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Questo articolo analizza il genere letterario dei commenti storico-politici tipico della letteratura politica rinascimentale, ribadendo l’importanza della sua genesi essenzialmente fiorentina. La nascita e la diffusione del tacitismo (se... more
Questo articolo analizza il genere letterario dei commenti storico-politici tipico della letteratura politica rinascimentale, ribadendo l’importanza della sua genesi essenzialmente fiorentina. La nascita e la diffusione del tacitismo (se lo si intende come formato specifico dell’argomentazione politica, senza confonderlo con la più vasta “fortuna di Tacito” nella letteratura del tardo Rinascimento e del Barocco) sono infatti difficilmente spiegabili se non le si contestualizza in un passaggio decisivo della storia di Firenze quale fu la transizione dalla Repubblica al Granducato. La forma “esplosa” di questi trattati politici – che dipende, in buona sostanza, dai Discorsi di Machiavelli – li rende particolarmente adatti ad accogliere riflessioni legate a crisi sociali e politiche impreviste, come mostra molto efficacemente il caso della carestia di fine Cinquecento che è oggetto delle riflessioni dei due dei più importanti autori del canone “tacitista”, ossia Scipione Ammirato e Virgilio Malvezzi.
Il saggio propone un'interpretazione del concetto di qualitas in Machiavelli, a a partire dalle occorrenze del sintagma "qualità del luogo" nell'Arte della guerra: si ricostruisce la matrice retorico-giuridica della nozione, per poi... more
Il saggio propone un'interpretazione del concetto di qualitas in Machiavelli, a a partire dalle occorrenze del sintagma "qualità del luogo" nell'Arte della guerra: si ricostruisce la matrice retorico-giuridica della nozione, per poi verificare come essa operi nel dialogo machiavelliano sin dalla sua cornice (il "locus amoenus" degli Orti Oricellari).
L'articolo propone un'analisi delle due edizioni degli Annales di Tacito tradotti da Giorgio Dati (la prima del 1563, la seconda del 1582). A partire dai loro paratesti, e con particolare riferimento al Discorso di Lionardo Salviati... more
L'articolo propone un'analisi delle due edizioni degli Annales di Tacito tradotti da Giorgio Dati (la prima del 1563, la seconda del 1582). A partire dai loro paratesti, e con particolare riferimento al Discorso di Lionardo Salviati pubblicato in coda alla seconda edizione, lo studio vuole mostrare come, in ambiente mediceo, fosse avvenuta una trasformazione degli interessi che presiedevano alla lettura di Tacito, prima inteso eminentemente come 'palestra linguistica' su cui testare la duttilità del fiorentino, e poi-secondo il paradigma del cosiddetto tacitismo-come repertorio di exempla politici in grado di illustrare i meccanismi di potere con cui dovevano misurarsi i protagonisti della transizione all'assolutismo di Antico Regime.
L'articolo analizza il ruolo di mediazione che il racconto utopico The Commonwealth of Oceana di James Har-rington ha svolto nelle interpretazioni di Machiavelli proposte in area anglosassone dal cosiddetto republica-nism. L'ipotesi è che... more
L'articolo analizza il ruolo di mediazione che il racconto utopico The Commonwealth of Oceana di James Har-rington ha svolto nelle interpretazioni di Machiavelli proposte in area anglosassone dal cosiddetto republica-nism. L'ipotesi è che la lettura orientata delle tesi machiavelliane sviluppata da Harrington (in particolare, la valorizzazione del ruolo della costituzione mista negli scritti del Segretario e l'espunzione del ruolo della con-flittualità sociale che i Discorsi propongono) abbia preparato il terreno alle successive interpretazioni dell'opera di Machiavelli condotte da quella che, impropriamente, viene definita 'Scuola di Cambridge'. Va-lorizzando più gli elementi di continuità con la tradizione classica che non quelli che ne prefigurano un su-peramento, Quentin Skinner legge Machiavelli come la voce eminente di una tradizione 'neo-romana', tra-mite la quale ripensare il concetto di libertà al di là della sua declinazione liberale.
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Il contributo analizza le due vite di Annibale presenti nel 'De viris' di Petrarca e nel 'De casibus' di Boccaccio, per mostrare come la selezione delle fonti e l'organizzazione narrativa di una medesima biografiaconsenta di rispondere a... more
Il contributo analizza le due vite di Annibale presenti nel 'De viris' di Petrarca e nel 'De casibus' di Boccaccio, per mostrare come la selezione delle fonti e l'organizzazione narrativa di una medesima biografiaconsenta di rispondere a due progetti diversi dal punto di vista storiografico e speculativo.
L’articolo propone un’analisi del Dialogus di Benedetto Accolti alla luce del dibattito umanistico inerente alla scrittura della storia. Per chiarire le modalità con cui il cancelliere fiorentino costruisce il suo canone moderno di... more
L’articolo propone un’analisi del Dialogus di Benedetto Accolti alla luce del dibattito umanistico inerente alla scrittura della storia. Per chiarire le modalità con cui il cancelliere fiorentino costruisce il suo canone moderno di ‘uomini illustri’, si discutono le fonti storiografiche classiche dell’opera (con particolare riferimento a Sallustio, Livio e Agostino), mostrando come l’idea di parzialità degli autori di historiae sia funzionale alla definizione di un progetto storiografico capace di riscattare la modernità dai giudizi che ne decretavano l’inferiorità rispetto all’antico.
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L’articolo propone un caso di studio relativo alle modalità di traduzione degli Ab urbe condita nei Discorsi di Machiavelli. In particolare, l’analisi si sofferma su due sintagmi – “guardia della libertà” e “legge dell’ambizione” – per... more
L’articolo propone un caso di studio relativo alle modalità di traduzione degli Ab urbe condita nei Discorsi di Machiavelli. In particolare, l’analisi si sofferma su due sintagmi – “guardia della libertà” e “legge dell’ambizione” – per mostrare come la versione di due nozioni afferenti alla lingua del diritto romano sia utilizzata nell’opera machiavelliana non tanto come mera resa della fonte, ma come strumento argomentativo in grado di riorientare la narrazione storiografica. L’ipotesi è che Machiavelli intenda le parole di Livio come cellule di pensiero che, prelevate della storia antica, diventano funzionali anche all’elaborazione della storia contemporanea (cosicché, ad esempio, l’istituzione del tribunato della plebe serve a riflettere su alcune prerogative del gonfalonierato). Lo studio vuole così mostrare come, sin dal primo capitolo dell’opera propriamente dedicato al commento di episodi liviani, i Discorsi istruiscano un rapporto dinamico con la fonte, più interessato al riuso politico dei concetti che ad una loro restituzione filologicamente accurata.
Nel capitolo 12 del primo libro dei 'Discorsi' Machiavelli, articolando la sua tesi sul rapporto tra religione civile e tenuta dello Stato, presenta – secondo il protocollo argomentativo dell’opera che prescrive di illustrare una tesi... more
Nel capitolo 12 del primo libro dei 'Discorsi' Machiavelli, articolando la
sua tesi sul rapporto tra religione civile e tenuta dello Stato, presenta – secondo il protocollo argomentativo dell’opera che prescrive di illustrare una tesi politica generale su un exemplum romano – un episodio tratto dagli 'Ab urbe condita' di Tito Livio relativo alla presa di Veio. Durante il saccheggio della città, questa la versione liviana, alcuni iniziati udirono la statua di Giunone parlare e chiedere di essere trasferita a Roma. Machiavelli, che scrive di questa vicenda negli anni di crisi del sistema repubblicano e di rifondazione del principato mediceo, ripropone quest’episodio dopo averlo sottoposto a significative trasformazioni: su tutte, l’idea che quella visione fosse in realtà una semplice suggestione, alimentata deliberatamente dal generale Camillo. La manifestazione del sacro nella storiografia di Livio diventa uno strumento di riflessione politica, con il quale costruire il plesso concettuale che, in Machiavelli, tiene insieme religio e lingua della guerra. Quello degli usi politici del sacro è per Machiavelli un problema cruciale, non dissociabile dal ripensamento delle istanze savonaroliane che attraversano l’opera, per il quale non esita ad alterare la fonte che sta commentando, riscrivendola perché da essa sembri derivare una concettualizzazione che, in realtà, la precede.
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Questo articolo analizza l’uso delle fonti storiografiche latine all’interno degli scritti politici dei Cancellieri della Repubblica fiorentina. In particolare, esso esamina le manipolazioni degli Ab urbe condita in alcuni testi di... more
Questo articolo analizza l’uso delle fonti storiografiche latine all’interno degli scritti politici dei Cancellieri della Repubblica fiorentina. In particolare, esso esamina le manipolazioni degli Ab urbe condita in alcuni testi di Coluccio Salutati, Bartolomeo Scala e Niccolò Machiavelli, con l’ipotesi che la riformulazione narrativa degli episodi sia funzionale all’argomentazione politica portata avanti nei testi. Si vuole così individuare l’uso politico delle fonti come specificità dei testi di intervento prodotti dagli intellettuali di Firenze impegnati nell’attività di governo, come uso specifico, meno attento al rigore filologico e più all’efficacia retorico dei materiali storiografici citati, tradotti e commentati.

L'intero numero di Laboratoire italien - L'office du silence : les devoirs du secrétaire (XV e -XVI e siècle), si può leggere in open access al seguente link: https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/3302
Il presente contributo – relativo alla stratificazione redazionale dei Ricordi di Francesco Guicciardini - è articolato in tre momenti. Il primo è dedicato all’approccio variantistico applicato alla redazione C dei Ricordi, a partire... more
Il presente contributo – relativo alla stratificazione redazionale dei Ricordi di Francesco Guicciardini - è articolato in tre momenti. Il primo è dedicato all’approccio variantistico applicato alla redazione C dei Ricordi, a partire dall’esempio concreto della semantica del ‘tormento’ per come essa si sviluppa nella redazione del ‘30. Nella seconda parte si ricordano alcune peculiarità dello scritto guicciardiniano in esame, con la convinzione che esse impongano alcuni correttivi ai protocolli classici della ‘critica degli scartafacci’, definendo la possibilità di analizzare la riscrittura dei Ricordi non tanto a partire dall’idea che le redazioni precedenti siano ‘abbozzi’, ma invece considerandole nella loro autonomia. Nella terza parte si propone quindi di considerare i ricordi assenti nelle redazioni precedenti come spie di una pratica di scrittura legata sempre ad un’urgenza politica a partire dalla quale temi, motivi e parole emergono nella riflessione di Guicciardini: la trama di ricordi legati, lato sensu, alla tematica religiosa sarà il caso di studio concreto di questa argomentazione.
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Nel quarto capitolo dei Discorsi Machiavelli sviluppa nel modo più esplicito una delle tesi più discusse della sua opera: la ‘teoria dei tumulti’, ossia l’idea che – lungi dal rappresentare un ostacolo alla tenuta dello stato repubblicano... more
Nel quarto capitolo dei Discorsi Machiavelli sviluppa nel modo più esplicito una delle tesi più discusse della sua opera: la ‘teoria dei tumulti’, ossia l’idea che – lungi dal rappresentare un ostacolo alla tenuta dello stato repubblicano – il conflitto patrizio-plebeo fu uno strumento di costante rivitalizzazione istituzionale che garantì longevità a Roma. Di fronte alla novità di questa prospettiva teorica, apertamente
in rottura con la tradizione umanistica legata alla concordia come precondizione per l’armonico sviluppo del «vivere civile», la critica machiavelliana si è spesso interrogata sulle possibili fonti, classiche e moderne, ad essa attribuibili. Il presente saggio, ripercorrendo le più importanti proposte sull’argomento, ipotizza che un ruolo all’interno della genesi delle celebri pagine machiavelliane sulla «disunione tra plebe e senato» poté averlo una delle due pseudo-sallustiane epistole a Cesare, testi ormai considerati apocrifi in modo pressoché unanime dai filologi classici, ma che tra ʼ400 e ʼ500 circolavano aproblematicamente all’interno del corpus di Sallustio.
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This chapter sheds light on the narrative strategies and techniques involving reported speech in Machiavelli’s diplomatic records and historical writings. The focus is on the diplomatic correspondence of his 1502 mission to Cesare Borgia... more
This chapter sheds light on the narrative strategies and techniques involving reported speech in Machiavelli’s diplomatic records and historical writings. The focus is on the diplomatic correspondence of his 1502 mission to Cesare Borgia and on his Discourses on Livy. Analysis of the rhetorical devices that Machiavelli uses to report his own words and those of others shows that his letters and the Discourses exploited the intrinsically reconstructive nature of reported speech and its paradoxical communicative function: to maximize the perception of veracity through unrestrained manipulation. Two case studies will shed light on the relationship between fact and fiction and between information and its manipulation in early modern Italy. In particular, these relationships are captured by analyzing the interplay between, on the one hand, the communicative dynamics of diplomatic writings and, on the other, research into old historical texts and the writing of contemporary history. Machiavelli’s writings demonstrate clearly that direct discourse could be used as a tool to reinforce the verisimilitude and credibility of a narrative. At the same time, his careful selection and manipulation of reported words exploited the persuasive force of the words of others to further his own line of argument.