9
788892 823136
euro 40,00
FRANCO ANTONELLI 1929-1994
Franco Antonelli, architetto e urbanista,
umbro di nascita e romano di formazione,
ha lasciato nella sua regione alcune
architetture magistrali, note a livello
internazionale: in primo luogo il monastero
di Santa Maria di Betlem (1969-1994),
che sovrasta la valle folignate con la grazia
severa di una fabbrica medievale, e lo
stabilimento tipografico Campi (1968-1972),
la cui potenza espressiva ancora oggi
sorprende. Ripercorrere criticamente l’opera
di Antonelli, ricollocandola nel suo tempo,
a partire dai primi decenni del dopoguerra
– che videro brillare la nuova architettura
italiana, uscita dalle strettoie del fascismo –
significa non solo rendere giustizia a un
singolare talento progettuale, ma anche
proiettare una nuova luce su un periodo
fecondo della cultura e della società italiana.
FRANCO
ANTONELLI
1929-1994
a cura di Paolo Belardi e Marzia Marandola
prefazione di Claudia Conforti
FRANCO
ANTONELLI
1929-1994
Un architetto nel suo tempo
a cura di Paolo Belardi e Marzia Marandola
prefazione di Claudia Conforti
Franco Antonelli nel suo studio.
sommario
10
Franco Antonelli: il tempo e l’architettura
Claudia Conforti
Franco Antonelli
15
Un architetto al servizio della comunità
Marzia Marandola
29
I progetti urbanistici
Michele Talia, Alfiero Moretti
45
L’architettura religiosa
Carla Zito
progetti e opere
Promosso da
Pro Foligno 1905
Consulta di Coordinamento Associazioni Culturali
Foligno
Con il sostegno di
Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno
Intesa Sanpaolo
Patrocinato da
Comune di Foligno
FUA – Fondazione Umbra per l’Architettura
Unipg – Università degli Studi di Perugia
IN/ARCH – Istituto Nazionale di Architettura
Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti
Conservatori della provincia di Perugia
IUAV – Università IUAV di Venezia
Istituto Nazionale di Urbanistica
Fondazione Ordine Ingegneri Perugia
Tor Vergata Università degli Studi di Roma
Fondazione Roma Sapienza
Ordine degli Ingegneri Provincia di Perugia
Associazione Guarino Guarini per l’arte cristiana
di Torino
66
Formazione
Lorenzo Grieco
76
Disegni
Paolo Belardi, Valeria Menchetelli
88
Progetti di concorso
Anna Vyazemtseva
108
Architetture pubbliche e industriali
Ruggero Lenci
124
Architetture residenziali
Alberto Coppo
134
San Domenico a Foligno
Un progetto di restauro
Giovanna Chiuini
144
Interni e arredi
Giovanna Ramaccini
apparati
152
L’opera di Franco Antonelli attraverso la fotografia
Florian Castiglione
154
Regesto dei progetti e delle opere
Laura Fagioli, Tullia Capitanucci
156
Scritti su e di Franco Antonelli
a cura di Valeria Menchetelli
158
Bibliografia generale
9
Disegni
Paolo Belardi,
Valeria Menchetelli
Disegno di studio della chiesa
di San Marcello al Corso, Roma.
La formazione nel disegno /
Lo studio del disegno
La formazione di Franco Antonelli nel
campo del disegno avviene all’interno della
scuola romana: una scuola in cui il disegno,
affrancato dalla “cappa dello stilismo
stereotipo”1 ed eletto a “fattore D”2 , ha
sempre rappresentato un imprescindibile
medium culturale attraverso il quale i
concetti impartiti durante le lezioni
vedevano concretizzare, grazie a esso,
il loro insegnamento3 . Il che risulta evidente
anche dalla rassegna dei programmi delle
diverse materie d’insegnamento presenti
nel manifesto degli studi, pubblicata
nell’annuario dell’anno accademico
1954-1955, quando Antonelli è nel pieno del
suo percorso formativo. “La preparazione
artistica dell’allievo ha le sue basi […] negli
insegnamenti di ‘Elementi di architettura e
rilievo dei monumenti’ e di ‘Disegno dal
vero’, ambedue corsi biennali; nel primo
l’allievo, attraverso il rilevamento di edifici
esistenti, inizia la consuetudine di mettere
in corrispondenza il disegno con gli oggetti
e acquista il senso della ‘misura’ delle
cose; comincia altresì attraverso
la elaborazione di progetti elementari
e le prove estemporanee, ad acquistare la
capacità di tradurre in linee un proprio
pensiero; nel secondo l’allievo si addestra
alla rappresentazione rapida di oggetti in
prospettiva ombreggiata, nel loro naturale
ambiente, e ciò facendo si rende
consapevole della particolare importanza
che il gioco della luce e dell’atmosfera e
delle loro variazioni ha sul risultato estetico
finale di una architettura”4 .
Il disegno svolge un ruolo decisivo anche
nell’ambito delle materie storiche, “che
hanno come scopo fondamentale la
cognizione sistematica degli edifici del
passato, mediante la ricerca documentaria
e la analisi critica, non come fine a se
stessa, ma come acquisizione di un
patrimonio”5 . Un avviamento alla teoria e
alla pratica del disegno concepito come
progetto culturale e condotto sotto l’egida
di una stirpe di docenti luminari come
Guglielmo De Angelis d’Ossat, Vincenzo
Fasolo e Luigi Vagnetti, oltre che di uno
stuolo di qualificatissimi assistenti come
Leonardo Benevolo, Arnaldo Bruschi,
Vittoria Calzolari, Gaspare De Fiore,
Orseolo Fasolo, Franco Minissi, Giuseppe
Perugini e Maurizio Sacripanti6 .
Ma soprattutto un avviamento alla
professione di architetto fondato sull’atto
propedeutico del disegno dal vero7. Né
avrebbe potuto essere diversamente, visto
il ruolo da protagonista svolto nell’ambito
della Facoltà di Architettura dell’epoca
da Luigi Vagnetti: un rinomato figlio d’arte
(il padre Fausto, docente di Disegno dal
vero nella stessa facoltà e già docente di
Prospettiva nell’Istituto di Belle Arti di
Roma, era stato un acclarato studioso delle
tecniche della visione) che di fatto ha
fondato la scuola italiana del disegno,
promuovendo le ibridazioni con le materie
compositive8 e spostando l’asse del rilievo
dalla scala architettonica alla scala urbana9 .
Franco Antonelli e il disegno
Osservando i disegni di Franco Antonelli,
è possibile leggere con chiarezza
il proficuo esito degli insegnamenti ricevuti.
Tuttavia, ciò non si deve esclusivamente alle
eccellenti qualità di un allievo attento e
disciplinato, appassionato e desideroso
di apprendere, ma anche a un’innata
predisposizione per l’indagine del reale
e l’esplorazione dell’immaginato condotta
attraverso il segno grafico. L’indole riservata
e introversa di Antonelli conferisce infatti
al disegno ruoli ulteriori rispetto a quello
di “semplice” strumento progettuale o di
“mero” atto rappresentativo, oltrepassando
l’uso strettamente funzionale alla pratica
architettonica per muovere verso un valore
di linguaggio comunicativo universale.
Il disegno diviene una maniera di vedere,
di riflettere, di stare e di parlare, un
atteggiamento olistico verso le cose,
un modus vivendi che coinvolge l’intera
sfera delle attività dell’uomo. Come già
sostenuto, nel caso di Antonelli si può
parlare di “disegno tout court, che [è]
disciplina e istinto, esercizio della mente
e controllo della mano obbediente agli
impulsi dell’occhio e dell’anima”10. Così,
in maniera consequenziale e non causale,
è inevitabilmente ma quasi
secondariamente che il disegno diviene
anche espressione di quell’approccio
analitico, sistematico e razionale che fa
76
77
Disegno di studio delle opere di Antonio
da Sangallo il Giovane.
ricorso al linguaggio grafico nell’esercizio
della professione di architetto. Quando,
nella lunga intervista con Renato Pedio, che
precede la pubblicazione antologica delle
sue opere in “L’architettura. Cronache
e storia”, afferma “preferisco sprofondarmi
nel lavoro, parlare con le cose”11, egli
esplicita le ragioni di un ritiro dalla scena
del dibattito pubblico in tema di architettura
e di urbanistica, dopo anni spesi nel
tentativo di costruire posizioni aperte
e condivise. Il “fare architettura” attraverso
il disegno viene allora interpretato e
utilizzato come un autentico rifugio dai toni
accesi delle polemiche e dalla fatica delle
battaglie, come un luogo sicuro in cui il
progettista si sente a proprio agio e in piena
libertà di esprimersi. Senza rinunciare alla
lucida fermezza delle proprie posizioni,
Antonelli prosegue nella propria attività di
architetto militante, comunicando con
“le cose”: le idee, i segni, i disegni.
Secondo Paul Valéry, “il disegno non è la
forma, è il modo di vedere la forma”12 , a
conferma che la capacità di “disegnare
non si identifica con l’acquisizione di
particolari abilità tecniche, o strumentali,
ma richiede, ponendolo come una
condizione prioritaria, il possesso di un
personale modo di vedere”13 . Nel caso
di Antonelli tale condizione prioritaria non
soltanto sussiste, ma diviene la cifra
distintiva della sua intera opera, tanto che
l’approccio al disegno, nel rilievo come nel
progetto, rimarrà immutato anche quando
esposto ai radicali cambiamenti
tecnologici o stilistici che si susseguiranno
nell’arco della sua carriera professionale.
Nell’attraversare momenti storici differenti
ed evoluzioni del gusto e dello stile,
il disegno, e con esso il pensiero
progettuale, resisterà senza incrinature
o alterazioni, mantenendo saldo il proprio
ruolo di estensione dello sguardo,
di autentica “forma-pensiero”14 che trova
sulla carta espressione concreta. Antonelli
pensa attraverso il disegno, che utilizza
di getto e con la massima spontaneità,
operando un filtro della realtà secondo
il suo “personale modo di vedere”.
Egli pratica un disegno intuitivo e schietto,
esibendo (prima di tutto per sé e mai in
maniera banalmente virtuosistica) assoluta
78
padronanza e agevolezza nel controllo
dello spazio attraverso la geometria,
che è conseguenza di un’acuta e
altrettanto assoluta capacità di osservare.
Descrivendo l’esperienza del disegno nella
propria veste di artista, John Berger
sostiene che esso è “la documentazione
autobiografica della scoperta di un evento:
visto, ricordato o immaginato”15, per la
somiglianza del processo di progressiva
costruzione dell’immagine disegnata
all’individuazione e alla definizione del
proprio sguardo sulle cose. Anche nel
percorso di Franco Antonelli e nella sua
accettazione piena ed entusiastica del
disegno come modalità espressiva, sia in
chiave autocritica sia in chiave
comunicativa, è possibile riconoscere
questa acquisizione di consapevolezza.
Parimenti, è possibile riconoscere
l’unificazione nell’atto disegnativo delle tre
qualità di ciò che attraverso il disegno viene
narrato, laddove “visto, ricordato [e]
immaginato” si amalgamano in un’unica
materia, quella del pensiero disegnato.
Il pensiero di Antonelli non può prescindere
dalla sua espressione attraverso il disegno,
che diviene così alla stessa stregua di una
funzione vitale: ne è prova un approccio
metodologico scientifico e sistematico,
contrassegnato dall’esercizio paziente della
mano e dalla ricerca continua e costante,
mossa da un’inarrestabile tensione
a indagare lo spazio e la forma e dalla
propensione sperimentale che appartiene
a ogni progettista nel processo ideativo.
I disegni di Franco Antonelli
Diretta conseguenza di questo approccio
olistico nei confronti del disegno è una
copiosa produzione di materiale grafico,
che alimenta un corpus di disegni
imponente che è necessario indagare. A
tale proposito, l’approccio emerso e
consolidatosi negli ultimi decenni ha
legittimato e formalizzato un “interesse per il
valore del disegno di architettura in quanto
documento del percorso ideativo
progettuale” che oltrepassa sia il significato
di testimonianza amministrativa del territorio
sia il significato puramente estetico di
opera artistica16 . Non a caso, l’archivio
Antonelli è stato riconosciuto nel 2009 “di
interesse storico particolarmente
importante” dalla Soprintendenza
archivistica per l’Umbria
ed è stato oggetto di studi precedenti17.
I disegni in esso conservati costituiscono
un insieme così ampio da richiedere
l’individuazione di opportuni criteri di
organizzazione e gestione, anche in fase
di consultazione corrente.
È possibile operare una distinzione in tre
grandi categorie, ciascuna costituita da
disegni di numerosità e tipologia variabile:
il materiale grafico risalente al periodo della
formazione, quello realizzato durante i tanti
viaggi effettuati negli anni e quello riferito
alla pratica della professione di architetto.
Riguardo ai disegni di formazione,
è evidente la derivazione diretta dagli
insegnamenti recepiti dalla scuola romana:
i disegni da studente mostrano un
carattere esplicitamente analitico, che
porterà facilmente Antonelli ad acquisire
quel “senso della ‘misura’ delle cose”
auspicato nelle finalità didattiche. Gli
elaborati esibiscono un uso già sapiente
e maturo dei metodi di rappresentazione
e una capacità di indagine compositivoformale tesa alla comprensione profonda
delle architetture studiate. Con un
approccio esplorativo allo studio, Antonelli
assimila, trasforma e rielabora
il “patrimonio” di conoscenze acquisite in
strumento progettuale, animato da una
tensione continua al controllo dello spazio
attraverso il disegno di progetto.
Allo stesso modo, nei disegni di viaggio
sono riconoscibili un desiderio di
conoscenza del mondo oltre a una
intenzionalità nell’utilizzo del disegno come
indispensabile dispositivo di memoria,
atto ad alimentare, segno dopo segno,
un archivio di immagini che potrà poi
essere riutilizzato come suggestione
o ispirazione nel progetto. Analizzando
l’opera disegnata dell’architetto, sembra
infatti emergere una chiave di lettura che
identifica proprio nel progetto il fine ultimo
della sua attività di disegnatore.
Lo sguardo che Antonelli posa sulle cose
è un filtro capace di individuarne con
immediatezza la vocazione alla
trasformazione e di attivarne il potenziale
attraverso lo strumento del disegno.
79
Trattoria in via Flaminia, Roma, 1955;
piante, sezione e prospettiva.
Tramonto a Gerusalemme, 1981.
Il disegno di progetto assume così una
valenza metodologica, che si esprime in
tutte le fasi dell’iter evolutivo che dallo
sbocciare dell’idea conduce alla
compiutezza della forma, alla definizione
del dettaglio e infine alla realizzazione
materiale, quando l’incorporeità della
prefigurazione lascia spazio alla
concretezza dell’opera architettonica.
Proprio i disegni di progetto costituiscono
l’insieme più corposo e articolato della
produzione dell’architetto, come appare
fisiologico nel caso di un progettista che
attraverso il disegno ha sviluppato
interamente la propria carriera professionale.
In questo insieme è possibile delimitare due
categorie distinte in base agli “aspetti
processuali”18 , che presentano comunque
margini sfumati e ampie aree di
sovrapposizione: da un lato, i disegni di
studio relativi alla fase ideativa, prodotti
prevalentemente nello stadio aurorale della
progettazione ma che ne accompagnano
l’intero iter di elaborazione, configurandosi
negli stadi successivi come approfondimenti
puntuali di aspetti peculiari; dall’altro, gli
elaborati tecnici, realizzati nelle diverse fasi
di sviluppo del progetto e in questo senso
contrassegnati da una varietà di finalità, di
scale e di funzioni specifiche. Alle due
categorie afferiscono disegni in cui prevale
rispettivamente l’ispirazione o l’esattezza, in
cui cioè sussistono diversi gradi di equilibrio
tra la valenza ideativa e la funzione
connotativa19 . I primi sono esclusivamente
tracciati a mano libera, di getto, con strumenti
e su supporti variabili, a sottolineare
l’urgenza di indagare nuove configurazioni
spaziali; mostrano inoltre una qualità
stratificata, testimoniata dal sedimentarsi
dei segni in più momenti successivi,
e documentano la pratica del ripensamento
che caratterizza ogni processo ideativo,
in cui soluzioni prefigurate e inizialmente
scartate possono tornare a diventare
in un momento successivo nuova materia
progettuale. I secondi sono per lo più
tracciati con l’ausilio di strumenti per il
disegno tecnico, in un lungo periodo
manualmente e nell’ultimo periodo della
produzione dell’architetto anche ricorrendo,
sebbene piuttosto occasionalmente, al
disegno digitale; si tratta di elaborati che
documentano lo spazio architettonico
80
81
ideato, alle diverse scale del progetto e con
differenti livelli di dettaglio in relazione alla
specifica finalità tecnica, e che necessitano
di essere posti sinergicamente a confronto
per restituire una visione d’insieme.
All’analisi riferita alla tipologia dei disegni,
che risulta inevitabilmente legata al loro
ruolo e alla loro collocazione rispetto allo
svolgersi del processo progettuale,
è possibile poi affiancare un’analisi riferita
alle caratteristiche specificamente tecniche,
che consentono di indagare ciascun
disegno come “oggetto” dotato di proprie
qualità materiche e di un valore intrinseco in
quanto artefatto autoriale, latore di una
propria autonomia documentaria e
comunicativa. In questo senso, “il disegno
[…] ha valore in quanto documento di un
processo e contribuisce a descrivere il
percorso che dalle prime idee iniziali porta
alla complessità finale di un’opera”20.
I supporti si identificano con quelli tipici
dell’attività professionale di un architetto: la
carta da disegno nelle diverse grammature
e finiture, ma anche le differenti tipologie di
carta da lucido o anche, frequentemente,
riproduzioni di disegni precedenti (eliocopie
o fotocopie) che vengono utilizzate come
supporto per l’aggiunta di ulteriori strati di
pensiero progettuale. I materiali impiegati
per il tracciamento sono svariati e si
relazionano agli stessi strumenti da disegno:
dalla grafite, sotto forma di mine o di matite,
ai pastelli, dall’inchiostro, sotto forma di
penne e pennarelli, ai colori a tempera o
agli acquerelli. Inoltre, non è infrequente il
ricorso a trasferibili e a pellicole adesive, in
genere applicate sul retro dei fogli lucidi. Le
tecniche disegnative sono spesso ibridate
e contaminate: in molti casi convivono
grafite, inchiostri neri o colorati, tempere e
pellicole, quasi a voler restituire la
complessità spaziale attraverso la
complessità della sua rappresentazione.
I formati dei disegni sono molto eterogenei:
da quelli ridotti che caratterizzano
prevalentemente i disegni di studio, che
vengono tracciati anche su supporti
estemporanei, a quelli estesi delle grandi
tavole esecutive o degli elaborati di sintesi
dei progetti. Le tecniche si dispiegano dal
disegno in punta di penna o di matita,
frequentissimo per ragioni di velocità di
tracciamento, all’arricchimento mediante
Complesso residenziale Tacconi,
Foligno, 1961; prospettiva.
Complesso parrocchiale del Sacro Cuore,
Foligno, 1982-1994; disegno di studio.
82
il ricorso al chiaroscuro o al tratteggio,
che conferiscono plasticità ai volumi
e amplificano le potenzialità percettive.
Un’ulteriore analisi, che collega
trasversalmente le diverse categorie già
delimitate, può poi riferirsi all’impiego dei
metodi di rappresentazione, che vengono
utilizzati in funzione delle finalità occasionali
degli elaborati per meglio rispondere alle
esigenze comunicative che il disegno di
volta in volta deve soddisfare. Come
consuetudine nella pratica progettuale,
la complessità dello spazio architettonico
è indagata e restituita attraverso una
molteplicità di elaborati: proiezioni
ortogonali (impiegate per gli elaborati che
convenzionalmente restituiscono le
caratteristiche dimensionali ovvero
planimetrie, piante, prospetti, sezioni, profili
e dettagli costruttivi alle diverse scale di
rappresentazione richieste), proiezioni
assonometriche (poco frequenti ma presenti
nel caso di viste d’insieme o di dettaglio,
comunque quando sia necessario un
controllo delle dimensioni e delle
proporzioni degli elementi) e proiezioni
prospettiche (utilizzate ogniqualvolta si
voglia simulare la visione di un osservatore
immerso nello spazio progettato,
verificandone l’efficacia e la validità).
Proprio le rappresentazioni prospettiche
identificano maggiormente l’apparato dei
disegni di Antonelli, la cui mano traccia
segni esatti e sicuri materializzando sulla
carta i tanti possibili punti di vista sullo
spazio progettato e inserendo puntualmente
figure umane come riferimento metrico e al
contempo come esemplificazione
funzionale alla lettura dello spazio. Le
inquadrature prospettiche definiscono
finestre di osservazione opportunamente
selezionate in base alla finalità occasionale,
assecondando una molteplicità di esigenze
rappresentative: il punto di vista è centrale
quando si vuole esaltare la solennità dello
spazio architettonico (come nelle viste
interne delle chiese), accidentale quando
l’enfasi deve essere posta sull’articolazione
dei volumi (spesso nelle viste d’insieme di
complessi residenziali e comunque
preferibilmente alla scala dell’inserimento
urbano). La potenza evocativa e la carica
espressiva non soppiantano mai la rigorosa
accuratezza e l’esattezza metrica; talvolta la
83
Complesso parrocchiale del Sacro Cuore,
Foligno, 1982-1994; disegni di studio.
connotazione materica è precisata
dall’impiego del colore, che tuttavia appare
più finalizzato alla migliore resa plastica dei
volumi e degli spazi, enfatizzata da un uso
razionale delle ombre teso a favorire una
percezione realistica dello spazio costruito.
Merita una considerazione a sé stante
l’impiego del modello plastico, che non
raramente Antonelli utilizza sia come
strumento di controllo della configurazione
progettuale in itinere sia come ulteriore
modalità rappresentativa e comunicativa del
progetto. Seppure non sistematico, l’utilizzo
del modello è ulteriore espressione di un
approccio alla progettazione architettonica
che proviene da una tradizione storica
plurisecolare e vi si inserisce con continuità.
Un segno identitario
La storia dell’architettura è punteggiata da
disegni d’autore siglati con una cifra
identitaria volta a rivendicarne la paternità:
da Raffaello Sanzio, che li suggellava con la
cifra “RI” (Raphael Invenit), a Le Corbusier,
che li certificava con le iniziali “LC”. Ma quello
del segno-logo che contrassegna quasi
ossessivamente i disegni di studio di Franco
Antonelli, laddove nei contorni di un quadrato
solcato dall’obliquità di una linea dirompente
si alimentano vicendevolmente l’immanenza
e la trascendenza dell’atto progettuale, è un
caso assolutamente singolare, perché
supera i margini della comunicazione per
sconfinare nel territorio dell’ideazione,
incarnando il senso più profondo della
lezione impartita da Alfred Hohenegger
sulle valenze compositive della diagonale21:
un landmark geometrico che governa più o
meno manifestamente l’organizzazione
planimetrica di molte architetture di Antonelli
quali ad esempio la scuola materna a
Montefalco (Perugia) e la casa Baldassarri
in località Sant’Eraclio a Foligno, ma che trova
la sua massima espressione nel monastero
di Santa Maria di Betlem in località La
Collina a Foligno. Non a caso, l’unità tra
disegno e progetto22 appare la chiave di
lettura dominante dell’opera di Antonelli,
sempre tesa tra l’interpretazione della realtà
e l’invenzione dello spazio architettonico,
che incarna e salda in un tutt’uno i ruoli
simbiotici del disegno come luogo della
rivelazione e come luogo della prefigurazione.
84
Il segno-logo dell’architetto.
1 M. Piacentini, Il monumento architettonico
all’estero, in “Architettura e Arti decorative”,
1, maggio-giugno 1921, p. 75.
2 F. Purini, Il fattore D/The D factor,
in “Casabella”, 479, aprile 1982,
pp. 24-25.
3 L. Carnevali, M. Fasolo, F. Lanfranchi,
Il Disegno e la Scuola Superiore di
Architettura, in Connettere: un disegno per
annodare e tessere / Connecting:
a drawing for weaving relationships, a cura
di A. Arena et alii, Atti del 42° convegno
internazionale dei Docenti delle Discipline
della Rappresentazione – Congresso della
Unione Italiana per il Disegno,
FrancoAngeli, Milano 2021, pp. 238-259.
4 La Facoltà di Architettura di Roma nel
suo trentacinquesimo anno di vita. Anno
Accademico 1954-55, a cura di
L. Vagnetti, G. Dall’Osteria, Officina,
Roma 1955, p. 14.
5 Ivi, p. 13.
6 Ibidem.
7 L. Vagnetti, Il disegno dal vero e la sua
funzione nella formazione dell’architetto,
Vitali e Ghianda, Genova 1955.
8 E. Mandelli, Luigi Vagnetti e il disegno,
in Luigi Vagnetti Architetto (Roma, 1915-
9
10
11
12
13
14
15
16
1980). Disegni, progetti, opere, a cura di
G. Cataldi, M. Rossi, Alinea, Firenze
2000, pp. 155-165.
G. Cataldi, Luigi Vagnetti e la tradizione
italiana del rilievo urbano, in Luigi Vagnetti,
Architetto (Roma, 1915-1980) cit.,
pp. 145-153.
I. Tomassoni, I disegni di Franco
Antonelli, in Franco Antonelli architetto,
a cura di S. Lenci, M. Antonelli, Cassa di
Risparmio di Foligno, Amilcare Pizzi,
Cinisello Balsamo 1996, p. 25.
R. Pedio, Presentazione, in Opere,
progetti, idee dell’architetto Franco
Antonelli, in “L’architettura. Cronache e
storia”, XXXI, 12, dicembre 1985, p. 854.
P. Valéry, Scritti sull’arte, Guanda, Milano
1984, p. 57.
G. Di Napoli, Disegnare e conoscere.
La mano, l’occhio, il segno, Piccola
Biblioteca Einaudi, Torino 2004, p. 279.
F. Purini, Una lezione sul disegno,
Gangemi Editore, Roma 1996, p. 33.
J. Berger, Sul disegnare, Il Saggiatore,
Milano 2017, p. 12.
R. Domenichini, A. Tonicello, Il disegno
di architettura. Guida alla descrizione,
Il Poligrafo, Padova 2004, p. 15.
17 V. Menchetelli, Franco Antonelli
(1929-1994), in NAU Novecento
Architettura Umbria, a cura di P. Belardi,
Il Formichiere, Foligno 2014, pp. 73-75;
V. Menchetelli, Il disegno svelato.
Un percorso di ricerca per la
valorizzazione dell’archivio dei disegni
di Franco Antonelli, in Le Ragioni del
Disegno. Pensiero, Forma e Modello nella
Gestione della Complessità, a cura
di S. Bertocci, M. Bini, Atti del
38° convegno internazionale dei Docenti
delle Discipline della Rappresentazione
– 13° Congresso UID (Firenze,
15-17 settembre 2016), Gangemi
Editore, Roma 2016, pp. 1191-1196.
18 G. Di Napoli, op. cit., p. 431.
19 Ibidem.
20 R. Domenichini, A. Tonicello, op. cit.,
p. 25.
21 A. Hohenegger, La presenza della
diagonale nell’arte, nell’architettura
e nella comunicazione visiva, Romana
Libri Alfabeto, Roma 1986.
22 M. De Simone, Disegno Rilievo Progetto.
Il disegno delle idee, il progetto delle
cose, La Nuova Italia Scientifica, Roma
1990.
85
Complesso parrocchiale del Sacro Cuore,
Foligno, 1982-1994; schizzi prospettici,
studio per un prospetto e sezione
prospettica.
86
87
Coordinamento editoriale
Giovanna Crespi
Impaginazione
Francesco Rioda
Redazione
Laura Maggioni
Coordinamento tecnico
Andrea Panozzo
Controllo qualità
Giancarlo Berti
Crediti iconografici
L’editore ringrazia Pro Foligno per aver
fornito i testi e i materiali iconografici
autorizzandone la pubblicazione.
AFA, pp. 19, 22 (in alto), 23-24, 74-75,
112-113, 116-117, 118 (in basso), 120
(in alto), 129 (in alto), 144.
Ars Color di Paolo Ficola, Perugia,
pp. 136-137, 138 (in alto), 142-143.
Florian Castiglione, pp. 44, 52-53, 55,
58-59, 60 (in alto), 61, 62-63, 125-126,
128 (in basso), 129 (in basso), 130
(in basso), 132 (in alto).
Marzia Marandola, p. 25 (in basso).
MAXXI – Museo nazionale delle arti del
XXI secolo, Roma. Collezione MAXXI
Architettura, archivio Vittorio De Feo, p. 22
(in basso).
Giovanna Ramaccini, pp. 146 (in alto), 148.
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
e Contemporanea. Su concessione del
Ministero della Cultura, p. 17.
Carla Zito, pp. 51, 60 (in basso).
Diego Zurli, pp. 145, 146 (al centro
e in basso), 147, 150.
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© Gli autori per i testi
© 2022 Electa Spa, Milano
Tutti i diritti riservati
Questo volume è stato stampato per conto di Electa S.p.A.
presso Elcograf S.p.A., via Mondadori 15, Verona, nell’anno 2022
Electa usa carta certificata PEFC che garantisce
la gestione sostenibile delle risorse forestali
Paolo Belardi, professore ordinario di Composizione architettonica
e urbana al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università
degli Studi di Perugia, dove è presidente del corso di laurea in Design.
I suoi studi sono rivolti all’analisi del rapporto tra disegno e composizione
nell’architettura della città, storica e recente, con particolare riguardo
per i processi di rigenerazione urbana fondati sul principio identitario
del costruire nel costruito.
Marzia Marandola, professore associato di Storia dell’Architettura
al Dipartimento di Culture del progetto dell’Università IUAV di Venezia.
I suoi studi sono rivolti alle grandi costruzioni del Novecento,
di architettura e di ingegneria, nelle quali la componente tecnica
si traduce in valenza espressiva e dialoga con la ricerca morfologica
più innovativa.
Ringraziamenti
I curatori desiderano ringraziare gli autori, che hanno aderito con
entusiasmo al progetto scientifico, e tutti coloro che, a vario titolo,
hanno collaborato e facilitato la ricerca svolta per questo libro: il Comune
di Foligno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, Banca Intesa
Sanpaolo, l’Associazione Pro Foligno, la Consulta di Coordinamento
delle Associazioni Culturali di Foligno; i proprietari delle architetture
progettate da Antonelli per la loro disponibilità ai sopralluoghi;
la famiglia Antonelli, nonché Paolo Battaglini, Rita Fanelli Marini,
Alfiero Moretti, Monica Battistoni, Camilla Sorignani e Madre Cristiana Tani
del monastero di Betlem.
Grazie a Francesco Dal Co, Giovanna Crespi, Laura Maggioni,
Francesco Rioda e tutto lo staff di Electa, per la professionalità
e la competenza profuse nella realizzazione di questo libro.
Grazie a tutti gli amici che hanno contribuito alla riuscita di questo libro:
Antonello Alici, Daria Borghese, Maria Grazia D’Amelio, Fulvio Di Blasio,
Vincenzo Di Florio, Alessio D’Ovidio, Roberto Dulio, Antonella Greco,
Marco Mulazzani e Grazia Sgrilli.
Infine, un ringraziamento speciale a Claudia Conforti, che ha seguito
con passione l’attività di ricerca ed è stata per noi un’indispensabile
e sempre acutissima interlocutrice.