N.3MARZO2012•AnnoXXVIII
RIVISTA MENSILE
de Le Nuove Leggi Civili Commentate
ISSN 1593-7305
LA NUOVA
GIURISPRUDENZA
CIVILE
COMMENTATA
Estratto:
GAETANO ANZANI
Rilessioni su prescrizione e responsabilità civile
RIFLESSIONI SU PRESCRIZIONE
E RESPONSABILITÀ CIVILE [,]
di Gaetano Anzani
Sommario: 1. Introduzione. – 2. La ratio della prescrizione. – 3. La «mobilità» del dies a quo sullo
sfondo del diritto italiano e straniero e dei progetti europei. – 4. L’acuita irragionevolezza di
termini prescrizionali difformi tra responsabilità
da inadempimento e responsabilità da fatto illecito.
1. Introduzione. Il dibattito sulla ratio
della prescrizione è antico e s’intreccia con
quello sui criteri per l’individuazione del momento di decorrenza del termine prescrizionale. Se infatti la prescrizione soddisfacesse esigenze di certezza con una disciplina di ordine
pubblico, sarebbe inconcepibile far iniziare il
periodo di inerzia utile per la maturazione dell’effetto prescrittivo da circostanze pertinenti
alla sfera soggettiva del titolare del diritto prescrivibile, mentre una diversa funzione dell’istituto potrebbe avallare le soluzioni accolte
dalla più recente giurisprudenza, in cui l’incipit
della prescrizione è stato legato alla conoscibilità per il titolare del diritto, secondo l’ordinaria diligenza, della piena integrazione della sua
fattispecie costitutiva.
L’approdo giurisprudenziale alla c.d. «mobilità» del dies a quo della prescrizione, inoltre,
accresce l’irragionevolezza della previsione legislativa di termini prescrizionali difformi tra
responsabilità da inadempimento e responsabilità da fatto illecito.
Conviene avviare l’indagine dalla volontà del
legislatore storico, per poi analizzare, sullo
sfondo del diritto italiano e grazie agli spunti
offerti sia dalla comparazione con ordinamenti
stranieri sia dai progetti normativi europei, le
ricadute sistematiche del pensiero dottrinale e
dell’evoluzione giurisprudenziale.
2. La ratio della prescrizione. Stando
alla Relazione al Codice, l’istituto della prescri[,] Contributo pubblicato in base a referee.
NGCC 2012 - Parte seconda
zione sarebbe informato all’ordine pubblico e
avrebbe la funzione non di sanzionare l’inerzia
del titolare di un diritto disponibile ( 1 ), bensì
di garantire la certezza dei rapporti giuridici ( 2 ). Pertanto, l’art. 2935 cod. civ., che fissa la
( 1 ) «Una concezione esclusivamente morale, come questa, non può porsi a fondamento di un istituto giuridico. D’altro canto la concezione in sé stessa
non appaga; moralmente, se è censurabile il titolare
che se ne rimane inerte, non lo è meno il debitore
che conosce la sua obbligazione e non l’adempie
(...)» (così, sotto il previgente Codice, Pugliese, La
prescrizione nel diritto civile, II, La prescrizione estintiva, Utet, 1924, 21, secondo il quale la ratio della
prescrizione starebbe nel fatto che nella coscienza
civile i diritti non esercitati di remota origine appaiono indegni della tutela sociale e non possono
più aspirare alla coercizione).
( 2 ) V. la Relazione al Codice, n. 1199.
Sulla natura di ordine pubblico della prescrizione, che assolverebbe ad una pluralità di funzioni, già
N. Coviello, Manuale di diritto civile italiano. Parte generale, ed. riv. e agg. da L. Coviello, Società
Editrice Libraria, 1924 (rist. ESI, 1992), 451 ss.
Per una rassegna delle opinioni tradizionali sulla
ratio dell’istituto, già von Savigny, Sistema del diritto romano attuale, trad. it. di Scialoja, V, Unione
Tipografico-Editrice, 1893, 309 ss.; Giorgi, Teoria
delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, VIII,
Fratelli Cammelli, 1911, 345 ss. Per una critica di tali opinioni, Tescaro, Decorrenza della prescrizione e
autoresponsabilità. La rilevanza civilistica del principio contra non valentem agere non currit praescriptio, Cedam, 2006, 8 ss.
La funzione della prescrizione sta nell’adeguamento della realtà giuridica a quella fattuale per
Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto
civile, Jovene, 1966 (rist. 1971), 113 ss., il quale precisa che si estingue il diritto sostanziale e non l’azione. Per la disamina di quest’ultimo problema, già
von Savigny, op. cit., 228 ss., 417 ss. La questione
teorica se la prescrizine estingua il diritto oppure
l’azione ha rilevanza pratica soprattutto in materia
di diritto internazionale privato, perché se l’istituto
avesse natura processuale il giudice dovrebbe appli199
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decorrenza della prescrizione nel giorno in cui
il diritto può farsi valere, accennerebbe alla
possibilità legale, «non influendo sul decorso
della prescrizione, salve le eccezioni stabilite
dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in
cui venga a trovarsi il titolare del diritto» ( 3 ).
Coerentemente, l’art. 2947 cod. civ., il quale
stabilisce che il diritto al risarcimento da illecito aquiliano si prescrive «dal giorno in cui il
fatto si è verificato», sembra associare il dies a
quo per il computo dei termini ad un’evenienza
squisitamente materiale ( 4 ), sebbene il vocabolo «fatto» possa egualmente riferirsi, in alternativa, alla condotta lesiva, alla lesione oppure alla complessiva fattispecie dannosa ( 5 ).
Parte della dottrina ha però chiarito che la
certezza dei rapporti giuridici, esigenza a seconda dei casi pubblica o solo privata, è garantita più che dalla prescrizione, la quale risente
«della ragione subbiettiva del non esercizio del
diritto, cioè [del]la negligenza reale o supposta
del titolare», dal diverso istituto della decadenza, la quale guarda unicamente «al fatto obcare la lex fori anche quando il rapporto è disciplinato da una legge straniera: in proposito, Calzolaio, La riforma della prescrizione in Francia nella
prospettiva del diritto privato europeo, in Riv. trim.
dir. e proc. civ., 2011, 1092.
«Quanto al tempo, esso (...) non è che una relazione, un modo d’essere del fatto; non è esso stesso un
fatto. (...) Così la prescrizione e l’usucapione non sono effetti giuridici del fatto tempo, ma rispettivamente dell’inerzia e del possesso, durati un certo
tempo» (così Santoro-Passarelli, op. cit., 111 ss.).
( 3 ) Così la Relazione al Codice, n. 1198.
Nella dottrina italiana, v. l’opinione concorde di
De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, II, Giuffrè, 1979, 277 ss.; in quella francese, v. già le argomentazioni di ordine storico svolte
da Baudry-Lacantinerie-Tissier, Della prescrizione, nel Trattato teorico-pratico di Diritto Civile di
G. Baudry-Lacantinerie, trad. sulla 3a edizione originale in corso di stampa da una Società di Giuristi, a
cura di Bonfante-Pacchioni-Sraffa, Vallardi,
s.d., 280 ss.
( 4 ) In tal senso, De Cupis, op. cit., 274 ss.
( 5 ) In proposito, Del Signore, Contributo alla
teoria della prescrizione, Cedam, 2004, 53 ss., che,
unitamente alla dottrina maggioritaria, propende
per la ricomprensione del danno nella nozione di
«fatto» a cui l’art. 2047 cod. civ. collega il decorso
della prescrizione.
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biettivo del mancato esercizio dentro il termine
prefisso», sia esso dipeso da negligenza o da
impossibilità di fatto ( 6 ). I termini decadenzia( 6 ) Così Coviello, op. cit., 478.
Secondo Santoro-Passarelli, op. cit., 121, la
decadenza, a differenza della prescrizione, «è ispirata non già dall’esigenza di conformare la situazione
di diritto alla situazione di fatto durata un tempo
che la legge consideri all’uopo sufficiente, ma piuttosto da quella di limitare nel tempo l’esercizio di un
diritto (...), quando il sollecito esercizio di quel diritto [mediante il compimento dello specifico atto previsto dalla legge o dal negozio] sembri conveniente a
un interesse superiore o individuale».
La prescrizione è una causa generale di estinzione
dei diritti connessa al non aver «fatto valere» un diritto per un certo tempo e serve a consolidare uno
stato fattuale con esso contrastante (ma – a dispetto
di alcune opinioni dottrinali e come comprovato
dall’estinzione per non uso dei diritti reali minori –
non necessariamente antigiuridico), mentre la decadenza concerne solo i diritti per i quali sia espressamente stabilita, decorre sempre (non dall’incipiente
inerzia del titolare, bensì) dalla loro nascita, non riprende a decorrere una volta che sia stata impedita e
– salva l’eccezione contemplata per le decadenze
convenzionali dall’art. 2966 cod. civ. – può essere
impedita esclusivamente da un determinato atto di
esercizio previsto dalla legge per quel particolare diritto (e non da un qualunque atto idoneo a farlo valere), sicché l’imposizione di un termine di decadenza assicura certezza sul tempo entro il quale l’atto di
esercizio potrà essere compiuto in modo da consolidare uno stato giuridico attuale, ossia la titolarità del
diritto, che in qualche caso è strumentale alla rimozione di un’altrui situazione giuridica parimenti attuale la quale risulterebbe a propria volta consolidata nella contraria ipotesi in cui la maturazione della
decadenza facesse venir meno il diritto antagonista:
per una rassegna delle tesi classiche sulla distinzione
tra i due istituti, già Pugliese, op. cit., 286 ss.; Santoro-Passarelli, Prescrizione e decadenza (A proposito dell’art. 1531 cod. civ.), in Riv. dir. civ., 1926,
556, secondo cui l’unico criterio distintivo tra i due
istituti sarebbe quello positivo della qualificazione
legislativa caso per caso, mentre in assenza di una
chiara qualificazione si tratterebbe sempre di prescrizione, in quanto istituto generale; per alcune
considerazioni sull’argomento, altresì Giusiana,
Decadenza e prescrizione, Giappichelli, 1943, 8 ss.;
Roselli, voce «Decadenza (Diritto civile)», in Enc.
giur. Treccani, X, Ed. Enc. it., 1988, 1; Panza, voce
«Decadenza nel diritto civile», nel Digesto IV ed.,
Disc. priv., sez. civ., V, Utet, 1989, 132, il quale, tra
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Prescrizione e responsabilità civile
li, che potrebbero anche risultare da una pattuizione nei limiti fissati dall’art. 2965 cod. civ.,
sono invero insuscettibili sia di sospensione –
tranne che in ipotesi eccezionali – sia di interruzione (art. 2964 cod. civ.) ( 7 ); nelle materie
sottratte alla disponibilità delle parti, poi, la loro scadenza è irrinunciabile e rilevabile d’ufficio dal giudice (artt. 2968 e 2969 cod. civ.), fermo inoltre che la rinuncia ad una decadenza,
anche qualora si versi in materie permeabili
dall’autonomia privata, è sempre un negozio
bilaterale e, a differenza di quanto previsto per
la prescrizione, non può provenire unilateralmente dall’interessato ( 8 ). I termini prescrizionali, invece, sono inidonei a soddisfare un interesse tanto pubblico quanto solo privato ad ovviare all’incertezza sull’esistenza o sull’esercizio di un diritto, perché la situazione di dubbio, oltre che per una causa di sospensione
(artt. 2941 e 2942 cod. civ.), è prorogabile a
piacimento sia dal titolare del diritto con ripetuti atti interruttivi (artt. 2943 ss. cod. civ.) sia
da colui contro il quale il diritto potrebbe essere vantato con la rinuncia alla prescrizione (art.
2937 cod. civ.) oppure con la mancata opposizione dell’eccezione di prescrizione (art. 2938
cod. civ.) ( 9 ). Oltretutto, l’assoluta inderogabilità del regime della prescrizione, che neppure
l’altro, precisa che gli atti di esercizio impeditivi di
una decadenza possono consistere sia in atti di esercizio del diritto in senso stretto sia in atti c.d. «singolari» non corrispondenti al contenuto del diritto
pur ampiamente inteso (come una denuncia, una
diffida o una riserva).
( 7 ) A marcare ulteriormente le differenze con la
prescrizione, taluno ritiene che la proposizione di
una domanda giudiziaria non impedisca la decadenza in caso di estinzione del processo (tra gli altri, v.
Panza, op. cit., 135 ss.), ma la questione è controversa (v. Roselli, op. cit., 5 ss.).
( 8 ) Proprio sulla struttura bilaterale della rinuncia alla decadenza poggia l’idea di una reviviscenza
del diritto già estintosi per il decorso del termine:
Panza, op. cit., 140.
( 9 ) Sotto l’aspetto dell’illimitata prolungabilità
del termine prescrizionale del diritto da parte del
soggetto passivo, si noti l’assenza di una regola omogenea a quella dettata per la remissione del debito
dall’art. 1236 cod. civ., secondo cui il debitore che
non voglia profittare della remissione è tenuto a dichiararlo «in un congruo termine».
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il consenso del beneficiario potrebbe modificare (art. 2936 cod. civ.), sarebbe indecifrabile
laddove all’istituto capitasse di tutelare concretamente un’esigenza soltanto privata di certezza, tanto più che il regime della decadenza dei
diritti disponibili è viceversa derogabile (art.
2968 cod. civ.) ( 10 ).
Se le cause di interruzione, ossia gli «atti di
esercizio del diritto» ex art. 2943 cod. civ. ed il
suo «riconoscimento» da colui contro il quale
può essere fatto valere ex art. 2944 cod. civ.,
soltanto accidentalmente soddisfano l’interesse
enucleato nella situazione di vantaggio e sono
piuttosto accomunate dall’affermazione della
stessa e dalla rievocazione della correlata situazione di svantaggio ( 11 ), la vera ratio della prescrizione consiste nel tutelare con la liberazione ( 12 ), o ad ogni modo con la preclusione di
( 10 ) Trimarchi, Prescrizione e decadenza, in Jus,
1956, 232 ss., il quale ritiene che l’istituto della prescrizione soddisfi l’interesse di ordine pubblico «ad
evitare che si prolunghi troppo nel tempo la soggezione di un patrimonio a pretese altrui, con conseguente diminuzione della mobilità dei beni che lo
costituiscono e, quindi, della loro funzionalità economica (...). Il che non impedisce di spiegarsi perché la prescrizione sia rinunciabile, dopo che si è verificata, e non rilevabile d’ufficio: infatti l’esigenza
di ordine pubblico alla quale risponde la prescrizione è quella che, se il titolare di un diritto non lo esercita per il tempo stabilito dalla legge, il soggetto passivo possa, dopo scaduto il termine, essere certo che
il proprio patrimonio non è più soggetto alla pretesa
altrui, e possa sentirsi libero di disporne: è a tale
possibilità che il privato non può rinunciare. (...) Ma
una volta che la prescrizione si è verificata, proprio
perché il soggetto passivo ha riacquistato libertà è libero, se vuole, anche di adempiere nonostante la
prescrizione, o di rinunciare alla prescrizione stessa,
o di non eccepirla in giudizio». Ma analoghe ragioni
di efficienza economica venivano addotte già da Pugliese, op. cit., 22 ss.
( 11 ) Già per Fadda-Bensa, Note dei traduttori al
libro secondo, appendice a Windscheid, trad. it. di
Fadda-Bensa, Diritto delle pandette, I, Unione Tipografico-Editrice, 1902, 1109 «unica è la ragione dell’interruzione: l’avverarsi di un fatto che accerti la
vitalità del diritto e ne ponga in chiaro la sussistenza. Che ciò risulti dall’attività del creditore o da
quella del debitore è irrilevante».
( 12 ) Di un «diritto (soggettivo) alla liberazione»,
ricavabile in via esegetica, parla Messineo, Varia201
Saggi e Aggiornamenti
pretese tardive ( 13 ), il soggetto subalterno il
quale nutra un affidamento nella circostanza
che il titolare del diritto, dopo una protratta
inerzia, si asterrà dal vantarlo pure nel futuro ( 14 ). Ciò si rispecchia in quella dottrina che,
nel delucidare la nozione ex art. 2934 cod. civ.
di «non esercizio del diritto» (quale causa della
sua prescrizione) mercé il coordinamento con
la nozione ex art. 2935 cod. civ. di «possibilità
di far valere il diritto» (per la decorrenza del
termine prescrizionale) ( 15 ), disconosce rilevanza ad atti di godimento sì leciti, ma intersecanti solo la sfera del titolare e quindi neutri
per i controinteressati ( 16 ): l’atto interruttivo,
insomma, deve far constare la volontà di conservare il diritto ( 17 ). D’altronde, a fronte dell’imprescrittibilità degli indisponibili diritti
della personalità, la proprietà, che è il campione dei diritti patrimoniali disponibili, è ugualmente imprescrittibile – a tacere di ulteriori
eventuali ragioni ( 18 ) – quantomeno perché la
zioni sul concetto di «rinunzia alla prescrizione» (art.
2937, comma 1o, c.c.), in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
1957, 505.
( 13 ) Sull’efficacia preclusiva di accertamento della prescrizione, che soltanto eventualmente produce
effetti estintivi, Falzea, voce «Accertamento (Teoria generale)», in Enc. del dir., I, Giuffrè, 1958, 209
ss., secondo cui «la situazione giuridica statuita dalla
norma sorge indipendentemente dalla (conformità o
difformità della) situazione giuridica preesistente»,
perché l’effetto preclusivo «rappresenta il limite entro il quale la esigenza di continuità della realtà giuridica può essere mantenuta senza che si creino insormontabili intralci nella vita della comunità».
L’impostazione del Falzea è ripresa da Vitucci, La
prescrizione, I, nel Commentario Schlesinger, Giuffrè, 1990, sub artt. 2934-2940, 20 ss., il quale, dopo
aver rilevato che la prescrizione è opponibile dal
convenuto qualora l’attore eserciti tardivamente
tanto un diritto che è sorto e non si è ancora estinto
per altra causa, quanto un diritto che non è mai sorto oppure che è sorto e si è tuttavia estinto altrimenti (ad esempio, per adempimento o per transazione),
precisa che lo scopo dell’istituto è di troncare le
controversie intempestive senza indagini sulla fondatezza della pretesa fatta valere.
Già Windscheid, op. cit., 423 ss., affermava
«che le circostanze, alle quali la prescrizione imprime il suggello della conformità al diritto, non ne erano necessariamente difformi. (...) Il tempo non solamente sana, ma oscura eziandio».
Sulla stessa lunghezza d’onda, v. inoltre, a proposito del Codice del 1865, Pugliese, op. cit., 37 ss.,
nonché, a proposito dell’originario Code Napoléon,
Baudry-Lacantinerie-Tissier, op. cit., 20 ss., i
quali osservano come da questo punto di vista la
prescrizione si fondi almeno in parte su una presunzione di liberazione.
( 14 ) In tal senso, Del Signore, op. cit., 98 ss.,
175 ss.
La prescrizione veniva rimirata dall’angolazione
del soggetto passivo già da Pugliese, op. cit., 26 ss.
( 15 ) Sulla difficoltà di determinare il concetto di
«inerzia» rilevante ai fini della prescrizione stante la
non univoca terminologia adoperata negli artt. 2934
e 2935 cod. civ., nonché sull’opportunità di riconoscere come maggiormente significativa la nozione
accolta nella seconda disposizione, Panza, voce
«Prescrizione», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez.
civ., XIV, Utet, 1996, 230 ss., il quale, tra l’altro, in
base alla teoria della duplicità tra azione e diritto,
preferisce collocare l’istituto della prescrizione sul
piano processuale piuttosto che su quello sostanziale.
( 16 ) «Il proprietario che coglie un fiore sul suo
campo, o l’usufruttuario che passeggia nel suo opificio, questi sono soggetti che non esercitano il proprio diritto. In altre parole occorre che il diritto sia
realizzato, almeno nel suo contenuto essenziale: solo
in mancanza di tale comportamento può parlarsi di
vera e propria inerzia» (così Auricchio, Appunti
sulla prescrizione, Jovene, 1971, 16 ss., il quale, dopo
aver osservato che l’inerzia è un comportamento
giuridico permanente a cui solo in virtù di una finzione potrebbe associarsi l’esistenza o l’inesistenza
di una costante volontarietà, tanto che l’ordinamento si limita a richiedere la mancanza della manifestazione di una volontà contraria tramite – come si precisa ivi, alle pagine 93 ss. – atti recettizi, aggiunge
che comunque l’inerzia acquista rilevanza giuridica
allorché assuma oggettivamente i caratteri di un
comportamento concludente nei confronti della
controparte).
( 17 ) Già Giorgi, op. cit., 416 ss.
( 18 ) Secondo la tradizione, la proprietà sarebbe
imprescrittibile perché nel contenuto essenziale del
diritto rientrerebbe anche la scelta sovrana di non
esercitarne le facoltà, ma l’imprescrittibilità risponde anche ad un criterio di semplificazione e di certezza, giacché l’ampia rimessione al proprietario delle scelte sul momento e sulle più varie modalità possibili di esercizio del diritto renderebbe estremamente complicata e fonte di litigiosità l’individuazione del dies a quo di un termine prescrizionale:
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Prescrizione e responsabilità civile
sua estinzione non avvantaggerebbe alcuno
che in costanza del diritto dominicale permanga obbligato o gravato ( 19 ).
L’enunciata ratio della prescrizione, a ben
vedere, ha una sponda nel diverso ed altrettanto controverso istituto della perpetuità dell’eccezione di annullabilità di un contratto ai
sensi dell’art. 1442, ult. comma, cod. civ., che,
dopo la prescrizione del diritto e quindi dell’azione di annullamento, tutela la parte già legittimata a domandare l’invalidità del contratto non impugnato, e tuttavia ineseguito, con la
facoltà di paralizzare la pretesa della controparte ( 20 ). Quest’ultima, non avendo chiesto
l’esecuzione in pendenza dei termini per l’impugnazione, può infatti aver ingenerato nella
prima l’affidamento che il negozio, sebbene i
diritti in esso fondati non siano ancora prescritti come invece il diritto alla caducazione
degli effetti, rimanga comunque lettera morta.
La perpetuità fa pertanto dell’eccezione di annullamento uno strumento – non importa ora
se sostanziale o processuale – atto a sventare
la realizzazione di un assetto d’interessi iniquo
(forse in conformità al medesimo senso di giustizia che ha suggerito di estrapolare dal sistema, nonostante questa volta il silenzio del legislatore, il rimedio dell’exceptio doli generalis ( 21 )).
L’inderogabilità della disciplina della prescrizione, poi, evita che una parte «debole»,
debitrice così come creditrice, venga sopraffatta con patti negoziali giugulatori ( 22 ), i quali
laddove la vulnerabilità concerna il debitore
potrebbero boicottare l’effetto prescrittivo prima dell’esaurimento del termine. Ma in tal caso la cogenza del regime legale – semplice indi-
Gambaro, La proprietà. Beni, proprietà, comunione,
Giuffrè, 1990, 102 ss.
( 19 ) Già Coviello, op. cit., 454.
( 20 ) L’eccezione è il mezzo «con cui si respinge
una pretesa diretta ad alterare lo stato di fatto che ci
è favorevole. Chi sta bene nel fatto non ha bisogno
di agire; ma se viene inquietato si difende con l’eccezione, la quale non può essere prescritta, perché fino a quel momento non c’era stato mai il bisogno di
promuoverla» (così già Giorgi, op. cit., 383).
( 21 ) Dolmetta, voce «Exceptio doli generalis», in
Enc. giur. Treccani, XIII, Ed. Enc. it., 1989, 1.
( 22 ) Già Pugliese, op. cit., 259 ss.
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zio sul valore delle norme ( 23 ) – non depone
per la rispondenza tout court dell’istituto all’ordine pubblico, che sotto il previgente Codice,
in carenza di una disposizione come l’art. 2936
cod. civ., era appunto invocato solo per negare
validità ai predetti patti, in parallelo con il divieto di rinuncia anche unilaterale ad una liberazione non ancora matura ( 24 ): un calco di ordine pubblico, al più comprensibile per l’inammissibilità della rinuncia ante tempus, mal si
concilierebbe tanto con la necessità di eccepire
la prescrizione ( 25 ), quanto con l’abdicabilità
della prescrizione ormai perfetta e – ma questo
è un argomento confutabile – con l’esistenza di
aree aliene al fenomeno prescrittivo ( 26 ).
( 23 ) Sulla relazione tra norme imperative e norme
di ordine pubblico, Panza, voce «Ordine pubblico
(Teoria generale)», in Enc. giur. Treccani, XXII, Ed.
Enc. it., 1990, 5 ss., secondo cui «[g]ià sul piano codicistico dell’evoluzione normativa (...) può constatarsi che il binomio inderogabilità-generalità dell’interesse tutelato degrada da criterio sufficientemente
certo a mero indizio del valore della norma», perché, contraddicendo l’antica dicotomia tra «fonti
statali a tutela di interessi generali e fonti private che
parlano in nome di interessi particolari», e «lungi
dall’esaurirsi nel complesso di norme imperative poste a presidio di interessi generali e direttamente riferibili allo Stato, l’ordine pubblico si distingue da
esse per essere una forma di tutela pubblicistica di
interessi individuali». V. anche l’approfondita disamina di Guarneri, voce «Ordine Pubblico», nel
Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XIII, Utet, 1995,
154.
( 24 ) Più articolata è invece l’opinione di BaudryLacantinerie-Tissier, op. cit., 78 ss., 88, secondo i
quali «[l]’ordine pubblico esige, in generale, (...) che
il tempo della prescrizione non sia aumentato con
una rinuncia anticipata, ma non esige punto che non
sia abbreviato. La convenzione delle parti, dunque,
qui deve adempiersi», a meno che la legge, allo scopo di evitare in taluni casi abusi, non comprima o
sopprima l’abbreviabilità di uno specifico termine
prescrizionale.
( 25 ) Già Baudry-Lacantinerie-Tissier, op. cit.,
42 ss., i quali spiegano che sotto questo aspetto non
sussiste alcuno iato proprio perché «non si deve
considerare, in un processo di interessi privati, il
mezzo desunto dalla prescrizione come se fosse
d’ordine pubblico».
( 26 ) Auricchio, op. cit., 39 ss., 56 ss., 77 ss., il
quale – al pari già di Coviello, op. cit., 460 – avver203
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All’unisono con una recente giurisprudenza, allora, «sembra del tutto inevitabile convenire con quegli autori che – nonostante l’esplicito riferimento contenuto nella Relazione al
codice e l’autorevolezza della contrapposta dottrina schierata a difesa della natura pubblicistica dell’istituto – hanno realisticamente colto,
nella prescrizione, più pragmatiche finalità di
tutela di un interesse sostanzialmente privato,
quello, cioè, da un canto, del soggetto passivo
di un rapporto giuridico a ritenersi libero da
vincoli in conseguenza del decorso “del tempo
stabilito dalla legge”, dall’altro, del soggetto attivo portatore di una incomprimibile facoltà di
impedire il realizzarsi dell’effetto estintivo attraverso una inequivoca dichiarazione/manifestazione di volontà (qual[e] che essa sia) dimostrativa dell’intento di esercitare il proprio diritto» ( 27 ).
La decorrenza del termine prescrizionale
dall’evento in senso materiale, dunque, non è
un dogma ispirato dall’ordine pubblico a tutela
della certezza dei rapporti giuridici.
3. La «mobilità» del dies a quo sullo
sfondo del diritto italiano e straniero e
dei progetti europei. Con riguardo alle pretese di responsabilità, la disciplina della prescrizione, vistosamente sagomata attorno a
quella figura classica di illecito alla cui stregua
evento lesivo e conseguenze dannose si verificano nel medesimo segmento temporale, si
mostra inadeguata alle nuove tipologie di pregiudizio, ai progressi della scienza (ed in specie
della medicina legale) nell’appurare il nesso
eziologico, nonché ai sopravvenuti principi co-
te che tuttavia la rinuncia preventiva, in virtù della
convertibilità del negozio nullo ai sensi dell’art.
1424 cod. civ., vale come atto interruttivo; Vitucci,
op. cit., 178 ss.
( 27 ) Così si legge in Cass., 18.1.2011, n. 1084, in
Corr. giur., 2011, 488, con nota di Di Majo, nella
quale è stato coerentemente statuito che l’effetto
interruttivo-sospensivo della instaurazione di un
giudizio ex art. 2945 cod. civ. è altresì prodotto da
giudizi aventi oggetto diverso dal diritto prescrittibile, purché siano riconducibili ad un comportamento del titolare volto non equivocamente a manifestare il proprio intendimento di esercitare il diritto.
204
stituzionali o di rango altrimenti sovraordinato ( 28 ).
Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo ed in quella della
Corte di giustizia delle comunità europee, che
sono vincolanti per i giudici italiani ( 29 ), nonché di recente nella giurisprudenza domestica
(già riluttante – seppur spesso con motivazioni
criptiche – all’assoluta irrilevanza degli impedimenti di fatto sul decorso della prescrizione,
quantomeno in alcuni settori ( 30 )), è emerso un
( 28 ) Buffone, Prescrizione del diritto al risarcimento dei danni lungolatenti, in Resp. civ. e prev.,
2008, 1269.
( 29 ) Oltre alla limitazione di sovranità dell’Italia per
la sua appartenenza all’Unione Europea ai sensi dell’art. 11 Cost., bisogna infatti considerare che, ai sensi dell’attuale art. 117, comma 1o, Cost., «[l]a potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». In proposito, cfr. nella giurisprudenza costituzionale Corte cost., 22-24.10.2007, nn. 348 e
349, in Foro it., 2008, I, 39, con note di Romboli,
Travi, Cappuccio e Ghera. Sul necessario adeguamento dell’ordinamento italiano anche alle statuizioni contenute nelle pronunce della Corte di giustizia
delle comunità europee e della Corte europea dei diritti dell’uomo, v. in dottrina, quanto alle prime, Diritto dell’Unione Europea. Aspetti istituzionali e politiche
comuni, a cura di Verrilli, Ed. giur. Simone, 2005,
127 ss., 167 ss.; Consolo, Il primato del diritto comunitario può spingersi fino a intaccare la «ferrea» forza
del giudicato sostanziale?, in Corr. giur., 2007, 1189;
quanto alle seconde, Lupo, La vincolatività delle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per il
giudice interno e la svolta recente della Cassazione civile e penale, in Cass. pen., 2007, 2247; nonché, in generale e per una rassegna giurisprudenziale, Salvato, Il
rapporto tra norme interne, diritto dell’UE e disposizioni della CEDU: il punto sulla giurisprudenza, in Corr.
giur., 2011, 333.
( 30 ) Per gli opportuni riferimenti alla giurisprudenza italiana anteriore alle sez. un. di cui si dirà appresso, si rinvia a Tescaro, op. cit., 52 ss.; nonché,
con specifico riguardo al settore giuslavoristico (dove si segnala Corte cost., 10.6.1966, n. 63, in Riv.
giur. lav., 1966, II, 369, con nota di Bigliazzi Geri), a Caponi, Gli impedimenti all’esercizio dei diritti nella disciplina della prescrizione, in Riv. dir. civ.,
1966, I, 744 ss., il quale rileva che talvolta gli artt. 3
e 24, comma 1o, Cost. impongono l’adeguamento
correttivo della disciplina codicistica in materia di
NGCC 2012 - Parte seconda
Prescrizione e responsabilità civile
orientamento secondo cui l’inizio della decorrenza di un termine prescrizionale è subordinato alla conoscenza, o almeno alla conoscibilità secondo l’ordinaria diligenza e tenuto conto delle diffuse acquisizioni scientifiche, della
totale integrazione della fattispecie costitutiva
del diritto prescrivibile da parte di chi ne sia il
titolare ( 31 ): sul versante nazionale, si pensi al
revirement delle sez. un. della Corte di cassazione sulla responsabilità per danni c.d. «lungolatenti», i quali prendono corpo molto tempo dopo l’evento lesivo ( 32 ). Astraendo dal tedecorrenza dei termini prescrizionali in presenza di
impedimenti economico-sociali all’esercizio di un
diritto; Panza, Contributo allo studio della prescrizione, Jovene, 1984, 27 ss.
D’altronde, nei rapporti di durata fra soggetti dotati di diseguale forza contrattuale, dove si avverte
l’esigenza di tutelare la parte debole che fosse interessata alla prosecuzione del rapporto, è spesso lo
stesso legislatore a stabilire che un termine di prescrizione o di decadenza decorra soltanto dal venir
meno del vincolo, come accade per alcuni diritti del
lavoratore subordinato o del conduttore di un immobile locato: Vitucci, op. cit., 162 ss.
( 31 ) In tema di decorrenza del termine di prescrizione, sulla giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo (secondo la quale il diritto di
ogni persona «a che la sua causa sia esaminata»,
sancito dall’art. 6 della CEDU, prevale sull’esigenza di certezza del diritto) e della Corte di giustizia
delle comunità europee (che valorizza sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti al lume del principio di ragionevolezza sia il
principio di equivalenza della tutela riconosciuta
dagli Stati Membri a situazioni giuridiche di diritto
interno e di diritto comunitario) si rinvia a Bona,
Appunti sulla giurisprudenza comunitaria e CEDU
in materia di prescrizione e decadenza: il parametro
della «ragionevolezza», in Resp. civ. e prev., 2007,
1709.
( 32 ) Il riferimento è a Cass., sez. un., 11.1.2008,
n. 581, in Resp. civ. e prev., 2008, 827, con nota di
Greco; in questa Rivista, 2008, I, 623, con nota di
Querci; in Danno e resp., 2008, 1011, nella quale, a
proposito del diritto al risarcimento per contagio da
emotrasfusione, viene precisato che il termine prescrizionale deve iniziare a decorrere dal momento in
cui la malattia non solo si manifesta all’esterno, ma è
percepita o può essere percepita, usando l’ordinaria
diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, quale conseguenza del comportamento colpevole di un terzo, cosicché bisogna apNGCC 2012 - Parte seconda
ma delle pronunce, nessuna prescrizione potrebbe cioè decorrere nei confronti di colui che
ignori incolpevolmente di essere titolare di un
diritto, sebbene i margini della sua vicenda
estintiva vengano così devoluti alla discrezionalità giudiziale (almeno ove non siano prestabilite formalità pubblicitarie che, se onorate,
giustificano la presunzione legale di conoscenza di un determinato fatto da parte dei terzi,
compreso il terzo che per effetto di quel fatto
plicare, unitamente al principio della «conoscibilità
del danno» (parametro interno al soggetto), quello
della «rapportabilità causale» (parametro esterno al
soggetto); e ciò sebbene entrambi i parametri, da intendere in senso oggettivo, siano «verificabili dal
Giudice senza scivolare verso un’indagine di tipo psicologico. In particolare, per quanto riguarda l’elemento esterno delle comuni conoscenze scientifiche esso
non andrà apprezzato in relazione al soggetto leso,
(...) ma in relazione alla comune conoscenza scientifica che in merito a tale patologia era ragionevole richiedere in una data epoca ai soggetti a cui si è rivolta
(o avrebbe dovuto rivolgersi) la persona lesa» (così al
§ 3.3).
In giurisprudenza, cfr. anche Cass., 2.2.2007, n.
2305, in Corr. giur., 2007, 641, con nota di Bastianon; in Resp. civ. e prev., 2007, 1605, con nota di
Bianchi; Cass., 21.2.2003, n. 2645, in Danno e resp., 2003, 845, con nota di Righetti e postilla di Izzo; Trib. Torino, 14.3.2007, in Resp. civ. e prev.,
2007, 1371, con nota di Greco; Trib. Rimini,
22.7.2006, Trib. Urbino, 20.6.2006, entrambe in
Foro it., 2006, I, 3257; Trib. Roma, 26.3.2002, in
Corr. giur., 2003, 1633, con nota di Filograna. Sulla decorrenza della prescrizione dall’oggettiva conoscibilità dell’avvenuta integrazione della fattispecie
costitutiva del diritto, cfr. in generale Cass., sez.
lav., 31.5.2010, n. 13284, in Giur. it., 2011, 1845,
con nota di Murrone; contra, sul credito ad un
maggiore trattamento pensionistico, Cass., sez. lav.,
27.6.2011, n. 14163, ined., la cui stringatissima motivazione, nella quale la sentenza delle sez. un. del
2008 non viene neppure menzionata e ci si limita a
richiamare la giurisprudenza precedente, desta però
il sospetto che il Collegio fosse del tutto ignaro del
più recente orientamento sul tema generale della
prescrizione; in materia di prescrizione contrattuale,
Cass., 28.1.2004, n. 1547, in Danno e resp., 2004,
389, con nota di Monateri.
In dottrina, Tescaro, Osservazioni in tema di decorrenza della prescrizione e autoresponsabilità, in
Studium Juris, 2007, 255.
205
Saggi e Aggiornamenti
abbia acquisito la situazione giuridica da far
valere ( 33 )).
D’altronde, il criterio strettamente oggettivo
con cui occorre verificare la pregressa inconoscibilità dell’integrazione della fattispecie costitutiva di un diritto, oltre a non indulgere
verso coloro i quali ignorassero di esserne titolari per carenza di scrupolo, esclude che l’ostacolo alla maturazione della prescrizione vulneri
un meritevole affidamento altrui circa il futuro
inesercizio del diritto, perché neanche la controparte era in grado di appurare se fosse sorto, e quindi neppure poteva attribuire all’atteggiamento del suo titolare i caratteri dell’«inerzia» in senso tecnico.
A rigore, le cause che paralizzano l’esordio
della prescrizione sono circostanze «obbiettive
e inerenti al diritto stesso, che ne rendono impossibile l’esperimento», e quelle che ne sospendono il termine sono circostanze «non (...)
inerenti al diritto stesso o al rapporto giuridico, ma alle persone che sono i soggetti del rapporto giuridico sottoposto alla prescrizione» ( 34 ). Nondimeno, a parte la questione dogmatica se gli impedimenti di fatto all’esercizio
di un diritto vadano più correttamente inquadrati tra le cause che spostano in avanti il dies a
quo o tra quelle che sospendono il decorso della prescrizione ( 35 ), l’impostazione surriferita –
( 33 ) Con riguardo all’azione revocatoria, il cui
termine di prescrizione, rispetto all’impugnazione di
atti pregiudizievoli soggetti ad un regime pubblicitario, deve iniziare a decorrere – a prescindere dal tenore letterale dell’art. 2903 cod. civ. – non dal giorno della stipulazione dell’atto, bensì da quello della
sua pubblicità, Cass., 19.1.2007, n. 1210, in questa
Rivista, 2007, I, 1152, con nota di Avancini.
( 34 ) Così Coviello, op. cit., 463.
( 35 ) Secondo Buffone, op. cit., 1278, la lungolatenza dovrebbe essere qualificata più correttamente
come causa di sospensione della prescrizione anziché come causa che ne impedisce fin dall’inizio il
decorso, giacché il dies a quo della prescrizione coincide con l’inerzia del titolare del diritto ed il problema concerne la regolamentazione degli effetti del
tempo dal fatto dannoso (cioè dalla materiale verificazione del pregiudizio), quando l’inerzia già sussiste, alla percepibilità del danno da parte del danneggiato.
Panza, op. ult. cit., 23 ss., spec. 55 ss., valorizzando l’art. 2935 cod. civ. piuttosto che l’art. 2934 cod.
206
oltre ad allinearsi alla riforma del BGB tedesco ( 36 ), alla riforma della prescrizione nel Cociv., recupera la rilevanza a fini prescrizionali degli
impedimenti di fatto attraverso un concetto di
«inerzia» del titolare del diritto come comportamento concludente, manifestazione di un disinteresse ad agire per la tutela e la conservazione del diritto
più che per il suo esercizio, giacché la presenza di
impedimenti di fatto escluderebbe l’univocità secondo buona fede della condotta inerte.
Alcuni aa., invece, preferiscono smussare la generale irrilevanza degli impedimenti di fatto non sul
fronte dell’aggressione alla regola in materia di dies
a quo della prescrizione, bensì su quelli dell’ampliamento delle ipotesi di sospensione piuttosto che dell’elaborazione interpretativa di appositi istituti alternativi. Nella prima direzione, v. Del Signore, op.
cit., 34 ss., 58 ss., 129 ss., il quale, dopo una critica
alla tesi propugnata dal Panza, opta per l’individuazione di un principio generale di rilevanza degli impedimenti di fatto nella disciplina delle cause di sospensione, perché viceversa la paralisi dell’esordio
prescrizionale potrebbe dipendere soltanto da impedimenti di diritto alla situazione giuridica da far
valere. Nella seconda direzione, v. Tescaro, op. cit.,
passim, il quale, sulla scorta del diritto romano e della giurisprudenza francese anteriore alla riforma in
parte qua del Code Civil, ha proposto di salvaguardare chi incorra nella prescrizione di propri diritti
per un impedimento di mero fatto, purché nell’imminenza della scadenza del termine esso integri o
un’impossibilità oggettiva e relativa o una causa di
inesigibilità dell’esercizio del diritto, attraverso il rimedio atipico, diverso dalla sospensione (che prolunga il termine per la durata dell’impedimento),
della restitutio in integrum, ossia un rimedio che,
dopo il venir meno dell’impedimento, consentirebbe al giudice, in base ad una valutazione discrezionale, di concedere al titolare del diritto a rigore prescritto la possibilità di esercitarlo entro un nuovo arco di tempo, sia pure circoscritto nei limiti dello
stretto necessario.
( 36 ) Ai sensi del comma 1o del § 199 BGB [trad.
it. di De Cristofaro, in Canaris, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, in I quaderni della Rivista di diritto civile, Cedam, 2003, 99 ss.], «[i]l termine ordinario di prescrizione inizia a decorrere a partire dalla fine dell’anno nel corso del quale 1. la pretesa è sorta e 2. il creditore viene effettivamente a
conoscenza delle circostanze sulle quali la pretesa si
fonda e dell’identità della persona del debitore o comunque dovrebbe venirne a conoscenza senza colpa
grave». Si noti che «l’elemento soggettivo, stando al
chiaro tenore letterale del nuovo § 199, viene confiNGCC 2012 - Parte seconda
Prescrizione e responsabilità civile
de Civil francese (sulla rotta già segnata dall’Avant-projet) ( 37 ), al D.C.F.R. ( 38 ) ed al Code
gurato non come una semplice causa di sospensione,
bensì come il vero e proprio presupposto cui è subordinato l’inizio del decorso della prescrizione. A
tale differenza conseguono notevoli implicazioni sul
piano dell’onere della prova: non è infatti il creditore a dover dimostrare che i presupposti sostanziali
della pretesa gli erano ignoti, e che questa ignoranza
non era ascrivibile ad una sua colpa grave, ma è per
contro il debitore a dover provare che i suddetti
presupposti erano noti al creditore o erano stati da
lui ignorati per colpa grave» (così Canaris, op. cit.,
90).
In merito alla riforma dell’istituto della prescrizione in Germania, Canaris, op. cit., 88 ss.; Delle
Monache, Profili dell’attuale normativa del Codice
Civile tedesco in tema di prescrizione, in Riv. dir. civ.,
2003, I, 179; Caponi, La nuova disciplina della prescrizione nel codice civile tedesco: spunti per una riforma italiana, in Corr. giur., 2006, 1321.
( 37 ) Ai sensi dell’art. 2224 del novellato Code Civil, «[l]e azioni personali o mobiliari si prescrivono
in cinque anni a partire dal giorno in cui il titolare
di un diritto ha conosciuto o avrebbe dovuto conoscere i fatti che gliene permettano l’esercizio».
Ai sensi dell’art. 2234, inoltre, «[l]a prescrizione
non decorre o è sospesa contro colui che sia nell’impossibilità di agire a causa di un impedimento
risultante dalla legge, dall’accordo o dalla forza
maggiore».
Secondo quanto si ipotizzava nell’art. 2264 dell’Avant-projet, la prescrizione non decorre o è sospesa non solo fintantoché le parti contrattano in
buona fede, ma anche finché il creditore ignori l’esistenza o l’importo del credito. Ai sensi del successivo art. 2266, poi, «[l]a prescrizione decorre contro
chiunque non si trovi nell’impossibilità di far valere
il proprio diritto a causa di un impedimento risultante dalla legge, dall’accordo o [anche] dalla forza
maggiore. La forza maggiore, quando è temporanea,
opera come causa di sospensione purché sia sopravvenuta nei sei mesi precedenti lo spirare del termine
di prescrizione».
( 38 ) Ai sensi dell’art. 7:301 del D.C.F.R., «[i]l corso del termine di prescrizione è sospeso finché il
creditore non conosca, e non ci si potrebbe ragionevolmente aspettare che conosca: a) l’identità del debitore; o b) i fatti dai quali sorge il diritto incluso,
nel caso di diritto al risarcimento del danno, il tipo
di danno». Il D.C.F.R., sulle orme dell’art. 17:105
dei P.E.C.L., ha dunque accolto la soluzione che
considera l’ignoranza circa i fatti costitutivi del diritto come motivo di sospensione del termine prescriNGCC 2012 - Parte seconda
Européen ( 39 ), mentre ancor meno severo è il
Codice civile olandese ( 40 ) – è in armonia con il
sistema italiano in quanto contempera gli interessi privati coinvolti. In caso contrario, avremmo da un lato «un soggetto sicuramente danneggiato il quale tuttavia si trova discriminato
rispetto agli altri danneggiati solo perché il
danno si è manifestato in un momento assai
lontano dall’originaria condotta determinando
la (apparente) prescrizione dell’azione», dall’altro «un danneggiante sicuramente responsabile il quale è privilegiato rispetto agli altri
danneggianti perché gli effetti lesivi della sua
condotta si sono manifestati in un momento
molto distante nel tempo» ( 41 ). Invero, la conoscenza o almeno la conoscibilità del danno sono questioni di fatto che però si riverberano
sulla possibilità legale di esercizio del diritto, la
zionale, pertanto l’onere della prova delle circostanze che determinano la sospensione incombe sul creditore, cioè sul soggetto nella cui sfera esse sorgono
e si collocano: Patti, Certezza e giustizia nel diritto
della prescrizione in Europa, in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 2010, 31. L’art. 7:303, poi, prevede un’altra
causa di sospensione in presenza di ostacoli imprevedibili che impediscono al creditore di agire. E
l’art. 7:304 contempla un’ipotesi non di sospensione, bensì di proroga della scadenza del termine prescrizionale nel caso di trattative tra le parti aventi ad
oggetto l’esistenza del diritto oppure circostanze rilevanti per un’azione in giudizio.
Nel D.C.F.R. sono ora rifluiti, con alcune modifiche, i P.E.C.L. [consultabili in italiano in Principi di
diritto europeo dei contratti. Parte I e II, ed. it. a cura
di Castronovo, Giuffrè, 2001].
( 39 ) Ai sensi dell’art. 134, comma 2o, del Code
Européen [nella versione italiana pubblicata in Eur.
e dir. priv., 2002, 275], «[i]l tempo calcolabile per il
decorso della prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il creditore può far valere il suo credito, e di questo risulti certa anche l’entità»: si tratta di
una regola equivoca e nel contempo originale.
( 40 ) La soluzione accolta dall’art. 309, libro 3o,
Burgerlijk Wetboek (riportato da Patti, op. cit., 31)
è infatti più favorevole al creditore, perché alla conoscenza dell’integrazione della fattispecie costitutiva del diritto non viene equiparata la semplice conoscibilità, sicché l’ignoranza dovuta a colpa grave è irrilevante.
( 41 ) Così Zeno-Zencovich, Il danno al nascituro, nota di commento a Cass., 22.11.1993, n. 11503,
in questa Rivista, 1994, I, 697.
207
Saggi e Aggiornamenti
quale è apprezzabile solo se una perdurante situazione di «opposizione» ad esso, pur da intendere nel generico senso di divergenza fra la
tutela concessa in astratto al titolare ed il godimento concreto di quella tutela, determinino
l’attualità dell’interesse a reagire per farlo valere ( 42 ).
Lo stesso legislatore del ’42, ai fini ora della
decorrenza ora della sospensione della prescrizione, ha attribuito rilevanza a specifiche ipotesi di ignoranza che rappresentano impedimenti
di mero fatto all’esercizio del diritto ( 43 ), e che
potrebbero essere lette non come eccezioni ad
un’antitetica ed egemone ratio, ma come epifania di un principio concorrente a parità di rango nella conformazione della disciplina generale ( 44 ). Si pensi all’art. 624 cod. civ., secondo
cui una disposizione testamentaria affetta da
errore, violenza o dolo è impugnabile da chiunque vi abbia interesse in un termine decorrente
dalla notizia del vizio del consenso; o all’art.
1442, comma 2o, cod. civ., in cui si stabilisce
che l’azione per l’annullamento di un contratto
( 42 ) Carnelutti, Teoria generale del diritto, Soc.
Ed. del «Foro italiano», 1951, 208 ss.; Auricchio,
op. cit., 24 ss.; Vitucci, op. cit., 73 ss., 104 ss.
Ancor prima anche Giorgi, op. cit., 375 ss., affermava che «non vi è inerzia, quando il creditore, appunto perché trovasi già in uno stato di fatto che
corrisponde al suo diritto, non ha bisogno di promuovere azioni», ma l’a. si limitava ad una considerazione strettamente oggettiva di tale corrispondenza e negava rilevanza all’ignoranza circa il proprio
diritto (ivi, 395).
( 43 ) Vitucci, op. cit., 156 ss.; Delle Monache,
op. cit., 190 ss.
( 44 ) Già G. Pugliese, op. cit., 102 ss., 153 ss.,
che, dopo aver distinto le cause soggettive di sospensione della prescrizione, sottoposte ad uno jus
singulare risultante dalla discrezionalità del legislatore e quindi di stretta interpretazione, da quelle oggettive, espressione di uno jus commune rispondente
a principi fondamentali dell’istituto dai quali ben
sono desumibili in via analogica anche cause di sospensione non esplicitamente nominate dal legislatore, include appunto tra queste ultime la sospensione conforme alla massima contra non valentem agere
non currit praescriptio.
Contra, per la tassatività delle cause di sospensione previste dalla legge, già Fadda-Bensa, op. cit.,
1137 ss.; Giorgi, op. cit., 394 ss.; Coviello, op. cit.,
469 ss.
208
a causa di errore o dolo si prescrive dalla scoperta del vizio da parte del contraente legittimato, ossia da quando questi abbia consapevolezza del proprio diritto all’annullamento; o all’art. 2941, n. 8, cod. civ., in cui viene disciplinato il doloso occultamento dell’esistenza dell’obbligazione ad opera del debitore e si stabilisce che, nei rapporti tra creditore e debitore, la
prescrizione rimane sospesa fino alla scoperta
del dolo, ossia finché il creditore prenda coscienza del proprio diritto. Benché l’art. 1442,
comma 2o, cod. civ., non discrimini tra violenza
esercitata nei confronti di un contraente e violenza esercitata nei confronti di una terza persona ai fini della prescrizione dell’azione di annullamento di un contratto, che sembrerebbe
sempre decorrente dalla cessazione della coercizione, la somiglianza strutturale della minaccia rivolta ad altri all’errore e al dolo porta poi a
ritenere che l’azione si prescriva dal giorno in
cui il contraente intimidito abbia notizia della
cessazione del pericolo per il terzo ( 45 ).
Le discipline speciali posteriori al codice civile, grazie ad una maggiore dimestichezza del
legislatore con i problemi della modernità ed
in virtù degli influssi sovranazionali, contengono proposizioni inequivocabili ( 46 ).
Ad esempio, l’art. 23, comma 1o, l. 31.12.1962,
n. 1860 (Impiego pacifico dell’energia nucleare),
modificato dal d.p.r. 10.5.1975, n. 519, dispone
che le azioni per il risarcimento dei danni alle cose e alle persone dipendenti da incidenti nucleari si prescrivono nel termine di tre anni «dal giorno in cui il danneggiato abbia avuto conoscenza
del danno e dell’identità dell’esercente responsabile oppure avrebbe dovuto ragionevolmente esserne venuto a conoscenza». Si aggiunge però a
correttivo che «[n]essuna azione è proponibile
decorsi dieci anni dall’incidente. In caso di danno causato da un incidente nucleare derivante da
materie nucleari rubate, perdute o abbandonate
e che non siano state recuperate, il termine anzidetto è computato dalla data dell’incidente nucleare ma non può in nessun caso essere superiore a 20 anni dalla data del furto, della perdita o
dell’abbandono».
Inoltre, l’art. 125 del d. legis. 6.9.2005, n.
( 45 ) Vitucci, op. cit., 157 ss.
( 46 ) Ibidem, 102 ss.
NGCC 2012 - Parte seconda
Prescrizione e responsabilità civile
206, «Codice del consumo», dispone, anzitutto,
che il diritto al risarcimento dei danni da prodotto difettoso si prescrive in tre anni «dal
giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe
dovuto avere conoscenza del danno, del difetto
e dell’identità del responsabile», e poi che, in
caso di aggravamento del pregiudizio risentito
dal consumatore, «la prescrizione non comincia a decorrere prima del giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza di un danno di gravità sufficiente a
giustificare l’esercizio di un’azione giudiziaria». Tuttavia, l’art. 126 del medesimo Codice,
ancora una volta a correttivo, stabilisce che
«[i]l diritto al risarcimento si estingue [per decadenza] alla scadenza di dieci anni dal giorno
in cui il produttore o l’importatore nella Unione europea ha messo in circolazione il prodotto che ha cagionato il danno» ( 47 ).
La «mobilità» del dies a quo nel computo
della prescrizione, adesso sancita in generale
anche dalla nostra più giovane giurisprudenza,
consentirebbe pure al legislatore italiano di
prevedere con maggiore larghezza termini
estintivi alquanto brevi – come appunto quelli
vigenti nei settori dei danni da incidente nucleare e da prodotto difettoso – senza aggravare troppo la posizione del titolare del diritto
prescrivibile. Ma si noti che la ricerca di un ottimale equilibrio tra salvaguardia del titolare
incolpevolmente inerte di un diritto, da un lato, e salvaguardia di istanze (se non di certezza,
almeno) di progressiva stabilizzazione dei rapporti giuridici nella regolamentazione dell’incipit del decorso prescrizionale, dall’altro lato,
ha giustamente suggerito tanto al legislatore
speciale italiano quanto ai compilatori del revisionato BGB, della novellazione del Code Civil
e dei progetti di nuovi testi normativi un accorgimento: l’elemento soggettivo dell’ignoranza
non imputabile circa il sorgere del diritto, che
sposta in avanti potenzialmente sine die l’inizio
della prescrizione ed è quindi foriero di incer( 47 ) «La decadenza è impedita solo dalla domanda giudiziale, salvo che il processo si estingua, dalla
domanda di ammissione del credito in una procedura concorsuale o dal riconoscimento del diritto da
parte del responsabile. L’atto che impedisce la decadenza nei confronti di uno dei responsabili non ha
effetto riguardo agli altri».
NGCC 2012 - Parte seconda
tezze, è stato invero combinato ad elementi oggettivi del tutto sganciati dalla consapevolezza
circa l’esistenza del diritto, che segnano in via
esclusiva e con certezza l’avvio di autonomi
termini di prescrizione – o talvolta, in alternativa, di decadenza – capaci di concorrere con
quello ancorato all’elemento soggettivo per far
comunque spirare il diritto dopo un dato tempo massimo ( 48 ). Inoltre, nelle moderne nor( 48 ) Il § 199 BGB, nei commi successivi al primo
(riportato nella nt. 36), dispone quanto segue. «2)
Le pretese al risarcimento dei danni, che traggano
origine da lesioni arrecate alla vita, all’integrità fisica, alla salute o alla libertà, a prescindere dal momento in cui sono sorte e dalla conoscenza – o ignoranza dovuta a colpa grave – che ne abbia eventualmente avuto il creditore, si prescrivono in trent’anni, decorrenti da quando è stato posto in essere l’atto lesivo, ovvero ha avuto luogo la violazione dell’obbligo, ovvero si è verificato il diverso evento dal
quale è scaturito il danno. 3) Le altre pretese al risarcimento dei danni si prescrivono 1. a prescindere
dalla conoscenza – o ignoranza dovuta a colpa grave
– che ne abbia eventualmente avuto il creditore, in
dieci anni da che sono sorte, e 2. a prescindere dal
momento in cui sono sorte e dalla conoscenza – o
ignoranza dovuta a colpa grave – che ne abbia avuto
il creditore, in trent’anni, decorrenti da quando è
stato posto in essere l’atto lesivo, ovvero ha avuto
luogo la violazione dell’obbligo, ovvero si è verificato il diverso evento dal quale è scaturito il danno. Ai
fini del compimento della prescrizione, è decisivo il
termine che giunge a scadenza per primo. 4) Le pretese diverse da quelle risarcitorie si prescrivono in
dieci anni da che sono sorte, a prescindere dalla conoscenza – o ignoranza dovuta a colpa grave – che
ne abbia eventualmente avuto il creditore. 5) Se la
pretesa ha per oggetto un non facere, in luogo del
momento in cui sorge la pretesa assume rilievo il
momento in cui viene tenuta la condotta dalla quale
il debitore si sarebbe dovuto astenere».
Ai sensi dell’art. 2232 del novellato Code Civil,
«[l]o spostamento del punto di partenza, la sospensione o l’interruzione della prescrizione non possono avere per effetto di portare il termine della prescrizione estintiva oltre i venti anni a decorrere dal
giorno del sorgere del diritto. Il comma 1o non è applicabile nei casi menzionati agli articoli 2226 [danno biologico, torture o atti di barbarie, violenze o
aggressioni sessuali contro minori], 2227 [azioni
reali immobiliari], 2233 [azione dipendente da una
condizione non ancora avverata, azione di garanzia
finché l’evizione non avvenga e azione sottoposta a
209
Saggi e Aggiornamenti
mative la contropartita all’abbreviazione dei
termini prescrizionali è un’ampia derogabilità
negoziale del regime legale, il che denota un
profondo ripensamento dell’istituto ( 49 ). La
giurisprudenza italiana, invece, ha sì ritoccato
le fattezze della prescrizione generale ad immagine delle discipline extranazionali, ma senza
poterla corredare dei correttivi altrove predisposti per la stabilizzazione dei rapporti giuridici nel tempo. Solo un intervento legislativo –
meglio se di riforma ab imis della materia – potrebbe e dovrebbe contemperare le posizioni
delle parti, allo scopo di adeguare la realtà giuridica a quella fattuale, in un sistema di estinzione dei diritti persistentemente inesercitati ( 50 ).
4. L’acuita irragionevolezza di termini prescrizionali difformi tra responsabilità da inadempimento e responsabilità
da fatto illecito. Come si apprende dalla
Relazione al Codice Civile, le uniche esplicite
termine fino alla scadenza del termine] e 2236 [parti
di un patto di solidarietà], al comma 1o dell’articolo
2241 [proposizione di un’azione giudiziaria o arbitrale] e all’art. 2244 [atto di esecuzione forzata].
Non si applica inoltre alle azioni relative allo stato
delle persone». Ma si consideri anche l’Avant-projet.
Ai sensi dell’art. 2278 di quest’ultimo, «ogni azione
si prescrive in dieci anni dal giorno in cui si è verificato il fatto da cui deriva l’obbligazione, indipendentemente dall’oggetto di questa, dal momento iniziale, dalle interruzioni, dalle sospensioni e dagli accordi che modifichino il termine della prescrizione.
Le azioni derivanti da crimini contro l’umanità sono
imprescrittibili. Per quanto riguarda le azioni civili
di risarcimento di un danno biologico e dei danni
provocati da atti di vandalismo o da un attentato all’ambiente, tale termine è di trent’anni».
Secondo l’art. 7:307 del D.C.F.R., «il termine di
prescrizione non può essere prolungato, a causa della sospensione del suo corso o della proroga della
sua scadenza (...), per più di dieci anni o, in caso di
diritti al risarcimento dei danni per lesioni personali,
per più di trenta anni».
( 49 ) Patti, op. cit., 35 ss. Il nuovo art. 2254 del
Code Civil consente alle parti di pattuire l’abbreviazione di un termine di prescrizione fino ad un anno
o il suo allungamento fino a dieci anni, nonché di
aggiungere ulteriori cause di sospensione o di interruzione a quelle legali.
( 50 ) Del medesimo avviso è Id., op. cit., 33.
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ragioni che spinsero il legislatore del ’42 a fissare per le svariate ipotesi di responsabilità
extracontrattuale termini di prescrizione «brevi» (art. 2947, commi 1o e 2o, cod. civ.), in
quanto inferiori al termine «ordinario» decennale (art. 2946 cod. civ.) valevole per la responsabilità contrattuale, furono, da un lato,
l’empirica constatazione della minore fruibilità di documenti in materia di fatti illeciti, dall’altro, la diffidenza verso gli altri mezzi di
prova e soprattutto verso la prova testimoniale, specialmente a distanza di tempo ( 51 ).
L’orientamento di fondo che emerge dalla Relazione non è poi contraddetto da alcune previsioni di diverso segno. Tra queste, il comma
3o dell’art. 2947 cod. civ., qualora l’illecito
aquiliano integri altresì un reato prescrivibile
in un termine più lungo di quello previsto per
l’illecito civile, equipara entrambe le prescrizioni a vantaggio del danneggiato, ma l’eccezione alla regola enunciata nei primi due commi, all’epoca dell’entrata in vigore del Codice,
era spiegabile con la supremazia della giurisdizione penale e con la stigmatizzazione di una
condotta criminosa ( 52 ). Inoltre, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., i diritti per i quali sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, sebbene in precedenza sottoposti ad
una prescrizione breve, si prescrivono sempre
nel termine ordinario, ma ciò avviene perché
l’accertamento definitivo del diritto ne nova il
titolo e ne comporta un rafforzamento che si
riflette sul prolungamento della prescrizione ( 53 ).
Eppure prescrizioni brevi sono stabilite anche per alcune fattispecie di responsabilità
contrattuale, come in materia di trasporto (ai
sensi del combinato disposto degli artt. 1681 e
2951 cod. civ.) o di compravendita (ai sensi degli artt. 1494 e 1495 cod. civ.).
La diversità dei termini prescrizionali, lungi
dall’essere incancellabile, è invero una scelta
( 51 ) Relazione al Codice, n. 1206.
( 52 ) Il comma 3o dell’art. 2947 cod. civ. ha sollevato molti contrasti giurisprudenziali passati in rassegna, ed in parte anche risolti, in Cass., sez. un.,
18.11.2008, n. 27337, in Corr. giur., 2009, 477, con
nota di Castelli.
( 53 ) Ancora vigente il Codice del 1865, Giorgi,
op. cit., 460 ss.; Pugliese, op. cit., 252.
NGCC 2012 - Parte seconda
Prescrizione e responsabilità civile
legislativa indotta dalle accidentalità con le
quali, secondo uno standard di normalità statistica, l’interesse protetto si manifesta e soffre
una lesione. In effetti, il creditore che subisce
l’inadempimento del debitore gode sovente di
una posizione probatoria agevolata rispetto al
danneggiato da un fatto illecito grazie alla maggiore disponibilità di prove scritte, tanto che il
livello di difficoltà nella dimostrazione degli
elementi costitutivi dell’una o dell’altra specie
di responsabilità civile non appare molto dissimile allorquando il creditore sia sprovvisto di
documenti. Ma la scelta del legislatore, più che
discrezionale, ben può essere ritenuta arbitraria ( 54 ).
La diversità dei termini è oggi ancor più irragionevole nell’ottica dell’innovativa ratio di
«autoresponsabilità» ormai ravvisata nella prescrizione ( 55 ), così da fomentare a mo’ di escamotage il c.d. «concorso tra azioni di responsabilità da inadempimento e da fatto illecito» e la
c.d. «responsabilità da contatto sociale qualificato». Di sicuro, l’attuale orientamento pretorio a favore di un dies a quo «mobile» sottrae
vigore all’argomento che fa leva sull’inattendibilità della prova testimoniale a grande distanza cronologica dai fatti da dimostrare allo scopo di giustificare i termini «brevi» di prescrizione – solitamente più brevi di quelli per far
valere la responsabilità da inadempimento –
previsti per le azioni di responsabilità aquiliana, giacché l’inconoscibilità con l’ordinaria diligenza dell’integrazione di un illecito permette
al danneggiato di avanzare domande risarcitorie, e dunque di formulare in giudizio capitoli
di prova testimoniale, anche molto dopo il sorgere del diritto.
D’altronde, il legislatore potrebbe fronteggiare la progressiva difficoltà di difesa in giudizio del convenuto, supposto debitore di un obbligo risarcitorio, con la predisposizione – non
( 54 ) In tal senso, tra gli altri, Giardina, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Significato attuale di una distinzione tradizionale,
Giuffrè, 1993, 159 ss., 172.
( 55 ) In proposito, in generale Tescaro, Decorrenza della prescrizione e autoresponsabilità, cit., passim;
Id., La rilevanza civilistica del principio contra non
valentem agere non currit praescriptio, in Obbl. e
contr., 2009, 253.
NGCC 2012 - Parte seconda
di una prescrizione in senso proprio, bensì – di
una c.d. «prescrizione presuntiva» come quelle
disciplinate dagli artt. 2954 ss. cod. civ., che
consistono semplicemente in presunzioni di
estinzione per adempimento di un diritto di
credito, quale è anche il diritto al risarcimento
dei danni ( 56 ).
Rimane da chiedersi se la differenziazione
dei termini prescrizionali sia almeno coerente
con l’intenzione del legislatore di assegnare
una funzione eminentemente sanzionatoria alla responsabilità aquiliana. Ma «la (...) funzione prevalentemente riparatoria oggi riconosciutale – onde l’asserita, particolare considerazione accordata alla posizione del danneggiato (...) – [fa] un po’ a pugni con una scelta
che poi vede il danneggiato, per un verso,
esposto a termini brevi di prescrizione, per altro verso, gravato dalla prova della culpa» ( 57 ).
Inoltre, le fattispecie di responsabilità extracontrattuale – come si è già osservato – non
sono le uniche per le quali sono stati fissati
termini brevi di prescrizione, giacché termini
altrettanto brevi, o addirittura più brevi, vigono anche per alcune fattispecie di responsabilità contrattuale.
Piuttosto, forse è solo per mantenere una
sorta di corrispondenza tra discipline che il
legislatore ha sottoposto al medesimo termine
decennale di prescrizione sia l’originario diritto di credito sia il diritto al risarcimento del
danno derivante dal suo inadempimento, poiché può sembrare che il primo diritto «si converta» nel secondo in virtù di una perpetuatio
obligationis ( 58 ). Ciò non si potrebbe invece
affermare con riguardo, ad esempio, alla responsabilità da fatto illecito discendente dalla
lesione del diritto di proprietà o dei diritti
della persona, per i quali l’azione risarcitoria,
stando ad un’autorevole opinione dottrinale,
«rappresenta una tutela esterna, non facente
parte del contenuto del diritto, come è dimo( 56 ) Id., Decorrenza della prescrizione e autoresponsabilità, cit., 96 ss.
( 57 ) Così Bigliazzi Geri, Interessi emergenti, tutela risarcitoria e nozione di danno, in Riv. crit. dir.
priv., 1996, 42 ss.
( 58 ) L’osservazione è di Majello, Responsabilità
contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in
Rass. dir. civ., 1988, 119 ss.
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Saggi e Aggiornamenti
strato dalla collocazione normativa della responsabilità extracontrattuale nella sistematica del codice ed è confermato dalla prescrittibilità in cinque anni dell’azione aquiliana, laddove diritto di proprietà e diritto della persona sono imprescrittibili» ( 59 ). Siffatta argomentazione, tuttavia, non placa la sensazione
di irragionevolezza instillata dalla difformità
dei termini prescrizionali nelle due aree di responsabilità civile: in primo luogo, la c.d.
«conversione» del credito primario inadempiuto in quello al risarcimento dei danni da
inadempimento oggi è solo una metafora elegante, ma nondimeno fuorviante; in secondo
luogo, la responsabilità aquiliana reagisce alle
lesioni arrecate non più soltanto al diritto di
proprietà o ai diritti della personalità, cioè
agli imprescrittibili diritti assoluti della tradizione, ma a tutti gli interessi meritevoli di tutela, tra i quali – per giunta – l’interesse enucleato in un diritto di credito che venga leso
da un estraneo all’obbligazione; in terzo luogo, la passione per le simmetrie dovrebbe
rendere più seducente l’ideale di termini prescrizionali uniformi; in quarto luogo, il forzato connubio fondato sulla circoscritta simmetria tra credito primario inadempiuto e credito al risarcimento dei danni da inadempimento non dà comunque conto di tutte le aberranti asimmetrie di disciplina che da esso sono generate.
Una riforma dell’istituto della prescrizione
è allora auspicabile, e lo è soprattutto nel senso dell’eliminazione o almeno del drastico ridimensionamento della frammentazione dei
termini, che dovrebbero essere il più possibile
uniformi sia in area contrattuale sia in area
extracontrattuale: il che affiancherebbe l’ordi-
( 59 ) Così Majello, op. cit., 122 ss., il quale desume da ciò che «[l]’estraneità della tutela aquiliana al
contenuto dei diritti soggettivi, da un lato conferma
la validità dell’orientamento che ammette la tutela
aquiliana del credito e di altre situazioni soggettive
atipiche, dall’altro, per quel che concerne il problema specifico del concorso, induce (...) ad escluderne
l’ammissibilità, non essendo l’azione risarcitoria posta a tutela del diritto leso, quanto piuttosto a tutela
dell’autonomo diritto ad ottenere il risarcimento da
chi, a norma di legge, è considerato responsabile del
danno».
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namento italiano all’art. 195 BGB ( 60 ), all’art.
14:201 dei P.E.C.L. ed all’art. 7:201 del D.C.
F.R., laddove è previsto un unico termine
triennale, nonché all’art. 2224 del novellato
Code Civil, laddove è previsto un unico termine quinquennale ( 61 ).
( 60 ) Sono fatte salve alcune prescrizioni speciali,
decennali o trentennali, previste dai §§ 196 e 197
BGB, alle quali, tra l’altro, ai sensi del successivo §
200, non si applica il meccanismo del dies a quo
«mobile» stabilito nel già citato comma 1o del § 199
BGB per il solo termine ordinario. La differenziazione dei termini massimi di prescrizione ancorati
ad elementi meramente oggettivi, poi, ai sensi dei restanti commi del § 199 BGB, dipende esclusivamente dalla natura dell’interesse leso e non dalla specie
di responsabilità civile che viene in gioco. Inoltre, il
§ 213 BGB sembra voler sventare qualunque occasione in cui l’istituto del concorso di responsabilità
possa essere allettante, giacché stabilisce che «[l]a
sospensione del decorso della prescrizione ed il
nuovo inizio della prescrizione di una determinata
pretesa valgono anche per le pretese che abbiano il
suo stesso fondamento e che siano accordate al suo
titolare, a sua scelta, in aggiunta o in alternativa ad
essa».
( 61 ) Cfr. già l’art. 1384 dell’Avant-projet, che prevedeva un termine decennale. Ai sensi dell’art. 2274,
invece, tutte le azioni diverse da quelle di responsabilità si prescrivono in tre anni, «senza che colui che
eccepisce la prescrizione abbia l’onere di indicarne
un titolo o che gli si possa opporre l’eccezione di
mala fede». Sono poi fatte salve le prescrizioni speciali previste dall’art. 2275.
NGCC 2012 - Parte seconda