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08 L’alimentazione in proteine animali nell’insediamento fortificato del Bronzo Medio di Scogli di Apani (Brindisi) JACOPO DE GROSSI MAZZORIN(1), ILARIA EPIFANI(1), TEODORO SCARANO(1) L’insediamento protostorico fortificato di Scogli di Apani (TS) Pag. L’insediamento protostorico di Scogli di Apani occupa due isolotti posti nel territorio della Riserva Naturale dello Stato e Area Marina Protetta di Torre Guaceto, poco a S dell’altro abitato dell’età del Bronzo individuato sul promontorio eponimo; entrambi i siti sono noti nella letteratura archeologica sin dagli anni Sessanta grazie alle indagini svolte da Ferrante Rittatore Vonwiller, alle attività del Museo Archeologico Provinciale “Francesco Ribezzo” di Brindisi e agli interventi di tutela coordinati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia (Marazzi, Scarano 2012). I due isolotti sono posti 500 m ca. dalla costa e hanno un’estensione complessiva di 1,5 ha; allo stato attuale ca. il 40% della loro superficie è interessato dalla presenza residua di un deposito antropico che raggiunge in alcune aree uno spessore massimo di 3 m (Scarano 2008; Scarano et al. 2008; Scarano et al. 2009; Id. 2010; Cinquepalmi et al. 2010). Le indagini hanno interessato sino ad oggi il maggiore dei due scogli con due distinte aree di intervento: il Saggio A, posto all’estremità SW dell’isolotto presso i resti del muro di fortificazione, e il Saggio B, localizzato lungo il versante meridionale, dove i depositi raggiungono il massimo spessore (fig. 1A-C) 2. 1() Dipartimento di Beni Culturali, Università del Salento, Via Dalmazio Birago 64, 73100 Lecce; e-mail: jacopo.degrossi@unisalento.it; ilariaepi@gmail.com; teodoro.scarano@unisalento.it 2 Tutte le attività di trattamento dei materiali provenienti dallo scavo e di elaborazione dei dati si svolgono presso il Laboratorio di Archeologia della Riserva di Torre Guaceto posto presso Borgata Serranova di Carovigno (Br) e diretto dallo scrivente; specifiche indagini sui resti faunistici e botanici si svolgono, rispettivamente, presso il Laboratorio di Archeozoologia ed il Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento. ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Fig. 1 – A) Planimetria generale degli Scogli di Apani; B) veduta da NE dei due isolotti; C) localizzazione delle aree di scavo 2008, 2009 e 2011; D) SAS B, capanna 2: veduta panoramica da NE al termine della campagna 2011; E) pianta di fase della capanna 2 (aggiornamento 2011) e localizzazione delle piastre da focolare; F) capanna 2: piastra da focolare US105; G) capanna 2: piastra da focolare US106. Il Saggio A è costituito da una trincea orientata N/S (10x3 m ca.) che corre da un’estremità all’altra delle sezioni esposte di questo settore dell’isola e quindi dai lembi residui della struttura muraria di difesa, lungo il versante S, sino ai resti di una struttura d’abitato, sul versante N. L’intervento di scavo (2008) ha consentito di documentare infatti come (in quest’area almeno) al piede interno della fortificazione sia presente un percorso ad acciottolato che corre parallelo allo stesso muro per una larghezza di 2,50 m ca. delimitato (a N) da un allineamento di pietrame; uno spazio sgombro e probabilmente scoperto separa tale percorso dai resti della capanna 1. La trincea ha intercettato un lembo di tale struttura in coincidenza con il settore A1; l’immediato affioramento in quest’area di abbondante materiale ceramico ad impasto e di tracce evidenti di un esteso livello di incendio (segnalato anche da consistenti resti di intonaco di capanna) ne hanno reso evidente l’ingombro. L’accumulo di tali materiali e i numerosi frammenti di intonaco segnavano un limite netto e continuo lungo il quale si individuavano poi due buche di palo (US 15 e US 17) che confermavano la presenza di un tratto di parete della struttura; al suo interno vi erano due piastre da focolare accostate (o forse 2 piani funzionali della medesima piastra verosimilmente riallestita più volte nel corso del tempo) ed in pessimo stato di conservazione, realizzate utilizzando quale materiale refrattario in un caso dei frammenti ceramici e nell’altro dei ciottoli piatti (Scarano-Malorgio cds, fig. 2E-F). Pag. Come detto nell’area del Saggio A si conservano i resti di un tratto residuo del muro di fortificazione dell’insediamento; la struttura, ancora non indagata ma visibile nelle sezioni esposte, presenta uno spessore massimo di 10 m ca., un alzato massimo anche superiore a 2 m ed una lunghezza residua di 15 m ca., dimensione quest’ultima che, se sommata al tratto residuo visibile anche sull’altro isolotto, raggiunge la misura complessiva di 65 m ca.. Il Saggio B ha oggi una superficie complessiva di 100 m 2 ca. che sembra potersi interamente riferire alla struttura definita capanna 2 (fig. 1D-E); nel 2011 si è avviato un sondaggio stratigrafico (quadrati B6/B9, B23/B24)3 al di sotto del livello pavimentale della stessa struttura d’abitato e finalizzato alla verifica delle potenzialità del consistente deposito presente in quest’area. Sin dal primo intervento nel 2008 (quadrati B1-B9, 30 m 2 ca.) è stato evidente come il contesto d’indagine fosse quello di una struttura distrutta da un violento incendio; consistenti erano infatti gli accumuli di intonaco di capanna al di sotto dei quali era possibile riconoscere numerosi manufatti in giacitura primaria ed in posizione funzionale che, nel caso dei contenitori in ceramica ad impasto mostravano spesso evidenti tracce di alterazioni termiche. Tra i diversi manufatti ceramici rinvenuti sul battuto pavimentale era talvolta possibile riconoscere degli insiemi funzionali: numerose le forme aperte parzialmente ricostruibili, mentre più localizzati i contenitori di medie e grandi dimensioni e forma chiusa. Consistente anche la presenza di manufatti in osso e materia dura animale e, soprattutto, di manufatti litici realizzati con differenti materie prime anche non locali; abbondanti le testimonianze riferibili all’utilizzo della selce attestata da alcuni blocchi e nuclei, da numerosi scarti di lavorazione e da diversi manufatti finiti. 3 Nel 2013 il sondaggio è stato ampliato anche ai quadrati B2-B3, B5, B8, B18-19, B21 sino a raggiungere una superficie complessiva di 40 m2 ca. ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Particolarmente interessante il rinvenimento di 5 piastre da focolare (fig. 1E-G): due di queste (US 105 e US 106) sono quasi accostate l’una all’altra presso il limite SW del saggio (quadrati B1 e B4) e potrebbero non essere state in uso contemporaneamente, mentre le altre tre (US 178, US 197 e US 208) sono localizzate in un’area di pochi m 2 nel settore settentrionale dell’area di scavo a qualche metro di distanza dalle precedenti (quadrati B11, B13-14 e B17). Di notevole rilievo la piastra da focolare US 178 la cui accurata decorazione a solcature oblique lungo il cordone plastico perimetrale a rilievo è da considerare un unicum nel panorama protostorico quantomeno regionale (Scarano-Malorgio cds, fig. 2C-D). Per quel che concerne le evidenze di carattere strutturale sin qui individuate in riferimento alla capanna 2 queste sono riconducibili a buche di palo di varie dimensioni, ad alcuni brevi zoccoli in muratura e, ovviamente, ai resti di intonaco rinvenuti in localizzati accumuli. Allo stato attuale delle conoscenze non si dispone ancora di tutti gli elementi utili a formulare una prima sostenibile ipotesi di ricostruzione planimetrica della stessa capanna sebbene sia stato possibile individuare un cluster di buche di palo di dimensioni maggiori (diametri tra 20 e 25 cm, profondità sino a 35 cm ca.) e modulo ricorrente. Il sondaggio stratigrafico avviato nel 2011 nei quadrati B6, B9, B23 e B24 (fig. 2A), al di là di una lettura organica delle testimonianze documentate che potrà assumere una fisionomia più chiara solo con il procedere delle indagini, consente oggi di evidenziare alcuni significativi motivi d’interesse: - il rinvenimento di un livello di frammenti ceramici quale interfaccia tra il battuto pavimentale della capanna 2 ed i livelli di crollo della struttura immediatamente sottostante (capanna 3); - la presenza di consistenti quantità di intonaco di capanna (talvolta ampie porzioni di pareti o elementi strutturali) rinvenuti in giacitura primaria ed in crollo a coprire i materiali ancora in posizione funzionale sul livello d’uso; - il riconoscimento di importanti e diffuse alterazioni su tutte le categorie di manufatti causate dal calore dell’incendio che ha verosimilmente determinato la distruzione della struttura (si segnalano in particolare frammenti ceramici completamente deformati e gocce d’intonaco fuso); - il rinvenimento di numerosi contenitori ceramici (di varie forme e dimensioni) in giacitura primaria ed in posizione funzionale sul livello d’uso della struttura; - la possibile presenza di spazi e/o strutture di forma subcircolare e leggermente infossati e colmati di terreno cineroso attorno ai quali si riconoscono elementi di delimitazione quali zoccoli in muratura, manufatti in argilla, battuti pavimentali in argilla. Nel 2010 sono state effettuate presso il CEDAD del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento 4 datazioni radiocarboniche su campioni botanici relativi a specie vegetali a vita breve; si tratta in particolare di 2 ghiande provenienti dal livello d’uso della capanna 1 (US 2b) 4 e di un favino ed un frammento di carbone di Erica rinvenuti nei 4 LTL 4192A: 3173±40 BP; LTL 4193A: 3076±40 BP. contesti di occupazione della capanna 2 (US 104b) 5. La combinazione statistica delle datazioni convenzionali calibrate della capanna 1 ha restituito un intervallo a 2σ pari a 1455-1369cal. a.C., mentre quella delle due date della capanna 2 ha fornito un intervallo pari a 1411-1260cal. a.C.. Le indicazioni di cronologia relativa fornite ad oggi dai materiali ceramici ad impasto di produzione indigena sembrano indicare per le capanne 1 e 2 un orizzonte culturale ancora permeato di espliciti caratteri tipologici tardo-protoappenninici che consentono probabilmente di collocarne la distruzione per incendio al più tardi al termine di una fase antica dell’Appenninico (Bronzo Medio 2). Questa lettura sembrerebbe confermata anche dai materiali sin qui documentati nei livelli di occupazione della capanna 3 (immediatamente sottostante la capanna 2) laddove proprio le medesime fogge di più chiara matrice protoappenninica sono rappresentate in misura quantitativamente più consistente e con una maggiore varietà formale. Pag. I RESTI FAUNISTICI (JDGM; IE) Lo studio preliminare delle faune provenienti dal deposito sondato dal Saggio B del 2008, 2009, 2011 e 2013, ha evidenziato la presenza di reperti ossei di animali domestici e selvatici, pesci e conchiglie di molluschi marini. I resti determinati a livello tassonomico sono 4425 dei quali 3456 appartengono a molluschi; 4980 sono frammenti di costole e vertebre, schegge di ossa lunghe ed elementi craniali sottoposti ad un alto grado di frammentazione che non ha permesso una determinazione certa (Tab. 1). Gli elementi scheletrici determinati sono rappresentati prevalentemente da denti isolati, ossa degli arti e da elementi scheletrici di piccole dimensioni, come i carpali e i trasali, che tuttavia risultano più resistenti alla rottura. Taxa Animali domestici Bue - Bos taurus L. Pecora o Capra - Ovis vel Capra Pecora - Ovis aries L. Capra - Capra hircus L. Maiale - Sus scrofa dom. L. Cane - Canis familiaris L. Animali selvatici Cervo - Cervus elaphus L. Capriolo - Capreolus capreolus L. Cinghiale - Sus scrofa ferus L. NR 97 214 1 7 220 10 246 4 48 5 LTL 4194A: 3028±45 BP; LTL 4195A: 3078±40 BP. ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Volpe - Vulpes vulpes L. 4 Tasso- Meles meles L. 2 Gatto selvatico - Felis silvestris L. 6 Lepre - Lepus europaeus Pall. 2 Riccio - Erinaceus europaeus L. 1 Uccelli ind. - Aves ind. 3 Testuggine ind. - Testudo 102 hermanni/Emys orbicularis Molluschi - Mollusca 3456 Pesci - Pisces ind. 4 Orata - Sparus aurata L. 1 Totale identificati 4425 Coste 144 Vertebre 114 Frammenti indeterminabili 4980 Totale indeterminabili 5238 Tab. 1 – Elenco dei resti identificati (NR) suddivisi per taxon. Tra i mammiferi che rientrano nell'alimentazione, le specie domestiche (64%) prevalgono su quelle selvatiche (36%) con una preponderanza di maiali (Sus domesticus) e ovicaprini (Ovis aries e Capra hircus) (Fig. 2). Tra i selvatici, invece, la specie più frequente è il cervo (Cervus elaphus) con 246 resti, seguita, in ordine d'importanza, dal cinghiale (48 resti). Gli altri mammiferi selvatici sono scarsamente rappresentate, tra questi figurano la volpe, il tasso, il gatto selvatico e il riccio. Fig. 2 – Percentuali dei diversi taxon. Domestici Tra le tre principali categorie di animali domestici il bue (Bos taurus) è il meno frequente, con soli 97 reperti. É rappresentato perlopiù da ossa carpali e tarsali, da denti sciolti, mandibole e mascelle. Sono completamenti assenti frammenti di cavicchie ossea mentre le ossa craniali sono leggermente rappresentate, anche se è probabile che l'estrema frammentazione non abbia consentito la determinazione di queste ultime. Delle ossa lunghe si sono rinvenute soprattutto frammenti distali e prossimali di metapodi, tibie, radii e ulne. L'osservazione dei denti e lo stato di fusione delle epifisi hanno fornito alcuni dati sull'età di morte: la maggior parte degli individui risulta macellata in ètà adulta. Scarsi sono gli individui giovanissimi, mentre non sono attestati esemplari senili. É dunque possibile che l'animale venisse mantenuto in vita principalmente come forza lavoro e poi macellato e consumato una volta conclusosi il suo ciclo di vita lavorativa. La prevalenza dei resti di ovicaprini, una costante nella maggior parte dei giacimenti dell'età del Bronzo in Puglia, è riscontrabile anche nel sito di Scogli di Apani con 222 reperti. La distinzione tra i generi Ovis aries e Capra hircus è stata effettuata sulla base del grado di fusione delle epifisi delle ossa lunghe e sulla base della morfologia delle cavicchie ossee; sono stati quindi identificati 7 resti di pecora e 1 di capra. Anche per gli ovicaprini le ossa si presentano molto frammentate e tutte le parti anatomiche, anche se in proporzioni diverse, sono rappresentate. Particolarmente abbondanti sono i denti sciolti, le mandibole e le ossa lunghe. Di queste ultime sono presenti, oltre a radii, tibie e metapodi, anche elementi scheletrici legati a una maggiore resa carnea, come omeri e femori. Pag. Bos taurus Elemento anatomico cavicchia o palco cranio mascellare dente sup mandibola denti inf dente osso ioide atlante epistrofeo scapola omero radio+ulna NR Ovis vel Sus Canis Cervus Capreolu Capra domesticu familiari elaphus s s s capreolus NR NR NR 4 1 2 22 8 13 3 1 1 3 1 57 14 60 5 3 1 2 19 6 4 8 19 28 2 1 1 2 17 20 1 1 1 NR NR 14 1 5 10 13 4 15 2 3 6 8 2 Sus scrofa ferus NR 4 1 1 1 1 1 ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 radio 3 12 3 1 8 1 ulna 4 4 7 1 3 2 ossa carpali 2 2 8 metacarpali 3 2 8 1 10 3 coxale 2 3 3 2 3 femore 1 3 7 8 1 tibia 2 6 10 1 13 5 fibula 1 5 2 malleolo 2 calcagno 5 3 6 10 3 astragalo 2 2 7 1 14 5 ossa tarsali 2 1 4 11 2 metatarsali 4 4 12 14 2 4 metapodiali 6 7 7 3 falange I 3 5 17 24 3 falange II 3 2 8 20 3 falange III 1 8 14 3 Totale 97 222 220 10 246 4 48 Tab. 2 - Elenco dei resti delle principali specie di mammiferi suddivisi per elemento anatomico. L'esame dello stato di eruzione e del grado di usura dei denti e l'analisi stato di fusione delle epifisi articolari ci hanno fornito alcune indicazioni sull'età di abbattimento; sembrano prevalere gli adulti, anche se non mancano esemplari molto giovani e neonati, segno di un allevamento non specializzato, che prevedeva lo sfruttamento dei prodotti dell'animale vivente (latte e lana) sia della carne. Specie NR % Bue - Bos taurus L. 97 18 Pecora o Capra - Ovis vel 222 41,2 Capra Maiale - Sus scrofa dom. L. 220 40,8 Totale 539 100 Tab. 3 – Percentuali delle tre principali categorie di animali domestici. L'allevamento del maiale (Sus domesticus) sembra essere particolarmente importante nell'insediamento vista la grande quantità di reperti attribuiti alla specie (220). Tuttavia è possibile che alcuni reperti di cinghiali giovani siano stati considerati come maiali poiché è molto difficile dalla morfologia delle ossa discriminare tra la forma domestica e quella selvatica. I maiali sono rappresentati da tutte le parti anatomiche anche se in proporzioni diverse: sono numerosi i denti sciolti, le ossa di piccole dimensioni come falangi e ossa carpali e tarsali mentre delle ossa degli arti sono particolarmente frequenti gli omeri, le tibie e i femori. L'età di macellazione ricavata dall'analisi della saldatura delle epifisi e dall'esame dei denti, indica un' allevamento ben avviato e modalità selettive di abbattimento, con una preferenza per gli individui adulti e sopratutto subadulti, dai quali è possibile ottenere una maggiore resa in carne al minor costo possibile; si può quindi supporre che l'elevato numero di uccisioni in età adulta avanzata possa riferirsi ad animali allevati per scopo riproduttivo. Il numero relativamente alto di infanti e neonati può essere associato ad una macellazione tesa al reperimento di tagli di carne di migliore qualità. Tra la fauna domestica è presente anche il cane (Canis familiaris) con 10 resti appartenenti ad animali prevalentemente adulti, tra questi risulta anche un astragalo combusto. La presenza di cani all'interno dell'area abitata è inoltre testimoniata dalle frequenti tracce di masticazione riscontrate sulle ossa. Pag. Selvatici Il cervo (Cervus elaphus), con 246 reperti, è l'ungulato maggiormente rappresentato nel campione faunistico. Poiché buona parte dei resti sono ascrivibili agli arti e di questi sono presenti le porzioni che non supportano grande quantità di carne, come falangi, metapodi, ossa tarsali e carpali, si può ipotizzare che il primo depezzamento dell'animale avvenisse nell'abitato. I numerosi resti di cervo testimoniano la probabile presenza, non lontano dall'abitato, di ampie zone boschive intervallate da radure o boscaglie poco fitte. Il cinghiale (Sus scrofa ferus) è meno frequente nel campione faunistico (48 resti). La distinzione tra maiale si è basata essenzialmente sulla differenza dimensionale degli elementi anatomici particolarmente visibile nelle ossa lunghe. Anche per il cinghiale le parti anatomiche più frequenti nel campione sono le estremità degli arti. Il capriolo (Capreolus capreolus), con 4 reperti rinvenuti, è l'ungulato selvatico meno rappresentato nel campione esaminato. É stato possibile individuare 2 metatarsi, una scapola, e un palco di caduta, tutti appartenenti ad individui adulti. Tra gli animali selvatici sono inoltre presenti il gatto selvatico (Felis silvestris), la volpe (Vulpes vulpes), il tasso (Meles meles) e, con un solo reperto, il riccio (Erinaceus europaeus). Infine sono stati determinati anche tre resti di uccelli e pesci, non ancora determinati a livello specifico e 102 frammenti di carapace e piastroni di testuggini sia terrestri che palustri. L'alto numero di resti ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 attribuiti a questi animali potrebbe testimoniane un uso alimentare. Il quadro che emerge dallo studio preliminare del campione faunistico illustra uno sfruttamento diversificato delle risorse animali basato in gran parte sull'allevamento di ovicaprini e suini. Tuttavia le indagini archeozoologiche hanno messo il luce un all'allargamento della base di sussistenza con il conseguente sfruttamento di animali selvatici di grossa taglia, come cervi e cinghiali. Seppur significativo, l'apporto alimentare fornito dai molluschi doveva essere secondario nell'economia di sussistenza I molluschi (IE) Il campione malacologico dal deposito sondato dal Saggio B del 2009, 2011 e 2013 è composto da 3456 resti identificabili a specie che corrispondono a 1263 individui. Le specie identificate sono 24, tuttora viventi nel Mediterraneo. Tra queste sono state identificate 12 specie di bivalvi, 11 specie di gasteropodi e 1 dentalide (Tab. 4). I molluschi sono stati identificati utilizzando apposite collezioni di confronto e visionando Atlanti di Malacologia6. I reperti sono stati oggetto di un conteggio del numero minimo di individui (NMI), basato su apici ed umboni, ad eccezione degli esemplari della specie Hexaplex trunculus, quantificati contando gli apici e le spire munite di apice. Nei bivalvi il NMI è stato conteggiato considerando 1 valva come ½ individuo e 2 valve, se una è destra e l'altra è sinistra, solo un individuo. Si è posto il problema di indicare numericamente i frammenti di nicchi che, anche se determinati a livello di genere o specie, non possono contribuire al conteggio del NMI 7. Per non perdere il dato e quindi anche la traccia della sua presenza nel seguito delle elaborazioni successive, 1 frammento è stato considerato pari a 1/10 di individuo 8. La malacofauna, quindi, è stata oggetto del conto del numero di resti (NR) attribuibili ad ogni taxon (Tab. 5). Per tutti i settori e le unità stratigrafiche è stata analizzata l'abbondanza dei reperti malacologici allo scopo di verificare se esistessero nell'area oggetto di indagine delle are di scarto dei rifiuti o di preparazione alimentare. Famiglia Classe Arcidae Taxa Arca noae Linnaeus 1758 Habitat Substrato rigido dell'infralitorale e 6 Gli atlanti utilizzati, a fianco degli esemplari presenti nella collezione malacologia del Laboratorio di Archeozoologia del Dipartimento di Beni Culturali, sono quelli di D’Angelo & Gargiullo (1978) e di Doneddu & Trainito (2005); la nomenclatura utilizzata è quella accettata da WoRMS (World Register of Marine species) (http://www.marinespecies.org/). 7 Perché non sono presenti le zone diagnostiche utilizzate in tale conteggio come apici o umboni. 8 Per tale metodologia si veda Girod 2015 pp. 26-29. circalitorale Barbatia barbata Linnaeus 1758 Cardiidae Cerastoderma edule Linnaeus 1758 Substrato mobile del mesolitorale e infralitorale Cerastoderma glaucum Bruguière1789 Bivalvia Glycymerididae Glycymeris bimaculata Poli 1795 Glycymeris glycymeris Linnaeus 1758 Mytilidae Mytilus galloprovincialis Lamarck 1819 Ostreidae Ostrea sp. Pectinidae Pecten sp. Pectinidae ind. Flexopecten sp. Pag. Spondylidae Spondylus sp. Dentaliidae Dentaliidae Dentalium sp. Cerithiidae Cerithium vulgatum Bruguière 1792 Columbellidae Columbella rustica Linnaeus 1758 Muricidae Hexaplex trunculus Linnaeus 1758 Nassariidae Cyclope neritea Linnaeus 1758 Gastropoda Phasianellidae Tricolia speciosa Mühlfeld 1824 Patellidae Patella caerulea Linnaeus 1758 Substrato mobile del mesolitorale e infralitorale Substrati rigidi del mesolitorale e infralitorale Substrati mobili del mesolitorale e infralitorale Substrati mobili dell'infralitorale e circalitorale Substrati rigidi dell'infralitorale e circalitorale Substrati mobili dell'infralitorale e circalitorale Substrati rigidi e mobili dell'infralitorale Substrati rigidi dell'infralitorale Substrati rigidi e mobili del mesolitorale ed infralitorale Substrati mobili del sopralitorale e mesolitorale Substrati mobili dell'infralitorale Substrati rigidi del sopralitorale e mesolitorale Patella rustica Linnaeus 1758 Patella ulyssiponensis Gmelin 1791 Phorcus turbinatus Born 1778 Substrati rigidi del ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Trochidae mesolitorale Substrato rigido del mesolitorale ed infralitorale Clanculus cruciatus Linnaeus 1758 Clanculus jussieui Payraudeau 1826 Tab. 4 - Elenco delle specie rinvenute durante gli scavi dell'insediamento di Scogli da Apani. Il campione è composto per lo più da specie del piano mesolitorale delle coste rocciose. Tra queste le più numerose appartengono al genere Patella, e alle specie Hexaplex trunculus, Mytilus galloprovincialis e Phorcus turbinatus (Tab. 5). La loro raccolta probabilmente avveniva lungo il tratto costiero poco distante dall'abitato. Taxon NMI 1,1 BIVALVIA DENTALIIDAE Arca noae Linnaeus 1758 Barbatia barbata Linnaeus 1758 Cerastoderma edule Linnaeus 1758 Cerastoderma glaucum Bruguière1789 Glycimeris bimaculata Poli 1795 Glycymeris glycymeris Linnaeus 1758 Mytilus galloprovincialis Lamarck 1819 Ostrea sp. Pecten sp. Pectinidae ind. Flexopecten sp. Spondilus sp. Dentalium sp. Cerithium vulgatum Bruguière 1792 NR %NMI %NR 0,1 2 0,4 4 11,1 17 1 1 1 1 6,1 8 122,5 665 1,6 0,1 2,2 1 2,2 1 1 7 1 4 1 3 1 1 0,1 1 0,1 0,1 1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 9,7 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 19,3 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 GASTROPODA Columbella rustica Linnaeus 1758 1 1 Hexaplex trunculus Linnaeus 1758 198,9 738 Cyclope neritea Linnaeus 1758 1 1 130 776,7 Patella caerulea Linnaeus 1758 9 Patella rustica Linnaeus 1758 48,3 51 Patella ulyssiponensis Gmelin 2 2 1791 Tricolia speciosa Mühlfeld 1824 1 1 Clanculus cruciatus Linnaeus 1758 1 1 Clanculus jussieui 2 2 Phorcus turbinatus Born 1778 79,2 634 0,1 15,7 0,1 61,5 3,8 0,1 0,1 0,1 0,1 6,3 0,1 21,3 0,1 37,9 1,5 0,1 0,1 0,1 0,1 18,4 % Pag. 1263, 345 Totale 4 6 Tab. 5 - Numero minimo di individui (NMI) e numero dei resti (NR) con le relative percentuali suddivisi per taxon. Occorre qui accennare alla particolare conformazione delle valve di Mytilus galloprovincialis che lascerebbe supporre un areale di raccolta diverso da quello prettamente marino; la loro valva, infatti, presenta una morfologia "falcata", ovvero vistosamente arcuata e dal forte spessore in direzione laterale della conchiglia, spesso associata a irregolarità (Fig. 3). Attualmente mitili con questa particolare conformazione delle valve popolano le zone più interne della laguna di Venezia (Fig. 4). Tale forma non ha probabilmente origini filogenetiche, ma dovrebbe essere indotta dalle particolari condizioni ambientali delle aree di "laguna morta" 9. Vista la somiglianza tra i mitili attuali allevati nella laguna di Venezia con quelli di Scogli di Apani è possibile, quindi, che la raccolta di questi ultimi fosse effettuata nell'area lagunare (o lago costiero?) posta in prossimità dell'abitato. Anche la specie commestibile Cerastoderma edule vive in acque salmastre, infossato nella sabbia, ma era utilizzato nell'alimentazione sporadicamente, come testimonia l'esiguo numero di reperti presenti nel campione. 9 Le lagune morte sono completamente circondate da terraferma e non hanno sbocchi sul mare, è solo attraverso l'innalzamento dell'acqua di mare dovuto alle maree che l'acqua marina entra all'interno delle lagune morte per poi defluire con l'abbassamento delle maree. ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Fig. 3 - Mytilus galloprovincialis dagli scavi di Scogli di Apani. Fig. 4 - Mytilus galloprovincialis attualmente presente nella laguna di Venezia in Loc. Le Giare. Le specie più abbondanti sono quelle eduli e, in base al loro stato di conservazione, risulta chiaro che furono raccolte per scopi alimentari. Alcune conchiglie di Patella caeruela, presentano danni ai bordi, probabilmente prodotti dall'uomo nell'atto di staccarle dagli scogli. Il 97% di esemplari di Phorcus turbinatus e il 99% di Hexaplex trunculus (Tab. 5), nonostante siano muniti di una conchiglia molto resistente, si presentano molto frammentati ed è probabile che ciò sia riconducibile alla rottura intenzionale della conchiglia per estrarne il mollusco, nel caso in cui la cottura non fosse bastata a spezzare il muscolo che lega le parti molli al nicchio. Non è da escludere la possibilità che la rottura intenzionale della conchiglia dei murici possa essere connessa all'estrazione della porpora. Alcune valve di Mytilus galloprovincialis si presentano integre e i frammenti appaiono di grosse dimensioni nonostante il mollusco presenti una conchiglia con pareti sottili e facilmente sfaldabili per piani paralleli diversamente da quanto accade per Phorcus turbinatus ed Hexaplex trunculus, in questo caso è probabile che la frantumazione sia legata a cause naturali e postdeposizionali, nonché alle operazioni di recupero in fase di scavo. Specie Interi Frammenti Interi % Frammenti % Hexaplex trunculus Linnaeus 1758 6 732 1% 99% Mytilus galloprovincialis Lamarck 7 658 1% 99% 1819 Patella sp. 481 887 35% 65% Phorcus turbinatus Born 1778 18 617 3% 97% Totale 512 2894 15% 85% Tab. 6 - Numero delle conchiglie intere e frammentate con relative percentuali. L'utilizzo diversificato dei molluschi da parte della comunità è testimoniato dalla grande quantità di conchiglie scartate appartenenti a poche specie che all'interno del deposito sono generalmente ripetitive pur con oscillazioni di frequenza nella stratigrafia. Pag. I dati sulla frequenza numerica dimostrano che la maggiore densità di resti esiste nei settori B7, B15, B21 e B3 e nelle unità stratigrafiche 118, 173(basso), 193 e 195 (Fig. 5) dove si riscontrano non solo frammenti isolati ma anche piccoli accumuli di patelle intere 10, frammenti di Phorcus turbinatus, di Hexaplex trunculus e di Mytilus galloprovincialis. É dunque probabile che, dopo la preparazione dell'alimento, valve e nicchi venissero scartati insieme ad altri resti di macellazione e sepolti per evitare che emanassero odori sgradevoli. Le specie numericamente meno rappresentate si presentano di solito integre. Alcune, come Glycymeris bimaculata e Dentalium presentano segni di lavorazione mentre la sporadicità di altre come Glycymeris glycymeris, Columbella rustica, Cyclope neritea e Arca noae sembrerebbe indicare che la raccolta sia avvenuta casualmente insieme alle specie maggiormente consumate, forse trasportate nel deposito come materiale eterogeneo impigliato agli attrezzi di pesca. Non è da tralasciare la possibilità di raccolte fatte per curiosità o per gioco, come nel caso di conchiglie inusuali per forma e colore. 10 In particolare nell’us 118 la Patella caerulea, nell’us 193 il Phorcus turbinatus, nella 173 basso l’Hexaplex trunculus e nella us 195 il Mytilus galloprovincialis. ____________________________________________________________ Breve nota, discussione: discussione 7-8 ottobre 2015 Fig. 5 - Variazione dell'abbondanza dei molluschi: A) nelle unità stratigrafiche; B) nei settori di scavo. BIBLIOGRAFIA CINQUEPALMI A., GUGLIELMINO R., SCARANO T. 2010, L’insediamento dell’età del Bronzo degli Scogli di Apani (Brindisi), in RADINA F., RECCHIA G., a cura di, Ambra per Agamennone. Indigeni e Micenei tra Adriatico, Ionio e Egeo. Catalogo della Mostra, Bari, pp. 221-223. D’ANGELO G., GARGIULLO S. 1978, Guida alle conchiglie mediterranee, Milano. DONEDDU M., TRAINITO E. 2005, Conchiglie del Mediterraneo, Trezzano sul Naviglio (MI). GIROD A. 2015, Appunti di Archeomalacologia, Firenze. MARAZZI M., SCARANO T. 2012, s.v. Torre Guaceto, in NENCI G., VALLET G. (a cura di), Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle Isole Tirreniche XXI, Pisa-Roma-Napoli, pp. 40-66. SCARANO T. 2008, Torre Guaceto (Carovigno, Prov. di Brindisi) - Scogli di Apani (Brindisi), RSP LVIII, Notiziario, pp. 429-430. SCARANO T., MALORGIO I. cds, Scogli di Apani (BR): le piastre da focolare della capanna 2, AttiIIPP XLVII, cds. 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