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Cangresso SIS, Pisa 3 febbraio 2017.
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PRESENTAZIONE DELL’EDIZIONE ITALIANA DI: Günther Anders, Lo sguardo dalla torre. Favole con le illustrazioni di A. Paul Weber, a cura di Devis Colombo, con la prefazione di Goffredo Fofi. Pubblicata in occasione del ventennale... more
PRESENTAZIONE DELL’EDIZIONE ITALIANA DI: Günther Anders, Lo sguardo dalla torre. Favole con le illustrazioni di A. Paul Weber, a cura di Devis Colombo, con la prefazione di Goffredo Fofi.



Pubblicata in occasione del ventennale dalla scomparsa del filosofo, attivista e poeta Günther Anders (1902-1992), la raccolta di favole filosofiche Lo sguardo dalla torre (Mimesis 2012) si presenta oggi come uno stimolante strumento per comprendere a fondo sia l’attualita di questo pensatore eretico, sia le trasformazioni dell’anima degli uomini e del mondo in cui essi vivono che egli intendeva raccontare. In bilico fra lo stile di Kafka e Brecht, le acute e taglienti favole di Anders non soltanto riescono con efficacia disarmante a mettere a nudo i vizi dell’uomo contemporaneo – quali il razzismo,
il cinismo, l’intolleranza, il nichilismo – ma al tempo stesso, potenziate dalla forza figurativa della sua lingua poetica e dalla trasfigurazione letteraria della sua “fantasia morale”, catapultano il lettore all’interno di avvenimenti paradossali, situazioni disperanti e possibili storie di resistenza che rispecchiano direttamente le più significative considerazioni filosofiche
andersiane. Ne parleremo con: Maurizio Guerri (Accademia di Belle Arti di Brera), Paola Bozzi (Università degli Studi di Milano), Devis Colombo (Università di Marburgo).
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Lo sguardo dalla torre raccoglie le favole che Günther Anders scrisse tra il 1931 e il ‘68. In un tempo in cui l’umanità fatica a mantenere il passo con lo sviluppo della tecnica, occorre rivedere radicalmente il nostro modo di pensare,... more
Lo sguardo dalla torre raccoglie le favole che Günther Anders scrisse tra il 1931 e il ‘68. In un tempo in cui l’umanità fatica a mantenere il passo con lo sviluppo della tecnica, occorre rivedere radicalmente il nostro modo di pensare, abbandonando le tradizionali categorie del discorso. Così questa scelta narrativa del filosofo tedesco non è dovuta a una semplice ragione di stile, ma a un’esigenza concreta di resistenza all’impoverimento del linguaggio che l’incontrastata proliferazione degli apparati tecnici porta con sé. Per far fronte al senso d’inferiorità originato dalla sempre più autonoma funzionalità dei prodotti da lui stesso creati - ciò che Anders definisce “vergogna prometeica” - l’uomo tende ad assorbire le modalità univoche e immediate dei segnali delle macchine, perdendo quella capacità dialogica e riflessiva di comunicare che costituisce il fondamento dell’essere umano, e dalla quale dipende la possibilità di immaginare e di provare sentimenti. Le favole diventano allora uno strumento, tanto critico quanto salvifico, di riflessione, a partire da uno sguardo rinvigorito, fantasioso quanto provocatorio che soltanto la forma favolistica è in grado di offrire.

Günther Anders (Breslavia 1902 - Vienna 1992), allievo di Husserl e di Heidegger, compagno di pensiero e di vita di Hannah Arendt, è uno dei maggiori pensatori eretici del Novecento. Divenne noto sia per la sua riflessione sul “dislivello prometeico” tra l’uomo e la tecnica (L’uomo è antiquato, vol. I e II, 2003), sia per l’attività di critico letterario (Uomo senza mondo. Scritti sull’arte e sulla letteratura, 1991; Kafka. Pro e contro, 2006) e di scrittore (La catacomba molussica, 2008). In Italia è stato insignito nel 1961 del Premio letterario “Della Resistenza - Città di Omegna” per l’opera Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki.

Andreas Paul Weber, illustratore e pittore tedesco (1893 - 1980), per la sua opposizione al regime nazista venne arrestato e internato in un campo di concentramento. Autore di litografie di critica sociale e politica, dopo la guerra collaborò al noto giornale satirico Simplicissimus dal 1954 al 1967. Le sue opere sono state esposte nelle più importanti mostre d’arte internazionali.

http://www.mimesisedizioni.it/Mimesis/Lo-sguardo-dalla-torre.html
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Questo studio ruota attorno all'approfondimento delle categorie di "esperienza" e di "contingenza" nella filosofia di Günther Anders (1902-1992), mostrando in quale misura esse - nonostante le numerose "cesure" che lo stesso autore ha... more
Questo studio ruota attorno all'approfondimento delle categorie di "esperienza" e di "contingenza" nella filosofia di Günther Anders (1902-1992), mostrando in quale misura esse - nonostante le numerose "cesure" che lo stesso autore ha individuato all'interno del suo pensiero - siano da considerare un elemento di unione di tutta la sua produzione intellettuale. Tali categorie vengono declinate in relazione alle diverse fasi del pensiero di Anders e alle rispettive discipline cui egli approda progressivamente nel corso della sua formazione filosofica, vale a dire la fenomenologia, l'antropologia filosofica, l'esistenzialismo e infine l'etica della tecnica, offrendo un rinnovato ritratto di uno dei più profondi e stimolanti critici della civiltà tecnica.
[dall'Introduzione] (...) Intrecciando in modi diversi l’eredità di Bakunin, Kropotkin, Proudhon e Landauer, Rocker rappresenta forse uno degli ultimi teorici dell’anarchismo ad aver tentato di formulare una teoria generale e di dare al... more
[dall'Introduzione]
(...) Intrecciando in modi diversi l’eredità di Bakunin, Kropotkin,
Proudhon e Landauer, Rocker rappresenta forse uno
degli ultimi teorici dell’anarchismo ad aver tentato di formulare
una teoria generale e di dare al movimento anarchico
una chiave di lettura autonoma, capace di decifrare il presente
in divenire. Rocker appare allora come un pensatore di
faglia capace di interpretare con originalità quel drammatico
momento per la storia dell’anarchismo costituito dal periodo
che intercorre tra la sconfitta della Rivoluzione spagnola e la
fine della seconda guerra mondiale, senza rifuggire da un sincero
confronto con i nuovi assetti delle democrazie liberali. (...)

Indice dei nomi disponibile qui: https://eleuthera.it/scheda_libro.php?idlib=464
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Psychoanalysis, whatever its theoretical background, deals with individuals, individual stories and clot of sorrows that, apparently, have nothing to do with the collective dimension of human life and, in particular, with political life.... more
Psychoanalysis, whatever its theoretical background, deals with individuals, individual stories and clot of sorrows that, apparently, have nothing to do with the collective dimension of human life and, in particular, with political life. For these reasons, the Left Wing – for long time – has considered politics as a “bourgeois” and intimist practice, indifferent to the great issues of society and economics. Such concept was challenged by the so-called Freudo-Marxism, by the Frankfurt School and, subsequently, by some members of the political and cultural movement of Protest of 1968, who highlighted the uncompromising social nature of psychoanalysis theorizing on an originally collective subject. It could be affirmed that, at least starting from the book “Civilization and its Discontents” by Freud, psychoanalysis has always dealt with the relationship between society and the individual, focussing on a fundamental anthropological assumption: the individual discontent is a consequence of the social discontent; interior life is the other side of the exterior life. Such an assumption hints at a certain “family similarity” with the ‘psychological’ theories by Marx, subsequently developed by Vygotskij.
In this perspective, it is possible to enhance the line of psychoanalysis that transformed the pathogenic link between society and the individual into its main investigation field, as shown by Reich, Fromm and, above all, by Marcuse. The latter, without being a psychoanalyst, developed his own philosophical analysis and built his own theories on the social emancipation, starting from Freud.
Lacan’s ideas intervened into this research field, despite their hetherodox and original nature, insofar the intrinsic political nature of his work is linked to the issue of desire. In his Seminar 7 the Ethics of Psychoanalysis he formulated one of the most interesting principles of political psychoanalysis: “the only thing of which one can be guilty is of having given ground relative to one's desire”. However, what is at stake in the relationship between psychoanalysis and politics is, thus, the issue of desire; but which desire? Contemporary capitalism assails us with desires; it is therefore our task to investigate desire from a psychoanalytical and - perhaps - genealogical point of view. Who longs for these desires?
A possible answer is suggested by Marx’s philosophical and political legacy, that reflects on historicity and on the “ideological” nature of desires, as well as by Lacan himself that interprets them psychoanalytically as functions of the Ego considered as an imaginary entity. Lacan’s desire is not the one of the Ego, rather something that could be quantified as unconscious and bodily, impersonal and inexpressible. Such a desire is incompatible with the current social and economic order, as it is demonstrated by the constant attack the latter carries out against psychoanalysis. Similar issues have been proposed at the beginning of the 21st Century by authors such as Laclau, Žižek, Badiou and Butler who reinterpreted the political theory on the background of psychoanalysis. The book by Stavrakakis, titled The Lacanian Left, provided a detailed map of such a lively debate modernising the philosophical definitions and categories that demonstrate the validity of psychoanalysis as a criticism about economy, culture and politics.
In this issue of L’inconscio. Rivista Italiana di Filosofia e Psicoanalisi we propose to reflect on the relationships between desire and politics, history and unconscious, body and language.
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