Laboratorio di ricerca storica e antropologica
Gino Satta
nostos
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Satta, G. nostos. In: nostos, n° 1, dicembre 2016. pp. 1-4;
http://rivista.ernestodemartino.it/index.php/nostos/article/view/5/5
Generato il 25/12/16
NOSTOS
L’idea di una rivista che ospitasse ricerche, rilessioni, dibattiti
che ruotano intorno alle attività della Associazione Internazionale
Ernesto de Martino è quasi coeva alla sua fondazione. Fu lanciata da
Clara Gallini in una serata napoletana, a margine del convegno per il
trentennale della scomparsa di Ernesto de Martino, ma – pur senza
essere mai accantonata – è rimasta a lungo senza un seguito concreto.
Per una molteplicità di valide ragioni, sulle quali non sembra in questa occasione il caso di sofermarsi, l’Associazione e i suoi soci hanno
indirizzato in altre direzioni le proprie non illimitate risorse e energie: l’ordinamento e lo studio dell’archivio di Ernesto de Martino; la
pubblicazione e l’edizione critica di inediti e materiali di ricerca; il
completamento della bibliograia demartiniana e il reperimento dei
testi che la compongono; le attività seminariali della scuola estiva di
Bassano Romano; l’organizzazione di convegni e altre attività culturali.
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A venti anni di distanza, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa di Ernesto de Martino, l’idea – mai abbandonata – è tornata ad afacciarsi. Il rinnovato interesse per il suo pensiero, di cui costituiscono testimonianza eloquente le traduzioni, le
riedizioni, gli studi, i convegni e i seminari (di alcune di queste manifestazioni di interesse si dà conto nelle pagine di questo primo numero), la disponibilità per l’Associazione di nuove energie intellettuali,
l’avvio di ambiziosi programmi di ricerca e di collaborazioni internazionali di alto proilo, ci hanno dato il coraggio per afrontare questa
sida che – date le nostre forze – rimane comunque impegnativa.
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Tra la tradizionale rivista cartacea, i cui costi e la cui complessa
gestione hanno rappresentato in passato un ostacolo decisivo, e l’ipotesi minimale del bollettino di informazione collegato al sito internet dell’Associazione, si è così insinuata una nuova opzione che sembrava poter unire la semplicità e economicità del bollettino con lo
spessore culturale e la libertà della rivista: un periodico pubblicato in
formato elettronico, con cadenza annuale, realizzato usufruendo di
ciò che le tecnologie per la pubblicazione online mettono oggi a disposizione, libero dai molteplici condizionamenti – non solo economici – che la tradizionale stampa su carta comporta, e distribuito attraverso la rete secondo quella ilosoia dell’open access, che sta suscitando sempre più interesse nel mondo della ricerca.
La rivista, che ruota intorno agli interessi e alle attività
dell’Associazione, parte ovviamente dai temi di ricerca e di rilessione che sono stati propri di Ernesto de Martino, ma non intende limitarsi programmaticamente a ripercorrerli, né tanto meno a essere un
luogo di studio esclusivamente centrato sulla igura, la biograia,
l’opera dello studioso napoletano, e sulla letteratura, sempre più co-
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spicua, di cui è oggetto. Intende piuttosto essere, come è nella ventennale tradizione dell’Associazione, un laboratorio di ricerca e di rilessione che, a partire dalle molteplici tematiche che Ernesto de
Martino ha attraversato, e dall’interesse condiviso dei soci per queste
e per lo studioso, si apre a questioni e prospettive anche distanti.
La rivista è composta di diverse sezioni, che si sono andate deinendo via via che cominciavamo a pensare e organizzare in concreto questo primo numero, e che saranno suscettibili di modiiche e ulteriori elaborazioni man mano che nuovi problemi si presenteranno.
Le loro caratteristiche dovrebbero essere abbastanza trasparenti: le
sezioni saggi e laboratorio ospitano i contributi degli autori che hanesse risiede nel carattere tendenzialmente monograico della seconda
(in questo numero: la difusione nel mondo del pensiero di de Martino); in ricerche sono invece collocati interventi di più ampio spessore, che possono anche arrivare, come nel caso del saggio di Ciavolella
in questo numero, alle dimensioni di un vero e proprio volume (uno
dei vantaggi della smaterializzazione è che non abbiamo limiti imposti a priori alla lunghezza dei saggi); riletture è riservata alla ripubblicazione di materiali che si è ritenuto utile riportare all’attenzione dei
lettori, come la tavola rotonda di Civiltà delle macchine proposta e
introdotta da Pietro Angelini. La rubrica à propos, inine, ospita brevi interventi e note a margine di libri, convegni, mostre e altri eventi.
Nostos, il ritorno, è termine che non compare nel vocabolario
demartiniano, e che tuttavia vuole alludere a una prospettiva che ha
un posto fondamentale nel suo pensiero. In uno dei saggi teorici più
noti e più impegnativi, Promesse e minacce dell’etnologia, de Martino
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no voluto onorarci delle loro proposte, e la principale diferenza tra
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partiva dal celebre (e imbarazzante) passaggio di Croce sull’«incivilimento dei barbari e l’umanamento dei selvaggi» per rilettere sulle
caratteristiche della «scienza dell’ethnos».
L’incontro etnograico, «incontro alla frontiera» fra la civiltà
occidentale e le «umanità viventi non occidentalizzate», per poter
produrre conoscenza comporta necessariamente una «problematizzazione dei limiti storici della civiltà occidentale», ciò che mancava nel
passaggio di Croce; ma la «messa in causa deliberata della propria cittadinanza occidentale sotto lo stimolo dello scandalo iniziale
dell’incontro etnograico» non può tradursi in «frettolose abdicazio-
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ni» o «clamorose infedeltà». Al contrario, argomenta de Martino, «si
“mette in causa” un certo patrimonio culturale per meglio possederlo e accrescerlo». Il ritorno è dunque il passaggio cruciale del viaggio
che ha portato all’incontro “al limite” con l’ethnos.
Forse noi oggi, più di mezzo secolo dopo, concepiremmo diversamente tutti i termini della questione: l’«ethnos», la «civiltà occidentale», l’«incontro etnograico», quando non paiono espressioni
consunte hanno assunto signiicanti assai diferenti da quelli dell’epoca in cui de Martino scriveva. Ma di un “ritorno”, per quanto diicile sia deinirne il luogo (o i luoghi), abbiamo ancora bisogno per poter pensare le diferenze, i loro signiicati, la loro rilevanza, anche politica.