Gotico internazionale

Il castello della Manta, nei pressi di Saluzzo, è un eccezionale scrigno della pittura cortese, autentico «tesoro piemontese». Reso unico dagli splendidi affreschi tardogotici che ne decorano le sale, considerati fra i più importanti d’Europa, è un’affascinante fortezza medievale trasformata nei secoli in palazzo signorile dalla nobile famiglia dei Saluzzo della Manta, che ne mantenne la proprietà per oltre quattrocento anni.
L’attuale fisionomia del complesso è infatti il risultato dei tanti ampliamenti e rimaneggiamenti operati nel corso dei secoli dai diversi discendenti della dinastia. Di particolare pregio è l’adiacente Chiesa di Santa Maria al Castello, di origine quattrocentesca. È di proprietà del Fai (Fondo Ambiente Italiano).

Il documento discute l'evoluzione architettonica e simbolica delle cattedrali gotiche nel Medioevo. Nota che le cattedrali gotiche rappresentano una rottura significativa con lo stile romanico precedente, con il loro enfasi sulla verticalità, la leggerezza e la luminosità rispetto alle chiese romaniche più massicce e orizzontali.

L'architettura gotica ha comportato una sperimentazione radicale e una partenza dalle tecniche costruttive del passato, richiedendo la creazione di nuovi elementi strutturali per sostenere le strutture alte e piene di luce. Lo sviluppo delle cattedrali gotiche è progredito nel tempo, dagli esempi più precoci del XII secolo alle strutture sempre più verticali e "svuotate" dello stile gotico "fiammeggiante" del XIII secolo.

Il documento evidenzia anche come ci fosse una stretta relazione tra i cambiamenti teologici e filosofici del periodo e le nuove tecniche architettoniche e i significati simbolici incarnati nelle cattedrali gotiche.

Il Quattrocento "internazionale" Il secolo è ricco di linguaggi figurativi differenti che si presentano come innovatori rispetto alla tradizione. Tardogotico, stile dolce o gotico cortese: sono denominazioni che tengono conto solo di alcuni aspetti dell'arte.

La pittura a Sassuolo dal Quattrocento all'Ottocento attraverso le opere della chiesa palatina di San Francesco, annessa al Palazzo Ducale: da un raro affresco del gotico "internazionale" alle committenze di Francesco I d'Este a Michele Desubleo e a Jean Boulanger; dalla seicentesca "macchina" scenografica voluta dalla duchessa Laura Martinozzi, vedova di Alfonso IV, per celebrare la venerata reliquia del Santo Tronco alla pala settecentesca di Antonio Consetti, accanto a una serie di ritratti preziosi per l'iconografia dei Pio di Savoia e degli Estensi.

The fifteenth-century frescoes of the castle of La Manta, Piedmont, are generally believed to convey a complex allegorical meaning, in which moral and religious messages mingle with dynastic and political references. However, an examination of the subjects of the paintings (the Nine Worthies and the Nine Heroines, the Fountain of Youth, the Crucifixion with the Baptist and St. Quentin), and a reconstruction of the artistic and historical background of the frescoes lead to reject such a hypothesis, suggesting that originally the cycle was not meant to be read as an allegory. The discussion touches on some specific aspects regarding the paintings (celebration of the patrons, meaning of the heraldic elements, visual models, literary sources), as well as on the general processes involved in the creation of iconographic programmes in medieval secular art.

At the beginning of the fifteenth century, Florence became one of the centers from which the so-called ‘International Gothic’ radiated. The frescoes of Gherardo Starnina and the Empoli polyptych of Lorenzo Monaco established a new point of departure for Florentine artists, who were able to overcome the influence of the Giottesque tradition. An interesting case is how and in which manner these examples were spread
to Pisa, Volterra, and Lucca. Of these cities, Lucca was the one which, with a great polyptych by Starnina, contributed to the circulation of this new stylistic paradigm. Exposed to the influence of both Florence and Lucca, on the other hand, the way in which Pisa and its artists reacted to these novelties permits one to trace a unique and interesting history: Works by Alvaro Pirez, Borghese di Piero, and Battista di Gerio are the best examples of the new style and of its dissemination.

"Gli affreschi dell’oratorio della Ss. Annunziata di Riofreddo (circa 1422) sono oggetto del presente studio ove è tratteggiato il contesto politico e artistico durante il quale sono stati realizzati; sono esaminate le singole rappresentazioni dipinte rintracciandone le fonti letterarie, iconografiche e stilistiche ed illustrando l’intero programma iconografico dell’oratorio. È, inoltre, analizzato lo stile dei pittori che lo hanno affrescato, ricostruendo gli influssi da loro subiti e gettando uno sguardo anche sugli esiti successivi di ricezione da parte degli artisti più giovani.
Per la prima volta, è individuata la fonte della rappresentazione dei cori angelici, giungendo all’identificazione dei gruppi di ciascun angelo, proposta l’identificazione del committente in una delle figure dipinte nell’oratorio ed è ipotizzato l’intento dello stesso, attraverso una nuova identificazione dei Dottori della Chiesa ivi raffigurati."

A survey on the history of painting in southern-west Piedmont, from the rich International Gothic season, to the first Reinassance openings. Most important artists: Maestro della Manta, Rufino d'Alessandria, Maestro di Sant'Albano Stura, Pietro Pocapaglia da Saluzzo, Antonio da Monteregale, Giovanni Mazzucco, Giovanni Baleison, Tommaso e Matteo Biazaci, Hans Clemer, Macrino d'Alba, Gandolfino da Roreto.


Il saggio, pubblicato nel giugno 2005 sul sito dell'UCIIM di Torino, Piemonte e Valle d'Aosta, offre una panoramica sulle correnti pittoriche e le principali personalità e opere presenti nel Piemonte sud-occidentale nel corso del Quattrocento, con riferimento soprattutto ai territori dell'attuale provincia di Cuneo. I maggiori centri artistici, Saluzzo, Mondovì, Ceva, Fossano e Alba, risentono di molteplici influssi culturali, caratteristici di un'area di confine, di transito e di scambi come il Piemonte e, in generale, l'area alpina. Prevalgono i contatti con l'area lombarda, francese e ligure, quest'ultima a sua volta mediatrice di apporti di varia provenienza e vasti orizzonti, non solo legati alle regioni più prossime, come la Lombardia, la Provenza e la Toscana, ma anche aperti al più complesso contesto mediterraneo. La corrente stilistica prevalente è il Gotico internazionale, nelle sue diverse declinazioni e sino alle evoluzioni più tarde, ma a partire dalla fine del XV secolo iniziano anche le aperture verso le novità rinascimentali. Fra gli artisti di maggior rilievo sono trattati il Maestro della Manta, autore del ciclo di tema profano nella Sala Baronale del Castello di Manta (Cn), nei pressi di Saluzzo, uno dei capolavori del Gotico internazionale; Rufino d'Alessandria e il Maestro di Sant'Albano Stura (di cui si ipotizza l'identificazione più probabile con Antonio Pocapaglia da Saluzzo, sostenuta negli anni successivi anche da altri studiosi), che risentono di componenti stilistiche liguri e lombarde; Pietro Pocapaglia da Saluzzo, probabile erede della bottega in precedenza diretta da Antonio, che divulga il linguaggio elegante ed estroso del Maestro di Sant'Albano e si può considerare il più fortunato e longevo interprete delle ornate cadenze tardogotiche nei territori del Marchesato saluzzese; Antonio da Monteregale e altri rappresentanti della scuola monregalese e cebana (Frater Henricus, il Maestro di Santa Croce, Segurano Cigna, Giovanni Mazzucco...), segnati dall'esempio della pittura ligure di impronta toscaneggiante dei primi decenni del Quattrocento. Mentre la cultura jaqueriana, vicina a coeve esperienze pinerolesi, trova dei continuatori - dopo gli apici del Maestro della Manta - nel Maestro di San Salvatore a Macra e in Giorgio Turcotto da Cavallermaggiore, le aperture verso la "pittura di luce" ligure-nizzarda e provenzale, vivificata dai modelli di maestri come Enguerrand Quarton e Giacomo Durandi, consentono ad alcuni pittori della seconda metà del secolo, come Giovanni Baleison da Demonte (la cui attività giovanile coincide con il considdetto "Maestro di Lucéram"), Giovanni Canavesio da Pinerolo, i fratelli Tommaso e Matteo Biazaci da Busca, il Maestro della Madonna dei Boschi a Boves e in parte anche gli artisti anonimi di Roccaverano e del Polittico di Boston di sviluppare un linguaggio più semplificato, solenne, plastico e aggiornato. Gli sviluppi propriamente rinascimentali giungeranno però più tardi, e saranno segnati anche in questo caso da una miscela di contributi diversi: nordici e franco-provenzali, mediati soprattutto da Hans Clemer (il grande "Maestro d'Elva") e dal Maestro di San Martino Alfieri; lombardi e padani, dovuti soprattutto agli esempi di Martino Spanzotti; liguro-nizzardi e mediterranei, evidenti negli esordi di Gandolfino da Roreto; centro-italiani, importati da Macrino d'Alba, reduce da un soggiorno romano, che gli consentì di introdurre in Piemonte componenti classicheggianti.

Disponibile sul sito dell'Uciim:

http://www.uciimtorino.it/pittura_quattrocentesca.htm

Una sintesi sulle arti figurative del Saluzzese durante il suo secolo d'oro, il Quattrocento, con particolare riferimento alla pittura, ma anche richiami ai rapporti con l'oreficeria, la scultura lignea e quella in pietra, nonché i decori in terracotta. Emergono alcune novità sia nella prima metà del Quattrocento, soprattutto nell'ambito delle decorazioni profane (come il ciclo di Casa Vacca a Saluzzo), sia nella seconda metà del secolo, per quanto riguarda in particolare le personalità di Tommaso Biazaci, del Maestro del Polittico di Boston, di Giovanni Pietro e di Giorgio Turcotto. Si evidenziano i rapporti con la cultura francese (specie provenzale) e con quella ligure, ma anche, a livello locale, l'affinità con la coeva produzione pinerolese.

Dal catalogo della mostra "Tesori del Marchesato di Saluzzo. Arte, storia e cultura tra Medioevo e Rinascimento", svolta a Saluzzo (Monastero della Stella, Casa Cavassa e Castiglia, dal 2 luglio al 31 ottobre 2021), edito da Silvana Editoriale

Nel 1979 Maria Stella Calò Mariani dava alle stampe un memorabile saggio intitolato Note sulla pittura salentina del Quattrocento, con il quale accendeva i riflettori su una importante stagione culturale fiorita nella corte principesca degli Orsini del Balzo.
A oltre trent'anni da quell'intervento si sono succedute nuove ricerche, ricognizioni territoriali, mostre scavi, restauri, consentendo ora di rileggere il Salento alla luce di una visione critica rinnovata da tali circostanze.
Per la pittura tardogotica emerge un quadro non più relegato, in quanto a conoscenze storiografiche, alle più note emergenze pittoriche di Santa Caterina di Galatina e Santo Stefano a Soleto, «ma punteggiato di altri, talvolta notevoli esempi di minor estensione che quelle due maggiori evidenze accompagnano e da cui talvolta dipendono».
L’opera si sviluppa in trentasei sezioni dedicate esclusivamente a edifici religiosi salentini, raccolti per le antiche diocesi vescovili, rispettivamente:
Diocesi di Otranto
- Galatina, Basilica di Santa Caterina d’Alessandria
- Soleto, Chiesa di Santo Stefano
- Galugnano, Chiesa di Santa Maria della Neve
- Minervino, Chiesa di Santa Croce
- Carpignano, Cripta di Santa Cristina
- Muro Leccese, Chiesa di Santa Marina
- Otranto, Cattedrale
- Sternatia, Cripta San Sebastiano
- Sternatia, Chiesa di San Vito
- Bagnolo, Chiesa di Santa Maria dei Martiri
- Galugnano, Chiesa dell’Annunciata
- Sogliano Cavour, Chiesa di San Lorenzo
Diocesi di Castro
- Nociglia, Chiesa di Santa Maria de Itri
- Ortelle, Cripta Santa Maria della Grotta
Diocesi di Alessano-Leuca
- Montesardo, Chiesa di Santa Barbara
Diocesi di Ugento
- Presicce, Chiesa di Santa Maria degli Angeli
- Ruggiano, Chiesa di Santa Marina
- Specchia Preti, Chiesa di San Francesco d’Assisi
Diocesi di Nardò
- Copertino, Castello, Cappella della Maddalena
- Casaranello, Chiesa Santa Maria della Croce
- Nardò, Cattedrale
- Racale, Chiesa di Santa Maria del Paradiso
- Copertino, Chiesa Matrice
- Galatone, Chiesa Madonna della Grazia
- Parabita, Chiesa di Santa Maria della Cultura
Diocesi di Gallipoli
- Alezio, Chiesa di Santa Maria della Lizza
Diocesi di Brindisi
- Veglie, Cripta della Favana
Diocesi di Lecce
- Campi Salentina, Chiesa Matrice “Cappella Maremonti”
- Melendugno, Chiesa Abbaziale di San Niceta
- Lecce, Monastero di San Giovanni d’Aymo
- Lecce, Chiesa di San Niccolò e Cataldo
- Merine, Chiesa dell’Assunta
- Lecce, Abbazia di Santa Maria di Cerrate
- Monteroni, Chiesa Matrice
- Lecce, Chiesa di San Matteo.

This paper focuses on the Nine Worthies and Nine Heroines fresco in the main hall of La Manta castle (Cuneo), with the aim of shedding light on the relation between the inscriptions painted below the figures and the text of a Middle French romance, "Le Livre du Chevalier Errant", traditionally regarded as the literary source of both the iconography and the written apparatus of the paintings. A new edition of the inscriptions is followed by a collation with the two surviving manuscripts of the romance, pointing out the independence of the painted texts from those copies, and suggesting their belonging to a more complex tradition, which involves a literary attestation of the dits of the Nine Heroines not yet taken into consideration. At the same time, a compared analysis of the texts, the fresco and the illuminations of one of the manuscripts makes it possible to separate the painting from its supposed figurative model, and to specify some debated aspects regarding its iconography.

Fra le più antiche testimonianze pittoriche in Sassuolo, la Madonna del Merlo, affresco su massello di muro tradizionalmente ascritto al modenese Raffaele Calori, raffigura la Virgo lactans, derivata dall'antica iconografia bizantina della Galattotrofusa, e cioè una Madonna che allatta il Bambino, frammento superstite di un più ampio testo figurativo. La tradizionale datazione del 1452 potrebbe indurre ad ambientare l’affresco nel clima che vede, fra il 1447 e il 1460, Agnolo e Bartolomeo degli Erri, i celebri interpreti del primo Rinascimento modenese, attendere alle decorazioni pittoriche del Castello di Sassuolo; se non fosse che la Madonna del Merlo manca della sostanza qualitativa per argomentare una tale impegnativa ascrizione. Infatti, nella sua fragile grazia formale, la Madonna appare priva del senso di spazialità e del naturalismo plastico proprie della cultura rinascimentale di matrice pierfrancescana, quale quella attecchita in ambito modenese grazie a maestri come gli Erri e i Lendinara. L'affresco sassolese un lato non sembra ancora partecipe di quelle nuove esperienze plastico-prospettiche, dall’altro non appartiene più alla tradizione, autorevole e radicata, del tardogotico locale. E' così da rivedere l'antica attribuzione, come la cronologia, più avanzata di vari anni, e forse decenni, rispetto alla data non più certa del 1452.

Con questo volume monografico su un castello - il castello di Pavia, ancora in piedi al centro della città, venerabile e, se non intatto, conservato tanto da aver suscitato il lungo interesse e la ricerca approfondita che qui viene pubblicata - Carlo Cairati affronta un punto di grandissimo rilievo in un quadro ancora più grande, che è quello dell'arte viscontea nell'Italia e nell'Europa "delle corti". Il suo è un contributo prezioso a un ambito di ricerca, quello sulla Lombardia viscontea, che ha preso le mosse ormai più di dieci anni fa all'Università di Losanna e sta continuando presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Di questi studi viscontei, il castello di Pavia rappresenta un nucleo cruciale, nato dalla volontà di Galeazzo II nel 1360 e subito divenuto crocicchio di artisti e letterati, rivale degli altri luoghi di corte milanesi, castello "cittadino", in questo non simile alle altre residenze di cui i Visconti fittamente punteggiavano le campagne e il paesaggio lombardo.

L'any 1425, la comunitat benedictina de Sant Daniel de Girona va encarregar a Francesc Artau, un dels argenters més importants de l'art gòtic català, la factura d'un bust-reliquiari del sant titular. Aquesta comissió s'emmarca en un context favorable a la revitalització del culte al sant, perquè en una data propera es va realitzar un altre reliquiari, en aquest cas d'un braç de sant Daniel, que s'ha conservat malgrat haver romàs fins ara ignorat.

La presentación de las obras expuestas en la sala 51B del Museo, recientemente remodelada, es el objeto de esta conferencia. A partir de esas obras, comparadas con otras piezas emblemáticas del arte europeo hacia 1400, se propone un recorrido doble: por una parte, una reflexión historiográfica sobre el término “gótico internacional” y su pertinencia actual; por otra parte, un análisis de los principios estéticos de este arte refinado, cortesano y cosmopolita.

https://www.youtube.com/watch?v=5Uno9yrRLNo&t=2780s&ab_channel=MuseoNacionaldelPrado

This essay reconstructs the context, spatiality and iconography of the great chivalric cycle painted by Antonio Pisano known as Pisanello for the Gonzagas in the Corte Vecchia of the Palazzo Ducale in Mantua, which was for centuries believed to be lost. In light of the diagnostic analyzes carried out in 2018 by an international research team, a chronological hypothesis was proposed when examining the execution of the large mural which was left unfinished and was rediscovered in the 1960s.

En aquest treball s’analitzen uns fragments de retaule, actualment
força dispersos, que poden relacionar-se amb l’escultor
Pere Oller. L’estil d’aquestes peces ens remet a l’etapa
gironina de l’artífex (c. 1405-1420). Precisament tenim constància
documental de la responsabilitat d’Oller en la factura
d’un retaule d’envergadura, a partir de 1415, destinat a l’altar
major del convent del Carme. Diversos aspectes iconogràfics
d’aquests relleus permeten suggerir una hipotètica procedència
d’aquest retaule, una obra que fins ara s’havia considerat
perduda. D’altra banda, l’encàrrec del retaule del Carme coincideix
amb un moment d’important revitalització de l’orde.
En aquest sentit, els fragments conservats semblen apuntar cap
a una obra de marcat caràcter propagandístic, d’exaltació carmelita

The aim of this article is to identify the political, social, and economic anxieties that prompted East-Anglian secular elites —at the dawn of the fourteenth century— in the commission of private devotional books whose marginalia included, as new and recurrent themes, the monstrous cleric and the monstrous bishop. Establishing a dialogue between documentary sources produced during the period and the close relationship that weaves the texts of the psalter and the visual periphery that used to accompany them, this work suggests that monstrous bishops and clerics expressed the discomfort of East-Anglian lords towards the Avignon Papacy and the disciplinary crisis that faced the English clergy during the thirteenth and fourteenth centuries.
Este artículo se propone identificar las ansiedades políticas, sociales y económicas que animaron a las élites seculares de Anglia Oriental —en los albores del siglo XIV— en la comisión de libros devocionales privados cuya marginalia incluía los novedosos y recurrentes temas del clérigo y el obispo monstruosos. Poniendo en diálogo las fuentes documentales producidas durante el período con la estrecha relación que se teje entre el texto de los salterios y la periferia visual que suele acompañarlos, este trabajo sugiere que el obispo y el clérigo monstruosos representaban el malestar de los señores de Anglia Oriental frente al Papado de Aviñón y las crisis disciplinares que enfrentó el clero inglés en los siglos XIII y XIV.