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Diritto Penale Dolo in ambito medico
scelte del legislatore assurge a triste costante del diritto penale), netta deve essere la scelta di campo 67:
solo cosı̀, parafrasando Orazio, per evitare un difetto
non si cadrà nel difetto contrario 68.
n Dolo in ambito medico
Cassazione penale, Sez. I, 3 aprile 2018 (ud. 22 giugno
2017), n. 14776 – Pres. Novik – Rel. Sandrini – P.G.
Aniello (conf.) – Ric. B.M.P.P. e P.P.F. Annulla con
rinvio Ass. App. Milano, 21 dicembre 2015.
Reati contro la persona – Trattamento medico-chirurgico senza finalità terapeutica – Decesso del paziente –
Omicidio preterintenzionale – Omicidio volontario –
Criteri distintivi – Accertamento – Indicazione
Reati contro la persona – Trattamento medico-chirurgico senza finalità terapeutica – Lesioni dolose –
Configurabilità
Nel caso in cui dal trattamento medico-chirurgico privo
di finalità terapeutiche discenda la morte del paziente,
può ravvisarsi il delitto di omicidio volontario solo
quando sia rigorosamente accertato che il sanitario si
sia rappresentato e abbia voluto, quantomeno coi caratteri richiesti dalla figura del dolo eventuale, l’evento
mortale come conseguenza della propria condotta operatoria. A tal fine, non è sufficiente la riproposizione del
medesimo corredo indiziario dal quale già si era desunto
il finalismo non terapeutico dell’intervento, corrispondente al profilo soggettivo del dolo diretto di lesioni e
dell’omicidio preterintenzionale. È infatti necessario un
confronto puntuale con tutti i possibili elementi indicatori emersi dalle risultanze istruttorie, anche di potenziale segno contrario, cui segua un apprezzamento globale del quadro indiziario complessivo, inteso ad accertare se le ambiguità residuate nei singoli elementi che lo
compongono possono risolversi in un risultato probatorio munito di un alto grado di credibilità razionale.
(Massima non ufficiale)
La conduzione di un trattamento medico-chirurgico posto in essere in assenza di finalità terapeutiche, ovvero
per fini estranei alla tutela della salute del paziente,
comporta per l’imputato la consapevolezza di arrecare
con certezza alla vittima un’inutile mutilazione, integrante gli estremi del dolo diretto di lesioni. (Massima
non ufficiale)
Reati contro la persona – Trattamento medico-chirurgico senza finalità terapeutica – Decesso del paziente – Omicidio colposo – Esclusione – Omicidio
preterintenzionale – Applicabilità
Ove dal trattamento medico-chirurgico privo di finalità
terapeutiche discenda la morte del paziente, non può
trovare alcuno spazio applicativo la fattispecie di omicidio
colposo, ma il fatto deve essere qualificato come omicidio
preterintenzionale, salva, nel caso di accertata esistenza
dell’animus necandi, la configurabilità del più grave delitto di omicidio volontario. (Massima non ufficiale)
Per il testo della sentenza v. www.cortedicassazione.it.
Chirurgia inutile per denaro con morte del paziente: dolo o preterintenzione?
Alberto Cappellini*
La pronuncia in commento affronta un caso in cui i medici imputati, al fine di percepire fraudolentemente rimborsi pubblici,
hanno sottoposto numerosi pazienti a interventi chirurgici senza finalità terapeutica, cagionando la morte di alcuni di essi. La
Cassazione, in conformità ai suoi precedenti in materia, ritiene corretta la configurabilità quantomeno dell’omicidio preterintenzionale, escludendo l’ipotesi colposa; reputando insufficiente, invece, la motivazione dei giudici di appello rispetto alla sussistenza del più grave dolo di omicidio. Il lavoro, dopo aver brevemente ripercorso l’evoluzione giurisprudenziale riguardante il
dolo nel trattamento medico, si concentra sul problema della configurabilità del dolo di omicidio e della sua prova nel settore di
riferimento, con particolare riguardo al ruolo giocato dai suoi indicatori.
La vicenda
Con la sentenza in commento la Suprema corte si è
pronunciata, con ampia motivazione, su di un caso di
trattamento medico arbitrario di gravità tale da porre,
per la prima volta in Cassazione, il problema della
possibile configurabilità del dolo di omicidio in capo
agli imputati. La vicenda, nota alle cronache con l’i67
In proposito, con analoghe critiche alla pronuncia qui annotata, A. Gullo, Realizzazione plurisoggettiva, cit.
68
La citazione di Quinto Orazio Flacco, testualmente, recita:
‘‘per evitare un difetto, gli stolti cadono nel difetto contrario’’
2484
nequivocabile appellativo di ‘‘clinica degli orrori’’, merita di essere brevemente richiamata.
I due principali imputati, chirurghi toracici presso
una casa di cura milanese, erano diventati oggetto di
indagini a seguito dell’anomala impennata, tra il 2004
e il 2005, degli interventi operatori eseguiti e delle
correlative richieste di rimborso avanzate alla Regione
Lombardia. Il quadro d’accusa, emerso anche a segui(Satire, traduzione e commento di A. Gustarelli, Milano, 1951,
I, 2, 24).
* Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2018
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Dolo in ambito medico Diritto Penale
to di intercettazioni telefoniche, ipotizzava che numerosi interventi chirurgici fossero stati effettuati in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche, e dunque
senza il valido consenso informato dei pazienti, al fine
di lucrare fraudolentemente rimborsi pubblici non
dovuti, cagionando ai pazienti lesioni, e in taluni casi
la morte.
Le indagini avevano condotto ad avviare un primo
procedimento, nel quale venivano contestati ben ottantotto casi di lesioni volontarie a danno di pazienti,
ad oggi confermati nel merito in via definitiva 1.
Un secondo processo, giunto con la sentenza in
analisi all’attenzione della Cassazione, vedeva invece
contestati anche quattro casi di omicidio volontario 2.
La morte di tali pazienti, prossima all’intervento, era
stata infatti nello specifico accertata come eziologicamente riconducibile all’operazione chirurgica stessa.
In entrambi i gradi di merito veniva sostanzialmente
confermata, sia in punto di fatto che di diritto, la tesi
accusatoria 3. In particolare, sebbene gli illeciti ‘‘minori’’ fossero andati prescritti, all’esito del giudizio di
appello rimanevano in piedi le accuse di omicidio
volontario per i due chirurghi, sufficienti alla conferma dell’ergastolo per il capo équipe, e all’irrogazione
della pena di 24 anni e 4 mesi di reclusione per l’altro
medico.
Con la sentenza in esame, la Suprema corte ha accolto il ricorso degli imputati limitatamente al tema
dell’elemento soggettivo, richiamando il giudice del
rinvio a optare per una riqualificazione dei fatti in
termini di omicidio preterintenzionale, ove non ritenga di poter motivare più accuratamente riguardo la
sussistenza del dolo di omicidio. Solo in tale passaggio
1
Cass. pen., Sez. V, 22 giugno 2013, n. 35104, Brega Massone,
in dejure, che tuttavia dichiarava prescritti i reati di truffa e falso
contestati, nonché parte delle lesioni.
2
Oltre, come nel primo processo, a vari delitti di truffa e falso,
nonché a ulteriori quarantacinque imputazioni per lesioni volontarie aggravate.
3
Ass. Milano, Sez. I, 9 aprile 2014, Brega Massone, in www.penalecontemporaneo.it, 15 dicembre 2014, con nota di M. Montanari, La sentenza della Corte d’Assise di Milano sul caso Santa Rita
(c.d. ‘clinica degli orrori’), commentata anche da P. Astorina Marino, Il dolo del medico: tra tipicità sociale dell’attività medica e
‘‘specialità’’ dell’elemento soggettivo, in Riv. It. Med. Leg., 2015,
171 e segg.; Ass. App. Milano, Sez. I, 21 dicembre 2015-13 giugno 2016, Brega Massone, inedita.
4
Esigenze di sintesi ci impongono di contenere i richiami bibliografici ai soli essenziali indicati nelle note seguenti. Per maggiori riferimenti, nonché per un più ampio inquadramento teorico, sia consentito rinviare al nostro A. Cappellini, L’orizzonte del
dolo nel trattamento medico arbitrario. Un’indagine giurisprudenziale, in Riv. It. Med. Leg., 2016, 933 e segg.
5
Accomunate dal ricondurre le offese rilevanti al novero dei
delitti contro l’incolumità fisica. Una corrente minoritaria, invece,
prefigura la possibilità già de jure condito di ravvisare nel trattamento medico arbitrario illeciti lesivi dell’autodeterminazione dei
singoli: per tutti, L. Eusebi, Sul mancato consenso al trattamento
terapeutico: profili giuridico-penali, in Riv. It. Med. Leg., 1995, 727
e segg.; A. Manna, Trattamento sanitario ‘‘arbitrario’’: lesioni personali e/o omicidio, oppure violenza privata?, in Ind. Pen., 2004,
449 e segg.
6
In dottrina, per tutti: F. Viganò, Profili penali del trattamento
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2018
finale, tuttavia, la Cassazione ha dissentito dai giudici
d’appello. Per il resto, ha infatti aderito all’impostazione teorica di fondo della sentenza impugnata, che
peraltro è del tutto in linea con una ormai consolidata
tradizione giurisprudenziale.
Profili di tipicità del trattamento medico-chirurgico
Il quadro teorico che è necessario brevemente ripercorre prende le mosse dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul tema della legittimazione del trattamento medico 4.
Come noto, esso vedeva due principali posizioni
contrapposte 5. Secondo una prima tesi, l’atto medico-chirurgico – già la mera resezione dei tessuti –
costituirebbe sempre un fatto di lesioni tipico, bisognoso, sul piano dell’antigiuridicità, di essere scriminato dal valido consenso del paziente 6. Per l’opposta
opinione, invece, la questione si risolverebbe già sul
piano della tipicità: ogni atto terapeutico sarebbe di
per sé atipico. E ciò indipendentemente dal suo esito
fausto o infausto, giacché gli atti terapeutici si autolegittimerebbero in ragione della loro importanza sociale 7.
L’importante sentenza Giulini, resa dalla Cassazione
a Sezioni unite nel 2008, ha posto fine alla disputa in
giurisprudenza, aderendo a una posizione intermedia 8
fra le due citate.
In tale decisione, la Suprema corte ha innanzitutto
rivisitato la stessa tipicità del delitto di lesioni, riformulando la nozione dell’evento malattia. Respingendo
la consolidata tesi giurisprudenziale della malattia come mera alterazione anatomica dell’organismo, naturalisticamente apprezzabile, la Corte ha sostenuto
chirurgico eseguito senza il consenso del paziente, in Riv. It. Dir.
Proc. Pen., 2004, 141 e segg.; R. Blaiotta, I profili penali della
relazione terapeutica, in Cass. Pen., 2005, 3599 e segg.; F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, 8a ed., Padova, 2013, 279-281.
In giurisprudenza, paradigmatica nel suo rigore, quanto criticata,
Cass. pen., Sez. V, 21 aprile 1992, Massimo, in Cass. Pen., 1993,
63 e segg., con nota di G. Melillo.
7
In dottrina, già C. Fiore, L’azione socialmente adeguata nel
diritto penale, Napoli, 1966, 17 e segg.; più di recente G. Caruso,
Il trattamento medico/chirurgico arbitrario tra ‘‘lettera’’ della legge
e ‘‘dimensione ermeneutica’’ del fatto tipico, in Ind. Pen., 2003,
1013 e segg.; in giurisprudenza, emblematica la nota sentenza
Cass. pen., Sez. I, 29 maggio 2002, n. 26446, Volterrani, in Cass.
Pen., 2003, 1945 e segg., con commento di G. Marra.
8
Cass. pen., Sez. un., 18 dicembre 2008, n. 2437/2009, Giulini,
in Foro It., 2009, II, cc. 305 e segg., con nota di G. Fiandaca, Luci
ed ombre della pronuncia a sezioni unite sul trattamento medicochirurgico arbitrario; commentata altresı̀ da M. Pelissero, Intervento medico e libertà di autodeterminazione del paziente, in Dir. Pen.
Proc., 2009, 447 e segg., S. Tordini Cagli, Profili penali del trattamento medico-chirurgico in assenza di consenso, in Resp. Civ. Prev.,
2009, 1060 e segg., F. Viganò, Omessa acquisizione del consenso
informato del paziente e responsabilità penale del chirurgo: l’approdo (provvisorio?) delle Sezioni unite, in Cass. Pen., 2009, 1811 e
segg. In dottrina, l’orientamento era già stato prefigurato da F.
Grispigni, La liceità giuridico-penale del trattamento medico-chirurgico, in Riv. dir. proc. pen., 1914, 241 e segg.; più di recente, per
tutti, F. Giunta, Il consenso informato all’atto medico tra principi
costituzionali e implicazioni penalistiche, in Riv. It. Dir. Proc. Pen.,
2001, 398 e segg.
2485
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Diritto Penale Dolo in ambito medico
l’opportunità di un più complesso giudizio di bilanciamento costi/benefici per la salute del paziente derivanti dall’intervento. Nel campo medico, costituzionalmente privilegiato ex art. 32 Cost., l’evento tipico
delle lesioni – la malattia – viene cosı̀ a coincidere con
l’esito infausto del trattamento, da intendersi come
peggioramento complessivo delle condizioni di salute
del paziente.
In ogni caso, se l’esecuzione sia stata conforme alla
lex artis e in presenza di un previo valido consenso
informato del paziente, l’esito sfavorevole dell’intervento sarà comunque privo di antigiuridicità grazie
all’operare di quella che le Sezioni unite hanno chiamato ‘‘scriminante costituzionale’’, ovvero una causa
di giustificazione direttamente fondata sull’art. 32 della Costituzione. In mancanza del consenso o della
conformità alla lex artis, si è invece in presenza dei
presupposti per la configurabilità delle lesioni (o dell’omicidio) nella sua forma colposa 9.
Dalle lesioni dolose...
Nel quadro teorico tracciato dalle Sezioni unite Giulini, pare dunque che una casistica di responsabilità
dolosa possa iniziare a ritrovarsi solo quando si assommino sia un esito infausto dell’intervento, sia la mancanza di un valido consenso del paziente, sia una
conduzione dell’atto medico non in conformità con
la lex artis. Terreno, questo della configurabilità del
dolo in ambito medico, non approfondito dalla pronuncia Giulini, ma rispetto al quale la giurisprudenza
successiva non ha mancato di fornire precisazioni.
In una serie di pronunce, la Cassazione ha riconosciuto il dolo ‘‘eventuale’’ di lesioni in corrispondenza
di una venatura di illiceità del contesto: l’aver carpito
il consenso del paziente con la frode 10, o l’avergli
9
Un orientamento dottrinale invece sostiene la configurabilità
del dolo anche nel caso in cui la lex artis sia stata rispettata, ma
deliberatamente infranta la regola del consenso (R. Blaiotta, Anche dopo le Sezioni unite incertezze sulla disciplina penale delle
patologie della relazione terapeutica, in Cass. Pen., 2010, 3367; F.
Viganò, Profili penali, cit., 185-186). Tale tesi, proveniente dal
filone teorico che vede sempre nel trattamento medico non scriminato un fatto tipico di lesione (retro nt. 6), risulta tuttavia
incoerente con la nozione di malattia fornita dalla sentenza Giulini, per cui l’evento delle lesioni non è tanto l’intervento in sé, ma
il suo esito sfavorevole, che non può essere voluto dal medico
fintantoché questi si muova nell’area del rischio consentito: ciò
in conformità all’assunto base di posizioni teoriche per il resto
molto distanti tra loro (M. Donini, voce ‘‘Imputazione oggettiva
dell’evento (dir. pen.)’’, in Enc. Dir., Annali III, 2010, 695 e segg.;
G. Marinucci, Non c’è dolo senza colpa. Morte della ‘‘imputazione
oggettiva dell’evento’’ e trasfigurazione nella colpevolezza?, in Riv.
It. Dir. Proc. Pen., 1991, 25 e segg.; S. Canestrari, Dolo eventuale e
colpa cosciente. Ai confini tra dolo e colpa nella struttura delle
tipologie delittuose, Milano, 1999, 105 e segg.; F. Mantovani, Dolo
e colpa comune e dolo e colpa speciale, in Studi in onore di Mario
Romano, II, Napoli, 2011, 1045 e segg.). Preferibile è dunque la
tesi che inquadra i casi in discussione sempre nell’area della colpa
(Per tutti, P. Veneziani, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale. I delitti colposi, in G. Marinucci-E. Dolcini (diretto da),
Trattato di diritto penale - parte speciale, III, 2, Padova, 2003, 305313).
2486
maliziosamente sottaciuto la mancanza della qualifica
professionale in capo al proprio assistente operante 11,
uniti a una conduzione particolarmente grossolana
degli interventi, sono stati riconosciuti come elementi
tali da corroborare l’ipotesi della messa in conto di un
possibile esito sfavorevole del trattamento medico, poi
avvenuto, pur di lucrare i compensi derivati dall’esercizio della professione sanitaria in regime privatistico 12.
Un dolo di lesioni pieno, addirittura nella sua forma
‘‘diretta’’, è stato invece ravvisato ove il trattamento
sanitario sia stato qualificabile come terapeutico solo
in apparenza, quando in realtà l’atto non poteva
obiettivamente dirsi finalizzato alla cura del malato.
Tale profilo è reputato sussistente già solo quando la
scelta di intervenire, o di intervenire in un certo modo, sia stata giudicata oggettivamente estranea ai canoni dell’arte medica. Massimamente, tuttavia, esso è
emerso ove sia stata ritenuta provata una motivazione
soggettiva ‘‘altra’’ – narcisistica, o di profitto privato –
in capo al medico agente. In tali casi, infatti, il sanitario agisce con la consapevolezza di compromettere
con certezza l’integrità fisica del paziente, dal momento che la manomissione del suo corpo per mezzo dell’atto solo apparentemente medico non è accompagnata da beneficio alcuno per la sua salute. Perde
addirittura del tutto significato parlare di esito infausto dell’intervento, dal momento che l’atto cadrà inevitabilmente fuori dal novero di quelli terapeutici, significativi ex art. 32 Cost., risultando cosı̀, nella sua
tipicità, suggestivamente quasi più vicino al colpo di
coltello del criminale di strada che a un atto medico
vero e proprio. In questo senso si è espressa con particolare chiarezza la Cassazione, peraltro in un precedente specifico, relativo al primo filone processuale
della vicenda in analisi 13.
10
Cass. pen., Sez. IV, 20 aprile 2010, n. 21799, Petretto, in Dir.
Pen. Proc., 2010, 1321 e segg., con nota di G. Iadecola, Violazione
consapevole della regola del consenso del paziente e responsabilità
penale; commentata altresı̀ da M. Barni, Impunità, colpa o dolo del
chirurgo: tutto – o quasi – dipende dall’esito, in Riv. It. Med. Leg.,
2010, 759 e segg. Più di recente, aderente a tali principi, nel
rimarcare l’irriducibilità della parziale omissione di informazioni
al paziente al paradigma dell’inganno, Cass. pen., Sez. V., 24
novembre 2015, n. 16678/2016, Crotti, in Italgiure.
11
Cass. pen., Sez. V, 27 ottobre 2011, n. 3222/2012, Guzinska,
in www.penalecontemporaneo.it, 18 maggio 2012, con nota di P.
Piras, Il dolo eventuale si espande all’attività medica, commentata
anche da G. Palmieri, Lesioni provocate da intervento chirurgico
compiuto senza il consenso informato del paziente. Responsabilità
del soggetto che consente a chi non abbia le abilitazioni normative
di svolgere tale attività sanitaria, in Cass. Pen., 2013, 2314 e segg.,
e annotata da A. Salerno, in Riv. It. Med. Leg., 2012, 1273 e segg.;
conforme Cass. pen., Sez. V, 27 ottobre 2011, n. 48074, Pasqualini, relativa al medesimo caso e pronunciata nei confronti dell’assistente non abilitato. Più di recente, in senso analogo, Cass. pen.,
Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 19554, Tettamanti, in www.penalecontemporaneo.it, 15 luglio 2016, con nota di P. Piras, La non
obbligatorietà del bilanciamento nell’accertamento del dolo eventuale.
12
Fine enunciato (ma non provato) nel caso Guzinska, e rimasto inespresso in Petretto.
13
Cass. pen., n. 35104/2013, Brega Massone, cit., al sesto mo-
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Dolo in ambito medico Diritto Penale
Tutti questi principi sono stati integralmente richiamati dalla pronuncia in commento 14. Vi è dunque
netta continuità con le precedenti elaborazioni della
giurisprudenza di legittimità. E, fino a questo punto,
viene confermata la correttezza della ricostruzione dei
giudici di merito, per la quale gli imputati si erano
mossi nella certezza di cagionare un inutile e gratuito
pregiudizio alla salute dei pazienti: ovvero quantomeno con dolo diretto di lesioni.
... all’omicidio preterintenzionale
na, è dominante tuttavia soltanto in un filone settoriale della giurisprudenza, relativo proprio all’ambito
medico-chirurgico 17; mentre i più recenti orientamenti della Cassazione, riguardanti settori di preterintenzionalità più ‘‘classici’’ 18, non ravvisano la descritta
incompatibilità.
Peraltro, va osservato come la pronuncia in analisi si
ostini a riproporre, in modo tutt’altro che isolato in
giurisprudenza, una struttura della preterintenzione
ancora in termini di dolo misto a responsabilità oggettiva 19. Viene cosı̀ meno la necessità di verificare la
sussistenza della prevedibilità in concreto dell’evento,
che discenderebbe da un’interpretazione della preterintenzione conforme al principio di colpevolezza. Di
conseguenza, il profilo soggettivo dell’omicidio preterintenzionale va esattamente a collimare con quello
del dolo diretto di lesioni: tracciando cosı̀ una figura
sostanzialmente unitaria e contrapposta al meno pregnante dolo eventuale di lesioni.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza 15, ove da un trattamento ‘‘terapeutico’’
inutile, o addirittura strumentalizzato per fini ‘‘altri’’,
derivi il decesso del paziente, non potrà configurarsi
in capo al medico operante il reato di omicidio nella
sua forma colposa, quanto piuttosto in quella preterintenzionale, salvo non risultino addirittura gli estremi del dolo eventuale del più grave evento morte.
Anche rispetto a tale principio giurisprudenziale la
sentenza in commento ritiene di aderire 16. Poiché nel
caso concreto è sussistente un profilo soggettivo pari
al dolo diretto di lesioni, la Cassazione avalla il ragionamento dei giudici di merito e non ravvisa spazio
alcuno per la configurabilità dell’omicidio colposo.
Il fatto mortale andrà dunque qualificato quantomeno
come preterintenzionale.
Cosı̀ non sarebbe ove il profilo soggettivo degli
agenti fosse qualificabile come dolo solo eventuale
di lesioni. Soltanto il dolo ‘‘diretto’’ (o intenzionale)
di tale reato viene infatti ritenuto sufficiente a integrare gli estremi degli ‘‘atti diretti a commettere’’ un
delitto di percosse o lesioni, di cui all’art. 584 c.p.
Tale soluzione ermeneutica, maggioritaria in dottri-
Come accennato, è solo rispetto all’ultimo passaggio
del ragionamento dei giudici di merito, che avevano
ravvisato gli estremi del dolo eventuale di omicidio nei
quattro casi di decesso del paziente, che la Suprema
corte si trova in dissenso.
Prima di affrontare la questione, è opportuno richiamare brevemente i più recenti sviluppi giurisprudenziali e i loro profili problematici in tema di dolo
eventuale e del suo accertamento, verificatisi a partire
dalla nota pronuncia a Sezioni unite resa nel caso
Thyssenkrupp 20.
tivo del ricorso di B. M.; in senso analogo, ricostruenti però sul
medesimo profilo soggettivo il delitto di cui all’art. 584 c.p., in
ragione dell’intervenuto decesso del paziente, cfr. infra le pronunce richiamate nella nt. 15.
14
Considerato in diritto, par. 2 (16-21).
15
La pronuncia più significativa è senza dubbio Cass. pen., Sez.
IV, 26 maggio 2010, n. 34521, Huscher, in Riv. It. Med. Leg.,
2011, 237 e segg., con note di A. Fiori-D. Marchetti-G. La Monaca, Gli atti medici terapeutici e non terapeutici alla luce della
sentenza della Cass. Pen., Sez. IV, n. 34521/2010, e di S. Fucci-M.
Barni-E. Turillazzi, Consenso informato e malattia: concetti di cui i
medici legali vorrebbero tener ‘‘ambo le chiavi del cor’’ della Suprema Corte. Più di recente Cass. pen., Sez. V, 28 giugno 2011, n.
33136, Gallotti, in Riv. It. Med. Leg., 2012, 267 e segg., con nota
di G. Rotolo, Interventi terapeutici per soldi: il ‘‘cottimo cardiochirurgico’’ in una recente sentenza della Cassazione; Cass. pen., Sez.
V, 8 luglio 2016, n. 38105, Rinaldi, in Italgiure; ma già, precedenti
anche alla sentenza Giulini, Cass. pen., Sez. IV, 9 marzo 2001, n.
28132, Barese, in Cass. Pen., 2002, 517 e segg., con nota di G.
Iadecola, e Cass. pen., Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 11335, Huscher, in Dir. Pen. Proc., 2009, 66 e segg., con nota di G. Pietra,
Trattamento medico-chirurgico arbitrario: un’assenza legislativa
non più tollerabile.
16
Considerato in diritto, parr. 11.1 e 11.2 (pp. 35-36).
17
Oltre alla pronuncia Barese e alle due Huscher sopra richiamate, in tal senso la giurisprudenza tradizionale: Cass. pen., Sez. I,
5 luglio 1988, n. 4904/1989, Pagano, e Cass. pen., Sez. I, 23
ottobre 1997, n. 2587/1998, Di Gregorio, entrambe in Italgiure.
In dottrina, per tutti: F. Mantovani, Diritto penale. Parte speciale,
I, Delitti contro la persona, IV ed., Padova, 2011, 109-110; L.
Eusebi, I confini dell’intervento sanitario indebito: la nozione di
‘‘lex artis’’ e il consenso ad atti non proporzionati, in Riv. It. Med.
Leg., 2011, 1394.
18
Cass. pen., Sez. V, 12 novembre 2008, n. 44751, Sorrentino;
Cass. pen., Sez. V, 11 dicembre 2008, n. 4237/2009, De Nunzio;
Cass. pen., Sez. I, 13 ottobre 2010, n. 40202, Gesuito, tutte in
Italgiure.
19
Con una massima, purtroppo sempre più diffusa, per cui la
preterintenzione non sarebbe costituita ‘‘da dolo e responsabilità
oggettiva, né da dolo misto a colpa, ma unicamente dal dolo di
lesioni (o percosse)’’, in quanto ‘‘la valutazione relativa alla prevedibilità dell’evento da cui dipende l’esistenza del delitto punito
dall’art. 584 c.p. [...] è nella stessa legge’’ (p. 36). Ma cosa è una
presunzione legislativa assoluta di prevedibilità dell’evento se non
responsabilità oggettiva?
20
Cass. pen., Sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343, Espenhahn, in
www.penalecontemporaneo.it, 19 settembre 2014. Moltissimi i
successivi contributi sul tema: per tutti, G. Fiandaca, Le Sezioni
Unite tentano di diradare il ‘‘mistero’’ del dolo eventuale, in Riv. It.
Dir. Proc. Pen., 2014, 1938 e segg.; M. Ronco, La riscoperta della
volontà nel dolo, ivi, 1953 e segg.; Id., Riflessioni sulla struttra del
dolo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2015, 589 e segg.; G. De Vero,
Dolo eventuale e colpa cosciente: un confine tuttora incerto. Considerazioni a margine della sentenza delle Sezioni Unite sul caso
ThyssenKrupp, ivi, 77 e segg.; M. Romano, Dolo eventuale e Corte
di Cassazione a Sezioni Unite: per una rivisitazione della c.d. accettazione del rischio, ivi, 559 e segg.; L. Eusebi, Formula di Frank e
dolo eventuale in Cass., S.U., 24 aprile 2014 (ThyssenKrupp), ivi,
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Il dolo e il suo accertamento alla luce delle Sez. un.
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Com’è noto, tale decisione ha tentato di portare un
po’ d’ordine in una materia caotica e incandescente
dal punto di vista sia teorico che pratico. Rigettata la
tradizionale definizione facente capo all’accettazione
del rischio – formula di maniera in passato utilizzata
per coprire rationes decidendi in realtà fondate su intuizioni eticizzanti del giudice – le Sezioni unite hanno
riaffermato con nettezza la natura ineludibilmente psicologico-volontaristica del dolo anche nella sua forma
eventuale. Rispetto a tale punto, vi è stato un sostanzialmente unanime apprezzamento della dottrina italiana, preoccupata dalle forti tendenze normativizzanti patrocinate da una larga fetta della letteratura straniera 21.
Tuttavia, un piglio definitorio probabilmente un po’
troppo ‘‘ecumenico’’ non ha condotto alla chiarezza
che – forse ingenuamente – ci si attendeva. L’apparente opzione generale proprio per la teoria economicista, o del bilanciamento, per cui sia ha dolo eventuale quando l’evento non direttamente voluto è visto
come prezzo eventuale da pagare per conseguire i
propri obiettivi egoistici 22, parrebbe coniugarsi con
l’assunto, autorevolmente patrocinato in dottrina,
per cui la conferma del dolo eventuale non possa
prescindere dall’individuazione dei concreti motivi
ad agire dell’agente 23: eppure, dopo alcune oscillazioni, la Cassazione non ha esitato a confermare una
condanna per omicidio volontario in un caso in cui,
pur nella mancata individuazione dei motivi, il restante quadro indiziario unanimemente militava nella direzione del dolo eventuale 24. Inoltre, la ‘‘degradazione’’ della prima formula di Frank da definizione generale a indicatore – peraltro privilegiato 25 – del dolo
eventuale, parrebbe aver introiettato nella teorica economicistica più rigidi standard di rilevanza del dolo
eventuale, che non le erano propri 26.
Queste sfocature definitorie, di estremo rilievo in
altri settori, non giocano tuttavia un ruolo significativo
in quello medico. I suoi intrinseci caratteri di razionalità e ponderatezza, infatti, rendono inverosimile un
dolo che non si radichi su dei motivi egoistici ben
definiti 27. Ancora, esso può sovente rispondere positivamente anche al criterio controfattuale di cui alla
prima formula di Frank, collocandosi tendenzialmente fuori dall’area del ‘‘fallimento del piano’’: il verificarsi dell’evento morte del paziente non pregiudica di
per sé il fine egoistico perseguito dall’agente, né necessariamente comporta conseguenze per lui negative,
potendo questi – almeno inizialmente – nascondere il
fatto tra gli insospettabili decessi fisiologicamente
connessi all’esercizio dell’attività chirurgica 28.
L’altro grande tema affrontato dalla sentenza Thyssen dopo la definizione del dolo eventuale, e cioè
quello del suo accertamento, ha visto emergere il ruolo degli indicatori, ovvero degli indizi attraverso cui
ricostruire in via, appunto, indiziaria la realtà psicologica ‘‘analoga alla volontà’’ che contraddistingue il
dolo nella sua forma eventuale.
L’emersione degli indicatori, vista come un tentativo di contenere l’arbitrio del giudice nel momento
dell’accertamento, è in sé indubbiamente positiva.
Tuttavia, il catalogo esposto nella sentenza Thyssen
è stato forse concepito più come un’acritica raccolta
degli indici concretamente utilizzati dalla Cassazione
nelle sue precedenti pronunce, piuttosto che un presidio garantistico nella delicata fase della prova del
dolo. Infatti, non si è approfondita la significatività
probatoria di ciascun indicatore, né singolarmente,
né – soprattutto – nel suo coordinarsi con gli altri;
non si è fornita una gerarchia, o una qualunque altra
regola per dirimere contrasti tra indici di segno opposto, eventualità inevitabile in presenza di un catalogo
cosı̀ ampio, e perdipiù ‘‘aperto’’ a eventuali ulteriori
623 e segg.; R. Bartoli, Luci ed ombre della sentenza delle Sezioni
unite sul caso Thyssenkrupp, in Giur. it., 2014, 2566 e segg.; K.
Summerer, La pronuncia delle Sezioni Unite sul caso Thyssen
Krupp. Profili di tipicità e colpevolezza al confine tra dolo e colpa,
in Cass. Pen., 2015, 490 e segg.; G. De Francesco, Dolo eventuale
e dintorni: tra riflessioni teoriche e problematiche applicative, ivi,
4624 e segg.; S. Raffaele, La rappresentazione dell’evento al confine
tra dolo e colpa: un’indagine su rischio, ragionevole speranza e
indicatori ‘‘sintomatici’’, in Dir. pen. cont.- Riv. trim., 2015, 4,
402 e segg. Per ulteriori indicazioni bibliografiche sul dolo eventuale in generale, sia lecito rinviare al nostro A. Cappellini, Il dolo
eventuale e i suoi indicatori: le Sezioni unite Thyssen e il loro
impatto sulla giurisprudenza successiva, in www.penalecontemporaneo.it, 4 giugno 2015.
21
Per tutti: C. Roxin, Über den ‘‘dolus eventualis’’, in Studi in
onore di Mario Romano, II, Napoli, 2011, 1201 e segg.; G. Pérez
Barberá, El dolo eventual. Hacia el abandono de la idea del dolo
como estado mental, Buenos Aires, 2011; B. Feijóo Sánchez, La
distinción entre dolo e imprudencia en los delitos de resultado
lesivo. Sobre la normativización del dolo, in Cuad. pol. crim.,
1998, 269 e segg.
22
Nella dottrina italiana, formulata in primis da S. Prosdocimi,
Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie
penali, Milano, 1993, 32 e segg.
23
M. Donini, Il dolo eventuale: fatto-illecito e colpevolezza. Un
bilancio del dibattito più recente, in D. Brunelli (a cura di), Il
‘‘mistero’’ del dolo eventuale, Torino, 2014, 35 e segg.; ma già,
similmente, P. Veneziani, Motivi e colpevolezza, Torino, 2000, 135
e segg., specialmente 147-148.
24
Cass. pen., Sez. V, 14 luglio 2016, n. 45997, Beti, in Giur. it.,
2017, 942 e segg., con nota di G.P. Demuro, Ubriachezza e dolo
eventuale nella guida spericolata.
25
L’indicatore ‘‘più importante’’ a giudizio della sentenza Thyssen (Cass. pen., n. 38343/2014, Espenhahn, cit., 187).
26
Ci riferiamo qui alla discrasia per cui tutta l’area del c.d.
‘‘fallimento del piano’’, ovvero la casistica in cui la realizzazione
dell’evento collaterale non direttamente voluto vanificherebbe gli
stessi fini egoistici perseguiti dall’agente, andrebbe espulsa de
plano dal dolo eventuale in base alla prima formula di Frank,
mentre potrebbe ancora trovarvi cittadinanza nell’ottica della teoria del bilanciamento, ove l’agente ritenga il proprio obiettivo cosı̀
importante da rischiare tutto, anche la possibilità di perderlo
definitivamente, nel tentativo di conseguirlo (cfr. G. Di Biase, Il
nuovo volto del dolo eventuale, tra criterio del bilanciamento e
prima formula di Frank, in Ind. Pen., 2015, 420 e segg.).
27
Quello dell’imprescindibilità o meno dei motivi è invece un
problema che emerge perlopiù nei settori ‘‘d’impeto’’, dove sovente un ‘‘bilanciamento’’ in concreto non vi è stato per mancanza
di margini temporali di riflessione (per tutti, G. Fiandaca, Le
Sezioni Unite, cit., 1952).
28
Cfr. amplius infra, nt. 37.
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Dolo in ambito medico Diritto Penale
indicatori ‘‘fuori lista’’ che il giudice ritenga significativi nel caso concreto 29.
La natura flou dello stesso concetto di indizi-indicatori, va detto, non ammette certo regole inferenziali
rigide, che ingabbino del tutto il principio del libero
convincimento del giudice in materia di prova. Tuttavia, un qualche criterio ordinativo di natura almeno
tendenziale sarebbe stato certamente preferibile a una
mera elencazione alla rinfusa, priva financo di un apparente ordine logico.
Il rischio – si capisce – è che da strumento di garanzia soft, capace di rendere quantomeno necessaria
l’esplicazione in sede motivazionale delle inferenze
sottese all’accertamento del dolo, gli indicatori diventino mere giustificazioni a posteriori, preconfezionate,
di decisioni in realtà assunte su ben altre incontrollabili basi 30.
Gli indicatori del dolo nel caso di specie
Il rischio di derive intuizionistiche e irrazionali, sempre presente nella materia del dolo eventuale, pare
essere stato scongiurato dalla pronuncia in commento,
con riferimento alla prova del dolo di omicidio nel
settore medico-chirurgico. La censura mossa dalla
Cassazione ai giudici di appello, infatti, si impernia
proprio sull’uso parziale e incompleto che questi
avrebbero fatto del catalogo enunciato dalla sentenza
Thyssen, valorizzando solo alcuni degli indicatori enumerati. Oltretutto, gli indicatori considerati dai giudici di appello sarebbero sostanzialmente gli stessi in
base ai quali era già stato ritenuto provato il dolo
diretto di lesioni 31.
Il dolo dell’evento morte, invece, inteso come accettazione di un accadimento più grave e ulteriore, è un
fatto psichico diverso e maggiore rispetto alla consapevolezza di stare arrecando un pregiudizio certo alla
salute del malato. Si tratta dunque di un diverso oggetto dell’accertamento, che necessita l’integrazione di
una più rigorosa ‘‘soglia’’ probatoria, da raggiungersi
attraverso un’analisi più completa e coordinata degli
indicatori caratterizzanti il caso concreto 32.
Il dolo eventuale di omicidio – conclude dunque la
sentenza in analisi – può essere apprezzato solo attraverso un’analisi globale e unitaria del quadro indiziario complessivo. In esso – pare di capire – nessun
indicatore può essere trascurato; e, qualora uno di essi
non paia suggerire un profilo doloso, il dolo ‘‘complessivo’’ potrà essere confermato soltanto ove il giudice sia capace di motivare nel dettaglio: o spiegando
29
A onor del vero, l’art. 192, 2º comma, c.p.p. già conosce una
regola generale di valutazione degli indizi, come noto basata sui
canoni di necessaria gravità, precisione e concordanza. Il tema del
rapporto tra tale norma e gli indicatori del dolo meriterebbe di
essere specificamente approfondito. Ci pare, infatti, che le due
questioni non possano essere integralmente sovrapposte: anche
solo notando come – nel dolo – il fatto storico da provare sia
psichico e non appartenente al mondo esteriore.
30
Cfr. G. De Vero, Dolo eventuale, cit., 89; T. Rafaraci, Ricostruzione del fatto e prova dell’elemento psicologico, in R. BorsariL- Sammicheli-C. Sarra (a cura di), Homo oeconomicus, Padova,
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perché la discrasia sia in realtà solo apparente, oppure
segnalando perché nel caso concreto l’apporto di tale
indice non sia capace di intaccare l’alta credibilità
razionale comunque raggiunta nel giudizio sinteticoglobale riguardante l’intero compendio probatorio. In
questo senso, dunque, l’utilizzo degli indicatori pare
forse finalmente avviarsi verso l’assunzione di un qualche statuto regolativo, che abbia almeno valenza settoriale.
Scendendo nel dettaglio dei singoli indicatori, non si
può che condividere il giudizio della Cassazione circa
la lacunosità dell’esame effettuato dal giudice di appello.
Più in particolare, la sentenza impugnata si era soffermata quasi solo su indici di natura oggettiva: l’assoluto esorbitare delle condotte tenute rispetto a quelle, alternative, realmente terapeutiche; la ripetizione
del medesimo schema seriale di interventi inutili per
due anni su un numero elevatissimo di pazienti, superiore a cento; le condotte, successive ai decessi, di
mancata esecuzione delle autopsie, al fine di celare
le proprie dolose responsabilità; l’alta probabilità in
un’ottica ex ante di verificazione degli eventi mortali,
stanti le precarie condizioni di salute delle vittime
prima di essere operate, l’elevata età e comunque il
grave stato di malattia in cui versavano.
Per quanto attiene agli indicatori soggettivi, ad eccezione di quello principe della finalità economica
degli interventi, il giudice d’appello evidenziava un
solo, generico, indice relativo alla ‘‘personalità del capo équipe’’ 33, emersa dalle intercettazioni, ostinatamente determinato al perseguimento dei propri fini
e disinteressato alla sorte dei pazienti.
A tale scenario la Cassazione pone una serie di censure specifiche 34. Alcune sono relative a possibili valutazioni alternative di indicatori già considerati dalla
sentenza di appello: l’aver operato un tentativo salvavita in extremis messo in atto (pur senza successo) nel
corso di uno degli interventi mortali incriminati, con
riferimento al comportamento susseguente al fatto,
insieme alla compatibilità, anche rispetto a profili di
responsabilità non dolosa, delle successive condotte di
‘‘insabbiamento’’ delle proprie colpe; l’esiguo numero
di decessi accertati in conseguenza degli interventi
truffaldini rispetto al numero totale di questi ultimi,
con riferimento alla probabilità di verificazione dell’evento secondo la prospettiva ex ante dell’autore 35.
Altre censure sono relative alla totale pretermissione
di alcuni indicatori, tutti di natura soggettiva: da un
2015, 141.
31
Considerato in diritto, par. 11.6 (40-43).
32
Indicatori che tuttavia, va rilevato, sono pur sempre gli stessi
tratti dal catalogo proposto dalla sentenza Thyssen.
33
Ass. App. Milano, Brega Massone, cit., 308, indicatore peraltro non presente nel catalogo Thyssen.
34
Considerato in diritto, par. 11.6 (41-43).
35
Nonché – aggiungiamo noi – connesso al profilo della fiducia
soggettiva che il fatto non si sarebbe verificato. Tutte obiezioni
contro cui, a nostro giudizio, non è agevole argomentare.
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lato, la storia e le pregresse esperienze degli autori,
con riferimento alla fiducia soggettiva autoingeneratasi nelle proprie capacità di governare il rischio operatorio 36; dall’altro, le possibili conseguenze negative
per gli stessi agenti, derivanti dall’attrarre su di sé
l’attenzione dell’autorità giudiziaria in caso di verificazione della morte in sala operatoria o subito dopo,
da valorizzare anche attraverso il ricorso al giudizio
controfattuale della prima formula di Frank 37.
Come si vede, sono tutti rilievi puntuali e di dettaglio: e proprio la minuzia dell’analisi, a nostro avviso,
oltre al piglio regolativo generale prima descritto, potrebbe far ben sperare circa le prospettive evolutive
della tematica degli indicatori.
Osservazioni conclusive
Concludendo, ci sembra dunque che la pronuncia
in analisi si ponga sulla buona strada di iniziare a
regolare e approfondire la materia degli indicatori
del dolo, quantomeno nel settore di riferimento. A
livello generale, tale ‘‘stretta’’ riteniamo sia sempre
più necessaria, allo scopo di contenere la discrezionalità, altrimenti quasi assoluta, del giudice nel momento dell’accertamento; in special modo in una fase dove
le sfocature definitorie del dolo eventuale – sospeso
tra controfattuale alla stregua della prima formula di
Frank, bilanciamento con indispensabilità dei motivi
all’azione e bilanciamento anche a prescindere da essi
– mantengono sfumato lo stesso oggetto della prova
indiziaria.
Tuttavia, è anche possibile che questa tendenza
chiarificatrice sia più figlia di logiche di settore, interne all’ambito del trattamento medico-chirurgico, che
di preoccupazioni garantistiche di ordine generale.
Va infatti osservato come quello in esame sia l’unico
comparto, tra tutti quelli a base lecita in cui si è conosciuta un’espansione del dolo eventuale, in cui venga
in gioco la figura dell’omicidio preterintenzionale.
In altri ambiti, come ad esempio nell’incidentistica
36
Corrispondenti al terzo e al decimo indicatore del catalogo
Thyssen. Rispetto ad essi, potrebbe osservarsi che, almeno riguardo ai casi più recenti di morte del paziente tra quelli contestati,
non è credibile sostenere che i medici ritenessero di poter ‘‘schermare il rischio’’ grazie alle proprie abilità, dal momento che già
altre volte – cioè con riferimento ai decessi avvenuti per primi –
avevano clamorosamente fallito.
37
Tali rilievi, relativi all’ottavo e all’undicesimo indicatore della
sentenza Thyssen, sono invece a nostro giudizio facilmente superabili. Le conseguenze negative per gli agenti – devastanti nell’entità – si sarebbero (e effettivamente si sono) manifestate solo alla
scoperta dell’intero sistema truffaldino. I singoli episodi di morte
di un paziente ben sono stati inizialmente nascosti nel numero dei
decessi fisiologici nell’esercizio dell’attività chirurgica, elevato su
pazienti di tal tipo (malati oncologici gravi, molto anziani). La
verificazione dell’evento non fa – subito – fallire il piano: e il
‘‘sistema’’, non a caso, è proseguito integro finché non è stato
smascherato (perdipiù a partire da incongruenze statistiche sui
decessi, e non dalle denunce delle singole vittime). Amplius A.
Cappellini, L’orizzonte del dolo, cit., 967-968.
38
Non soltanto è equiparato il livello del rischio, ma anche la
previsione (e volizione) dell’evento. Quest’ultimo, infatti, tende in
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stradale o nell’infortunistica lavorativa, condotte temerarie al limite tra dolo e colpa si caratterizzano
per uno schema di fatto in cui, a fronte dell’attivazione di un rischio elevatissimo, morte o lesioni si fronteggiano come prospettive alternative, non consequenziali, l’una all’altra: e rispetto alle quali il dolo
eventuale si atteggi, appunto, come alternativo. L’effetto di tutto ciò è che la ‘‘soglia’’ di rilevanza di tale
contegno doloso è tendenzialmente unitaria sia per le
lesioni che per l’omicidio 38; sebbene poi talvolta mere
considerazioni giudiziali di politica sanzionatoria portino a essere più rigorosi circa l’integrazione del dolo
eventuale di omicidio rispetto a quello di lesioni. Il
dolo è dunque di natura sempre eventuale anche per
le lesioni, e nessuno spazio pare residuare per l’omicidio preterintenzionale.
Nel settore medico-chirurgico, invece, lesioni e
morte si sono da sempre poste in una prospettiva,
per cosı̀ dire, progressiva, ‘‘sequenzializzata’’. Ciò era
particolarmente evidente in costanza del vecchio
orientamento che vedeva nel mero ‘‘mettere le mani’’
sul paziente un fatto tipico consumato di lesioni 39; ma
cosı̀ è sostanzialmente rimasto anche dopo il revirement relativo al concetto di malattia operato dalla
sentenza Giulini, giacché la casistica in cui può configurarsi l’omicidio preterintenzionale o volontario presuppone – come già visto – l’oggettiva non terapeuticità dell’atto, che fa regredire la tipicità ‘‘speciale’’
delle lesioni in ambito medico, fondata sull’art. 32
Cost., alla tipicità ‘‘comune’’ già sostenuta in costanza
del precedente orientamento 40.
È proprio tale sequenzializzazione tra lesioni e morte, nel settore medico, che consente l’inserimento dell’omicidio preterintenzionale come tertium intermedio tra l’omicidio colposo e doloso, con plurimi effetti.
Anzitutto, ciò ha comportato – a livello settoriale –
la triplicazione delle soglie di rilevanza del dolo: dolo
eventuale di lesioni, omicidio preterintenzionale (rectius, dolo diretto di lesioni) e dolo eventuale di omitale ambito a porsi come un tipo, una classe di fatti, il cui ‘‘baricentro’’ descrittivo ricade sulla verificazione o meno di una sorta
di ‘‘incidente d’innesco’’ (l’impatto tra veicoli, l’incendio nello
stabilimento, tutti potenzialmente mortali). La concreta evoluzione verso uno specifico risultato morte oppure lesioni sembra invece quasi riassorbita nella sua rilevanza da tale ‘‘baricentro’’ concettuale, apparendo come una sorta di post factum casuale di cui
non può essere ragionevolmente pretesa un’accurata descrizione
ex ante da parte dell’agente, pena l’insostenibilità di qualsivoglia
nesso soggettivo con il fatto. V. anche infra la nt. 40.
39
V. retro la nt. 6.
40
Il motivo di tale sequenzializzazione risiede, riteniamo, nella
specifica direzionalità in cui è incanalato il rischio, la quale permette una descrizione individualizzata e più accurata dell’evento
lesivo (‘‘morte del paziente X, dal quadro clinico Y e a seguito di
intervento Z’’, e non ‘‘incidente stradale potenzialmente mortale a
vittima indeterminata’’); e con essa la possibilità di discernere tra
profili soggettivi dolosi che si attaglino a differenti stadi di previsione e accettazione di questo ‘‘evento progressivo’’, sempre più
avanzati e specifici, in base alla diversa quantità e qualità di materiale probatorio volta disponibile.
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Dolo in ambito medico Diritto Penale
cidio. Tale innaturale ‘‘triplicazione del dolo’’, nel tentativo di marcare artificialmente una tripartizione tra
tipi di fatti, anche criminologicamente discutibile 41,
non può che condurre verso un’indebita divaricazione
delle tre soglie di rilevanza del dolo. Cosı̀, da un lato si
osserverà un arretramento eccessivo del dolo eventuale di lesioni, secondo logiche di tipo d’autore che
vadano sostanzialmente a punire medici ‘‘malvagi’’
che abbiano ingannato il paziente 42. Dall’altro, all’opposto, si assisterà – come nel caso di specie – a un
irrigidirsi dei requisiti d’accesso al dolo eventuale d’omicidio, nel tentativo di disegnare uno stacco quanto
più significativo rispetto alla preterintenzione.
Un irrigidimento, questo, in sé indubbiamente positivo. Tuttavia, esso pare originare – lo abbiamo visto
– più dalla sistematica di settore che da preoccupazioni garantistiche generali. Inoltre, pare agevolato
dalla pragmatica consapevolezza che la mancata prova
del dolo d’omicidio non farà ricadere il fatto nella
prescrizione praticamente certa dovuta alla sua qualificazione come colposo, ma lo inquadrerà proprio
nella figura ‘‘pigliatutto’’ intermedia dell’omicidio preterintenzionale.
La preterintenzione diviene cosı̀ surrettiziamente
una sorta di recklessness di settore, un tertium genus
‘‘comodo’’ nel suo colmare l’abisso sanzionatorio tra
omicidio colposo e volontario per l’ambito medico.
Anzi, per fatti gravi la preterintenzione potrebbe apparire un compromesso ottimale a fronte di considerazioni di ordine squisitamente politico-sanzionatorio:
prevedendo pene effettive, comunque elevate, e conservando lo stigma sociale dell’assise, senza tuttavia
cadere nel ‘‘giacobinismo’’ dell’omicidio volontario e
dell’ergastolo, che ai più appaiono eccessivi, stonati
rispetto al contesto della criminalità ‘‘da camice bianco’’.
Soluzione allettante, quanto insidiosa. Come già os-
41
Soltanto l’omicidio volontario pare inquadrare una figura,
quella del ‘‘macellaio senza scrupoli’’, che si potrebbe considerare
presente nel sentire collettivo. Le altre due soglie paiono inquadrare delle fotocopie (forse un po’ sbiadite) di tale figura, in cui il
movente egoistico – vero suo tratto caratteristico – aleggi solo
come un sospetto e non come un fatto provato.
42
V. retro le nt. 10 e 11: in tutti tali casi il fine lucrativo, vera
ratio dello sconfinamento nel dolo, è rimasto nell’ombra, solo
‘‘ammiccato’’ (e neanche in tutte le pronunce), perché altro non
era se non un sospetto non accertato.
43
Non è necessario ‘‘che sia individuata la finalità non terapeutica perseguita dal medico (che può anche non voler perseguire
uno specifico fine) essendo invece sufficiente l’estraneità dell’intervento ad ogni ipotizzabile scelta terapeutica’’ (Cass. pen., n.
34521/2010, Huscher, cit., 249).
44
Cosı̀ L. Eusebi, I confini dell’intervento sanitario indebito,
cit., 1394-1395, che conclude paventando il rischio che ‘‘l’assenza
di una finalità terapeutica, e pertanto il dolo di lesioni, vengano
presunti sulla base della mera contrarietà alla lex artis che sia
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servato, per l’integrazione dell’art. 584 c.p., in giurisprudenza, è sufficiente che l’atto del medico sia non
terapeutico dal punto di vista oggettivo: l’eventuale
prova di fini egoistici alternativi, cosı̀ come ogni altro
indicatore del dolo, sarà utile a corroborare la tesi, ma
non necessario 43. La preterintenzione può dunque
fondarsi su un dato solitario – l’oggettiva non terapeuticità del trattamento – peraltro equivoco 44: dove
sta il confine tra un atto scientificamente eccentrico,
ma ancora obiettivamente terapeutico, e uno che non
lo sia 45?
Quella che rispetto al dolo di omicidio sarebbe
nient’altro che una prova incompleta, insufficiente a
determinarlo, basterà cosı̀ a fondare la pena più mite
di cui all’art. 584 c.p. La preterintenzione, sradicata
dai settori a lei più familiari e ridotta a mero schema
imputativo, si configurerà in ambito medico come una
sorta di ‘‘dolo a metà’’, in cui a ‘‘prova minore’’ corrisponda una ‘‘pena minore’’ (ma pur sempre elevata ed
effettiva). Un risultato siffatto, tuttavia, quasi paragonabile alla semiplena probatio del diritto comune 46,
non può che stridere acutamente con la moderna concezione di colpevolezza.
Più che lo spauracchio dell’omicidio volontario, in
sé legittimo anche in ambito medico-chirurgico, ammesso che – come pare fare la Cassazione nella pronuncia in commento – il dolo sia inteso con il necessario rigore, sono ben altre le tendenze giurisprudenziali che a nostro giudizio devono preoccupare. Tra
queste, certamente, rientra la flessione del principio di
colpevolezza in ragione di una presunta equità punitiva, che si accontenti di forme incomplete e parziali
di dolo, come pare fare senza troppe critiche la giurisprudenza di settore rispetto alla casistica dalle conseguenze sanzionatorie meno appariscenti: dal dolo
eventuale di lesioni, al dolo diretto integrante gli estremi dell’art. 584 c.p.
ravvisata in una certa condotta medica’’; similmente G. Rotolo,
Interventi terapeutici per soldi, cit., 284; egualmente critica A.
Salerno, Il c.d. ‘‘cottimo cardiochirurgico’’ e la responsabilità penale
del sanitario: colpa o dolo?, in Riv. It. Med. Leg., 2014, 966.
45
Lo statuto della scienza medica rende impossibile separare
con nettezza atti terapeutici e non: l’area grigia di confine, delle
scelte azzardate o disperate, risente infatti di un soggettivismo
legato al caso concreto, che mai del tutto potrà farsi ingabbiare
da protocolli e linee guida. Senza contare, poi, l’assurdo processuale per cui è il giudice – inevitabilmente privo di preparazione
medica – chiamato a decidere sulla terapeuticità o meno dell’atto:
in balia degli antitetici pareri di periti e consulenti plurititolati, e
delle difese di un imputato sovente più esperto degli ‘‘esperti’’
medesimi.
46
Cfr. G.P. Demuro, Il dolo, I, Svolgimento storico del concetto,
Milano, 2007, 108; F. Cordero, Criminalia. Nascita dei sistemi
penali, Roma-Bari, 1986, 266-267; M. Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, 1993, 40.
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