare. La sua
vita continua nel corso del II sec. d.C. per poi concludersi, con una labile
occupazione del sito a partire dal III sec. d.C. Questo sito archeologico rappresenta
un prezioso caso di studio, in quanto strettamente collegato alle dinamiche
economiche e sociali del distretto, per comprendere e definire gli indicatori di
continuità e cambiamento che caratterizzarono l’ager Lunensis. Lo scopo di questo
contributo è quello di delineare, attraverso lo studio dei dati disponibili, le
caratteristiche espresse dal territorio nei momenti di sviluppo e le risposte messe in
atto in seguito a momenti di crisi, in comparazione a quanto documentato nella
colonia di Luni e alla luce dei nuovi dati restituiti dal sito di Bocca di Magra.
During its long-lasting history, the ager Lunensis underwent numerous transformations in the
settlement patterns and economic strategies, starting from the centuriatio carried out following the
deduction of the colony of Luna (177 BC). A growth phase is documented in the territory in
13
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
Augustan and early Imperial age, while a gradual decline began during the 2nd century AD.
Regarding the 3rd and 4th century AD, the scarce available data might provide evidence for deep
urban and land transformations. The Bocca di Magra Villa, built on multiple terraces along the right
bank of river Magra, can be a significant case study for the district. Even if it was brought to light
with a non-stratigraphic method (excavations in the late 1950s and early 1960s), the standing
buildings and their relevant findings allow to reconstruct the multiple life phases of the villa and its
role in the wider context of the Luni’s landscape. The Bocca di Magra site was occupied during the
late Republican period, most probably in connection with the activities of Portus Lunae, while the
villa was built in the second half of the 1st century BC. In the late 1st century AD, the villa faced a
significant renovation: its eastern sector was transformed into a balneum and a porch was probably
built-in front of the sea. The villa continued to be inhabited until the early 3rd century AD;
afterwards, the evidence appears very weak about the life in the site. The Bocca di Magra villa can
be useful to define markers of continuity and change, as it was so closely related to the all economic
and social dynamics of the district. The comparative analysis of these indicators, both in the colony
of Luni and in the villa, will outline how the city and its territory faced the growth and crisis
throughout the centuries.
V. LIMINA, Quando le città ‘non muoiono’. La resilienza urbana
nell’Etruria settentrionale tardoantica: contingenze umane e ambientali,
300-600 d.C.
[Università di Pisa - valentinalimina@gmail.com]
Il dibattito storiografico degli ultimi decenni trova concordi gli studiosi nel
considerare peculiare la risposta dei centri della Tuscia settentrionale alle fasi di
crisi economica e insediativa che, a partire dalla fine del III secolo d.C.,
riguardarono l’area meridionale della regione così come numerose altre zone della
Penisola italiana. Sebbene le fonti letterarie e archeologiche siano talvolta difficili
da interpretare, le testimonianze di Rutilio Namaziano e quelle monumentali dei
complessi residenziali messi in luce a Limite, Aiano-Torraccia di Chiusi, San
Vincenzino avvalorano la riconsiderazione dei secoli IV-V nell’ottica di una certa
vitalità del popolamento tardoantico nella Tuscia settentrionale. Gli studi di
archeologia urbana condotti su Lucca, Pisa, Firenze, Siena, Volterra hanno
permesso di rivalutare l’importanza delle fasi tardoantiche, fondamentali per la
comprensione della transizione dal mondo antico all’alto medioevo.
Negli ultimi decenni, l’applicazione dei concetti di resilienza, trasformazione,
collasso e rivitalizzazione in ambito storico archeologico ha fatto emergere la
necessità di intraprendere studi di lungo periodo che, conciliando fonti eterogenee
comprensive di dati sull’impatto climatico e ambientale, possano fornire un quadro
più chiaro sulla complessità reale di tali fenomeni. Volendo analizzare il territorio
urbano si ritiene che non sia possibile considerarlo, dunque, come avulso dal
complesso sistema ambiente-società all’interno del quale viene a situarsi. Ciò
equivale a dire che diventa necessario analizzare contemporaneamente tutte le
componenti del sistema che giocarono un ruolo determinante quali forze
stabilizzanti, o destabilizzanti, nel processo della resilienza.
Lo scopo dell’intervento sarà quello di analizzare in prospettiva comparativa i
cambiamenti nei territori dei principali centri della Tuscia settentrionale per
dimostrare come il tardoantico avesse trasformato la configurazione,
l’organizzazione, la percezione di quelle città che avrebbero mantenuto il loro
status. Grazie all’analisi integrata di dati archeologici, letterari, storici, epigrafici si
intende mettere in relazione i processi di resilienza con le contingenze ambientali e
14
ABSTRACT BOOK
sociali che giocarono un ruolo determinante in essi. Spoliazione e reimpiego
‘razionale’, cristianizzazione degli spazi, gestione delle risorse, network di potere
fra le aristocrazie, a livello regionale e sovraregionale, rappresentano ulteriori
aspetti che si intende indagare in dettaglio, così da poter fornire nuovi spunti
interpretativi che consentano di definire meglio le peculiarità del caso della Tuscia
settentrionale nella transizione tardoantica.
Scholars agree on the peculiar response of the urban centres of Northern Tuscia to economic and
settlement crisis affecting Southern Etruria and many other areas of the Italian peninsula, from the
end of the third century AD. Even if literary and archaeological sources are sometimes difficult to
interpret, Rutilio Namazianus’ testimony and the residential complexes discovered in Limite, AianoTorraccia di Chiusi, San Vincenzino confirmed the necessary reconsideration of Late Antiquity as
an age of vitality in NorthernTuscia, especially the centuries fourth-fifth AD. The investigations
conducted in the urban centres of Lucca, Pisa, Florence, Siena, Volterra have allowed reassessing
the importance of Late Antiquity for a better understanding of the transition to the early Middle
Ages. Recently, the application of concepts such as ‘resilience’, ‘transformation’, ‘collapse’ and
‘revitalization’ in the historical, archaeological debate has highlighted the needing to undertake
long-term studies that, combining heterogeneous sources including data on climate and
environmental impact, could provide a reliable picture of the real complexity of these phenomena.
The landscape could not be analyzed as detached from the complex system environment-society
where it is located. Thus, it becomes necessary to analyze at the same time the whole system and
the components that played a decisive role as stabilizing forces, or destabilizing ones, in the process
of resilience. This paper aims to analyze with a comparative perspective the modifications attested
in the territories of the main centres of Northern Tuscia to demonstrate how Late Antiquity
transformed the configuration, the organization, the perception of those cities that maintained their
status even if in altered contexts. Thanks to the integrated analysis of archaeological, literary and
historical data, the paper highlights the relationships between the processes of resilience and the
environmental and social contingencies that played a decisive role in them. Artefact reuse and
‘rational’ recycling, Christianization of spaces, management of resources, regional and supraregional networks between the aristocracies are other subjects matters to be investigated in detail.
Thus, the paper actively contributes to adding data for an updated interpretation of Northern Tuscia
peculiarities in the Late ancient transition.
T. BARONTI, Via Galluppi a Pisa. Topografia e risorse di un quartiere
suburbano.
[Università di Pisa - tatiana.baronti@phd.unipi.it]
Nel 2009 una serie di opere di urbanizzazione interessò l’area in prossimità di Via
Galluppi collocata all’interno del suburbio settentrionale di Pisa romana; l’alto
potenziale informativo riscontrato ha poi condotto all’indagine stratigrafica di
un’area campione da cui sono emerse una serie di evidenze archeologiche. La
ristrettezza dell’area indagata, unita alla labilità delle strutture, non permette di
avanzare una ricostruzione dettagliata del complesso ma, con l’apporto dei dati
emersi dallo studio del materiale, se ne possono delineare le principali fasi. Dopo
esigue tracce di una frequentazione tardo-repubblicana e augustea, in età tiberiana
si registra la costruzione di un edificio di cui si intercetta un solo ambiente dotato
di una struttura esterna porticata ed una canaletta. Verso la fine del I sec. d.C.
vennero effettuati una serie di interventi strutturali che comprendevano lo
smantellamento delle strutture esterne all’edificio e la realizzazione di nuovi alzati;
il fattore più interessante di questa fase è l’impiego di una grande quantità di
indicatori di produzione di terra sigillata italica tra cui emergono diversi esemplari
bollati ‘LSM’. L’ultima fase di vita riscontrata per l’edificio risale alla seconda metà
15
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
del II sec. d.C., quando si attesta la ricostruzione della pavimentazione
dell’ambiente caratterizzata da un vespaio costituito da migliaia di frammenti di
anfore provenienti da tutto il Mediterraneo, cui seguono fasi di abbandono e
spoliazione intorno alla metà del III sec. d.C. e l’impianto di una necropoli tardo
antica. Per la cospicua presenza di indicatori di produzione riscontrati, Via Galluppi
viene ad aggiungersi ai già noti siti manifatturieri di terra sigillata individuati nel
suburbio pisano in via San Zeno, via Santo Stefano e a Isola di Migliarino. Una tale
concentrazione di manifatture è dovuta al contesto naturale, e cioè al bacino
idrografico dell’Auser; esso scorreva - insieme al fiume Arno collocato poco più a
sud - all’interno di una fertile pianura compresa tra i boscosi Monti Pisani e la costa
tirrenica, ed era dunque parte integrante di un territorio ricco di risorse che la
razionale organizzazione romana riuscì a sfruttare validamente con intense attività
agricole, silvo-pastorali e manifatturiere, al cui servizio si dispiegava poi un
efficiente sistema di scali e approdi costieri e fluviali, interconnessi con la rete
viaria. In un tale contesto topografico, il sistema idrografico Auser-Arno
rappresentava al tempo stesso risorsa da sfruttare e mezzo di trasporto per materie
prime e prodotti da distribuire nell’entroterra o da esportare per via marittima, e
questo dunque spiega la collocazione delle officine lungo il paleoalveo dell’Auser
sino alla sua foce ad Isola di Migliarino. La solidità di queste strutture economiche
è dimostrata dal fatto che la cessazione della produzione della sigillata italica a metà
del II sec. d.C. non determinò una sostanziale crisi nel suburbio e nella città, infatti
le testimonianze archeologiche al momento disponibili per questo periodo
registrano una serie di interventi urbanistici che suggeriscono piuttosto una fase di
continuità attraverso processi di transizione e trasformazione, sempre sostenute da
un contesto ambientale ricco di risorse.
In 2009, the Via Galluppi area, located in the northern district of Pisa underwent public works, and
the relevant rescue excavations brought to light a sector of the Roman suburbium. Due to the limited
dimensions of the investigated area and the poor state of conservation of the identified buildings we
cannot reconstruct the context in its entirety, but the data derived from the study of the stratigraphies
and materials, allow us to outline the main phases. Only scant evidence has been found for the late
Republican and Augustan periods, while in the Tiberian Age a building was constructed, with an
external portico and a channel. By the end of the 1st century A.D. the external structures were
dismantled and the walls rebuilt; a lot of production markers of terra sigillata italica, including
vessels with the stamp ‘LSM’, were found in the layers of this rebuilding phase. In the second half
of the 2nd century A.D. the building was equipped with an insulated room having an underfloor
cavity filled with thousands of fragmented amphorae from all over the Mediterranean. About the
mid-3rd century A.D. a spoliation and abandon phase has been documented, and finally a necropolis
occupied the entire area. The abundant production markers found in this context allow us to add the
Via Galluppi area to the terra sigillata district situated in the northern suburbium of Pisa (Via San
Zeno, Via Santo Stefano and Isola di Migliarino workshops). This production was due to the natural
environment, in particular to the Auser which flowed, together with the River Arno, into a fertile
plain between the wooded Pisan Mountains and the Tyrrhenian coast. The Auser basin, therefore,
was part of a territory rich in resources well exploited by the rational Roman organization through
agricultural, forestry, pastoral and manufacturing activities, which were optimally served by an
efficient system of coastal and fluvial harbours connected with land viability. In this topographical
context, the Auser-Arno system represented both a natural resource and a means of transport for raw
materials and/or finished products which were redistributed in the hinterland and/or exported by sea,
as documented by the location of terra sigillata workshops along the Auser up to its mouth at the
Isola di Migliarino port of call. The end of the production of terra sigillata italica around the mid2nd century A.D., did not provoke a crisis in the city and its suburbs: in fact the archaeological
16
ABSTRACT BOOK
evidence documents a series of urban interventions suggesting continuity through transitions and
transformations, still supported by a natural framework full of resources.
M. RONIN, Irrigation and drainage technologies. Legal solutions and the
reconstruction of the Roman productive landscapes.
[CNRS Arscan, Paris - roninmarguerite@cnrs.fr]
The proposed contribution will question the motivations of the Roman public
authorities and the jurists who produced a number of rules related to the hydraulic
technologies of irrigation and drainage from the 2nd c. BC to the 1st c. AD. This
period saw major social and economic changes in Latium and beyond. While the
capital city of Rome became a considerable urban market, with rapidly growing
needs for food supply, new agricultural production systems were developed, and
new lands were put under cultivation. In both cases, hydraulic technologies and the
able to get protection against the risks of water shortage, erosion and waterlogging
were key to a successful increase in the food production. Simultaneously this period
gave rise to tremendous legal innovations, amongst which I will focus on the
servitude of drawing water from a neighbouring plot (servitus aquae ductu, mainly
described in Digest 8.3) and the legal action to ward off rainwater (actio aquae
pluviae arcendae, Digest 39.3). I will first propose to replace these two important
legal mechanisms in an economic and topographical context along the hypotheses
that 1) the body of texts on water servitudes is primarily concerned with the
development of suburban, small plots, intensively cultivated for the production of
fresh goods to supply the urban market ; 2) the body of texts on the action to ward
off rainwater is primarily concerned with the newly cultivated lands on the hill
slopes of Latium, Samnium, Etruria, Campania… Secondly, I will work on the
hypothesis that these two specific legal innovations were designed to allow an
increase in agricultural production. As jurisconsults and public authorities
controlling legal changes were responsive to the needs of those engaged in the
farming business, we can accept that economic activity stimulated legal changes.
Legal solutions therefore reflect, to some extent, these activities and their study
contributes to a better understanding of the needs and constraints of farmers in
competition for the exploitation of natural resources and the protection against
hydraulic risks, but also of a better understanding of Roman productive landscapes
themselves.
Il contributo indaga le motivazioni che hanno indotto le autorità pubbliche romane e i giuristi a
produrre, dal II sec. a.C. al I sec. d.C., una serie di norme riguardanti le tecnologie idrauliche adottate
per l’irrigazione e il drenaggio dei terreni. In questo periodo, infatti, si sono verificati grandi
cambiamenti sociali ed economici nel Lazio - e oltre -, e mentre Roma diventava un considerevole
mercato urbano - con esigenze di approvvigionamento alimentare in rapida crescita - si sviluppavano
nuovi sistemi di produzione agricola e nuove terre venivano messe a coltura. In entrambi i casi, le
tecnologie idrauliche e la capacità di ottenere una protezione contro i rischi di carenza d'acqua,
l’erosione e il ristagno idrico furono la chiave per garantire un aumento considerevole della
produzione alimentare. In questo periodo furono introdotte anche enormi innovazioni giuridiche, e
tra queste il contributo si concentrerà sulla servitù di attingere acqua da un terreno vicino (servitus
aquae ductu, descritto principalmente nel Digesto 8.3) e sull'azione legale per allontanare l'acqua
piovana (actio aquae pluviae arcendae, Digesto 39.3). Il contributo proporrà innanzitutto di
ricollocare questi due importanti meccanismi giuridici in un contesto economico e topografico
partendo dalle seguenti premesse: 1) il corpus dei testi sulle servitù d'acqua riguarda principalmente
lo sviluppo di piccoli appezzamenti suburbani, intensamente coltivati per la produzione di beni
17
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
freschi per l'approvvigionamento del mercato urbano; 2) il corpus dei testi sull'azione di
allontanamento delle acque piovane riguarda principalmente le terre di nuova coltivazione sui
versanti collinari del Lazio, del Sannio, dell'Etruria, della Campania. Infine, verrà illustrata l’ipotesi
secondo cui queste due specifiche innovazioni giuridiche sono state concepite per permettere un
aumento della produzione agricola. Dal momento che i iureconsulti e le autorità pubbliche che
controllavano i cambiamenti giuridici rispondevano alle esigenze di coloro che erano impegnati
nell'attività agricola, si può dedurre che il miglioramento delle attività economiche fosse
direttamente connesso con l’introduzione di queste innovazioni giuridiche. Le soluzioni legali
adottate risponderebbero dunque, in una certa misura, alle esigenze di queste attività e il loro studio
contribuirebbe non solo ad acquisire una migliore comprensione dei bisogni e dei vincoli degli
agricoltori, ma anche delle loro sfide per lo sfruttamento delle risorse naturali e la risoluzione dei
rischi idrogeologici, nonché una migliore comprensione generale dei paesaggi produttivi romani.
E. BROMBIN, Gortina post 365 d.C. La ripresa dopo il terremoto.
[Università di Pisa - edo.brombin@gmail.com]
Nel corso del III secolo d.C. Gortina di Creta vive il momento di massimo
splendore. Con l’età severiana, infatti, un importante programma costruttivo
conferisce nuova monumentalità alla capitale provinciale: tra gli interventi più
significativi ricordiamo l’anfiteatro all’estremità est del territorio urbano e molto
probabilmente anche la costruzione del circo. Inoltre, si percepisce un
rinnovamento architettonico nell’area dell’Agorà - con la trasformazione del
bouleuterion ellenistico in odeion - e del quartiere del Pythion grazie alla nuova
sistemazione del Santuario di Apollo. La crescita della città sembra subire, però, un
rapido rallentamento verso la fine del III e gli inizi del IV: alcune aree monumentali
(il santuario di Apollo, lo stadio…) risultano cadere in disuso, altre, invece,
continuano ad essere normalmente frequentate e, in alcuni casi, oggetto di nuovi
progetti architettonici (Ninfeo etc.…). Tale situazione si protrae fino all’evento
traumatico del 21 luglio 365, quando un terremoto/maremoto - menzionato da
numerose fonti successive - scuote il Mediterraneo e danneggia irrimediabilmente
parte o interi edifici di Gortina. All’interno di questo contributo si desidera
approfondire, quindi, il momento successivo al sisma e, in particolare, la
progressiva ripresa della città; nel V secolo, infatti, inizierà un periodo di intensa
attività costruttiva che porterà all’identificazione di nuovi nuclei principali e ad una
conseguente trasformazione del tessuto urbano.
During the third century A.D. Gortyn (Crete) reaches its maximum splendor. In the course of the
Severian Age, in fact, an important building program endows the provincial capital with a new
monumentality: among the most significative architectural works there are the Amphitheatre,
located at the east end of the urban territory, and the construction of the Circus. An intensive
construction activity is well documented in the Agorà - where the Roman Odeum replaces the
Hellenistic bouleuterion – and also in the Sanctuary of Apollo Pythios, as evidenced by the renewal
of the temple. After this extraordinary period, between the end of the third and the beginning of the
fourth century A.D., the city’s expansion seems to have experienced a rapid slow down: some
monumental areas fall into disuse (the sanctuary of Apollo, the stadium…) others, however, continue
to be normally frequented and, in some cases, they are at the center of new architectural projects
(i.e., the nymphaeum of Praetorium). This situation lasts until the traumatic event that occurs on July
21, A.D. 365. A huge earthquake/tsunami - mentioned by several ancient sources - hits the
Mediterranean area and it irreparably damages part of the Gortyn’s monumental heritage. Therefore,
aim of this work is to analyze the moment after the earthquake and the progressive city’s rebirth; in
the fifth century AD, in fact, Gortyn seems to have resumed an intensive building activity that will
led to a new urban development.
18
ABSTRACT BOOK
J. TURCHETTO, Resilient Cappadocia: lo sfruttamento territoriale tra età
romana ed epoca bizantina.
[Università di Padova - jacopo.turchetto@unipd.it]
La Cappadocia (Turchia centro-meridionale) è sempre stata una terra di passaggio
osmotico tra altopiano anatolico, fascia costiera mediterranea ed Eufrate. In epoca
romana, questa funzione è evidente sia a livello poleografico, con insediamenti che
si svilupparono, non casualmente, in punti strategici del territorio (Colonia
Archelais/Aksaray, Tyana/Kemerhisar, Caesarea/Kayseri), sia a livello
infrastrutturale, con grandi arterie stradali che dal cuore dell’Anatolia valicavano il
Tauro centrale in direzione della Cilicia o puntavano a oriente verso
Melitene/Malatya. Tutta questa organizzazione territoriale venne scardinata, tra VII
e X secolo d.C., dalle incursioni degli Arabi, che, soprattutto in relazione al
comprensorio cappadoce centromeridionale, imposero una radicale trasformazione
delle tradizionali forme di insediamento e di sfruttamento delle risorse. In quella
fase, infatti, da un lato si assiste allo spopolamento delle zone di pianura, troppo
esposte al continuo passaggio degli eserciti incursori, e al conseguente fiorire di
‘abitati’ fortificati (phrouria) nelle più protette e sicure aree montuose, o addirittura
di ‘città’ scavate nel sottosuolo; dall’altro, come sembrerebbero suggerire le analisi
palinologiche e paleobotaniche, si registrano, nelle zone planiziali, un sistematico
abbandono della cerealicoltura e un aumento consistente della copertura e della
densità arboree (per lo più, rappresentate da pini e querce). In questo contesto,
partendo dalla considerazione che non si possa più parlare per la Cappadocia arabobizantina, come è stato fatto in passato, di una “no man’s land” deserta e disabitata,
il presente contributo intende focalizzare l’attenzione proprio sulle strategie che la
popolazione locale, costretta ad adattarsi a vivere in un ambiente difficile, mise in
atto per sopperire alla mancanza di terre da destinare all’agricoltura e
all’allevamento. In particolare, si cercherà di inquadrare meglio tutte quelle
infrastrutture idrauliche che, attraverso una fitta rete – in parte superficiale e in parte
sotterranea – di canali, tunnel e cunicoli, dovettero rendere ‘vivibili’ e coltivabili
molti degli stretti fondivalle montuosi della regione, garantendo, in termini
resilienti, pur con dinamiche nuove, lo sfruttamento territoriale e la gestione delle
risorse di quella “central periphery” del mondo antico.
Cappadocia (central-southern Turkey) has always been a land of osmotic passage between the
Anatolian plateau, the Mediterranean coast and the Euphrates. In Roman times, this function is
evident at both a poleographic level, with settlements developed, not coincidentally, in strategic
points of the territory (Colonia Archelais / Aksaray, Tyana / Kemerhisar, Caesarea / Kayseri), and
at an infrastructural level, with great routes crossing the central Taurus from the heart of Anatolia
towards Cilicia or Melitene/Malatya. All this territorial organisation was undermined, between the
7th and 10th centuries AD, by the raids of the Arabs, who, especially in relation to the centralsouthern Cappadocian district, imposed a radical transformation of the traditional forms of
settlement and resources exploitation. In that phase, indeed, on the one hand we witness the
depopulation of the lowland areas, too exposed to the continuous passage of the raiding armies, and
the consequent flourishing of fortified “settlements” (phrouria) in the better protected and safer
mountainous areas, or even of 'cities' dug underground; on the other hand, as the palynological and
paleobotanical analyses would seem to suggest, there is a systematic abandonment of cereal growing
in the lowland areas and a substantial increase in coverage and tree density (mostly, represented by
pines and oaks). In this context, starting from the consideration that it is no longer possible to refer,
19
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
as has been done in the past, to Arab-Byzantine Cappadocia as a deserted and uninhabited "no man's
land", this contribution focuses precisely on the strategies that the local population, forced to adapt
and live in a difficult environment, put in place to overcome the lack of land to be used for agriculture
and livestock. In particular, we will try to better frame all those hydraulic infrastructures which,
through a dense network - partly superficial and partly underground - of canals, tunnels and passages,
had to make many of the narrow mountainous valley bottoms of the region 'livable' and cultivable,
guaranteeing, in resilient terms, albeit with new dynamics, the territorial exploitation and resource
management of that “central periphery” of the ancient world
Poster
G. BALZANELLI, Mediolanum. Dalla crisi del III secolo a capitale
dell’Impero Romano d’Occidente.
[Università di Pisa - gretabalzanelli@gmail.com]
Con questo contributo si intende ripercorrere l’evoluzione urbanistica della Milano
romana partendo dalla sua prima e monumentale formulazione (età Augustea) per
giungere all’ampliamento e rinnovamento che l’hanno interessata negli anni della
Tetrarchia. Sul finire del III secolo d.C., infatti, i problemi di gestione di un impero
divenuto ormai troppo grande - la cosiddetta “crisi del terzo secolo” - portarono
Diocleziano a dividerlo in quattro parti: Mediolanum divenne così la capitale
dell’Impero Romano d’Occidente. A un momento di crisi segue, dunque, la
rinascita della città che raggiunge un nuovo momento di floridezza e prosperità, il
suo periodo di maggior splendore. Se, tuttavia, possiamo facilmente individuare gli
edifici, le costruzioni e le linee guida di attuazione di un piano regolatore - tutto ciò,
dunque, che ha identificato la città come romana prima e come capitale poi - quali
sono, invece, le evidenze legate a episodi di disordine e impoverimento? Quali
tracce, ancora oggi visibili sul terreno, lasciano tali eventi? Quali i cambiamenti
concreti che interessarono la topografia urbana?
This paper aims to retrace the urban evolution of Milan, from its first and monumental
implementation (Augustan Age) to the expansion and the renovation that have involved it during
the Tetrarchy. Indeed, at the end of the 3rd century, due to the management problems of an empire
now too extended (the so-called “crisis of the 3rd century”), Diocletian divided it into four parts:
Mediolanum thus became the capital of the Western Roman Empire. The moment of crisis was
interrupted by the rebirth of the city; a new phase of flourishing and prosperity followed in Milano,
which knew its period of greatest splendor. We can easily identify the main buildings and
implementation guidelines of an urban planning, but can we do the same with the evidence of unrest
and difficulties? What traces still visible today have those events left on the ground? What are the
concrete changes that concern the urban topography?
D. BECERRA FERNÁNDEZ, J.L. Rodriguez Piňero, Resistance to decline.
Italica after the Principality of Hadrian.
[Universidad de Córdoba, Universidad de Sevilla - dbecerra@uco.es]
The death of the Emperor Hadrian and the end of the imperial evergetism in the
recently created Colonia Aelia Augusta Italica resulted in a period of stagnation for
the latter, mainly in the sector of the city –configured in the Hadrian era– known
today as nova Vrbs of Italica. Although the megalomaniac projects were paralyzed,
their validity, their uses and the ornamentation of residential spaces in this area of
the city continued. With the present work we intend to show how the building and
20
ABSTRACT BOOK
socioeconomic vitality of the colony was maintained during the Antonine and
Severian periods, due to different examples such as: the acquisition network of
marmora used in public and private spaces, the inscription of the offerer Vibia
Modesta to the imperial cult sanctuary in severian times and the bronze plaque with
the senate consults with the Lex Gladiatoria dated on Marcus Aurelius and
Commodus reigns, among others. The methodology implemented is based on a
correct data systematization and the presentation of relevant examples which
reaffirm the intense decorative activity undertaken in the city. Regarding the
marmora used in different constructions, a huge typological variety is appreciated
and its use in cladding in opus sectile of geometric and paving character stands out,
specially concerning the complex designs that covered sumptuous aristocratic
houses from the end of the High Empire to Late Antiquity. A comparison is also
made with the vetus Vrbs of Italica and the new results obtained recently that
emphasize the intense decorative activity on the pre-existing public buildings.
La morte dell'Imperatore Adriano e la fine dell'evergetismo imperiale nella Colonia Aelia Augusta
Italica, di recente costituzione, determinò per quest'ultima un periodo di stagnazione, principalmente
nel settore della città –configurato in età adriana– oggi noto come nova Vrbs di Italica. Sebbene i
progetti megalomani fossero paralizzati, la loro validità, i loro usi e la decorazione degli spazi
residenziali in questa zona della città continuarono. Con il presente lavoro si intende mostrare come
si mantenne la vitalità edilizia e socioeconomica della colonia durante il periodo Antonino e
Severiano, grazie a diversi esempi quali: la rete di acquisizione di marmora utilizzati in spazi
pubblici e privati, l'iscrizione dell'offerente Vibia Modesta al santuario del culto imperiale in epoca
severiana e l’iscrizione in bronzo con il senatoconsulto con la Lex Gladiatoria datata su Marco
Aurelio e regni Commodo, tra gli altri. La metodologia implementata si basa su una corretta
sistematizzazione dei dati e sulla presentazione di esempi rilevanti che riaffermano l'intensa attività
decorativa intrapresa nella città. Per quanto riguarda i marmora utilizzati in diverse costruzioni, si
apprezza una grande varietà tipologica e spicca il suo impiego nei rivestimenti in opus sectile di
carattere geometrico e pavimentale, soprattutto per quanto riguarda i complessi disegni che
rivestirono sontuose dimore nobiliari dalla fine dell'Alto Impero alla tarda antichità. Si fa anche un
confronto con la vetus Vrbs di Italica e con i nuovi risultati ottenuti recentemente che sottolineano
l'intensa attività decorativa sugli edifici pubblici preesistenti.
IV SESSIONE: Metodologie a confronto
G. FONTANA, Fixing the picture - large scale LiDAR-based study for the
detection of hillforts in ancient Samnium.
[UCL London, Institute of Archaeology - giacomo.fontana.19@ucl.ac.uk]
The Samnite people are understood as military and politically resilient during the
Hellenistic period, being able to resist and defeat Roman armies time and again.
The reasons behind their resilience are, however, still unknown. The city-state
model has been often used the explain resilience of societies during the first
millennium BCE, but the non-urban Samnite organisation cannot be explained
according to it. This project investigates Samnite hillforts to understand which form
of socio-political organisation led to this society's resilience. Different types of
socio-political organisation structure the landscape in different ways, giving rise to
different settlement patterns. The study of hillforts allows for an understanding of
the Samnite socio-political organisation in relation to its military performance and
territorial organisation, which are understood to be critical components of the
21
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
resilience of this 'anti-classical' society. The topography, spatial distribution, and
connectivity of hillforts are under investigation using a new primary dataset
collected through remote sensing data and fieldwork integration. This paper
presents the methodology used to create this new dataset. Research on Samnite
hillforts is fragmentary and primarily based on random discoveries. The legacy data
are not representative of these sites spatial distribution across Ancient Samnium
and cannot be used to advance robust conclusions about the Samnite organisation.
This study addresses the issue by developing the first systematic analysis of Ancient
Samnium to detect hillfort sites. Bespoke archaeological processing of airborne
LiDAR data was completed for an area of over 16.300 sq. Km. Two composite
images of four different LiDAR visualisations were then implemented to analyse
the area and detect hillforts. Ground-truthing of a selection of the detected
anomalies was then undertaken using a non-invasive approach. The study allowed
the detection of hundreds of anomalies interpretable as hillforts, mainly Samnites
or Medieval, in regions of ancient Samnium previously considered lacking or with
very few sites. The resultant hillfort pattern and system are markedly different from
the previous data showed and open new research avenues to develop robust spatial
analysis to trace the Samnite socio-political organisation. Simultaneously, this
study shows the potential of large-scale LiDAR-led studies to address research
biases present in current archaeological datasets, particularly for the study of
mountainous and forested regions.
I Sanniti sono intesi come militarmente e politicamente resilienti durante il periodo ellenistico,
quando sono stati capaci di resistere e sconfiggere ripetutamente gli eserciti romani. Le ragioni alla
base della loro resilienza non sono però chiare. Il modello di città-stato greco-romano è stato spesso
utilizzato per spiegare la resilienza delle società di primo millennio a.C., ma la società non-urbana
sannita non può essere spiegata in questi termini. Questo progetto esplora questo quesito indagando
l’organizzazione socio-politica Sannita attraverso i loro siti fortificati. Diversi tipi di organizzazione
socio-politica strutturano il paesaggio in modi diversi, dando origine a diversi modelli di
insediamento. Lo studio dei siti fortificati consente una comprensione dell'organizzazione sociopolitica sannita in relazione alle sue prestazioni in ambito militari e di organizzazione territoriale,
che sono intese come componenti critiche della resilienza di questa società ‘anti-classica’. La
topografia, la distribuzione spaziale e la connettività dei siti fortificati sono in fase di studio
utilizzando un nuovo set di dati primari raccolti tramite telerilevamento e lavoro sul campo. Questo
contributo presenta la metodologia utilizzata per creare questo nuovo set di dati. La ricerca sui siti
fortificati sanniti è frammentaria e basata principalmente su scoperte casuali. I dati esistenti non
sono rappresentativi della distribuzione spaziale di questi siti e non possono essere utilizzati per
avanzare solide conclusioni sull'organizzazione sannita. Questo studio affronta il problema
sviluppando la prima analisi sistematica dell'Antico Sannio finalizzato all’individuazione di siti
fortificati. L’analisi ha visto il processamento calibrato a fini archeologici di dati LiDAR per un'area
di oltre 16.300 Kmq. Due set di immagini composite di quattro diverse visualizzazioni LiDAR sono
stati quindi implementati per analizzare l'area e rilevare i siti fortificati. Una selezione di questi è
stata poi verificata sul campo utilizzando un approccio non invasivo. Lo studio ha consentito di
rilevare centinaia di anomalie interpretabili come siti fortificati, prevalentemente sanniti o
medievali, in regioni dell'antico Sannio precedentemente considerate carenti di siti. Il sistema di siti
fortificati individuato risulta notevolmente diverso dai quello mostrato dai dati precedentemente a
disposizione. L’alto livello di rappresentatività del nuovo dataset apre nuove strade di ricerca
finalizzate a sviluppare robuste analisi spaziali per tracciare l'organizzazione socio-politica sannita.
Allo stesso tempo, i risultati mostrano il potenziale di questo approccio basato sull’analisi LiDAR
su larga scala per testare dataset esistenti e compensare eventuali mancanze, in particolare per lo
studio delle regioni montuose e boschive.
22
ABSTRACT BOOK
F. BOSCHI, Metodologie a confronto per lo studio di un paesaggio
funerario medio-adriatico: resilienza o discontinuità di una necropoli
nella Valle del Nevola tra l’età del ferro e l’età romana.
[Università di Bologna - federica.boschi5@unibo.it]
Le ricerche territoriali dell’Università di Bologna in atto dal 2017 lungo la Valle
del Nevola, nelle Marche settentrionali, hanno portato all’individuazione di una
necropoli picena di età orientalizzante (VII-VI sec. a.C.) composta da monumenti
funerari con fossato anulare e originario tumulo, o accumulo parziale, di copertura.
Oltre a determinare la scoperta del sito, di particolare significato nel quadro
conoscitivo sul popolamento preromano e la presenza picena in questo settore
dell’ager Gallicus, l’integrazione di ricognizioni aerofotografiche e prospezioni
geofisiche (metodi geoelettrici e geomagnetici) ha favorito la caratterizzazione
preliminare del deposito sepolto e indirizzato le successive operazioni di scavo,
propedeutiche anche alla procedura di verifica preventiva attivata da un progetto di
nuova edificazione nelle immediate vicinanze della necropoli. Gli scavi condotti in
regime di concessione hanno confermato molti aspetti che erano stati suggeriti dalle
tecniche non invasive e permesso una prima definizione dell’evoluzione
cronologica dell’area funeraria, che ha conosciuto un’importante fase di utilizzo
anche durante l’età romana medio-imperiale, dopo un apparente iato di circa 600
anni. Le strutture tombali finora scavate, prevalentemente alla cappuccina, in cassa
di tegole e fossa semplice, e i corredi esaminati, ne attestano una particolare vitalità
tra II e IV sec. d.C., e la loro disposizione rispetto ai monumenti piceni apre
riflessioni sulla continuità o discontinuità di occupazione del contesto e sul valore
attribuitogli con la strutturazione del dominio di Roma nel territorio avviata nel III
sec. a.C., con particolare riguardo alle politiche di assoggettamento della
componente culturale indigena. Per quanto ancora preliminari, i dati raccolti
sembrano testimoniare l’esistenza di un paesaggio funerario complesso ed
eminente, anche per posizione topografica, imperniato, almeno durante l’età picena,
su grandi monumenti che dovevano avere anche una funzione di markers
territoriali. L’analisi avviata sul nucleo cimiteriale di età romana, successivamente
addossatosi all’originario, pone problemi di gaps cronologici e suggestioni relative
alla possibile resilienza, voluta, di un luogo quale luogo di sepoltura e di memoria.
A questo si associano considerazioni sulla percezione delle forme, dei simboli e dei
valori del paesaggio funerario più antico da parte dei coloni romani, e più in
generale sulla sopravvivenza del paesaggio culturale attraverso i secoli e le società
qui stanziate. Dal punto di vista metodologico, il confronto tra tecniche
diagnostiche non invasive e lo scavo archeologico ha innescato un prezioso
processo di revisione reciproca dei dati, che ancora continua alla luce delle ricerche
in corso. Motivo ulteriore di riflessione sono poi le capacità e i limiti strumentali
delle metodologie di indagine non invasiva impiegate in rapporto ai targets della
ricerca, appurate, seppur soltanto parzialmente, in seguito allo scavo.
23
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
The territorial surveys of the University of Bologna ongoing since 2017 along the Nevola Valley, in
the northern Marche region, led to the identification of a Picenian necropolis of the Orientalizing
age (7th-6th century BC) composed of funerary monuments with an annular moat and original
tumulus, or partial accumulation, of coverage. Besides determining the discovery of the site, of
particular significance for the knowledge of the pre-Roman population and the Picenian presence in
this sector of the ager Gallicus, the integration of aerial photography and geophysical prospections
(geoelectric and geomagnetic methods) has favoured the preliminary characterization of the buried
deposit and directed the subsequent excavation operations, preparatory also to the procedure of
preventive verification activated by a project of new construction in the immediate vicinity of the
necropolis. The excavations, carried out under ministerial concession, have confirmed many aspects
that had been suggested by the non-invasive techniques and allowed a first definition of the
chronological evolution of the funerary area, which has known an important phase of use even
during the middle-imperial Roman age, after an apparent hiatus of about 600 years. The tomb
structures excavated up to now, mainly in the “cappuccina” style, in tile coffin and simple pits, and
related grave goods, attest to a particular vitality between the II and IV centuries AD. Their
disposition with respect to the Picenian monuments opens reflections on the continuity or
discontinuity of occupation and on the value attributed to the context with the structuring of the
dominion of Rome in the territory initiated in the 3rd century BC, with particular regard to the
policies of submission of the indigenous cultural component. Although still preliminary, the
collected data seem to testify the existence of a complex and important funerary landscape, also for
topographic position, hinged, at least during the Picenian age, on large monuments that had also a
function of territorial markers. The analysis started on the cemeterial nucleus of Roman age, later
added to the original one, poses problems of chronological gaps and suggestions concerning the
possible resilience of a place as a burial and memory site. Associated with this are considerations
about the perception of forms, symbols, and values of the most ancient funerary landscape by the
Roman settlers, and more generally about the survival of the cultural landscape through the centuries
and the societies settled here. From a methodological point of view, the comparison between noninvasive diagnostic techniques and archaeological excavation has triggered a valuable process of
mutual feedback of data, which continues in the light of ongoing research. Further food for thought
concerns the capabilities and limits of the non-invasive survey methodologies used in relation to the
targets of the research, verified, albeit only partially, by the excavation.
G. SCALESE, Resilienza e continuità nelle strutture del paesaggio antico.
Spunti per un metodo integrato, fra topografia storica e diritto romano.
[Università degli Studi di Perugia - germana.scalese@gmail.com]
Gli itineraria costituiscono una fonte preziosa per lo studio del sistema stradale
romano, soprattutto in virtù delle informazioni miliarie in essi contenute. Tuttavia,
proprio sulla base delle distanze, assai spesso insufficienti a collegare due luoghi di
sosta, sono stati elaborati, nei decenni, estesi corpora di emendamenti ed è maturata
la consapevolezza di dover approcciare a tali fonti con cautela. La questione è stata
oggetto di un dibattito alquanto acceso negli anni ‘70 del XX secolo, ma influenza
ancora le ricerche sul sistema viario romano. Nel contributo si propone dapprima il
riesame di una serie di casi esemplificativi di ambito europeo che, se osservati da
una prospettiva diversa, fanno emergere un dato comune: alcuni elementi del
paesaggio naturale ed antropico di epoca preromana sembrano aver conformato, in
modo resiliente, anche il territorio di epoca romana. Tale capacità “strutturante” si
esercita e si esprime in termini topografici proprio sul conteggio delle miglia lungo
le strade romane che attraversano quel dato contesto. In altre parole, integrando
nell’analisi gli elementi del territorio extra-urbano dei singoli centri, gli errori nelle
miglia delle fonti itinerarie si rivelano essere non più tali. L’ipotesi di lavoro trova
un sostegno nel confronto con una tipologia documentale differente: nel corso di
24
ABSTRACT BOOK
una precedente ricerca ho potuto evidenziare che importanti discrepanze miliarie
caratterizzano anche il celebre Lapis Pollae. L’epigrafe sembra infatti attestare che
il costruttore della via Regio-Capuam non ricomprese nel conteggio delle miglia i
territori dei principali centri urbani dell’odierna Calabria. Alla stregua dei casi cui
si è fatto accenno, le miglia tràdite dalle fonti antiche si arrestano anche qui in
corrispondenza di alcuni elementi chiave del paesaggio. Approfondendo il caso di
Consentia, si può evidenziare, attraverso un esame diacronico dei dati archeologici,
che il centro ed il relativo territorio vanno incontro ad una contrazione antropica
(che potrebbe definirsi crisi) in seguito al Secondo conflitto punico. L’analisi
incrociata delle evidenze relative alla fase ellenistica, da una parte, e delle misure
viarie di epoca romana, dall’altra, documenta un vero e proprio restringimento del
territorio di pertinenza dell’antica metropolis brettia. Ciò nonostante, la
trasformazione insediativa e paesaggistica di epoca romana mantiene in vita (ed
anzi si basa su) una serie di elementi del paesaggio che avevano assunto spessore e
rilievo in epoca preromana, andando appunto ad influenzare il conteggio delle
miglia lungo la Regio-Capuam. Questi stessi contesti sono oggetto di una
valorizzazione in epoca augustea, quando i dati raccolti permettono di documentare
un programma di recupero dell’ager Consentinus, fondato sulla centuriazione del
territorio, sulla monumentalizzazione del centro e sul rafforzamento delle
infrastrutture viarie. Nella prospettiva di indagine (che caratterizza anche il progetto
di dottorato), si ipotizza che vi sia una ragione giuridica alla base dei fenomeni
topografici e paesaggistici in oggetto: lo status dei singoli centri sembra cioè aver
inciso sulla gestione della rete viaria e sul relativo conteggio delle miglia. Dal punto
di vista metodologico, dunque ed infine, si vuole riflettere sulla necessità che lo
studio complessivo del paesaggio antico contempli ed adotti anche le fonti del
diritto romano.
Due to the miles information they contain, Itineraria are a valuable source for the study of the
Roman road system. Nevertheless, miles information is often insufficient to link two resting places,
and for this reason wide amendments’ corpora have been developed in the last century. As a
consequence, many scholars hold the view that caution is needed when approaching this kind of
sources. This issue was especially debated in the 1970s; but it impacts research still nowadays. This
paper proposes first a review of a European-wide series of case studies that bring out a recurring
feature, if examined from a different perspective: some elements of the human and natural preRoman landscape define the Roman landscape too. This structuring action is topographically
materialised by the mileage counting on the Roman roads passing through the single territorial
context. In other words, what used to seem itineraria’s incongruities turn out not to be so, when the
analysis implements the elements of the extra-moenia landscape. The working assumption is
corroborated by comparison with a different kind of source: in fact, with a previous research I
pointed out that some inconsistencies characterize the Lapis Pollae too. The inscription testifies that
the via Regio-Capuam’s builder did not include the main urban centres’ territories of the modern
Calabria in counting distances. On a par with the cases of study above mentioned, miles reported by
sources stop on some landscape’s key elements in this case too. Looking further into the example of
Consentia, through a diachronic examination of the archaeological data, it is possible to highlight
that the urban centre and its territory begin to meet a human traces’ decrease (that we could call
“crisis”) after the end of the Second Punic War. The cross-analysis between the Hellenistic
framework, on the one hand, and the Roman roads’ measurement, on the other, shows the shrinking
of the brettian metropolis’ territory. Nevertheless, the Roman territorial and settlement changes
preserve (and are based on) a series of landscape elements that had acquired importance in preRoman times and that impact on the Roman mileage counting system. These landscape contexts are
enhanced in the Augustan age, when the data collected testify a recovery program for the ager
25
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
Consentinus, based on the divisio et adsignatio, the monumentalization of the urban centre and the
reinforcement of the road infrastructures. In the research perspective (that characterises the PhD
project too) a juridical explanation is assumed for the topographical occurrences in question: it seems
that the juridical status of the settlements impacts on the roads management system and,
consequently, on the counting miles system. Methodologically, therefore and finally, the paper
reflects on the need to adopt the Roman Law’s sources in the ancient landscapes studies.
26
ABSTRACT BOOK
ELENCO PARTECIPANTI
Greta Balzanelli (Università di Pisa – gretabalzanelli@gmail.com)
Tatiana Baronti (Università di Pisa – tatiana.baronti@phd.unipi.it)
Daniel Becerra Fernández (Universidad de Córdoba – dbecerra@uco.es)
Silvia Berrica (Universidad de Alcalá – silvia.berrica@edu.uah.es)
Federica Boschi (Università di Bologna – federica.boschi5@unibo.it)
Edoardo Brombin (Università di Pisa – edo.brombin@gmail.com)
Roberto Busonera (Università degli Studi di Sassari - rbusonera@uniss.it)
Stefano Campana (Università di Siena – stefano.campana@unisi.it)
Giuseppe Ceraudo (Università del Salento – giuseppe.ceraudo@unisalento.it)
Raffaella Corvino (Comune di San Paolo di Civitate, Foggia – raffaella98@libero.it)
Veronica Ferrari (Università del Salento – veronica.ferrari@unisalento.it)
Giacomo Fontana (UCL London, Institute of Archaeology – giacomo.fontana.19@ucl.ac.uk)
Giovanni Forte (Università degli Studi di Foggia – gianniforte76@libero.it)
Antonella Frangiosa (Università degli Studi di Foggia – a.frangiosa@yahoo.com)
Gangale Risoleo Davide (Università di Pisa – davide.gangale.risoleo@gmail.com)
Maddalena La Trofa (Università degli Studi di Foggia – magda.latrofa@gmail.com)
Danilo Leone (Università degli Studi Foggia – danilo.leone@unifg.it)
Valentina Limina (Università di Pisa – valentinalimina@gmail.com)
Paolo Liverani (Università degli Studi di Firenze – paolo.liverani@unifi.it)
Rocco Marcheschi (Università di Pisa – rocco.marcheschi@phd.unipi.it)
Maria Luisa Marchi (Università degli Studi di Foggia – marialuisa.marchi@unifg.it)
Simonetta Menchelli (Università di Pisa - simonetta.menchelli@unipi.it)
Annapaola Mosca (Sapienza Università di Roma– annapaolamo@gmail.com)
Italo M. Muntoni (SABAP Barletta, Andria, Trani e Foggia – italomaria.muntoni@beniculturali.it)
Domenico Oione (SABAP Barletta, Andria, Trani e Foggia – domenico.oione@beniculturali.it)
Stefania Quilici Gigli (Seconda Università degli Studi di Napoli - stefanella.quilici@gmail.com)
Ippolita Raimondo (Università di Pisa – ippolita.r@gmail.com)
José Luis Rodriguez Piñero (Universidad de Sevilla – joseluro2000@gmail.com)
Eleonora Romanò (Università di Pisa - romano.ele@gmail.com)
Marguerite Ronin (CNRS Arscan, Paris – roninmarguerite@cnrs.fr)
Grazia Savino (Università degli Studi di Foggia – savino.grazia@yahoo.it)
Germana Scalese (Università degli Studi di Perugia – germana.scalese@gmail.com)
Tesse Stek (KNIR, Royal Netherlands Institute in Rome, KNIR – t.d.stek@knir.it)
Fabiana Susini (Università degli Studi di Firenze – fabiana.susini@gmail.com)
Jacopo Turchetto (Università di Padova – jacopo.turchetto@unipd.it)
27
CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
PROGRAMMA
VENERDÌ 26 FEBBRAIO
09:00 Registrazione dei partecipanti
09:30 Apertura dei lavori e saluti
− Chiar.mo Prof. PIERPAOLO LIMONE (Rettore dell’Università degli Studi di Foggia)
− Prof. PAOLO LIVERANI (Presidente della Consulta Universitaria di Topografia)
− Prof. SEBASTIANO VALERIO (Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici,
Università degli Studi di Foggia)
− Dott. RAIMONDO GIALLELLA (Sindaco di Pietramontecorvino FG)
I SESSIONE: Confini e frontiere
Chairperson: Prof. PAOLO LIVERANI (Università degli Studi di Firenze)
10:30 - 11:00
Prof. TESSE STEK (Vice-director of the Royal Netherlands Institute in Rome)
Modellare confini e territorialità in Italia antica.
11:00 - 12:00
DOMENICO OIONE, RAFFAELLA CORVINO, GRAZIA SAVINO
Tiati - Teanum Apulum area di frontiera: il passaggio dall’insediamento daunio alla città
romana attraverso le più recenti scoperte.
ITALO MARIA MUNTONI, ANTONELLA FRANGIOSA, MADDALENA LA TROFA
Aspetti identitari e cultura materiale nella media Valle del Fortore. Il territorio di
Carlantino tra età arcaica e romanizzazione.
SILVIA BERRICA
La Meseta Centrale: da centro nevralgico a estrema periferia.
12:00 Question time per la sessione Confini e frontiere
II SESSIONE: Vie di comunicazione
Chairperson: Prof. GIUSEPPE CERAUDO (Università del Salento)
12:30 - Pietramontecorvino “al volo”: visita virtuale ad uno dei Borghi più Belli d’Italia.
13:00 - 14:30 Lunch break
14:30 – 15:00
Prof.ssa STEFANIA QUILICI GIGLI (Seconda Università degli Studi di Napoli)
Organizzazione, cambiamenti, resilienza della viabilità antica nelle dinamiche
territoriali.
15:00 - 16:30
ANNAPAOLA MOSCA
Viabilità in area alpina tra persistenze e trasformazioni.
ROBERTO BUSONERA
A nos ponere in caminu. L’impatto della transumanza nel sistema viario della Sardegna
romana.
28
ABSTRACT BOOK
ELEONORA ROMANÒ, FABIANA SUSINI
Il sistema viario dell’ager lucensis dall’età romana all’età altomedievale tra persistenza e
continuità d’uso.
GIOVANNI FORTE, GRAZIA SAVINO
“Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”: gli itinerari resilienti tra Dauna e
Sannio in una lettura diacronica.
16:30 Question time per la sessione Vie di comunicazione
SABATO 27 FEBBRAIO
III SESSIONE: Urbanistica, ambiente e gestione del territorio
Chairperson: Prof.ssa MARIA LUISA MARCHI (Università degli Studi di Foggia).
9:00 - 9:30
Prof.ssa SIMONETTA MENCHELLI (Università di Pisa), Dott.ssa VERONICA FERRARI
(Università del Salento),
Nuove ricerche a Luni. Il contributo dei recenti scavi e delle indagini aerotopografiche.
9:30 - 11:00
ROCCO MARCHESCHI
L’ager Lunensis fra il I sec. a.C. e la tarda antichità: territorio, gestione, risorse. Il case
study del sito di Bocca di Magra.
VALENTINA LIMINA
Quando le città “non muoiono”. La resilienza urbana nell’Etruria settentrionale
tardoantica: contingenze umane e ambientali, 300-600 d.C.
TATIANA BARONTI
Via Galluppi a Pisa. Topografia e risorse di un quartiere suburbano.
POSTER
▪
GRETA BALZANELLI, Mediolanum. Dalla crisi del III secolo a capitale dell’Impero
Romano d’Occidente.
▪
DANIEL BECERRA FERNÁNDEZ, JOSÉ LUIS RODRIGUEZ PIŇERO, Resistance to decline.
Italica after the Principality of Hadrian.
11:00 - Montecorvino e la sua storia: visita virtuale al sito medievale.
- Tra città e campagna: visita virtuale all’Ager Lucerinus ed alla città di Lucera alla
scoperta dei suoi antichi fasti.
11:30 - 12:30
MARGUERITE RONIN
Irrigation and drainage technologies. Legal solutions and the reconstruction of the Roman
productive landscapes.
EDOARDO BROMBIN
Gortina post 365 d.C. La ripresa dopo il terremoto.
JACOPO TURCHETTO
Resilient Cappadocia: lo sfruttamento territoriale tra età romana ed epoca bizantina.
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CRISI E RESILIENZA NEL MONDO ANTICO
12:30 Question time per la sessione Urbanistica, ambiente e gestione del territorio
13:00 - 14:30 Lunch break
IV SESSIONE: Metodologie a confronto
Chairperson: PROF. STEFANO CAMPANA (Università di Siena)
14:30 - 15:00
Prof. DANILO LEONE (Università degli Studi di Foggia), Il sito archeologico dallo scavo
al racconto: archeologia globale a Campo della Fiera (Orvieto).
15:00 - 16:00
GIACOMO FONTANA
Fixing the picture: large scale LIDAR-based study for detection of hillforts in ancient
Samnium.
FEDERICA BOSCHI
Metodologie a confronto per lo studio di un paesaggio funerario medio-adriatico:
resilienza o discontinuità di una necropoli nella Valle del Nevola tra l’età del ferro e l’età
romana?
GERMANA SCALESE
Resilienza e continuità nelle strutture del paesaggio antico. Spunti per un metodo integrato,
fra topografia storica e diritto romano.
16:00 Question time per la sessione Metodologie a confronto
16:30 Saluti conclusivi
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ABSTRACT BOOK
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