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Theoretical criminology, 2019
In a contemporaneity of high mobility, porous borders, and harsher immigration laws, the great ma... more In a contemporaneity of high mobility, porous borders, and harsher immigration laws, the great majority of illegalized migrants are not deported; they remain in the territory in a condition of legal non-existence. Through a case study of the interaction between illegalized migrants and police in Italy, this article demonstrates the utility of the concept of “border performativity” for the research on border control. It reveals how “differential inclusion” operates in a particular site, and it uses Althusser’s concept of interpellation in its discussion of discipline and resistance in the mechanisms of internal bordering. Finally, my development (and use) of the term undeportability extends theory by urging criminologists of mobility to consider contexts in which choices are structured by the inability of officials to fully deploy the deportation regime.
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This article interrogates whether a crimmigration frame could be used to assess immigration contr... more This article interrogates whether a crimmigration frame could be used to assess immigration control in Italy. It argues that even if crimmigration laws are similar across European countries, the outcomes of European border control depend on the local context. It looks at the interaction between police, judges, and migrants at the internal borders in Bologna, Italy. The article is based on quantitative data (analysis of case files on pre-removal detention in Bologna's detention centre) and qualitative data (one-to-one in-depth interviews with migrants and justices of the peace, and participant observation). The case study focuses on 'differential inclusion' of undocumented migrants informally allowed to remain in the Italian territory. Police manage illegality rather than enforcing removals, using selective non-enforcement of immigration laws as effectively as enforcement itself. The article's main hypothesis is that, at the local level, the production of borders works as a provisional admission policy to include undocumented migrants, though in a subordinated position. This paper examines how border control operates in the policing of undocumented migrants in Italy. Much criminological research assumes that border control follows the logic of exclusion and focuses on the mechanisms through which undocumented migrants are removed (see, among others, Cheliotis, 2013; Ugelvik and Ugelvik, 2013). In the Italian case, border control results in the far more frequent circumstance whereby undocumented migrants are informally allowed to remain, despite the lack of official
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Etnografia e ricerca qualitativa, 3/2017
In this article, I use the ethnographic study of immigration courts to show how internal borders ... more In this article, I use the ethnographic study of immigration courts to show how internal borders operate, making a distinction not between legal/illegal migrants, but between undocumented migrants who must be deported and those who can stay. In the case study, the justices of the peace share the idea that police only select «dangerous» migrants, and that only these should be convicted of immigration crimes. The supposition of who is/is not a criminal is based on three assumptions and on what the migrant was charged for. The distinction is then mapped on six different «frames of dangerousness» («drug dealer» vs «perfect labourer», «sex worker» vs. «care worker», «asylum see-ker», «family member»), positions that are attributed along lines of gender, racialized nationality, and class. I make the point that Europe is shaping itself vis-à-vis both those undocumented migrants who are eventually deported, and those who keep on living in the country of arrival as «differentially incor-porated» subjects.
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Studi sulla questione criminale, 2016
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in "Materiali per una storia della cultura giuridica moderna", XLVII, 2, 2017, pp. 515-531
The paper argues that immigration detention has been turned into a quick sur-rogate of criminal p... more The paper argues that immigration detention has been turned into a quick sur-rogate of criminal policies that the police may use for the purpose of managing the 'dangerous' populations in the urban space, with the purpose of producing a (more ideal than real) ordered and secure public space. Dangerousness and risk have recently become core concepts in the Italian immigration law with regards to detention and deportation. We found that the police and judges of the Peace abuse the rhetoric of dangerousness and risk in a way that is altering the very nature of immigration detention and its declared functions. Drawing from about 400 removal decrees and detention orders collected in Bari and Bologna, the paper argues that immigration detention in Italy is a dispositif for selecting and containing what we might name as a specific 'dangerous mobility', rather than for removing irregular immigration tout court. We will focus on how a specific 'rhetoric of dangerousness' is constructed and used by the police and judges in decisions to detain migrants.
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Antigone, 2017
Il saggio è un excursus sulle conseguenze delle politiche di contrasto al radicalismo e terrorism... more Il saggio è un excursus sulle conseguenze delle politiche di contrasto al radicalismo e terrorismo, sulle politiche di gestione e sulle relazioni con la popolazione migrante. Dalle forme di etichettamento alle correlazioni inferenziali, il saggio ripercorre gli effetti e le trasformazioni che questa correlazione ha prodotto negli ultimi anni partendo dalle polarizzazioni estremisti violenti/richiedenti asilo e riflettendo sul caso italiano, sull'uso delle espulsioni e sulle forme di restrizione della cittadinanza.
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Book chapters
Amministrazione, cultura giuridica e ricerca empirica, 2018
Abbracciando una prospettiva socio-giuridica, ci si sente di poter affermare che la sola analisi,... more Abbracciando una prospettiva socio-giuridica, ci si sente di poter affermare che la sola analisi, per quanto critica, del dettato giuridico non possa dar conto delle razionalità che guidano il controllo dei confini. Anche perché, come aff erma di nuovo Wonders, le politiche statali legate al confi ne non trovano signifi cato fi nché non vengono performate o dagli agenti statali o d a chi attraversa i confi ni. Il processo di interazione tra questi due attori, infatti, “gioca un ruolo fondamentale nel determinare dove, come e sul corpo di chi un confine verrà performato” (Wonders 2006: 66. Traduzione mia). I meccanismi di controllo dei confini non possono d’altra parte considerarsi come unicamente costituiti dalle pratiche, ma anche dalle narrative e dai discorsi che contribuiscono a dare forma e legittimazione a quelle pratiche. In un certo senso, proprio come sembra valere per il controllo più in generale, anche il controllo dei confini può essere letto come il prodotto “dell’interazione discorsiva di tutti gli attori coinvolti nel processo” (Melossi 2008: 7). Proprio per questo, il concetto di cultura giuridica, con tutta la complessità di cui esso stesso è portatore, verrà utilizzato in questa sede per catturare la molteplicità di attori e delle norme, dei discorsi e delle diverse culture che ispirano e incidono nel processo decisionale, e che, a voler adottare un approccio eminentemente giuridico d’analisi, rimarrebbero altrimenti celate. Dopo aver delineato nello specifico il ruolo del Giudice di Pace nel controllo dell’immigrazione e aver accennato al rapporto tra questo e la Polizia, si passerà a descrivere la metodologia di ricerca utilizzata. Nel corpo centrale del capitolo si presenteranno i dati della ricerca, che verranno utilizzati al fi ne di sottolineare il modo in cui si è proceduto a differenziare gli elementi riconducibili alla cultura giuridica di polizia, da quelli afferenti alla cultura giuridica del Giudice di Pace, e ci si soffermerà infine sulle interdipendenze tra queste due culture giuridiche oscillanti. Nelle conclusioni si avanzerà una riflessione sul legame tra diritto e confine, e sui vantaggi di introdurre il concetto di “cultura giuridica del confine” nell’analisi dei meccanismi di controllo in atto.
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Sicurezza in città. Pratiche di controllo all’interno dello spazio urbano, 2015
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Visto Censura. Lettere di prigionieri politici in Italia (1975-1986), 2017
Con la repression contro la lotta armata in Italia di fatto si operò il trasferimento forzato dal... more Con la repression contro la lotta armata in Italia di fatto si operò il trasferimento forzato dalla società libera al dentro carcerario di una effervescenza politica organizzata e ancora attiva: centinaia e centinaia di soggetti politicizzati che, dall'interno, non smisero di mettere in atto lotte, rivendicazioni e produzioni teoriche che da quell momento ebbero ad oggetto proprio il carcerario. In particolare per le donne dtenute la carcerazione delle "politiche" ha un valore storico di alto rilievo, in quanto alla fine degli anni Sessanta si ha per la prima volta l'entrata di un gran numero di soggetti politicizzati nel circuito della detenzione femminile e la creazione dei primi collettivi di donne recluse. E' anche la prima volta in cui si produce l'incontro tra "politiche" e "comuni", con tutte le difficoltà del caso, ma anche con le possibilità di cambiamento e di contagion che da questo momento si mettono in atto. Saranno le donne della lotta armata le prime a mettere in crisi il sistema di detenzione femminile fino ad allora basato su un modello "familiar" di gestione della detenuta, dove il reato compiuto da una donna era visto soprattutto come atto di amoralità e colei che lo commetteva poteva essere "riabilitata" sempre, soprattutto attraverso la preghiera come atto di disciplina e pentimento imposto dale suore. Le lettere delle detenute politiche dal carcere costituiscono un'importante finestra sulle problematiche specifiche della condizione delle della donna detenuta e sono anche una testimonianza dell'inizio di una resistenza al particolare tipo di violenza proprio di queste strutture.
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Penal Abolitionism: Papers from the Penal Law, Abolition and Anarchism Conference Volume I, 2016
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Book reviews
Studi sulla Questione Criminale
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Punishment and Society
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Research reports
Thesis
Articles and Book Chapters
Theoretical Criminology, 2019
Drawing on an empirical study, this article explores the role of immigration detention in Italy b... more Drawing on an empirical study, this article explores the role of immigration detention in Italy by analysing the way a specific rhetoric of 'dangerousness' has developed and is being used within the framework of immigration enforcement policies. Our argument is that immigration detention has been transformed into an instrument of crime prevention and 'social defence', and that this transformation is fuelled by the central position that the legal categories of 'risk' and 'danger' have assumed in the regulation of the return procedure. The article contends that immigration law enforcement agencies can make use of immigration detention as a flexible control tool to manage what are perceived as the most problematic populations in urban areas, thus practising a policy of selective enforcement that while not explicitly built along racial and ethnic lines, clearly discriminates among migrants according to their 'social marginality' or supposed 'social dangerousness'.
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