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PRISCA AMOROSO NINO MI CHIAMO, LA GRAPHIC NOVEL SUL GRAMSCI BAMBINO È nelle librerie la graphic novel Nino mi chiamo, Fantabiografia del piccolo Antonio Gramsci, data alle stampe lo scorso Maggio, scritta e disegnata dal nipote dell'intellettuale, Luca Paulesu, che con tratti garbati e una narrazione delicatissima, inscena, collocandole nell'infanzia di Gramsci, tante delle sue, più o meno note, vicende più tarde, accanto ad episodi che realmente risalgono ai primi anni di vita del piccolo Antonio. Nino nacque ad Ales il 22 gennaio 1891, da una famiglia di ceto impiegatizio che possedeva una piccola rendita fondiaria, quel che restava di un'eredità che la madre Giuseppina, rimasta orfana bambina, avrebbe dovuto ottenere con la maggiore età, e che era stata scialacquata dal suo tutore, uno zio farmacista, e il buon salario del padre, dirigente dell'Ufficio del Registro di Sorgogno. Prima che entrasse alla scuola elementare, gli spuntò una specie di noce sulla schiena, e il piccolo Antonio non cresceva. La mamma gli faceva ogni giorno lunghi massaggi con la tintura di iodio, ma niente. Quella noce non voleva scomparire e anzi cresceva e cresceva, mentre Antonio restava piccino: fu così che in paese cominciarono a chiamarlo Nino. Un dottore di Oristano gli prescrisse questa cura: doveva starsene appeso al soffitto, con una corda. Nel fumetto lo si vede, piccolo e triste, penzolare da una trave, la sottile ombra scura proiettata alle sue curve spalle e la grossa e imponente ombra di Gentile, il capoclasse, favorito del maestro, che sogna di diventar ministro, a interrogarlo. Lo interroga fino alla fine, l'amico Gentile, mentre il piccolo Nino vola con la sua corda, e dondola, e vola per l'ultima volta. C'è pure Croce, benedetto!, anzi, la Croce, affissa al muro dell'aula di scuola, sotto cui Nino viene spedito dalla maestra, a scontare la punizione. Nino ci parla, con la Croce, scendi e combatti!, dice, ché la fuori c'è un mondo grande e terribile!, discorsi grandi e piccole lamentele di bambino. E poi l'amico Palmiro, amico immaginario, che il piccolo Gramsci è il solo a vedere al proprio fianco, e che scompare anche ai suoi occhi, quando c'è da fare a sassate con gli altri scolari. Lo rimprovera, il piccolo Nino, protesta, quando Palmiro si allontana, e lo chiama e lo chiama. È un amico sperato, Palmiro, un amico che non c'è, cui pure Nino si sforza di credere, in cui ripone le sue grandi speranze di bambino solo. Costruisce barche di carta Nino, piegando i giornali -”Il Grido del Popolo”, l' “Unità”, l' “Avanti!”- grosse barche di carta, che con audacia lancia sull'acqua della fontana in cortile. “Mi dispiaceva solo che Luciano possedesse una semplice robusta barchetta di latta pesante che in quattro movimenti affondava e speronava i miei più elaborati galeoni con tutta la complicata attrezzatura di ponti e di vele. Tuttavia ero molto orgoglioso della mia capacità costruttiva”, ricorda Gramsci in carcere (Lettere dal carcere 1926-1937, Sellerio, Palermo 1996). Ed è proprio così, il Gramsci bambino di Paulesu, ingegnoso, orgoglioso e pieno di speranza, con i suoi elaborati velieri di carta contro le forti e rudi barche di latta degli altri bambini. Momenti di delicata tenerezza, con la sorella prediletta, Teresina, con cui Nino gioca “ai libri”, a interpretare, cioè, i personaggi dei romanzi letti. Vignette dolcissime e amare, quelle che recano un richiamo più esplicito alla prigionia: Nino è chiuso, in punizione, nel cortile; sente il rombo del grande dirigibile Italia, vi si aggrappa e vola fuori dal cortile, libero. Ma è un sogno, e non può essere che un sogno, per il piccolo Nino, fiducioso e stanco. La sequenza si rifa alla vicenda del dirigibile Italia, guidato dal generale Nobile, che nel '28 si schiantò al suolo, al Polo Nord: i Sovietici mandarono in soccorso dei superstiti la nave rompighiaccio Krassin; Togliatti si adoperò poco, troppo poco, perché i soccorritori patteggiassero, in cambio dell'aiuto, il rilascio di Gramsci, e la fiacca richiesta passò inosservata. Corredano la graphic novel stralci di lettere scritte da Gramsci al figlio, “Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi non può non piacerti più di ogni altra cosa”; alla moglie Giulia, “Noi siamo sempre più diventati dei fantasmi, degli esseri irreali l'uno per l'altro”; pagine notissime “Odio gli indifferenti”; e persino temi scritti in quarta elementare, di cui si riporta anche il manoscritto. Paulesu traccia un'immagine fiera e malinconica di Gramsci, senza indulgere ad un compatimento che la sua grande figura non meriterebbe, ma che, pure, la graziosa delicatezza del piccolo e avvilito Nino, tradito nelle sue speranze di puro, non manca di strappare al lettore. Un fumetto cui accostarsi con attenzione, non trascurando le noticine che Paulesu inserisce in calce alle vignette, che rallentano il ritmo della lettura, offrendo voce al Gramsci delle Lettere e, soprattutto, dei Quaderni. Imperdibile.