Skip to main content
Research Interests:
Questo libro raccoglie cinque saggi dedicati a Ernesto De Martino e ad alcuni decisivi temi che la ricerca demartiniana ha sollevato in ambito filosofico, storico e religioso. Al centro della riflessione di Sergio Fabio Berardini vi sono,... more
Questo libro raccoglie cinque saggi dedicati a Ernesto De Martino e ad alcuni decisivi temi che la ricerca demartiniana ha sollevato in ambito filosofico, storico e religioso. Al centro della riflessione di Sergio Fabio Berardini vi sono, in particolare, la presenza umana e la crisi alla quale essa è sempre esposta, nonché la dialettica che sottende al suo riscatto. In queste pagine è messa in luce la potenza e la realtà del negativo, nei suoi aspetti logici, psicologici ed esistenziali, e così il ruolo di quelle tecniche simboliche (la magia e la religione) che, accanto a una più laica prassi umana, permettono all’uomo di affermare la propria presenza nel mondo e di mettere in atto un vero e proprio “esorcismo culturale”. Nel compiere questo movimento dietro le orme di De Martino, Berardini si confronta con alcune grandi figure della filosofia: Benedetto Croce, Ludwig Wittgenstein, Martin Heidegger, Karl Marx, et alii. Il quadro che ne esce è quello di un mondo culturale, l’Occidente, che, rimasto orfano di Dio e delle più solenni protezioni metastoriche, è chiamato a ricomporre il proprio orizzonte di senso.
Sergio Fabio Berardini ha scelto di concentrare il proprio interesse scientifico sul versante squisitamente antropologico del pensiero di De Martino, sottoponendo ad un esame accurato e penetrante la nozione di ethos trascendentale del... more
Sergio Fabio Berardini ha scelto di concentrare il proprio interesse scientifico sul versante squisitamente antropologico del pensiero di De Martino, sottoponendo ad un esame accurato e penetrante la nozione di ethos trascendentale del trascendimento: «ethos specificamente e universalmente umano che è trascendimento della vita secondo valorizzazioni comunitarie e tendenzialmente intersoggettive». Si tratta di una nozione-chiave, ricca d’implicazioni di estrema importanza, senza la quale l’intero ‘edificio’ costruito da De Martino risulta inafferrabile nella sua effettiva complessità: per metterne a fuoco il significato d’insieme e le molteplici sfaccettature, Berardini si è addentrato con perizia nell’analisi delle moderne correnti filosofiche europee e italiane. Il risultato è un quadro affascinante, di notevole pregio, sostenuto da una scrittura elegante, immune da tecnicismi gratuiti, dal quale affiora l’originalità del pensiero demartiniano. (Dalla Prefazione di Marcello Massenzio)
"I have tried to write Paradise" ('ho provato a scrivere il Paradiso', nella traduzione di Mary de Rachewiltz) è un verso che appare nei Drafts & Fragments che concludono i cinquantenari Cantos di Ezra Pound. In questa sede, tenendo... more
"I have tried to write Paradise" ('ho provato a scrivere il Paradiso', nella traduzione di Mary de Rachewiltz) è un verso che appare nei Drafts & Fragments che concludono i cinquantenari Cantos di Ezra Pound. In questa sede, tenendo sempre presente quel verso, cercherò di rispondere alla seguente domanda: che cosa significa provare a scrivere il Paradiso? Per poter rispondere a questa domanda dovrò mettere in luce che cosa è il Paradiso e, prima ancora, che cosa è l'Inferno. Dunque, affronterò una sorta di itinerario dantesco, dietro le orme di Pound, che dagli Inferi conduce al Paradiso - salvo poi dover tornare indietro, quasi si trattasse di compiere un platonico ritorno alla caverna, ossia in quel luogo nel quale tutti dimoriamo, ma che non è la nostra vera dimora.
In this paper, after considering the difference between Bergson and Heide-gger in interpreting the problem of 'nothing', I will opt for Bergson's viewpoint which claims that the 'nothing' is just a pseudo-idea originated by the linguistic... more
In this paper, after considering the difference between Bergson and Heide-gger in interpreting the problem of 'nothing', I will opt for Bergson's viewpoint which claims that the 'nothing' is just a pseudo-idea originated by the linguistic faculty of negation. Then I will consider Wittgenstein and Croce's approach to such a problem, which consists in using logic in order to dissolve it. Finally, I will interpret religion as an alternative way by which the 'nothing' is removed by concealing it.
In this essay I interpret the holy as an "absolute alterity" in relation to the profane. Therefore, if the profane correspond to the "world of things", the holy correspond to "nothing". Along their history, human beings have been trying... more
In this essay I interpret the holy as an "absolute alterity" in relation to the profane. Therefore, if the profane correspond to the "world of things", the holy correspond to "nothing". Along their history, human beings have been trying to find a way to overcome such a disturbing "nothing". Hence, religion is interpreted as a technique that is useful in defending humanity from the holy by concealing it through a fictional world.
In this article I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and Rudolf Otto (1869-1937). In particular, my aim is to consider the main Demartinian criticisms of Otto’s Das Heilige. First... more
In this article I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and Rudolf Otto (1869-1937). In particular, my aim is to consider the main Demartinian criticisms of Otto’s Das Heilige. First of all, in De Martino’s opinion the « Holy » is neither an a priori category nor a reality which exists per se, but it is a human product which is useful in order to face and overcome existential and psychological crisis. Secondly, De Martino claims that Das Heilige’s thesis is not valid since Otto’s approach is a Christian theological one, namely it is biased and, therefore, not scientific.
In this article I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and the German philosopher Martin Heidegger (1889-1976). In particular, my aim is to argue against the thesis for which De... more
In this article I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and the German philosopher Martin Heidegger (1889-1976). In particular, my aim is to argue against the thesis for which De Martino’s philosophical thought is largely inspired by Heidegger’s existential analytic, and consequentially point out the Demartinian criticism of some fundamental Heideggerian concepts (such as Miteinandersein, Man, Angst, Schuld, Unheimlichkeit, Eigentlichkeit, and Uneigentlichkeit).


Ernesto De Martino si è a lungo confrontato con il pensiero di Martin Heidegger, sia direttamente, sia attraverso i suoi più autorevoli commentatori italiani (Abbagnano, Paci e Pareyson). Diversi studi in ambito demartiniano si sono concentrati più sulle vicinanze tra lo studioso napoletano e il filosofo tedesco, attribuendo, forse senza la dovuta prudenza, diversi debiti che il primo avrebbe contratto nei confronti del secondo. D’altra parte, altrove sono state segnalate anche le differenze e la critica che De Martino, esplicitamente e implicitamente, ha mosso contro l’autore di Essere e tempo. In questa sede, tenterò di riprendere quest’ultimo percorso e mettere in luce quello che è stato un vero e proprio rovesciamento di alcune fondamentali nozioni dell’analitica heideggeriana promosso dalla riflessione demartiniana.
Self-consciousness as subjective identity means finding oneself at the center of one's own subjective world, hence at the center of a historical and cultural environment to which one feels one belongs. However self-awareness is a "... more
Self-consciousness as subjective identity means finding oneself at the center of one's own subjective world, hence at the center of a historical and cultural environment to which one feels one belongs. However self-awareness is a " precarious " acquisition, exposed to the risk of falling apart. This precariousness allows us to grasp the defensive nature of subjective identity. Its construction and defence are at the intersection of psychology and anthropology; defence mechanisms fall along a spectrum that stretches from the individual to the collective level. Against this backdrop, we analyse religion from the perspective of its being a system of techniques designed to protect the unity of self-consciousness.
In questo articolo, interpreto la religione come un caratteristico sistema di narrazioni e pratiche che agevola e difende il critico passaggio dalla natura alla cultura, ovvero il processo antropogenetico. In particolare, la religione è... more
In questo articolo, interpreto la religione come un caratteristico sistema di narrazioni e pratiche che agevola e difende il critico passaggio dalla natura alla cultura, ovvero il processo antropogenetico. In particolare, la religione è vista come una 'tecnica mitico-rituale del corpo' che permette agli esseri umani di 'addomesticare' la propria eredità biologica, dando ad essa significato, senso e ordine. Inoltre, sostengo che la religione (1) è utile nell''appagare' in modo controllato quelle emozioni critiche (paura, angoscia, stupore, ecc.) che potrebbero causare crisi esistenziali e psicologiche; e (2) aiuta a difendere il Sé umano. Infine, propongo la tesi che gli elementi che compongono il corredo simbolico-rituale di ogni religione sono tratti dalla sfera biologica e dall'ambiente in cui una particolare comunità vive.
In una prospettiva naturalistica, lo studio della religione presenta subito un punto problematico: se essa è così diffusa, tanto da apparire un tratto inscritto nella natura umana, ciò significa che la religione comporta dei vantaggi... more
In una prospettiva naturalistica, lo studio della religione presenta subito un punto problematico: se essa è così diffusa, tanto da apparire un tratto inscritto nella natura umana, ciò significa che la religione comporta dei vantaggi adattivi o, quantomeno, significa che essa non comporta svantaggi tali da ostacolare la sopravvivenza di chi la pratica. Nel primo caso, si tratta di individuare la possibile funzione della religione, ovvero una qualche utilità che ne giustificherebbe il suo permanere nella storia umana. Alla luce di un modello antropologico che vede l'identità soggettiva segnata da una fragilità ontologica, in questo articolo offriremo una particolare versione della tesi che assegna alla religione, quale byproduct (o " effetto secondario "), una funzione positiva, ipotizzando quella che potrebbe essere una sua utilità nella difesa dell'unità dell'autocoscienza. Sarà dunque sulla religione quale insieme di tecniche difensive del self che concentreremo la nostra indagine.

From a naturalistic perspective, the study of religion immediately leads to a problematic point: if religion is so widespread, to the extent that it seems to be a trait inscribed in human nature, then it should have adaptive advantages or, at the very least, it should not have disadvantages that would stand in the way of the survival of those who practice religion. In the former case, we need to understand the function of religion, viz. a utility it confers that may justify its persistence across human history. Against the backdrop of an anthropological model that considers subjectivity identity to be characterized by ontological fragility, this article will offer a special version of the claim that religion, viewed as a byproduct, has a positive function: we will make the hypothesis that it contributes to the defense of the unity of self-consciousness. Thus our focus will be on religion construed as a repertoire of strategies designed to protect the self.
Dopo aver mosso i suoi primi passi da studioso entro la tradizione idealistica italiana, prima sotto la guida di Adolfo Omodeo, quindi sotto quella di Benedetto Croce, Ernesto De Martino, che già si era laureato in Storia delle religioni... more
Dopo aver mosso i suoi primi passi da studioso entro la tradizione idealistica italiana, prima sotto la guida di Adolfo Omodeo, quindi sotto quella di Benedetto Croce, Ernesto De Martino, che già si era laureato in Storia delle religioni e aveva compiuto studi etnologici ed etnopsichiatrici, fu ben presto mosso dalla necessità di “allargare” gli orizzonti del modello storicista che aveva fatto proprio e di includere in questo nuove istanze e nodi problematici provenienti da differenti prospettive: dall’esistenzialismo (in particolare quello italiano di Abbagnano, Paci e Pareyson; e in un secondo momento quello di Heidegger, Jaspers e Sartre); quindi dalla fenomenologia (Husserl, Merleau-Ponty e ancora Paci); dal materialismo storico (Marx, e in misura maggiore Gramsci); nonché dalla psicoanalisi (Freud e Janet), dalla psichiatria e dalla psicopatologia fenomenologica (Binswanger, Callieri, Ey, Storch, et alii).

De Martino ripensò a fondo e si sforzò di unificare temi che appartenevano a tutte queste prospettive di per sé eterogenee. Di qui la presenza di una caratteristica oscillazione: da un lato l’impostazione storicista, che lo conduceva a porre in primo piano la variabilità delle forme culturali; da un altro lato il suo interesse per la psichiatria (dinamica e fenomenologica) e l’antropologia strutturalista, che lo spingeva alla ricerca di strutture universali della psiche (Lanternari, 1997). Il risultato è un’opera vasta, complessa e vitale, tesa a definire gli aspetti costanti del confine che separa, nella vita di ogni individuo e in ogni cultura, la certezza e la crisi. Al centro della scena, il concetto di presenza, il sentimento primario del proprio “aver senso” in un mondo “dotato di senso”; un sentimento che è però un’acquisizione precaria, continuamente costruita dal soggetto e costantemente esposta al rischio della crisi («il dramma esistenziale dell’esserci esposto al rischio di non esserci»).

Queste idee, insieme a molte altre, come quella di una destorificazione mitico-rituale dei momenti precari del vivere o di una domesticità praticabile, compongono una galassia tematica la cui importanza si è andata progressivamente imponendo nel corso degli ultimi decenni. In particolare, l’indagine demartiniana sui meccanismi che consentono agli individui di difendersi dall’angoscia di fronte ai “momenti critici del divenire” si è rivelata genialmente precorritrice degli studi sull’identità e il self attualmente fiorenti nelle scienze psicologiche. Ciò fa sì che solo oggi l’antropologia filosofica demartiniana trovi il contesto di idee e di conoscenze in cui poter essere pienamente valorizzata.

Cercheremo di mostrarlo nelle pagine che seguono.

L'articolo può essere letto nella sua interezza e gratuitamente presso il sito della rivista "Consecutio Rerum": http://www.consecutio.org/2016/10/presenza-e-crisi-della-presenza-tra-filosofia-e-psicologia/
This article analyses the Italian philosopher and anthropologist Ernesto De Martino’s The Land of Remorse from a philosophical viewpoint. After having presented the main Demartinian concepts (e.g. ‘presence’ and ‘crisis of presence’) and... more
This article analyses the Italian philosopher and anthropologist Ernesto De Martino’s The Land of Remorse from a philosophical viewpoint. After having presented the main Demartinian concepts (e.g. ‘presence’ and ‘crisis of presence’) and examined the phenomenon of ‘tarantism’ (that is a magical-religious ritual practiced in southern Italy), the author interprets ‘ritual symbols’ as useful ‘fictions,’ which permit to resolve the problem of ‘indeterminacy’ (that refers to vague objects and unknown events), and rescue the human Self from psychological and existential crisis.
In questo articolo l’autore considera alcuni aspetti filosofici della riflessione di Ernesto De Martino, con particolare riguardo all’opera "Il mondo magico". Il problema centrale qui individuato concerne il rapporto tra la “presenza” e... more
In questo articolo l’autore considera alcuni aspetti filosofici della riflessione di Ernesto De Martino, con particolare riguardo all’opera "Il mondo magico". Il problema centrale qui individuato concerne il rapporto tra la “presenza” e la “negazione” che minaccia la presenza mettendola in crisi. La crisi è evocata nei momenti in cui sorge la “indeterminazione” legata alle possibilità proprie della presenza (ad esempio, eventi futuri che possono colpirla, attuali minacce cifrate, etc.). La polarità presenza-negazione (o presenza-crisi della presenza) può trovare, presso talune epoche e culture umane, una efficace “cura” attraverso il ricorso di rituali magici e religiosi (e della simbologia su cui i rituali poggiano), i quali, alla luce dell’indagine demartiniana, vanno interpretati come particolari tecniche la cui utilità sta nell’ordire un cosmo in luogo del caos esistenziale, nel dare forma a un informe sentire, nel dare determinazione a tutto ciò che è avvertito come indeterminato.
In questo articolo, l’autore considera le riflessioni filosofiche di Ernesto De Martino aventi per oggetto la dialettica crociana e le categorie dell’‘utile’ e del ‘vitale’. De Martino, che studiò con Benedetto Croce, cercò di operare una... more
In questo articolo, l’autore considera le riflessioni filosofiche di Ernesto De Martino aventi per oggetto la dialettica crociana e le categorie dell’‘utile’ e del ‘vitale’. De Martino, che studiò con Benedetto Croce, cercò di operare una revisione della filosofia crociana a partire dalle sue ricerche etnologiche. In particolare, De Martino giunse a distinguere la sfera dell’utile da quella della vitalità (che invece Croce teneva unite); e indicò nella vitalità un fondo naturale e problematico che l’uomo deve sempre trascendere per potersi affermare come ‘uomo’. All’utile vanno ricondotti gli strumenti mentali e materiali che l’uomo dispone per organizzare il mondo, ma anche le varie scienze (naturali, economiche, politiche), nonché la religione, che egli chiamò ‘tecnica del sacro’. Secondo questa prospettiva, che mutava radicalmente l’impostazione crociana, l’utile veniva a precisarsi come la forma che ‘inaugura’ il passaggio dalla natura alla cultura
La presente ricerca consiste in una analisi del sacro e della sua manifestazione, facendo particolare attenzione alla dialettica tra il momento dell’“apparire” (l’oggetto della rivelazione del sacro, o ierofania) e il momento del “celare”... more
La presente ricerca consiste in una analisi del sacro e della sua manifestazione, facendo particolare attenzione alla dialettica tra il momento dell’“apparire” (l’oggetto della rivelazione del sacro, o ierofania) e il momento del “celare” (ciò che rimane nascosto dietro questa rivelazione). Oggetti privilegiati della ricerca saranno pertanto il sacro e la ierofania. Terzo elemento da considerare sarà il soggetto, al quale il sacro si manifesta e si cela, ossia l’umana “presenza” (E. De Martino). A tal fine, la ricerca, che sarà scandita secondo quattro distinti momenti, prevede una analisi di tipo filosofico (in particolare attraverso il metodo dialettico, ma altresì analitico) nonché il ricorso a diverse discipline: dalla storia delle religioni all’etnologia, dalla psicologia alle scienze cognitive.
Research Interests:
La ricerca prenderà le mosse da una analisi della differenza tra “sacro” e “profano”, anche sulla scorta degli studi esistenti in materia; privilegiando l’interpretazione secondo cui il sacro può essere pensato solo per via negativa,... more
La ricerca prenderà le mosse da una analisi della differenza tra “sacro” e “profano”, anche sulla scorta degli studi esistenti in materia; privilegiando l’interpretazione secondo cui il sacro può essere pensato solo per via negativa, ossia come ciò che “non è” il profano. Il sacro, dunque, sarà inteso come “niente”, come negazione. Successivamente, l’analisi si rivolgerà alla “ierofania” e alla sua relazione col profano e col sacro. Essa può essere vista come una “soglia” tra il primo e il secondo, tra il mondo delle cose e il “non-cosale”; ovvero come una positiva traduzione del niente (il sacro) in un particolare ente che conserva una traccia importante di questo niente. Infine, l’attenzione sarà spostata sul soggetto al quale il sacro si rivela, ossia l’uomo. Questi sarà compreso nella sua “non-indifferenza” al mondo in cui vive e al propria presenza, e sarà proprio in riferimento a tale non-indifferenza che si cercherà di far luce sulla “natura” del sacro e della ierofania. In tal senso, la ierofania sarà intesa come ciò che “salva” l’uomo dal sacro; dalla negazione che minaccia il suo essere presente nel mondo.
BIBLIOGRAFIA MINIMA:
G. AGAMBEN, "La comunità che viene", Bollati Boringhieri, Torino 2001 (il capitolo: L’irreparabile, pp. 73-88)
G. BATAILLE, "Teoria della religione", trad. it. di R. Piccoli, SE, Milano 2002 (i capitoli: L’animalità, pp. 19-39; Lo sviluppo industriale, pp. 81-94)
E. DE MARTINO, "Il mondo magico", Bollati Boringhieri, Torino 1973 (secondo capitolo, pp. 70-168)
M. ZAMBRANO, "L’uomo e il divino", trad. it. di G. Ferraro, Edizioni Lavoro, Roma 2001 (primi due capitoli pp. 23-58)
Research Interests:
L'intervento prevede una ripresa dei principali temi affrontati in occasione del primo seminario del 18 febbraio; e in particolare la tesi secondo cui il sacro va inteso dialetticamente come "niente", come un "negativo" che è tale solo... more
L'intervento prevede una ripresa dei principali temi affrontati in occasione del primo seminario del 18 febbraio; e in particolare la tesi secondo cui il sacro va inteso dialetticamente come "niente", come un "negativo" che è tale solo per l'uomo e che non ha una realtà propria. Esso si "rivela" sul margine del mondo umano (ad es. come il "mistero" associato a un futuro imperscrutabile, oppure a luoghi geografici inaccessibili, etc.). La religione si precisa come un modo di mascherare il negativo (ossia il sacro), di porlo a distanza, di trarlo via dallo spazio profano nel quale solo è possibile per l'uomo vivere. In tal senso, la religione è intesa come una tecnica capace di proteggere l'uomo dal sacro e di assicurare una vita profana.
Research Interests:
Dopo aver indagato il sacro alla luce del nesso dialettico che vi è tra l’uomo e il niente e aver precisato la religione come una risposta positiva contro il negativo che minaccia la presenza umana (una risposta che afferma il valore... more
Dopo aver indagato il sacro alla luce del nesso dialettico che vi è tra l’uomo e il niente e aver precisato la religione come una risposta positiva contro il negativo che minaccia la presenza umana (una risposta che afferma il valore della presenza umana); il terzo seminario riprenderà questa lettura facendo riferimento a diverse discipline a orientamento naturalistico (dalle scienze della mente e del cervello alla filosofia che se ne occupa). In particolare, sarà posto in evidenza da un lato il tema della soggettività, nei modi del “sentirsi esistere”, dall’altro il tema della precarietà del Sé. Sulla linea di Ernesto De Martino e Giovanni Jervis, e sulla scorta delle più recenti ricerche in ambito cognitivista, sarà proposta e valutata l’interpretazione della religione quale “dispositivo” di difesa del Sé che permette alla presenza di affrontare e quindi risolvere le impasse psicologico-esistenziali e i momenti critici della vita.
Research Interests:
I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and the German philosopher Martin Heidegger (1889-1976). In particular, my aim is to argue against the thesis for which De Martino’s... more
I will discuss the relationship between the Italian ethnologist Ernesto De Martino (1908-1965) and the German philosopher Martin Heidegger (1889-1976). In particular, my aim is to argue against the thesis for which De Martino’s philosophical thought is largely inspired by Heidegger’s existential analytic, and consequentially point out the Demartinian criticism of some fundamental Heideggerian concepts (such as Miteinandersein, Man, Angst, Schuld, Unheimlichkeit, Eigentlichkeit, and Uneigentlichkeit).
Discussione sul libro "Presenza e negazione. Ernesto De Martino tra filosofia, storia e religione" (Edizioni ETS, 2015) in data giovedì 17 marzo 2016 presso la Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Napoli nell'ambito delle... more
Discussione sul libro "Presenza e negazione. Ernesto De Martino tra filosofia, storia e religione" (Edizioni ETS, 2015) in data giovedì 17 marzo 2016 presso la Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Napoli nell'ambito delle "Letture Demartiniane" organizzate dalla Associazione Internazionale Ernesto De Martino.
Research Interests:
L'intervento ha per oggetto la realtà del fenomeno religioso considerata attraverso il rapporto soggetto-corpo (la radice biologica del religioso) e il rapporto soggetto-ambiente (la religione come "forma di vita" à la Wittgenstein).... more
L'intervento ha per oggetto la realtà del fenomeno religioso considerata attraverso il rapporto soggetto-corpo (la radice biologica del religioso) e il rapporto soggetto-ambiente (la religione come "forma di vita" à la Wittgenstein). Infine viene presentato in modo sintetico il "religious fictionalism", che considera la religione come una "utile finzione".
L'intervento prevede una ripresa dei principali temi affrontati in occasione del primo seminario del 18 febbraio; e in particolare la tesi secondo cui il sacro va inteso dialetticamente come "niente", come un "negativo" che è tale solo... more
L'intervento prevede una ripresa dei principali temi affrontati in occasione del primo seminario del 18 febbraio; e in particolare la tesi secondo cui il sacro va inteso dialetticamente come "niente", come un "negativo" che è tale solo per l'uomo e che non ha una realtà propria. Esso si "rivela" sul margine del mondo umano (ad es. come il "mistero" associato a un futuro imperscrutabile, oppure a luoghi geografici inaccessibili, etc.). La religione e la magia si precisano come un modo di mascherare il negativo (ossia il sacro), di porlo a distanza, di trarlo via dallo spazio profano nel quale solo è possibile per l'uomo vivere. In tal senso, la religione e la magia sono intese come una tecnica capace di proteggere l'uomo dal sacro e di assicurare una vita profana.
La ricerca prenderà le mosse da una analisi della differenza tra “sacro” e “profano”, anche sulla scorta degli studi esistenti in materia; privilegiando l’interpretazione secondo cui il sacro può essere pensato solo per via negativa,... more
La ricerca prenderà le mosse da una analisi della differenza tra “sacro” e “profano”, anche sulla scorta degli studi esistenti in materia; privilegiando l’interpretazione secondo cui il sacro può essere pensato solo per via negativa, ossia come ciò che “non è” il profano. Il sacro, dunque, sarà inteso come “niente”, come negazione. Successivamente, l’analisi si rivolgerà alla “ierofania” e alla sua relazione col profano e col sacro. Essa può essere vista come una “soglia” tra il primo e il secondo, tra il mondo delle cose e il “non-cosale”; ovvero come una positiva traduzione del niente (il sacro) in un particolare ente che conserva una traccia importante di questo niente. Infine, l’attenzione sarà spostata sul soggetto al quale il sacro si rivela, ossia l’uomo. Questi sarà compreso nella sua “non-indifferenza” al mondo in cui vive e al propria presenza, e sarà proprio in riferimento a tale non-indifferenza che si cercherà di far luce sulla “natura” del sacro e della ierofania. In tal senso, la ierofania sarà intesa come ciò che “salva” l’uomo dal sacro; dalla negazione che minaccia il suo essere presente nel mondo.
Apparso su UCT n.
Apparso su UCT n.