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Indice del volume e capitolo introduttivo
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Lo Stato esercita la sua sovranità ammettendo ed escludendo gli stranieri. Con quali poteri? Con quali condizionamenti dell’Unione europea? E quali sono i diritti che gli stranieri possono far valere nei confronti dello Stato? Al fondo di... more
Lo Stato esercita la sua sovranità ammettendo ed escludendo gli stranieri. Con quali poteri? Con quali condizionamenti dell’Unione europea? E quali sono i diritti che gli stranieri possono far valere nei confronti dello Stato? Al fondo di questa dialettica, vi sono interrogativi che toccano le fondamenta dello Stato e delle libertà individuali. Esiste un potere dello Stato-nazione di “difendersi” dall’immigrazione? Ed esiste un limite oltre il quale le ragioni della difesa (nazionale o statale) non possono prevalere sulle ragioni della libertà?
La cittadinanza italiana va riconosciuta a chi sia nato nel nostro paese da genitori stranieri? A quali condizioni? Con quali conseguenze per il controllo dell’immigrazione e per l’identità nazionale? Questi dubbi attraversano il... more
La cittadinanza italiana va riconosciuta a chi sia nato nel nostro paese da genitori stranieri? A quali condizioni? Con quali conseguenze per il controllo dell’immigrazione e per l’identità nazionale?
Questi dubbi attraversano il dibattito domestico sulla cittadinanza e lo alimentano. Acquisita la consapevolezza che gli immigrati sono una componente strutturale della società italiana, ci si interroga sulla opportunità di modificare la disciplina vigente, prevista dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in senso più inclusivo verso i c.d. immigrati di seconda generazione.
L’assenza dello ius soli crea un evidente deficit di integrazione per chi sia nato (da genitori stranieri) e cresciuto in Italia. Tuttavia, il riconoscimento incondizionato della cittadinanza a chiunque nasca sul suolo italiano rischierebbe di incentivare l’immigrazione irregolare. Ci sono vie di uscita?
L’ordinamento composito europeo è attraversato e sorretto da un denso reticolo di comitati transnazionali. Per loro tramite, gli interessi nazionali sono sistematicamente integrati nel processo decisionale e l’ancoraggio delle... more
L’ordinamento composito europeo è attraversato e sorretto da un denso reticolo di comitati transnazionali. Per loro tramite, gli interessi nazionali sono sistematicamente integrati nel processo decisionale e l’ancoraggio delle amministrazioni statali gradualmente si sposta dai rispettivi governi verso un unico centro, la Commissione. Così, sulle fondamenta costituite dal sistema dei comitati viene edificandosi una amministrazione europea unitaria, capace di assicurare un equilibrato contemperamento tra gli interessi particolari degli Stati membri e l’interesse comune europeo. Con quali conseguenze? Quali i limiti - di legitimazzione e accountability - che ne derivano?
Abstract: First Chapter of the Global Administrative Law Casebook (3rd ed., 2012). The book is an attempt to analyse global administrative law through the elaboration and examination of a number of different cases and case-studies. The... more
Abstract: First Chapter of the Global Administrative Law Casebook (3rd ed., 2012). The book is an attempt to analyse global administrative law through the elaboration and examination of a number of different cases and case-studies. The architecture of its contents mirrors the characteristics of this field.
Dopo i primi decreti del 29 settembre 2023, di non convalida del trattenimento di richiedenti asilo provenienti dalla Tunisia, il Tribunale di Catania, nel mese di ottobre, ha adottato altre decisioni dello stesso segno. Pur declinate... more
Dopo i primi decreti del 29 settembre 2023, di non convalida del trattenimento di richiedenti asilo provenienti dalla Tunisia, il Tribunale di Catania, nel mese di ottobre, ha adottato altre decisioni dello stesso segno. Pur declinate diversamente in relazione ai singoli casi, quelle decisioni si fondano tutte sull'asserito contrasto delle recenti disposizioni nazionali in tema di procedura di frontiera (art. 6-bis del d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, introdotto dalla legge 5 maggio 2023, n. 50) e di garanzia finanziaria come misura alternativa al trattenimento alla frontiera (decreto del ministero dell'interno del 14 settembre 2023) con il diritto UE e, in particolare, con la direttiva accoglienza (2013/33/UE) e con la direttiva procedure (2013/32/UE). Le decisioni del tribunale catanese hanno avuto una vasta eco, sia sul piano istituzionale, per il conflitto tra governo e magistratura che ne è derivato, sia sul piano scientifico. Se ne propone una rilettura in chiave critica.
Qual è la portata delle modifiche alla normativa in tema di immigrazione e di asilo apportate dal decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (c.d Lamorgese), convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173? Può considerarsi,... more
Qual è la portata delle modifiche alla normativa in tema di immigrazione e di asilo apportate dal decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (c.d Lamorgese), convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173? Può considerarsi, questo decreto, un primo passo verso una riforma più organica? Oppure si tratta di una mera opera di demolizione dei c.d. decreti Salvini?
Twenty years ago, the Tampere European Council defined the objectives of the future im- migration and asylum policy of the European Union: a policy which should have achieved a high level of cooperation in the management of flows and a... more
Twenty years ago, the Tampere European Council defined the objectives of the future im- migration and asylum policy of the European Union: a policy which should have achieved a high level of cooperation in the management of flows and a full respect for human rights. What is the degree of realization of that program twenty years later? What impact have the many crises experienced by Europe in recent years had? Does that project survive, even in an era marked by the revival of nationalisms? Is there still room for a European immigration and asylum policy based on respect for human rights and the rule of law?
Comment on Court of Justice of the European Union, Judgment of 2 April 2020, Joined Cases C 715/17, C 718/17 and C 719/17, European Commission v. Republic of Poland, Czech Republic and Hungary This final act of the European saga on... more
Comment on Court of Justice of the European Union, Judgment of 2 April 2020, Joined Cases C 715/17, C 718/17 and C 719/17, European Commission v. Republic of Poland, Czech Republic and Hungary

This final act of the European saga on relocation is important in two respects. First, it makes clear that Article 72 TFEU is not a "Trojan horse" in the liberal stronghold of EU law: it does not allow Member States to select which rules of EU law to apply in the name of their prior Hobbesian mission. Second, the grounds of public policy/public order that a Member State could invoke to oppose the relocation of an asylum seeker cannot be interpreted broadly: even though potential threats can be considered, a double standard of protection between EU and non-EU citizens who are affected by national security measures does not seem to emerge. Moreover, the relocation experiment confirms the existence of an executive deficit of the EU, that the upcoming New Pact on Migration and Asylum should not overlook.
Three years after the introduction of the Italian freedom of information act (FOIA), the scientific debate is still trapped in the opposition between supporters and enemies of the new institute, whereas it disregards the results of the... more
Three years after the introduction of the Italian freedom of information act (FOIA), the scientific debate is still trapped in the opposition between supporters and enemies of the new institute, whereas it disregards the results of the implementation process, which begins to reveal the administrative sustainability of the new regime and its importance in feeding the public debate. Why? The paper aims to answer these questions and to refute a view that is dangerously spreading in jurisprudence and literature: that the Italian FOIA would not create an individual right, but rather a claim that is instrumental to the protection of public interests, and thus “de-subjectivized”. This view rejects the liberal-individualistic foundation of the right of access to administrative information, replacing it with a statist vision that may determine a deformed and impoverished understanding of the new right.

A tre anni dall’introduzione dell’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA), il dibattito scientifico resta impigliato nella contrapposizione tra sostenitori e nemici del nuovo istituto, mentre si disinteressa del processo di attuazione, dal quale pure emergono confortanti segnali di sostenibilità amministrativa e di utilità per il dibattito pubblico. Perché? Lo scritto ha il duplice obiettivo di rispondere a questo interrogativo e di confutare la tesi – che si va pericolosamente diffondendo nella giurisprudenza e nella letteratura – secondo cui all’accesso civico generalizzato non corrisponderebbe un diritto individuale, bensì una pretesa de-soggettivizzata e funzionalizzata alla tutela di interessi pubblici.  Questa prospettiva rifiuta la matrice liberal-individualista del modello FOIA e la sostituisce con una visione statalista che rischia di deformare e impoverire il nuovo diritto.
Border externalization is a rational response to the structural flaws of the European return policy and to the need to regain control over migration flows to Europe. The same policy, though, is legally vulnerable, both because it relies... more
Border externalization is a rational response to the structural flaws of the European return policy and to the need to regain control over migration flows to Europe. The same policy, though, is legally vulnerable, both because it relies on a set of undifferentiated non-entrée measures precluding legal access to asylum, and because it shifts the responsibility on third cooperating states without immunizing the sponsoring European States. This analysis suggests, first, that it is necessary to abandon the reassuring but obsolete assumption that asylum systems may function as territorially confined regime; second, that the creation of meaningful legal pathways is not only a moral and political imperative, but also a way to redeem the current European migration and asylum policy from its major legal flaws; third, that an EU-wide resettlement program, aimed at protecting vulnerable refugees, might be a pragmatic option. If the protection of the most vulnerable ones is a primary global good and it is conducive to a legally sound border externalization policy, EU Member States should accept to bear a proportional burden. This, in turn, might pave the way to the recognition of a positive claim – a right to resettlement – to a limited group of refugees: those whose special needs of protection cannot be met in less developed countries of refuge.
Il Governo Conte II interverrà sui decreti sicurezza adottati dal Governo Conte I? Nonostante le riserve espresse dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione e i dubbi di costituzionalità (talora eccessivi) sollevati dai... more
Il Governo Conte II interverrà sui decreti sicurezza adottati dal Governo Conte I? Nonostante le riserve espresse dal Presidente della Repubblica in sede di promulgazione e i dubbi di costituzionalità (talora eccessivi) sollevati dai giuristi, è improbabile che ciò accada, almeno per due ragioni. La prima più nota, è legata alle contingenze della politica interna. La seconda, esogena e forse meno nota, è legata alla appartenenza dell’Italia all’area Schengen: una appartenenza che da anni spinge i governi italiani, al di là del loro colore, ad optare per soluzioni restrittive nella gestione dei flussi migratori. A questa “tirannia di Schengen” sull’agenda politica italiana in materia di immigrazione e asilo è dedicato il primo editoriale del Blog dell’Accademia di diritto e migrazioni (ADiM). http://www.adimblog.com/2019/10/31/oltre-i-decreti-sicurezza-la-tirannia-di-schengen-sulla-politica-dellitalia-in-materia-di-immigrazione-e-asilo/
Lo studio del diritto dell’immigrazione non si esaurisce nella denuncia dei dislivelli nella tutela dei diritti degli stranieri. In questo campo, l’analisi giuridica è davanti a quattro sfide: i) abbattere gli steccati disciplinari che,... more
Lo studio del diritto dell’immigrazione non si esaurisce nella denuncia dei dislivelli nella tutela dei diritti degli stranieri. In questo campo, l’analisi giuridica è davanti a quattro sfide: i) abbattere gli steccati disciplinari che, nella cultura accademica italiana, esistono tra il diritto e le altre scienze sociale, così come all’interno dell’area giuridica; ii) conciliare la logica individualista dei diritti umani con la logica collettiva degli interessi pubblici, come il controllo delle frontiere e la coesione delle comunità di destinazione; iii) ridimensionare lo squilibrio tra l’attenzione prestata al tema dei diritti sociali e la penuria di analisi dedicate alla regolazione della frontiera, dove più forte è la componente autoritativa del diritto dell’immigrazione e la sua tensione con i principi dello Stato di diritto; iv) andare oltre la astratta affermazione dei diritti dei migranti, guardando anche alla loro effettività e alle condizioni della loro piena realizzazione.
La politica migratoria europea, esclusivamente orientata al contenimento, non è sostenibile nel medio-lungo periodo e vanifica il diritto dei rifugiati alla protezione internazionale. Il Consiglio europeo del 28 giugno 2018 ha auspicato... more
La politica migratoria europea, esclusivamente orientata al contenimento, non è sostenibile nel medio-lungo periodo e vanifica il diritto dei rifugiati alla protezione internazionale. Il Consiglio europeo del 28 giugno 2018 ha auspicato la creazione nel Nord Africa di "piattaforme di sbarco" per i migranti salvati nel Mediterraneo, al fine di sigillare le coste europee senza violare il principio internazionale del non-refoulement. Ma il mezzo e il fine sono illusori. I paesi nordafricani non accettano una cooperazione che li condanna a diventare paesi di destinazione o ultimo rifugio dei migranti respinti dall'Europa. Se l'obiettivo condiviso è rendere le migrazioni "sicure, ordinate e regolari", come stabilito dal Global Compact for Migration delle Nazioni Unite, il primo indispensabile passo è avviare un percorso di de-ideologizzazione del dibattito, creando un patrimonio di informazioni affidabili a partire dal quale costruire "evidence-based policies".
Si può dare per scontato che il ripristino dei controlli alle frontiere interne serva a prevenire qualsiasi attività terroristica? E che il perpetuarsi della minaccia terroristica giustifichi la sospensione sine die della libera... more
Si può dare per scontato che il ripristino dei controlli alle frontiere interne serva a prevenire qualsiasi attività terroristica? E che il perpetuarsi della minaccia terroristica giustifichi la sospensione sine die della libera circolazione nell’area Schengen? La risposta positiva del Conseil d’État, allineata alle intenzioni del governo francese (e di altri Stati membri), si fonda su una discutibile manipolazione interpretativa delle norme dell’area Schengen, già messe a dura prova dalla crisi migratoria. La pronuncia, adottata senza dialogare con la Corte di giustizia, lascia aperto un interrogativo: la proposta di modifica normativa avanzata dalla Commissione europea a settembre 2017 basterà a superare la crisi di Schengen, pur senza la leale cooperazione dei giudici nazionali?
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After years in which Italy has been the only European country to take seriously the legal obligation to save migrants in the Mediterranean and to accept them on its territory, the Italian government calls for a broader notion of “burden... more
After years in which Italy has been the only European country to take seriously the legal obligation to save migrants in the Mediterranean and to accept them on its territory, the Italian government calls for a broader notion of “burden sharing” which involves also a distribution of people and, hence, it proposes to cut off the link between the country of first entry and the obligation to process asylum applications on which the Dublin system relies. At a time when Germany is trying to make the “first country of entry” rule really binding, the Italian position can be hardly dismissed as unreasonable. But there is a serious risk that the current strategy of blackmailing Europe, reiterated in the Diciotti case, will end up compromising the solidity of Italian arguments and eroding the already narrow margins for negotiation in Brussels.
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The idea to establish a European market of refugee quotas, although promising for the flexibility that it would introduce into the European asylum system, raises doubts about its feasibility and adequacy to the current regional context.... more
The idea to establish a European market of refugee quotas, although promising for the flexibility that it would introduce into the European asylum system, raises doubts about its feasibility and adequacy to the current regional context. Firstly, however iniquitous and obsolete, a distribution of the refugee burden already exists at EU level: negotiating in the shadow of the non-cooperative legal framework designed by the Dublin III regulation constitutes a significant constraint. Secondly, for the EU and its Member States, externalizing the burden of refugee protection (burden-shifting) is a much less divisive strategy than internalizing it (burden-sharing). Thirdly, the 'commodification' of refugee protection might produce an unintended consequence: to the extent that it legalizes the 'welcome-or-pay' alternative, it could paradoxically 'crystallize' the existing uneven distribution of the refugee burden both inside and outside the EU.
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Since 2014, the refugee crisis has determined a sharp increase in the number of irregular migrants arriving on the Italian shores. However, contrary to what happened in other less affected European Union countries, the Italian government... more
Since 2014, the refugee crisis has determined a sharp increase in the number of irregular migrants arriving on the Italian shores. However, contrary to what happened in other less affected European Union countries, the Italian government has not reacted with an anti-immigration policy. Rather, it has tried to combine the overarching imperative of a full compliance with EU norms regulating external border controls and the observance of the most compelling humanitarian obligations. The results have been mixed. Both the functionalist bias that is inherent in the administrative action of the border police forces and the legislative inertia during the crisis have produced a detrimental impact on the fundamental freedoms of the migrants. The Article addresses four constitutional challenges in detail: (1) The lack of legislative authorization for the imposition of coercive means by border police authorities; (2) the deficiencies of the Italian system for the reception of asylum seekers and refugees, which have become a source of destabilization of the Dublin system and the Schengen area; (3) the low level of due process protection guaranteed to migrants that are subject to return procedures; and (4) the problematic need to cooperate with third countries that do not adequately protect human rights. The Italian case illustrates a distinctive, yet general trend. For member states who are geographically more exposed to migration flows and whose borders overlap with the external borders of the Schengen area, developing an anti-immigration or anti-EU policy would be short-sighted and self-defeating. Those states need more—rather than less—Europe precisely because they cannot stop the migration inflow. And they need to effectively manage it precisely because it is the only way to keep the Schengen area alive—and to remain a party to it.
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Before Celaj, the European Court of Justice had developed a functionalist argument that many liberal scholars liked: if the aim of the directive is to deter and combat illegal migration by means of an effective return policy, member... more
Before Celaj, the European Court of Justice had developed a functionalist argument that many liberal scholars liked: if the aim of the directive is to deter and combat illegal migration by means of an effective return policy, member states must avoid imposing other measures on irregular immigrants – namely, custodial penalties such as incarceration (El Dridi and Achughbabian) or home detention (Sagor) – insofar as those measures may have the effect to postpone the repatriation, thus jeopardising the attainment of the directive’s objective. For those who foresaw the end of “crimmigration” in Europe, the Celaj judgment arrived as a rude awakening. The Court of Justice has made clear that El Dridi’s functionalist logic, which entails the constriction of states ability to criminalize illegal entry and stay, stretches only until a first return procedure is applied. Once that first attempt of repatriation has been carried out, if the legality of the presence of a third-country national is not restored, detention for purposes other than removal can be admitted and member states’ nominal competence to sanction illegal migration can be used. Supranational courts cannot cancel those state powers, but may help to submit them to the rule of law. Celaj, in this respect, is good news, also for liberals.
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In recent months, the migration crisis and the terrorist threat have caused a number of countries of the Schengen area to reintroduce internal border controls. The Union reacted by reforming key aspects of the border regime. On the one... more
In recent months, the migration crisis and the terrorist threat have caused a number of countries of the Schengen area to reintroduce internal border controls. The Union reacted by reforming key aspects of the border regime. On the one hand, the adoption of the «hotspot approach» and the creation of the European Border and Coast Guard rules out the principle of exclusive State responsibility as far as the management of external borders is conncerned. On the other hand, a parallel process takes place with regard to internal borders, where a supranational process of decision-sharing is established when a systemic threat requires the temporary reintroduction of controls. However, the future of Schengen also depends on other variables: the reform of the asylum and Dublin system, a more effective policy of return of irregular migrants and a closer cooperation between states in the fight against terrorism.

Negli ultimi mesi, la crisi dei migranti e la minaccia terroristica hanno indotto numerosi paesi dell’area Schengen a reintrodurre i controlli alle frontiere interne. L’Unione ha reagito riformando aspetti chiave del regime dei confini. Sul versante esterno, per effetto del c.d. metodo hotspot e della disciplina della Guardia costiera e di frontiera, si supera il principio della responsabilità esclusiva degli Stati-frontiera nella gestione del perimetro di Schengen. Sul versante interno, si delinea un parallelo processo di condivisione delle decisioni sul ripristino temporaneo dei controlli quando la minaccia sia sistemica. L’area di libera circolazione ne esce rafforzata, ma il futuro di Schengen dipende anche da altre variabili, quali la riforma del sistema di asilo e di Dublino, una più efficace politica dei rimpatri dei migranti irregolari e una più stretta cooperazione tra apparati statali nella lotta al terrorismo.
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Il D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, di modifica del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (T.U. sulla trasparenza), racchiude una riforma importante, che riallinea l’Italia allo standard europeo e internazionale. Constatato il fallimento della via... more
Il D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, di modifica del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (T.U. sulla trasparenza), racchiude una riforma importante, che riallinea l’Italia allo standard europeo e internazionale. Constatato il fallimento della via italiana alla trasparenza, cioè l’illusorietà dell’assunto che centinaia di obblighi di pubblicazione imposti per legge bastino a trasformare le amministrazioni in “case di vetro”, la nuova disciplina ade-risce al modello FOIA, proprio dell’Unione europea e di molte democrazie liberali. La semplificazione degli obblighi di pubblicazione, sia pure parziale, operata dal D.Lgs. n. 97 è una conseguenza del riconoscimen-to del “right to know” come diritto fondamentale e del ripristino del fisiologico rapporto di strumentalità tra pubblicazione e accesso. L’adozione del FOIA è, però, soltanto il primo passo per garantire l’effettività del nuovo diritto. Occorrerà riorganizzare la gestione dei flussi documentali all’interno degli uffici, formare funzionari e giudici capaci di applicare la riforma senza tradirne lo spirito e dotare l’Anac delle competenze necessarie per orientare e armonizzare le prassi.
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States are guardians of the cohesion and well-being of national communities. In a world of scarce resources, governments give preference to citizens: their right to stay enjoys constitutional protection. Aliens, by contrast, are guests.... more
States are guardians of the cohesion and well-being of national communities. In a world of scarce resources, governments give preference to citizens: their right to stay enjoys constitutional protection. Aliens, by contrast, are guests. And hospitality is not unconditional. The right of non-citizens to stay and to share a fraction of the national wealth is, thus, contingent upon observance of the “rules of the house”: if they commit an offence, they shall leave. This strict rule of automatic expulsion of convicted aliens – on the rise in several domestic immigration regimes, in Europe and elsewhere – conveys an easy message of deterrence, allegedly effective in preventing crime and in excluding unwelcome guests.
This “nationalist” paradigm is now at risk. A coalition of European and domestic courts, raising the flag of the rule of law, increasingly challenges it. At European level, the Court of Strasbourg recently advanced a bold “individualist” reading of Article 8 ECHR, which now threatens the legitimacy of automatic expulsion of convicted aliens in many jurisdictions. At the domestic level, constitutional and supreme courts tend to follow – with some remarkable exceptions, also considered in the paper – the new path opened in Strasbourg. Under this “rights-based” paradigm, aliens are, first and foremost, human beings. Their right to stay is protected as a fundamental right, being it a key to the free development of human personality. This judicially driven development paves the way to a liberal theorization of immigration law, which challenges the traditional model of constitutional adjudication by replacing citizenship with territoriality as basic criterion for the recognition of individual liberties. Yet, as the decline of automatic expulsion illustrates, this inevitably erodes the margins for the State to protect the national community. The “liberal paradox” that permeates the regulation of migration flows, thus, reappears and urges to reconsider the meaning of national self-determination in a global space where individual freedoms increasingly matter.
È possibile detenere i migranti appena sbarcati, a fini di primo soccorso e identificazione senza una legge che lo consenta? Una volta identificati, i migranti provenienti da Paesi terzi ritenuti “sicuri” possono essere lì rimpatriati in... more
È possibile detenere i migranti appena sbarcati, a fini di primo soccorso e identificazione senza una legge che lo consenta? Una volta identificati, i migranti provenienti da Paesi terzi ritenuti “sicuri” possono essere lì rimpatriati in base a una procedura semplificata, che non prevede il contraddittorio, né una motivazione differenziata per ciascun respingimento? Può, infine, ritenersi effettivo un mezzo di ricorso che permetta di contestare la legittimità del rimpatrio, ma non di sospenderne, nelle more del giudizio, l’esecuzione? Nel settembre 2015, la seconda sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato risposta negativa a tutti e tre gli interrogativi indicati, condannando l’Italia in relazione a fatti accaduti a Lampedusa nel 2011. Data la rilevanza e la perdurante attualità delle questioni in gioco (anche in relazione all’attuazione dell’accordo tra UE e Turchia), sul caso si pronuncerà a breve la Grande Camera.
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The GAL project is not built on a normative void. In this paper, I argue that, despite the reticence of GAL scholars, the GAL project shares with some strands of Plural Constitutionalism the same normative ambition – strengthening the... more
The GAL project is not built on a normative void. In this paper, I argue that, despite the reticence of GAL scholars, the GAL project shares with some strands of Plural Constitutionalism the same normative ambition – strengthening the Rule of Law beyond the State; and the same liberal assumption – that individual self-determination enjoys a normative priority over collective self-determination. Whether to make those assumptions explicit is a different (not normative, but strategic) issue.
Il Trattato di Lisbona ha modificato in profondità l’assetto del potere esecutivo europeo, che è ora diviso in due parti. Nella parte ‘‘alta’’, corrispondente all’attività quasi-legislativa (art. 290 Tfue), la Commissione, ormai... more
Il Trattato di Lisbona ha modificato in profondità l’assetto del potere esecutivo europeo, che è ora diviso in due parti. Nella parte ‘‘alta’’, corrispondente all’attività quasi-legislativa (art. 290 Tfue), la Commissione, ormai sottoposta al controllo diretto delle autorità legislative, non è più assistita dai comitology committees. Tuttavia, la consultazione di altre tipologie di comitati europei assicura, in via di fatto, il coinvolgimento delle amministrazioni nazionali. Nella parte ‘‘bassa’’, corrispondente agli atti di esecuzione (art. 291 Tfue), la comitologia sopravvive, ma opera secondo nuove regole (regolamento n. 182 del 2011) che sottraggono al Consiglio antiche potestà esecutive e, al contempo, rafforzano il potere di co-decisione dei comitati. La cooperazione diretta tra la Commissione e le amministrazioni nazionali ne esce rafforzata.
Sulla base di una indagine comparata condotta da un gruppo di ricercatori dell'IRPA, lo scritto evidenzia le criticità della disciplina italiana relativa ai modi di acquisto della cittadinanza - con particolare riguardo a ius soli, ius... more
Sulla base di una indagine comparata condotta da un gruppo di ricercatori dell'IRPA, lo scritto evidenzia le criticità della disciplina italiana relativa ai modi di acquisto della cittadinanza - con particolare riguardo a ius soli, ius sanguinis e naturalizzazione - e, individuate le principali tendenze in atto nei paesi di immigrazione, avanza tre proposte di riforma.
Sommario: 1. Tre dubbi di legittimità - 2. L’automatismo espulsivo come misura di prevenzione - 3. L’orientamento “debole” della Corte costituzionale - 4. Il dubbio di fondo: la pericolosità può essere presunta? - 4.1. Lo standard (e la... more
Sommario: 1. Tre dubbi di legittimità - 2. L’automatismo espulsivo come misura di prevenzione - 3. L’orientamento “debole” della Corte costituzionale - 4. Il dubbio di fondo: la pericolosità può essere presunta? - 4.1. Lo standard (e la lezione) dell’Unione europea - 4.2. Lo standard nazionale: la garanzia “minima” dell’accertamento in concreto - 4.3. La manifesta irragionevolezza dell’automatismo - Conclusioni
Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (c.d. testo unico sulla trasparenza), adottato in attuazione della legge-delega 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anti-corruzione), segna il punto di arrivo di una parabola che, avviata nel... more
Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (c.d. testo unico sulla trasparenza), adottato in attuazione della legge-delega 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anti-corruzione), segna il punto di arrivo di una parabola che, avviata nel 2005, pone al centro della disciplina della trasparenza gli obblighi di pubblicazione. Rispetto alla legislazione pregressa, la principale novità è il riconoscimento del diritto di accesso a chiunque: l’accesso fuoriesce dai ristretti confini procedimentali per divenire strumento di promozione della trasparenza in funzione democratica. Al contempo, però, emergono i limiti di un approccio dirigista, nel quale è il legislatore a stabilire ciò che il singolo ha diritto di conoscere. Rispetto al modello ‘‘Foia’’, prevalente nella gran parte delle democrazie liberali, il rapporto di strumentalità tra pubblicazione e accesso è rovesciato: l’accesso non è configurato come un diritto fondamentale, ma come un diritto ‘‘riflesso’’.
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This is the first chapter of the Casebook. It examines the emergence of administrative law beyond the State and the rise of global administration. On one hand, it focuses on the notion of the State and the implications for this of the... more
This is the first chapter of the Casebook. It examines the emergence of administrative law beyond the State and the rise of global administration. On one hand, it focuses on the notion of the State and the implications for this of the formation of a global administrative space.  Topics analysed include the concept of “the State” in a globalized world; the application of this concept to the Palestinian case; and the rise of the global regulatory State in the South. On the other hand, it deals with the proliferation and differentiation of IOs, offering a classification of global institutions into four different types: formal intergovernmental organizations (e.g., the UN, WIPO, UNESCO, WHO, ILO, UNICEF, IOM, or even ASEAN); hybrid public-private organizations and private bodies exercising public functions (e.g. ICANN, the WADA, ISO, or the Global Fund); transgovernmental and transnational networks (such as the G-8, the International Conference on Harmonization (ICH) ASEAN International Investment Agreements, or the Basel Committee); complex forms of governance, such as hybrid, multi-level or informal global regulatory regimes (e.g. global and national proceedings under the International Patent Cooperation Treaty, decision-making procedures in fisheries governance, the composite interaction of UNESCO advisory bodies in the World Heritage Convention, or the clean development mechanism).
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Da un post di Guido Melis: "Una interessante analisi: a che punto siamo in Italia con le riforme amministrative? Merita di essere letto il bel saggio che un giovane ma già noto giurista (scuola Cassese) , Mario Savino, ha dedicato alle... more
Da un post di Guido Melis: "Una interessante analisi: a che punto siamo in Italia con le riforme amministrative?
Merita di essere letto il bel saggio che un giovane ma già noto giurista (scuola Cassese) , Mario Savino, ha dedicato alle riforme amministrative in Italia negli ultimi anni (sta nel fascicolo, da me più volte citato qui su FB, n. 2/2015 della "Rivista trimestrale di diritto pubblico", di per sé una fonte preziosa di riflessioni e analisi). Savino parte da quella che fu la grande parola d'ordine degli ultimi decenni del Novecento, "reinventare l'amministrazione" (l'espressione richiama esplicitamente il bel libro di due studiosi americani, Osborne e Gaebler, uscito negli Usa nel 1992 e tradotto in Italia da Garzanti nel 1995, "Dirigere e governare"). L'idea, la stessa che fu al centro del breve ma intenso documento firmato da Cassese ministro della Funzione pubblica nel '93 ("Indirizzi per la modernizzazione delle pubbliche amministrazioni", una sorta di manifesto del troppo breve ministero Ciampi su quel tema specifico), partiva da una individuazione precisa dei problemi (il primo era porre le amministrazioni al servizio dei cittadini) per dare poi attuazione alle linee di riforma, già per la verità in gran parte anticipate ma dimenticate nel progetto Giannini del 1980. C'era un'analisi, dietro quei riformismo amministrativo di fine secolo: e consisteva nella giusta individuazione del paradosso per cui , mentre le amministrazioni erano diventate da soggetti autoritativi enti gestori di servizi, la vecchia organizzazione burocratica legata al modello morente condizionava la nascita del nuovo. Il morto che afferra il vivo, si diceva un tempo: l'espressione calza bene a quanto è accaduto nell'amministrazione italiana.  La riforma, grazie alla spinta impressa poi da Bassanini (che poté contare su tempi e maggioranze più favorevoli) si fece, no c'è dubbio; ma si fece molto sulla carta, nelle leggi, con una resistenza del vecchio modello fortissima, alla fine direi vincente. Si dovevano concentrare nella Presidenza del Consiglio funzioni di impulso e indirizzo, razionalizzare i ministeri sulla base dei dipartimenti in luogo delle vecchie direzioni generali, trasferire funzioni agli enti periferici (Regioni, province e comuni) senza più doppioni e confusioni di responsabilità, sopprimere la vasta rete degli uffici periferici di governo e dare alle prefetture, nominate ora "uffici territoriali di governo", reali poteri di sintesi, facendone il nodo strategico del rapporto tra Stato e Regioni.Ma nessuna di queste previsioni - spiega Savino - fu veramente realizzata. Sicché chi guardasse la mappa dell'amministrazione italiana a fine secolo (fine XX secolo) ne trarrebbe l'impressione di un disordinato accavallarsi di istituti e funzioni, senza che spesso fosse chiaro il disegno, con sovrapposizioni e ripartizioni astruse di materie. E tutto ciò per la sorda resistenza dei vecchi apparati a cedere potere. Una resistenza che la cattiva politica coprì, facendosene corresponsabile e spesso anche artefice . Il progetto dell'art. 11 del decreto lg. n,. 300 del 1999 - spiega Savino - che imponeva la prefettura alla francese, con concentrazione in capo ad essa delle funzioni periferiche dello Stato, fu vanificato e alla fine, nel 2004, abrogato ex lege.  Tutto ciò è stato aggravato dal sopravvenire della crisi economica. Qui Savino, distinguendosi da altri studiosi, insiste sulla negatività del neo centralismo statale derivato dalla crisi, imposto dal controllo della spesa e dalle politiche di bilancio. Il cuore dello Stato - scrive - è tuttora formato da apparati troppo rigidi, frammentari, non coordinati. I tentativi di regionalizzazione sono falliti (aggiungerei che mai come oggi le Regioni appaiono vulnerabili e criticabili). Siamo in presenza dunque (e qui l'analisi si concentra sul primo quindicennio del Duemila) di "un processo evolutivo 'strabico', nel quale, mentre il disegno della legge n. 42/2009 veniva completato con l'esercizio delle deleghe e con provvedimenti di preparazione all'attuazione in via amministrativa, si è, al contempo, rafforzata la tendenza dello Stato a comprimere quella autonomia di spesa e di entrata degli enti territoriali che il federalismo fiscale avrebbe, invece,  voluto ampliare". Un paradosso - questo -  nel quale le sentenze recenti della Corte costituzionale hanno influito non poco, privilegiando una interpretazione estensiva della competenza in materia di coordinamento finanziario e tributario in capo allo Stato (sicché abbiamo un progetto autonomistico, forse, ma i cordoni della borsa sono stati se possibile ancor più consegnati al centro). Savino parla senza pudori di neocentralismo statale, ed ha ragione. Aggiunge poi altri fattori, che complicano il quadro. Negli anni Novanta - dice - il processo di riforma (spontanea e contraddittoria ma pur sempre riforma) legata all'avvento del maggioritario spurio ha avvalorato le spinte allo spoils system, violando la regola della separazione tra politica e amministrazione. Chi vince si prende tutto, si diceva. Chi deve realizzare un programma sancito dal voto deve contare su collaboratori amministrativi fedeli. La dirigenza si è perciò indebolita, riparandosi sotto l'ombrello della protezione politica.  Si è fidelizzata. La rivoluzione del pubblico impiego del '93 (la contrattualizzazione) non ha prodotto tutti i suoi effetti perché è stata contraddetta da decine di provvedimenti legislativi contrastanti (anche le recenti riforme Brunetta l'hanno in parte vanificata, riconsegnando alla legge - strumento rigido e pesante - il compito regolatorio che la legislazione degli anni 90 assegnava invece al contratto e al tavolo tra le parti). Le manovre dei dirigenti, sulla base del giusto principio della temporaneità degli incarichi, avvengono oggi di fatto in assenza di garanzie su motivazioni e valutazioni degli interessati. Per puro capriccio della politica. Carte dei servizi e controlli interni di gestione, che dovevano essere le antenne con le quali monitorare gli apparati per poi (solo poi) assumere decisioni motivate in sede di valutazione, in pratica non esistono.  Savino non disprezza affatto il disegno di legge Madia oggi davanti al parlamento, anzi ne rileva più volte le virtualità. Ed in effetti esistono nel contesto di quel progetto molti punti interessanti. Ma è pessimista in genere sul contesto generale: senza una classe politica bipartisan, che condivida il progetto di riforma nei suoi esiti finali e delle sue metodologie (semmai dividendosi su singole misure, ma, appunto secondarie) , difficilmente usciremo dal tunnel. Ed è drammatico, perché l'Italia ha bisogno oggi più che mai di una pubblica amministrazione moderna."
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Il decreto “milleproroghe” è un manifesto annuale della pochezza dei governanti: è un testo volutamente incomprensibile, perché serve a nascondere colpe e responsabilità, e dimostra che né il governo (a prescindere dal suo colore), né le... more
Il decreto “milleproroghe” è un manifesto annuale della pochezza dei governanti: è un testo volutamente incomprensibile, perché serve a nascondere colpe e responsabilità, e dimostra che né il governo (a prescindere dal suo colore), né le amministrazioni sanno fare un programma, calcolarne i tempi di attuazione e monitorare le scadenze. Il Parlamento, dal canto suo, non controlla, ma accetta supinamente di ratificare ed è, dunque, connivente.
"Con la sentenza n. 202 del 2013, la Corte costituzionale ha limitato l’ambito di applicazione del controverso istituto dell’automatismo espulsivo. Ha, infatti, stabilito che l’allontanamento del reo extracomunitario, ove questi viva con... more
"Con la sentenza n. 202 del 2013, la Corte costituzionale ha limitato l’ambito di applicazione del controverso istituto dell’automatismo espulsivo. Ha, infatti, stabilito che l’allontanamento del reo extracomunitario, ove questi viva con la famiglia, può essere disposto soltanto dopo una valutazione discrezionale dell’amministrazione, cioè a seguito di un «ragionevole e proporzionato bilanciamento» tra l’interesse pubblico alla prevenzione dei reati e l’interesse dello straniero al rispetto della sua «vita familiare», garantito dall’art. 8 della Cedu.
Tuttavia, in linea con i precedenti, la Corte ha ribadito la legittimità dell’automatismo, che resta quindi la regola negli altri casi. Tale orientamento, oltre a ignorare i palesi vizi di ragionevolezza dell’istituto, non tiene conto della giurisprudenza di Strasburgo, che da alcuni anni sollecita il superamento del tradizionale approccio ‘‘familistico’’ in favore di una interpretazione dell’art. 8 della Cedu più attenta alla dimensione ‘‘individuale’’ della «vita privata». In Europa, il riconoscimento del soggiorno dello straniero come diritto fondamentale è una realtà che si va consolidando: occorrerebbe tenerne conto, anche a prescindere dall’esistenza di legami familiari.
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Lo scritto è articolato in tre parti. La prima descrive l’assetto preesistente alla l. n. 124/2007 e mira ad evidenziare la linea di continuità che lega la riforma del 2007 a quella del 1977. La seconda parte ha ad oggetto la l. n.... more
Lo scritto è articolato in tre parti. La prima descrive l’assetto preesistente alla l. n. 124/2007 e mira ad evidenziare la linea di continuità che lega la riforma del 2007 a quella del 1977. La seconda parte ha ad oggetto la l. n. 124/2007: il suo esame si articola nell’analisi, rispettivamente, dei compiti di indirizzo politico-amministrativo, di esecuzione tecnico-operativa e di controllo. La terza parte, infine, riguarda la prospettiva di un sistema di intelligence integrato a livello europeo.
La sentenza Kadi II della Corte di giustizia segna un punto di svolta nella definizione del grado di «giurisdizionalità» delle misure amministrative che - come il ‘‘congelamento’’ dei beni delle persone sospettate di sostenere la rete... more
La sentenza Kadi II della Corte di giustizia segna un punto di svolta nella definizione del grado di «giurisdizionalità» delle misure amministrative che - come il ‘‘congelamento’’ dei beni delle persone sospettate di sostenere la rete terroristica di Al-Qaeda - hanno una finalità preventiva. Per la prima volta, un giudice sovranazionale stabilisce in termini inequivocabili che l’intensità del sindacato giurisdizionale non è affievolita né dalla natura preventiva della misura anti-terrorismo, né dalle esigenze di effettività della cooperazione internazionale. La rilevanza delle libertà individuali in gioco esige un sindacato rigoroso non solo sul piano procedimentale, ma anche su quello sostanziale. Si delinea, così, un modello di prevenzione amministrativa, virtualmente globale, nel quale le misure restrittive devono fondarsi su fatti verificabili in giudizio, non su indizi presuntivi rispetto ai quali la giustiziabilità è impossibile.
This paper illustrates the emergence of common rules, mechanisms and criteria employed in Europe to balance the policy goal and legal obligation of disclosure of information with the requirements of confidentiality. In particular, the... more
This paper illustrates the emergence of common rules, mechanisms and criteria employed in Europe to balance the policy goal and legal obligation of disclosure of information with the requirements of confidentiality. In particular, the paper examines the regulations on access to information where they exist and how transparency policies are implemented in 14 European Union member states. The countries reviewed belong to different European administrative traditions, which allocate disparate weights to the issue of transparency in the handling of public affairs. The countries are Austria, Czech Republic, Estonia, Finland, France, Germany, Italy, Poland, Portugal, Romania, Slovenia, Spain, Sweden and the United Kingdom. Transparency policies and regulations of European Union institutions have also been reviewed.
The paper is divided into three parts. Part I illustrates the main transparency policy trends in Europe and the gradual recognition of access to documents as a fundamental right. Part II highlights the emergence of common legal standards with regard to the five crucial issues mentioned above. Against this backdrop, the final part of the paper (Part III) provides guidelines for legislators and governments that are willing to adjust their transparency regimes and administrative practice to meet emerging common European standards.
Lo scritto traccia un bilancio delle riforme che hanno interessato le amministrazioni italiane dagli anni novanta del XX secolo al 2004. I percorsi di riforma sono analizzati in relazione a sei profili: le funzioni, l’organizzazione, il... more
Lo scritto traccia un bilancio delle riforme che hanno interessato le amministrazioni italiane dagli anni novanta del XX secolo al 2004. I percorsi di riforma sono analizzati in relazione a sei profili: le funzioni, l’organizzazione, il personale, la finanza, il procedimento e i controlli. Dal loro esame emerge un bilancio complessivo pieno di chiaro-scuri. Molti degli obiettivi ricorrenti nei progetti di riforma susseguitisi negli ultimi anni – il decentramento amministrativo, la riduzione delle dimensioni del settore pubblico, l’accrescimento della produttività del personale, la separazione tra politica e amministrazione, una più efficiente allocazione delle risorse finanziarie, la customer orientation, la semplificazione delle procedure – sono stati conseguiti solo in misura limitata. Da una parte, l’«ossessione per il testo» dei riformatori italiani, tanto attenti alla definizione del disegno normativo, quanto disinteressati alla concreta attuazione, e, dall’altra, il fenomeno delle riforme à la carte, indotto dalla logica politica dell’alternanza, contribuiscono a dar conto degli insuccessi.
Contents: 1. Reforms and change. - 2. Three cycles of reform. - 2.1. The Cassese reforms (1993-1994). - 2.2. The Bassanini reforms (1996-2001). - 2.3. Recent reforms (2002-2011). - 3. Three types of dysfunction. - 3.1. An administration... more
Contents: 1. Reforms and change. - 2. Three cycles of reform. - 2.1. The Cassese reforms (1993-1994). - 2.2. The Bassanini reforms (1996-2001). - 2.3. Recent reforms (2002-2011). - 3. Three types of dysfunction. - 3.1. An administration without a center. - 3.2. An administration without quality. - 3.3. An administration without a compass. - 4. Three vices of the Italian reformer. - 4.1. Abstractness. - 4.2. Laissez-faire. - 4.3. Majoritarian bias. - 5. Conclusion.
With its 188 members, Interpol is the second largest global entity after the United Nations. It is not a treaty-based organization and it is not entrusted with any traditional police powers. However, Interpol issues “red notices,” i.e.... more
With its 188 members, Interpol is the second largest global entity after the United Nations. It is not a treaty-based organization and it is not entrusted with any traditional police powers. However, Interpol issues “red notices,” i.e. warrants to seek the arrest of (suspect) criminals for extradition purposes that are published and circulated worldwide through a sophisticated communication network. From a public law standpoint, red notices are elusive administrative measures: albeit “soft” (non binding), they de facto impinge upon the fundamental right to personal freedom. How to treat such an atypical international power? How appropriate is to put it under the reach of the rule of law? I argue that the answer depends on the kind of legal lenses employed. Those who shape their quest for a public international law in a strictly positivist fashion risk either to overlook “soft” administrative powers (because they lack a legal basis) or, at the opposite, to armor them into an ill-suited legal cage (commanded by the imperative to re-establish accountability to states). Global administrative law, by contrast, seems better equipped both to capture the various degrees of “softness” pertaining to international powers and to accommodate the functional needs of global governance with the normative concerns related to the protection of individual rights.
The Rottmann decision, adopted by the Court of Justice of the European Union in March 2010, marks a turning point in the evolution of European citizenship. EU judges have made clear that European citizenship is not going to become... more
The Rottmann decision, adopted by the Court of Justice of the European Union in March 2010, marks a turning point in the evolution of European citizenship. EU judges have made clear that European citizenship is not going to become post-national, that is, independent from Member States’ nationality. The federalist view that lies behind such a post-national anxiety overlooks both the letter of the treaties and the inherently composite and multi-layered structure of the EU legal order. Rottmann, while obstructing the post-national route, opens up a more discrete post-nationalist path. How? By subjecting administrative decisions on nationality to a strict scrutiny of proportionality devolved to domestic courts. The proportionality test imposed by the Court of Justice is likely to change, in the near future, the nature of judicial review over administrative decisions on nationality: both the measures of withdrawal and concession of nationality (at least, as long as they affect the citizenship of the Union) will gradually cease to be areas of unfettered discretion, as it has been the case in many EU countries. This way, the citizenship of the Union, whilst (still) based on nationality, will nonetheless gradually rule out nationalism and its excesses from the nation-state power to select its members.
Il federalismo fiscale minaccia il potere statale in due modi. Innanzi tutto, attraverso il principio di territorialità dei tributi, che, pur accompagnato da forme di perequazione, comprime la capacità dello Stato di correggere gli esiti... more
Il federalismo fiscale minaccia il potere statale in due modi. Innanzi tutto, attraverso il principio di territorialità dei tributi, che, pur accompagnato da forme di perequazione, comprime la capacità dello Stato di correggere gli esiti del mercato e di garantire la coesione economica e territoriale. Inoltre, attraverso il principio di autonomia di entrata e di spesa, che – se attuato – rafforzerebbe considerevolmente gli enti territoriali, consentendo loro di agire in funzione di limite e controllo nei confronti del centro. A questa doppia minaccia lo Stato reagisce mettendo in atto una strategia di resistenza fondata sull’accentramento finanziario. Grazie al controllo sui cordoni della borsa, lo Stato riesce a soggiogare i poteri locali e condizionare l’esercizio di competenze ormai decentrate. Il disegno di attuazione dell’art. 119 Cost. concede ampio spazio a questa strategia statale di resistenza. La tensione tra policentrismo e statalismo che permea la legge delega n. 42 del 2009 opera non solo sul piano dei principi (territorialità dei tributi contro perequazione statale), ma anche a un livello più profondo: quello della concreta operatività del circuito di responsabilità finanziaria. Il rischio di un suo perverso funzionamento è accresciuto dal basso grado di autonomia tributaria che la legge assegna a regioni ed enti locali. In tali condizioni, le probabilità di insuccesso della riforma sono elevate. In questo scritto, si propongono due correzioni di rotta, che riguardano il versante istituzionale. La prima consiste nel sottrarre alla negoziazione politica i meccanismi di assegnazione dei premi e delle sanzioni. La seconda richiede il rafforzamento della partecipazione territoriale alle decisioni statali. Occorre, un riordino complessivo del c.d. sistema delle conferenze, che, nell’assetto attuale, non fornisce adeguati strumenti di bilanciamento tra esigenze autonomistiche ed esigenze centralistiche.
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’oggetto e il contesto delle pronunce. – 3. Il principio di legalità internazionale. – 3.1. Il passato: i tre percorsi del ‘neo-dualismo’. – 3.2. Il presente: il problema dell’ambito di disapplicazione. – 3.3.... more
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’oggetto e il contesto delle pronunce. – 3. Il principio di legalità internazionale. – 3.1. Il passato: i tre percorsi del ‘neo-dualismo’. – 3.2. Il presente: il problema dell’ambito di disapplicazione. – 3.3. Il futuro: il problema dell’ambito di applicazione. – 4. Il principio di supremazia costituzionale. – 4.1. Una nuova tecnica di ‘dialogo nascosto’ con i giudici ultra-statali? –  4.2. Gli effetti orizzontali: l’impatto sull’equilibrio istituzionale. – 4.3. Gli effetti verticali: la Corte costituzionale nel dialogo giudiziale multi-livello. – 5. Conclusioni.
The global «war on terror» has strengthened domestic executive powers vis-à-vis foreign suspect terrorists by establishing a “special” regime: executive detentions (often indefinite), extraordinary renditions, military trials, freezing of... more
The global «war on terror» has strengthened domestic executive powers vis-à-vis foreign suspect terrorists by establishing a “special” regime: executive detentions (often indefinite), extraordinary renditions, military trials, freezing of funds, selective use of police powers (mainly to the detriment of Muslim people) have been part of the tool-box employed by various liberal democracies in their fight against the terrorist threat. In Italy, by contrast, the empowerment of the government has mainly been achieved by exploiting the “ordinary” immigration law tools. The trajectory of the special anti-terror deportation power illustrates the point: the 2005 anti-terrorist regime – establishing severe restrictions on due process rights – has been rarely used and gradually dismantled; deportation orders against suspected terrorists have been rather adopted on the basis of the 1998 immigration regime, which regulates the general executive power to deport aliens threatening public order and national security. The result is a peculiar conflation between anti-terrorism and immigration measures. Even if such conflation is common to many countries, a distinguishing feature of the Italian mix is that the instrumental relationship between the two policy goals is reversed. For the Italian government, salus rei publicae seems to be dependent more on the control of North-African migration than on the prevention of terrorist attacks. This inevitably marks a shift in the Italian understanding of the «enemy alien» category.
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’evoluzione del modello organizzativo. – 3. La fase ascendente. – 3.1. Il “modello” italiano in teoria. – 3.2. Il “modello” italiano in pratica. – 4. La fase discendente. – 4.1. Il recepimento delle... more
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’evoluzione del modello organizzativo. – 3. La fase ascendente. – 3.1. Il “modello” italiano in teoria. –  3.2. Il “modello” italiano in pratica.  – 4. La fase discendente.  – 4.1. Il recepimento delle direttive comunitarie. – 4.2. L’attuazione del diritto comunitario sul piano amministrativo. – 5. Il paradosso dell’europeismo italiano.
SOMMARIO: 1. Una questione complessa. – 2. La «cecità regionale» della Comunità: passato o presente? – 2.1. L’integrazione funzionale. – 2.2. L’integrazione istituzionale. – 2.3. L’apparente «indifferenza» dell’Unione europea: verso un... more
SOMMARIO: 1. Una questione complessa. – 2. La «cecità regionale» della Comunità: passato o presente? – 2.1. L’integrazione funzionale. – 2.2. L’integrazione istituzionale. – 2.3. L’apparente «indifferenza» dell’Unione europea: verso un neo-centralismo statale? – 3. La reazione dello Stato: il caso italiano. – 3.1 La fase discendente. – 3.2 La fase ascendente. – 3.3. Il caso italiano: peculiare, ma non troppo. – 4. Tre paradossi finali.

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Video del mio intervento del 1° luglio 2019 alla Sapienza sul decreto Salvini bis e sul caso Sea Watch 3. Grazie a Marco Benvenuti per l’invito e a RadioRadicale per la copertura dell’iniziativa, organizzata da CECIL in collaborazione con... more
Video del mio intervento del 1° luglio 2019 alla Sapienza sul decreto Salvini bis e sul caso Sea Watch 3. Grazie a Marco Benvenuti per l’invito e a RadioRadicale per la copertura dell’iniziativa, organizzata da CECIL in collaborazione con l’Accademia di diritto e migrazioni (ADiM)
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