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9 788892 823136 euro 40,00 FRANCO ANTONELLI 1929-1994 Franco Antonelli, architetto e urbanista, umbro di nascita e romano di formazione, ha lasciato nella sua regione alcune architetture magistrali, note a livello internazionale: in primo luogo il monastero di Santa Maria di Betlem (1969-1994), che sovrasta la valle folignate con la grazia severa di una fabbrica medievale, e lo stabilimento tipografico Campi (1968-1972), la cui potenza espressiva ancora oggi sorprende. Ripercorrere criticamente l’opera di Antonelli, ricollocandola nel suo tempo, a partire dai primi decenni del dopoguerra – che videro brillare la nuova architettura italiana, uscita dalle strettoie del fascismo – significa non solo rendere giustizia a un singolare talento progettuale, ma anche proiettare una nuova luce su un periodo fecondo della cultura e della società italiana. FRANCO ANTONELLI 1929-1994 a cura di Paolo Belardi e Marzia Marandola prefazione di Claudia Conforti FRANCO ANTONELLI 1929-1994 Un architetto nel suo tempo a cura di Paolo Belardi e Marzia Marandola prefazione di Claudia Conforti Franco Antonelli nel suo studio. sommario 10 Franco Antonelli: il tempo e l’architettura Claudia Conforti Franco Antonelli 15 Un architetto al servizio della comunità Marzia Marandola 29 I progetti urbanistici Michele Talia, Alfiero Moretti 45 L’architettura religiosa Carla Zito progetti e opere Promosso da Pro Foligno 1905 Consulta di Coordinamento Associazioni Culturali Foligno Con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno Intesa Sanpaolo Patrocinato da Comune di Foligno FUA – Fondazione Umbra per l’Architettura Unipg – Università degli Studi di Perugia IN/ARCH – Istituto Nazionale di Architettura Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della provincia di Perugia IUAV – Università IUAV di Venezia Istituto Nazionale di Urbanistica Fondazione Ordine Ingegneri Perugia Tor Vergata Università degli Studi di Roma Fondazione Roma Sapienza Ordine degli Ingegneri Provincia di Perugia Associazione Guarino Guarini per l’arte cristiana di Torino 66 Formazione Lorenzo Grieco 76 Disegni Paolo Belardi, Valeria Menchetelli 88 Progetti di concorso Anna Vyazemtseva 108 Architetture pubbliche e industriali Ruggero Lenci 124 Architetture residenziali Alberto Coppo 134 San Domenico a Foligno Un progetto di restauro Giovanna Chiuini 144 Interni e arredi Giovanna Ramaccini apparati 152 L’opera di Franco Antonelli attraverso la fotografia Florian Castiglione 154 Regesto dei progetti e delle opere Laura Fagioli, Tullia Capitanucci 156 Scritti su e di Franco Antonelli a cura di Valeria Menchetelli 158 Bibliografia generale 9 Disegni Paolo Belardi, Valeria Menchetelli Disegno di studio della chiesa di San Marcello al Corso, Roma. La formazione nel disegno / Lo studio del disegno La formazione di Franco Antonelli nel campo del disegno avviene all’interno della scuola romana: una scuola in cui il disegno, affrancato dalla “cappa dello stilismo stereotipo”1 ed eletto a “fattore D”2 , ha sempre rappresentato un imprescindibile medium culturale attraverso il quale i concetti impartiti durante le lezioni vedevano concretizzare, grazie a esso, il loro insegnamento3 . Il che risulta evidente anche dalla rassegna dei programmi delle diverse materie d’insegnamento presenti nel manifesto degli studi, pubblicata nell’annuario dell’anno accademico 1954-1955, quando Antonelli è nel pieno del suo percorso formativo. “La preparazione artistica dell’allievo ha le sue basi […] negli insegnamenti di ‘Elementi di architettura e rilievo dei monumenti’ e di ‘Disegno dal vero’, ambedue corsi biennali; nel primo l’allievo, attraverso il rilevamento di edifici esistenti, inizia la consuetudine di mettere in corrispondenza il disegno con gli oggetti e acquista il senso della ‘misura’ delle cose; comincia altresì attraverso la elaborazione di progetti elementari e le prove estemporanee, ad acquistare la capacità di tradurre in linee un proprio pensiero; nel secondo l’allievo si addestra alla rappresentazione rapida di oggetti in prospettiva ombreggiata, nel loro naturale ambiente, e ciò facendo si rende consapevole della particolare importanza che il gioco della luce e dell’atmosfera e delle loro variazioni ha sul risultato estetico finale di una architettura”4 . Il disegno svolge un ruolo decisivo anche nell’ambito delle materie storiche, “che hanno come scopo fondamentale la cognizione sistematica degli edifici del passato, mediante la ricerca documentaria e la analisi critica, non come fine a se stessa, ma come acquisizione di un patrimonio”5 . Un avviamento alla teoria e alla pratica del disegno concepito come progetto culturale e condotto sotto l’egida di una stirpe di docenti luminari come Guglielmo De Angelis d’Ossat, Vincenzo Fasolo e Luigi Vagnetti, oltre che di uno stuolo di qualificatissimi assistenti come Leonardo Benevolo, Arnaldo Bruschi, Vittoria Calzolari, Gaspare De Fiore, Orseolo Fasolo, Franco Minissi, Giuseppe Perugini e Maurizio Sacripanti6 . Ma soprattutto un avviamento alla professione di architetto fondato sull’atto propedeutico del disegno dal vero7. Né avrebbe potuto essere diversamente, visto il ruolo da protagonista svolto nell’ambito della Facoltà di Architettura dell’epoca da Luigi Vagnetti: un rinomato figlio d’arte (il padre Fausto, docente di Disegno dal vero nella stessa facoltà e già docente di Prospettiva nell’Istituto di Belle Arti di Roma, era stato un acclarato studioso delle tecniche della visione) che di fatto ha fondato la scuola italiana del disegno, promuovendo le ibridazioni con le materie compositive8 e spostando l’asse del rilievo dalla scala architettonica alla scala urbana9 . Franco Antonelli e il disegno Osservando i disegni di Franco Antonelli, è possibile leggere con chiarezza il proficuo esito degli insegnamenti ricevuti. Tuttavia, ciò non si deve esclusivamente alle eccellenti qualità di un allievo attento e disciplinato, appassionato e desideroso di apprendere, ma anche a un’innata predisposizione per l’indagine del reale e l’esplorazione dell’immaginato condotta attraverso il segno grafico. L’indole riservata e introversa di Antonelli conferisce infatti al disegno ruoli ulteriori rispetto a quello di “semplice” strumento progettuale o di “mero” atto rappresentativo, oltrepassando l’uso strettamente funzionale alla pratica architettonica per muovere verso un valore di linguaggio comunicativo universale. Il disegno diviene una maniera di vedere, di riflettere, di stare e di parlare, un atteggiamento olistico verso le cose, un modus vivendi che coinvolge l’intera sfera delle attività dell’uomo. Come già sostenuto, nel caso di Antonelli si può parlare di “disegno tout court, che [è] disciplina e istinto, esercizio della mente e controllo della mano obbediente agli impulsi dell’occhio e dell’anima”10. Così, in maniera consequenziale e non causale, è inevitabilmente ma quasi secondariamente che il disegno diviene anche espressione di quell’approccio analitico, sistematico e razionale che fa 76 77 Disegno di studio delle opere di Antonio da Sangallo il Giovane. ricorso al linguaggio grafico nell’esercizio della professione di architetto. Quando, nella lunga intervista con Renato Pedio, che precede la pubblicazione antologica delle sue opere in “L’architettura. Cronache e storia”, afferma “preferisco sprofondarmi nel lavoro, parlare con le cose”11, egli esplicita le ragioni di un ritiro dalla scena del dibattito pubblico in tema di architettura e di urbanistica, dopo anni spesi nel tentativo di costruire posizioni aperte e condivise. Il “fare architettura” attraverso il disegno viene allora interpretato e utilizzato come un autentico rifugio dai toni accesi delle polemiche e dalla fatica delle battaglie, come un luogo sicuro in cui il progettista si sente a proprio agio e in piena libertà di esprimersi. Senza rinunciare alla lucida fermezza delle proprie posizioni, Antonelli prosegue nella propria attività di architetto militante, comunicando con “le cose”: le idee, i segni, i disegni. Secondo Paul Valéry, “il disegno non è la forma, è il modo di vedere la forma”12 , a conferma che la capacità di “disegnare non si identifica con l’acquisizione di particolari abilità tecniche, o strumentali, ma richiede, ponendolo come una condizione prioritaria, il possesso di un personale modo di vedere”13 . Nel caso di Antonelli tale condizione prioritaria non soltanto sussiste, ma diviene la cifra distintiva della sua intera opera, tanto che l’approccio al disegno, nel rilievo come nel progetto, rimarrà immutato anche quando esposto ai radicali cambiamenti tecnologici o stilistici che si susseguiranno nell’arco della sua carriera professionale. Nell’attraversare momenti storici differenti ed evoluzioni del gusto e dello stile, il disegno, e con esso il pensiero progettuale, resisterà senza incrinature o alterazioni, mantenendo saldo il proprio ruolo di estensione dello sguardo, di autentica “forma-pensiero”14 che trova sulla carta espressione concreta. Antonelli pensa attraverso il disegno, che utilizza di getto e con la massima spontaneità, operando un filtro della realtà secondo il suo “personale modo di vedere”. Egli pratica un disegno intuitivo e schietto, esibendo (prima di tutto per sé e mai in maniera banalmente virtuosistica) assoluta 78 padronanza e agevolezza nel controllo dello spazio attraverso la geometria, che è conseguenza di un’acuta e altrettanto assoluta capacità di osservare. Descrivendo l’esperienza del disegno nella propria veste di artista, John Berger sostiene che esso è “la documentazione autobiografica della scoperta di un evento: visto, ricordato o immaginato”15, per la somiglianza del processo di progressiva costruzione dell’immagine disegnata all’individuazione e alla definizione del proprio sguardo sulle cose. Anche nel percorso di Franco Antonelli e nella sua accettazione piena ed entusiastica del disegno come modalità espressiva, sia in chiave autocritica sia in chiave comunicativa, è possibile riconoscere questa acquisizione di consapevolezza. Parimenti, è possibile riconoscere l’unificazione nell’atto disegnativo delle tre qualità di ciò che attraverso il disegno viene narrato, laddove “visto, ricordato [e] immaginato” si amalgamano in un’unica materia, quella del pensiero disegnato. Il pensiero di Antonelli non può prescindere dalla sua espressione attraverso il disegno, che diviene così alla stessa stregua di una funzione vitale: ne è prova un approccio metodologico scientifico e sistematico, contrassegnato dall’esercizio paziente della mano e dalla ricerca continua e costante, mossa da un’inarrestabile tensione a indagare lo spazio e la forma e dalla propensione sperimentale che appartiene a ogni progettista nel processo ideativo. I disegni di Franco Antonelli Diretta conseguenza di questo approccio olistico nei confronti del disegno è una copiosa produzione di materiale grafico, che alimenta un corpus di disegni imponente che è necessario indagare. A tale proposito, l’approccio emerso e consolidatosi negli ultimi decenni ha legittimato e formalizzato un “interesse per il valore del disegno di architettura in quanto documento del percorso ideativo progettuale” che oltrepassa sia il significato di testimonianza amministrativa del territorio sia il significato puramente estetico di opera artistica16 . Non a caso, l’archivio Antonelli è stato riconosciuto nel 2009 “di interesse storico particolarmente importante” dalla Soprintendenza archivistica per l’Umbria ed è stato oggetto di studi precedenti17. I disegni in esso conservati costituiscono un insieme così ampio da richiedere l’individuazione di opportuni criteri di organizzazione e gestione, anche in fase di consultazione corrente. È possibile operare una distinzione in tre grandi categorie, ciascuna costituita da disegni di numerosità e tipologia variabile: il materiale grafico risalente al periodo della formazione, quello realizzato durante i tanti viaggi effettuati negli anni e quello riferito alla pratica della professione di architetto. Riguardo ai disegni di formazione, è evidente la derivazione diretta dagli insegnamenti recepiti dalla scuola romana: i disegni da studente mostrano un carattere esplicitamente analitico, che porterà facilmente Antonelli ad acquisire quel “senso della ‘misura’ delle cose” auspicato nelle finalità didattiche. Gli elaborati esibiscono un uso già sapiente e maturo dei metodi di rappresentazione e una capacità di indagine compositivoformale tesa alla comprensione profonda delle architetture studiate. Con un approccio esplorativo allo studio, Antonelli assimila, trasforma e rielabora il “patrimonio” di conoscenze acquisite in strumento progettuale, animato da una tensione continua al controllo dello spazio attraverso il disegno di progetto. Allo stesso modo, nei disegni di viaggio sono riconoscibili un desiderio di conoscenza del mondo oltre a una intenzionalità nell’utilizzo del disegno come indispensabile dispositivo di memoria, atto ad alimentare, segno dopo segno, un archivio di immagini che potrà poi essere riutilizzato come suggestione o ispirazione nel progetto. Analizzando l’opera disegnata dell’architetto, sembra infatti emergere una chiave di lettura che identifica proprio nel progetto il fine ultimo della sua attività di disegnatore. Lo sguardo che Antonelli posa sulle cose è un filtro capace di individuarne con immediatezza la vocazione alla trasformazione e di attivarne il potenziale attraverso lo strumento del disegno. 79 Trattoria in via Flaminia, Roma, 1955; piante, sezione e prospettiva. Tramonto a Gerusalemme, 1981. Il disegno di progetto assume così una valenza metodologica, che si esprime in tutte le fasi dell’iter evolutivo che dallo sbocciare dell’idea conduce alla compiutezza della forma, alla definizione del dettaglio e infine alla realizzazione materiale, quando l’incorporeità della prefigurazione lascia spazio alla concretezza dell’opera architettonica. Proprio i disegni di progetto costituiscono l’insieme più corposo e articolato della produzione dell’architetto, come appare fisiologico nel caso di un progettista che attraverso il disegno ha sviluppato interamente la propria carriera professionale. In questo insieme è possibile delimitare due categorie distinte in base agli “aspetti processuali”18 , che presentano comunque margini sfumati e ampie aree di sovrapposizione: da un lato, i disegni di studio relativi alla fase ideativa, prodotti prevalentemente nello stadio aurorale della progettazione ma che ne accompagnano l’intero iter di elaborazione, configurandosi negli stadi successivi come approfondimenti puntuali di aspetti peculiari; dall’altro, gli elaborati tecnici, realizzati nelle diverse fasi di sviluppo del progetto e in questo senso contrassegnati da una varietà di finalità, di scale e di funzioni specifiche. Alle due categorie afferiscono disegni in cui prevale rispettivamente l’ispirazione o l’esattezza, in cui cioè sussistono diversi gradi di equilibrio tra la valenza ideativa e la funzione connotativa19 . I primi sono esclusivamente tracciati a mano libera, di getto, con strumenti e su supporti variabili, a sottolineare l’urgenza di indagare nuove configurazioni spaziali; mostrano inoltre una qualità stratificata, testimoniata dal sedimentarsi dei segni in più momenti successivi, e documentano la pratica del ripensamento che caratterizza ogni processo ideativo, in cui soluzioni prefigurate e inizialmente scartate possono tornare a diventare in un momento successivo nuova materia progettuale. I secondi sono per lo più tracciati con l’ausilio di strumenti per il disegno tecnico, in un lungo periodo manualmente e nell’ultimo periodo della produzione dell’architetto anche ricorrendo, sebbene piuttosto occasionalmente, al disegno digitale; si tratta di elaborati che documentano lo spazio architettonico 80 81 ideato, alle diverse scale del progetto e con differenti livelli di dettaglio in relazione alla specifica finalità tecnica, e che necessitano di essere posti sinergicamente a confronto per restituire una visione d’insieme. All’analisi riferita alla tipologia dei disegni, che risulta inevitabilmente legata al loro ruolo e alla loro collocazione rispetto allo svolgersi del processo progettuale, è possibile poi affiancare un’analisi riferita alle caratteristiche specificamente tecniche, che consentono di indagare ciascun disegno come “oggetto” dotato di proprie qualità materiche e di un valore intrinseco in quanto artefatto autoriale, latore di una propria autonomia documentaria e comunicativa. In questo senso, “il disegno […] ha valore in quanto documento di un processo e contribuisce a descrivere il percorso che dalle prime idee iniziali porta alla complessità finale di un’opera”20. I supporti si identificano con quelli tipici dell’attività professionale di un architetto: la carta da disegno nelle diverse grammature e finiture, ma anche le differenti tipologie di carta da lucido o anche, frequentemente, riproduzioni di disegni precedenti (eliocopie o fotocopie) che vengono utilizzate come supporto per l’aggiunta di ulteriori strati di pensiero progettuale. I materiali impiegati per il tracciamento sono svariati e si relazionano agli stessi strumenti da disegno: dalla grafite, sotto forma di mine o di matite, ai pastelli, dall’inchiostro, sotto forma di penne e pennarelli, ai colori a tempera o agli acquerelli. Inoltre, non è infrequente il ricorso a trasferibili e a pellicole adesive, in genere applicate sul retro dei fogli lucidi. Le tecniche disegnative sono spesso ibridate e contaminate: in molti casi convivono grafite, inchiostri neri o colorati, tempere e pellicole, quasi a voler restituire la complessità spaziale attraverso la complessità della sua rappresentazione. I formati dei disegni sono molto eterogenei: da quelli ridotti che caratterizzano prevalentemente i disegni di studio, che vengono tracciati anche su supporti estemporanei, a quelli estesi delle grandi tavole esecutive o degli elaborati di sintesi dei progetti. Le tecniche si dispiegano dal disegno in punta di penna o di matita, frequentissimo per ragioni di velocità di tracciamento, all’arricchimento mediante Complesso residenziale Tacconi, Foligno, 1961; prospettiva. Complesso parrocchiale del Sacro Cuore, Foligno, 1982-1994; disegno di studio. 82 il ricorso al chiaroscuro o al tratteggio, che conferiscono plasticità ai volumi e amplificano le potenzialità percettive. Un’ulteriore analisi, che collega trasversalmente le diverse categorie già delimitate, può poi riferirsi all’impiego dei metodi di rappresentazione, che vengono utilizzati in funzione delle finalità occasionali degli elaborati per meglio rispondere alle esigenze comunicative che il disegno di volta in volta deve soddisfare. Come consuetudine nella pratica progettuale, la complessità dello spazio architettonico è indagata e restituita attraverso una molteplicità di elaborati: proiezioni ortogonali (impiegate per gli elaborati che convenzionalmente restituiscono le caratteristiche dimensionali ovvero planimetrie, piante, prospetti, sezioni, profili e dettagli costruttivi alle diverse scale di rappresentazione richieste), proiezioni assonometriche (poco frequenti ma presenti nel caso di viste d’insieme o di dettaglio, comunque quando sia necessario un controllo delle dimensioni e delle proporzioni degli elementi) e proiezioni prospettiche (utilizzate ogniqualvolta si voglia simulare la visione di un osservatore immerso nello spazio progettato, verificandone l’efficacia e la validità). Proprio le rappresentazioni prospettiche identificano maggiormente l’apparato dei disegni di Antonelli, la cui mano traccia segni esatti e sicuri materializzando sulla carta i tanti possibili punti di vista sullo spazio progettato e inserendo puntualmente figure umane come riferimento metrico e al contempo come esemplificazione funzionale alla lettura dello spazio. Le inquadrature prospettiche definiscono finestre di osservazione opportunamente selezionate in base alla finalità occasionale, assecondando una molteplicità di esigenze rappresentative: il punto di vista è centrale quando si vuole esaltare la solennità dello spazio architettonico (come nelle viste interne delle chiese), accidentale quando l’enfasi deve essere posta sull’articolazione dei volumi (spesso nelle viste d’insieme di complessi residenziali e comunque preferibilmente alla scala dell’inserimento urbano). La potenza evocativa e la carica espressiva non soppiantano mai la rigorosa accuratezza e l’esattezza metrica; talvolta la 83 Complesso parrocchiale del Sacro Cuore, Foligno, 1982-1994; disegni di studio. connotazione materica è precisata dall’impiego del colore, che tuttavia appare più finalizzato alla migliore resa plastica dei volumi e degli spazi, enfatizzata da un uso razionale delle ombre teso a favorire una percezione realistica dello spazio costruito. Merita una considerazione a sé stante l’impiego del modello plastico, che non raramente Antonelli utilizza sia come strumento di controllo della configurazione progettuale in itinere sia come ulteriore modalità rappresentativa e comunicativa del progetto. Seppure non sistematico, l’utilizzo del modello è ulteriore espressione di un approccio alla progettazione architettonica che proviene da una tradizione storica plurisecolare e vi si inserisce con continuità. Un segno identitario La storia dell’architettura è punteggiata da disegni d’autore siglati con una cifra identitaria volta a rivendicarne la paternità: da Raffaello Sanzio, che li suggellava con la cifra “RI” (Raphael Invenit), a Le Corbusier, che li certificava con le iniziali “LC”. Ma quello del segno-logo che contrassegna quasi ossessivamente i disegni di studio di Franco Antonelli, laddove nei contorni di un quadrato solcato dall’obliquità di una linea dirompente si alimentano vicendevolmente l’immanenza e la trascendenza dell’atto progettuale, è un caso assolutamente singolare, perché supera i margini della comunicazione per sconfinare nel territorio dell’ideazione, incarnando il senso più profondo della lezione impartita da Alfred Hohenegger sulle valenze compositive della diagonale21: un landmark geometrico che governa più o meno manifestamente l’organizzazione planimetrica di molte architetture di Antonelli quali ad esempio la scuola materna a Montefalco (Perugia) e la casa Baldassarri in località Sant’Eraclio a Foligno, ma che trova la sua massima espressione nel monastero di Santa Maria di Betlem in località La Collina a Foligno. Non a caso, l’unità tra disegno e progetto22 appare la chiave di lettura dominante dell’opera di Antonelli, sempre tesa tra l’interpretazione della realtà e l’invenzione dello spazio architettonico, che incarna e salda in un tutt’uno i ruoli simbiotici del disegno come luogo della rivelazione e come luogo della prefigurazione. 84 Il segno-logo dell’architetto. 1 M. Piacentini, Il monumento architettonico all’estero, in “Architettura e Arti decorative”, 1, maggio-giugno 1921, p. 75. 2 F. Purini, Il fattore D/The D factor, in “Casabella”, 479, aprile 1982, pp. 24-25. 3 L. Carnevali, M. Fasolo, F. Lanfranchi, Il Disegno e la Scuola Superiore di Architettura, in Connettere: un disegno per annodare e tessere / Connecting: a drawing for weaving relationships, a cura di A. Arena et alii, Atti del 42° convegno internazionale dei Docenti delle Discipline della Rappresentazione – Congresso della Unione Italiana per il Disegno, FrancoAngeli, Milano 2021, pp. 238-259. 4 La Facoltà di Architettura di Roma nel suo trentacinquesimo anno di vita. Anno Accademico 1954-55, a cura di L. Vagnetti, G. Dall’Osteria, Officina, Roma 1955, p. 14. 5 Ivi, p. 13. 6 Ibidem. 7 L. Vagnetti, Il disegno dal vero e la sua funzione nella formazione dell’architetto, Vitali e Ghianda, Genova 1955. 8 E. Mandelli, Luigi Vagnetti e il disegno, in Luigi Vagnetti Architetto (Roma, 1915- 9 10 11 12 13 14 15 16 1980). Disegni, progetti, opere, a cura di G. Cataldi, M. Rossi, Alinea, Firenze 2000, pp. 155-165. G. Cataldi, Luigi Vagnetti e la tradizione italiana del rilievo urbano, in Luigi Vagnetti, Architetto (Roma, 1915-1980) cit., pp. 145-153. I. Tomassoni, I disegni di Franco Antonelli, in Franco Antonelli architetto, a cura di S. Lenci, M. Antonelli, Cassa di Risparmio di Foligno, Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo 1996, p. 25. R. Pedio, Presentazione, in Opere, progetti, idee dell’architetto Franco Antonelli, in “L’architettura. Cronache e storia”, XXXI, 12, dicembre 1985, p. 854. P. Valéry, Scritti sull’arte, Guanda, Milano 1984, p. 57. G. Di Napoli, Disegnare e conoscere. La mano, l’occhio, il segno, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2004, p. 279. F. Purini, Una lezione sul disegno, Gangemi Editore, Roma 1996, p. 33. J. Berger, Sul disegnare, Il Saggiatore, Milano 2017, p. 12. R. Domenichini, A. Tonicello, Il disegno di architettura. Guida alla descrizione, Il Poligrafo, Padova 2004, p. 15. 17 V. Menchetelli, Franco Antonelli (1929-1994), in NAU Novecento Architettura Umbria, a cura di P. Belardi, Il Formichiere, Foligno 2014, pp. 73-75; V. Menchetelli, Il disegno svelato. Un percorso di ricerca per la valorizzazione dell’archivio dei disegni di Franco Antonelli, in Le Ragioni del Disegno. Pensiero, Forma e Modello nella Gestione della Complessità, a cura di S. Bertocci, M. Bini, Atti del 38° convegno internazionale dei Docenti delle Discipline della Rappresentazione – 13° Congresso UID (Firenze, 15-17 settembre 2016), Gangemi Editore, Roma 2016, pp. 1191-1196. 18 G. Di Napoli, op. cit., p. 431. 19 Ibidem. 20 R. Domenichini, A. Tonicello, op. cit., p. 25. 21 A. Hohenegger, La presenza della diagonale nell’arte, nell’architettura e nella comunicazione visiva, Romana Libri Alfabeto, Roma 1986. 22 M. De Simone, Disegno Rilievo Progetto. Il disegno delle idee, il progetto delle cose, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1990. 85 Complesso parrocchiale del Sacro Cuore, Foligno, 1982-1994; schizzi prospettici, studio per un prospetto e sezione prospettica. 86 87 Coordinamento editoriale Giovanna Crespi Impaginazione Francesco Rioda Redazione Laura Maggioni Coordinamento tecnico Andrea Panozzo Controllo qualità Giancarlo Berti Crediti iconografici L’editore ringrazia Pro Foligno per aver fornito i testi e i materiali iconografici autorizzandone la pubblicazione. AFA, pp. 19, 22 (in alto), 23-24, 74-75, 112-113, 116-117, 118 (in basso), 120 (in alto), 129 (in alto), 144. Ars Color di Paolo Ficola, Perugia, pp. 136-137, 138 (in alto), 142-143. Florian Castiglione, pp. 44, 52-53, 55, 58-59, 60 (in alto), 61, 62-63, 125-126, 128 (in basso), 129 (in basso), 130 (in basso), 132 (in alto). Marzia Marandola, p. 25 (in basso). MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Collezione MAXXI Architettura, archivio Vittorio De Feo, p. 22 (in basso). Giovanna Ramaccini, pp. 146 (in alto), 148. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Su concessione del Ministero della Cultura, p. 17. Carla Zito, pp. 51, 60 (in basso). Diego Zurli, pp. 145, 146 (al centro e in basso), 147, 150. www.electa.it © Gli autori per i testi © 2022 Electa Spa, Milano Tutti i diritti riservati Questo volume è stato stampato per conto di Electa S.p.A. presso Elcograf S.p.A., via Mondadori 15, Verona, nell’anno 2022 Electa usa carta certificata PEFC che garantisce la gestione sostenibile delle risorse forestali Paolo Belardi, professore ordinario di Composizione architettonica e urbana al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia, dove è presidente del corso di laurea in Design. I suoi studi sono rivolti all’analisi del rapporto tra disegno e composizione nell’architettura della città, storica e recente, con particolare riguardo per i processi di rigenerazione urbana fondati sul principio identitario del costruire nel costruito. Marzia Marandola, professore associato di Storia dell’Architettura al Dipartimento di Culture del progetto dell’Università IUAV di Venezia. I suoi studi sono rivolti alle grandi costruzioni del Novecento, di architettura e di ingegneria, nelle quali la componente tecnica si traduce in valenza espressiva e dialoga con la ricerca morfologica più innovativa. Ringraziamenti I curatori desiderano ringraziare gli autori, che hanno aderito con entusiasmo al progetto scientifico, e tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato e facilitato la ricerca svolta per questo libro: il Comune di Foligno, la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, Banca Intesa Sanpaolo, l’Associazione Pro Foligno, la Consulta di Coordinamento delle Associazioni Culturali di Foligno; i proprietari delle architetture progettate da Antonelli per la loro disponibilità ai sopralluoghi; la famiglia Antonelli, nonché Paolo Battaglini, Rita Fanelli Marini, Alfiero Moretti, Monica Battistoni, Camilla Sorignani e Madre Cristiana Tani del monastero di Betlem. Grazie a Francesco Dal Co, Giovanna Crespi, Laura Maggioni, Francesco Rioda e tutto lo staff di Electa, per la professionalità e la competenza profuse nella realizzazione di questo libro. Grazie a tutti gli amici che hanno contribuito alla riuscita di questo libro: Antonello Alici, Daria Borghese, Maria Grazia D’Amelio, Fulvio Di Blasio, Vincenzo Di Florio, Alessio D’Ovidio, Roberto Dulio, Antonella Greco, Marco Mulazzani e Grazia Sgrilli. Infine, un ringraziamento speciale a Claudia Conforti, che ha seguito con passione l’attività di ricerca ed è stata per noi un’indispensabile e sempre acutissima interlocutrice.