The Art of Power - The Power of Art. Artists, Propaganda and Politics from late Antiquity to the Contemporary Age, edited by E. Costantini, L. La Rovere, I. Carol Opris, Bucharest University Press, 2021
Nel quadro delle iniziative culturali promosse dal regime fascista all’estero, sono diverse le mo... more Nel quadro delle iniziative culturali promosse dal regime fascista all’estero, sono diverse le mostre di arte italiana contemporanea allestite in città dell’Europa centro-orientale tra il 1934 e il 1938, negli anni in cui la politica espositiva passa sotto il diretto controllo del Ministero per la stampa e la propaganda. Organizzate dalla Biennale internazionale d’arte di Venezia, le mostre diventano un prezioso strumento della diplomazia: “arte come mezzo di avvicinamento dei popoli”, scriverà nel 1938 Antonio Maraini, segretario della Biennale, confidando in un’azione culturale animata anche da un’ormai improbabile vocazione pacifista. Per esemplificare dinamiche, attori e contenuti del fenomeno, sono qui prese in esame le mostre più significative che si tengono in aree geopolitiche considerate strategiche: quella realizzata nel 1935 in Polonia e trasferita poi in Romania e Bulgaria; l’esposizione di Budapest del 1936; infine la mostra circolante nei Paesi Baltici (1937-38), dedicata al “Paesaggio italiano”, un tema emblematico dell’identità nazionale e proprio per questo particolarmente adatto alla propaganda di Stato e alla promozione turistica.
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Committenti, artisti e trattatisti negli anni del Dipartimento del Trasimeno
Il saggio propone una prima organica sintesi sul clima artistico e culturale e sugli orientamenti del gusto nel Dipartimento del Trasimeno. Testimonianze, iniziative e presenze delineano uno scenario piuttosto vivace, stimolato dalle assidue relazioni con l’ambiente romano, ma capace di esprimere anche impulsi autonomi. Articolato per temi, lo studio muove dal primo diffondersi nell’area umbra dell’iconografia dell’imperatore e di tendenze e mode d’importazione; si sofferma poi su una nuova concezione del paesaggio, variamente percepito, misurato e vissuto attraverso i tradizionali mezzi della pittura, ma anche grazie ad una nuova disciplina del territorio. La ricerca dedica quindi un’ampia analisi alla rinnovata attività dell’Accademia di Belle Arti di Perugia per concludersi con una significativa esemplificazione della decorazione d’interni che, tra il 1809 e il ’14, interessa alcuni teatri e molte dimore private.
Iconographic Appeal of Shoes between the
19th and 21th Century
The depiction of shoes, removed from a
precise context and without a wearer, became
particularly popular in art between
the 19th and 21st century. This study
traces the emergence of this iconography
by distinguishing archetypes and variations
that indicate a broad geographical
and cultural interest. Considered as possessing
a strong identity, painted and
sculpted shoes, and shoes featuring in performance
art, become far removed from
their objective reality and increasingly
charged with symbols and allusions. As
well as their seductive “iconic” quality,
artists have therefore constantly explored
their immaterial aspects that transcend the
function of the object and transform the
image into a metaphor of Being.
Libri
Il volume illustra la collezione attraverso nuove ricerche e approfondimenti tematici, arricchiti da schede critiche sulle singole opere, in un percorso scandito dalla folta presenza di artisti internazionali, oggi eccezionalmente compresenti in uno spazio espositivo pubblico italiano.
Contributi di Peter Benson Miller, William Cortes Casarrubios, Lorenzo Fiorucci, Duccio K. Marignoli, Luca Pietro Nicoletti, Antonella Pesola, Stefania Petrillo, Davide Silvioli, Marco Tonelli, Karin Wilkin
(Perugia, Università per Stranieri, 22-23 maggio 2018), si propongono di tracciare un quadro ampio e frastagliato dei rapporti tra artisti, società e politica nel periodo dell'entre-deux-guerres in Italia. A fronte dei numerosi ambiti tematici esplorati, si possono indicare significative convergenze di interessi: relative all'indagine sulle politiche artistiche e culturali, ad esempio; o all'esame del ruolo sociale di artisti impegnati, in Italia, nell'allestimento di forme visuali di "liturgia politica"; o, ancora, al tentativo di decifrare la difficile transizione tra fascismo e Repubblica. Non mancano ricerche dedicate al collezionismo pubblico e privato nel Ventennio, alle diverse accezioni e "ideologie" del fascismo futurista, alla comunicazione artistica del regime e, non ultimi, ai contrasti e alle inquietudini che scuotono da subito, o a distanza di qualche decennio, il fronte tutt'altro che lineare e compatto dell'antifascismo. A differenza di altri regimi totalitari, il fascismo ha avvicinato le arti e ha sollecitato il consenso degli artisti senza praticare, almeno fino a un certo punto, una "politica dello stile". Una simile circostanza rende più difficile tracciare demarcazioni nette o stabilire categorie. Inoltre, la continuità di medio periodo tra interventismo, nazionalismo, futurismo, fiumanesimo e fascismo delle origini contribuisce a caratterizzare in senso pressoché unico la scena italiana in merito al rapporto tra arte e mito nazionale - il mito della «Grande Italia» - immediatamente prima e dopo la Marcia su Roma. Nasce da queste constatazioni la duplice ambizione del convegno e del volume. Sotto il profilo delle narrazioni storiografiche, avviare trattazioni più connesse e integrate della prima e della seconda metà del Novecento italiano, sfidando cesure considerate sino a oggi invalicabili, mutamenti di ideologia o di dizionario, edificanti paradigmi postbellici - ad esempio, quello della "tabula rasa". Sotto il profilo del metodo, incoraggiare il dialogo tra discipline oggi distanti e separate.
saggi di Fabio Benzi Luca La Rovere Michele Dantini Cristina Galassi Emanuele Pellegrini Marta Nezzo Alessandro Del Puppo, Tommaso Casini Alessandro Romanello Stefania Petrillo Aurora Roscini Vitali Michela Morelli Andrea Baffoni Antonio Allegra Alessandra Migliorati
a cura di Stefania Petrillo.
Perugia, Palazzo Baldeschi al Corso - MUSA, Museo dell'Accademia di Belle Arti
6 luglio - 1° novembre 2022
Dal prossimo 6 luglio, a Perugia, il Museo dell’Accademia di Belle Arti e Palazzo Baldeschi al Corso apriranno le porte a un’ampia rassegna dedicata al grande scultore nel bicentenario della morte. Tante le novità presenti in questa esposizione concepita come un viaggio nel tempo, con oltre cento opere che racconteranno “le arti sorelle” fiorite in un’epoca che, pur tra i grandi sconvolgimenti della Storia, o forse proprio per questo, coltivò il Bello: scultura, architettura, pittura, anche nell’Umbria pontificia e napoleonica furono partecipi di quella «felice rivoluzione delle arti» che ebbe in Canova il protagonista assoluto.
Incentrata sul prestigioso nucleo dei gessi canoviani conservati all’Accademia di Perugia – alla quale Canova nel 1822 inviava in dono Le tre Grazie – e ad alcuni importanti inediti, emersi dalle ricerche condotte in preparazione a questo appuntamento, l’esposizione valorizza il contesto artistico e culturale in cui quelle opere si inserirono, un tessuto connettivo vitalizzato da un incessante scambio con Roma, “Università delle arti”, che inserisce la regione in una più vasta comunità delle arti, delle lettere, del pensiero.
Tra gli artisti presenti in mostra, insieme a Canova, Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
Gloria e mito di un’epoca che al culto dell’Antico unì la passione per le sue sublimi invenzioni, Canova, il “classico moderno”, fu acclamato da pontefici, sovrani, accademie e collezionisti di tutta Europa. Nel portentoso raggio della sua attività e della sua influenza, lo scultore, che in Umbria fu proprietario di un palazzo a San Gemini con vasti possedimenti, stabilì non effimere relazioni anche con molti esponenti del ceto dirigente locale, intellettuali, alti prelati, collezionisti.
L’itinerario della mostra – reale e ideale – avrà così piccole e grandi “stazioni di posta” intorno ad opere e protagonisti di una stagione culminata nel legame particolarmente influente che Canova ebbe tra il 1812 e il 1822 con l’Accademia di Belle Arti di Perugia, di cui orientò le scelte, appoggiando la nomina di direttori quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
La vera sorpresa, nel percorso, arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori: il modello colossale per la testa del cavallo del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione ed esposta a confronto con il calco del cavallo del Marco Aurelio, oggi a Ravenna, fatto eseguire e preso a modello da Canova.
Articolata nelle due sedi dell’Accademia di Belle Arti e di Palazzo Baldeschi al Corso, l’esposizione si sviluppa in sette sezioni tematiche: L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti, «Un’altra linea di bello»: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova.
Committenti, artisti e trattatisti negli anni del Dipartimento del Trasimeno
Il saggio propone una prima organica sintesi sul clima artistico e culturale e sugli orientamenti del gusto nel Dipartimento del Trasimeno. Testimonianze, iniziative e presenze delineano uno scenario piuttosto vivace, stimolato dalle assidue relazioni con l’ambiente romano, ma capace di esprimere anche impulsi autonomi. Articolato per temi, lo studio muove dal primo diffondersi nell’area umbra dell’iconografia dell’imperatore e di tendenze e mode d’importazione; si sofferma poi su una nuova concezione del paesaggio, variamente percepito, misurato e vissuto attraverso i tradizionali mezzi della pittura, ma anche grazie ad una nuova disciplina del territorio. La ricerca dedica quindi un’ampia analisi alla rinnovata attività dell’Accademia di Belle Arti di Perugia per concludersi con una significativa esemplificazione della decorazione d’interni che, tra il 1809 e il ’14, interessa alcuni teatri e molte dimore private.
Iconographic Appeal of Shoes between the
19th and 21th Century
The depiction of shoes, removed from a
precise context and without a wearer, became
particularly popular in art between
the 19th and 21st century. This study
traces the emergence of this iconography
by distinguishing archetypes and variations
that indicate a broad geographical
and cultural interest. Considered as possessing
a strong identity, painted and
sculpted shoes, and shoes featuring in performance
art, become far removed from
their objective reality and increasingly
charged with symbols and allusions. As
well as their seductive “iconic” quality,
artists have therefore constantly explored
their immaterial aspects that transcend the
function of the object and transform the
image into a metaphor of Being.
Il volume illustra la collezione attraverso nuove ricerche e approfondimenti tematici, arricchiti da schede critiche sulle singole opere, in un percorso scandito dalla folta presenza di artisti internazionali, oggi eccezionalmente compresenti in uno spazio espositivo pubblico italiano.
Contributi di Peter Benson Miller, William Cortes Casarrubios, Lorenzo Fiorucci, Duccio K. Marignoli, Luca Pietro Nicoletti, Antonella Pesola, Stefania Petrillo, Davide Silvioli, Marco Tonelli, Karin Wilkin
(Perugia, Università per Stranieri, 22-23 maggio 2018), si propongono di tracciare un quadro ampio e frastagliato dei rapporti tra artisti, società e politica nel periodo dell'entre-deux-guerres in Italia. A fronte dei numerosi ambiti tematici esplorati, si possono indicare significative convergenze di interessi: relative all'indagine sulle politiche artistiche e culturali, ad esempio; o all'esame del ruolo sociale di artisti impegnati, in Italia, nell'allestimento di forme visuali di "liturgia politica"; o, ancora, al tentativo di decifrare la difficile transizione tra fascismo e Repubblica. Non mancano ricerche dedicate al collezionismo pubblico e privato nel Ventennio, alle diverse accezioni e "ideologie" del fascismo futurista, alla comunicazione artistica del regime e, non ultimi, ai contrasti e alle inquietudini che scuotono da subito, o a distanza di qualche decennio, il fronte tutt'altro che lineare e compatto dell'antifascismo. A differenza di altri regimi totalitari, il fascismo ha avvicinato le arti e ha sollecitato il consenso degli artisti senza praticare, almeno fino a un certo punto, una "politica dello stile". Una simile circostanza rende più difficile tracciare demarcazioni nette o stabilire categorie. Inoltre, la continuità di medio periodo tra interventismo, nazionalismo, futurismo, fiumanesimo e fascismo delle origini contribuisce a caratterizzare in senso pressoché unico la scena italiana in merito al rapporto tra arte e mito nazionale - il mito della «Grande Italia» - immediatamente prima e dopo la Marcia su Roma. Nasce da queste constatazioni la duplice ambizione del convegno e del volume. Sotto il profilo delle narrazioni storiografiche, avviare trattazioni più connesse e integrate della prima e della seconda metà del Novecento italiano, sfidando cesure considerate sino a oggi invalicabili, mutamenti di ideologia o di dizionario, edificanti paradigmi postbellici - ad esempio, quello della "tabula rasa". Sotto il profilo del metodo, incoraggiare il dialogo tra discipline oggi distanti e separate.
saggi di Fabio Benzi Luca La Rovere Michele Dantini Cristina Galassi Emanuele Pellegrini Marta Nezzo Alessandro Del Puppo, Tommaso Casini Alessandro Romanello Stefania Petrillo Aurora Roscini Vitali Michela Morelli Andrea Baffoni Antonio Allegra Alessandra Migliorati
a cura di Stefania Petrillo.
Perugia, Palazzo Baldeschi al Corso - MUSA, Museo dell'Accademia di Belle Arti
6 luglio - 1° novembre 2022
Dal prossimo 6 luglio, a Perugia, il Museo dell’Accademia di Belle Arti e Palazzo Baldeschi al Corso apriranno le porte a un’ampia rassegna dedicata al grande scultore nel bicentenario della morte. Tante le novità presenti in questa esposizione concepita come un viaggio nel tempo, con oltre cento opere che racconteranno “le arti sorelle” fiorite in un’epoca che, pur tra i grandi sconvolgimenti della Storia, o forse proprio per questo, coltivò il Bello: scultura, architettura, pittura, anche nell’Umbria pontificia e napoleonica furono partecipi di quella «felice rivoluzione delle arti» che ebbe in Canova il protagonista assoluto.
Incentrata sul prestigioso nucleo dei gessi canoviani conservati all’Accademia di Perugia – alla quale Canova nel 1822 inviava in dono Le tre Grazie – e ad alcuni importanti inediti, emersi dalle ricerche condotte in preparazione a questo appuntamento, l’esposizione valorizza il contesto artistico e culturale in cui quelle opere si inserirono, un tessuto connettivo vitalizzato da un incessante scambio con Roma, “Università delle arti”, che inserisce la regione in una più vasta comunità delle arti, delle lettere, del pensiero.
Tra gli artisti presenti in mostra, insieme a Canova, Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
Gloria e mito di un’epoca che al culto dell’Antico unì la passione per le sue sublimi invenzioni, Canova, il “classico moderno”, fu acclamato da pontefici, sovrani, accademie e collezionisti di tutta Europa. Nel portentoso raggio della sua attività e della sua influenza, lo scultore, che in Umbria fu proprietario di un palazzo a San Gemini con vasti possedimenti, stabilì non effimere relazioni anche con molti esponenti del ceto dirigente locale, intellettuali, alti prelati, collezionisti.
L’itinerario della mostra – reale e ideale – avrà così piccole e grandi “stazioni di posta” intorno ad opere e protagonisti di una stagione culminata nel legame particolarmente influente che Canova ebbe tra il 1812 e il 1822 con l’Accademia di Belle Arti di Perugia, di cui orientò le scelte, appoggiando la nomina di direttori quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
La vera sorpresa, nel percorso, arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori: il modello colossale per la testa del cavallo del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione ed esposta a confronto con il calco del cavallo del Marco Aurelio, oggi a Ravenna, fatto eseguire e preso a modello da Canova.
Articolata nelle due sedi dell’Accademia di Belle Arti e di Palazzo Baldeschi al Corso, l’esposizione si sviluppa in sette sezioni tematiche: L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti, «Un’altra linea di bello»: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova.
Frutto di un progetto avviato nel 2015 con il convegno nazionale svoltosi a Spoleto per i cento anni dalla nascita dello scultore, il volume raccoglie testimonianze, contributi critici e nuovi studi che restituiscono a tutto tondo la personalità di Leoncillo e rivelano la tensione e la stringente coerenza di tutta la sua produzione.
Testi di: Renato Barilli, Luca Bochicchio, Giorgio Bonomi, Vittorio Brandi Rubiu, Maria Ida Catalano, Bruno Corà, Alessandro Del Puppo, Chiara Fabi, Lorenzo Fiorucci, Anna Leonardi, Giancarlo Limoni, Bruno Mantura, Mariastella Margozzi, Francesco Mariani, Enrico Mascelloni, Francesca Romana Morelli, Luca Pietro Nicoletti, Stefania Petrillo, Fabio Sargentini, Claudio Spadoni, Nico Stringa, Claudia Terenzi, Italo Tomassoni, Marco Tonelli, Bruno Toscano.
Temi di valenza nazionale – “Dante Alighieri”, “Il trionfo di Petrarca in Campidoglio”, “La disfida di Barletta” – si affiancano a soggetti di vivace colore municipalistico, in coerenza con un tessuto politico-sociale che, anche sotto le nuove insegne dell’Unità – anzi, si direbbe proprio in virtù di questa –, non dimentica mai i tanti “campanili” della geo-politica italiana.
Ne esce una singolare “storia d’Italia illustrata” da ripercorrere di teatro in teatro con decine di sipari che celebrano fatti e personaggi del mondo antico, del Medioevo e del Rinascimento, riesumati in rutilanti ricostruzioni di fantasia o in filologiche ambientazioni in stile. Si profila così un allusivo gioco di riflessi tra passato e presente con iconografie che si fanno particolarmente pregnanti negli anni cruciali del Risorgimento e che trasformano questa particolare macchina scenica, usata fin dall’antichità con una duplice funzione pratica e simbolica, in un “manifesto” fortemente rappresentativo dell’identità civica.
Il volume propone una lettura critica complessiva del genere mettendo in luce le molteplici relazioni del sipario di storia con la coeva produzione letteraria, drammaturgica e lirica.
A corredo del testo una tavola sinottica raccoglie in cronologia i centoquarantasei sipari censiti (conservati, perduti o collocati in una sede diversa da quella originale), precisandone le iconografie, gli autori e i teatri di pertinenza.
Perugia, Palazzo Baldeschi al Corso (6 luglio-1novembre 2022/July 6th-November 1st, 2022). Curato da/Curator: Stefania Petrillo.