Bibliotheca Archaeologica
Collana di archeologia
a cura di Giuliano Volpe
50
LA CITTÀ CHE PRODUCE
Archeologia della produzione
negli spazi urbani
Atti delle Giornate Gregoriane
X Edizione (10-11 dicembre 2016)
a cura di
Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo
ESTRATTO
© 2018 Edipuglia srl, via Dalmazia 22/b - 70127 Bari-S. Spirito
tel. 0805333056-5333057 (fax) - http://www.edipuglia.it - e-mail: info@edipuglia.it
ISBN 978-88-7228-851-1
ISSN 1724-8523
DOI http://dx.doi.org/10.4475/851
Comitato scientifico internazionale
Darío Bernal-Casasola (Universidad de Cádiz), Jean-Pierre Brun (Collège de France, Paris), Michel Gras (CNRS),
Daniele Manacorda (Università di Roma 3), Clementina Panella (Università di Roma Sapienza),
Emanuele Papi (Università di Siena e Scuola Archeologica di Atene), Grazia Semeraro (Università del Salento),
Salvatore Settis (Scuola Normale Superiore, Pisa), Nicola Terrenato (University of Michigan),
Desiderio Vaquerizo Gil (Universidad de Córdoba), Giuliano Volpe (Università di Foggia)
La collana è dotata di un sistema di peer review
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INDICE
Presentazione
di Giuseppe Parello
La città che produce: alcuni spunti di riflessione
di Giuliano Volpe
I SESSIONE: SPAZI URBANI E PRODUZIONI
La lavorazione dei tessuti e la dislocazione degli impianti in una città dell’Aemilia: il caso di Mutina
di Alfredo Buonopane, Carla Corti
Topografia della produzione e organizzazione del lavoro artigianale: il caso di Roma. Secoli V- XV
di Alessandra Molinari
Officine lapidarie a Roma nella prima età imperiale: il caso della Via Appia
di Daniele Manacorda
Attività produttive e trasformazioni degli spazi: il caso di Velia e Paestum
di Luigi Cicala, Bianca Ferrara
Produrre a Salapia. Il paesaggio produttivo e commerciale di età romana e tardoantica: primi dati
di Giovanni De Venuto, Roberto Goffredo, Darian M. Totten, Giuliano Volpe
Attività produttive a Palermo nel Medioevo
di Carla Aleo Nero
Archeologia della produzione negli spazi urbani: un esempio di attività metallurgica di età ellenistica a Panormos
di Carla Aleo Nero, Monica Chiovaro, Marcella Di Bella, Francesco Italiano, Giuseppe Marcianò, Giuseppe Sabatino
Produzioni artigianali nella Palermo islamica
di Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Veronica Aniceti, Claudio Filippo Mangiaracina
Dopo le terme: spazi abitativi e impianti produttivi nell’Insula IV del quartiere residenziale di Agrigento alla fine
dell’antichità
di Maria Serena Rizzo
Produzioni nell’area del Foro di Agrigento in età tardo antica
di Maria Concetta Parello
Catania romana. Appunti per la localizzazione di impianti produttivi
di Maria Teresa Magro, Antonino Mazzaglia
II SESSIONE: STRATEGIE ECONOMICHE E PRODUZIONI DOMESTICHE
Household and workshops: studies in textile production in classical Athens
di Stella Spantidaki
Produzione ed economia nei santuari greci
di Rita Sassu
Spazi e attività economiche nell’architettura domestica della Sicilia greca: osservazioni sull’evidenza archeologica,
a partire dal caso di Himera
di Elisa Chiara Portale
Piccoli oggetti del lavoro quotidiano: i pesi da telaio, testimoni della tessitura a Mozia
di Francesca Oliveri, Antonina Lo Porto
Il ruolo della produzione ceramica nella città della Grecia classica
di Martin Bentz
“Un filo di fumo”. Agrigento al centro della filiera dello zolfo
di Luca Zambito
Le vie della produzione ad Agrigento. Considerazioni sulla viabilità tra la città antica e il suo porto
di Valentina Caminneci, Vincenzo Cucchiara
III SESSIONE: PRODUZIONI IN CERAMICA E TERRACOTTA
Ceramica attica per la città: produzione ed uso ad Atene
di Elisabetta Pala
Casa e bottega: la ceramica a chilometro zero di Gaius Valerius Verdullus
di Giulia Baratta
Vibo Valentia. Un quartiere artigianale romano nel cuore della città
di Cristiana La Serra
Fornaci e scarichi di età islamica alla stazione centrale e presso Porta Sant’Agata (Palermo)
di Giuseppina Battaglia, Emanuele Canzonieri
Gli strumenti per la produzione ceramica del quartiere artigianale di Selinunte
di Linda Adorno
Le brocche di Monte Adranone (Sambuca di Sicilia): tipologia e produzione, status quaestionis e
prospettive di ricerca
di Caterina Trombi
Indicatori di attività produttive ceramiche a Monte Saraceno di Ravanusa (AG)
di Elisabetta Tramontana
‘Forme fittili agrigentine’: per una rilettura della produzione artigianale di Akragas
di Carla Aleo Nero
Tracce di produzioni ceramiche dall’area a Sud del tempio di Zeus ad Agrigento
di Annalisa Amico, Laura Danile
L’atelier ceramico medievale nell’area della necropoli paleocristiana di Agrigento
di Giuseppe Falzone
IV SESSIONE: PRODUZIONI ALIMENTARI
Cibo e polis. Il ruolo dell’alimentazione e della produzione di cibo nello sviluppo dello stato greco
di Luigi M. Caliò
The Urban Halieutic Workshops of Baelo Claudia (Baetica, Hispania)
by José A. Expósito, Darío Bernal-Casasola, José J. Díaz
Impianti alieutici siciliani e atelier ceramici in età imperiale
di Roberto La Rocca, Cristina Bazzano
Archeologia della produzione, città, specializzazione artigianale
di Enrico Giannichedda
ABSTRACTS
TAVOLE
Produzioni artigianali nella PalerMo islaMiCa
di Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Veronica Aniceti, Claudio Filippo Mangiaracina
Localizzazione
Corso dei Mille è una delle arterie principali per accedere al centro cittadino; si tratta di un’ampia strada costituita da una carreggiata centrale, a doppio senso di
marcia e da un controviale per ciascun lato.
la realizzazione della linea tramviaria “1” 1 che collega la periferia meridionale di Palermo alla stazione
Centrale, percorrendo nel suo ultimo tratto Corso dei
Mille, è all’origine di uno scavo d’emergenza condotto
dalla soprintendenza ai Beni Culturali e ambientali di
Palermo dall’estate del 2013 alla primavera del 2015.
Fonti
ibn Hawqal – viaggiatore e geografo arabo autore del
Kitāb al-masālik wa-l-mamālik (“libro delle vie e dei
regni”) – nel 973 visita Palermo e fornisce informazioni
sulla città extra-moenia 2, così come il Kitāb ġarā΄ib al
funūn wa-mulah al-’uyūn (“libro delle curiosità delle
scienze e delle meraviglie degli occhi”) dell’anonimo
egiziano – databile intorno al 1020 circa, rinvenuto recentemente ad oxford 3 – che cita diversi quartieri a se
della città vecchia.
Evidenze archeologiche
le indagini archeologiche sono state condotte nell’area compresa fra l’antico ponte dell’ammiraglio a
sud e la distrutta Porta di termini a nord, ossia all’esterno della cinta muraria cinquecentesca che delimita
la città storica. gli scavi si sono svolti principalmente
nella trincea aperta per la posa delle rotaie e i saggi sono
stati individuati secondo i numeri civici e si possono raggruppare in due aree: sud e nord (fig. 1). in un solo caso
si è potuto procedere con un ampliamento dell’area di
1
lo scavo è stato condotto sotto la direzione scientifica di stefano
Vassallo, dirigente dell’u.o. 5 per i Beni archeologici, e di giuseppina Battaglia, funzionaria archeologa della medesima u.o. sul
campo hanno collaborato laura riolo e Marco la Mantia. i lavori
sono stati totalmente finanziati dalla aMat sotto la direzione dell’ing. Marco Pellerito che si ringrazia per la disponibilità, parimente
dimostrata da tutto il personale della sis, ditta esecutrice dei lavori.
2
amari 1880 (1982), p. 16.
3
Johns 2003.
Fig. 1. - Corso dei Mille: planimetria, in grigio i civici 106 e 134/144;
in basso il saggio “Pietro Piazza”.
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Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Veronica Aniceti, Claudio Filippo Mangiaracina
Fig. 2. - Corso dei Mille: a) Cavicchie ossee di ovicaprini; B) scorie di fusione ferrose.
scavo: infatti il saggio in corrispondenza del civico 144,
proseguendo verso n, ha raggiunto il civico 134.
in sintesi, sono state evidenziate quattro fasi di occupazione di questa zona: la più antica è caratterizzata da
strutture realizzate con muri a secco ottenuti da blocchi
sbozzati, poggiati sul banco roccioso, legati con un po’
di terra; in un caso è documentato anche l’utilizzo di
mattoni crudi. la fase successiva presenta altre strutture
murarie che in parte si sono sovrapposte alle precedenti.
una terza fase vede un radicale cambio d’uso della zona
infatti in quattro saggi (civici 120, 126, 134-144) è stata
individuata un’area cimiteriale ed infine, l’ultima fase è
costituita da un tracciato stradale – sembrerebbe con an4
l’associazione di scorie ferrose e un corno di cervo è documentata in un caso (us22001) anche a Contessa entellina (Corretti, Chiarantini 2012, p. 138).
5
le scorie ferrose provenienti da Corso dei Mille sono ancora in
una fase iniziale di studio.
damento n/s di cui non è stato possibile determinarne
l’ampiezza – che sigilla i resti più antichi.
Questa sintetica sequenza stratigrafica è riferibile, in
base allo studio dei reperti ceramici, ancora in corso, ad
un arco cronologico compreso fra il X e il Xiii secolo.
nell’area nord, in diversi settori dello scavo (civici
106 e 134-144) – sempre in rapporto con le strutture
murarie della prima fase e a contatto con il banco roccioso – è stata identificata, in associazione costante con
scorie di fusione metalliche, una notevole quantità di
corna 4 – prive della parte esterna (astuccio corneo) – di
cui si conserva solo il nucleo interno (cavicchie ossee)
(fig. 2 a-B). Queste ultime sono riconducibili quasi
esclusivamente alla capra (Capra hircus). Per quanto riguarda le scorie, le prime analisi 5 hanno confermato che
si tratta di scorie ferrose; tali scorie costituiscono al momento una delle più antiche attestazioni di attività siderurgica nella sicilia islamica 6.
sebbene lo studio della ceramica sia ancora in corso,
dai dati già disponibili si osserva che il materiale rinvenuto in associazione con le corna e le scorie ferrose è costituito sostanzialmente da ceramica grezza, depurata e
dipinta in rosso. Questo strato (civ. 144 - us22) (fig. 3),
come altri a contatto con il banco roccioso, non ha restituito frammenti residui di epoche precedenti. si distinguono olle con orlo arrotondato 7, coperchi con orlo a
tesa orizzontale 8, orli di vasi da noria e ceramica dipinta
in rosso con decorazioni a bande verticali alternate ad
una linea sinuosa e a bande verticali alternate a serie di
tratti obliqui. sulla base dei materiali rinvenuti, è possibile datare lo strato tra la seconda metà del X e gli inizi
dell’Xi secolo.
nel saggio in corrispondenza del civico 106, nello
strato caratterizzato da strutture murarie, scorie ferrose e
corna (us 2007) sono stati rinvenuti fra l’altro due gettoni vitrei (fig. 4) di cui solo uno leggibile, attribuibile
presumibilmente al periodo fatimita ed in particolare ad
Al-ʽAzīz bi-lāh (365-386e/975- 996d.C.) 9.
Fra le due aree – civ. 106 e 134-144 – vi è una certa
distanza (circa 60 m) e fra queste sono stati effettuati
altri due saggi – civ. 112 e 120 – che non hanno restituito la stessa evidenza, pertanto si può ipotizzare che,
verso la fine del X- inizi Xi secolo, lungo l’attuale Corso
dei Mille, vi fosse un’area artigianale, costituita almeno
6
Corretti, Chiarantini 2012.
arcifa, Bagnera 2014, tav. iV, 2-4.
8
arcifa, Bagnera 2014, tav. iV, 7.
9
la lettura del gettone è di Maria amalia de luca che si ringrazia per la preziosa collaborazione.
7
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l’età islamica (preliminarmente alla
seconda metà X-inizi Xi secolo) che
comprende anche diversi indicatori di
produzione. lo scarico suggerisce la
presenza di una vicina officina per la
produzione di ceramica che poteva
sfruttare le cave di argilla situate lungo la sponda destra del fiume oreto 10.
(g. B., l. r.)
Osservazioni preliminari sulla ceramica medievale dall’area dell’Istituto “P. Piazza”
Fig. 3. - Corso dei Mille, civ. 144, us 22.
Fig. 4. - Corso dei Mille, civ. 106, us 2007. gettoni vitrei.
da due officine dove, con una scelta selettiva ben precisa, si svolgevano attività legate alla produzione di oggetti che utilizzavano l’astuccio corneo probabilmente
per l’immanicatura di strumenti in ferro.
un’attività artigianale di altro tipo è documentata
nell’area sud. Qui, nei pressi dell’istituto alberghiero
“Pietro Piazza”, gli scavi hanno messo in luce uno scarico ricchissimo di materiale ceramico ascrivibile al-
già dalle prime osservazioni, il
complesso di materiali rinvenuti (us
1) è apparso essere coerente per
quanto riguarda composizione e cronologia, e privo di elementi residuali.
si tratta di un deposito artificiale verosimilmente risultante da molteplici
azioni di scarico, che sulla base delle
associazioni tra i materiali è possibile
ascrivere alla seconda metà X-inizi Xi
secolo 11. il deposito ha restituito un
totale di 736 frammenti di ceramica riconducibili ad un numero minimo di
135 individui ed un frammento di testello in pietra. lo scarico è composto
prevalentemente da ceramica depurata
e si caratterizza per la varietà delle
forme rappresentate. le osservazioni
autoptiche preliminari sui corpi ceramici indicano che il complesso dei
materiali è in massima parte (se non
interamente) di produzione locale.
la ceramica grezza (2,3%) è rappresentata da olle con orlo a breve tesa
estroflessa e corpo globulare cordonato, analoghe ai tipi
rinvenuti a Castello san Pietro 12, e da un coperchio troncoconico dall’impasto calcitico.
la ceramica depurata è la classe più rappresentata
(58,42%). si distinguono orcioli con alto orlo verticale
ingrossato e corpo globulare 13, catini carenati, coperchi
troncoconici con orlo ingrossato a tesa orizzontale decorata da linee parallele solcate 14, scaldavivande con
10
Cfr. alaimo, giarrusso, Montana 1999, p. 4.
Corretti et alii 2016; arcifa, Bagnera 2014, tav. iii, 31.
12
arcifa, Bagnera 2014, tav. iV, 2-4.
11
13
14
arcifa, Bagnera 2014, tav. iV, 25 e tav. V.2, 6.
arcifa, Bagnera 2014, tav. iV, 11.
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Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Veronica Aniceti, Claudio Filippo Mangiaracina
Fig. 5. - Corso dei Mille, area istituto Piazza (us 1): a) anfore dipinte in rosso tipo Carini a2-a12; B) Catini carenati con decorazione
policroma dipinta sotto vetrina; C) Barre circolari d’infornamento;
d-e) scarti di fornace.
orlo a tesa orizzontale solcata, corpo troncoconico e
fondo piano 15, vasi con filtro, tazze con orlo verticale
leggermente ingrossato, bottiglie con orlo a fascia verti-
cale su stretto collo cilindrico 16, anfore e anforette con
corpo ovoidale analoghe a quelle di Carini 17.
tra le ceramiche depurate, si segnalano inoltre tre
supporti ad anello che avevano la funzione di sostegno
per forme quali olle o anfore 18. tali manufatti hanno pareti inclinate, bordi arrotondati e sono caratterizzati da
una profonda strozzatura centrale.
la ceramica schiarita (1,63%) è attestata da un piccolo gruppo costituito da catini carenati, da vasi con filtro e da lucerne con serbatoio circolare a becco canale 19.
lo scarico ha restituito anche un cospicuo gruppo di
ceramiche depurate con decorazione dipinta in rosso
(34,37%) di produzione palermitana 20. si tratta in massima parte di anforette e di anfore da trasporto.
appartengono alla stessa classe alcune bottiglie e due
vasi con filtro anch’essi dalle decorazioni dipinte in
rosso. tra le anfore è presente il tipo Carini a2-a12 21,
attestato in differenti varianti dimensionali, caratterizzate da orlo a fascia ingrossata e basso collo cilindrico
percorso da una nervatura a rilievo (fig. 5a). le anforette sono rappresentate dai tipi Carini a13-a22 22 e
a17-a20 23.
la ceramica invetriata (3,12%) è rappresentata da un
gruppo di catini carenati con superfici schiarite e decorazioni policrome dipinte sotto vetrina (fig. 5B). solo
due frammenti presentano un’invetriatura monocroma
verde. si tratta di una piccola forma chiusa e di una lucerna circolare con becco canale e presa apicata rivestita
da invetriatura verde molto chiara.
gli scavi hanno portato alla luce anche diversi indicatori di produzione ceramica quali frammenti di barre
circolari fittili (fig. 5C), riferibili a fornaci verticali del
tipo “a barre” d’infornamento 24, e un piccolo gruppo di
scarti di produzione. Questi ultimi sono costituiti da alcuni orli di anforette tipo Carini a2-a12 25 e Carini a13a22 26, da frammenti di pareti cordonate e da fondi
umbonati relativi a forme chiuse, ipercotte, con superfici che presentano difetti di cottura quali sbollature o
15
arcifa, Bagnera 2014, tav. iii, 30.
Molinari 1995, tav. iii, 17.
17
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, pp. 672-673.
18
supporti analoghi a quelli recuperati negli scavi dell’area dell’istituto Piazza sono attestati a san domenico a Palermo (lesnes
1998, tav. iii, 35), ad agrigento, nell’officina medievale della necropoli paleocristiana (Vitale 2007, pp. 239-249) e a siracusa ortigia,
nell’area del tempio di apollo (Fiorilla 2009, p. 203).
19
Molinari, Valente 1995, tav. ii, 15.
20
l’attribuzione di questa produzione a Palermo è stata accertata,
da tempo, dalle analisi archeometriche. Cfr. ardizzone 1999; alaimo,
giarrusso, Montana 1999.
21
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, p. 672, fig. 4, gruppo ii.
16
22
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, p. 673, fig. 5, gruppo
23
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, p. 673, fig. 5, gruppo
iii.
iV.
24
si tratta di un tipo di forno di tradizione orientale il cui modello
di riferimento sembra originario dell’uzbekistan o dell’iran del iX
secolo. Cfr. Coll Conesa, garcía Porras 2009, p. 36. Cfr. inoltre thiriot 1995 per una sintesi dei principali rinvenimenti nel Mediterraneo
centrale.
25
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, p. 672, fig. 4, gruppo
ii.
26
greco, garofano, ardizzone 1997-1998, p. 673, fig. 5, gruppo
iii.
94
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Produzioni artigianali nella Palermo islamica
deformazioni tali da rendere i manufatti inutilizzabili
(fig. 5d). tra questi, si segnala la presenza di un grande
scarto di fornace costituito da un’anforetta tipo Carini
a13 27, con orlo verticale parete cordonata e decorazione
dipinta in rosso a bande verticali alternate a serie di tratti
obliqui (fig. 5e).
(C. F. M.)
Analisi zooarcheologiche
le prime analisi zooarcheologiche, basate sullo studio del campione faunistico di Corso dei Mille e riferibili al periodo cronologico qui analizzato, mostrano
un’alta percentuale di resti di ovicaprini che rappresentano il 65,5 % del campione. la seconda specie domestica più rappresentata è il bue (22%) mentre il maiale è
rappresentato da solo due elementi anatomici (1%) (fig.
6a). sono state condotte analisi circa l’età di abbattimento delle pecore, sia attraverso l’analisi dell’usura
dentaria mandibolare che attraverso lo stato di fusione
delle epifisi delle ossa lunghe. tali analisi hanno mostrato come le pecore fossero abbattute a diversi stadi di
età; è dunque ipotizzabile uno sfruttamento completo di
questa specie animale sia per la carne, che per prodotti
secondari come latte e lana.
in associazione con alcuni contesti archeologici, datati attraverso i frammenti ceramici al X-Xi secolo, sono
state appunto individuate una grande quantità di cavicchie ossee riferibili ad ovicaprini.
in totale sono stati ritrovati 138 frammenti, di cui la
maggior parte riferibile alla specie capra (Capra hircus).
tale specie è rappresentata esclusivamente dalle corna,
abbastanza arcuate, e da qualche rara prima e seconda
falange. non sono state individuate altre ossa riferibili
alla parte anteriore o posteriore dello scheletro. lo stesso
vale per la parte craniale (eccezion fatta per le stesse
corna) e per mandibolari presenti nel campione che
hanno spesso permesso l’attribuzione tassonomica alla
specie animale Ovis aries.
tale evidenza sembra suggerire una volontaria selezione di queste parti anatomiche dell’animale, e una disposizione del resto della carcassa altrove; in alternativa,
la macellazione potrebbe essere stata eseguita altrove, e
le corna così separate introdotte direttamente nel sito.
la maggior parte delle corna di capra è caratterizzata
dalla presenza di segni di macellazione (sia di taglio che
di sega) nel punto di attaccatura di quest’ultime all’osso
27
Vedi supra nota 18.
Fig. 6. - Corso dei Mille: a) Campione faunistico; B) segni di macellazione.
parietale del cranio. dunque, sembra ipotizzabile l’uso di
strumenti di macellazione per distaccare le corna dal cranio ed utilizzarle per diverse e seconde attività (fig. 6B).
le corna dei quadrupedi (bue, capra, pecora, ecc.)
sono formate da due parti ben distinte tra loro. la prima
è comunemente chiamata cavicchia ed è una struttura di
tipo osseo (quella che è stata individuata durante lo
scavo) che si sviluppa direttamente sul cranio e che presenta all’interno una cavità midollare. la seconda parte
è l’astuccio corneo, una produzione cornea dell’epidermide, la quale riveste completamente la cavicchia come
un astuccio, appunto, e rappresenta la parte del corno visibile. l’astuccio corneo è composto prevalentemente da
cheratina, una proteina filamentosa ricca di zolfo.
tralasciando i segni di macellazione, già menzionati
in precedenza, è importante sottolineare che la maggior
parte delle cavicchie presentava una colorazione rossoarancione sulla superficie ossea. tale evidenza suggerisce un’esposizione di queste parti anatomiche ad una
fonte di calore con temperatura medio-bassa (se fosse
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Giuseppina Battaglia, Laura Riolo, Veronica Aniceti, Claudio Filippo Mangiaracina
stata alta sarebbero state caratterizzate da una colorazione violacea e bianca e sarebbero calcinate). la forma
abbastanza arcuata delle corna di questa specifica razza
caprina (che ricorda alla lontana quella delle capre girgentane) poteva ben facilitare l’impugnatura del coltello
o di altri oggetti simili; in aggiunta, se sottoposto a calore l’astuccio corneo diventa malleabile e può essere
plasmato in relazione al prodotto finale. al fine di poter
distaccare e separare l’astuccio corneo dalla cavicchia
ossea, solitamente tenuti ben saldi tra loro da uno strato
di epidermide, sarebbero stati utilizzati sia strumenti da
taglio ma anche fonti di calore. la cheratina, infatti, se
sottoposta a calore tende a ritirarsi e dunque questo
avrebbe permesso un distacco più netto delle due parti
del corno 28.
l’assenza dell’astuccio corneo all’interno del contesto archeologico può avere molteplici spiegazioni. la
prima, tafonomica, riguarda la natura organica e dunque
deperibile della componente proteica dell’astuccio corneo. la seconda riguarda il trasporto degli oggetti finiti
o in procinto di esserlo in una zona diversa da quella artigianale, come nel nostro caso. l’assenza dunque degli
astucci cornei sarebbe da riferire alla distribuzione dei
coltelli o di altri oggetti nei mercati della città o nelle
botteghe pertinenti.
successivi approfondimenti, confronti storici, archeologici e il probabile svolgimento di attività sperimentali sulle corna ovicaprine potranno convalidare e
rafforzare tale ipotesi.
(V. a.)
permette di cogliere se ci si trovi in presenza di strutture
ad esclusiva vocazione residenziale oppure se in esse avvenisse anche la vendita.
l’insieme dei dati esposti fa ipotizzare che si potrebbe essere in presenza di uno dei mahâll ossia «umili
abituri che si formano allato alle città crescenti di popolazioni e ricchezza» 29, di cui riferisce ibn Hawqal, che
senza soluzione di continuità andavano dalla città al
fiume. Ma si potrebbe avanzare anche un’altra possibilità: l’anonimo egiziano (1020 circa) afferma che «[...]
Cinquant’anni fa 30 nacque un nuovo quartiere chiamato
al-Ğaʽfariyya, che dispone di 10.000 abitazioni» 31. seguendo l’analisi di Johns sul manoscritto «[…] un quartiere precedentemente non attestato, Hārat al-Tāģī maʿ
a l-sūr («Quartiere di al-tāģī, con le sue mura») è raffigurato a sud-est della città vecchia; […] forse il Hārat
al-Tāģī potrebbe perfino essere identico al quartiere definito nel testo del capitolo Xii [dell’anonimo egiziano
n.d.r.] con il nome di al-Ğaʽfariyya» 32. in altri termini
non è da escludere la possibilità di avere intercettato una
porzione periferica di uno degli hārat sorti a se della
città vecchia.
ovviamente queste ipotesi di lavoro saranno meglio
precisate con il completamento delle analisi delle varie
classi di reperti che potrebbero definire con una maggiore precisione il quadro che si è appena iniziato a delineare.
(g. B., l. r., V. a., C. F. M.)
Bibliografia
Verso la fine del X-inizi Xi secolo, fra la città e il
fiume oreto, lungo l’asse dell’attuale Corso dei Mille
nei pressi della stazione Centrale, è documentata un’occupazione stabile caratterizzata da tipi diversi di produzioni artigianali specializzate sia di vasellame sia di
strumenti di ferro con immanicatura in osso; considerato
che alcune strutture murarie e alcuni ambienti non hanno
restituito indicatori di attività produttive, non è da escludere che essi avessero una destinazione e residenziale e
commerciale. naturalmente il dato archeologico non
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28
un importante confronto con tale evidenza zooarcheologica
proviene da un contesto archeologico individuato durante lo scavo
di san Paolo fuori le mura a roma, in cui sono state individuate numerose cavicchie ossee di caprini, caratterizzate da evidenze di bruciatura e segni di macellazione. tali resti hanno permesso di
ipotizzare la presenza di attività artigianali legate alla lavorazione
dell’astuccio corneo. Quest’ultimo poteva essere sfruttato per la pro-
duzione di numerosi oggetti (‘finestre’ delle lanterne, bottoni, manici di coltello, cucchiai, etc.) (de grossi 2014).
29
amari 1880 (1982), p. 16.
30
ossia, all’incirca, all’epoca di ibn Hawqal.
31
Johns 2003, p. 16.
32
Johns 2003, p. 20.
Considerazioni conclusive
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Produzioni artigianali nella Palermo islamica
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