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Mattia Baiutti Protocollo di valutazione Intercultura Comprendere, problematizzare e valutare la mobilità studentesca internazionale Education TS 14 Edizioni ETS Education 14 M-PED/01 – Generale e sociale A peer-reviewed book series in social pedagogy, theories of education, didactics, special educative needs, history of education, children’s literature, teacher training, adult education, gender education, intercultural pedagogy and didactics, training and career guidance, new technologies, experimental education. Directors: Fabrizio Manuel Sirignano (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli), Maria Teresa Trisciuzzi (Libera Università di Bolzano), Tamara Zappaterra (Università degli Studi di Firenze), Andrea Traverso (Università degli Studi di Genova) International Scientific Committee: Enricomaria Corbi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli), Liliana Dozza (Libera Università di Bolzano), Dolores Limón Dominguez (Universidad de Sevilla), Fernando López Noguero (Universidad Pablo de Olavide, Sevilla), Anna Ascenzi (Università degli Studi di Macerata), Antonella Cagnolati (Università degli Studi di Foggia), Hans-Heino Ewers (Johann Wolfgang Goethe-Universität, Frankfurt am Main), José Luis Hernández Huerta (Università di Valladolid), Serenella Besio (Università della Valle d'Aosta), Berta Martini (Università degli Studi di Urbino), Claire E. White (Wheelock College, Boston, MA), Francisca Gonzalez Gil (Universidad de Salamanca), Teresa Grange (Università della Valle d’Aosta), Pierpaolo Limone (Università degli Studi di Foggia), Jarmo Viteli (University of Tampere, Finland), Monica Fantin (Universitade Federal de Santa Catarina, Brazil) Mattia Baiutti Protocollo di valutazione Intercultura Comprendere, problematizzare e valutare la mobilità studentesca internazionale Edizioni ETS www.edizioniets.com Questo libro è distribuito anche in formato digitale con licenza Creative Commons: Con il sostegno della Fondazione Intercultura per il dialogo tra le culture e gli scambi giovanili internazionali Onlus www.fondazioneintercultura.org © Copyright 2019 EDIZIONI ETS Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione Messaggerie Libri SPA Sede legale: via G. Verdi 8 - 20090 Assago (MI) Promozione PDE PROMOZIONE SRL via Zago 2/2 - 40128 Bologna ISBN 978-884675589-6 Ai volontari e alle volontarie dell’associazione Intercultura che ogni giorno tessono i fili dell’amicizia e della pace Rahrawān rā khastagi-ye-rāh nīst ishq ham rāh ast-u-ham khud-manzil ast Non si stanchino mai coloro che seguono questo sentiero, perché esso è al contempo meta e cammino Poeta persiano citato da Raimon Pannikar in Pace e disarmo culturale Indice Presentazione Anselmo Roberto Paolone 13 Introduzione 17 Parte Prima COMPRENDERE E PROBLEMATIZZARE LA MOBILITÀ STUDENTESCA E LA SUA VALUTAZIONE 21 Capitolo Primo LA MOBILITÀ STUDENTESCA ALL’INTERNO DEL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA SCUOLA 23 1. Internazionalizzazione della scuola 1.1. Rischi e domande aperte 2. Comprendere la mobilità studentesca internazionale 2.1. Cenni storici 2.2. Definire e problematizzare la mobilità studentesca internazionale 2.2.1. Variabili dei programmi 2.2.2. Valore educativo della mobilità studentesca 2.2.3. Preconcetti e miti attorno alla mobilità studentesca 2.3. Ricerche 2.4. Numeri della mobilità studentesca internazionale 2.5. La normativa italiana ed europea 23 28 31 31 33 33 35 37 39 44 46 Capitolo Secondo LA COMPETENZA INTERCULTURALE E LA SFIDA VALUTATIVA 53 1. Concettualizzare pedagogicamente la competenza interculturale 53 10 Protocollo di valutazione Intercultura 1.1. Elementi chiave del costrutto di competenza 1.2. Competenza interculturale: definizioni, modelli e criticità 1.3. Politiche educative attorno al concetto di competenza interculturale 2. Valutare la competenza interculturale 2.1. Modello elaborato da Castoldi 54 55 64 67 71 Parte Seconda GUIDA OPERATIVA CONTESTUALIZZATA PER VALUTARE LA COMPETENZA INTERCULTURALE 75 Capitolo Terzo L’ELABORAZIONE DEL PROTOCOLLO DI VALUTAZIONE INTERCULTURA 77 1. Il modello Protocollo di valutazione Intercultura 2. Diari di bordo 3. Linee guida per la presentazione (studente) e griglie di osservazione della presentazione guidata (insegnante) 4. Prove di realtà 5. Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi 6. Altro materiale 7. Rubrica valutativa 81 83 83 84 84 Capitolo Quarto METODOLOGIA DELLA RICERCA 89 1. Partecipanti 1.1. Formazione insegnanti 2. Raccolta dati 2.1. Diari di bordo 2.2. Linee guida per la presentazione (studente) e griglia di osservazione della presentazione guidata (insegnante), prove di realtà, scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi 2.3. Rubrica valutativa 2.4. Diario dell’Assegnista di ricerca 3. Analisi dei dati 4. Presentazione dei risultati 5. Etica della ricerca 77 80 89 93 93 94 96 97 100 100 102 103 Indice 11 Capitolo Quinto L’USO DEL PROTOCOLLO DI VALUTAZIONE INTERCULTURA: LA PROSPETTIVA DEI DOCENTI 105 1. Diari di bordo 2. Linee guida per la presentazione (studente) e griglia di osservazione della presentazione guidata (insegnante) 3. Prove di realtà 4. Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi 5. Rubrica valutativa 105 108 114 116 118 Conclusioni A SCUOLA DI CITTADINANZA INTERCULTURALE 121 1. Considerazioni e direzioni future 1.1. Implicazioni per la ricerca accademica 1.2. Implicazioni per la scuola 1.3. Implicazioni per il Ministero 2. Verso una cittadinanza interculturale: suggestioni pedagogiche 121 121 123 124 Allegati 127 Allegato 1 DIARI DI BORDO 129 Allegato 2 LINEE GUIDE PER LA PRESENTAZIONE (STUDENTE) 133 Allegato 3 GRIGLIE DI OSSERVAZIONE DELLA PRESENTAZIONE GUIDATA (INSEGNANTE) 125 135 Allegato 4 PROVE DI REALTÀ (ESEMPIO) 140 Allegato 5 SCHEDA PER LA RACCOLTA DI OSSERVAZIONI PROPRIE E DI TERZI 149 Allegato 6 RUBRICA VALUTATIVA 150 Bibliografia 155 Ringraziamenti La mia più sincera gratitudine va alla Fondazione Intercultura che ha promosso e sostenuto la ricerca alla base del presente volume, e a tutta l’associazione Intercultura. In particolare desidero esprimere profonda riconoscenza a Roberto Ruffino. Desidero anche ringraziare Elisabetta Bellavitis, Flaminia Bizzarri, Sabrina Brunetti, Annamaria D’Alberti, Emanuela Di Chiara Stanca, Roberto Ferrero, Andrea Franzoi, Paola Frongia, Ilaria Gardin, Anna Gomarasca, Mila Montanaro, Renata Montesanti, Maria Teresa Oreste, Violetta Valentino. Desidero ringraziare per il supporto scientifico Anselmo R. Paolone. Sono poi sentitamente grato per il proficuo e continuo confronto a Roberto Albarea, Joana Almeida, Martyn Barrett, Mike Byram e i colleghi di Cultnet, Carlo Macale, Darla Deardorff, Sara Ganassin, Anna Granata, Marta Milani, Aluisi Tosolini, Luisa Zinant e Davide Zoletto. Questo volume non sarebbe stato possibile senza la presenza, la passione e la determinazione di tutti i docenti che hanno partecipato alla ricerca Protocollo di valutazione Intercultura e dei loro studenti. Oltre a loro, un ruolo fondamentale lo ha ricoperto l’illustre gruppo internazionale di esperti (si veda p. 92) che ha generosamente fornito commenti per migliorare la rubrica valutativa. A tutti loro va la mia profonda riconoscenza. Desidero inoltre ringraziare tutte le scuole e le associazioni che hanno ospitato le varie attività in presenza della ricerca. Desidero esprimere la mia gratitudine alle due colleghe che hanno svolto la back-translation della rubrica valutativa. Un sentito ringraziamento va a coloro che hanno letto e commentato le prime bozze di questo volume. Infine, desidero ringraziare la casa editrice ETS di Pisa e i Direttori della collana Education per la fiducia accordatami. Presentazione Nell’Italia odierna, l’internazionalizzazione dell’istruzione non costituisce più un fenomeno circoscritto, legato principalmente alle università e a istituzioni dai connotati elitari, ma riguarda ormai scuole di ogni tipo, ordine e grado. In particolare le scuole secondarie sono sempre più coinvolte negli scambi studenteschi internazionali, ed il presente volume di Mattia Baiutti, dedicato ad alcuni importanti aspetti di questo argomento, vuole costituire un contributo teorico-pratico allo sviluppo della ricerca sull’internazionalizzazione della scuola, e di una ormai improcrastinabile cultura della mobilità studentesca. Di fatto, questo libro è il pendant e la continuazione di una ricerca già pubblicata dall’autore (Baiutti, 2017), sotto lo stimolo della nuova e crescente importanza dei soggiorni di studio all’estero, che già da qualche tempo comporta per il sistema scolastico italiano maggior coinvolgimento e responsabilità, laddove una nuova legislazione lo chiama a valutare obiettivamente e concretamente le acquisizioni fatte all’estero dai returnees. Le nuove regole prevedono che, con riferimento agli studenti rientrati dall’estero, i consigli di classe italiani valutino e valorizzino non solo le competenze disciplinari, ma anche quelle trasversali. Allora, nel suo precedente lavoro, Baiutti ha studiato cosa valutare, addivenendo alla definizione di indicatori della competenza interculturale, specifici per la mobilità studentesca (Baiutti, 2017, 2018a). In questo libro invece Baiutti procede oltre mostrando, principalmente attraverso gli esiti di una sperimentazione di strumenti valutativi e di una connessa ricerca empirica, come valutare tale competenza. In tal senso egli fornisce in primo luogo una serie di chiarimenti teoretici ‘di base’, volti a facilitare e auspicare ulteriori studi di tipo interculturale sulla mobilità studentesca, e ad aprire la strada ad altre ricerche in tale ambito; ma l’aspetto più importante è che nella seconda parte del volume egli mostra come questi contributi teoretici 14 Protocollo di valutazione Intercultura possano essere trasformati in una concreta prassi valutativa. Infatti egli presenta la ricerca empirica qualitativa ‘Protocollo di valutazione Intercultura’ che ha svolto nell’arco di due anni presso l’Università degli Studi di Udine, mirante a individuare e sperimentare gli strumenti per valutare e valorizzare la competenza interculturale degli studenti che hanno partecipato a un programma annuale di mobilità studentesca internazionale nella secondaria di secondo grado. Per raggiungere lo scopo, Baiutti ha elaborato un modello di valutazione denominato ‘Protocollo di valutazione Intercultura’ nell’ambito di un progetto pilota che ha coinvolto oltre cento docenti italiani e i relativi studenti recatisi all’estero con i programmi di Intercultura. Il monitoraggio del progetto pilota ha infine permesso di correggere e mettere a punto il modello originario, grazie alla collaborazione dei docenti stessi e al contributo di un gruppo internazionale di esperti. Questa ricerca è dunque il frutto di un incontro concreto tra il mondo dei docenti della scuola secondaria (su cui si è ricercato, e grazie alle cui opinioni si è ‘messo a punto’ il Protocollo) e gli studiosi (il ricercatore e gli ‘esperti’ che hanno fornito consulenze), al fine di fornire al mondo della scuola degli strumenti essenziali per far fronte alle nuove sfide della mobilità studentesca. Il presente volume costituisce dunque uno strumento insostituibile per tutti coloro che vogliano approfondire il tema della valutazione degli apprendimenti degli studenti delle scuole secondarie superiori nei soggiorni di studio all’estero. Come l’autore nota nell’introduzione del volume e nel capitolo conclusivo, se da un lato questo argomento è piuttosto trascurato nel panorama attuale delle ricerche pedagogiche legate ai vari temi della globalizzazione, dall’altro qualora esso venga seriamente affrontato (come nella presente ricerca) apre il vaso di pandora di alcune tematiche interculturali trascurate o sottostudiate. Almeno in Italia, infatti, l’attenzione della maggior parte dei ricercatori in pedagogia interculturale sembra rivolgersi ai temi legati all’immigrazione, spesso vissuti come la principale emergenza, alla quale bisogna fare fronte mobilitando quante più risorse sia possibile. In realtà, le sfide legate al tema dell’alterità in educazione sono molte di più e assai varie, e quelle connesse alla mobilità studentesca internazionale – benché trascurate – sono tra le più importanti, anche per il livello e la complessità dei problemi teoretici che esse pongono alla ricerca e, conseguentemente, all’attività degli educatori impegnati a diverso titolo in tale ambito. Ma la loro importanza è anche legata al fatto che, favorendo lo sviluppo degli scambi studenteschi Presentazione 15 internazionali, porterebbero alla scuola italiana nuovi fermenti. A questo proposito Baiutti segnala che, laddove in genere gli operatori scolastici tendono a credere che gli scambi abbiano risvolti positivi esclusivamente sugli individui che ne usufruiscono, se invece fossero opportunamente valorizzati potrebbero portare dei benefici generali, contribuendo a quella modernizzazione dell’istruzione in senso interculturale che sarebbe necessaria per far fronte a varie sfide educative dei nostri tempi oltre che, segnatamente, per contribuire all’implementazione di importanti politiche europee (come ad esempio quella sulla libera circolazione del lavoro). A questi e ad altri sviluppi la ricerca di Mattia Baiutti porta un valido contributo, e il suo volume costituisce un punto di riferimento per i professionisti della scuola, gli studiosi e gli studenti di materie pedagogiche. Anselmo Roberto Paolone Università degli Studi di Udine Introduzione In occasione del Convegno Mobilità studentesca internazionale per il successo formativo, tenutosi a Frascati nell’ottobre del 2001, Giorgio Rembado – allora presidente nazionale di ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità della Scuola, già Associazione Nazionale Presidi) – affermò: uno dei momenti maggiormente critici degli scambi studenteschi era costituito dal momento del rientro in classe. Sappiamo tutti perché questo ha rappresentato e rappresenta tuttora un momento di estrema difficoltà: perché la rigidità dei piani di studio ha fatto assumere come unico metro di giudizio la quantità di conoscenze acquisite e quindi ha posto gli istituti scolastici, i consigli di classe, i docenti e le scuole di fronte alla necessità o alla volontà, all’intenzione di verificare quanto di queste conoscenze si era perso, quanto era possibile riacquisire al rientro nel vecchio istituto scolastico (Rembado, 2002, p. 26). A distanza di più di quindici anni da tale affermazione, la valutazione formale degli apprendimenti degli studenti1 che hanno partecipato a un anno all’estero rimane una sfida per la scuola italiana. Sebbene si siano compiuti alcuni passi avanti a livello normativo, inserendo le competenze trasversali fra gli obiettivi da considerare in sede valutativa, permane uno scollamento fra l’aspetto delle pratiche e quello teorico e normativo, così come messo in evidenza da alcune ricerche empiriche (Baiutti, 2017; Bandinu, 2012; Fornasari & Schino, 2018; Paolone, 2010). Preso atto di ciò, in una precedente ricerca si era indagato cosa valutare e si erano proposti degli indicatori della competenza interculturale specifici per la mobilità studentesca (Baiutti, 2017, 2018a). In 1 Ogni qualvolta nel testo si utilizzano termini al maschile, come ad esempio nel caso di studente o alunno (sia al singolare che al plurale), ci si riferisce indistintamente a uomini e donne. La scelta di non specificare ogni volta il genere, ad esempio studente e studentessa, e di lasciare, quindi, solo il genere maschile (ma si sarebbe potuto usare indifferentemente anche il genere femminile) è determinata esclusivamente da una maggiore fluidità di lettura. Non si è quindi acriticamente seguita la regola grammaticale, ma si è fatta una scelta ponderata. 18 Protocollo di valutazione Intercultura modo complementare a tale studio, nel presente volume si affronta l’annosa questione del come valutare tale competenza. Per far ciò si è ritenuto cruciale affiancare all’elaborazione e alla sperimentazione di alcuni strumenti valutativi una riflessione più ampia che consenta di comprendere criticamente l’articolata cornice che il tema della valutazione degli apprendimenti interculturali connesso alla mobilità incrocia. Pertanto, nel capitolo primo, dopo aver delineato un possibile perimetro semantico dell’internazionalizzazione della scuola, si considera uno degli aspetti salienti di essa: la mobilità studentesca internazionale. Quest’ultima viene indagata e problematizzata da varie prospettive: quella storica, quella pedagogica e quella normativa. Nel capitolo secondo ci si sofferma sugli obiettivi attesi dalla mobilità studentesca e su come valutarli. Partendo dalla letteratura del settore, secondo la quale la cifra pedagogica degli scambi giovanili è quella di educare studenti competenti interculturalmente, si discute il costrutto di ‘competenza interculturale’ e si presenta un modello che consente una valutazione di esso. Nella seconda parte del volume si propone un raccordo fra la teoria e la pratica presentando la ricerca empirica Protocollo di valutazione Intercultura svoltasi fra l’agosto 2016 e il luglio 2018 presso il Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società (DILL) dell’Università degli Studi di Udine (Responsabile scientifico: A. R. Paolone; Assegnista di ricerca2: M. Baiutti) con il sostegno della Fondazione Intercultura3. Nello specifico, lo studio empirico desiderava rispondere alla seguente domanda di ricerca: quali possono essere gli strumenti – all’interno del contesto della scuola secondaria di II grado – per valutare e valorizzare la competenza interculturale degli studenti che hanno partecipato a un programma annuale di mobilità studentesca individuale internazionale? Per rispondere a tale interrogativo, sulla base della cornice teoretica e del contesto di riferimento, è stato elaborato un modello di Da ora Assegnista. La Fondazione Intercultura per il dialogo tra le culture e gli scambi giovanili internazionali Onlus (http://www.fondazioneintercultura.org/) nasce nel 2007 da una costola dell’associazione Intercultura. Essa svolge ricerche in collaborazione con i maggiori Atenei italiani ed esteri, tiene convegni e produce pubblicazioni nel settore dell’educazione interculturale. Opera per favorire l’internazionalizzazione della scuola italiana fornendo esempi di buone pratiche e sessioni di formazione sulla gestione degli scambi (è Ente accreditato per la formazione del personale della scuola presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - MIUR). Inoltre, offre borse di studio per favorire la mobilità studentesca internazionale di giovani meritevoli provenienti da famiglie non abbienti. Il MIUR e il Ministero degli Affari Esteri aderiscono alla Fondazione Intercultura e ne sostengono le attività. 2 3 Introduzione 19 valutazione denominato Protocollo di valutazione Intercultura4 che viene presentato nel capitolo terzo. Tale modello è stato oggetto di un progetto pilota che ha coinvolto 113 docenti di quasi ogni parte d’Italia, che avevano uno studente all’estero con un programma annuale organizzato dall’associazione Intercultura5 nell’anno scolastico 2016/2017. Essi, dopo aver utilizzato i vari strumenti del Protocollo Intercultura, hanno fornito commenti che hanno permesso di rivedere il modello di partenza. Inoltre, per uno degli strumenti – la rubrica valutativa – è stato anche consultato un gruppo internazionale di 29 esperti. L’impianto metodologico della ricerca è stato sostanzialmente qualitativo e viene dettagliato nel capitolo quarto. Nel capitolo quinto si presentano alcuni risultati della ricerca: quelli connessi all’opinione dei docenti rispetto all’uso dei vari strumenti del Protocollo Intercultura. Questi possono essere un’utile guida per la sua futura applicazione. Nel capitolo conclusivo si tirano le somme del percorso di ricerca presentando alcune implicazioni sia per la ricerca accademica che per il contesto della scuola e del Ministero. Si offrono, inoltre, alcune suggestioni pedagogiche concernenti l’orizzonte di senso dell’intero volume: la cittadinanza interculturale. Infine, negli allegati si riportano gli strumenti così come delineatisi dopo la loro revisione basata sull’analisi dei dati della ricerca empirica. Si auspica che questo volume possa essere un contributo teoricopratico per sviluppare da una parte nuova ricerca sull’internazionalizzazione della scuola e dall’altra una cultura della mobilità studentesca di qualità. Nota al testo La parte della ricerca Protocollo di valutazione Intercultura concernente i ‘diari di bordo’ è stata oggetto di una precedente pubblicazione: Baiutti, M., & Paolone, A.R. (2018). Il valore pedagogico interculturale del diario di bordo durante la mobilità studentesca internazionale individuale: La prospettiva degli insegnanti. Encyclopaideia - Journal of Phenomenology and Education, 22 (52), 55-72. Da ora Protocollo Intercultura. Intercultura (https://www.intercultura.it/) è un’associazione di volontariato fondata nel 1955 che promuove, organizza e sostiene scambi ed esperienze interculturali, inviando oltre 2000 studenti delle scuole secondarie di II grado a vivere e studiare all’estero ed accoglie in Italia 1000 giovani che provengono da 64 Paesi. È il partner italiano di AFS Intercultural Programs e dell’EFIL (European Federation for Intercultural Learning). 4 5 Parte Prima Comprendere e problematizzare la mobilità studentesca e la sua valutazione Capitolo Primo La mobilità studentesca all’interno del processo di internazionalizzazione della scuola Il termine ‘internazionalizzazione’ trova sempre maggiore cittadinanza nei documenti della scuola e in quelli ministeriali. A tale presenza, tuttavia, non corrisponde necessariamente un’adeguata riflessione su cosa si possa intendere con esso. Come affermano de Wit e Hunter (2015), «‘internazionalizzazione’ è divenuto un termine generico che comprende una pluralità di dimensioni, elementi, approcci e attività» (p. 45) e, pertanto, è alquanto ambiguo1 (Cambridge & Thompson, 2004). Risulta cruciale, quindi, comprendere e problematizzare lo sfondo teorico di tale concetto. In questo capitolo, dopo averne delineato un possibile perimetro semantico nella sua aggettivazione educativa all’interno del contesto scolastico, si considera uno degli aspetti salienti di esso, ovverosia la mobilità studentesca. 1. Internazionalizzazione della scuola Il quadro teorico sull’internazionalizzazione dell’educazione appare oggi alquanto articolato, poliedrico e in continua evoluzione. Yemini (2017) sostiene che «the discourse on internationalization is one of the most complex and multifaceted discourses within contemporary education» (p. 171). Alcuni autori (de Wit, Gacel-Avila, Jones, & Jooste, 2017; Jones & de Wit, 2012) parlano oggi della ‘globalizzazione dell’internazionalizzazione’ riferendosi con ciò, non tanto alla diffusione dell’internazionalizzazione, quanto al fatto che essa «become a global topic of interest» (Jones & de Wit, 2012, p. 35). Nella ricerca accademica, infatti, alle concettualizzazioni più tradizionali si stanno affiancando nuove voci e nuovi contesti che propongono inediti modelli e paradigmi (de Wit et al., 2017). Nel 1 Per comprendere l’evoluzione della terminologia connessa all’‘internazionalizzazione dell’educazione’ si veda, fra gli altri, Knight (2008). 24 Protocollo di valutazione Intercultura presente paragrafo si desidera argomentare che una di queste voci potrebbe essere quella della scuola che finora è rimasta relegata in uno spazio periferico della discussione. Che cosa significa internazionalizzazione? Da un punto di vista teoretico, una delle definizioni più influenti nella letteratura accademica è quella proposta da Knight (2004) secondo la quale l’internazionalizzazione è il «processo di integrazione di una dimensione internazionale, interculturale o globale nell’ambito delle finalità, delle funzioni o dell’erogazione dell’istruzione post-secondaria» (Knight, 2004, p. 11, tr. it. de Wit, 2012, p. 117). Un’evoluzione di questa definizione è quella proposta da de Wit, Hunter, Howard e Egron-Polak (2015) secondo i quali l’internazionalizzazione è «il processo intenzionale di integrazione di una dimensione internazionale, interculturale o globale nell’ambito delle finalità, delle funzioni e dell’erogazione dell’istruzione post-secondaria, allo scopo di innalzare il livello qualitativo dell’istruzione e della ricerca per tutti gli studenti e il personale e apportare un contributo significativo alla società»2 (p. 29). Alcuni autori (ad es., Larsen, 2016; Yemini, 2015, 2017) hanno messo in evidenza alcune criticità di tale concettualizzazione. Quella di particolare interesse per il presente volume è che la «Knight’s definition limits the process to higher education and does not address the education system at the school level or at earlier stages» (Yemini, 2015, p. 20). L’assenza della dimensione scolastica nelle definizioni di internazionalizzazione è probabilmente spiegabile con il fatto che, come sostenuto da diversi autori (Baiutti, 2017, 2018a; de Wit, 2015; de Wit et al., 2017; Dvir & Yemini, 2017; Egekvist, Lyngdorf, & Du, 2017; Hattingh, 2016; Yemini, 2012, 2017), la maggior parte della teorizzazione concernente l’internazionalizzazione dell’educazione si è focalizzata quasi esclusivamente sul livello universitario creando e rafforzando un rapporto d’identità per il quale l’internazionalizzazione dell’educazione corrisponde all’internazionalizzazione dell’università. Tuttavia, «following rapid changes due to increasing globalization, technological advancements and demographic transformations, the role and function of internationalization at the school level has varied and evolved, alongside the constantly changing nature of internationalization in higher education systems» (Yemini, 2017, p. 8). Una definizione che prende in considerazione esplicitamente l’ambito scolastico è quella proposta da Heidemann (1999, cit. in Egekvist et al., 2017) secondo la quale l’internazionalizzazione è «the trans2 Enfasi nel testo. La mobilità studentesca 25 formation process that takes place when transnational cooperation has clout at school» (p. 21). Basandosi su questa definizione e quella di Knight, Egekvist (2018) ha proposto di definire l’internazionalizzazione a livello scolastico come «a transformation process in the school involving the implementation of international, intercultural, and global dimensions in the teaching and organization of the school to accommodate the possibilities and challenges for school education at the present and in the future due to globalization» (p. 37). Sebbene quest’ultima definizione abbia il merito di prendere in considerazione la scuola, vi sono alcuni elementi di criticità. Uno dei possibili limiti è che essa si focalizza esclusivamente sull’aspetto dell’insegnamento e dell’organizzazione della scuola. Così facendo sembra escludere alcune attività di internazionalizzazione, come la mobilità studentesca, che rappresentano una parte fondamentale di essa. Un’altra criticità potrebbe essere che l’autrice rimane alquanto vaga quando parla degli obiettivi e delle finalità dell’internazionalizzazione della scuola. Preso atto dei rischi legati all’internazionalizzazione dell’educazione (si veda § 1.1 in questo capitolo) risulta alquanto importante riuscire a includere nella sua definizione un orizzonte di senso. Tuttavia, va notato che questa operazione è complessa giacché l’internazionalizzazione trova diverse declinazioni e risponde a diverse logiche e, quindi, a diverse finalità. Di seguito si cerca di delineare alcune possibilità. Come si è già visto, de Wit et al. (2015) sostengono che l’internazionalizzazione dell’università ha una finalità interna, ovverosia «innalzare il livello qualitativo dell’istruzione e della ricerca» e una esterna, ovverosia «apportare un contributo significativo alla società»3 (p. 29). In questo senso l’internazionalizzazione non deve essere considerata come un traguardo in sé, bensì un mezzo di miglioramento sia dell’università che della società (de Wit & Hunter, 2015; EgronPolak & Marmolejo, 2017). Altri autori (Gacel-Ávila, 2005; Yemini, 2015, 2017) ritengono che l’internazionalizzazione sia un paradigma della cittadinanza globale in quanto dovrebbe sviluppare un senso di responsabilità politica, la difesa dei principi democratici e la partecipazione al cambiamento sociale. Hudzik (2011, 2015) sostiene che l’internazionalizzazione modella i valori e l’ethos delle istituzioni. Preso atto di ciò, e basandosi sulle definizioni di Knight (2004), de Wit, Hunter, Howard e Egron-Polak (2015), Heidemann (1999, cit. in Egekvist et al., 2017) e Egekvist (2018), in questo volume l’in3 Enfasi nel testo. 26 Protocollo di valutazione Intercultura ternazionalizzazione della scuola è compresa come il processo intenzionale e trasformativo di inclusione delle dimensioni internazionale, interculturale e globale all’interno della scuola nella sua globalità allo scopo di innalzare il livello qualitativo dell’istruzione per tutti gli studenti, i docenti e il personale e apportare un contributo significativo alla società. Si ritiene importante specificare che questa definizione è riferita all’internazionalizzazione della scuola e quindi, non va confusa con una definizione del concetto più ampio di internazionalizzazione dell’educazione in quanto una tale definizione dovrebbe riuscire a tenere insieme tutti i gradi di educazione4. Nella letteratura accademica concernente l’internazionalizzazione dell’educazione, oltre a discussioni connesse alla definizione, sono rintracciabili anche diverse piste di analisi (de Wit & Hunter, 2015). Una delle più diffuse, e in costante evoluzione, è quella che suddivide l’internazionalizzazione dell’università in due categorie: l’‘internazionalizzazione nel proprio paese’ (internationalization at home) e l’‘internazionalizzazione all’estero’ (internationalization abroad/crossborder) (de Wit & Hunter, 2015; Knight, 2012). Queste due categorie sono da intendersi analiticamente separate, ma intrinsecamente connesse e interdipendenti (Knight, 2012). Con il termine ‘internazionalizzazione nel proprio paese’ si può generalmente intendere l’inclusione delle dimensioni internazionale, interculturale e globale nel curricolo formale e informale dell’università (Almeida, Robson, Morosini, & Baranzeli, 2018; Beelen & Jones, 2015; de Wit & Hunter, 2015; Knight, 2012; Robson, Almeida, & Schartner, 2018). Attorno a questo concetto si stanno sviluppando ricerche5 che interessano non solo gli accademici ma anche i politici e gli amministratori. La ratio di questo aspetto dell’internazionalizzazione è che gli studenti che non hanno vissuto un’esperienza all’estero siano comunque messi nelle condizioni di sviluppare quelle competenze, come quella interculturale, e quelle prospettive, come quella internazionale, tendenzialmente attese quali effetto dell’esperienza di mobilità. Esempi di attività connesse a questa categoria sono l’internazionalizzazione del curricolo e dell’insegnamento, la promozione 4 Un tentativo, in questo senso, potrebbe essere rappresentato dalla definizione avanzata da Yemini (2015, si veda anche 2017) secondo la quale l’internazionalizzazione dell’educazione è «the process of encouraging integration of multicultrual, multilingual, and global dimensions within the education system, with the aim of instilling in learners a sense of global citizenship» (p. 21). 5 Si veda ad esempio il progetto di ricerca Internationalisation at Home: Approaches and Tools (ATIAH) (https://research.ncl.ac.uk/atiah/). La mobilità studentesca 27 di incontri fra studenti stranieri e persone del luogo, club di lingue. Con il termine ‘internazionalizzazione all’estero’6, invece, ci si riferisce alla mobilità delle persone, in particolare studenti e insegnanti, dei programmi e dei progetti (de Wit & Hunter, 2015; Knight, 2012). Le due categorie sopra delineate sono rintracciabili anche a livello scolastico. Le ricerche dell’Osservatorio Nazionale sull’Internazionalizzazione delle Scuole e la Mobilità Studentesca7 sostengono che l’indice medio di internazionalizzazione della scuola secondaria di II grado in Italia, che può assumere un valore da 0 a 100, è passato da 37 punti nel 2009 (anno in cui è stato creato l’Osservatorio) a 42 punti nel 2016. Ciò significa che sono aumentate le attività di internazionalizzazione. Andando a indagare l’indice si nota rapidamente che in esso sono presenti attività appartenenti alla categoria ‘internazionalizzazione nel proprio paese’, ad esempio l’utilizzo del CLIL (Apprendimento integrato di lingua e contenuto) e l’insegnamento di lingue straniere, e attività connesse alla categoria ‘internazionalizzazione all’estero’ come la mobilità studentesca e la mobilità dei docenti. Le attività di internazionalizzazione non sono presenti solo a livello di scuola secondaria di II grado, ma sono rintracciabili anche negli altri gradi di scuole e anch’esse possono essere suddivise nelle due categorie che si stanno considerando. Leggendo l’offerta formativa di quegli istituti comprensivi che mirano a internazionalizzarsi sono facilmente individuabili pratiche di ‘internazionalizzazione nel proprio paese’ come l’internazionalizzazione del curricolo e i laboratori per l’educazione alla pace, e attività di ‘internazionalizzazione all’estero’ come la mobilità degli insegnanti. Preso atto di questa realtà, si ritiene opportuno sostenere che le due categorie ‘internazionalizzazione nel proprio paese’ e ‘internazionalizzazione all’estero’, concettualizzate originariamente all’interno dell’internazionalizzazione dell’università, siano estendibili anche al campo dell’internazionalizzazione della scuola (si veda Figura 1). A una simile conclusione sembra giungere anche Egekvist (2018) nell’analisi delle pratiche di internazionalizzazione della scuola danese. Sarebbe inte6 Va notato che con il termine ‘internazionalizzazione all’estero’ si è tradotto sia il concetto di educational abroad che quello di cross-border education. Tuttavia, fra queste espressioni, sebbene a volte usate come sinonimi, vi sono delle differenze (Knight, 2008, 2012, 2014). 7 L’Osservatorio Nazionale sull’Internazionalizzazione delle Scuole e la Mobilità Studentesca (http://www.scuoleinternazionali.org/), da ora Osservatorio, nasce nel 2009 con lo scopo di favorire, promuovere e documentare l’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca. Il MIUR e ANP aderiscono all’iniziativa. 28 Protocollo di valutazione Intercultura ressante comprendere se tali categorizzazioni siano applicabili anche ai gradi di educazione successivi a quelli della scuola e dell’università. Figura 1. Processo di internazionalizzazione dell’educazione In conclusione, poiché «national education systems are […] tangling with how best to ‘internationalise’ the school level experience of their youth» (Hayden, 2011, p. 12), è auspicabile che nell’ambito della ricerca sull’internazionalizzazione dell’educazione venga posta attenzione anche al contesto scolastico. In questo modo si colmerebbe un vuoto di ricerca (Baiutti, 2017, 2018a) – ovverosia quello connesso all’internazionalizzazione della scuola8 – e si fornirebbe nuova linfa concettuale ed empirica al dibattito contemporaneo e futuro connesso all’internazionalizzazione dell’educazione. 1.1. Rischi e domande aperte Nell’ambito dell’internazionalizzazione dell’educazione è in atto una profonda riflessione su quali siano i rischi e le conseguenze negative ad essa collegati. All’interno dell’internazionalizzazione dell’università, uno di essi è la commercializzazione dell’educazione (ad es., Brandenburg & De Wit, 2011; Hudzik, 2015; IAU, 2012; Kim, 2009; Knight, 2012). Secondo questa prospettiva lo sviluppo 8 Si desidera esplicitare che in questo volume con l’espressione ‘internazionalizzazione della scuola’ non ci si riferisce esclusivamente, come tradizionalmente è stato fatto (Yemini, 2012), alle scuole internazionali (ad es., Bates, 2010; Hayden, 2006, 2011; Hayden & Thompson, 2008; Lauder, 2015), al Baccellierato Internazionale (ad es., Bunnell, 2008, 2016), alle elite schools (ad es., Lee & Wright, 2015; Rizvi, 2017) o alle scuole europee (ad es., Gray, Scott, & Mehisto, 2018), ma si considera tutte le tipologie e gradi di scuole. La mobilità studentesca 29 dell’internazionalizzazione nelle università è spiegabile all’interno di un’agenda economica neoliberista che si allinea all’idea di «academic ‘marketplace’» (Kim, 2009, p. 397). In questo caso vengono messi al centro gli outputs, ovverosia i risultati quantitativi, come ad esempio il numero di studenti internazionali che si riesce a reclutare, alle volte anche con pratiche di dubbia eticità (IAU, 2012), invece che gli obiettivi educativi raggiunti (outcomes). Altri rischi sono l’omologazione a un unico modello di educazione (Hudzik, 2015; Knight, 2012); l’acritica adozione in contesti diversi di ‘buone pratiche’ o presunte tali; il neo-colonialismo mediante, ad esempio, la crescita di filiali universitarie in altri Paesi (branchcampus)9 (Hudzik, 2015; IAU, 2012); l’asimmetria delle relazioni di potere fra le istituzioni (IAU, 2012). Preso atto di ciò, l’International Association of Universities (IAU, 2012) afferma che: «as higher education has in some respects become a global ‘industry’, so has internationalization of higher education become, in some quarters, a competition in which commercial and other interests sometimes overshadow higher education’s fundamental academic mission and values» (p. 3). Sulla stessa lunghezza d’onda, Knight (2012) nota che c’è stato un passaggio da un’internazionalizzazione che si basava sulla cooperazione e lo scambio a una che sembra maggiormente guidata da competizione, interessi individuali ed economici, e logiche di potere come i ranking mondiali. Alcuni di questi rischi e conseguenze negative dell’internazionalizzazione dell’università sono rintracciabili anche a livello scolastico. Ad esempio, l’idea che dietro alla ‘retorica dell’internazionalizzazione’ (Rizvi, 2017) vi siano logiche economiche, soprattutto per quanto concerne la mobilità studentesca, è evidente. Questa affermazione si basa sul fatto che negli ultimi anni in Italia si sono diffuse agenzie commerciali che vendono pacchetti di esperienze scolastiche, linguistiche o di alternanza scuola lavoro all’estero che spesso non prevedono un’adeguata selezione degli studenti che si basi sulla loro maturità, non prevedono una formazione prima, durante e dopo l’esperienza, né altri aspetti che rendono un programma di mobilità un progetto educativo. In questo modo, tali agenzie, oltre ad offrire programmi di dubbia qualità10, riducono la mobilità studentesca a un bene di consumo o a un «educational tourism» (Twombly, SaPer approfondire questo fenomeno si veda Knight (2014). Per i parametri della qualità della mobilità si veda la Carta europea di qualità per la mobilità (UE, 2006b). 9 10 30 Protocollo di valutazione Intercultura lisbury, Tumanut, & Klute, 2012, p. 24). Una delle idee sottese a questa logica è che, come un turista può comprarsi un souvenir, uno studente possa comprarsi la competenza interculturale e linguistica semplicemente partecipando a un soggiorno di studio all’estero. Questo approccio snatura il concetto proprio di mobilità studentesca, che nasce come un progetto squisitamente educativo (si veda § 2.2.2 in questo capitolo) e con nobili valori (Chinzari & Ruffino, 2014), svilendolo a prodotto commerciale. Va notato, inoltre, che i processi di internazionalizzazione dell’educazione non sono neutri e pertanto la loro «dark side» (Hudzik, 2015, p. 10) implica un dilemma pedagogico e valoriale: quali sono i valori che dovrebbero (o devono) guidare l’internazionalizzazione dell’educazione? Questo interrogativo dovrebbe obbligare tutti a ripensare l’internazionalizzazione (de Wit, 2012; Egron-Polak & Hudson, 2014); de Wit e Brandeburg (cit. in de Wit, 2012) sollecitano a un riorientamento [dell’internazionalizzazione] verso i risultati e gli influssi, lontano da un approccio basato meramente sul rapporto di causa ed effetto. Anziché perdersi in considerazioni volte esclusivamente a enfatizzare il numero di studenti che vanno all’estero e l’accoglienza degli studenti internazionali che pagano la retta, o il numero di corsi di inglese e l’astratta dichiarazione di trasformare gli studenti in cittadini del mondo, desideriamo concentrarci sui risultati dell’apprendimento (p. 6). Questa esortazione, sebbene con i dovuti adattamenti, dovrebbe guidare anche la riflessione sull’internazionalizzazione della scuola. Ad esempio, non è difficile leggere nei Piani Triennali dell’Offerta Formativa (PTOF) delle scuole una voce dedicata alla promozione della mobilità studentesca internazionale; nel Rapporto di Autovalutazione (RAV) tale voce si traduce tendenzialmente nel numero di studenti che hanno partecipato a un programma all’estero, ma nessuna o assai scarsa attenzione viene dedicata a perfezionare nel proprio istituto un adeguato protocollo di valutazione della competenza interculturale acquisita dagli studenti coinvolti. Con questa affermazione non si vuole sostenere che i numeri non siano importanti, ma che essi sono solo parte, e neanche la più importante, dell’internazionalizzazione della scuola. Sulla base di queste e di altre riflessioni, il presente volume cerca di porre attenzione agli obiettivi educativi attesi della mobilità studentesca internazionale individuale offrendo uno strumento che consenta di valutare la competenza interculturale basandosi su evidenze. Per fare ciò, però, è cruciale comprendere e problematizzare il fenomeno in quanto tale. La mobilità studentesca 31 2. Comprendere la mobilità studentesca internazionale Come precedentemente argomentato, la mobilità internazionale è uno dei tasselli del mosaico dell’internazionalizzazione all’estero. Sebbene nel contesto scolastico possa interessare diversi attori (ad es., insegnanti, personale), in questa sede si analizza esclusivamente la mobilità degli studenti, essendo questo il target della ricerca del presente volume (si veda Figura 2). Figura 2. Mobilità studentesca all’interno del processo di internazionalizzazione della scuola 2.1. Cenni storici È possibile far risalire i primi programmi estivi di mobilità internazionale di giovani adolescenti agli anni Trenta del secolo scorso11. Tuttavia, sarà solo a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che la mobilità studentesca scolastica inizierà a diffondersi. Di seguito si riportano le tappe più importanti dello sviluppo di questo fenomeno seguendo la ricostruzione storica di Ruffino (1981a, 2006, 2012)12. A livello governativo, nel 1948 la Gran Bretagna inaugura il Central Bureau for Educational Visits and Exchanges, ovverosia un centro https://www.experiment.org/about-the-experiment/history-mission/ Per una ricostruzione storica connessa all’internazionalizzazzione della scuola si veda Dolby e Rahman (2008) e Sylvester (2015). 11 12 32 Protocollo di valutazione Intercultura per i viaggi d’istruzione e gli scambi culturali; nel 1963 la Francia e la Germania istituiscono l’Ufficio Franco-tedesco della Gioventù; nel 1983 durante il vertice del G7 di Williamsburg viene istituito un programma di scambio giovanile che coinvolge la Francia, la Germania, l’Italia, la Gran Bretagna, il Giappone, il Canada e gli Stati Uniti (Ruffino, 2006, 2012). A livello locale vengono promossi alcuni scambi educativi in particolare con progetti bilaterali e multilaterali (Ruffino, 2006, 2012). A livello di organizzazioni intergovernative, diverse sono le azioni da menzionare. Nel 1951 l’UNESCO istituisce un programma di finanziamenti per viaggi giovanili e scolastici denominato Travel and Grants Scheme for Youth and Student Leaders. Nel 1953 nasce il Sistema di Scuole Associate all’UNESCO per promuovere la comprensione internazionale e la mobilità di persone e di programmi. Nel 1987 l’UNESCO e Intercultura organizzano a Roma l’incontro mondiale sugli scambi giovanili alla presenza di rappresentanti di governi e organizzazioni non governative (Ruffino, 2006, 2012; UNESCO, 1987). Per quanto concerne l’Unione europea, essa è un importante attore sia nella promozione che nella facilitazione dei programmi di mobilità giovanile. Degno di nota è il programma Comenius che all’interno del Lifelong Learning Programme prevedeva la mobilità di alunni, futuri insegnanti e personale docente, partenariati, progetti e reti multilaterali e iniziative come l’e-Twinning. Questo programma, che riguardava tutti i gradi di scuole, ha de facto contribuito all’internazionalizzazione della scuola (Gordon, 2001; Yemini, 2017). Oggi, il programma Comenius è stato incorporato nel più ampio progetto Erasmus Plus. Anche il Consiglio d’Europa ha svolto un ruolo decisivo nella promozione della mobilità studentesca. Solo per ricordare un esempio si può citare il progetto pilota ESSSE (European Secondary School Student Exchange) che si è svolto fra il 1997 e il 2001 (Ruffino, 2012). Inizialmente, la motivazione alla base della mobilità giovanile era principalmente quella di acquisire competenze linguistiche e la tipologia di programmi più diffusa era quella di gruppo (Ruffino, 2006, 2012). I programmi di mobilità studentesca internazionale individuale, oggetto di questo volume, vennero principalmente ideati da alcune organizzazioni non governative quali AFS Intercultural Programs, EFIL (European Federation for Intercultural Learning), Experiment in International Living, Youth for Understanding, Rotary International e International Christian Youth Exchange (Ruffino, 2006, 2012). Successivamente, nel 1983, al vertice del G7 di Williamsburg nacquero anche delle agenzie commerciali con lo scopo di organizzare La mobilità studentesca 33 programmi di mobilità studentesca in particolare in Paesi anglofoni (Ruffino, 2006, 2012). La mobilità studentesca ha continuato a diffondersi e oggi è un fenomeno sempre più complesso da diversi punti di vista. Nel prossimo paragrafo si cerca di definire e problematizzare tale fenomeno all’interno della scuola secondaria di II grado. 2.2. Definire e problematizzare la mobilità studentesca internazionale Oggi, viaggiare è un’esperienza che fa parte della vita di molti giovani. Tuttavia, la mobilità studentesca è una tipologia di viaggio che ha caratteristiche specifiche. In letteratura (ad es., Almeida, in corso di pubblicazione; Forum on Education Abroad, 2011) è possibile rintracciare alcune definizioni di mobilità studentesca che riguardano però, principalmente, l’ambito universitario. In questo volume, la mobilità studentesca internazionale della scuola secondaria di II grado è intesa come un insieme di programmi educativi che prevedono la mobilità fisica internazionale temporanea di uno o più studenti. Questa definizione considera alcuni degli aspetti costitutivi della mobilità studentesca13 e di seguito se ne prendono in considerazione i principali. 2.2.1. Variabili dei programmi Il primo elemento che la definizione mette in luce è che la mobilità studentesca corrisponde a un insieme di programmi educativi in quanto l’etichetta ‘mobilità studentesca internazionale’ ne contiene diverse tipologie. Nel 1987, durante il Meeting of Governmental and Non Governmental Officials Responsible for Programmes of Youth Exchange (UNESCO, 1987) sono stati individuati quattro approcci per analizzare la varietà dei programmi offerti: (i) la modalità dello scambio (ad es., scambi scolastici, scambi universitari, scambi linguistici, gemellaggi, scambi fra organizzazioni religiose), (ii) i tipi di programmi (ad es., individuali, di gruppo), (iii) gli organizzatori dei programmi (ad es., organizzazioni non governative, organizzazioni governative, organizzazioni regionali); (iv) la lunghezza dello scambio (ad es., settimanale, mensile, trimestrale, semestrale, annuale). Basandosi su questi e altri approcci, come quelli sviluppati nella 13 Nel presente volume, quando si usa l’espressione ‘mobilità studentesca’ si fa sempre e solo riferimento alla ‘mobilità studentesca internazionale’. Pertanto, non ci si riferisce ad altri aspetti, come ad esempio la dispersione scolastica o il cambiamento di istituto, che alle volte vengono indicati con la medesima dicitura. 34 Protocollo di valutazione Intercultura letteratura concernente la mobilità studentesca universitaria (ad es., Almeida, in corso di pubblicazione; Engle & Engle, 2003; Forum on Education Abroad, 2011), si propone di seguito una possibile categorizzazione per agevolare la comprensione dei programmi di mobilità studentesca nella scuola secondaria di II grado: – Lunghezza del programma. Questa categoria prevede diverse tipologie di programmi che possono essere denominate (i) specificando il tempo, ad esempio ‘programma bimestrale’, ‘programma semestrale’, ‘programma annuale’, oppure (ii) mediante la lunghezza della durata, ovverosia ‘programma di breve termine’, ‘programma di lungo termine’14 (e affini come ‘soggiorno breve’, ‘soggiorno lungo’). Nel primo caso è opportuno specificare che l’aggettivazione non corrisponde esattamente al tempo indicato: ad esempio il ‘programma trimestrale’ presuppone che lo studente stia all’estero indicativamente tre mesi ma non necessariamente tre mesi. Inoltre, quando si parla di ‘programma annuale’ o ‘semestrale’ tendenzialmente si fa riferimento al calendario scolastico e non al calendario solare. Per quanto riguarda la seconda modalità, è attualmente arbitrario cosa si debba intendere con ‘breve’ e con ‘lungo’ termine15. In ogni caso, la mobilità studentesca nella scuola secondaria di II grado è sempre temporanea (non superiore a un anno), così come sottolineato dalla definizione proposta. – Programma individuale vs programma di gruppo16. Come indicato dalla denominazione i programmi individuali sono quelli che prevedono la mobilità di un singolo studente. I programmi di gruppo, invece, sono quelli che prevedono la presenza di più di un alunno e possono essere suddivisi in almeno tre gruppi: (i) programmi di classe (tutta la classe oppure parte della classe), (ii) programmi in cui il gruppo è interclasse, ovverosia composto da studenti di classi diversi, ma dello stesso istituto oppure (iii) studenti di diversi istituti. Essi possono prevedere una reciprocità (ad esempio il gemellaggio) oppure no. – Programma scolastico vs programma linguistico. Il programma scolastico prevede che lo studente o gli studenti frequentino una 14 Sebbene più rara, alle volte viene usata anche l’espressione ‘programma di medio termine’. 15 Tale discrezionalità è sottolineata anche da Almeida (in corso di pubblicazione) per la dimensione universitaria. 16 Questo aspetto è enfatizzato nella definizione proposta quando si afferma che la mobilità studentesca è la mobilità di uno o più studenti. La mobilità studentesca 35 scuola del Paese ospitante, mentre un programma linguistico prevede che lo studente o gli studenti frequentino un corso di lingua all’estero. Va sottolineato che un programma scolastico spesso prevede dei corsi linguistici, formali o informali, per gli studenti. – Alloggio. Tendenzialmente gli studenti possono essere ospitati da una famiglia che abita nel Paese ospitante oppure in un campus (o simili). È bene sottolineare che con ‘famiglia’ in questo contesto ci si riferisce alla vasta gamma che questo termine può indicare come, ad esempio, famiglia monoparentale, famiglia allargata, famiglia omogenitoriale. – Modalità organizzativa. La mobilità studentesca può essere organizzata (i) a titolo privato dalla famiglia dello studente, (ii) mediante un’associazione senza fine di lucro, (iii) mediante un’agenzia commerciale, (iv) direttamente dalla scuola. A queste si affiancano tutte le proposte dei programmi promossi da organismi come l’Unione europea: si pensi, ad esempio, ai programmi dell’Erasmus Plus. Questo elenco di variabili non ha la pretesa di essere esaustivo17, ma desidera essere un contributo a dirimere la complessità del fenomeno analizzato in questo volume. È opportuno sottolineare che le categorie elencate hanno una natura analitica e descrittiva (Twombly et al., 2012), pertanto, se usate singolarmente, non indicano accuratamente l’interezza di un programma. In altre parole, quando si dice che uno studente ‘partecipa a un programma trimestrale’ si sta specificando uno soltanto degli aspetti del programma: non si sa, ad esempio, se lo studente vive in famiglia o in campus, se frequenta una scuola o solo un corso di lingua, se è da solo o con altri compagni. Per tale motivo sarebbe più opportuno combinare le diverse variabili dei programmi poiché, sebbene l’operazione possa risultare più macchinosa, consentirebbe una maggiore precisione. 2.2.2. Valore educativo della mobilità studentesca Un’altra caratteristica cruciale che la definizione mette in luce è che la mobilità studentesca è da concettualizzare come un programma che ha un valore educativo. 17 Vi sono anche altre variabili, afferenti maggiormente alla sfera della qualità del programma, come ad esempio la selezione degli studenti in base alla loro maturità, la presenza di percorsi di formazione prima, durante e dopo l’esperienza, che per motivi di spazio non sono state prese in considerazione in questa categorizzazione. 36 Protocollo di valutazione Intercultura Gli studenti che scelgono18 di partecipare a un programma di mobilità studentesca si muovono fisicamente da un Paese a un altro (per questo nella definizione si parla di mobilità fisica19 internazionale) trovandosi immersi in una realtà – non simulata – che li mette nelle condizioni di vivere in uno status quotidiano di minoranza20 (Ruffino, 2017) dove nulla, o quasi, è familiare: «habitual ways of thinking, feeling, and behaving do not function as expected in the host culture» (Savicki, 2008, p. 74). Gli studenti escono intenzionalmente dalla propria comfort zone e si espongono a vivere un’esperienza diretta di alterità (Baiutti & Paolone, 2018), «si inseriscono […] in una società diversa non come turisti o residenti temporanei, ma come ‘figli adottativi’ che si immergono entro le due istituzioni fondamentali di ogni società moderna: la famiglia e la scuola» (Granata, 2018, p. 152). Questa esperienza coinvolge lo studente nella sua totalità, ovverosia nelle sue risorse cognitive, affettive, emotive, relazionali. Pertanto, se l’‘educazione’ è intesa come l’«azione che favorisce lo sviluppo integrale del soggettopersona, dal punto di vista fisico, corporeo, motorio e sensoriale, intellettuale, sociale, morale e affettivo-emotivo, verso la piena coscienza di sé e il pieno dominio di sé, e verso la rispondenza reciproca alle esigenze della comunicazione e cooperazione sociale, nella partecipazione ai valori» (Albarea, 2014, p. 9; si veda anche Laeng, 1989) allora è affermabile che la mobilità studentesca è a tutti gli effetti un progetto educativo. All’interno della riflessione pedagogica, la mobilità studentesca rientra principalmente nell’educazione esperienziale, affettiva, trasformativa (Passarelli & Kolb, 2012; Savicki, 2008) e quella internazionale (Deardorff, de Wit, Heyl, & Adams, 2012). La sua cifra pedagogica è il «learning by doing» (Visalberghi, 1995, cit. in Chinzari & Ruffino, 2014; Hansel & Grove, 1985). Secondo il glossario del Forum on Education Abroad (2011) 18 La mobilità studentesca così come è intesa in questo volume è il frutto di una scelta dello studente e della famiglia. Pertanto, questo tipo di mobilità non va confusa con la mobilità di studenti i quali sono costretti, per vari motivi (ad es., climatici, di sicurezza, economici), ad abbandonare il proprio Paese d’origine. 19 In questa volume si prende in considerazione solo la mobilità che prevede un movimento fisico. Tuttavia, preso atto dello sviluppo delle tecnologie, recentemene si è iniziato a parlare anche di ‘mobilità virtuale’. Per una prospettiva critica sul rapporto tecnologie e mobilità studentesca si veda Fondazione Intercultura (2013). 20 Questo è vero soprattutto per i programmi individuali. Nel caso dei programmi di gruppo, questa sensazione è meno percepita in quanto si è in un altro Paese ma, tendenzialmente, assieme a compagni di classe e insegnanti del proprio Paese. La mobilità studentesca 37 this term [learning by doing], which traces its origins to the works of John Dewey, encompasses a vast array of approaches to learning inside and outside the classroom that complement more conventional instruction. Methods may include research, field trips or seminars, laboratory work, fieldwork or observation, as well as immersion in workplace settings, such as internships, volunteering, teaching, and paid jobs. Giving structure to the learning experience through observation, reflection and analysis is often seen as an essential element of experiential education (p. 17). Il progetto educativo della mobilità studentesca incrocia fra loro almeno quattro aspetti21: quello internazionale, quello interculturale, quello linguistico e quello disciplinare 22. Da un punto di vista di obiettivi educativi, infatti, gli studenti che partecipano a un programma scolastico all’estero non si limitano ad apprendere competenze disciplinari e linguistiche, sebbene queste siano ampiamente apprezzabili; rifacendosi alle parole di Delors (1996, tr. it. 1997), si potrebbe dire che un programma di mobilità studentesca internazionale consente di «imparare a conoscere, cioè acquisire gli strumenti della comprensione; imparare a fare, in modo tale da essere capaci di agire creativamente nel proprio ambiente; imparare a vivere insieme, in modo da partecipare e collaborare con gli altri in tutte le attività umane; imparare ad essere, un progresso essenziale, che deriva dai tre precedenti»23 (p. 79). In questo volume questi obiettivi educativi vengono sintetizzati nel termine ‘competenza interculturale’ oggetto del secondo capitolo. 2.2.3. Preconcetti e miti attorno alla mobilità studentesca A causa di una certa retorica (Rizvi, 2017) attorno alla mobilità studentesca internazionale si sono sviluppati diversi preconcetti e miti, alcuni dei quali sono presi in considerazione di seguito. Uno dei preconcetti più diffusi è l’idea che vi sia un rapporto di causa-effetto fra l’andare all’estero e lo sviluppo della competenza 21 I quattro aspetti sono presenti solo nel caso lo studente frequenti un programma scolastico. Se l’alunno partecipa a un programma linguistico l’aspetto disciplinare non è presente, almeno che la lingua studiata non sia una lingua curricolare nella scuola frequentata in Italia. 22 È discutibile se l’aspetto linguistico sia contenuto all’interno di quello disciplinare. Tuttavia, in questa sede, si è deciso di separarli per almeno un motivo: le lingue imparate dagli studenti spesso possono non essere curricolari nella scuola italiana (si pensi ad esempio all’islandese). 23 Enfasi nel testo. 38 Protocollo di valutazione Intercultura interculturale24. Tuttavia, l’essere in un altro Paese comporta semplicemente una prossimità fisica, l’abitare una soglia25, ma non corrisponde automaticamente al suo attraversamento, cioè all’andare incontro all’alterità con i suoi possibili rischi, all’interazione, all’incontro interculturale, al mettersi in gioco, al porsi domande sull’ovvio (Baiutti, 2017), al raggiungimento degli obiettivi educativi attesi. La messa in discussione di tale preconcetto (Twombly et al., 2012; Vande Berg, Paige, & Hemming Lou, 2012a) implica la necessità di predisporre pratiche di sostegno e accompagnamento dello studente che partecipa a un programma di mobilità studentesca nel suo processo di apprendimento interculturale. Allo stesso tempo risulta molto importante valutare gli obiettivi attesi perché «the beneficial effects of study abroad participation on intercultural competence and other proclaimed outcomes, while generally positive, are less clear in some cases may be more a popular narrative than an empirically grounded claim» (Twombly et al., 2012, p. 67). Il Protocollo Intercultura cerca di combinare queste due esigenze in quanto, oltre ad essere uno strumento valutativo, consente l’accompagnamento e la valorizzazione dello studente in quanto esso stesso è strumento educativo (Baiutti & Paolone, 2018). Un mito della mobilità studentesca è che essa corrisponda a una vacanza o a un’attività ludica svolta all’estero. Come si è già visto e argomentato, la mobilità studentesca, se adeguatamente organizzata, è un vero e proprio progetto educativo che coinvolge l’alunno nella sua globalità. Inoltre, dalla narrazione degli stessi studenti (ad es., Baiutti, 2017, 2018a, in corso di pubblicazione; Bandinu, 2012; Granata, 2015, 2018; Roverselli & Paolone, 2013; Sclavi, 2009) si evince che questa esperienza non è sempre gradevole: alle volte è dolorosa, scomoda, passa attraverso lo shock culturale (Paolone, 2010, 2013), richiede un grande sforzo di adattamento e resilienza. Un altro mito da sfatare è quello secondo il quale a partire siano solo i figli di famiglie benestanti: nel caso dell’associazione Intercultura, grazie alla presenza di borse di studio26 la selezione viene fatta in base alla motivazione, alla maturità e al merito. Così intesa, 24 Questa idea si fondava principalmente sull’ipotesi del contatto legata agli studi sulla natura del pregiudizio di Godon Allport (Twombly et al., 2012). 25 L’espressione ‘abitare una soglia’ richiama alcune suggestioni filosofiche proposte da Rovatti (2007). 26 Nel 2018 gli studenti partiti con un programma scolastico organizzato dall’associazione Intercultura erano 2225 di cui 1700 (76,4%) hanna beneficiato di una borsa di studio parziale o totale (https://www.intercultura.it/). La mobilità studentesca 39 la selezione è cruciale perché se gli studenti non sono sufficientemente preparati a gestire lo shock culturale vi è la possibilità che l’esperienza non consegua gli obiettivi educativi attesi. Il rischio che vi sia un’esclusione per motivi economici, tuttavia, è reale: come si è già discusso, si sta assistendo a una crescita di agenzie commerciali che, non prevedendo significative borse di studio, escludono i figli delle famiglie che non hanno i mezzi per finanziare una tale esperienza. 2.3. Ricerche Ricerche nell’ambito della mobilità studentesca a livello scolastico sono rintracciabili già a partire dagli anni Ottanta. Ad esempio, lo studio di Ruffino (1981b) analizza quindici casi di scambi giovanili europei evidenziando aspetti, come quelli storici, che rappresentano un bagaglio imprescindibile per comprendere la mobilità studentesca contemporanea. Un altro studio è quello condotto da Grove (1984) sulle famiglie che ospitano uno studente che partecipa a un programma di 10 mesi organizzato da AFS. I risultati indicano che alcuni dei fattori che influiscono maggiormente nella buona riuscita dell’esperienza familiare sono: la relazione con i fratelli ospitanti, il desiderio dello studente ospitato di partecipare alle attività di famiglia, il non telefonare troppo frequentemente a casa. Altri studi significativi sono quelli condotti da Hansel e Grove (1985, 1986) e da Hansel (1988) che documentano il miglioramento in alcune caratteristiche personali, come la consapevolezza internazionale e il pensiero critico, degli studenti che hanno partecipato a un programma di studio all’estero con AFS rispetto a coloro che non vi hanno partecipato. Tuttavia, è solo negli ultimi anni, grazie in particolare alla Fondazione Intercultura, che la mobilità studentesca internazionale a livello scolastico è stata oggetto di diverse ricerche scientifiche, sebbene ancora in numero decisamente inferiore rispetto al livello universitario. In letteratura sono rintracciabili varie piste di analisi (si veda Tabella 1). 40 Protocollo di valutazione Intercultura Tabella 1. Piste di ricerca sulla mobilità studentesca internazionale nella scuola Piste di ricerca Argomenti Scuola Atteggiamento scuola Atteggiamento scuola ospitante Apprendimenti Apprendimenti trasversali e interculturali Valutazione degli apprendimenti interculturali Impatto a lungo termine Famiglia Adattamento e identità Famiglia ospitante Famiglia inviante Adattamento, stress e resilienza Identità Narrazione Narrazione dell’esperienza all’estero Stime Stime degli studenti che partecipano a programmi di mobilità studentesca Alcuni studi - Osservatorio (indagine del 2009, 2010, 2011, 2012) - Palomba, Paolone, Roverselli, Niceforo e Cappa (2010) - Fornasari e Schino (2018) - Fornasari, Schino e Spotti (2010) - Hattingh, Kettle e Brownlee (2017) - Hansel e Grove (1985) - Hammer (2005) - Roverselli e Paolone (2012, 2013) - Fornasari et al. (2010) - Baiutti (2014/2015, 2016, 2017, 2018a, 2018b) - Baiutti (2017, 2018a) - Baiutti e Paolone (2018) - Hansel e Chen (2008) - Hansel (2008) - Osservatorio (indagine del 2016) - Castiglioni (2012) - Falcon Campos (2018) - Geeraert (2012) - Geeraert e Demoulin (2013) - Geeraert e Demoulin (2013) - Greischel, Noack e Neyer (2018) - Sclavi (2009) - Bandinu (2012) - Granata (2015) - Osservatorio (indagini del 2009, 2011, 2014, 2016) La mobilità studentesca 41 Una pista è quella che indaga l’atteggiamento della scuola nei confronti della mobilità studentesca. A questo gruppo appartiene la ricerca curata da Palomba, Paolone, Roverselli, Niceforo e Cappa (2010) che si focalizza sul ruolo e sull’atteggiamento dei docenti delle scuole secondaria di II grado rispetto alla mobilità studentesca di lunga durata. Tra i principali risultati di questa ricerca vi è l’idea che l’atteggiamento degli insegnanti sia influenzato dalle caratteristiche personali e dalla ‘cultura’ di ogni singolo istituto. Inoltre, emerge anche il fatto che l’eventuale atteggiamento diffidente di alcuni docenti dipenderebbe, fra varie cause, anche da un prolungato esercizio della professione. Questo studio trova seguiti nella ricerca di Fornasari e Schino (2018) che esplora dettagliatamente le motivazioni, gli atteggiamenti, i comportamenti e i vissuti di Dirigenti scolastici e docenti rispetto ai programmi di mobilità studentesca offerti dall’associazione Intercultura. Fra i diversi risultati che emergono dallo studio, uno, particolarmente significativo per questo volume, è che i docenti dichiarano di voler avere degli indicatori e dei modelli per valutare la competenza interculturale, nonché essere adeguatamente formati su di essi in quanto, attualmente, per valutare gli studenti rientrati da un programma all’estero continuano a utilizzare un approccio docimologico tradizionale che percepiscono come insufficiente e inadeguato. A questa pista appartengono anche le ricerche connesse all’atteggiamento messo in atto dalla scuola ospitante. In questa categoria si inserisce lo studio a cura di Fornasari, Schino e Spotti (2010) che esplora le opportunità e le buone pratiche rispetto alla presenza di alunni di Intercultura nelle scuole dell’Emilia Romagna e della Puglia. In generale è emerso che la presenza di alunni stranieri di Intercultura ha effetti positivi sugli studenti internazionali stessi, sul gruppo classe e, più in generale, sulla scuola. Un’altra ricerca che appartiene a questa categoria è quella di Hattingh, Kettle e Brownlee (2017) che analizza la prospettiva degli insegnanti nell’accoglienza e nella ‘gestione’ degli studenti internazionali in una scuola secondaria australiana. Dall’analisi dei dati emerge, fra gli altri, che i docenti non si sentono preparati ad accogliere tali studenti. Una seconda pista è quella che si focalizza sugli apprendimenti degli studenti che partecipano a un programma di mobilità studentesca e la loro valutazione. Questa pista include la ricerca di Hammer (2005) che ha coinvolto circa 2100 studenti frequentanti scuole secondarie di II grado in nove Paesi di cui 1500 avevano partecipato a un programma annuale con AFS mentre i restanti 600 erano il 42 Protocollo di valutazione Intercultura gruppo di controllo. Oltre agli studenti, nella ricerca sono state coinvolte anche le famiglie di provenienza e le famiglie ospitanti. Complessivamente i risultati dello studio evidenziano che i programmi all’estero producono un effetto positivo, come quello di aumentare il livello di competenza interculturale, e che tale effetto permane anche dopo il rientro a casa. Appartiene a questa pista anche lo studio a cura di Roverselli e Paolone (2012, 2013) che rilegge le acquisizioni degli studenti che partecipano a un periodo di studio all’estero nella prospettiva delle competenze chiave europee. Questa pubblicazione trova uno sviluppo nella ricerca di Baiutti (2017, 2018a) che esplora una competenza trasversale specifica: la competenza interculturale. In particolare, lo studio di Baiutti ha individuato alcuni indicatori della competenza interculturale utili, all’interno della cornice formale della scuola, per valutare e valorizzare gli studenti al loro rientro. Il presente studio, Protocollo di valutazione Intercultura, è la naturale prosecuzione della precedente ricerca. Sempre in questa categoria si possono inserire le ricerche connesse all’impatto di lunga durata che un periodo all’estero ha sui partecipanti. A questo gruppo appartengono gli studi condotti da Hansel e Chen (2008) e da Hansel (2008) in cui viene svolta una comparazione fra studenti che sono andati all’estero con un programma di AFS e un gruppo di controllo composto da pari che non vi hanno partecipato, a venticinque anni di distanza dall’esperienza stessa. Da tali studi emerge che, a differenza dei loro coetanei, gli studenti che in passato hanno partecipato a un progetto di mobilità studentesca parlano fluentemente almeno un’altra lingua, tendono ad avere più facilmente amicizie interculturali, non sono ansiosi in ambienti internazionali e cercano dei lavori che implichino contatti con altri contesti culturali. Inoltre, incoraggiano i propri figli a interagire con persone aventi background culturali diversi e a partecipare a progetti di mobilità poiché sono convinti che l’incontro con altre culture sia un valore aggiunto. Un’altra pista si concentra sulle famiglie, sia ospitanti che invianti, che rappresentano un altro attore della mobilità studentesca. Una ricerca di questo gruppo è quella svolta da Castiglioni (2012) che investiga l’apprendimento interculturale delle famiglie ospitanti. Un altro studio è quello di Falcon Campos (2018) che indaga l’esperienza all’estero dal punto di vista delle famiglie invianti. La ricerca coinvolge 26 genitori e ciò che emerge è che la mobilità studentesca dei figli comporta un beneficio a diversi livelli: per loro, per l’intera famiglia, ma anche per la comunità. Tuttavia, lo studio rileva anche La mobilità studentesca 43 alcune criticità prima, durante e dopo l’esperienza, come ad esempio la poca comunicazione con i figli, e sistematizza le modalità con cui i genitori cercano di gestirle. Un’altra pista è quella connessa all’adattamento e allo sviluppo dell’identità. Un contributo significativo in questo senso è la ricerca longitudinale di Geeraert e Demoulin (2013) che si focalizza sullo stress connesso al periodo di adattamento di un gruppo di studenti belgi che hanno partecipato a un programma annuale di AFS nell’anno scolastico 2010/2011. Dai dati emerge che, mentre sono all’estero, gli studenti di AFS riportano un livello di stress più basso rispetto al periodo antecedente alla partenza. Questo risultato trova probabilmente giustificazione nella crescita personale e nella resilienza dello studente. Allo stesso tempo, emerge un graduale aumento dell’autostima dei partecipanti al programma annuale rispetto al gruppo di controllo. Questa ricerca è parte di uno studio più ampio (Geeraert, 2012) che ha coinvolto 2478 studenti di 46 Paesi iscritti a un programma annuale offerto da AFS e un gruppo di controllo composto da 578 pari. Il gruppo di ricerca ha preso in considerazione diversi aspetti della mobilità studentesca come, ad esempio, la motivazione, l’influenza sull’identità, l’apprendimento della lingua, lo sviluppo di competenza interculturale, le strategie di adattamento. Specificatamente sullo sviluppo dell’identità si focalizza lo studio di Greischel et al. (2018) che ha preso in considerazione 457 studenti quindicenni tedeschi che hanno partecipato a uno scambio e un gruppo di controllo di 284 studenti: la ricerca investiga le condizioni e le conseguenze in termini di sviluppo di identità negli adolescenti che partecipano a un soggiorno all’estero. Un’altra pista è quella che si focalizza sulle narrazioni dell’esperienza, sebbene questa possa essere considerata più una metodologia di ricerca piuttosto che una vera e propria pista di analisi. Appartiene a questo gruppo lo studio condotto da Bandinu (2012) il quale, mediante la strategia del racconto in profondità e di questionari, esplora l’intero percorso di un’esperienza di studio all’estero di 18 studenti sardi. Uno dei dati interessanti per questo volume è l’analisi del reinserimento nella scuola d’origine spesso caratterizzato da difficoltà, in particolare rispetto alle pratiche di valutazione e di riallineamento. Sempre in questa categoria rientra la ricerca di Granata (2015) che indaga le storie di ragazzi che hanno vissuto un anno all’estero con Intercultura, ragazzi di origine straniera che crescono all’interno di famiglie immigrate e ragazzi che crescono in famiglie italiane in un contesto di pluralismo quotidiano. Fra i vari dati che 44 Protocollo di valutazione Intercultura emergono, particolarmente interessante per questo volume è il fatto che per i ragazzi di Intercultura la rete di amicizie che costruiscono all’estero è un’eredità importante che rimane a un livello quasi di intimità anche dopo l’esperienza. A queste ricerche vanno affiancate le indagini statistiche che annualmente dal 2009 vengono svolte dall’Osservatorio e che hanno cittadinanza in diverse piste sopra menzionate. L’Osservatorio, che si concentra maggiormente sull’internazionalizzazione della scuola, fra le varie, stima l’andamento della mobilità studentesca in entrata e in uscita nelle scuole secondarie di II grado (si veda § 2.4 in questo capitolo). Le piste proposte e gli studi presentati non sono esaustivi della letteratura sulla mobilità studentesca, ma consentono di tracciare dei confini embrionali di un filone di ricerca: quello sulla ‘mobilità studentesca internazionale nella scuola’. Tale filone, sebbene, per ora, abbia un carattere sostanzialmente descrittivo, sta fornendo un significativo contributo nella comprensione e nella problematizzazione di questo fenomeno ancora poco esplorato. Tuttavia, preso atto del caleidoscopico mondo della mobilità studentesca, sarebbe auspicabile, così come suggerisce Almeida (in corso di pubblicazione), che si sviluppasse un fertile dialogo interdisciplinare per comprenderlo più in profondità. Oltre alle pubblicazioni, è da rilevare che è in atto una discussione aperta sui vari aspetti degli scambi giovanili. Ogni anno la Fondazione Intercultura in collaborazione con l’EFIL e AFS organizza il Forum on Intercultural Learning and Exchange27 in cui ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e professionisti da tutto il mondo si incontrano per discutere varie tematiche legate alla mobilità studentesca come la narrazione del rientro, l’esperienza della famiglia ospitante, la valutazione degli apprendimenti interculturali, il ruolo dei docenti. 2.4. Numeri della mobilità studentesca internazionale Oggi, sebbene «mobility is not a widespread phenomenon within school» (Yemini, 2012, p. 156), è in continua crescita. Secondo le stime dell’Osservatorio, infatti, nel 2016 gli studenti italiani all’estero con un programma annuale, semestrale o trimestrale individuale era27 http://www.fondazioneintercultura.org/it/Convegni/Forum-on-intercultural-learningand-exchange/ La mobilità studentesca 45 no 7400 (stima 6900-7900), nel 2014 erano 7300 (stima 6800-7800), nel 2011 erano 4700 (stima 4400-5000) e nel 2009 erano 3500 (stima 3200-3900). Questi dati mostrano che dal 2009 (anno in cui è nato l’Osservatorio) al 2016 c’è stato un aumento di studenti all’estero pari al 111%. Osservando l’andamento dei programmi annuali, oggetto del presente studio, si nota che nel 2009 la stima variava fra i 2200 e i 2500 studenti, nel 2011 erano 3300, nel 2014 erano 4100, nel 2016 erano 4200 (si veda Grafico 1). È quindi evidente che il trend di studenti che partecipano a un’esperienza di studio all’estero è in continua crescita. Grafico 1. Stima studenti italiani all’estero Da un punto di vista europeo, sebbene sia complesso avere un numero preciso, si stima che siano fra i 60000 e i 70000 gli studenti delle scuole europee fra i 15 e i 18 anni che partecipano ogni anno a un programma di mobilità studentesca internazionale (semestrale o annuale) e questo numero sembra aumentare regolarmente. Allo stesso tempo, si stima che siano più di 35000 gli studenti ospitati in Europa (Briga, 2018). A conclusione di questo paragrafo è bene sottolineare che l’Unione europea sta promuovendo la creazione di uno spazio europeo dell’istruzione entro il 2025 in cui l’apprendimento e lo studio non dovrebbero essere ostacolati dai confini nazionali (UE, 2017). Tra gli obiettivi di questa visione ve ne sono alcuni che sono strettamente collegati all’oggetto di interesse del presente volume come, ad esempio, il fatto che trascorrere un periodo all’estero per motivi di 46 Protocollo di valutazione Intercultura studio e apprendimento diventi la norma così come il conoscere due lingue oltre alla propria lingua madre28. Questo progetto di politica educativa europea permette di immaginare una crescita continua ed esponenziale della mobilità studentesca europea a livello scolastico. Diventa quindi importante comprendere la normativa che regola tale fenomeno e che è discussa nel prossimo paragrafo. 2.5. La normativa italiana ed europea29 Negli ultimi quindici anni l’atteggiamento del Ministero nei confronti della mobilità studentesca è significativamente mutato, in particolare in materia di concettualizzazione e di pratiche valutative dell’esperienza all’estero: da una valutazione focalizzata esclusivamente sugli obiettivi didattici delle singole discipline si è passati ad una valutazione globale dell’esperienza. La mobilità studentesca individuale degli studenti italiani frequentanti la scuola secondaria di II grado è disciplinata dal Regolamento dell’autonomia scolastica (MPI, 1999b)30. All’art. 14, c. 2 si legge che: le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli studi compiuti in Italia e all’estero ai fini della prosecuzione degli studi medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi internazionali. La mobilità studentesca trovò la sua prima disciplina organica nella Circolare Ministeriale n. 181 del 17 marzo 1997 (MPI, 1997) avente per oggetto la Mobilità studentesca internazionale. Questi i punti salienti della Circolare: (i) la mobilità studentesca non può superare l’anno scolastico; (ii) l’anno all’estero è legalmente riconosciuto; (iii) la riammissione dell’alunno alla classe d’origine spetta al Consiglio di classe competente; (iv) la valutazione dell’esperienza all’estero è basata sulla coerenza con gli obiettivi didattici previsti dai programhttps://ec.europa.eu/education/initiatives/european-education-area_it Questo paragrafo riprende, con qualche aggiornamento, il paragrafo ‘Dimensione normativa della mobilità studentesca internazionale individuale’ in Baiutti (2017). Si veda anche Fornasari e Schino (2018). 30 La sigla MPI indica il Ministero della Pubblica Istruzione che è confluito nel Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). 28 29 La mobilità studentesca 47 mi di insegnamento italiani. Quest’ultimo punto è stato riaffermato dalla Circolare Ministeriale n. 236 dell’8 ottobre 1999 (MPI, 1999a) avente per oggetto Mobilità studentesca internazionale ed esami di Stato dove, per «ragioni di equità e di parità di trattamento», si affermava che lo studente al rientro avrebbe dovuto essere sottoposto dal Consiglio di classe ad un accertamento sulle materie non previste nel piano degli studi compiuti all’estero. Sulla base dell’esito delle prove suddette, il Consiglio di classe formula una valutazione globale, che tiene conto anche della valutazione espressa dalla scuola estera sulle materie comuni ai due ordinamenti, che determina l’inserimento degli alunni medesimi in una delle bande di oscillazione del credito scolastico previste dalla vigente normativa (MPI, 1999a). Il Ministero, pertanto, riconosceva legalmente l’anno scolastico compiuto all’estero, ma il reinserimento dell’alunno nella classe d’origine era subordinato a una verifica relativa agli apprendimenti di quelle materie previste dai programmi italiani e non frequentate all’estero, in aggiunta al recepimento della valutazione effettuata dalla scuola ospitante. Va rilevato che la Circolare n. 236/1999 (MPI, 1999a) introduceva il concetto di «valutazione globale», senza, tuttavia, chiarirne il significato: è dubbio, infatti, se per valutazione globale si dovesse intendere una valutazione che rimanesse comunque circoscritta alle conoscenze o se, la predetta locuzione, aprisse alla possibilità di una valutazione che considerasse anche l’esperienza nella sua componente di educazione non formale e informale. A questo riguardo, un tentativo di precisazione può essere rintracciato nella comunicazione n. 2787 /R.U./U del 20 aprile 2011 (MIUR, 2011) intitolata Titoli di studio conseguiti all’estero. Il contributo chiarificatore, e allo stesso tempo innovativo, di questa comunicazione, almeno per quanto concerne la materia presa in esame, si trovava sotto il titolo V, Soggiorni di studio all’estero: dopo aver richiamato la Circolare Ministeriale 181/1997 (MPI, 1997), si affermava che «considerato il significativo valore educativo delle esperienze di studio compiute all’estero e l’arricchimento culturale della personalità dello studente che ne deriva, si invitano, pertanto, le istituzioni scolastiche a facilitare per quanto possibile, nel rispetto della normativa del settore, tale tipologia educativa» (MIUR, 2011). Il Ministero iniziava, quindi, a porre attenzione non più alle sole conoscenze formali che lo studente doveva acquisire, ma anche a quegli aspetti che riguardavano maggiormente le dimensioni dello sviluppo personale e dell’arricchimento culturale dello stesso. 48 Protocollo di valutazione Intercultura Con la Nota ministeriale n. 843 del 10 aprile 2013 (MIUR, 2013) avente per oggetto Linee di indirizzo sulla mobilità studentesca internazionale individuale, si assiste a una netta presa di posizione politica31 del Ministero rispetto all’esperienza di studio all’estero considerata come «parte integrante dei percorsi di formazione e istruzione». Nella Nota si legge che la mobilità studentesca individuale, all’interno del processo di internazionalizzazione della scuola, è «un fenomeno strutturale in progressivo aumento»: si assiste a un crescente «flusso continuo e rilevante» di giovani che «sono sempre più interessati ad acquisire e rafforzare le competenze che il crescente contesto globale richiede». Oltre a evidenziare la posizione del Ministero, la Nota rileva alcuni nodi connessi alla mobilità studentesca, ovverosia: – – – – il riconoscimento degli studi effettuati all’estero per gli studenti italiani; la comparazione delle discipline studiate per gli studenti italiani; l’ammissione all’anno successivo per gli studenti italiani; la valutazione e la certificazione delle esperienze di studio […] per gli studenti italiani […] (MIUR, 2013). Per affrontare tali criticità, i principali suggerimenti presenti nella Nota sono: – Inserire la mobilità studentesca nel Piano dell’Offerta Formativa (POF), oggi Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF). – Armonizzare all’interno del medesimo Istituto le pratiche di competenza del Consiglio di classe (come, ad esempio, le pratiche valutative). – Valorizzare le esperienze all’interno delle classi e dell’intera scuola. – Individuare figure dedicate come dei referenti o dei tutor. – Prevedere attività di informazione/formazione e orientamento così che genitori e studenti possano ricevere una corretta informazione sulle diverse opportunità. – Pensare un contratto formativo o Learning Agreement prima della partenza dell’allievo. Questo elenco non esaurisce la ricchezza della Nota, ma, per i fini che si propone il presente volume, appare conveniente porre l’attenzione su due punti in particolare: (i) la concettualizzazione dell’e31 È utile ricordare che una nota ministeriale non ha vincolo prescrittivo, come nel caso di una legge o di un decreto legge, giacché ha una dimensione meramente orientativa. Rimane, comunque, uno strumento di esplicitazione politica. La mobilità studentesca 49 sperienza all’estero e (ii) la sua valutazione. Per quanto concerne il primo punto, la Nota asserisce che: è importante essere consapevoli che partecipare ad esperienze di studio o formazione all’estero significa mettere alla prova risorse cognitive, affettive e relazionali riconfigurando valori, identità, comportamenti e apprendimenti. Essere ‘stranieri’ in una famiglia e in una scuola diverse dalle proprie contribuisce a sviluppare competenze di tipo trasversale, oltre a quelle più specifiche legate alle discipline. Imparare a leggere e a utilizzare altri codici, saper riconoscere regole e principi diversi, imparare ad orientarsi al di fuori del proprio ambiente umano e sociale utilizzando ‘le mappe’ di una cultura altra esigono un impegno che va ben oltre quello richiesto dalla frequenza di un normale anno di studio (MIUR, 2013). Le righe sopra riportate riconoscono che la mobilità studentesca non può essere considerata solo in termini di competenze disciplinari. Quest’esperienza, infatti, coinvolgendo lo studente da un punto di vista cognitivo, affettivo e relazionale, deve essere concettualizzata, e quindi valutata, nella sua unità di educazione formale, informale e non formale. Tale concettualizzazione comporta, conseguentemente, che la valutazione dello studente rientrato non può limitarsi alle competenze disciplinari, ma deve prendere in considerazione anche le competenze trasversali. Il problema che si pone – con il quale si affronta il secondo punto – è il seguente: come valutare, a fini scolastici, questo tipo di esperienza. Sulle questioni valutative, la Nota riafferma che è competenza del Consiglio di classe «riconoscere e valutare le competenze acquisite durante l’esperienza all’estero considerandola nella sua globalità e valorizzandone i punti di forza» (MIUR, 2013). Per fare ciò il Consiglio di classe acquisisce i documenti valutativi prodotti dalla scuola straniera e, qualora lo ritenga necessario, può sottoporre lo studente a un «accertamento, che si sostanzia in prove integrative al fine di pervenire ad una valutazione globale»32 (MIUR, 2013). La Nota sottolinea che «è in ogni caso escluso che la scuola possa sottoporre l’alunno ad esami di idoneità»33 (MIUR, 2013). L’eventuale accertamento si deve basare sui «contenuti fondamentali utili per la frequenza dell’anno successivo» (MIUR, 2013). La valutazione globale dell’esperienza all’estero consente di determinare il credito dell’alunno. La Nota continua rimarcando che: 32 33 Enfasi nel testo. Enfasi nel testo. 50 Protocollo di valutazione Intercultura oltre alle conoscenze e competenze disciplinari, gli istituti dovrebbero essere incoraggiati a valutare e a valorizzare gli apprendimenti non formali ed informali, nonché le competenze trasversali acquisite dagli studenti partecipanti a soggiorni di studio o formazione all’estero (MIUR, 2013). Il Ministero sottolinea, coerentemente con quanto affermato prima, che la mobilità studentesca deve essere considerata nella sua globalità. In particolare, la Nota pone nuovamente l’accento sul concetto di competenze trasversali come uno dei risultati attesi da un’esperienza all’estero. Pare pertanto ragionevole dedurre che il concetto di ‘valutazione globale’ sia da interpretare, almeno in quest’ultima Nota, come una valutazione d’insieme che non consideri esclusivamente i contenuti fondamentali necessari ad affrontare l’anno successivo, e nella maggior parte dei casi, l’esame di stato, ma anche quegli apprendimenti interculturali che, come sostenuto dalla letteratura pedagogica (ad es., Almeida, 2015, in corso di pubblicazione; Baiutti, 2014/2015, 2017, 2018a; Deardorff, 2006; Deardorff & Arasaratnam-Smith, 2017; Deardorff & van Gaalen, 2012; Hammer, 2005; Hansel & Grove, 1985, 1986; Roverselli & Paolone, 2012, 2013; Ruffino, 2002, 2012, 1981b) rappresentano la parte più arricchente di un’esperienza all’estero. Se, come si è già detto, questa Nota ha il merito di chiarire l’orientamento politico del Ministero e fornire alcuni suggerimenti pratici, permangono, ciononostante, delle criticità. Una di esse è che non viene menzionata esplicitamente in nessuna parte del testo della Nota l’espressione ‘competenza interculturale’34. Tale mancanza va messa in evidenza poiché la competenza interculturale, come si è già accennato e si vedrà meglio nel prossimo capitolo, è concepita dalla letteratura pedagogica come uno dei principali risultati attesi dalla mobilità studentesca. Dettagliata la dimensione normativa italiana, si desidera ora accennare al riconoscimento della mobilità studentesca internazionale in altri stati europei. Lo studio Recognition of school study periods abroad in Europe condotto dall’EFIL (Briga, 2018) ha evidenziato una varietà legislativa rispetto alle procedure di riconoscimento di un’esperienza all’estero a livello scolastico fra i Paesi europei. Le due principali metodologie adottate dagli Stati rispetto al riconoscimen34 Sebbene forse sia possibile rintracciare nella Nota alcuni elementi che compongono la competenza interculturale come ad esempio: «Imparare a leggere e a utilizzare altri codici, saper riconoscere regole e principi diversi, imparare ad orientarsi al di fuori del proprio ambiente umano e sociale utilizzando ‘le mappe’ di una cultura altra» (MIUR, 2013). La mobilità studentesca 51 to si basano o (i) sulla certificazione di partecipazione, ovverosia lo studente è ammesso alla classe successiva previa documentazione di aver frequentato il procedente anno scolastico in un altro Paese oppure (ii) sulla trascrizione dei voti della scuola ospitante, ovverosia lo studente può essere ammesso alla classe successiva sulla base della corrispondenza delle discipline fra la scuola inviante e quella ospitante e i voti ottenuti (Briga, 2018). Un’altra varietà evidenziata nello studio è che in alcuni casi vi sono leggi nazionali che regolano la mobilità studentesca e in altri la competenza decisionale è demandata alla scuola (Briga, 2018). Questa varietà è principalmente determinata dalla diversità sia dei sistemi scolastici che della percezione culturale del riconoscimento del periodo all’estero (Briga, 2018). Lo studio rivela anche che vi sono Paesi europei in cui lo studente deve ripetere completamente l’anno trascorso all’estero come, ad esempio, nei Paesi Bassi e in Finlandia (Briga, 2018). Concludendo, è opportuno sottolineare che attualmente, all’interno del progetto della creazione dello spazio europeo dell’istruzione per il 2025, la Commissione europea ha approvato una Raccomandazione concernente la promozione del riconoscimento reciproco automatico dei titoli dell’istruzione superiore e dell’istruzione e della formazione secondaria superiore e dei risultati dei periodi di studio all’estero (UE, 2018b). Fra le diverse indicazioni, si sostiene che per la concretizzazione di uno spazio d’istruzione senza confini è necessario che: i risultati conseguiti durante un periodo di studio all’estero fino a un anno in un altro Stato membro, nel corso dell’istruzione e della formazione secondaria superiore, siano riconosciuti in qualunque altro, senza che il discente sia tenuto a ripetere nel paese di origine l’anno del programma o i risultati di apprendimento conseguiti, a condizione che questi ultimi siano nel complesso in linea con i programmi di studio nazionali del paese d’origine (UE, 2018b). Il documento sottolinea, inoltre, l’importanza di promuovere criteri e strumenti per facilitare il riconoscimento degli apprendimenti acquisiti durante un periodo di studio all’estero. Ed è sotto questa luce che va inteso il Protocollo Intercultura giacché è un innovativo strumento per sostenere gli insegnanti nel riconoscimento delle acquisizioni interculturali degli studenti che hanno partecipato a un progetto annuale di mobilità studentesca internazionale individuale. Capitolo Secondo La competenza interculturale e la sfida valutativa Come si è argomentato nel primo capitolo, la mobilità studentesca è un progetto educativo e, pertanto, è fondamentale chiedersi da un punto di vista pedagogico quali siano gli obiettivi educativi attesi e come valutarli. Si è, altresì, criticata l’idea che la mobilità studentesca abbia come obiettivo unico o principale quello dell’apprendimento linguistico. Secondo gli studi del settore (ad es., Almeida, 2015, in corso di pubblicazione; Baiutti, 2014/2015, 2017, 2018a; Barrett, 2018; Deardorff, 2006; Deardorff & van Gaalen, 2012; Hammer, 2005; Hansel & Grove, 1985, 1986; Roverselli & Paolone, 2013; Vande Berg, Paige, & Hemming Lou, 2012b), infatti, uno dei principali obiettivi educativi attesi della mobilità studentesca è lo sviluppo di studenti competenti interculturalmente. Ma cosa significa competenza interculturale? Come si valuta? Il presente capitolo propone una cornice teoretica per avanzare alcune risposte a tali domande. Nella seconda parte di questo volume, preso atto di tale cornice, si propone il Protocollo Intercultura, ovverosia una guida pratica per valutare specificatamente la competenza interculturale degli studenti che partecipano a un programma di studio annuale all’estero. 1. Concettualizzare pedagogicamente la competenza interculturale1 Il primo passo per comprendere il costrutto di ‘competenza interculturale’ è quello di precisare da che prospettiva si concettualizza quello di ‘competenza’ (Damini, 2011). Pertanto, in questo paragrafo si chiarifica tale concetto per poi declinarlo e problematizzarlo in chiave interculturale ponendo l’accento sia sulla discussione pedagogica che di politica educativa. 1 Alcune parti del presente paragrafo riprendono il capitolo ‘Competenza interculturale in chiave pedagogica’ in Baiutti (2017). 54 Protocollo di valutazione Intercultura 1.1. Elementi chiave del costrutto di competenza Il polisemico e controverso costrutto di ‘competenza’ è al centro di un ampio dibattito teoretico che incrocia diverse discipline (ad es., psicologia, linguistica, pedagogia, sociologia, economia) e contesti (ad es., lavorativo, educativo). Nell’ambito scolastico tale concetto è portatore di un potenziale deflagrante rispetto ai modi di intendere l’insegnamento/apprendimento e la valutazione […], in quanto espressione di un cambiamento di paradigma che modifica alle radici l’idea di sapere e di apprendimento. Non si tratta solo di un cambiamento di superficie, risolvibile con una revisione meramente terminologica, bensì richiede di ripensare in profondità le modalità didattiche e valutative con cui fare scuola (Castoldi, 2016, p. 17). Sarebbe ingenuo pensare di riuscire a restituire, anche solo parzialmente, il dibattito attorno alla competenza in poche righe2. Il fine del presente paragrafo è, piuttosto, quello di illustrare succintamente alcuni elementi chiave del costrutto preso in esame così da comprendere le scelte teoretiche connesse al Protocollo Intercultura. Nel panorama pedagogico italiano una diffusa definizione sostiene che la competenza è la «capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse interne, cognitive affettive e volitive, e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo» (Pellerey, 2004, p. 12). Partendo da tale definizione, che sottende una prospettiva olistica3 di competenza, in questo volume si ritiene che per parlare di competenza sia necessaria la presenza di un soggetto e di un compito (o di una situazione o di un problema). Il compito presuppone che il soggetto agisca e, pertanto, si parla di soggetto-agente. Secondo questa teorizzazione fra il concetto di competenza e quello di azione vi è un rapporto indissolubile (Castoldi, 2009, 2016), tanto è vero che alcuni studiosi (ad es., Batini, 2013; Le Boterf, 2008; Pellerey, 2004) asseriscono che la competenza corrisponda al ‘saper agire’. Ma cosa si può intendere in questo contesto con il termine ‘azione’? Prendendo spunto da un settore della filosofia del linguaggio (ad es., Austin, 1962, tr. it. 1987; Ginocchietti, 2014/2015, 2016; Wittgenstein, 1953, tr. it. 1967), con ‘azione’ non ci si riferisce esclusivamente al mero movimento fisico, ma, ad esempio, anche il dare una risposta o lo scu2 Per un’analisi storico-critica del costrutto di ‘competenza’ si veda, fra gli altri, Benadussi e Molina (2018), Cegolon (2008) e Pellerey (2004, 2010). 3 Per comprendere la tensione fra un approccio atomistico vs un approccio olistico di concettualizzare la ‘competenza’ si veda Benadussi & Molina (2018). La competenza interculturale e la sfida valutativa 55 sarsi sono da considerarsi azioni. Il concetto di azione, quindi, non va inteso in senso stretto, ma in senso lato. Da un punto di vista pedagogico, inoltre, l’azione è qui distinta da una reazione automatica a uno stimolo in quanto a monte di essa vi è un’intenzione (Pellerey, 2004). Il soggetto per agire deve mobilitare, selezionare, coordinare e «orchestrare» (Pellerey, 2004, p. 12) (almeno) tre risorse: le conoscenze (knowledge), le abilità (skills) e le attitudini (attitudes), che in un lessico pedagogico tradizionale possono essere definite come ‘sapere’, ‘saper fare’ e ‘saper essere’. Questa affermazione trova le proprie fondamenta in due presupposti. Il primo è che la competenza abbia una natura plurifattoriale, ovverosia che essa sia costituita da più componenti. Ne deriva che uno di essi (ad es., le abilità) non corrisponda alla competenza, ma solo a una parte di essa. Il secondo presupposto è che la competenza sia dinamica, processuale (Castoldi, 2009, 2016; Le Boterf, 2008). Una volta messa in atto l’azione, essa può essere considerata appropriata o meno rispetto alla specifica cornice in cui il compito e il soggetto sono inseriti. Infatti, la medesima azione, in situazioni analoghe, ma in contesti differenti, in certuni potrebbe essere un’azione competente e in altri un’azione incompetente. Questa prospettiva implica che non esista una competenza astratta, ma che essa abbia una forte dipendenza contestuale: la competenza necessita, infatti, di un certo grado di riconoscimento sociale (Batini, 2013; Castoldi, 2009, 2016; Le Boterf, 2008; Pellerey, 2004, 2010). In ultima analisi, in questo volume si è intesa la competenza come una ‘mobilitazione-orchestrazione’ di risorse eterogenee (conoscenze, abilità e attitudini) in modo appropriato rispetto a un determinato contesto. Si è visto altresì che la natura della competenza è complessa, contestualizzata e processuale. 1.2. Competenza interculturale: definizioni, modelli e criticità Anche attorno al concetto di ‘competenza interculturale’ vi è una vasta riflessione (Almeida, 2015; Arasaratnam-Smith, 2017; Spitzberg & Changnon, 2009). Di seguito lo si problematizza focalizzandosi su alcuni aspetti teoretici e si presenta come esso sia compreso in questo volume. Quando ci si avvicina al costrutto di competenza interculturale ci si trova di fronte a una babele di espressioni come ad esempio: intercultural competenc(i)es, intercultural communicative competence, global competence, multicultural competence, transcultural competence, 56 Protocollo di valutazione Intercultura cultural competence, intercultural sensitivity, cross-cultural awareness, cultural literacy, cross-cultural capability (Deardorff & Jones, 2012; Fantini, 2009; Spencer-Oatey & Franklin, 2009). Nel presente volume si è deciso di adottare l’espressione ‘competenza interculturale’. Questa scelta terminologica poggia su varie motivazioni: (i) la diffusione del sostantivo ‘competenza’ nel mondo della scuola italiana e della normativa italiana; (ii) il fatto che, sebbene nella letteratura internazionale siano presenti molte espressioni, quella più diffusa è ‘competenza interculturale’ (Deardorff & Jones, 2012): (iii) in Italia sono apparse diverse pubblicazioni (ad es., Baiutti, 2014/2015, 2015, 2017; Balboni & Caon, 2015; Borghetti, 2016; Calliero & Castoldi, 2013; Claris, 2015; Damini, 2011; Damini & Surian, 2012; Granata, 2018; Milani, 2015, 2017, 2018a, 2018b; Nava, 2017; Onorati, Bednarz, & Comi, 2011; Onorati & d’Ovidio, 2015; Portera, 2013b; Portera & Dusi, 2016; Reggio & Santerini, 2014)4 che adottano questa espressione. Un secondo motivo di confusione risiede nella dimensione definitoria giacché, anche in questo caso, sono rintracciabili in letteratura diverse definizioni. A titolo di esempio nella Tabella 2 se ne riportano alcune. Nel presente studio la competenza interculturale è stata intesa come «the ability to communicate effectively and appropriately in intercultural situations based on one’s intercultural knowledge, skills, and attitudes» (Deardorff, 2006, pp. 247–248). Si è adottata tale definizione in quanto: (i) è stata pensata all’interno dell’internazionalizzazione dell’educazione, cioè il contesto della presente ricerca; (ii) è stato il primo tentativo di trovare un accordo fra interculturalisti rispetto a come definire la ‘competenza interculturale’; (iii) è alla base di precedenti studi connessi alla mobilità studentesca internazionale nella scuola secondaria di II grado in Italia (Baiutti, 2017, 2018a). Poiché nella definizione adottata è utilizzata l’espressione ‘situazione interculturale’, si ritiene importante aprire una breve parentesi per comprendere come essa venga interpretata in questo volume. Barrett (2018) sostiene che the crucial point is that in an intercultural situation, one does not respond to the other person on the basis of their own individual characteristics, but on the basis of their affiliation to another culture or set of cultures. Intercultural situations, identified in this way, can involve people from different countries, people from different regional, linguistic, ethnic, or faith backgrounds, or 4 Per un’analisi della letteratura italiana attorno al concetto di competenza interculturale si veda Baiutti (2017). La competenza interculturale e la sfida valutativa 57 people who differ from each other because of their lifestyle, gender, social class, occupation, or sexual orientation. When an interpersonal situation becomes an intercultural situation, because cultural differences have been perceived and made salient either by the situation or by the individual’s own psychological orientation or cultural positioning, these are the conditions under which intercultural competence becomes relevant (pp. 94-95). Tabella 2. Alcune definizioni di competenza interculturale Alcune definizioni di competenza interculturale La competenza interculturale: – «[È] la capacità, basata su conoscenze, abilità e attitudini interculturali, di comunicare in modo efficace e appropriato in situazioni interculturali» (Deardorff, 2006, pp. 247-248, tr. it. M. Baiutti). – «[È] un complesso di abilità necessarie per performare in modo efficace e appropriato quando si interagisce con altri che sono linguisticamente e culturalmente diversi da sé» (Fantini & Tirmizi, 2006, p. 12, tr. it. M. Baiutti). – «È l’appropriata ed efficace gestione di un’interazione fra persone che in qualche modo hanno un diverso o divergente orientamento affettivo, cognitivo e comportamentale verso il mondo» (Spitzberg & Changnon, 2009, p. 7, tr. it. M. Baiutti). – «Si riferisce al coinvolgimento o alla collaborazione efficace verso un singolo obiettivo o un insieme condiviso di obiettivi fra individui o gruppi che non condividono le stesse origini o background culturali» (Twombly et al., 2012, p. 69, tr. it. M. Baiutti). – «[È] l’insieme di caratteristiche, conoscenze, attitudini e abilità atte a gestire con profitto relazioni con persone linguisticamente e culturalmente differenti» (Portera, 2013a, p. 144). – «È […] un insieme che integra fattori cognitivi, affettivi e comportamentali che influenzano la comprensione e l’interazione con la diversità in senso lato e che possono essere sviluppati attraverso l’educazione e/o l’esperienza» (Borghetti, 2017, tr. it. M. Baiutti). – «È definita come l’insieme di valori, attitudini, abilità, conoscenze e comprensioni che sono necessarie per comprendere e rispettare persone che sono percepite essere culturalmente diverse da sé, per interagire e comunicare in modo efficace e appropriato e per stabilire relazioni positive e costruttive con queste persone» (Barrett, 2018, p. 94, tr. it. M. Baiutti). 58 Protocollo di valutazione Intercultura Muovendo i passi dalla sopraccitata riflessione, in questo volume una situazione, una comunicazione etc. è descritta come ‘interculturale’ quando sono presenti almeno due poli (ad es., singoli individui, piccoli gruppi) che si percepiscono come aventi background culturali (ad es., lingue, religioni, genere, orientamento sessuale, abilità, età, stili di vita etc.) diversi e in cui tale percezione è sufficientemente significativa per avere un effetto nell’interazione fra essi. Tabella 3. Categorie interpretative dei modelli di competenza interculturale (Spitzberg & Changnon, 2009) Categorie Compositional models Descrizione Alcuni modelli Individuano i componenti - Modello a piramide della competenza interculturale della competenza (Deardorff, 2006) interculturale senza specificare quale relazione - Modello di competenza globale (Hunter, White, intercorre fra essi & Godbey, 2006) Co-orientational Si focalizzano sui processi - Modello della competenza comunicativa interculturale models che determinano la competenza interculturale (Byram, 1997) o aspetti di essa Developmental Pongono attenzione alla - Modello di sviluppo della sensibilità interculturale dimensione temporale models (Bennett, 1993) (tappe o fasi di sviluppo) - Modello a U (Lysgaand, 1955) e sua estensione (Gullahorn & Gullahorn, 1963) Adaptational Si focalizzano sull’intera- - Modello di competenza comunicativa interculturale models zione fra (Y.Y. Kim, 1988) persone provenienti da diversi background culturali - Modello processuale della Causal path Ritengono ci sia competenza interculturale models una interrelazione fra i (Deardorff, 2006) diversi componenti della competenza interculturale - Modello integrato di competenza comunicativa interculturale (Arasaranam, 2006) La competenza interculturale e la sfida valutativa 59 Un terzo motivo di confusione nel comprendere la competenza interculturale è quello connesso ai modelli giacché, come dimostrato dalla revisione della letteratura (Almeida, 2015, in corso di pubblicazione; Arasaratnam-Smith, 2017; Baiutti, 2017; Borghetti, 2016; Milani, 2015, 2017; Portera, 2013b; Spitzberg & Changnon, 2009), anche in questo caso vi è una vasta produzione. Spitzberg e Changnon (2009) propongono cinque categorie per interpretare i principali modelli presenti in letteratura (si veda Tabella 3)5. Coerentemente con la scelta della definizione, il principale modello che orienta il presente studio è quello elaborato da Deardorff (2006), che è composto da attitudini (ad es., rispetto, apertura, curiosità, tolleranza dell’ambiguità), conoscenze (ad es., autoconsapevolezza culturale, comprensione dell’influenza dei contesti nelle Figura 3. Modello a piramide della competenza interculturale (Deardorff, 2006) 5 Per una diversa categorizzazione dei modelli della competenza interculturale si veda Borghetti (2016). 60 Protocollo di valutazione Intercultura visioni del mondo, conoscenze culturali specifiche, consapevolezza sociolinguistica) e abilità (ad es., ascoltare, osservare, analizzare, interpretare, creare collegamenti). Questi elementi mobilitati e orchestrati assieme possono produrre degli effetti interiori, ovverosia lo sviluppo di flessibilità, capacità di adattamento, visione etnorelativa ed empatia interculturale, e degli effetti esteriori che corrispondono al comportarsi e comunicare in modo efficace e appropriato durante un’interazione interculturale. La studiosa statunitense ha progettato due modelli che sono contenutisticamente identici ma graficamente differenti in quanto desidera enfatizzare idee diverse: nel modello a piramide (si veda Figura 3) evidenzia che alla base di tutto vi sono le attitudini; nel modello processuale (si veda Figura 4) sottolinea che lo sviluppo della com- Figura 4. Modello processuale della competenza interculturale (Deardorff, 2006) La competenza interculturale e la sfida valutativa 61 petenza interculturale è «a continual process of improvement, and as such, one may never achieve ultimate intercultural competence» (Deardorff, 2006, p. 257). Un altro modello che ha parzialmente influenzato il presente studio è quello elaborato da Byram (1997, 2008a) secondo il quale la competenza interculturale è composta da cinque savoirs che sono distinti, ma, allo stesso tempo, interdipendenti: conoscenze (savoirs), attitudini (savoir être), abilità (savoir comprendre e savoir apprendre/faire) e critical cultural awareness (savoir s’engager). Quest’ultimo ha l’obiettivo di far riflettere criticamente lo studente rispetto ai valori, alle credenze e ai comportamenti della propria e altrui cultura (Byram, 1997). Byram (2008b) sostiene che il savoir s’engager è da intendere come la dimensione cruciale per l’educazione del cittadino interculturale evidenziando, così, la particolare relazione fra la competenza interculturale e la cittadinanza interculturale. Più precisamente, lo studioso inglese sostiene che la critical cultural awareness comporta un coinvolgimento politico dello studente che si esplicita in azioni (taking action), principalmente afferenti alla sfera della società civile. Questo aspetto non risulta essere esplicitamente presente nel modello di Deardorff. Tuttavia, poiché lo si è riscontrato in precedenti ricerche empiriche connesse alla mobilità studentesca dei giovani (Baiutti, 2017, 2018a), lo si è considerato nel presente studio. Per quanto concerne le criticità nel concettualizzare la competenza interculturale che si riscontrano nell’analisi della letteratura, una è quella che si domanda quale sia il rapporto fra i componenti (ad es., attitudini, conoscenze), ma anche fra gli elementi (ad es., curiosità, consapevolezza, pensiero critico, empatia), di tale costrutto. Ad esempio, ci si interroga su quale sia il ruolo giocato dagli aspetti emotivi di tale competenza giacché, come notato da alcuni autori (ad es., Deardorff & Jones, 2012; Spitzberg & Changnon, 2009), un certo tipo di concettualizzazione pone l’attenzione (quasi) esclusivamente alla dimensione cognitiva. Tuttavia, i modelli adottati nel presente volume, ponendo alla base le attitudini, cercano di superare la tensione fra le dimensioni cognitiva e comportamentale, e la dimensione emozionale. Un altro punto critico concernente il rapporto fra i vari componenti della competenza interculturale è quello connesso alla conoscenza di una o più lingue. Questa discussione è probabilmente influenzata dal fatto che il costrutto di competenza interculturale ha avuto un’ampia teorizzazione in contesti disciplinari come la glotto- 62 Protocollo di valutazione Intercultura didattica, la sociolinguistica, la linguistica applicata (ad es., Balboni, 2007; Balboni & Caon, 2014, 2015; Borghetti, 2016; Byram, 1997, 2008a; Fantini, 2012). In questo volume si ritiene che sebbene la dimensione linguistica sia un elemento rilevante all’interno della competenza interculturale, essa non vada enfatizzata eccessivamente. Infatti, come affermano Deardorff e Jones (2012), conoscere una o più lingue straniere non comporta necessariamente essere interculturali. Un’ulteriore criticità è se la competenza interculturale sia da declinare al singolare o al plurale. Questo punto, sottovalutato dalla principale letteratura scientifica del settore, è solo apparentemente una semplice speculazione accademica6. Infatti, optare per il singolare o per il plurale ha delle implicazioni in termini epistemologici, didattici e valutativi. Se si adotta il plurale, allora si dovrebbero nominare le competenze che afferiscono alla sfera interculturale e per ognuna di esse andrebbero individuate le dimensioni della competenza (attitudini, conoscenze, abilità). Diversamente, se si adotta l’espressione al singolare, è necessario individuare ‘solamente’ i componenti della competenza. Nel presente volume si è adottata quest’ultima prospettiva, non solo perché coerente con il modello di Deardorff (2006), ma anche perché si ritiene che non sussistano delle ‘sotto-competenze interculturali’. Si è allo stesso tempo consapevoli del fatto che alcuni elementi7 che compongono la competenza interculturale non sono esclusivi di tale competenza, ma sono trasversali anche ad altre. Questo, però, non giustifica l’utilizzo al plurale del termine in quanto nella competenza interculturale vi è una propria specificità ontologica. Potrebbe essere accettabile, almeno per l’impianto concettuale del libro, l’utilizzo di ‘competenze interculturali’ (al plurale) intendendo con ciò che gli elementi della competenza interculturale, avendo una forte dipendenza contestuale, variano a seconda del contesto. In altre parole, si adotterebbe il plurale per enfatizzare il fatto che gli elementi che compongono la competenza interculturale dello studente possono essere diversi da quelli della competenza interculturale dell’ingegnere, o dell’operatore sanitario, o del diplomatico. Per quanto riguarda le critiche mosse al costrutto analizzato, una delle più diffuse in letteratura è quella secondo la quale la maggior parte dei modelli di competenza interculturale è stata sviluppata 6 Questo argomento è stato affrontato rispetto al concetto generale di ‘competenza’ in Viteritti (2018). 7 Qui con elementi non si intende conoscenze, abilità e attitudine, ma ciò che le compongono: ad esempio la flessibilità, l’autoconsapevolezza, l’empatia. La competenza interculturale e la sfida valutativa 63 in un contesto occidentale (principalmente anglosassone) (Arasaratnam-Smith, 2017; Spitzberg & Changnon, 2009) e che vi sia, almeno in Italia, una certa accettazione acritica di essi (Milani, 2017). A questa critica hanno cercato di dare risposta alcuni capitoli de The SAGE Handbook of Intercultural Competence (Deardorff, 2009b) e altri de Intercultural Competence in Higher Education (Deardorff & Arasaratnam-Smith, 2017) nonché il documento Intercultural competences dell’UNESCO (2013), i quali propongono alcune teorizzazioni di competenza interculturale da contesti non occidentali come, ad esempio, la Cina, l’Africa, il Giappone. Inoltre, va menzionata l’esistenza di un network internazionale – l’ICCGlobal global network on intercultural competence8 – che riunisce ricercatori da tutto il mondo con l’obiettivo di condividere ricerche, bibliografie, pratiche e incoraggiare collaborazioni nell’ambito della competenza interculturale. Il potenziale rischio di etnocentrismo in chiave occidentale, abbinata alla tensione tradizionale ‘individuale vs sociale/organizzativo’, tipica della concettualizzazione della competenza in senso generale (Benadussi & Molina, 2018), potrebbero spiegare anche un’altra critica, ovverosia che la maggior parte dei modelli di competenza interculturale si focalizzino sull’individuo considerandolo come «the unit of analysis» (Spitzberg & Changnon, 2009, p. 7) invece che sulla relazione. A questa critica hanno cercato di dare risposta alcune ricerche empiriche come quella condotta da Holmes e O’Neill (2012). Un’altra critica rintracciabile nella letteratura (ad es., Belz, 2007; Dervin & Gross, 2016; Ferri, 2018) è quella secondo cui alcuni modelli di competenza interculturale tendono ad essere neo-essenzialisti e a nascondere discorsi di discriminazione, potere, privilegio e ingiustizie. Tentativi per superare tale critica sono rintracciabili nel volume Intercultural competence in education (Dervin & Gross, 2016). Per quanto concerne le sfide rispetto alla concettualizzazione della competenza interculturale, si ritiene che attualmente una delle più significative sia quella connessa alla sfera valoriale. Come si è detto, la competenza è strettamente legata all’azione. Ogni soggetto è responsabile delle azioni che compie ma tale responsabilità è ascrivibile9 al soggetto nella misura in cui si fa riferimento a un sistema di valori. Nel caso della competenza interculturale quali sono i valori di riferimento? Ma anche, qual è il ruolo dei valori nella concettuahttps://iccglobal.org/ La scelta di adottare il termine ‘ascrivibile’ in relazione ad azione e responsabilità echeggia la riflessione filosofica di Ginocchietti (2014/2015). 8 9 64 Protocollo di valutazione Intercultura lizzazione della competenza interculturale? Sebbene alcuni autori abbiano analizzato la relazione fra valori e competenza interculturale (ad es., Borghetti, 2017; Claris, 2015) e, più in generale, fra valori e interculturalità o internazionalizzazione (ad es., Egron-Polak & Marmolejo, 2017; Ferri, 2014, 2018; Gorski, 2008, 2009; Tarozzi, 2015), si ritiene che ulteriori dibattiti, preferibilmente interdisciplinari, su questo tema tanto delicato quanto cruciale debbano essere promossi e possano interessare tanto la dimensione di concettualizzazione e valutazione della competenza interculturale quanto la sua valenza politica e sociale. 1.3. Politiche educative attorno al concetto di competenza interculturale Da più di una decina d’anni, l’espressione ‘competenza interculturale’ ha iniziato a trovare piena cittadinanza non solo nella riflessione accademica, ma anche nei documenti europei nonché in quelli di diversi attori internazionali, alcuni dei quali sono presi in considerazione di seguito. Un esempio è costituito dall’Unione europea, che nel 2006 ha promulgato la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (UE, 2006a)10, la quale è stata riveduta e sostituita dalla Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 (UE, 2018a). Queste Raccomandazioni definiscono le competenze chiave (si veda Tabella 4) che ogni cittadino europeo dovrebbe possedere «per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e alla cittadinanza attiva» (UE, 2018a). Leggendo tali Raccomandazioni in chiave interculturale si evince che, nella Raccomandazione del 2006, la competenza interculturale era esplicitamente citata fra le competenze sociali (UE, 2006a); nella Raccomandazione del 2018 la dimensione interculturale assume un valore diverso in quanto viene stabilito che «elementi quali il pensiero critico, la risoluzione di problemi, il lavoro di squadra, le abilità comunicative e negoziali, le abilità analitiche, la creatività e le abilità interculturali sottendono a tutte le competenze chiave» (UE, 2018a). Con riferimento alle riflessioni pedagogiche precedenti è affermabile che gli elementi appena citati sono componenti della competenza interculturale. 10 Questo documento è particolarmente importante poiché è stato recepito dalla normativa italiana concernente la scuola (MPI, 2007). La competenza interculturale e la sfida valutativa 65 Tabella 4. Competenze chiave dell’Unione europea (2006 e 2018) Competenze chiave UE, 2006 – comunicazione nella madrelingua – comunicazione nelle lingue straniere – competenza matematica e competenze di base in scienze e tecnologia – competenza digitale – imparare a imparare – competenze sociali e civiche – spirito di iniziativa e imprenditorialità – consapevolezza ed espressione culturale Competenze chiave UE, 2018 – competenza alfabetica funzionale – competenza multilinguistica – competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria – competenza digitale – competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare – competenza in materia di cittadinanza – competenza imprenditoriale – competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali Un altro esempio di cruciale importanza è rappresentato dal Consiglio d’Europa, che ha messo in campo diverse azioni concernenti la competenza interculturale. Per esigenze di spazio si è deciso di menzionare qui solo il progetto Competenze per una cultura della democrazia11. Tale progetto fornisce, da una parte una cornice teoretica di quelle competenze ritenute necessarie per poter vivere insieme in una società democratica culturalmente eterogenea (Barrett, 2016, tr. it. 2017; Barrett et al., 2018a); dall’altra, delle indicazioni e degli strumenti per svilupparle in sede di educazione formale (Barrett et al., 2018b, 2018c). In questo progetto «la competenza democratica e interculturale è definita come la capacità di mobilitare e utilizzare valori, attitudini, abilità, conoscenze e/o comprensioni critiche pertinenti per rispondere in modo appropriato ed efficace alle esigenze, alle sfide e alle opportunità che si presentano in situazioni democratiche e interculturali» (Barrett, 2016, tr. it. 2017, p. 6). Da questa definizione, fra le varie, si può dedurre che il Consiglio d’Europa stabilisce una stretta relazione fra il concetto di democrazia e quello di interculturalità. Questo è evidente non solo nell’uso della congiunzione ‘e’ fra competenza democratica e interculturale, ma anche nella definizione stessa che sembra in linea con la precedente discussione 11 https://www.coe.int/en/web/education/competences-for-democratic-culture 66 Protocollo di valutazione Intercultura pedagogica sul concetto di competenza interculturale12. Va notato, inoltre, che il Consiglio d’Europa ha inserito tra i componenti della competenza democratica e interculturale anche determinati valori, ovverosia diritti umani e dignità umana, diversità culturale, democrazia, giustizia, equità, uguaglianza e primato del diritto. Come già accennato, la scelta di includere i valori tra i componenti della competenza è di particolare interesse giacché essi spesso rimangono esclusi dalla discussione pedagogica o considerati impliciti. Un altro attore internazionale da menzionare è l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico) che nel 2000 lancia il PISA (Programme for International Student Assessment 13), ovverosia la più grande indagine internazionale nel campo dell’educazione, che ha lo scopo di valutare ogni tre anni le competenze dei quindicenni in diversi Paesi del mondo14. Nell’indagine del 2018, il PISA, oltre alle classiche aree di indagine, cioè matematica, scienze e lettura, ha introdotto quella della global competence definita come «the capacity to examine local, global and intercultural issues, to understand and appreciate the perspectives and world views of others, to engage in open, appropriate and effective interactions with people from different cultures, and to act for collective well-being and sustainable development» (OCSE PISA, 2018, p. 7). Un altro soggetto internazionale da ricordare è l’UNESCO, che nel 2013 ha pubblicato un documento intitolato emblematicamente Intercultural Competences. In tale documento le competenze interculturali sono descritte come le abilità «to adeptly navigate complex environments marked by a growing diversity of peoples, cultures and lifestyles» (UNESCO, 2013, p. 5). Questo breve excursus non ha la pretesa di essere esaustivo ma permette di fare due considerazioni. La prima è che la riflessione attorno alla competenza interculturale non è circoscritta a contesti accademici ma trova seguiti anche nel dibattito politico. La seconda è che nelle politiche educative vi è un legame intrinseco fra i concetti di competenza interculturale e di cittadinanza. In altre parole, vi è un rapporto dialettico secondo il quale non è possibile parlare oggi di cittadinanza senza considerare anche l’interculturalità, e viceversa. 12 Va sottolineato che il modello delle Competenze per una cultura della democrazia trova la sua genesi nella revisoni di più di cento modelli di cui molti concernenti la competenza interculturale. 13 http://www.oecd.org/pisa/ 14 Nell’edizione del 2015 avevano partecipato più di 80 Paesi. La competenza interculturale e la sfida valutativa 67 Questo non sorprende in quanto, come afferma Deardorff (2013), le discussioni sulla competenza interculturale in Europa sono tendenzialmente legate alle questioni di democrazia e di integrazione sociale in termini di cittadinanza interculturale. Queste motivazioni non sono necessariamente comuni in tutte le parti del mondo. A conclusione di questo paragrafo, si ritiene opportuno ricordare che qualsiasi azione in ambito educativo messa in atto dagli organismi internazionali ha un valore meramente propulsivo ma mai legislativo in quanto quest’ultimo aspetto è di competenza dei singoli Stati Nazionali. 2. Valutare la competenza interculturale Una questione dibattuta e alquanto spinosa, inerente alla competenza interculturale, è quella connessa alla sua valutazione (Almeida, 2015; Baiutti, 2017, 2018a; Borghetti, 2017; Byram, 1997, 2008a; Deardorff, 2006, 2009a, 2011, 2015; Deardorff & Arasaratnam-Smith, 2017; Dervin, 2010; Fantini, 2009; Harsch & Poehner, 2016; Sercu, 2010). A ben vedere, i dibattiti e i miti (Deardorff, 2009a, 2015) connessi alla valutazione della competenza interculturale ricalcano quelli della valutazione della competenza in generale. Questi ultimi sono spesso espressione di una tensione fra un paradigma positivista e uno fenomenologico interpretativo (Giannandrea, 2009). Nell’ambito della competenza interculturale, questo lo si può notare considerando, ad esempio, i dispositivi di valutazione15 disponibili: da una parte, vi sono test e questionari di matrice primariamente psicometrica che misurano la competenza interculturale come, ad esempio, l’IDI (Intercultural Development Inventory); dall’altra parte, vi sono degli strumenti di matrice qualitativa che cercando di valorizzare, apprezzare e, allo stesso tempo sviluppare, la competenza interculturale come ad esempio l’Autobiografia degli incontri interculturali elaborata dal Consiglio d’Europa (Byram, Barrett, Ipgrave, Jackson, & Méndez García, 2009). In questo paragrafo, non si ha la pretesa di riassume l’acceso dibattito attorno a tali tematiche16 quanto, piuttosto, di esplicitare la 15 Per una revisione dei possibili strumenti di valutazioni della competenza interculturale si veda, fra i vari, Fantini (2009); per avere un’idea della varietà degli strumenti di valutazione della competenza interculturale adottati in diversi contesti del mondo si veda Deardorff e Arasaratnam-Smith (2017). 16 Per approfondire il dibatitto valutativo connesso alla competenza, fra i vari autori in lingua italiana, si veda Bertagna (2004), Castoldi (2009, 2016), Domenici (2003), Trinchero (2012) e Vertecchi (2003). 68 Protocollo di valutazione Intercultura cornice teoretica connessa alla valutazione – coerente al concetto di competenza interculturale precedentemente tracciata – che sta alla base del Protocollo Intercultura tentando di rispondere ai tre interrogativi di fondo di ogni impianto valutativo scolastico degli apprendimenti degli alunni17: perché valutare; cosa valutare; come valutare. Nel caso della mobilità studentesca annuale internazionale individuale, si è già visto che il perché e il cosa trovano le proprie ragioni sia nell’ambito teoretico-pedagogico che in quello normativo. Si è precedentemente argomentato, infatti, che la mobilità studentesca è da intendersi come un progetto educativo e, in quanto tale, la valutazione è parte integrante di esso18: in questo senso, la valutazione non viene qui intesa esclusivamente come un accertamento del raggiungimento, ed eventualmente a che livello, degli obiettivi attesi (assessment of learning), ma anche come un momento per migliorare l’apprendimento stesso (assessment for learning)19. Si è altresì visto che la principale letteratura del settore, che trova un certo eco anche nella normativa italiana, identifica la competenza interculturale come una delle principali competenze attese dai progetti di mobilità studentesca e, pertanto, deve essere oggetto di valutazione (si veda Figura 5). • ogni progetto educativo ha degli obiettivi educativi attesi • gli obiettivi educativi vanno valutati • la mobilità studentesca internazionale è un progetto educativo • la competenza interculturale è uno dei principali obiettivi educativi attesi dalla mobilità studentesca è necessario valutare la competenza interculturale nei progetti di mobilità studentesca Figura 5. Perché valutare la competenza interculturale 17 È necessario specificare che si fa riferimento agli apprendimenti degli studenti in quanto con il termine ‘valutazione scolastica’ si può indicare anche la valutazione dell’istituto o la valutazione del sistema scolastico (Giannandrea, 2009). 18 Per altre motivazioni per cui valutare la competenza interculturale si veda Barrett et al. (2018c) e Borghetti (2017). 19 Per approfondire il valore educativo della valutazione, fra i vari, si veda Castoldi (2016), Giannandrea (2009), Stiggins (2002) e Wiggins (1998). La competenza interculturale e la sfida valutativa 69 Tuttavia, per porre in essere un impianto valutativo, non è sufficiente nominare la competenza attesa ma, come afferma Deardorff (2011), una volta determinato uno o più modelli di riferimento di tale competenza, che per loro natura sono generali, è necessario definire gli indicatori nel contesto specifico in cui si effettua la valutazione. Partendo da questo suggerimento, la ricerca empirica di Baiutti (2017, 2018a) ha individuato possibili indicatori della competenza interculturale relativi alla mobilità studentesca internazionale individuale nella scuola secondaria di II grado. Rispetto al come valutare è necessario fare una premessa: l’adozione del costrutto di competenza implica necessariamente una ridefinizione del modo di intendere il concetto stesso di ‘valutazione’ giacché una valutazione tradizionale, adatta ad accertare le conoscenze e i contenuti, risulta parziale, se non inadeguata, a valutare le competenze. Nella scuola, pertanto, per poter realmente innestare una valutazione per competenze – e nello specifico di questo volume, della competenza interculturale – è necessario decostruire il processo valutativo tradizionale e ancora egemone, e strutturarne uno nuovo; è necessaria una vera e propria rivoluzione culturale delle idee, delle aspettative e delle reiterazioni degli attori che gravitano attorno alla scuola (studenti, famiglie, insegnanti), e, più in generale anche della società, rispetto alla valutazione (Castoldi, 2009, 2016). Una prospettiva che cerca di orientare questa rivoluzione può essere quella di Castoldi (2016), che avanza un’analisi critica della valutazione scolastica tradizionale e ne evidenzia le possibili revisioni. I punti salienti di tale analisi vengono riassunti nella Tabella 5: Tabella 5. Valutazione scolastica: criticità e revisioni (Castoldi, 2016, pp. 62-71) Criticità della valutazione scolastica Linee di revisione Schiacciamento su un sapere riproduttivo Significatività Priorità a un apprendimento inerte Autenticità Focus sul prodotto dell’apprendimento Processualità Deresponsabilizzazione dello studente Responsabilità Condizionamento della didattica (teach to text) Promozionalità Frattura fra momento formativo e valutativo Ricorsività Valenza classificatoria e selettiva Dinamicità Approccio riduzionista all’apprendimento Globalità Mito dell’oggettività della valutazione Multidimensionalità 70 Protocollo di valutazione Intercultura Partendo da queste critiche e dalle possibili linee di revisione, nonché da una concettualizzazione della competenza come complessa, contestualizzata e processuale, diversi autori (ad es., Castoldi, 2009, 2016; Pellerey, 2004) pongono come principio metodologico di un appropriato e rigoroso impianto valutativo di competenza un principio reiterato dalla ricerca qualitativa delle scienze sociali, ovverosia quello di triangolazione secondo il quale la rilevazione di una realtà complessa richiede l’attivazione e il confronto di più livelli di osservazione per consentire una ricostruzione articolata e pluriprospettica dell’oggetto di analisi; non è sufficiente un unico punto di vista per comprendere il nostro oggetto di analisi, occorre osservarlo da molteplici prospettive e tentare di comprenderne l’essenza attraverso il confronto tra i diversi sguardi che esercitiamo, la ricerca delle analogie e delle discordanze che li contraddistinguono (Castoldi, 2016, p. 80). A partire da questo principio, è diffusa l’idea che una valutazione per competenza debba prevedere un approccio: – Multimetodo: la raccolta dei dati deve avvenire mediante diversi strumenti. – Multiprospettico: è necessario raccogliere una pluralità di punti di vista come è importante che tali dati vengano analizzati da diverse persone. – Longitudinale: non è sufficiente una prestazione (performance) per determinare se un soggetto abbia sviluppato o meno una competenza ma è necessario che si consideri una famiglia 20 di prestazioni21. La raccolta di dati attraverso diversi metodi e diverse prospettive, per un periodo ragionevole e l’analisi interpretativa collegiale, consente al Consiglio di classe di apprezzare con una metodologia rigorosa ed empirica le diverse pieghe del complesso oggetto di valutazione e di esprimere un giudizio di sintesi che sia espressione di una coerenza fra i vari dati raccolti. Va tenuto presente che, un impianto così strutturato, affinché possa essere effettivamente applicabile, deve riuscire a intrecciare in modo armonico il principio di triangolazione «con le condizioni di 20 Qui, l’uso del termine ‘famiglia’ echeggia la riflessione filosofica di Wittgenstein (1953, tr. it. 1967). 21 Come osserva Pellerey (2004) «solo nel caso di competenze elementari che mettano in gioco schemi di azione di tipo ripetitivo, oppure assai semplici applicazioni di regole e principi, è possibile valutarne l’acquisizione osservando una o poche prestazioni» (p. 114). La competenza interculturale e la sfida valutativa 71 fattibilità e i vincoli di tempo e le risorse a disposizione» (Castoldi, 2016, p. 81). Inoltre, affinché l’impianto valutativo sia rigoroso, è fondamentale che rispetti alcuni requisiti di qualità. La qualità del processo valutativo non si gioca nella sua presunta oggettività, chimera spesso vagheggiante nel dibattito scolastico, quanto nella presenza di un insieme di condizioni: – la validità e l’attendibilità degli strumenti di rilevazione degli apprendimenti; – la trasparenza dei criteri e delle modalità di attribuzione del giudizio; – la documentabilità delle procedure e delle evidenze sottese al giudizio; – l’utilità del processo valutativo in relazione al compito formativo della scuola; – la condivisione dei modi del valutare tra diversi docenti che operano con i medesimi alunni (Castoldi, 2016, p. 270). 2.1. Modello elaborato da Castoldi L’impianto appena descritto trova una possibile applicazione teorica nel modello di valutazione della competenza elaborato da Castoldi (2009, 2016). Tale modello è stato progettato non specificatamente per la competenza interculturale, ma per la competenza in generale. Tuttavia, due sono i motivi che giustificano la scelta di adottarlo come punto di riferimento per ragionare sulla valutazione della competenza interculturale connessa alla mobilità studentesca a livello scolastico: (i) è coerente con la concettualizzazione della competenza interculturale tracciata in questo capitolo, in particolare rispetto all’enfasi posta sulla sua natura situata, complessa e processuale; (ii) è già stato utilizzato in Italia per una ricerca concernente la valutazione della competenza interculturale, sebbene nella scuola primaria e secondaria di I grado (Calliero & Castoldi, 2013). Questo modello si sviluppa a partire dalla concettualizzazione di Pellerey (2004) secondo la quale i punti di osservazione della competenza sono tre: la dimensione soggettiva, la dimensione intersoggettiva e la dimensione oggettiva. Queste tre dimensioni rappresentano per Castoldi la prospettiva trifocale per valutare la competenza e per ognuna di esse individua alcuni strumenti valutativi specifici (si veda Figura 6). Per quanto concerne la dimensione soggettiva, gli strumenti più appropriati sono quelli che pongono lo studente in una posizione attiva rispetto al processo valutativo. Conseguentemente, i dispositivi 72 Protocollo di valutazione Intercultura Figura 6. Modello di valutazione di competenza adattato da Castoldi (2009, 2016) più adeguati sono quelli autovalutativi come i diari di bordo, le autobiografie, i questionari di autovalutazioni, le riflessioni critiche. Tali dispositivi raccolgono e documentano «il punto di vista del soggetto sulla propria esperienza di apprendimento e sui risultati raggiunti, anche come opportunità per rielaborare il proprio percorso apprenditivo e per accrescere la propria consapevolezza su di esso e su di sé» (Castoldi, 2016, p. 85). Passando alla dimensione intersoggettiva, con essa si intende l’indagare «come le persone che entrano in relazione con lo studente percepiscono la sua competenza in rapporto ai traguardi che sono stati individuati» (Castoldi, 2009, p. 139). In questo senso, gli insegnanti rappresentano il punto di vista privilegiato giacché essi osservano lo studente quotidianamente a scuola. Tale sguardo, però, può essere integrato da quello dei genitori, dei compagni di classe (valutazione fra pari) e di altre figure significative come ad esempio, nel caso specifico della mobilità studentesca, dai volontari dell’associazione Intercultura. Adottando questa eterogeneità di punti di vista, la valutazione non è più racchiusa fra le pareti scolastiche, ma allarga gli orizzonti comprendendo anche contesti non formali e informali. Chiaramente, sebbene ogni punto di vista abbia dignità di essere incluso, va anche precisato che devono essere fatte alcune La competenza interculturale e la sfida valutativa 73 scelte realistiche e accurate cercando di trovare «un equilibrio ottimale tra pluralità degli sguardi e fattibilità operativa della valutazione» (Castoldi, 2009, p. 142). In ogni caso, va sottolineato che riconoscere all’osservazione «uno spazio nel perimetro della valutazione degli apprendimenti non rappresenta un orpello secondario, bensì è coerente con un paradigma valutativo che assume la pluralità delle prospettive come una condizione per conferire maggior rigore e precisione alla valutazione» (Castoldi, 2016, p. 225). I dispositivi che guidano l’osservazione eterovalutativa possono essere classificati come (i) descrizioni narrative, (ii) checklist, (iii) scale di valutazione e (iv) commenti valutativi (Castoldi, 2009, 2016). Esempi di tali strumenti possono essere: protocolli di osservazione, questionari o interviste che consentono di rilevare la percezione dei diversi soggetti, note e commenti. Infine, per quanto riguarda la dimensione oggettiva, essa si riferisce alla «raccolta di un insieme di evidenze osservabili che attestino la padronanza del soggetto in rapporto alla competenza attesa» (Castoldi, 2009, p. 103). A questo gruppo di strumenti appartengono i compiti autentici, le prove di realtà, le prove di verifica, la selezione di alcuni lavori. I tre poli appena discussi – soggettivo, intersoggettivo e oggettivo – acquistano significato unitario, grazie alla concettualizzazione della competenza che si desidera valutare. Nell’impianto proposto da Castoldi (2009, 2016), l’idea di competenza prende la forma di una rubrica valutativa che determina i confini di cosa tenere in considerazione ai fini valutativi. Partendo dalla cornice concettuale alla base di questo capitolo, nella seconda parte del volume si presenta nel dettaglio l’elaborazione degli strumenti del Protocollo Intercultura, la ricerca empirica in cui li si sono sperimentati e i principali risultati emersi. Parte Seconda Guida operativa contestualizzata per valutare la competenza interculturale Capitolo Terzo L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura Nella seconda parte del volume si desidera presentare lo studio empirico Protocollo di valutazione Intercultura svoltosi presso il Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società (DILL) dell’Università degli Studi di Udine (Responsabile scientifico: A.R. Paolone; Assegnista di ricerca: M. Baiutti) con il sostegno della Fondazione Intercultura. Nello specifico, in questo capitolo si presenta come è stato elaborato il modello Protocollo Intercultura e gli strumenti che lo compongono. Nel capitolo quarto si riporta la metodologia adottata per la sperimentazione del modello elaborato e nel capitolo quinto si discutono alcuni dei risultati emersi in seguito all’utilizzo dei vari strumenti. Infine, negli allegati è possibile visionare gli strumenti così come si sono venuti a delineare al termine dell’analisi dei dati. 1. Il modello Protocollo di valutazione Intercultura Nella progettazione del Protocollo Intercultura si è cercato di tenere assieme l’articolato contesto della ricerca – la scuola secondaria di II grado e la mobilità studentesca internazionale individuale annuale – con la complessa cornice teoretica presentata nei primi due capitoli di questo volume. Per quanto concerne il contesto della ricerca, esso era stato precedentemente indagato dall’Assegnista: (i) esplicitamente, durante la sua ricerca dottorale (2012-2015, discussa ad aprile 2016; Baiutti, 2017, 2018a); (ii) implicitamente, in quanto l’Assegnista era stato invitato fra il 2016 e il 2018 a tenere nelle scuole della Penisola una trentina di seminari di formazione per docenti sulla tematica della competenza interculturale e della mobilità studentesca individuale organizzati dalla Fondazione Intercultura in collaborazione con l’associazione Intercultura. Questi seminari hanno permesso all’Assegnista di dialogare, e quindi raccogliere informazioni, con docenti, 78 Protocollo di valutazione Intercultura Dirigenti scolastici, rappresentanti degli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, rispetto alla valutazione dello studente che rientra da un programma annuale all’estero. Preso atto di tale panorama, in fase di progettazione del Protocollo Intercultura, uno dei principi guida è stato quello di sostenibilità inteso in modo duplice: il Protocollo Intercultura doveva richiedere un carico di lavoro, soprattutto da un punto di vista temporale, che fosse sostenibile tanto dagli insegnanti quanto dagli studenti. Questo principio è stato affiancato da quello di semplicità e chiarezza: gli strumenti elaborati dovevano essere agevoli nella loro comprensione e compilazione. Questi principi di matrice pragmatica sono stati intrecciati con la natura complessa, contestualizzata e processuale della competenza interculturale. Tale natura, come si è già visto, richiede che la sua valutazione segua un approccio multimetodo, multiprospettico e longitudinale. Sulla base dei principi guida e delle implicazioni teoretiche connesse alla competenza interculturale e alla sua valutazione si è progettato il modello Protocollo Intercultura (si veda Figura 7). Figura 7. Protocollo di valutazione Intercultura Gli strumenti che lo compongono sono: – Due diari di bordo (mentre lo studente è all’estero). – Una presentazione guidata (al rientro). L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura 79 – Una griglia di osservazione della presentazione guidata (al rientro). – Alcune prove di realtà (al rientro). – Alcune schede per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi (al rientro). – Altro materiale come, ad esempio, eventuali blog che lo studente scrive durante la sua esperienza all’estero; documenti che lo studente riporta dall’estero come certificazioni linguistiche, documenti prodotti dalla scuola ospitante. Mediante tutti questi strumenti, il Consiglio di classe rileva una serie di dati sullo studente da diverse prospettive – soggettiva, oggettiva e intersoggettiva – che gli permettono di valutare il livello di competenza interculturale dello studente mediante la rubrica valutativa. Da un punto di vista di tempistiche (si veda Figura 8), prima dell’esperienza è auspicabile che tutti gli attori coinvolti (Dirigente scolastico, docente tutor e/o coordinatore, studente e famiglia) sottoscrivano un patto di corresponsabilità in cui, fra le varie, si specifichino le azioni e le tempistiche legate al Protocollo Intercultura; mentre lo studente è all’estero, il Consiglio di classe invia il primo diario di bordo dopo i primi mesi e il secondo diario di bordo qualche settimana prima della conclusione dell’esperienza; al rientro nella scuola d’appartenenza è da prevedere (i) un incontro dedicato alla presentazione guidata di fronte all’intero Consiglio di classe in cui gli studenti espongono la loro esperienza mentre i docenti ascoltano sostenuti dalla griglia di osservazione, (ii) un incontro per le prove di realtà, (iii) nei primi mesi, i docenti devono raccogliere delle osservazioni proprie e di terzi in cui sia rilevabile lo sviluppo della competenza interculturale dello studente. Infine, sulla base di tutti questi dati, il Consiglio di classe valuta la competenza interculturale mediante la rubrica valutativa. Figura 8. Le tempistiche del Protocollo di valutazione Intercultura 80 Protocollo di valutazione Intercultura 2. Diari di bordo Nel modello Protocollo Intercultura, il diario di bordo è stato inteso come uno degli strumenti per raccogliere dati mentre lo studente è all’estero monitorando lo sviluppo o meno della competenza interculturale. Esso, quindi, non è un diario personale e, a differenza di strumenti come questionari o test psicometrici, che hanno l’obiettivo di misurare la competenza interculturale, è uno strumento di matrice qualitativa che mira ad apprezzare e valorizzare lo sviluppo di tale competenza. Le domande stimolo del diario di bordo sono state elaborate tenendo presente non solo la cornice teoretica di riferimento del presente studio, ma anche un diario di bordo1 elaborato da un gruppo di progetto promosso dalla Fondazione Intercultura e dall’associazione Intercultura e l’Autobiografia degli incontri interculturali sviluppata dal Consiglio d’Europa (Byram et al., 2009). Il diario di bordo (Allegato 1) è strutturato in tre livelli d’analisi: – Il primo livello concerne l’aspetto personale, ovverosia la percezione che lo studente ha di sé e dei suoi eventuali cambiamenti. – Il secondo livello considera l’aspetto interpersonale: le domande stimolo consentono di apprezzare le esperienze relazionali che lo studente sta vivendo nel contesto ospitante e, quindi, inferire le sue capacità sociali e relazionali. – Il terzo livello si focalizza sulla conoscenza del contesto ospitante (ad es., sistema scolastico, storia, lingua, religione). Questo livello consente al Consiglio di classe di cogliere se lo studente stia acquisendo conoscenze specifiche del contesto estero, importanti per un’appropriata comunicazione interculturale. Inoltre, al termine del diario di bordo, è stato predisposto uno spazio libero in cui lo studente ha l’opportunità di narrare aspetti dell’esperienza che ritiene siano rilevanti per il Consiglio di classe. Il diario di bordo del Protocollo Intercultura è pensato per essere inviato per posta elettronica in formato ‘.doc’ e compilato dallo studente due volte mentre è all’estero e condiviso dall’intero Consiglio di classe italiano. Sono state predisposte due versioni: la prima per 1 Il diario di bordo elaborato dal gruppo di progetto è stato pubblicato nella versione di approfondimento on line della Guida operativa per il Dirigente Scolastico: Educazione interculturale e mobilità studentesca elaborata dall’associazione Intercultura e da ANP (https:// www.intercultura.it/mobilita-individuale/guida-operativa-per-dirigenti-scolastici/). L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura 81 essere compilata dopo i primi mesi dell’esperienza all’estero, indicativamente entro dicembre; la seconda per essere compilata verso la fine dell’esperienza. Il codice principale proposto per la compilazione del diario di bordo è la scrittura. Tuttavia, in seguito alla ricerca empirica, nel secondo diario di bordo è stata inserita una domanda stimolo che consente allo studente di utilizzare anche altri codici espressivi. 3. Linee guida per la presentazione (studente) e griglie di osservazione della presentazione guidata (insegnante) Nella ricerca empirica di Baiutti (2017) è emerso che alcune volte allo studente che partecipa a un programma di mobilità studentesca è richiesto di svolgere una presentazione della propria esperienza al Consiglio di classe. La ricerca sottolinea, altresì, che gli studenti non ricevono delle indicazioni di quali argomenti affrontare durante la presentazione e questo fa presuppore che il Consiglio di classe intenda tale presentazione più in chiave informativa che valutativa (Baiutti, 2017). Preso atto di ciò, all’interno del Protocollo Intercultura si è stabilito di mantenere la pratica della presentazione, ma, per diminuire il rischio che lo studente riporti avvenimenti non utili ai fini valutativi, si sono predisposte delle linee guida (Allegato 2). Quest’ultime richiedono allo studente di approfondire i seguenti punti dell’esperienza: (i) il contesto ospitante, (ii) la dimensione linguistica e comunicativa, (iii) la scuola ospitante, (iv) la dimensione relazionale, (v) la dimensione del sé. Queste linee guida sono state elaborate tenendo presente la cornice teoretica di riferimento della ricerca e visionando i suggerimenti per una relazione strutturata, elaborata dall’associazione Intercultura (2013). Per apprezzare e valorizzare l’eventuale acquisizione linguistica, nelle linee guida è richiesto allo studente di affrontare una parte della presentazione – quella connessa a lingua e comunicazione – nella lingua del Paese ospitante (o in una di esse) predisponendo una traduzione. La presentazione guidata è stata pensata per essere svolta nel periodo di reinserimento dello studente nella scuola d’origine alla presenza dell’intero Consiglio di classe. La natura valutativa della presentazione guidata è anche sottolineata da una griglia di osservazione predisposta per gli insegnanti 82 Protocollo di valutazione Intercultura (Allegato 3) che ha il fine di sostenere i docenti nel focalizzare la propria attenzione sugli aspetti salienti della competenza interculturale che possono emergere durante la presentazione dell’alunno. La griglia proposta durante la ricerca empirica, richiedeva al singolo docente del Consiglio di classe di individuare e annotare le eventuali evidenze riguardanti lo sviluppo delle attitudini, delle conoscenze e delle abilità connesse alla competenza interculturale dello studente. Per ognuna di esse erano stati proposti alcuni esempi. Tale griglia era l’evoluzione di una scheda interpretativa elaborata dalla Fondazione Intercultura e dall’associazione Intercultura in occasione di un webinar intitolato Competenze disciplinari e interculturali sviluppate durante un soggiorno di studio all’estero svoltosi il 27 maggio 20152. Inoltre, questa scheda è stata utilizzata in occasione di numerosi seminari di formazione per docenti e Dirigenti scolastici in tutta Italia organizzati dalla Fondazione Intercultura con la collaborazione dell’associazione Intercultura. Poiché dall’analisi dei dati (si veda § 2 del capitolo quinto) è emerso che sarebbe stato opportuno progettare anche una versione più agevole di tale griglia, è stata predisposta una variante (Allegato 3) che richiede al singolo docente di valutare, su una scala Likert da 1 (pochissimo) a 5 (moltissimo), il livello dei principali elementi della competenza interculturale. Sebbene questa variante della griglia osservativa non sia stata oggetto della ricerca empirica, la si ritiene comunque valida e attendibile in quanto è stata ispirata (i) da uno strumento molto diffuso elaborato da Berardo e Deardorff (2012, p. 50) e (ii) da uno degli strumenti elaborati per la ricerca DICTAM (Developing Intercultural Competence Through Adolescents’ Mobility), a cura della Fondazione Intercultura (M. Baiutti, D. K. Deardorff e R. Ruffino), la quale, nel momento in cui si scrive questo volume, è in corso. Pertanto, sono due le varianti della griglia di osservazione della presentazione guidata: gli insegnanti potranno scegliere, in base anche alle proprie attitudini, se compilare la griglia che presuppone di annotare delle evidenze o quella che richiede di spuntare il livello di sviluppo di alcuni elementi della competenza interculturale. Una volta compilata la griglia, è auspicabile che i membri del Consiglio di classe confrontino le osservazioni emerse. 2 http://www.scuoleinternazionali.org/Formazione/ L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura 83 4. Prove di realtà Nell’ambito del Protocollo Intercultura, le prove di realtà sono state immaginate come delle prove con un’impostazione stimolorisposta in cui, a partire da degli scenari, vengono poste delle domande o delle richieste le cui risposte, o i criteri di validità di esse, sono già note (Tessaro, 2014). Tali prove devono essere strutturate in modo tale che abbiano una certa aderenza con la realtà: vengono cioè predisposti «item con situazioni e contesti conosciuti e familiari agli studenti» (Tessaro, 2014, p. 80). È importante sottolineare che «le prove, da sole, non permettono di valutare la competenza, ma possono supportarla» (Tessaro, 2014, p. 79). Le prove di realtà elaborate per la sperimentazione del Protocollo Intercultura (Allegato 4) erano tre e si sviluppavano a partire da uno scenario reale o verosimile (ad es., articolo di giornale, situazione concreta) ed erano composte da risposte chiuse (ad es., scelta multipla) e risposte costruite (ad es., spiegare una soluzione) (Tessaro, 2014). Una volta elaborate le tre prove si è effettuato uno studio pilota con tre studenti che avevano fatto un’esperienza di mobilità studentesca per verificarne l’appropriatezza. Le prove sono state pensate per essere somministrate allo studente in forma individuale nei primi mesi dal rientro nella scuola d’origine. Il tempo massimo per la compilazione era di quarantacinque minuti. 5. Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi La scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi progettate per il Protocollo Intercultura (Allegato 5) ha la finalità di documentare e mantenere traccia di episodi, frasi, comportamenti particolarmente significativi in cui lo studente dimostra di aver sviluppato la competenza interculturale. Tali osservazioni possono essere ritenute sistematiche, nell’accezione di senso proposta da Pellerey (2004), in quanto sono guidate, strutturate e mosse da una precisa intenzionalità di raccolta dati a fini valutativi. La compilazione di tali schede spetta ai singoli docenti del Consiglio di classe i quali possono annotare l’osservazione diretta in un contesto formale o informale di una situazione interculturale (ad es., l’inserimento nella scuola di uno studente che non è di madrelingua italiano; la modalità di partecipazione a un dibattito fra persone aventi background culturali diversi) in cui è coinvolto lo studente rientrato. Tali eventi interculturali posso- 84 Protocollo di valutazione Intercultura no anche essere stimolati ad hoc, ad esempio, proponendo un articolo di giornale su questioni interculturali e creando dibattiti in classe. Nella scheda possono essere annotati anche episodi o impressioni che vengono narrati ai docenti del Consiglio di classe da persone che interagiscono spesso con lo studente. Queste ultime possono essere, ad esempio, genitori, compagni di classe, assistenti di laboratorio, collaboratori scolastici, volontari di Intercultura. Nel caso delle osservazioni di terzi, spetta al docente stabilire chi coinvolgere e l’attendibilità di ciò che viene riportato. C’è quindi un margine di discrezionalità del docente ed è per questo importante che tale strumento sia sempre visto nell’ottica trifocale che sottende il modello Protocollo Intercultura. Le schede sono pensate per essere compilate nei primi mesi di reinserimento dello studente a scuola. Tuttavia, come proposto da una partecipante alla ricerca empirica, tali schede potrebbero essere compilate anche mentre lo studente è all’estero qualora ci fossero delle attività, come una videochiamata fra la classe ospitante e la classe d’origine, che consentano di raccogliere dati interpretabili come sviluppo della competenza interculturale. Prima della compilazione della rubrica valutativa è auspicabile che il Consiglio di classe si confronti sulle diverse osservazioni raccolte. 6. Altro materiale Gli strumenti progettati all’interno del Protocollo Intercultura possono essere affiancati da tutti quegli altri materiali che consentono al Consiglio di classe di rilevare dati utili alla valutazione dello sviluppo (o meno) della competenza interculturale dello studente che ha partecipato a un programma annuale di mobilità studentesca individuale come ad esempio un blog che lo studente scrive mentre è all’estero, le mail informali che lo studente scambia con i docenti, i documenti prodotti dalla scuola ospitante, la certificazione linguistica. A seconda della tipologia dei materiali essi possono appartenere alla dimensione soggettiva, oggettiva o intersoggettiva. 7. Rubrica valutativa La rubrica valutativa del Protocollo Intercultura (Allegato 6) è stata progettata come «un prospetto sintetico di descrizione di una L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura 85 competenza utile a identificare ed esplicitare le aspettative relative a un certo allievo» (Castoldi, 2009, p. 75; 2016; si veda anche Deardorff, 2015; McTighe & Ferrara, 1996). Essa è stata pensata come una rubrica analitica ovverosia una rubrica in cui l’oggetto di valutazione – la competenza interculturale sviluppata dallo studente che partecipa a un programma annuale di studio all’estero – è stato particolareggiato nei suoi elementi caratterizzanti (Castoldi, 2009, 2016; Deardorff, 2015). La rubrica così configurata prevede i seguenti elementi: – Dimensioni: con questo termine si sono intesi i principali componenti della competenza interculturale, cioè le attitudini, le conoscenze e le abilità. – Criteri: per ogni dimensione si sono selezionati dei criteri (due per le attitudini, tre per le conoscenze e tre per le abilità); per ognuno di essi è stata fornita una definizione contestualizzata alla mobilità studentesca individuale di lunga durata nella scuola secondaria di II grado. – Livelli: per ogni criterio si sono individuati tre livelli, ovverosia livello base, livello intermedio e livello avanzato. – Descrittori: per ogni livello si è elaborato almeno un descrittore intendendo con ciò una frase, tendenzialmente in forma attiva, che descrive che cosa lo studente è in grado di fare se padroneggia quel livello per quel determinato criterio. I principi adottati per la formulazione di tali descrittori sono stati: • Verificabilità: i descrittori descrivono qualcosa che sia osservabile o inferibile. • Positività: i descrittori si focalizzano su ciò che lo studente sa fare e non su ciò che non sa fare. • Chiarezza: i descrittori sono scritti in modo chiaro, cioè non danno adito ad interpretazioni ambigue. • Brevità: i descrittori sono relativamente brevi.3 – Ancore: per ogni livello sono state individuate delle ancore, ovverosia degli esempi concreti che esplicitano alcune delle possibili azioni messe in campo dallo studente per poter affermare che esso padroneggia quel livello di competenza. 3 Sebbene al momento della definizione dei criteri per la progettazione dei descrittori non fosse ancora stato pubblicato Descriptors of competences for democratic culture (Barrett et al., 2018b), alcuni di essi sono stati ispirati a quelli adottati nel lavoro del Consiglio d’Europa in quanto l’Assegnista aveva avuto occasione di visionarli prima della loro pubblicazione. 86 Protocollo di valutazione Intercultura Nella rubrica, inoltre, è stata predisposta una parte in cui il Consiglio di classe può aggiungere eventuali commenti. Per l’individuazione e la progettazione della rubrica valutativa ci si è basati principalmente sulla cornice teoretica di riferimento del presente studio e, in modo particolare, sul concetto di competenza interculturale elaborato da Deardorff (2006) e sugli indicatori di tale competenze specifici per il contesto della mobilità studentesca (Baiutti, 2017, 2018a). Di particolare supporto, inoltre, sono stati i suggerimenti di Blair (2017) nel progettare una rubrica valutativa della competenza interculturale. Contestualmente ai riferimenti teoretici, si sono visionate delle rubriche valutative che avevano collegamenti espliciti o impliciti con la competenza interculturale, fra cui: – Association of American Colleges & Universities’ VALUE Rubric (Rhodes, 2009). – Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (Consiglio d’Europa, 2002). – Rubrica valutativa elaborata nell’ambito del progetto PRIN 2008 Competenze interculturali: modelli teorici e metodologie di formazione (Lo Bue, 2013, pp. 144-148). – Rubrica valutativa del progetto Intercultural Competence Assessment (INCA, 2004). – Certificazione delle competenze di base acquisite nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione (MIUR, 2010). – Rubrica valutativa elaborata all’interno del progetto (non pubblicato) AFS Educational Impact Assessment Pilot ICL e-Portfolio Assessment Documentation. – Aree di competenza interculturale e indicatori (non pubblicati) elaborati da un gruppo di progetto promosso nel 2015 dalla Fondazione Intercultura e dall’associazione Intercultura. – La cornice concettuale della valutazione della Global Competence dell’OCSE PISA (2018)4. Le rubriche sopra elencate non sono collegate direttamente all’ambito della mobilità studentesca nella scuola secondaria di II grado, e qualora lo facciano, non si basano su una ricerca empirica. Pertanto, lo sforzo del presente studio è stato quello di elaborare 4 Al momento della progettazione della rubrica valutativa, l’Assegnista ne era già a conoscenza in quanto era stato consulente per il progetto della valutazione della global competence dell’OCSE PISA. L’elaborazione del Protocollo di valutazione Intercultura 87 una rubrica valutativa che fosse adeguata agli studenti della scuola secondaria di II grado rientranti da un programma annuale di studio all’estero e, allo stesso tempo, fosse il risultato di una sperimentazione sul campo. Per quanto concerne gli esempi, essi sono contestuali poiché ricavati da interviste svolte con studenti durante la precedente ricerca dell’Assegnista (Baiutti, 2017, 2018a) e durante i seminari di formazione per docenti e Dirigenti scolastici organizzati dalla Fondazione Intercultura con la collaborazione dell’associazione Intercultura. L’elaborazione della rubrica valutativa ha attraversato diverse fasi (si veda Figura 9): Figura 9. Fasi progettazione della rubrica valutativa (RV) – Sulla base della revisione della letteratura e della conoscenza del contesto di riferimento, si è data forma alla prima versione della rubrica. Tale versione è stata prima elaborata in italiano, successivamente tradotta in inglese e rivista da una proofreader professionista, infine, è stata effettuata la back-translation5. 5 È stato chiesto a una dottoranda italiana, che al momento della back-translation stava 88 Protocollo di valutazione Intercultura – La rubrica e un questionario connesso ad essa (si veda § 2.3 del capito quarto) sono stati inviati a un gruppo internazionale di 29 esperti (si veda § 1 del capitolo quarto). – Sulla base dei commenti ricevuti dagli esperti, si è modificata la rubrica che è stata rivista in lingua italiana, è stata tradotta in inglese e controllata dalla proofreader professionista e, infine, è stata effettuata la back-translation6. – La rubrica e un questionario (si veda § 2.3 del capitolo quarto) sono stati in questa fase inoltrati a un gruppo ristretto (10 persone) degli esperti internazionali coinvolti in precedenza, per un secondo consulto. – Sulla base dei nuovi commenti ricevuti dagli esperti si è ulteriormente modificata la rubrica valutativa (terza versione). – La terza versione della rubrica (in italiano) è stata quindi utilizzata dai 113 docenti partecipanti allo studio empirico. Dopo averla utilizzata, è stato chiesto agli insegnanti di compilare un questionario connesso alla rubrica (si veda § 2.3 del capitolo quarto). – Sulla base dei commenti dei docenti, la rubrica è stata rivista. La rubrica valutativa è stata concepita per essere compilata collegialmente7, dopo qualche mese dal rientro nella scuola d’origine, dal Consiglio di classe sulla base dell’ampia e multiprospettica gamma di dati raccolti mediante gli strumenti progettati all’interno del Protocollo Intercultura. svolgendo il proprio dottorato in un’università del Regno Unito su tematiche di educazione interculturale, di prendere visione della rubrica valutativa in inglese e di ritradurla in italiano. Si sono, quindi, confrontate la versione originale della rubrica e la versione tradotta dalla dottoranda per accertarsi dell’accuratezza della traduzione. 6 In questo caso si è chiesto di effettuare la back-translation a un dottore di ricerca italiana che aveva terminato da poco il proprio dottorato nel Regno Unito concernente questioni di educazione interculturale. 7 Sull’importanza del valore collegiale del processo valutativo, Castoldi (2016) afferma: «una valutazione affidata a una pluralità di soggetti è una condizione per ridurre l’inevitabile soggettività presente nel giudizio valutativo; anziché inseguire il mito di una valutazione oggettiva risulta utile e urgente lavorare su questa dimensione di collegialità verso una condivisione del linguaggio e dei criteri di giudizio tra docenti» (p. 61). Capitolo Quarto Metodologia della ricerca La domanda di ricerca che ha sotteso lo studio Protocollo di valutazione Intercultura era: quali possono essere gli strumenti – all’interno del contesto della scuola secondaria di II grado – per valutare e valorizzare la competenza interculturale degli studenti che hanno partecipato a un programma annuale di mobilità studentesca individuale internazionale? Per rispondere a tale quesito, oltre a uno studio teoretico, si è condotta una ricerca empirica. Questa scelta trova la sua genesi nella convinzione che un modello operativo, come quello proposto in questo volume, oltre a fondarsi su solide basi teoretiche, debba anche essere ancorato al contesto, ovverosia debba tenere presente la realtà per cui è stato progettato. Per conseguire questo secondo risultato è necessario andare sul campo e collaborare con gli attori che vi gravitano attorno. Preso atto di ciò, si è ritenuto che l’approccio metodologicamente più appropriato fosse rappresentato dalla ricerca-azione, intesa in questa sede come un «intervention in the functioning of the ‘real’ world and a systematic, close examination, monitoring and review of the effects of such an intervention, combining action and reflection to improve practice» (Cohen, Manion, & Morrison, 2018, p. 441). 1. Partecipanti I partecipanti all’intera ricerca erano insegnanti della scuola secondaria di II grado i quali avevano almeno uno studente all’estero nell’anno scolastico 2016/17 con l’associazione Intercultura. Tali insegnanti erano: (i) docenti facenti parte di un Consiglio di classe avente almeno uno studente all’estero, oppure (ii) docenti tutor di uno studente all’estero, oppure (iii) responsabili della mobilità studentesca d’istituto1 in cui vi fosse almeno uno studente all’estero. 1 La terminologia utilizzata nel lessico scolastico per questa figura è varia. 90 Protocollo di valutazione Intercultura Il reclutamento è stato effettuato mediante diversi canali. Il principale è stato inviare a metà settembre 2016 una mail di presentazione del progetto di ricerca agli insegnanti tutor segnalati all’associazione Intercultura dagli studenti all’estero con un loro programma annuale nell’a.s. 2016/172. Altri canali sono stati: (i) la presentazione del progetto di ricerca in seminari di formazione per insegnanti; (ii) il sito web della Fondazione Intercultura; (iii) il sito web di TuttoScuola; (iv) contatti personali dell’Assegnista. Le iscrizioni (mediante modulo Google Drive) si sono chiuse nei primi giorni del mese di ottobre 2016. Inizialmente gli iscritti alla ricerca erano 158. Al termine della raccolta dati (dicembre 2017) gli iscritti che avevano partecipato all’intero studio erano 113. Il campione finale, con prevalenza di docenti donne (103 donne e 10 uomini), risulta essere eterogeneo sotto diversi punti di vista: (i) disciplina insegnata (si veda Tabella 6), (ii) anni di insegnamento (si veda Tabella 7), (iii) ubicazione regionale della scuola (si veda Tabella 8). Tabella 6. Discipline di insegnamento (insegnanti) Discipline insegnate Frequenze Frequenze assolute (n=113) percentuali Architettura, Storia dell’arte 04 03,54% 03 02,65% Economia aziendale Educazione fisica 01 00,88% Italiano, Latino, Storia, Filosofia, Scienze umane 30 26,55% Lingue straniere (Inglese, Francese, Spagnolo) 66 58,41% Matematica, Fisica, Scienze, Informatica 06 05,31% 03 02,65% Religione cattolica Tabella 7. Anni di insegnamento (insegnanti) Anni di insegnamento Frequenze assolute (n=113) Frequenze percentuali Da 2 a 5 anni 01 00,88% Da 6 a 10 anni Da 11 a 15 anni Da 16 a 20 anni Da 21 a 25 anni Da 26 a 30 anni Oltre 30 anni 2 05 11 23 26 19 28 Al momento dell’invio della mail erano stati segnalati 597 tutor. 04,42% 09,73% 20,35% 23,01% 16,81% 24,78% Metodologia della ricerca 91 Tabella 8. Ubicazione regionale della scuola (insegnanti) Regioni delle scuole Basilicata Campania Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Valle d’Aosta Veneto Frequenze assolute (n=113) Frequenze percentuali 08 07,08% 11 09,73% 08 07,08% 01 00,88% 22 19,47% 01 00,88% 10 08,85% 01 00,88% 07 06,19% 14 12,39% 10 08,85% 07 06,19% 04 03,54% 01 00,88% 01 00,88% 07 06,19% Oltre agli insegnanti, preso atto della complessità connessa alla progettazione di uno degli strumenti del Protocollo Intercultura, ovverosia la rubrica valutativa, si è deciso di formare un gruppo internazionale di esperti da consultare specificatamente per esso. Pertanto, fra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2017, sono state invitate via posta elettronica 48 persone3 da tutti i continenti a far parte del gruppo internazionale di esperti e 29 di esse (18 donne e 11 uomini) hanno dato la loro disponibilità (si veda Tabella 9). Tutti gli esperti si sono occupati di uno o più argomenti connessi allo studio Protocollo di valutazione Intercultura svolgendo ricerche e pubblicazioni. 3 La scelta degli esperti ha seguito essenzialmente tre modalità: (i) analisi della letteratura; (ii) segnalazione da parte di altri esperti; (iii) conoscenza personale dell’Assegnista. 92 Protocollo di valutazione Intercultura Tabella 9. Gruppo internazionale degli esperti Cognome e nome Almeida Joana Barrett Martyn Baxter Frances Beaven Ana Boix Mansilla Veronica Borghetti Claudia Byram Michael Cabezudo Alicia Castoldi Mario Coelen Robert Damini Marialuisa Deardorff Darla Fantini Alvino E. Fornasari Alberto Furuta-Fudeuchi Misa Ganassin Sara Granata Anna Heleta Savo Henk Oonk Holmes Prue Hunter Fiona Milani Marta Onorati Maria Giovanna Piacentini Mario Portera Agostino Romiti Sara Roverselli Carla Weibl Gabriel Živanović Dunja Affiliazione Newcastle University University of Surrey AFS Intercultural Programs Università di Bologna Harvard Graduate School of Education Università di Bologna Durham University International Peace Bureau Università di Torino Stenden University of Applied Sciences Università di Padova Duke University SIT Graduate Institute Università di Bari Durham University Durham University Università di Torino Nelson Mandela Metropolitan University Leibniz Universität Hannover Durham University Università Cattolica di Milano Università di Verona Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo OCSE - OECD Università di Verona INVALSI Università di Roma “Tor Vergata” Comenius University Belgrade University AFS Intercultural Programs Paese affiliazione Regno Unito Regno Unito Australia Italia Stati Uniti Argentina Italia Regno Unito Svizzera Italia Paesi Bassi Italia Stati Uniti Stati Uniti Italia Regno Unito Regno Unito Italia Sudafrica Germania Paesi Bassi Regno Unito Italia Italia Italia Francia Italia Italia Italia Slovacchia Serbia Metodologia della ricerca 93 1.1. Formazione insegnanti Tutti gli insegnanti hanno ricevuto una formazione iniziale tenuta dall’Assegnista. La formazione in presenza, di sette ore, si è svolta fra novembre e dicembre 2016 in 11 regioni italiane4 e si è focalizzata sulle seguenti tematiche: – L’internazionalizzazione dell’educazione e la mobilità studentesca internazionale in Italia. – Il concetto di ‘competenza’ e di ‘interculturalità’. – La competenza interculturale: modelli e definizioni. – La normativa italiana concernente la mobilità internazionale individuale. – La valutazione della competenza interculturale: miti, suggerimenti e modelli. Alla formazione in presenza hanno partecipato 105 docenti. Per gli insegnanti cui non è stato possibile essere presenti (8 docenti)5 è stato predisposto un webinar sostitutivo di 2 ore (con la possibilità di rivedere la registrazione), svoltosi il 15 gennaio 2017. Il 29 agosto 2017, inoltre, si è svolto un webinar (2 ore, con la possibilità di rivedere la registrazione) per tutti i docenti, in cui sono stati brevemente ripresi gli argomenti trattati durante la formazione in presenza e si è illustrato l’intero modello Protocollo Intercultura spiegando nel dettaglio gli strumenti che non erano ancora stati utilizzati e le tempistiche. 2. Raccolta dati I metodi per la raccolta dei dati sono parzialmente variati a seconda degli strumenti presi in considerazione (per una sintesi si veda Tabella 10). Questa scelta è stata principalmente determinata dalle risorse messe in campo (un unico Assegnista di ricerca) in rapporto al vasto contesto (tutta Italia) in cui si è svolta la ricerca. 4 Le regioni in cui si sono svolte le attività in presenza – fra cui la formazione iniziale – sono quelle che avevano raggiunto un minimo di cinque iscritti (Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto). Nelle regioni in cui non si era raggiunto il numero minimo si è chiesto agli iscritti di partecipare alle attività in presenza nelle regioni limitrofe. Unico caso che non ha rispettato tale regola è la Toscana, in quanto inizialmente vi erano 5 iscritti ma hanno effettivamente partecipato in 4 docenti. 5 Tre iscritti (conteggiati nel presente volume fra i partecipanti alle attività in presenza) non hanno potuto essere presenti per l’intera durata della formazione in presenza. Per tale motivo, sono stati invitati a partecipare anche al webinar. 94 Protocollo di valutazione Intercultura Tabella 10. Metodi per la raccolta dei dati Strumenti del Metodi per la raccolta dati Protocollo Intercultura Diario di bordo (primo) Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Rubrica valutativa – Focus group 2 (100 docenti) – Attività sostitutiva: SWOT (12 docenti) – Focus group 2 (100 docenti) – Attività sostitutiva: SWOT (13 docenti) – Questionario 1 (29 esperti) – Questionario 2 (10 esperti) – Questionario 3 (113 docenti) – Focus group 2 (100 docenti) Diario Assegnista di ricerca Diario di bordo (secondo) Linee guida per la presentazione guidata (studente) e griglia di osservazione della presentazione guidata (insegnante) Prove di realtà – Focus group 1 (89 docenti) – Attività sostitutiva: scheda SWOT (21 docenti) – Scheda SWOT (113 docenti) – Osservazioni in 6 scuole (Assegnista di ricerca) – Focus group 2 (100 docenti) – Attività sostitutiva: SWOT (12 docenti) 2.1. Diari di bordo Per conoscere il parere degli insegnanti rispetto al primo diario di bordo (dopo averlo somministrato agli studenti all’estero) si è adottato il metodo del focus group qui inteso come «una tecnica di rilevazione dei dati […] che si basa sulle informazioni che emergono da una discussione di gruppo» (Zammuner, 2003, p. 9): attraverso una serie di stimoli del moderatore, «i soggetti sono incoraggiati a discutere ciò che pensano su di un certo ‘oggetto’, a spiegare perché hanno quelle certe opinioni, come le giustificano, su quali fonti si basano, a dire cosa ritengono che pensino altri individui sullo stesso argomento, e così via» (Zammuner, 1998, p. 75). Preso atto della natura interattiva, la tecnica del focus group ha favorito non solo la partecipazione, ma un vero e proprio scambio di opinioni e di riflessioni fra i partecipanti. Si sono svolti 126 focus group regionali in presenza fra febbraio e 6 I focus group si sono svolti nelle 11 regioni in cui si è effettuata la formazione in presenza (si veda nota 4 in questo capitolo). Tuttavia, preso atto del numero elevato di partecipanti, nel Lazio è stato necessario dividere il gruppo e svolgere quindi due focus group. Metodologia della ricerca 95 aprile 2017 ai quali hanno partecipato 89 docenti. I focus group sono stati moderati dall’Assegnista7 usando come stimolo delle domande ispirate al modello dell’analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats). L’analisi SWOT è nata come «a key tool for addressing complex strategic situation by reducing the quantity of information to improve decision-making» (Helms & Nixon, 2010, p. 216) e oggi trova applicazioni, con diverse finalità, in svariati contesti (Helms & Nixon, 2010). Uno di essi è la ricerca accademica in ambito educativo dove, fra le varie possibilità di impiego, vi è quella di raccogliere dati concernenti le opinioni degli insegnanti. Questo, ad esempio, è il caso dello studio di Even-Zahav e Hazzan (2018) il quale mira a comprendere come gli insegnanti STEM delle scuole secondarie di II grado in Israele percepiscono la propria professione e il loro sistema educativo. Il principale strumento utilizzato per raccogliere i dati è stato la SWOT interview intesa come un’intervista semistrutturata e in profondità basata sulle quattro dimensioni dell’analisi SWOT. Le domande stimolo dei focus group per facilitare la discussione sono state: – Quali sono i punti di forza del diario di bordo? (Strengths) – Quali sono i punti di debolezza del diario di bordo? (Weaknesses) – Quali modifiche sarebbe opportuno effettuare al diario di bordo? Quali potrebbero essere gli sviluppi? (Opportunities) – Quali potrebbero essere i rischi o le conseguenze negative dell’uso del diario di bordo? (Threats) Oltre a ciò, si è anche chiesto quale fosse stato l’atteggiamento degli studenti nella compilazione del diario di bordo e quello dei colleghi del Consiglio di classe nel leggerlo. Ogni focus group è stato audio-registrato (tot. 20 ore e 23 minuti) e parzialmente trascritto verbatim seguendo la tecnica dell’unfocused transcription (Gibson & Brown, 2009). Per chi non aveva potuto partecipare ai focus group regionali (21 persone8), è stata prevista un’attività sostitutiva inviata tramite posta elettronica: coerentemente con i focus group, è stata predisposta 7 In un caso era presente anche il Responsabile scientifico della ricerca in qualità di osservatore. Il fatto che durante i focus group vi fosse un solo ricercatore è da considerarsi come un limite della ricerca; tuttavia, tale limite non poteva essere superato preso atto delle risorse assegnate allo studio. 8 3 partecipanti non hanno partecipato al focus group regionale e non hanno completato l’attività sostitutiva. 96 Protocollo di valutazione Intercultura una scheda in formato digitale dell’analisi SWOT più due domande aperte («Secondo Lei, come ha accolto lo studente/la studentessa il diario di bordo?»; «Secondo Lei, come ha accolto il Consiglio di classe il diario di bordo?»). Tale scheda è stata compilata individualmente. Per raccogliere il punto di vista dei docenti rispetto al secondo diario di bordo non è stato possibile effettuare un secondo ciclo di focus group per motivi di tempistiche (i focus group si sarebbero dovuti svolgere al termine della scuola, durante gli Esami di stato o durante l’estate non garantendo, quindi, una significativa partecipazione) e di risorse. Preso atto di questo limite, nel mese di giugno 2017, dopo che era già stato somministrato agli studenti il secondo diario di bordo, si è optato per l’invio di una scheda tramite posta elettronica a tutti i docenti. Tale scheda in formato digitale dell’analisi SWOT conteneva anche le domande aperte menzionate nell’attività sostitutiva del primo focus group. 2.2. Linee guida per la presentazione (studente) e griglia di osservazione della presentazione guidata (insegnante), prove di realtà, scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Per raccogliere i dati connessi alle linee guida per la presentazione e alla griglia di osservazione, si sono svolte alcune osservazioni sul campo: fra il mese di agosto e quello di ottobre 2017, l’Assegnista si è recato in 6 scuole, situate in parti diverse d’Italia9, e ha osservato 9 studenti mentre svolgevano la loro presentazione guidata di fronte al Consiglio di classe o a parte di esso. Successivamente, fra il mese di novembre e quello di dicembre 2017, per comprendere il parere degli insegnanti rispetto, non solo (i) all’utilizzo della presentazione guidata e della griglia di osservazione dell’esposizione, ma anche degli altri strumenti, ovverosia (ii) le prove di realtà e (iii) le schede per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi, si è ricorso nuovamente al metodo dei focus group. A questi ultimi, che sono stati condotti dall’Assegnista nello stesso modo dei precedenti, hanno partecipato 100 docenti. Anche in questo caso i focus group sono stati interamente audio-registrati (tot. 27 ore e 45 minuti) e parzialmente trascritti verbatim seguendo la tecnica dell’unfocused transcription (Gibson & Brown, 2009). 9 Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Puglia e Sicilia. Metodologia della ricerca 97 Per chi non ha potuto partecipare al focus group regionale (13 persone) è stata predisposta un’attività sostitutiva individuale (la compilazione di tre schede digitali in formato SWOT, una per ogni strumento10) inviata tramite posta elettronica. 2.3. Rubrica valutativa Per la raccolta dei dati connessi alla rubrica valutativa si sono principalmente utilizzati dei questionari in momenti diversi. Si è scelta tale modalità in quanto per questo strumento, oltre ai docenti, erano stati coinvolti gli esperti; inoltre, perché si desiderava raccogliere un parere individuale molto dettagliato rispetto a un numero elevato di item. Il primo questionario, redatto in lingua inglese, e concernente la prima versione della rubrica valutativa, era rivolto al gruppo internazionale degli esperti ed è stato somministrato via posta elettronica alla fine di giugno 2017. Esso era suddiviso in tre parti: – Prima parte: informazioni personali. – Seconda parte: valutazione analitica della rubrica valutativa. Nello specifico si è chiesto agli esperti di esprimere il proprio grado di accordo, mediante una scala Likert (1 = assolutamente contrario; 2 = contrario; 3 = d’accordo; 4 = assolutamente d’accordo), rispetto ad affermazioni concernenti: a) Progressione dei livelli. b) Verificabilità dei descrittori. c) Corrispondenza dei descrittori ai criteri di riferimento. d) Appropriatezza degli esempi. Inoltre, se lo ritenevano opportuno, gli esperti potevano fornire dei suggerimenti per migliorare la rubrica valutativa. Si veda nella Figura 10 un estratto del questionario. – Terza parte: commento generale sulla rubrica valutativa (opzionale). 10 In un caso, il partecipante ha compilato solo una scheda SWOT. 98 Protocollo di valutazione Intercultura 1= disagree strongly 2= disagree Criterion: knowledge of the host country language 3= agree 4= agree strongly The descriptors and examples for each level effec1 2 3 4 tively indicate the progression in proficiency from one level to the next for criterion ‘knowledge of the host country language’. If you think that the assessment rubric levels for this criterion should be improved, can you please give your suggestions for further improvement. Descriptor(s) – Basic Level (Criterion: knowledge of the host country language) The student is able to maintain a simple conversation with a person who speaks the host context language. The descriptor highlighted in grey describes some1 2 3 4 thing that can be observed or inferred. The descriptor highlighted in grey matches the 1 2 3 4 targeted criterion (knowledge of the host country language). If you think that this descriptor should be improved, can you please give your suggestions for further improvement. Example(s) – Basic Level (Criterion: knowledge of the host country language) The student reports episodes in which he/she was able to ask for and understand directions; describes an episode in which he/she was able to ask for information while he/she was doing the shopping at the market. The examples highlighted in grey are appropriate 1 2 3 4 to the basic level for this criterion (knowledge of the host country language). If you think the examples are not appropriate to that level, can you please give your suggestions for further improvement. Figura 10. Estratto del primo questionario (esperti) Dopo la somministrazione del questionario, l’analisi dei dati (si veda § 3 in questo capitolo) e la revisione della prima versione della rubrica valutativa, si è invitata nuovamente una parte (14 soggetti)11 del gruppo internazionale degli esperti a fornire dei commenti sulla seconda versione della rubrica valutativa e in 10 si sono resi nuovamente disponibili. Nel mese di settembre 2017, quindi, si è inviata loro una mail con un questionario (redatto in lingua inglese) in cui si chiedeva di fornire un commento generale sulla seconda versione della rubrica valutativa. 11 Coloro i quali avevano dichiarato nel primo questionario di aver svolto ricerca nell’ambito della valutazione della competenza e/o, più specificatamente, della competenza interculturale. Metodologia della ricerca 99 Dopo aver rivisto la seconda versione della rubrica sulla base dei suggerimenti ricevuti dagli esperti, si è inviata la terza versione della rubrica valutativa agli insegnanti. Quest’ultimi, dopo averla utilizzata, hanno compilato all’inizio del mese di novembre 2017 un questionario così strutturato: – Prima parte: informazioni personali. – Seconda parte: valutazione analitica della rubrica valutativa. Nello specifico si è chiesto agli insegnanti di esprimere il proprio grado di accordo, mediante una scala Likert (1 = assolutamente contrario; 2 = contrario; 3 = d’accordo; 4 = assolutamente d’accordo), rispetto ad affermazioni concernenti: a) Progressione dei livelli. b) Verificabilità dei descrittori. c) Chiarezza dei descrittori. d) Chiarezza degli esempi. Inoltre, se lo ritenevano opportuno, gli insegnanti potevano fornire dei suggerimenti per migliorare la rubrica valutativa. Si riporta nella Figura 11 un estratto del questionario. Criterio: Curiosità 1= Assolutamente contrario 2= Contrario 3= D’accordo 4= Assolutamente d’accordo I livelli del criterio «curiosità» indicano una pro1 2 3 4 gressione di competenza. Se ritiene che la progressione dei livelli del criterio «curiosità» debba essere modificata, cortesemente scriva di seguito come. Descrittore – Livello base (Criterio: Curiosità) Esprime interesse a interagire con persone percepite come aventi background culturali diversi. Il descrittore sopra riportato descrive qualcosa che 1 2 3 4 può essere osservato o inferito. Il descrittore sopra riportato è scritto in modo chiaro. 1 2 3 4 Se ritiene che il descrittore sopra riportato debba essere modificato, cortesemente scriva di seguito come. Esempio – Livello base (Criterio: Curiosità) Ad es., chiede all’insegnante di partecipare a un incontro organizzato da un’altra classe con un gruppo di studenti stranieri. L’esempio sopra riportato è scritto in modo chiaro. 1 2 3 4 Se ritiene che l’esempio sopra riportato debba essere modificato, cortesemente scriva di seguito come. Figura 11. Estratto del questionario (insegnanti) 100 Protocollo di valutazione Intercultura – Terza parte: commento generale sulla rubrica valutativa. – Quarta parte: prospettive future del Protocollo Intercultura. Inoltre, durante il secondo focus group regionale, si è chiesto agli insegnanti se desiderassero aggiungere ulteriori commenti e suggerimenti migliorativi rispetto alla rubrica valutativa. Uno dei limiti emersi dei questionari progettati è che avendo proposto una scala Likert composta di sole quattro possibilità si sono diminuite le sfumature di accordo/disaccordo. Tuttavia, si ritiene che tale limite sia stato parzialmente arginato ponendo la richiesta di fornire eventuali modifiche migliorative. 2.4. Diario dell’Assegnista di ricerca In occasione di ogni incontro in presenza, l’Assegnista ha stilato un diario (auto)etnografico in cui riportava (i) alcuni dati dell’incontro (ad es., luogo e data dell’incontro, il numero dei presenti), (ii) la sintesi dei principali risultati emersi dalla discussione, (iii) certuni aspetti etnografici e autoetnografici (Adams, Jones, & Ellis, 2015). 3. Analisi dei dati Preso atto della natura dei dati e della finalità dello studio, per l’analisi dei dati si è proceduto con modalità diverse. Per quanto concerne i dati raccolti mediante focus group, schede SWOT, osservazioni e diario dell’Assegnista si è familiarizzato con i dati. Questa fase è corrisposta: nel caso dei soli focus group, alla trascrizione e al loro riascolto consecutivo come suggerito da Hycner (1985, p. 281); per tutti i metodi di raccolta, alla lettura e rilettura di tutti i dati12. Successivamente, nel caso dei dati connessi specificatamente alla modifica degli strumenti proposti, li si è codificati13 con un approccio deduttivo14, avvalendosi del software NVivo 12 for Mac. In questo caso i codici erano, ad esempio, ‘togliere’, ‘modificare parola’, La lettura e rilettura dei dati è proseguita per tutta la fase di analisi. Codificare, in questa sede, è stato inteso come l’assegnare dei codici cioè «a name or label that researcher gives to a piece of text which contains an idea or a piece of information» (Cohen et al., 2018, p. 668). 14 L’approccio deduttivo è quello che prevede che il ricercatore abbia creato una lista provvisoria di codici prima dell’analisi sulla base, ad esempio, della domanda della ricerca, della cornice teoretica di riferimento (Miles, Huberman, & Saldaña, 2014). 12 13 Metodologia della ricerca 101 ‘modificare livello’. Successivamente, si è verificata la loro ricorrenza, nonché la loro coerenza con l’impianto teoretico di riferimento, e, sulla base di ciò, si è proceduto con la revisione degli strumenti. Nel caso, invece, dei dati connessi all’uso degli strumenti si è optato per seguire i principi della thematic analysis qui intesa come «a data reduction and analysis strategy by which qualitative data are segmented, categorized, summarized, and reconstructed in a way that captures the important concepts within the data set» (Ayres, 2008, p. 867). La codifica dei dati, sempre avvalendosi del software NVivo 12 for Mac, è stata svolta sia in modo deduttivo che induttivo15. In seguito, si sono create le prime tematiche, le si è riviste, si è verificato che ogni tematica potesse essere descritta con poche frasi e fosse autonoma e, infine, si è scritto il capitolo quinto del presente volume (Braun & Clarke, 2006). Per quanto riguarda i dati raccolti mediante i questionari, si è optato per un approccio di analisi multimetodo. Per l’analisi dei dati quantitativi, raccolti mediante scala Likert (1 = assolutamente contrario; 2 = contrario; 3 = d’accordo; 4 = assolutamente d’accordo), si è calcolato il valore minimo e il valore massimo, la media, la frequenza assoluta e percentuale, la variazione standard, la moda e la mediana. Successivamente si è calcolato la frequenza del grado di accordo (sommando i valori 3 e 4) e quella del grado di disaccordo (sommando i valori 1 e 2) per ogni item. A titolo di esempio nella Tabella 11 si riporta parte dell’analisi per un criterio, un descrittore e un esempio della rubrica valutativa. Per quanto concerne l’analisi dei dati qualitativi si sono seguiti i due approcci precedentemente adottati anche per i dati raccolti con gli altri metodi: i dati della seconda parte (valutazione analitica della rubrica valutativa) del primo questionario degli esperti e del questionario dei docenti e i dati raccolti con il secondo questionario degli esperti sono stati codificati sostanzialmente utilizzando un approccio deduttivo, si è poi verificata la loro ricorrenza e la loro coerenza con l’impianto teoretico di riferimento, infine, sulla base di ciò, si è proceduto alla revisione della rubrica valutativa; i dati raccolti nella terza parte (commento generale sulla rubrica valutativa) del primo questionario degli esperti e quello dei docenti e la quarta parte (prospettive future del Protocollo Intercultura) del questionario dei docenti sono stati analizzati seguendo i principi della thematic analysis con codici sia deduttivi che induttivi. 15 L’approccio induttivo è quello che prevede che i codici emergano progressivamente durante la raccolta dei dati e la loro analisi (Miles et al., 2014). 102 Protocollo di valutazione Intercultura Tabella 11. Esempio di analisi dei dati quantitativi (Insegnanti) 1* 2* 3* 4* Accordo (3*+4*) V.S. Tot. Criterio: Curiosità I livelli del criterio 0% 2% 29% 69% 98% .50 112 “curiosità” indicano una progressione di competenza Descrittore – Livello base (Criterio: Curiosità) Esprime interesse a interagire con persone percepite come aventi background culturali diversi. Il descrittore sopra 0% 2% 40% 58% 98% .53 113 riportato descrive qualcosa che può essere osservato o inferito Il descrittore sopra 0% 1% 27% 73% 99% .47 113 riportato è scritto in modo chiaro Esempio – Livello base (Criterio: Curiosità) Ad es., chiede all’insegnante di partecipare a un incontro organizzato da un’altra classe con un gruppo di studenti stranieri. L’esempio sopra riportato è scritto in modo chiaro 0% 1% 29% 70% 99% .48 113 * 1 = assolutamente contrario; 2 = contrario; 3 = d’accordo; 4 = assolutamente d’accordo. 4. Presentazione dei risultati Rispetto alla vasta gamma dei risultati emersi, si è ritenuto poco funzionale alle finalità del volume presentare la dettagliata analisi che ha permesso di rivedere gli strumenti (ad es., quanti partecipanti hanno sostenuto che nel descrittore x fosse necessario modificare la parola y). Pertanto, nella sezione degli allegati si riportano gli strumenti del Protocollo Intercultura così come si sono delineati dopo l’analisi dei dati; nel capitolo quinto si presentano i risultati connessi ai benefici e ai limiti dell’uso dei singoli strumenti elaborati. Da un punto di vista di strategia testuale, si è deciso di sintetizzare i risultati emersi per ogni strumento e, per quelli più significativi, si è predisposta una tabella con alcuni estratti. In questo modo si restituisce al lettore, oltre che il ragionamento ermeneutico dell’Assegnista, anche la ricchezza e la varietà dei dati raccolti. Metodologia della ricerca 103 5. Etica della ricerca In questo studio, l’etica della ricerca si è basata principalmente sui seguenti valori: – Libertà: i partecipanti hanno aderito alla ricerca volontariamente; nella conduzione della ricerca, l’Assegnista non è stato influenzato da pressioni esterne. – Onestà e veridicità: l’Assegnista ha spiegato dettagliatamente la ricerca e i diritti dei partecipanti prima che le persone vi aderissero; l’Assegnista non ha modificato o manomesso i dati raccolti. – Costi/benefici: per gli insegnanti i costi sono stati essenzialmente di carattere economico (gli spostamenti per raggiungere i luoghi degli incontri in presenza); i benefici sono stati di partecipare a un percorso di formazione teorico-pratico gratuito certificato (per coloro che hanno svolto tutto il percorso le ore certificate erano 25) dalla Fondazione Intercultura, Ente accreditato per la formazione del personale della scuola con Decreto MIUR del 22 luglio 2010 e adeguato alla Direttiva n. 170/2016 in data 1 dicembre 2016. – Anonimato: l’Assegnista ha garantito la non identificabilità da parte di terzi degli insegnanti che hanno partecipato alla ricerca. Nel caso del gruppo internazionale degli esperti si è esplicitamente richiesto nel consenso informato (si veda dopo) la disponibilità a essere resi noti. – Equità e rispetto. – Consenso informato: prima di iniziare la ricerca empirica, l’Assegnista ha raccolto il consenso informato degli insegnanti partecipanti e degli esperti. Nel caso delle osservazioni delle presentazioni degli studenti, poiché esse si sono svolte durante i Consigli di classe, il consenso informato è stato firmato dal Dirigente scolastico. Nel caso della somministrazione pilota delle prove di realtà, gli studenti coinvolti (tutti maggiorenni) hanno firmato il consenso informato. Capitolo Quinto L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura: la prospettiva dei docenti In questo capitolo si presentano i risultati più significativi emersi dalle parole degli insegnanti dopo aver utilizzato gli strumenti del Protocollo Intercultura. 1. Diari di bordo Dall’analisi dei dati emerge che, tendenzialmente, i due diari di bordo sono stati accolti positivamente dagli studenti che si sono sentiti sostenuti e valorizzati dalla scuola di appartenenza. Inoltre, per alcuni, questo strumento ha offerto il modo di rispondere al bisogno di raccontarsi. Per quanto concerne la condivisione dei diari di bordo con il Consiglio di classe, i partecipanti hanno adottato le modalità ritenute più appropriate rispetto al loro contesto: ad esempio, c’è chi li ha letti o riassunti durante gli scrutini o i Consigli di classe, chi li ha inviati via posta elettronica, chi li ha stampati e depositati negli armadietti dei colleghi. In generale, comunque, è emerso che l’indicazione che si era fornita loro, ovverosia di discutere i diari di bordo in sede di scrutinio, è poco efficace in quanto il tempo è esiguo rispetto alla già abbondante mole di lavoro. Pertanto, una delle proposte avanzate è quella di inserire la lettura e la discussione dei diari di bordo come ordine del giorno nei Consigli di classe canonici oppure di convocare un Consiglio di classe ad hoc. In generale, le reazioni dei membri del Consiglio di classe rispetto ai diari di bordo (si veda Tabella 12) sono state positive, sebbene non siano mancati anche atteggiamenti di indifferenza, scetticismo, diffidenza. Secondo i partecipanti questi ultimi possono avere diverse motivazioni: (i) l’interesse dei docenti solo alle questioni disciplinari; (ii) i pregiudizi nei confronti dell’esperienza educativa all’estero; (iii) la mancanza di formazione sulla competenza interculturale e 106 Protocollo di valutazione Intercultura sulla mobilità studentesca; (iv) l’idea che le relazioni con lo studente mentre è all’estero siano compito esclusivamente dell’insegnante tutor; (v) l’idea che i documenti raccolti debbano essere visionati dal Consiglio di classe solo al momento del reinserimento dello studente; (vi) la poca familiarità a utilizzare strumenti come il diario di bordo. Sono diversi i benefici emersi dall’utilizzo dei diari di bordo. Per quanto concerne gli studenti, secondo i docenti, questo strumento li guida a riflettere su di sé e sull’esperienza in quanto tale: grazie alla struttura dei diari di bordo, essi non si soffermano a una superficiale descrizione fattuale, ma analizzano il vissuto personale e il divenire in modo critico. Facendo ciò gli studenti riescono a dare ordine e senso a ciò che stanno vivendo diminuendo il rischio di essere trapassati passivamente dall’esperienza. Inoltre, l’atto riflessivo consente loro di sviluppare una maggiore consapevolezza. Poiché quest’ultima è uno degli aspetti chiave dei principali modelli di competenza interculturale, il diario di bordo può essere inteso come uno spazio di apprendimento interculturale e, in questo senso, possiede un vero e proprio valore (Byram, 2008) pedagogico interculturale1. Per quanto concerne i benefici per e sul Consiglio di classe, i partecipanti rilevano che i diari di bordo sono un ponte con lo studente mentre è all’estero che consente di mantenere la relazione educativa e di monitorarne l’esperienza; inoltre, in alcuni casi, i diari di bordo sono anche l’occasione per far conoscere lo studente ai docenti nuovi. Un altro dato positivo è che la condivisione degli scritti degli alunni consente ad alcuni docenti di avvicinarsi all’esperienza dello studente comprendendola meglio e riducendo stereotipi e pregiudizi. Tra i benefici, si desidera sottolineare che in alcuni casi i docenti hanno riportato che le famiglie degli studenti hanno espresso il proprio compiacimento nel prendere atto che la scuola di appartenenza sosteneva e valorizzava l’esperienza del figlio. 1 Su questo punto, per una più approfondita argomentazione e presentazione dei dati si veda Baiutti e Paolone (2018). L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 107 Tabella 12. Reazioni dei Consigli di classe ai diari di bordo Fonte dati Estratti SWOT_ «Non c’è stata nessuna speciale manifestazione di interesse. Il conAS1_ cetto di competenza culturale li ha lasciati piuttosto tiepidi. Nel mio DB_ I1 Istituto la preoccupazione prevalente, in questi casi, è quella di riuscire a quantificare docimologicamente i risultati conseguiti all’estero, riconducendoli ai nostri programmi e ai nostri schemi valutativi». SWOT_ «La condivisione del Diario all’interno del Consiglio di classe ha AS1_ consentito a tutti di avere una più ampia e accurata percezione del DB_I102 valore formativo di questa esperienza e di avvicinarsi maggiormente al concetto di competenza interculturale. […] Meglio di quanto potessi immaginare: anche i colleghi più scettici o critici hanno mostrato curiosità ed hanno espresso un certo compiacimento per i riscontri personali positivi esposti dalla nostra studentessa». SWOT1_ «Il cdc [Consiglio di classe] ha trovato estremamente utile avere a DB_I20 disposizione il primo diario, insieme alle valutazioni intermedie. È servito per non perdere di vista l’alunna e per farla conoscere ai docenti nuovi. Il cdc ha accolto con interesse anche il secondo diario». SWOT1_ «Per quanto concerne i docenti dovrei dire: ‘alcuni docenti non hanno funzionato’ … La reazione di alcuni è stata ‘ok, tutto belDB_I20 lissimo, ma quando mi dice cosa c’è scritto nel primo capitolo del libro?’, ‘ok ha un B1 di polacco, ma che ne facciamo?’». SWOT1_ «Il consiglio di classe ha ritenuto positiva l’esperienza, prima di DB_I26 tutto nei termini di strumento per mantenere un preciso legame tra gli studenti in mobilità e la scuola, e per monitorare l’esperienza degli studenti interessati». SWOT1_ «Con interesse e curiosità. È certamente un ottimo strumento per DB_I62 sensibilizzare il consiglio di classe alla realtà dell’anno all’estero e per permettere a tutti gli insegnanti di verificare il percorso dello studente e come l’esperienza l’abbia cambiato». SWOT1_ «Il Diario di Bordo è stato utile perché è stato un momento di riDB_I86 flessione e di condivisione dell’esperienza dello studente. […] Molto spesso si ha l’idea che sia un anno di divertimento e di poco impegno». SWOT1_ «[Il diario di bordo è stato accolto] in modo positivo e costruttivo DB_I107 [dal Consiglio di classe], giudicandolo molto utile per la comprensione, la valutazione e la valorizzazione dell’esperienza vissuta dalla studentessa». SWOT1_ «È stata una nuova occasione utile per ricordare al Consiglio di DB_I111 classe l’esperienza dell’allieva in mobilità. Personalmente lo trovo uno strumento importante per aprire i contatti tra il Consiglio di Classe, (che talvolta si dimentica che la persona in mobilità è ancora parte della classe) e la studentessa/lo studente in mobilità, che a sua volta viene invitata a relazionarsi con la sua scuola italiana di appartenenza». 108 Protocollo di valutazione Intercultura Dall’analisi dei dati emergono anche alcuni dubbi. Uno dei più ricorrenti è il rischio di mancata sincerità da parte degli studenti i quali potrebbero dare risposte attese e standardizzate, ad esempio, per compiacere i docenti. Si è cercato di diminuire questo rischio, che risulta essere trasversale ai vari strumenti del Protocollo Intercultura, scegliendo, a monte, di adottare un approccio multimetodo e multiprospettico: per poter compilare la rubrica valutativa è necessario che i dati raccolti, con strumenti diversi, lungo un determinato periodo di tempo e in cui si sono coinvolte diverse figure che frequentano lo studente, abbiano un certo grado di coerenza. In caso contrario è necessario raccogliere ulteriori dati. Un punto, ritenuto negativo per alcuni, è che, nella compilazione dei diari di bordo, l’italiano risulta essere meno fluente e ha influenze (ad es., calchi, prestiti, interferenze) con la/e lingua/e parlata/e nel Paese ospitante. Questo dato, in realtà, è atteso e risponde ai fenomeni legati a ciò che i linguisti (ad es., Marcato, 2012) chiamano contatto linguistico. Inoltre, da un punto di vista pratico sono state riportate alcune problematiche come, ad esempio, che i diari non sono stati compilati nei tempi assegnati in quanto gli studenti si trovavano in un periodo molto intenso nel Paese ospitante (ad es., stavano preparando l’esame per la certificazione linguistica). Per questo motivo è auspicabile chiarire prima della partenza le attività richieste allo studente mentre è all’estero, magari in un patto di corresponsabilità firmato da tutte le parti coinvolte, e le tempistiche, accertandosi che siano adeguate. Un’altra problematica che si è riscontrata durante il progetto pilota è che in alcuni Paesi non vi è sempre accesso a internet oppure che certi provider di posta elettronica sono bloccati. In questi casi è necessario pensare a delle soluzioni alternative che possono andare dell’invio di lettere tramite posta al richiedere allo studente la creazione di un indirizzo di posta elettronica tra i provider autorizzati in quel determinato Paese. 2. Linee guida per la presentazione (studente) e griglia di osservazione della presentazione guidata (insegnante) Ciò che emerge dall’analisi dei dati (si veda Tabella 13) è che le linee guida hanno diversi esiti positivi. In primis, esse mettono gli studenti nella posizione di orientarsi in un’esperienza così ricca, L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 109 come quella della mobilità studentesca, selezionando i punti nodali di maggiore interesse per la scuola. Secondariamente, indirizzano gli alunni anche da un punto di vista di organizzazione della presentazione rendendola più chiara e fruibile all’uditorio. Questo emerge chiaramente quando la presentazione guidata viene confrontata con quella non guidata a cui alcuni docenti avevano assistito: nel secondo caso, alcuni studenti, oltre ad aver riportato principalmente aneddoti di poco interesse rispetto alla dimensione valutativa, erano stati carenti nell’organizzare un discorso coerente. Un altro risultato particolarmente significativo è che, così come i diari di bordo consentono una riflessione in itinere di ciò che si sta vivendo all’estero, le linee guide sono l’occasione per offrire allo studente uno spazio di analisi critica retrospettiva della propria esperienza all’estero che permette di raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e del proprio percorso di crescita. Anche in questo caso, quindi, lo strumento valutativo ha un profondo valore pedagogico interculturale. Tabella 13. Linee guida per la presentazione dell’esperienza (studente) Fonte dati Estratti FG_2.2 «Noi anche in precedenza abbiamo usato delle presentazioni, abbiamo chiesto ai ragazzi di fare delle presentazioni, lo facciamo da anni, in cui davamo delle istruzioni piuttosto generiche […]. Però non c’erano delle linee guida così precise e ho notato una differenza qualitativa enorme sia per il messaggio che è arrivato al Consiglio di classe, ma devo dire principalmente sulla riflessione dell’alunno, perché la ragazza ha fatto una riflessione sul suo percorso molto chiara, c’era l’invito a riflettere su determinati punti chiave naturalmente […] la presentazione guidata, lei è stata brava a fare questa analisi contrastiva eccetera, però le linee guida l’hanno indirizzata e quindi il messaggio che è arrivato a lei principalmente che l’ha redatta, e al Consiglio di classe, è stato molto chiaro. Quindi la differenza con quello che facevamo prima, che era generico, con istruzioni piuttosto vaghe, non così precise è stata evidentissima». FG_2.3 «Le ragazze […] dichiarano che [la presentazione guidata] consente di mettere a fuoco i punti nodali della loro esperienza». FG_2.3 «Credo che come presentazione l’indicazione che è stata data ai ragazzi sia estremamente utile perché li guida. Un’esperienza così forte, così ampia, altrimenti si perderebbe, sicuramente, nei meandri di qualche momento particolare o comunque non sarebbero stati in grado di fare la presentazione». 110 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati Estratti FG_2.3 «Io sì ne ho sempre fatte [di presentazioni]. […] una presentazione guidata ha il grande vantaggio di dare uno strumento ai ragazzi di focalizzare l’attenzione sui punti che vengono consigliati. La presentazione libera rischia ovviamente di perdersi, di dilungarsi un po’ troppo su certi aspetti che magari sono più folcloristici, meno interessanti da un punto di vista dell’approfondimento, seppure anche il folclore è interessante, cioè voglio dire. Ecco, magari, rischiano un pochino di perdersi». FG_2.6 «La guida per lo studente consente allo studente stesso di dare ordine all’enorme quantità di esperienza accumulata in un anno, e quindi anche un modo per poter sistemare e presentare i punti cardine della propria esperienza». FG_2.7 «Le indicazioni fornite al ragazzo, ecco lo studente, penso che siano importanti anche perché avere una guida nella strutturazione della presentazione è molto importante perché a volte lo studente può divagare, non cogliere magari l’aspetto più qualificante o significativo dell’esperienza. In questo caso invece una linea guidata, una scheda operativa è stata molto molto valida, molto valida». FG_2.9 «È stato utile anche per i ragazzi, perché anche loro hanno preso consapevolezza. Cioè nella lettura dell’esperienza dell’anno hanno individuato quali sono stati gli aspetti più, gli aspetti di crescita, tenendo conto di queste voci, le conoscenze, le abilità e questi aspetti che evidentemente non riuscivano forse a mettere a fuoco, invece dando questa guida per loro è stato più facile acquisire anche questa consapevolezza». FG_2.11 «Io penso sia stato anche molto utile per i ragazzi, a parte per il Consiglio di classe, perché avere una scaletta e quindi sapere con precisione quali i punti da toccare, in qualche modo, ancorché organizzarsi, questo sia stato per loro estremamente utile perché quando rientrano sono abbastanza persi». FG_2.12 «Noi la presentazione la facevano già, però i ragazzi la facevano diciamo in maniera autonoma e direi che queste [linee guida] li aiutano a riflettere di più sui vari aspetti su cui loro di solito riflettono meno perché tentano di fare quasi una presentazione di un viaggio che non di un’esperienza di vita, per cui direi assolutamente molto utile per gli studenti». SWOT_A2 «La presentazione guidata è servita all’allievo perché ha potuto ri_ LG_I11 percorrere l’esperienza dell’anno all’estero mettendone a punto i momenti focali». L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 111 Sebbene non vi siano state proposte di modifiche rispetto alle linee guida, è emerso che l’indicazione fornita agli studenti di preparare una presentazione di una ventina di minuti è stata spesso disattesa. Alla luce di ciò, si suggerisce di concordare attentamente con lo studente i tempi per la presentazione. Per quanto concerne la griglia di osservazione della presentazione, dall’analisi dei dati emerge che lo strumento, in quanto tale, è ritenuto fondamentale per guidare la pratica valutativa; tuttavia, come si è già accennato, è stato richiesto di produrre anche una variante più agevole intendendo con ciò una griglia a crocette. Inoltre, un elemento ritenuto particolarmente significativo è che la presentazione guidata e la griglia di osservazione hanno permesso ai docenti del Consiglio di classe, da una parte di comprendere cosa osservare per esprimere una valutazione, dall’altra parte, come era già successo anche con i diari di bordo, di essere coinvolti nel progetto educativo dello studente, scoprendo aspetti di esso precedentemente sconosciuti. In questo modo, alcuni di essi, anche fra quelli più scettici, hanno rivisto i propri pregiudizi e stereotipi rispetto alla mobilità studentesca (si veda Tabella 14). Tabella 14. Coinvolgimento del Consiglio di classe Fonte dati Estratti FG_2.1 «[La presentazione guidata] è stata utile perché per la prima volta tutti i colleghi dovevano ascoltare, cioè non solo quelli della disciplina di cui mancava la valutazione e molti si sono ricreduti su questo, sull’importanza del fare l’esperienza all’estero, non tutti, però, qualcuno è rimasto piacevolmente sorpreso, e proprio mentre i ragazzi parlavano poi facevano altre domande, volevano sapere altre cose». FG_2.2 «Molti [docenti, con la presentazione guidata] hanno proprio scoperto di cosa stessimo parlando». FG_2.2 «Il Consiglio di classe, anche nel mio caso, era abbastanza ostile o comunque non pienamente d’accordo con l’esperienza all’estero, e dopo la presentazione effettivamente la maggior parte ha avuto un riscontro positivo». FG_2.5 «La […] presentazione al Consiglio di classe, che era molto scettico sul fatto di quasi sprecare dieci minuti, un quarto d’ora del Consiglio per questa presentazione e che poi, invece, dopo è stato attentissimo e ho avuto molti, molti dati da questo documento di osservazione e alla fine il Consiglio di classe era molto contento di aver avuto questo feedback dell’esperienza all’estero». 112 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati Estratti FG_2.6 «[I colleghi del Consiglio di classe] hanno apprezzato le indicazioni delle schede anche perché hanno valorizzato quegli aspetti di apprendimenti interculturali che emergevano e sui quali non si erano soffermati e quindi questo dà anche un peso, un valore in più all’esperienza, che magari alcuni di loro avevano sottovalutato o che non aveva considerato appieno, che sono invece emersi dalle loro osservazioni, mi hanno proprio detto, la riflessione su alcuni indicatori che non avevano proprio considerato, quindi anche da parte dei colleghi, magari c’era qualcuno un po’ meno sensibile a questo tipo di esperienza però ha riconosciuto la validità delle indicazioni date». FG_2.6 «[Rispetto alla presentazione guidata] il vantaggio è questo, ci consente di riuscire a comprendere l’esatto valore nell’esperienza di questo tipo perché purtroppo noi nella nostra scuola combattiamo con docenti, e sono anche numerosi, che continuano a ritenere che questa esperienza, per esempio, consenta ai ragazzi di perdere l’abitudine nella traduzione del latino e del greco, che è una delle obiezioni che ci viene fatta quasi sempre. Invece, secondo me, è uno strumento anche per il docente che apre proprio gli orizzonti, che consente di comprendere che fare formazione non è fare nozionismo, fare formazione è un’altra cosa». FG_2.11 «Debbo dire, una volta sentita la ragazza, seguita la presentazione, fatte le domande, approfonditi certi aspetti, [i docenti del Consiglio di classe] sono stati poi sostanzialmente quasi tutti, con pochissime eccezioni, molto interessati e l’hanno fatto molto volentieri, e sono stati particolarmente coinvolti nella cosa, […] mi sembra sia stato uno strumento che ha funzionato bene, è riuscito, ripeto, a coinvolgere insegnanti del Consiglio di classe nel modo giusto e avvicinarli anche un pochino di più, ecco, a cosa vuol dire valutare certi aspetti e certe competenze che, insomma, per tanti di noi, ecco, è stato un qualcosa di nuovo, sicuramente». FG_2.12 «I miei colleghi sono stati molto contenti, non ci credevo, di avere qualcosa in mano che li mettesse in grado di capire quello che stava succedendo, di sapere che cosa valutare, perché la competenza interculturale per loro è una sconosciuta, non sapevano che cosa valutare». FG_2.12 «La presentazione è stata utilissima perché ha permesso ai docenti del Consiglio di classe di capire effettivamente in che cosa consisteva l’esperienza che la ragazza aveva fatto e in particolar modo anche di scoprire delle competenze extrascolastiche che aveva acquisito e che da quanto sembra almeno in questo ultimo periodo le sta mettendo in pratica anche in classe». L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 113 Infine, oltre che al Consiglio di classe, alcuni docenti hanno chiesto agli studenti di svolgere la presentazione guidata alla propria classe, a più classi o all’intero istituto. Secondo gli insegnanti (si veda Tabella 15), questa pratica – assieme ad altre (ad es., videochiamate mentre lo studente è all’estero, eventuale lettura dei diari di bordo) – ha portato a diversi benefici: (i) depotenzia i pregiudizi che possono avere i compagni rispetto all’esperienza all’estero fatta dallo studente; (ii) scioglie alcune frizioni (ad es., gelosie) fra i compagni e lo studente andato all’estero; (iii) rende la mobilità studentesca individuale un’attività che non si esaurisce nell’esperienza singola dello studente che va all’estero, ma ha ricadute positive in termini di internazionalizzazione sull’intera comunità scolastica. Tabella 15. Presentazione ai compagni Fonte dati Estratti FG_2.3 «Direi [che la presentazione ai compagni è stata] […] importante dal punto di vista della condivisione e come un momento di saldatura nel reinserimento nella classe». FG_2.3 «[Durante la presentazione] c’era anche buona parte della classe che ha potuto sentire qual è stata l’esperienza di studio in un altro Paese, quindi fare proprio dei paragoni e tantissime domande […] un bel confronto». FG_2.3 «Un po’ c’è la ritrosia di dover esporsi davanti ai compagni per parlare di quello che anche bonariamente è stato visto comunque come una bella pausa di gioia perché non sono venuti a scuola in Italia. D’altra parte però, era evidente che loro volevano condividere l’esperienza avuta, fare capire ai compagni che è stata dura, è stato un bel momento, sono tutti molto contenti, tutti quanti hanno concluso dicendo ‘la rifarei mille volte, anche con il doppio dei problemi incontrati’ però tutti quanti hanno tenuto a ribadire il concetto che un’esperienza così richiede una dose massiccia di autocontrollo, di self-confidence, e tutto quello che può venire, insomma. Che i compagni hanno poi riconosciuto ovviamente. È stato anche un bel momento per far emergere delle domande da parte dei compagni». FG_2.9 «Io per quanto riguarda le mie ragazze ho chiesto loro, e loro hanno acconsentito, di presentare la loro esperienza anche alla classe. Infatti, è stata la prima lezione assoluta proprio al rientro, all’inizio dell’anno scolastico. [Ricercatore: come è andata?] Molto bene. Sono stati, insomma, entusiasti. È anche un modo per condividere, insomma, anche se loro si sentivano tramite social network, però, un conto è vedere, un conto è focalizzare l’attenzione solo sull’esperienza, aspetti positivi e negativi». 114 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati Estratti SWOT_ «Lo studente può, attraverso la presentazione guidata, coinvolgere A2_LG_ gli altri attori della scuola nella propria esperienza. Li può soprattutI33 to convincere che pur possedendo conoscenze, abilità e competenze diverse da quelle del gruppo classe può reinserirsi a pieno titolo apportando il proprio contributo alla crescita culturale del gruppo». 3. Prove di realtà Il primo dato che emerge distintamente dalla ricerca è che le prove di realtà o i compiti autentici2 non sono un dispositivo valutativo diffuso: i docenti dichiarano di svolgere tendenzialmente prove di verifica connesse a un paradigma per conoscenze, tranne alcune eccezioni in particolare fra gli insegnanti di Lingue straniere e di Italiano. Questo determina che oltre ai docenti, anche gli studenti non hanno familiarità con questo tipo di prove. Risulta, pertanto, alquanto giustificato che alcuni alunni abbiano manifestato in taluni casi un certo disagio alla notizia di dover sostenere tali prove che, tuttavia, hanno portato a termine senza grosse difficoltà e spesso anche in un tempo inferiore a quello concesso. È trasversalmente riconosciuto dai docenti che le prove proposte hanno consentito di apprezzare aspetti chiave della competenza indagata come l’apertura agli altri, il pensiero critico, il rispetto. Inoltre, dall’analisi dei dati (si veda Tabella 16) si evince che le prove di realtà hanno tendenzialmente confermato quanto era emerso dagli altri strumenti fino a quel momento utilizzati. Questo punto è molto importante in quanto, come già accennato, la coerenza fra i dati raccolti assicura una maggiore sicurezza nell’esprimere una valutazione. In generale, però, i docenti sostengono che le prove a risposta aperta sono state più efficaci in quanto, come spiegano alcuni di essi, le domande a risposta chiusa avevano l’aspetto di una comprensione del testo piuttosto che di una prova per la valutazione della competenza interculturale. Usando una terminologia tecnica, sembra che ciò che affermano alcuni docenti è che le prove a risposta chiusa non siano valide3. Ciò comporta che uno studente non competente interculturalmente, ma bravo nella comprensione del testo avrebbe comunque potuto rispondere correttamente alle domande a risposta chiusa; viceversa, uno studente competente 2 Per un’introduzione alla differenza fra prove di realtà e compiti autentici si veda Tessaro (2014). 3 Per un approfondimento sul concetto di ‘validità’ degli strumenti di valutazione, fra i vari, si veda Domenici (2003) e Giannandrea (2009). L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 115 interculturalmente, ma con qualche difficoltà nella comprensione del testo, avrebbe potuto rispondere in modo errato. Tale rischio, invece, non sembra rintracciabile negli stimoli a risposta aperta. Questa considerazione implicano che per la progettazione di future prove di realtà connesse alla competenza interculturale potrebbe essere più appropriato proporre maggiormente o esclusivamente prove a risposta aperta. Infine, un ulteriore dato emerso, sebbene non in modo pregnante come per i diari di bordo e per la presentazione guidata, è che lo studente, dovendo analizzare e trovare soluzioni a situazioni reali che lui stesso aveva in qualche modo vissuto, ha potuto approfondire e comprendere meglio la propria esperienza e se stesso. Pertanto, anche nel caso delle prove di realtà proposte vi è un valore, non solo valutativo, ma anche pedagogico interculturale. Tabella 16. Parere dei docenti rispetto alle prove di realtà Fonte dati Estratti FG_2.4 «È proprio un’impostazione di valutazione per competenze, questo è un aspetto che diciamo ormai da molti anni, però sappiamo che poi non è che tutte le scuole questo tipo di prove siano, o in tutte le materie questo tipo di prove siano la prassi, e quindi è anche molto importante come strumento, secondo me, un po’ da stimolo per modificare alcune impostazioni che devono essere modificate». FG_2.4 «Anche io non sono solita, però mi sembra sia un buono stimolo per, poi capisco che non sia semplice e ci vuole del tempo, però è il discorso del cercare di andare sempre di più verso un aspetto di valutazione per competenze non soltanto per conoscenze». FG_2.6 «Mi rendo conto che comunque c’è uno scollamento fra quello che faccio, ancora insomma basato sui contenuti, e quello che invece viene richiesto, è completamente diverso». FG_2.6 «Secondo me è valida, però noi sì, diciamo, noi abbiamo un altro metodo di insegnamento, quel genere di domande servono più per l’Invalsi che noi facciamo solo per il secondo anno». FG_2.1 «Le ragazze non hanno avuta alcuna difficoltà, […], erano molto incuriosite da questa cosa perché quando io le avevo informate precedentemente di questo appuntamento con le prove di realtà una delle due ragazze m’ha detto ‘ma io non riesco proprio a immaginare che cosa possano essere delle prove di realtà’, insomma, io le ho spiegato che sarebbero state delle, insomma, le sarebbe arrivata una sollecitazione a risolvere o comunque a intervenire in una determinata situazione immaginata come reale nella quale poi lei doveva mettere in campo l’esperienza che aveva fatto precedentemente. Erano molto incuriosite su questo fatto ‘prove di realtà’ perché, non so, magari confondevano la realtà, pensava fosse realtà nel senso di dover fare qualche cosa, andare da qualche parte, però no, se la sono cavata benissimo, nessuna difficoltà». 116 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati Estratti FG_2.1 «[Le prove di realtà] hanno portato degli elementi di supporto alla valutazione che noi già avevamo fatto nel momento della presentazione guidata, nel senso che, per noi hanno funzionato proprio come feedback, sono state un’ulteriore conferma degli elementi e della valutazione che già avevamo ricavato al termine della presentazione guidata. Quindi c’era molta coerenza sia nel profilo dei ragazzi, in particolare per quanto riguarda la loro attitudine e la loro maturazione di queste competenze interculturali, che per noi è stato sicuramente un elemento a sostegno che ha rinforzato la nostra consapevolezza di esserci mosse seguendo la procedura e che quindi la procedura è assolutamente affidabile». FG_2.3 «[Nelle prove di realtà] ho trovato una conferma sostanzialmente […], un rafforzamento forse, una puntualizzazione, di quello che in altro modo era già emerso dalla loro presentazione». FG_2.8 «Credo che sia molto utile avere, diciamo, un modo differenziato di raccogliere gli input perché potrebbe essere un elemento di conferma, potrebbero emergere degli elementi di conferma, o potrebbero emergere degli elementi di contraddizione. Il fatto di avere comunque degli strumenti diversi credo che sia essenziale perché altrimenti si rischia no?, di poter cadere, proprio perché sono troppo aperti gli altri strumenti nella soggettività, o delle percezioni dell’uno o dell’altro, dello studente, del docente, delle loro sensibilità, quindi filtri vari». FG_2.1 «Io ho trovato più utili le domande a risposta aperta rispetto a quelle a scelta multipla perché quelle a scelta multipla a mio avviso non mettevano particolarmente in evidenza le attitudini e le abilità perché ho immaginato che ad un tipo di domanda a risposta multipla avrebbero potuto rispondere nello steso identico modo […] anche ragazzi che non hanno fatto un’esperienza di studio all’estero. Mentre ho trovato molto interessanti le domande a risposta aperta, in particolare, l’ultima [prova]». SWOT_ «Affrontando le prove di realtà l’allievo si è sentito pienamente AS2_ compreso dagli esempi, anche di persone note, che ha dovuto anaPR_I11 lizzare. Dall’altra parte essi gli hanno permesso di approfondire e capire meglio la sua esperienza». 4. Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Dall’analisi dei dati (si veda Tabella 17) emerge che questo strumento, come i precedenti, ha diversi risvolti positivi per i fini del Protocollo Intercultura. In primis, consente di raccogliere una plu- L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 117 ralità di punti di vista: i docenti riportano di aver annotato quanto detto loro da colleghi, compagni di classe o altri alunni della scuola, familiari (non solo genitori ma anche, ad esempio, fratelli), collaboratori scolastici, volontari di Intercultura. Tali informazioni hanno permesso di cogliere la coerenza o meno con i dati raccolti dal docente mediante le proprie osservazioni e gli altri strumenti. Secondariamente, la scheda (i) obbliga l’insegnate a osservare in modo sistematico aspetti non solo disciplinari dello studente che rientra ed (ii) è un promemoria importante per quando si compila successivamente la rubrica valutativa: riportando, seppur brevemente, un avvenimento in cui lo studente manifesta di aver sviluppato aspetti della competenza interculturale si ha poi un riscontro materiale e privo di eventuali contaminazioni determinate dal tempo. Tabella 17. Utilità delle schede per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Fonte dati Estratti FG_2.4 «Secondo me, [la scheda osservativa] è utile come [strumento], in realtà probabilmente ti capita di avere già questo tipo di informazioni però inserirlo nella scheda e poi fare il commento, quindi, fermarsi, razionalizzare e riflettere diventa molto utile proprio per una valutazione più complessiva». FG_2.7 «Forse siamo abituati, almeno io, a memorizzare, ricordare e dopo non a scrivere dei momenti, per cui ritengo che sì, [la scheda osservativa] sia utile, importante averla». FG_2.11 «Penso che avere altri punti di vista sia sempre importante perché magari ecco abbiamo soltanto il nostro personale per cui penso che sia, ecco, che sia a conferma di quanto abbiamo potuto raccogliere e analizzare il nostro parere o che sia invece, e ho avuto, ecco, da parte di qualche collega, nel momento in cui abbiamo fatto ’sta valutazione allo scrutinio vero e proprio c’è stata anche quella che dice ‘però non è stata così approfondita’, sono arrivate anche delle critiche negative nei confronti della ragazza, però ecco, ripeto il confronto, lo scambio di opinioni, avere più punti di vista ritengo sia sempre ottima come cosa». SWOT_ «L’osservazione estemporanea del ragazzo in diverse situazioni AS2_SO_ comunicative ha dato la possibilità alla sottoscritta di rilevare in I11 modo alquanto completo la competenza interculturale acquisita dall’allievo». 118 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati SWOT_ AS2_SO_ I32 Estratti «Ritengo che la scheda di osservazione in contesto nel mio caso si sia rivelata molto comoda, semplice e pratica da compilare all’occorrenza. La scheda risulta utile per appuntare in qualsiasi momento le diverse situazioni osservate e per analizzare e registrare puntualmente le competenze interculturali sviluppate dal ragazzo. Ritengo che la scheda sia completa ed adeguata anche per annotare le conversazioni informali che ho avuto il piacere di avere con i genitori e i compagni di classe dell’alunno. Queste si sono rivelate, con mia piacevole sorpresa, utilissime e molto importanti per far emergere aspetti e punti di vista sulle competenze acquisite dal ragazzo che in classe non avevo avuto l’occasione di registrare. È stata un’esperienza lavorativa estremamente stimolante». Da quanto dichiarato dai docenti, risulta, altresì, che questo strumento sia stato utilizzato meno degli altri. Ciò può essere giustificato da vari fattori: (i) una non piena comprensione dell’importanza dello strumento stesso; (ii) il fatto che terze persone, come familiari e colleghi, non si erano resi disponibili a confrontarsi con i docenti; (iii) alcuni partecipanti non erano docenti diretti dello studente (si veda § 1 nel capitolo quarto) e, quindi, era più complesso riuscire a osservarlo oppure a chiedere a familiari e compagni di classe delle opinioni; (iv) per mancanza di intraprendenza dei docenti stessi. 5. Rubrica valutativa Dall’analisi dei questionari somministrati ai docenti emerge che quasi il 70% (78 persone) dei docenti non aveva mai utilizzato una rubrica valutativa in precedenza. Risulta, altresì, che tutti4 ritengono la rubrica del Protocollo Intercultura, dopo averla adoperata, uno strumento utile per valutare la competenza interculturale degli studenti che partecipano a un programma di mobilità studentesca. Inoltre, quasi tutti (98,23%; 111 persone) dichiarano che adotteranno, o proporranno al Collegio dei docenti di adottare, la rubrica valutativa del Protocollo Intercultura per valutare lo studente rientrato da un periodo di mobilità all’estero. Per quanto riguarda l’analisi dei dati qualitativi (si veda Tabella 18) emerge che, in generale, i docenti riscontrano diversi risvolti positivi dall’utilizzo della rubrica valutativa del Protocollo Intercultura. 4 Per questo item, ci sono state 112 risposte invece che 113. L’uso del Protocollo di valutazione Intercultura 119 In primo luogo, la rubrica valutativa prende in considerazione gli aspetti più importanti della competenza interculturale connessa alla mobilità studentesca; anche in questo modo, i docenti del Consiglio di classe possono comprendere la complessità sia della competenza oggetto di valutazione che della mobilità studentesca. Secondariamente, la rubrica valutativa risulta essere la conclusione ‘naturale’ nel quale far confluire il risultato di sintesi di tutti i dati raccolti mediante i vari strumenti. Così facendo la valutazione della competenza interculturale risulta tangibile e basata su evidenze. Infine, un altro risultato significativo è che adottando la rubrica valutativa all’interno, ad esempio, del medesimo istituto si rende la valutazione degli studenti che rientrano equa e uniforme e non lasciata all’arbitrarietà e sensibilità dei docenti del Consiglio di classe. La rubrica valutativa, infatti, fornendo criteri, indicatori e descrittori, da una parte facilita il compito valutativo dei docenti, dall’altra diminuisce il rischio di un eccesso di soggettività nel valutare una competenza così complessa come quella interculturale. Tabella 18. Utilizzo della rubrica valutativa Fonte dati Estratti Q_RV_I18 «I criteri elencati [nella rubrica valutativa del] Protocollo di valutazione Intercultura, insieme alla descrizione dei diversi livelli, forniscono uno strumento ‘tangibile, dettagliato e misurabile’ dello sviluppo delle competenze interculturali, che altrimenti resterebbero astratte e, quindi, non utilizzabili ai fini di una valutazione globale e a ‘trecentosessanta gradi’ dell’alunno da parte del Consiglio di classe». Q_RV_I31 «Ritengo che [la rubrica valutativa] sia strutturata in modo molto accurato e funzionale; mi ha agevolato molto nel valutare complessivamente il percorso dell’alunna che ho seguito». Q_RV_I46 «Ritengo che sia importante avere una rubrica valutativa delle competenze interculturali proprio per la dinamicità e complessità di tali competenze; aiuta nell’osservazione dei comportamenti e nella valutazione dell’efficacia educativa dell’esperienza svolta all’estero dallo studente». Q_RV_I51 «Ritengo sia fondamentale costruire una consapevolezza culturale nuova rispetto alla mobilità e che sia indispensabile valorizzare il patrimonio esperienziale, interculturale che il returnee riporta con sé. La Rubrica valutativa risulta essere uno strumento molto valido per valutare le competenze interculturali acquisite dallo studente durante la sua esperienza di mobilità; inoltre offre al Consiglio di Classe e alla scuola di origine l’opportunità di impostare una didattica curriculare di taglio interculturale e di ampio respiro». 120 Protocollo di valutazione Intercultura Fonte dati Estratti Q_RV_I52 «La Rubrica Valutativa è uno strumento valido ed indispensabile per dare la possibilità di uniformare le modalità di valutazione dei ragazzi che vivono questo progetto, indipendentemente dalle valutazioni soggettive. Dà una maggiore garanzia di equità e obiettività. Se ne sentiva la necessità, facilita e rende più credibile il lavoro del tutor, ufficializza le sue valutazioni». Q_RV_I77 «Ritengo che la Rubrica Valutativa proposta sia uno strumento valido in quanto tiene conto di tutti gli aspetti interagenti in una esperienza di studio all’estero al fine di enucleare la competenza interculturale acquisita». Q_RV_I91 «In mancanza della Rubrica Valutativa proposta dal Protocollo Intercultura non abbiamo finora avuto dei criteri chiari e oggettivi per valutare le competenze raggiunte dai nostri studenti al rientro dal periodo all’estero. Abbiamo quindi finora navigato a vista». Q_RV_I92 «È uno strumento utile per osservare in modo analitico le competenze acquisite dopo un anno all’estero, introducendo criteri di valutazione comuni, non arbitrari o soggettivi». FG_2.6 «Rende più strutturato il processo da valutare in maniera più oggettiva delle competenze che prima, invece, erano molto aleatorie […] con la rubrica invece si può indicare in modo sistematico, cioè c’è lo strumento che si può utilizzare, e si può anche, almeno ho visto per lo studente che ho seguito, inserire dei livelli ben precisi». Conclusioni A scuola di cittadinanza interculturale L’obiettivo della ricerca Protocollo di valutazione Intercultura era di proporre delle risposte alla necessità di trovare strumenti trasparenti e rigorosi che permettessero di valutare la competenza interculturale degli studenti che hanno partecipato a un programma annuale di mobilità internazionale individuale. Per raggiungere questo obiettivo si è tracciata una cornice teoretica di riferimento e si è svolta una ricerca empirica a livello nazionale. Ciò che ne è risultato è il modello Protocollo Intercultura. Quest’ultimo rappresenta una guida operativa progettata per e con la scuola. Tuttavia, è opportuno precisare che, siccome nell’era dell’autonomia scolastica ogni scuola è un microcosmo, il Protocollo Intercultura è da intendere come una bussola educativa che, se necessario, va riadattato di volta in volta al contesto. Allo stesso tempo, non è uno strumento isolato, bensì complementare a quelli concernenti la valutazione disciplinare. Attraverso il raccordo della dimensione disciplinare con quella interculturale è possibile giungere a ciò che il Ministero definisce «valutazione globale» (MIUR, 2013) dello studente rientrato da un anno all’estero. 1. Considerazioni e direzioni future Il Protocollo Intercultura, così come l’intero volume, è al tempo stesso un punto di arrivo e un punto di partenza: diverse sono le implicazioni emerse dallo studio nel suo complesso. Di seguito se ne considerano alcune specifiche per il contesto della ricerca accademica, per quello della scuola e per quello del Ministero. 1.1. Implicazioni per la ricerca accademica Fra le diverse implicazioni connesse alla ricerca accademica si è deciso, per limiti di spazio, di concentrarsi solo su quelle riguardanti 122 Protocollo di valutazione Intercultura l’internazionalizzazione dell’educazione e della scuola, e quelle concernenti la mobilità studentesca. Nel primo capitolo si è visto che nella letteratura di settore il concetto di ‘internazionalizzazione dell’educazione’ è spesso percepito come sinonimo di ‘internazionalizzazione dell’università’. Ciò comporta che livelli di educazione come quello scolastico rimangono tendenzialmente esclusi dalla riflessione. Tale vuoto di ricerca non è secondario, giacché, stanno crescendo le attività iscrivibili nel processo di internazionalizzazione della scuola1, ed è pertanto ragionevole ritenere che ciò abbia delle implicazioni anche nella teorizzazione e nelle pratiche dell’internazionalizzazione dell’università. Come afferma Rizvi (2017), institutions of higher education now need to recognize that a large number of their new students are familiar with global issues and have expectations of universities that are shaped by their experience in schools of global mobility, exchange and learning. […] Universities thus have to develop new pedagogic approaches to internationalization that build on an extensive reservoir of global knowledge, intercultural communication skills and mobility experiences that are now increasingly offered at schools (p. 25). La riflessione accademica, pertanto, dovrebbe considerare maggiormente l’internazionalizzazione della scuola come uno dei possibili campi di studio dell’internazionalizzazione dell’educazione. Le eventuali ricerche dovrebbero portare a strutturare una teorizzazione pedagogica specifica di questo fenomeno e, sotto questo aspetto, il presente volume ha proposto una definizione e un possibile modello descrittivo. Allo stesso tempo, studiare il fenomeno dell’internazionalizzazione della scuola potrebbe portare a nuove implicazioni per la teorizzazione dell’internazionalizzazione dell’università. Per quanto riguarda la mobilità studentesca il ragionamento è simile a quello precedente in quanto, come si è visto, ci sono svariate ricerche sulla mobilità studentesca a livello universitario, ma un numero molto limitato a livello scolastico. Il presente volume ha cercato di collaborare in questo senso proponendo una definizione argomentata di ‘mobilità studentesca’, una revisione della letteratura concernente le ricerche empiriche su tale argomento e ha presentato come esso viene concettualizzato a livello normativo. Tuttavia, questo è solo un primo passo. Preso atto anche del fatto che il numero 1 È opportuno ricordare che in questo volume con l’espressione ‘internazionalizzazione della scuola’ non ci si riferisce esclusivamente alle scuole internazionali, al Baccellierato Internazionale, alle elite schools o alle scuole europee, ma si considerano tutte le tipologie e gradi di scuole. A scuola di cittadinanza interculturale 123 degli studenti che partecipano alla mobilità giovanile è in costante aumento, sarebbe necessario mettere in campo nuove ricerche, tanto teoretiche quante empiriche, su questo argomento per sviluppare una pedagogia e una didattica specifica. Tutto ciò potrebbe innestare nuova linfa teoretica alla ricerca pedagogica interculturale sotto diversi punti di vista come ad esempio: (i) lo studiare la migrazione da punti di vista diversi da quelli tradizionalmente considerati nella pedagogia interculturale italiana; (ii) l’analizzare un tipo di relazione interculturale in cui lo studente occupa la posizione di minoranza, non per necessità, ma per scelta (Baiutti, in corso di pubblicazione). 1.2. Implicazioni per la scuola Come si è argomentato nei capitoli primo e secondo, gli scenari socio-educativi contemporanei richiedono che la scuola – intesa come un contesto eterogeneo (Zoletto, 2012) – non si limiti a trasmettere agli studenti il sapere, ma debba anche, come sostiene Delors (1996, tr. it. 1997), educare a vivere assieme giacché, se uno studente ha il massimo dei voti poiché ha una buona conoscenza disciplinare, ma è razzista, allora, la scuola e la società hanno fallito. Questa considerazione implica che la scuola debba essere ripensata e debba ripensarsi in chiave cosmopolita: «education needs to shift from a mono-cultural and nation-centred to an intercultural and international idea of humanity» (Allemann-Ghionda, 2008, p. 2). Per fare ciò, una delle possibili strade da percorrere è quella di internazionalizzare la scuola. In questo volume ci si è concentrati su una delle attività dell’internazionalizzazione della scuola, ovverosia la mobilità studentesca. Tendenzialmente, si crede che essa abbia un impatto positivo esclusivamente sullo studente che vi ha partecipato. Tuttavia, se invece di essere subita o osteggiata dalla scuola di appartenenza2, essa venisse valorizzata e facilitata, potrebbe portare dei benefici (i) sia alla comunità scolastica che (ii) ad altri aspetti della scuola stessa, come il curricolo. Per quanto riguarda il primo punto, è ragionevole affermare, anche sulla base dei dati analizzati nello studio qui presentato, che la condivisione dell’esperienza del singolo, sia mentre è all’estero (ad 2 In questa sede ci si concentra sulla scuola di appartenenza ma è ragionevole ipotizzare, anche sulla base di alcune ricerche empiriche (ad es., Fornasari et al., 2010), che anche la scuola ospitante tragga, in potenza, benefici dall’avere per un periodo uno studente internazionale. 124 Protocollo di valutazione Intercultura es., mediante videochiamate fra la classe di appartenenza e la classe ospitante) che al rientro (ad es., attraverso una presentazione guidata dell’esperienza di fronte alla classe o all’istituto), possa essere il pretesto per i compagni e per i docenti di interrogarsi, riflettere e confrontarsi, non solo su questioni di carattere superficiale, come potrebbe essere la cultura gastronomica del Paese ospitante, ma anche su aspetti più profondi come i valori, le prospettive sul mondo e sulla vita. Così facendo, essi potrebbero allargare i propri orizzonti e sviluppare alcuni aspetti della competenza interculturale come la curiosità, il pensiero critico, la visione etnorelativa. Per quanto concerne il secondo punto, è necessario premettere che la mobilità studentesca pone diverse sfide al sistema scolastico tradizionale (Baiutti, 2017) che vanno dalla dimensione valutativa, a quella didattica fino ad arrivare a quella del curricolo. Quando queste sfide vengono colte dagli istituti, esse possono essere l’occasione per un’evoluzione della scuola in chiave internazionale e interculturale in quanto permettono di andare a scardinare gli impliciti e le pratiche che si sono arrugginiti nel tempo. Sotto questa luce, gli scambi giovanili internazionali possono essere «una palestra e un laboratorio di innovazione organizzativa e progettuale e di aggiornamento pedagogico per il corpo insegnanti, di rilettura della propria realtà e delle proprie radici per gli studenti, di dialogo tra scuola e famiglie, tra scuola ed istituzioni locali, di apertura all’Europa ed al mondo» (Ruffino, 2002, p. 79). 1.3. Implicazioni per il Ministero Sebbene lo studio di Briga (2018) abbia messo in luce che il sistema scolastico italiano, nell’ambito del riconoscimento dell’anno all’estero, sia sulla carta fra i più avanzati d’Europa, vi è ancora molta confusione fra i docenti. Ciò implica che il Ministero dovrebbe fornire alcuni chiarimenti. Uno dei chiarimenti più urgenti sembra essere quello inerente all’assegnazione del credito. Come si è visto nella discussione della normativa italiana, il Ministero sostiene che per assegnare il credito sia necessario effettuare una «valutazione globale» (MIUR, 2013) che si sostanzia in un intreccio fra la dimensione disciplinare e quella connessa agli aspetti degli apprendimenti interculturali 3. Tuttavia, 3 Il Ministero parla di competenze trasversali. In questa sede, tuttavia, preso atto della ricerca pedagogia del settore, si è posta particolare enfasi su una delle competenze trasversali: la competenza interculturale. A scuola di cittadinanza interculturale 125 come messo in luce da alcune ricerche (Baiutti, 2017; Bandinu, 2012; Fornasari & Schino, 2018; Paolone, 2010), nelle pratiche valutative adottate dalle scuole ci si concentra essenzialmente sulla dimensione disciplinare non considerando, o comunque non valutando in modo strutturato, la competenza interculturale. Preso atto di ciò, con la pubblicazione del Protocollo Intercultura, si auspica di aver collaborato a migliorare questo panorama offrendo una risposta, basata su solide basi teoretiche e su una ricerca empirica nazionale, al come valutare la competenza interculturale. Rimane al Ministero esplicitare il valore, sia qualitativo che quantitativo, di tale valutazione soprattutto in vista dell’assegnazione del credito scolastico e formativo. 2. Verso una cittadinanza interculturale: suggestioni pedagogiche Per concludere questo volume si desidera ora volgere lo sguardo all’orizzonte di senso in cui comprenderlo, ovverosia la cittadinanza. Il termine ‘cittadinanza’ è attualmente usato in vari contesti (ad es., politico, scolastico, giuridico) con diverse finalità; allo stesso tempo, il concetto sotteso è indagato da angolazioni disciplinari differenti (ad es., pedagogica, sociologica, giurisprudenziale, storica). Per questo motivo la cittadinanza si presenta come una nozione complessa, polisemica, in divenire, soggetta a diverse interpretazioni, alle volte anche contrastanti. Risulta cruciale porsi la domanda: cosa significa cittadinanza oggi? Questa domanda, in chiave pedagogica, si intreccia con altre domande quali: come si forma il cittadino? Quali sono le competenze di tale cittadino? Questi interrogativi non sono oziosi o retorici; giungere a una risposta – seppur sempre provvisoria – è esistenziale per il sistema scolastico: se la cifra pedagogica della scuola è quella di formare cittadini, è necessario prima avere un’idea di cosa significhi esserlo. In altre parole, rispondere a queste domande significa comprendere le implicazioni pedagogiche e didattiche per definire le modalità con cui la scuola espleta il proprio compito primario. In questa sede non si ha la pretesa di fornire una risposta esaustiva4 ai quesiti sopramen4 Per una discussione pedagogica sulla cittadinanza (e l’interculturalità) si veda, fra i molti, Alread, Byram, e Fleming (2006); Annino (2013); Banks (2004); Byram (2008a); Byram, Golubeva, Hui e Wagner (2016); Corbucci e Freddano (2018); Fondazione Intercultura (2011); Gundara (2000); Osler e Hugh (2005); Pinto Minerva (2002); Portera, Dusi e Guidetti (2010); Salmeri (2015); Santerini (2010); Tarozzi (2005, 2015); Tosolini (2007). 126 Protocollo di valutazione Intercultura zionati quanto, piuttosto, di offrire alcune suggestioni. Ci si può riferire al termine ‘cittadinanza’ in modo diverso. Vi è un’idea collegata allo status, ovverosia la cittadinanza formale che dipende dal sistema giuridico e legislativo di ogni singolo Stato. Vi è, poi, il concetto di cittadinanza come senso di appartenenza a una comunità di cittadini. Vi è, infine, una terza prospettiva che è quella che comprende la cittadinanza come ‘practice’5. Partendo dalle suddette categorie si può affermare che le prime due (status e appartenenza) sono quelle che di volta in volta definiscono dei confini determinando chi è il cittadino (di una nazione, di una comunità, etc.) e chi è lo straniero; la terza categoria, invece, può essere compresa come uno spazio-soglia che non pretende di esse superato ma, piuttosto, abitato, praticato. Il praticare la cittadinanza presuppone un agire la cui arena è il dialogo. Quest’ultimo, nella sua declinazione interculturale, non va confuso con la dialettica che prevede una sintesi: il dialogo interculturale non è un convincere (o colonizzare) l’altro; è un’apertura verso l’altro e verso un progetto comune6. Ed è in questa azione dialogica che il concetto di competenza interculturale acquisisce pedagogicamente senso in quanto è la competenza chiave che entra in gioco nella dimensione del dialogo così inteso. Per concludere, la scuola non è solo uno spazio dove apprendere nozioni attorno alla cittadinanza, ma è anche lo spazio dove esperirla, viverla, (ri)definirla e interiorizzarla. La scuola va (ri)pensata come un vero e proprio baluardo e laboratorio di quella che Cambi (2010) definisce «neo-cittadinanza», ovverosia un modello di cittadinanza «plurale, dialogico, in ascesa verso la ‘mondialità’, regolativo e aperto a meta-regole di laicità e di diritti umani» (p. 32). Pertanto, oggi la scuola che realmente risponde alla propria ragion d’essere, cioè formare il cittadino, è la scuola che dà origine a una metanoia che argina l’analfabetismo interculturale promuovendo la cultura dell’intercultura. 5 Questa categorizzazione è tratta da Osler e Hugh (2005). Una categorizzazione simile viene proposta anche da Tarozzi (2015). 6 Questa prospettiva sul dialogo interculturale è stata ispitarata dalle conclusioni al convegno Il silenzio del sacro (Bari, 31 marzo – 2 aprile 2017) tracciate da Roberto Toscano e da alcune suggestioni filosofiche (ad es., Panikkar, 2002). Allegati Allegato 1 Diari di bordo1 Diario di bordo (primo) Cognome e Nome Luogo e data di compilazione Da quanti mesi sei all’estero? Come ti descriveresti? Descriviti caratterialmente prima della partenza e oggi. Se lo desideri, puoi iniziare utilizzando alcuni aggettivi. In questa esperienza hai scoperto qualcosa di te? Se sì, che cosa? Descrivi in che modo l’hai scoperta. Quali sono le principali situazioni problematiche, soprattutto da un punto di vista relazionale (in famiglia, a scuola, con gli amici…), che hai riscontrato fino a oggi in questa esperienza all’estero e come le hai affrontate? Parla di un evento in particolare oppure della tua esperienza in generale. 1 1 pubblicazione come allegati all’articolo I diari di bordo sono già stati oggetto di Baiutti, M., & Paolone, A.R. (2018). Il valore pedagogico interculturale del diario di bordo durante la mobilità studentesca internazionale individuale: La prospettiva degli insegnanti. Encyclopaideia - Journal of Phenomenology and Education, 22(52), 55-72. Tuttavia, nella penultima domande del secondo diario di bordo è stata effettuata una lieve modifica che non ne muta il senso. 130 Protocollo di valutazione Intercultura Quali sono le esperienze, soprattutto da un punto di vista relazionale (in famiglia, a scuola, con gli amici…), particolarmente positive che hai avuto fino a oggi? Come ti sei sentito/a quando le hai vissute? Parla di un evento in particolare oppure della tua esperienza in generale. Che cosa stai imparando del contesto dove stai svolgendo la tua esperienza? Fai qualche confronto con il tuo contesto d’origine. Descrivi brevemente se hai imparato qualcosa, ad esempio, da un punto di vista storico, politico, religioso, relazionale, linguistico, sociale, scolastico, paesaggistico, ecc. (scegli uno o più aspetti tra quelli proposti oppure aggiungine altri). Vuoi aggiungere qualcosa? 2 Allegati 131 Diario di bordo (secondo) Cognome e Nome Luogo e data di compilazione Da quanti mesi sei all’estero? Come ti descriveresti caratterialmente oggi? Se lo desideri, puoi iniziare utilizzando alcuni aggettivi. …ripensando al primo diario di bordo, noti delle differenze nella tua descrizione di oggi rispetto a come ti eri descritto/a nel primo diario di bordo? Se sì, quali? Secondo te da cosa dipendono? In questa esperienza all’estero hai scoperto qualcosa di te? Se sì, che cosa? Descrivi in che modo l’hai scoperta. …ripensando al primo diario di bordo, noti delle differenze fra ciò che hai scritto oggi e ciò che avevi scritto nel primo diario di bordo? Se sì, quali? Secondo te da cosa dipendono? 3 132 Protocollo di valutazione Intercultura Quali sono le principali situazioni problematiche, soprattutto da un punto di vista relazionale (in famiglia, a scuola, con gli amici…), che hai riscontrato nella seconda fase della tua esperienza all’estero e come le hai affrontate? Parla di un evento in particolare oppure della tua esperienza in generale. Quali sono le esperienze, soprattutto da un punto di vista relazionale (in famiglia, a scuola, con gli amici…), particolarmente positive che hai avuto nella seconda fase della tua esperienza all’estero? Come ti sei sentito/a quando le hai vissute? Parla di un evento in particolare oppure della tua esperienza in generale. Rispetto al primo diario di bordo, che cosa hai imparato di nuovo del contesto dove hai svolto la tua esperienza? Fai qualche confronto con il tuo contesto d’origine. Descrivi e approfondisci brevemente se hai imparato qualcosa, ad esempio, da un punto di vista storico, politico, religioso, relazionale, linguistico, sociale, scolastico, paesaggistico, ecc. (scegli uno o più aspetti tra quelli proposti oppure aggiungine altri). In questo spazio, inserisci una foto o un video o una canzone o un disegno (quello che preferisci) che possa simboleggiare la tua esperienza all’estero e spiega le ragioni della tua scelta. Vuoi aggiungere qualcosa? 4 Allegato 2 Linee guide per la presentazione (studente) Linee guida per la presentazione (Studente) Per il Protocollo di valutazione Intercultura è previsto che lo/a studente/ssa che ha partecipato a un progetto annuale all’estero svolga una presentazione orale di 15/20 minuti rispetto alla propria esperienza. Pertanto, prepara una presentazione che tocchi i seguenti temi: CONTESTO OSPITANTE: illustra brevemente il contesto ospitante. Quali aspetti culturali, valoriali, storici, religiosi, politici etc. hai imparato durante la tua esperienza all’estero? Quali sono le tue impressioni personali su tale contesto? LINGUA E COMUNICAZIONE (svolgi parte di questo tema nella/e lingua/e del Paese ospitante e predisponi una traduzione): quali sono state le principali difficoltà, se ci sono state, nell’imparare la/e lingua/e del contesto ospitante? Alla fine della tua esperienza, ritieni di essere in grado di mantenere una conversazione con una persona che parla la lingua del contesto ospitante? Se sì, su quali tematiche (ad es., questioni quotidiane, argomenti sensibili)? SCUOLA OSPITANTE2: presenta la scuola ospitante. Come era organizzata la scuola? Quel era la modalità di insegnamento? Come venivano valutati gli studenti? Che tipo di rapporto c’era fra insegnante e alunno/a? Confronta tali aspetti con la tua esperienza scolastica italiana. Descrivi una giornata tipo a scuola o una lezione che è stata particolarmente significativa. RELAZIONI: illustra che tipo di relazioni hai instaurato con le persone che hai incontrato nella tua esperienza all’estero (ad es., famiglia ospitante, compagni di classe, insegnanti, etc.). Quali difficoltà, se ci sono state, hai incontrato nel relazionarti con le persone? Come le hai superate? I pregiudizi e gli stereotipi (tuoi e delle persone che hai incontrato) che ruolo hanno giocato nel relazionarti? Stai mantenendo alcune relazioni con alcune persone che hai conosciuto nella tua esperienza? Se sì, con chi e come? 2 Questo tema è stato ispirato da Intercultura (2013). Educare al mondo. Un alunno 5 della mia scuola va all’estero: che cosa posso fare?, Colle di Val d’Elsa: Intercultura. 134 Protocollo di valutazione Intercultura DESCRIZIONE DI TE: che cosa hai imparato di te stesso/a attraverso questa esperienza? Come ti descriveresti, prima e dopo, l’esperienza all’estero? Se sei cambiato/a, come spiegheresti questo cambiamento? Qual è il tuo modo di vedere le cose e il mondo oggi? Come vedi il tuo futuro? Sentiti libero/a di organizzare la tua presentazione come vuoi ma ricordati che devi toccare tutti i temi sopra riportati. È consigliato il supporto di una presentazione in PowerPoint, Prezi, etc. 6 Allegato 3 Griglie di osservazione della presentazione guidata (insegnante) Griglia di osservazione della presentazione guidata (Insegnante)3 – variante 1 La competenza interculturale è “la capacità, basata su conoscenze, abilità e attitudini interculturali, di comunicare in modo efficace e appropriato in situazioni interculturali”. Definizione tratta da Deardorff, D. (2006), Identification and assessment of intercultural competence as a student outcome of internationalization, Journal of Studies in International Education, 10(3), 241266, trad. it. M. Baiutti. Mentre lo/a studente/ssa svolge la presentazione guidata della propria esperienza all’estero, individui e annoti sulla presente griglia osservativa le eventuali evidenze riguardanti lo sviluppo delle attitudini, delle conoscenze e delle abilità connesse alla competenza interculturale. ATTITUDINI (ad es., curiosità verso persone che percepisce come aventi background culturali diversi; apertura a sperimentare nuove esperienze; rispetto verso le idee, le credenze, i punti di vista di altre persone; interesse verso questioni globali come l’ecologia, i diritti umani). ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… CONOSCENZE (ad es., autoconsapevolezza culturale; comprensione della complessità della propria identità; consapevolezza che i contesti culturali influenzano il modo di vedere il mondo, i valori, etc. di una persona; conoscenza della/e lingua/e del Paese ospitante; conoscenza degli aspetti storico-culturali, geografici, antropologici e politici del contesto ospitante). ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… 7 3 Questa griglia osservativa è stata ispirata dalla Scheda Interpretativa elaborata da Fondazione Intercultura e Intercultura per il webinar «Competenze disciplinari e interculturali sviluppate durante un soggiorno di studio all’estero», 27 maggio 2015, http://www. scuoleinternazionali.org/Formazione/ 136 Protocollo di valutazione Intercultura ABILITÀ (ad es., pensiero critico; abilità di fare comparazioni critiche; abilità di adattare i propri comportamenti e stili comunicativi al contesto socio-culturale; abilità di relativizzare il proprio punto di vista; abilità di gestione e di risoluzione dei conflitti culturali). ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… 8 137 Allegati Griglia di osservazione della presentazione guidata (Insegnante)4 - variante 2 La competenza interculturale è “la capacità, basata su conoscenze, abilità e attitudini interculturali, di comunicare in modo efficace e appropriato in situazioni interculturali”. Definizione tratta da Deardorff, D. (2006), Identification and assessment of intercultural competence as a student outcome of internationalization, Journal of Studies in International Education, 10(3), 241-266, trad. it. M. Baiutti. Mentre lo/a studente/ssa svolge la presentazione guidata della propria esperienza all’estero, individui il livello di sviluppo (su una scala da 1 a 5) di ciascuna delle dimensioni riportate. 1 2 3 RISPETTO: Il rispetto interculturale consiste nel ritenere che le persone e le culture diverse dalla propria abbiano un valore e un’importanza in sé (ad es., lo studente apprezza e valorizza le diversità culturali). APERTURA: L’apertura interculturale implica il desiderio di interagire con idee, prospettive e persone diverse da sé (ad es., lo studente cerca di interagire con altre persone senza avere dei preconcetti). CURIOSITÀ: La curiosità interculturale è il desiderio di conoscere nuove idee, prospettive, contesti e persone (ad es., lo studente è interessato a prospettive religiose e/o politiche diverse dalle sue; durante un incontro interculturale fa domande quando non capisce qualcosa). 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 9 4 Questa griglia osservativa è stata ispirata da uno strumento elaborato da Berardo e Deardorff (2012) e ripreso dalla ricerca in corso DICTAM (Developing Intercultural Competence Through Adolescents’ Mobility) a cura della Fondazione Interultura (M. Baiutti, D. K. Deardorff e R. Ruffino). 138 Protocollo di valutazione Intercultura 4 FLESSIBILITÀ: La flessibilità interculturale è la capacità di adattare il proprio comportamento alle diverse situazioni e persone con cui ci si relaziona (ad es., lo studente si adatta facilmente ad abitudini di vita quotidiana – cibo, orari, vestiario, limitazione della liberà personale, ecc. – diverse dalle sue). CONOSCENZE CULTURALI SPECIFICHE: Le conoscenze culturali specifiche sono le conoscenze degli aspetti storici, geografici, linguistici, religiosi, politici, sociali, economici ecc. del Paese ospitante (ad es., lo studente conosce alcuni aspetti alla storia del Paese ospitante). CONSAPEVOLEZZA SOCIOLINGUISTICA: La consapevolezza sociolinguistica è la capacità di parlare in modo appropriato ai contesti sociali di ogni cultura e cioè in modo accettabile per le altre persone coinvolte nella comunicazione (ad es., lo studente, durante un incontro interculturale, cerca di adattare le parole che utilizza alla persona – insegnante, compagno di classe, amico, genitori – con cui parla). ABILITÀ DI PARLARE LA/E LINGUA/E DEL PAESE OSPITANTE: Parlare la/e lingua/e del Paese ospitante significa che lo studente è in grado di mantenere una conversazione con una persona che parla la lingua del Paese ospitante (ad es., lo studente era in grado di parlare della propria giornata a scuola con la famiglia ospitante). 5 6 7 10 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 139 Allegati 8 ASCOLTARE PER COMPRENDERE: L’ascoltare per comprendere è la capacità di focalizzarsi su una persona di un’altra cultura ascoltandola attentamente con l’intenzione di comprenderne le sue motivazioni, esperienze, emozioni ecc. (ad es., lo studente, ascoltando un punto di vista differente dal suo, prova a comprendere l’emozione dell’altro). 11 1 2 3 4 5 Allegato 4 Prove di realtà (esempio)5 Prove di realtà Indicazioni Leggi attentamente le tre prove proposte e le relative richieste. In seguito, rispondi alle domande. Per la compilazione delle tre prove hai a disposizione 45 minuti. 1° PROVA - DOVE SEI “DEL POSTO”? Taiye Selasi (1979-) è una scrittrice e fotografa contemporanea. Nel 2013 è uscito il suo primo romanzo La bellezza delle cose fragili (titolo originale: Ghana Must Go). È stata una giudice (assieme ad Andrea De Carlo e Giancarlo De Cataldo) del primo talent show letterario al mondo – Masterpiece – andato in onda su Rai 3 a partire dal novembre 2013. Taiye ha partecipato all’incontro TEDGlobal 2014 (www.ted.com) con una presentazione intitolata “Don’t ask where I’m from, ask where I’m a local” in cui ha esplorato il ruolo delle relazioni rispetto alla formazione delle identità multiple. Taiye inizia la sua presentazione dicendo: «L'anno scorso ho fatto il mio primo tour promozionale [per presentare il proprio libro al pubblico]. In 13 mesi ho attraversato 14 paesi tenendo centinaia di conferenze. Ogni volta, in ogni paese si cominciava con una presentazione, e ogni presentazione cominciava, ahimè, con una bugia: “Taiye Selasi viene dal Ghana e dalla Nigeria” o “Taiye Selasi viene dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti”. Ogni volta, ascoltando questa frase introduttiva indipendentemente da come finisse, Inghilterra, America, Ghana, Nigeria, pensavo: “Ma non è vero!”. Sì, sono nata in Inghilterra e cresciuta negli Stati Uniti. Mia mamma è nata in Inghilterra ed è cresciuta in Nigeria, attualmente risiede in Ghana. Mio padre è nato in Costa d'Oro, una colonia inglese, è cresciuto in Ghana e ha vissuto per oltre 30 anni nel regno dell'Arabia Saudita. Per questo motivo, presentandomi, mi chiamavano “multinazionale”. “Ma la Nike è multinazionale” pensavo io. “Io sono un essere umano”». 12 Questo strumento non ha subito modifiche rispetto a quello consegnato agli insegnanti durante la ricerca empirica in quanto esso dovrebbe essere progettato nuovamente ogni anno. 5 Allegati 141 Quesito A.1 Quali sono le DUE affermazioni che potrebbero meglio spiegare il motivo per cui Taiye ritiene una bugia ciò che veniva detto per presentarla all’inizio degli incontri promozionali? (A) Descrivere una persona come multinazionale è offensivo. (B) È riduttivo descrivere una persona esclusivamente rispetto alle nazioni in cui è nata ed è vissuta. (C) Il fatto che i genitori siano nati e vissuti in determinate nazioni non vuol dire che i propri figli siano vissuti nelle stesse nazioni. (D) L’essere umano è complesso, pertanto non è sufficiente elencare le nazioni in cui è nato e vissuto per presentarlo. Nella continuazione del suo discorso Taiye dice: «La differenza tra “Da dove vieni?” e “Dove sei del posto?” [“Where are you a local?”] non è nella specificità della risposta; è nell'intenzione della domanda. Sostituire il linguaggio della nazionalità con quello della località ci richiede di spostare l'attenzione a dove ha luogo la vita reale». E aggiunge: «Per chiarire, non sto dicendo di abolire i paesi. Ce n’è da raccontare sulle storie nazionali e più ancora sugli stati sovrani. La cultura nasce dalla comunità e la comunità nasce da un contesto. Geografia, tradizione, memoria collettiva: sono tutte molto importanti. Io metto in discussione la gerarchia. Tutte quelle presentazioni nel tour iniziavano riferendosi alla nazione, come se conoscere il paese di provenienza rivelasse al pubblico chi ero». Quesito A.2 In base a quello che dice Taiye, quali sono le DUE affermazioni che potrebbero meglio spiegare perché bisognerebbe sostituire la domanda “Da dove vieni?” con quella “Dove sei del posto?” [“Where are you a local?”]? (A) La domanda “Da dove vieni?” nasconde l’idea che se si sa da quale nazione provenga una persona allora si ha l’illusione di sapere chi è la persona con cui si parla (il suo modo di vedere il mondo, la sua lingua, i suoi valori, ecc.). (B) Il linguaggio della nazione (“Da dove vieni?”) è un linguaggio che produce stereotipi. (C) La domanda “Da dove vieni?” è una domanda che focalizza l’attenzione su una dimensione virtuale. (D) Quando si chiede “Dove sei del posto?” [“Where are you a local?”] si pone attenzione alla persona con cui si sta parlando e alla realtà in cui vive. 13 142 Protocollo di valutazione Intercultura Taiye conclude il suo intervento dicendo: «Il mito dell'identità nazionale e del vocabolario del “venire da” ci fa cadere nella trappola del collocarci in categorie che si escludono l’un l’altra. In realtà, siamo tutti multi... multilocali, multistrato. Iniziare la conversazione con il riconoscere questa complessità ci avvicina agli altri, credo, invece che allontanarci. Perciò la prossima volta che verrò presentata, mi piacerebbe sentire la verità: "Taiye Selasi è un essere umano, come tutti qui. Non è una cittadina del mondo ma una cittadina di mondi. È del posto a New York, Roma e Accra”». Quesito A.3 Quali sono le DUE affermazioni che potrebbe meglio sintetizzare quanto affermato da questa citazione di Taiye? (A) Siamo tutti cittadini e cittadine di mondi. (B) Il cosmo è multi… (C) Il linguaggio che non semplifica la complessità dell’essere umano è quello che ci avvicina agli altri. (D) Non veniamo da una sola nazione. Quesito A.4 Se ti trovassi davanti a un pubblico di persone che è venuto a sentirti, come ti presenteresti? …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… 2° PROVA - IL CIRCOLO DI DIBATTITO Nella tua scuola, il Collegio dei docenti ha deciso di creare la Giornata del dibattito. Durante questa giornata ogni classe diventa un “circolo di dibattito” in cui si affronta un argomento come ad esempio l’eutanasia, il reddito di cittadinanza, i vaccini obbligatori, ecc. In una classe, l’insegnante decide di trattare l’argomento della pena di morte partendo dalla lettura di un articolo apparso su AFP e tradotto in italiano per il sito web www.internazionale.it. 14 Allegati 143 Di seguito vengono riportati alcuni estratti. «Rodrigo Duterte, il sindaco della grande città meridionale di Davao eletto presidente delle Filippine con un programma molto duro contro la criminalità, si è impegnato a ripristinare la pena di morte e ad autorizzare la polizia a “sparare per uccidere”. Nel corso della sua prima conferenza stampa dopo la sua elezione, il 9 maggio, Duterte, 71 anni e avvocato, accusato dal presidente uscente Benigno Aquino di essere un potenziale dittatore, ha voluto spiegare in dettaglio il suo programma contro la criminalità. […] “Chiederò al congresso di ripristinare la pena di morte per impiccagione”, ha aggiunto, appoggiando l’uso della pena capitale – abolita nel 2006 – per i reati di traffico di droga, stupro, omicidio e furto. Come metodo preferirebbe l’impiccagione al plotone di esecuzione, spiegando di non voler sprecare proiettili e che il patibolo è più umano». Dopo la lettura dell’articolo l’insegnante chiede agli studenti cosa ne pensano. Greta: “La pena di morte va contro i diritti umani. Non credo che reinserire la pena di morte sia giusto, neanche per i crimini più feroci”. Laura: “In linea di principio siamo tutti d’accordo che la pena di morte non è una cosa bella ma quanto costa allo Stato – e quindi ai cittadini – il mantenimento in carcere dei criminali? Credo che questo presidente faccia bene a reinserire la pena di morte”. Roberto: “Laura, ma dai!?! Ti pare che si possa uccidere una persona per furto?!?! Nell’articolo si dice che si reinserisce la pena di morte anche per il furto! Mi sembra assurdo!” Valentino: “Tutte le persone possono sbagliare e tutte le persone possono cambiare, quindi bisogna dare una possibilità ai criminali, anche se questo costa”. Luca: “Queste sono le cose che dicono i buonisti che non vogliono fare i conti con la realtà. Per quale motivo i cittadini dovrebbero pagare il mantenimento di un criminale? E poi c’è anche la crisi economica!?!? É meglio che uno Stato si occupi dei poveri piuttosto che dei criminali!”. Alessia: “La pena di morte non è la soluzione a questi problemi! Bisognerebbe, piuttosto, investire sull’educazione sia in famiglia che a scuola. L’educazione infatti ridurrebbe i crimini e quindi non ci sarebbero così tanti criminali da mantenere in prigione”. Quesito B.1 Ogni studente ha fornito un’argomentazione per giustificare la propria posizione a favore o meno della pena di morte. Quali fra le seguenti argomentazioni sono presenti e quali no fra quelle avanzate dagli studenti? Sottolinea “PRESENTE” se ritieni che l’argomentazione sia presente; 15 144 Protocollo di valutazione Intercultura sottolinea “NON PRESENTE” se ritiene che l’argomentazione non sia presente fra quelle fornite dagli studenti. (A) (B) (C) (D) La criminalità potrebbe diminuire grazie all’educazione La pena di morte risolve le crisi economiche Uccidere una persona, anche se criminale, è contro i diritti dell’essere umano La pena di morte è una delle possibili soluzioni per ridurre le spese dello Stato (E) I criminali possono cambiare (F) La pena di morte scoraggia gli atti criminali Presente / Non presente Presente / Non presente Presente / Non presente Presente / Non presente Presente / Non presente Presente / Non presente Nel dibattito interviene una studentessa straniera che sta partecipando a un programma di studio annuale in Italia e dice: Argin: “Nel mio Paese c’è la pena di morte anche se praticamente non viene applicata quasi mai. Possono passare anni senza che la pena di morte venga usata”. Intervengono anche altri compagni di classe: Greta: “Allora se non viene applicata mai, per quale motivo c’è la pena di morte nel tuo Paese? C’è qualche motivo specifico? Non capisco. Mi piacerebbe comprendere meglio la posizione del tuo Paese”. Argin: “Le poche volte in cui è applicata è quando ci sono casi molto molto molto gravi, quindi non per furto come nel caso dell’articolo! Ad esempio viene utilizzata se una persona entra in un centro commerciale e uccide decine di persone senza motivo. In casi come questo, viene applicata la pena di morte perché si pensa che così si scoraggino altre persone a commettere atti simili”. Arturo: “Ma questo è intollerabile! Uccidere una persona per educare le altre! Che stupidaggine!!!”. Argin: “Non capitemi male… Io… Io… non sono per la pena di morte e credo profondamente nel valore dei diritti umani. Dico semplicemente quello che succede nel mio Paese”. 16 Allegati 145 Quesito B.2 Quali sono le DUE giustificazioni più probabili che spiegano perché Greta pone la domanda (Greta aveva detto di essere contro la penda di morte nel dialogo precedente)? (A) Greta cambia idea sulla pena di morte. (B) Greta vuole manifestare apertura ad Argin. (C) Greta non vuole prendere posizione rispetto all’uso della pena di morte applicata nel Paese di Argin. (D) Per creare un dialogo costruttivo con Argin, Greta – a differenza di Arturo – desidera capire le motivazioni della posizione del suo Paese. L’insegnante decide di assegnare un’attività alla classe concernente la pena di morte per raccogliere del materiale e far riflettere la classe. Quesito B.3 Quale potrebbero essere le DUE attività più efficaci per far riflettere la classe sulla pena di morte? (A) Cercare dei titoli di giornale sulla pena di morte e commentarli. (B) Dividere la classe in tre gruppi e a ogni gruppo assegnare un Paese (gruppo A – Italia; gruppo B – Filippine; gruppo C – Paese di Argin) e chiedere loro di fare una breve ricerca sulla storia della pena di morte del Paese assegnato. (C) Chiedere di intervistare persone in Italia, nelle Filippine (via Skype; nella classe qualcuno dice di avere un amico nelle Filippine che parla l’inglese) e nel Paese di Argin (via Skype; la classe d’origine di Argin durante la loro ora d’inglese) rispetto alla loro idea e a quella generale del Paese sulla pena di morte. (D) Vedere un film sulla pena di morte e fare un’analisi del film. Quesito B.4 Se ti trovassi a discutere con una persona di un tema (come ad esempio la pena di morte) su cui avete due prospettive completamente diverse, come ti comporteresti? Quali sono le cose che faresti? …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… 17 146 Protocollo di valutazione Intercultura 3° PROVA - EXCHANGE STUDENT Con l’inizio del nuovo anno scolastico, nella tua scuola viene ospitato un exchange student (16 anni). L’exchange student resterà nella tua scuola per un anno scolastico, sarà ospitato da una famiglia che abita vicino alla scuola (l’unica figlia della famiglia ospitante frequenta la tua scuola e ha 17 anni) e non parla l’italiano. Poiché tu sei rientrato da poco da un’esperienza simile, una tua insegnante ti chiede dei consigli per come poter facilitare l’inserimento nella classe dell’exchange student. Quesito C.1 Scrivi di seguito che cosa consiglieresti alla tua insegnante. …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… Dopo tre mesi dal suo arrivo, l’exchange student ti chiede un consiglio perché ha alcune difficoltà relazionali con i suoi compagni di classe: Exchange student: “Dopo un primo momento in cui tutti i miei compagni di classe mi facevano domande sul mio Paese, sulla mia famiglia, la mia scuola ora non mi considerano più. È come se io non ci fossi in classe. I miei compagni organizzano degli incontri al parco o delle cene ma non mi invitano. Non so cosa fare. Mi sento solo. Io ci sto male. Cosa devo fare? Come mi devo comportare? È successo anche a te? Mi puoi dare qualche consiglio?”. Quesito C.2 Scrivi di seguito che cosa diresti all’exchange student. …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………… 18 Allegati 147 CHIAVI PER L’INSEGNANTE Quesito A.1 Risposta corretta: (B) e (D) Risposta parzialmente corretta: (B) o (D) Risposta non corretta: • Altre risposte ovverosia (A) e (C) • Nessuna risposta Quesito A.2 Risposta corretta: (A) e (D) Risposta parzialmente corretta: (A) o (D) Risposta non corretta: • Altre risposte ovverosia (B) e (C) • Nessuna risposta Quesito A.3 Risposta corretta: (A) e (C) Risposta parzialmente corretta: (A) o (C) Risposta non corretta: • Altre risposte ovverosia (B) e (D) • Nessuna risposta Quesito A.4 Risposta attesa Nella risposta ci si attende che lo studente evidenzi aspetti che siano connessi a una prospettiva non semplicistica di sé. Ad esempio: lo studente si descrive non limitandosi a evidenziare la propria identità nazionale; lo studente potrebbe mettere in luce il fatto che i propri valori, comportamenti, modi di vedere il mondo etc. sono influenzati dalle persone che ha incontrato. 19 148 Protocollo di valutazione Intercultura Quesito B.1 Risposte corretta: (A) PRESENTE / non presente (B) presente / NON PRESENTE (C) PRESENTE / non presente (D) PRESENTE / non presente (E) PRESENTE / non presente (F) presente / NON PRESENTE Quesito B.2 Risposta corretta: (B) e (D) Risposta parzialmente corretta: (B) o (D) Risposta non corretta: • Altre risposte ovverosia (A) e (C) • Nessuna risposta Quesito B.3 Risposta corretta: (B) e (C) Risposta parzialmente corretta: (B) o (C) Risposta non corretta: • Altre risposte ovverosia (A) e (D) • Nessuna risposta Quesito B.4 Risposta attesa Nella risposta ci si attende appaiano alcuni dei seguenti aspetti: • lo studente manifesta rispetto per l’interlocutore; • lo studente cerca di argomentare la propria posizione; • lo studente pone delle domande per comprendere la posizione dell’interlocutore; • lo studente dimostra di essere aperto al confronto e al dialogo. Quesito C.1 e Quesito C.2 Suggerimenti Per comprendere quali componenti della competenza interculturale sono presenti in ciò che ha scritto lo studente e a che livello è opportuno leggere il testo dello studente individuando quali elementi sono presenti nella rubrica valutativa progettata per il Protocollo di valutazione Intercultura. 20 Allegato 5 Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Scheda per la raccolta di osservazioni proprie e di terzi Scheda n.: ……… Luogo e data di compilazione: …………………… Cognome e nome dello studente osservato: ……………………………… Tipologia della nota: osservazione del docente compilatore di un avvenimento in cui lo studente manifesta lo sviluppo della competenza interculturale osservazione di terzi, e comunicata al docente compilatore, di un avvenimento (o di un insieme di avvenimenti) in cui lo studente manifesta lo sviluppo della competenza interculturale Se la nota riporta un’osservazione di terzi segnalare chi è: dirigente scolastico insegnante (diverso dal compilatore) genitore compagno/a di classe collaboratore/rice scolastico/a altro (specificare) _____________________________________ Breve descrizione dell’avvenimento ………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… Eventuali commenti ………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… Firma del docente compilatore: 21 Allegato 6 Rubrica valutativa Mobilità studentesca internazionale individuale Valutazione e valorizzazione della competenza interculturale Lo/a studente/ssa (cognome) ……………………………………………………… (nome)…………………………………………… iscritto/a presto l’Istituto ………………………………………………………………………………………………………………… nella classe ………… sez. ………………. nell’anno scolastico ……………………… ha partecipato a un programma di mobilità studentesca internazionale individuale in (Paese) …………………………………. dal …………………… al …………………… I dati per la compilazione della rubrica valutativa concernente la competenza interculturale sono stati raccolti mediante i seguenti strumenti (segnare quelli utilizzati): Diari di bordo compilati il (data)……………………………… e il (data)……………………………… ……………………….. Presentazione guidata svolta il (data) ……………………………………………………………………………………………… Prove di realtà svolte il (data)……………………………………………………… ……………………………………………… Osservazioni Altro materiale (specificare, ad es. documenti prodotti dalla scuola ospitante) ……………………………………………………. Luogo e data ________________________ Dirigente Scolastico o suo delegato _____________________ Valutazione e valorizzazione della competenza interculturale Rubrica valutativa La competenza interculturale è “la capacità, basata su conoscenze, abilità e attitudini interculturali, di comunicare in modo efficace e appropriato in situazioni interculturali”. Definizione tratta da Deardorff, D.K. (2006), Identification and assessment of intercultural competence as a student outcome of internationalization, Journal of Studies in International Education, 10(3): 241-266, trad. it. M. Baiutti. CRITERI ATTITUDINI Curiosità - Manifestare interesse a interagire e creare relazioni con persone percepite come aventi background culturali diversi6. Rispetto per le diversità - Rispettare le persone; - Rispettare le idee, i valori, le credenze, i punti di vista etc. di altre persone. LIVELLO BASE Manifesta il desiderio di interagire con persone percepite come aventi background culturali diversi. Ad es., chiede all’insegnante di partecipare a un incontro organizzato da un’altra classe con un gruppo di studenti stranieri. Riconosce le persone come eguali (senza distinzioni di genere, lingua, religione, etc.). Ad es., in una discussione in classe sugli stipendi sostiene che uomini e donne dovrebbero ricevere uguale trattamento economico per il medesimo lavoro. LIVELLO INTERMEDIO Interagisce con persone percepite come aventi background culturali diversi. Ad es., si propone come peer tutor [tutor fra pari] per uno studente straniero che è arrivato nella sua scuola con un programma annuale di mobilità studentesca. Rispetta (senza necessariamente condividere) le idee, i valori, le credenze, i punti di vista etc. diversi dai propri (purché non violino i diritti umani). Ad es., descrive alcuni comportamenti della famiglia ospitante che erano molto diversi da quelli della propria senza giudicarli in modo negativo. LIVELLO AVANZATO Crea e mantiene relazioni significative con persone percepite come aventi background culturali diversi. Ad es., mantiene un forte legame con alcuni amici conosciuti durante l’esperienza all’estero. Cerca di creare momenti di dialogo con persone che hanno idee, valori, credenze, punti di vista etc. diversi dai propri. Ad es., come rappresentante degli studenti, durante un’assemblea scolastica dedicata al tema dell’immigrazione, fa in modo che a parlare ci siano persone che la pensano diversamente su tale argomento. Allegati 6 Gli indicatori presenti nei criteri sono tendezialmente tratti da Baiutti, M. (2017). Competenza interculturale e mobilità studentesca. Riflessioni pedagogiche per la valutazione. Pisa: ETS. 151 CONOSCENZE - Essere in grado di mantenere una conversazione con una persona che parla la lingua del contesto ospitante. Conoscenza del contesto ospitante - Manifestare di aver acquisito le principali nozioni storico-culturali e antropologiche del contesto ospitante; - Manifestare di aver compreso le principali strutture e dinamiche politiche del Paese ospitante. 7 LIVELLO INTERMEDIO LIVELLO AVANZATO È in grado di analizzare come le proprie esperienze e i gruppi culturali con cui è entrato in contatto abbiano contribuito alla formazione della propria identità culturale. Ad es., racconta come le parole di un compagno di classe della scuola ospitante lo abbiano fatto riflettere su alcuni dei propri presupposti culturali. Descrive in modo articolato e maturo la propria identità culturale. È in grado di gestire scambi comunicativi molto brevi su questioni note e usuali con una persona che parla la lingua del contesto ospitante (Livello A1 o A2 del QCER7). Ad es., è in grado di chiedere un biglietto dell’autobus; è in grado di salutare; è in grado di presentarsi. È in grado di mantenere una conversazione su argomenti noti o generali con una persona che parla la lingua del contesto ospitante (Livello B1 o B2 del QCER). Ad es., è in grado di raccontare la propria giornata a scuola esprimendo opinioni e interessi. È in grado di mantenere una conversazione su argomenti complessi e non noti con una persona che parla la lingua del contesto ospitante (Livello C1 o C2 del QCER). Ad. es., è in grado di parlare di questioni politiche argomentando la propria posizione e comprendendo quella dell’interlocutore. Riconosce alcuni aspetti culturali del contesto in cui ha svolto l’esperienza. Descrive in modo articolato alcuni aspetti culturali del contesto in cui ha svolto l’esperienza. Ad es., identifica alcune pratiche religiose del Paese ospitante. Ad es., espone alcuni eventi storici del Paese ospitante; espone la geografia del Paese ospitante; descrive le principali istituzioni politiche del Paese ospitante. Crea connessioni fra diversi aspetti culturali (ad es., fra storia e pratiche culturali) del contesto in cui ha svolto l’esperienza. Ad es., riporta di aver assistito a diverse funzioni religiose e le descrive sottolineando i rapporti fra la dimensione spirituale e il Paese ospitante. Ad es., afferma che il proprio modo di vedere il mondo, i propri valori etc. sono influenzati dalle proprie esperienze, amicizie, educazione etc. Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue. Ad es., è in grado di fornire motivazioni alle proprie emozioni, azioni, valori etc. che vanno al di là di semplicistici stereotipi nazionali. Protocollo di valutazione Intercultura - Manifestare consapevolezza che i gruppi culturali e i vissuti personali influenzano le identità culturali delle persone; - Manifestare consapevolezza di sé, delle proprie capacità, potenzialità come dei propri limiti. Conoscenza della lingua del Paese ospitante LIVELLO BASE È consapevole che i gruppi culturali e i vissuti personali influenzano le identità culturali delle persone. 152 CRITERI Autoconsapevolezza culturale CRITERI LIVELLO BASE Riconosce alcune diversità fra il contesto ospitante e il contesto d’origine. Abilità di pensiero critico - Svolgere delle comparazioni critiche. ABILITÀ Abilità di adattamento - Adattare i propri comportamenti e stili comunicativi a nuovi contesti socio-culturali. Abilità di gestione del disaccordo/conflitto culturale8 È consapevole che in alcune situazioni è necessario adattare il proprio comportamento e lo stile comunicativo in base al contesto e all’interlocutore. Ad es., afferma che quando incontra una persona che non ha una buona conoscenza della sua lingua usa parole più semplici. È disponibile all’ascolto per comprendere il punto di vista dell’altro. Sospende il giudizio come prima risposta. Ad es., quando un suo compagno di classe gli dice di essere a favore della pena di morte – mentre lui non lo è – reagisce non giudicando il compagno ma chiedendogli perché la pensa così. LIVELLO AVANZATO Avanza ipotesi che cercano di spiegare alcune diversità fra il contesto ospitante e il contesto d’origine. Ad es., spiega perché, dal suo punto di vista, nel contesto ospitante si studiano poco le materie umanistiche. Ad es., in una gita scolastica in un Paese in cui non era mai stato prima cerca di comportarsi appropriatamente. Argomenta all’interlocutore le ragioni del proprio punto di vista. Ad es., si sente a proprio agio a parlare con diverse persone in una varietà di situazioni nel contesto ospitante. Comprende le argomentazioni alla base del punto di vista dell’interlocutore anche se non le condivide. Si sforza di coinvolgere l’interlocutore nella ricerca comune di una mediazione. Ad es., pur non condividendo, spiega alla classe che secondo il compagno la pena di morte è un deterrente per la criminalità. Ad es., spiega al suo compagno di classe che secondo lui la pena di morte è contro i diritti umani. Riesce ad adattare con naturalezza il proprio comportamento e lo stile comunicativo a situazioni socio-culturali non familiari. 8 Con disaccordo e conflitto culturale in questa sede si intende l’incompatibilità di questioni etiche e morali fra due o più soggetti che si percepiscono come aventi background culturali differenti (Baiutti, 2017). Allegati - Gestire un disaccordo/conflitto culturale in prospettiva interculturale. Ad es., presenta le principali diversità fra il sistema scolastico del Paese ospitante e quello del Paese d’origine. LIVELLO INTERMEDIO Descrive alcuni punti di forza e alcuni punti di debolezza sia del contesto ospitante che del contesto d’origine. Ad. es., sostiene che la modalità didattica del lavoro di gruppo sperimentata nella scuola ospitante gli ha permesso di capire come mediare fra posizioni diverse e allo stesso tempo sostiene che la modalità di studio della scuola d’origine consente di imparare a creare connessioni interdisciplinari. Si sforza di adattare il proprio comportamento e lo stile comunicativo a situazioni socio-culturali non familiari. 153 Spazio per aggiungere eventuali commenti 154 Protocollo di valutazione Intercultura Bibliografia Adams, T.E., Jones, S.H., & Ellis, C. (2015). Autoethnography: Understanding qualitative research. New York: Oxford University Press. Albarea, R. (2014). Contributi pedagogici alla psicologia dell’educazione. Schemi e testi. Padova: libreriauniversitaria.it. Allemann-Ghionda, C. (2008). Intercultural education in schools. 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Edizioni ETS Palazzo Roncioni - Lungarno Mediceo, 16, I-56127 Pisa info@edizioniets.com - www.edizioniets.com Finito di stampare nel mese di luglio 2019 L a mobilità studentesca internazionale è una delle strade maestre per formare cittadini interculturali. Questa esperienza di apprendimento e di vita sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di giovani. Diverse sono le sfide pedagogiche, didattiche e metodologiche che essa pone alla scuola e alla ricerca. Una delle più significative è quella connessa al come valutare gli apprendimenti acquisiti all’estero. Basandosi sulla principale letteratura internazionale, nella prima parte del volume si indaga e problematizza in chiave pedagogica il contesto dello studio: l’internazionalizzazione della scuola, la mobilità studentesca e la competenza interculturale. Nella seconda parte si presenta una ricerca teorico-pratica che ha dato origine al Protocollo di valutazione Intercultura: uno strumento innovativo progettato perché le scuole possano valutare la competenza interculturale degli studenti che hanno partecipato a un programma annuale di studio all’estero. La ricerca ha coinvolto più di cento docenti da quasi tutta Italia e un gruppo internazionale di esperti. Mattia Baiutti, Dottore di Ricerca (Doctor Europaeus) in Studi Umanistici (indirizzo: Scienze dell’Educazione), collabora come ricercatore e formatore con la Fondazione Intercultura. È stato Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Udine dove ha curato lo studio Protocollo di valutazione Intercultura. È stato Visiting Ph.D. Researcher presso la School of Education alla Durham University (UK); ha collaborato come consulente per l’OCSE PISA e per il Consiglio d’Europa. È autore di diversi articoli in riviste nazionali e internazionali concernenti l’internazionalizzazione della scuola, l’educazione interculturale, la mobilità studentesca, la competenza interculturale e la sua valutazione. Ha pubblicato il volume Competenza interculturale e mobilità studentesca (ETS, Pisa 2017). € 17,00