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Blowin’ in the Wind Referendum irlandese e legalizzazione dell’aborto * Stefano Rossi** (23 ottobre 2018) Sommario: 1. Una premessa: il referendum irlandese e il dilemma dell’aborto. 2. L’ottavo emendamento: ambiguità e limiti di un diritto per valori. 2.1. L’ottavo emendamento come norma con funzione conservatrice. 3. Il caso A, B e C contro Irlanda e le sue conseguenze. 4. Il testo normativo del 2013 sull’interruzione di gravidanza. 5. Il referendum: storia di un percorso partecipativo. 6. Principi e direttive per la progettazione legislativa. 1. Una premessa: il referendum irlandese e il dilemma dell’aborto Uberto Scarpelli ricordava che il problema dell’aborto è «il luogo critico di una cultura intera, di una visione del mondo»1, nella misura in cui alla complessità dei valori, diritti e posizioni giuridiche che vi sono coinvolte, si accompagna il dilemma regolativo che presuppone la definizione del rapporto tra morale, etica e diritto, quest’ultimo inteso come forma di normazione positiva 2. Sacralità della vita e inviolabilità del corpo sono infatti i principi di fondo, spesso contrapposti, lungo i quali si snoda anche il discorso giuridico volto a legittimare o delegittimare tale pratica, rinviando a categorie e concezioni dei concetti che necessariamente spingono ad una riflessione sistemica. Né si può sottovalutare l’intensità e i riflessi emotivi 3 della scelta sottesa all’interruzione di gravidanza che, come nell’esperienza più classica delle tragedie greche, fa emergere un conflitto così lacerante da travolgere l’intera sfera esistenziale di chi vi è coinvolto, in primo luogo la donna, ma non solo, * Scritto sottoposto a referee. L'A. Ringrazia Lucia Busatta per le preziose osservazioni e i suggerimenti che hanno arricchito la sua riflessione 1 U. SCARPELLI, Bioetica laica, Baldini & Castoldi, Milano, 1998, 99. 2 Oggi, di fronte alla sfida di una società complessa, nella quale convivono visioni diverse dell’uomo, visioni diverse della società, visioni diverse della morale, sembra impossibile pensare che in un campo come quello della vita, che tocca le concezioni e i sentimenti più profondi dell’uomo, possa esistere un canone morale a vocazione universale. Sul tema si rinvia a G. PINO, Diritto e morale, in G. BONGIOVANNI, G. PINO, C. ROVERSI (a cura di), Ontologia del diritto, Giappichelli, Torino, 2016, 3 ss. 3 Come ricorda M.C. NUSSBAUM, L’intelligenza delle emozioni, Il Mulino, Bologna 2009, 37 ss. che rinviene nelle emozioni un fattore cruciale anche delle scelte normative. Ancora con C. MAGRIS, Letteratura e diritto. Strade opposte davanti al male, in Il Corriere della Sera, 16 aprile 2016, secondo cui «a differenza di chi declama le profonde ragioni del cuore pensando in realtà che esista solo il suo cuore, la legge parte da una conoscenza più profonda del cuore umano, perché sa che esistono tanti cuori, ognuno con i suoi insondabili misteri e le sue appassionate tenebre, e che proprio per questo solo delle norme precise, che tutelano ognuno, permettono al singolo individuo di vivere la sua irripetibile vita, di coltivare i suoi dèi e i suoi demoni, senza essere impedito né oppresso dalla violenza di altri individui, come lui preda di inestricabili complicazioni del cuore, ma più forti di lui». 1 tenuto conto che «la decisione di abortire è quasi invariabilmente presa all’interno di una rete di responsabilità e impegni interconnessi, confliggenti e spesso inconciliabili»4. In considerazione di tali fattori appare razionale la ricerca di formule normative volte a strutturare «accordi parzialmente o incompletamente teorizzati» 5, tali da garantire l’eguale considerazione e rispetto delle convinzioni più profonde di ognuno, a loro volta da tradurre nella grammatica di un diritto aperto, dialogico e sensibile6. In questa prospettiva la vicenda irlandese – assumendo carattere paradigmatico – descrive in modo peculiare un percorso che, pur costellato da un aspro dibattito pubblico, ha condotto a delineare un possibile bilanciamento nella normazione in materia di interruzione della gravidanza, scontrandosi con l’inevitabile quanto dolorosa necessità di interrogarsi sulla sfera del decidibile in un contesto che presuppone l’implicito riconoscimento del pluralismo dei valori 7. Al contempo, leggendo in filigrana i cambiamenti sociali, non si può non riconoscere che in Irlanda il referendum volto all’abrogazione dell’ottavo emendamento si sia trasformato e sia stato letto come una occasione storica di presa di parola8, di affermazione di un discorso nuovo sull’essere madri e sulla possibilità di scegliere di non esserlo, discorso che le donne hanno posto decisamente come problema attinente ai diritti fondamentali quale parte costituiva (e costituente) la cittadinanza9. 2. L’ottavo emendamento: ambiguità e limiti di un diritto per valori L’ottavo emendamento alla Costituzione irlandese è stato introdotto a seguito di referendum nel 1983 e ha modificato significativamente l’articolo 40.3.3, in 4 R. DWORKIN, Il dominio della vita. Aborto, Eutanasia e libertà individuale, Edizioni di Comunità, Milano, 1994, 78. 5 C. SUNSTEIN, A cosa servono le Costituzioni, Il Mulino, Bologna, 2009, 71 s., sp. 73. 6 Come auspicato da un raffinato costituzionalista come Leopoldo Elia che si riferì alla necessità nelle materie eticamente sensibili di adottare una legislazione di tipo “facoltizzante”. Cfr. L. ELIA, Introduzione ai problemi della laicità, in Associazione italiana dei costituzionalisti, I problemi pratici della laicità agli inizi del XXI secolo, Padova, 2008, 3 ss. 7 In merito le riflessioni di F. D’AGOSTINO, Bioetica. Nella prospettiva della filosofia del diritto, Giappichelli, Torino, 1996, 189 ss. e L. PALAZZANI, Introduzione alla biogiuridica, Giappichelli, Torino, 2002, 59 ss.; nella prospettiva laica si rinvia a S. PRISCO, Aborto e autodeterminazione della donna: profili problematici, in L. CHIEFFI, J.R. SALCEDO HERNÀNDEZ (a cura di), Questioni di inizio vita: Italia e Spagna, esperienze in dialogo, Mimesis, Milano, 2015, 511 ss. 8 A conferma R. SAMBARAJU, M. SAMMON et al., ‘Her choice of course’: Negotiating legitimacy of ‘choice’ in aborton rights deliberations during the ‘Repeal the Eighth’ movement in Ireland , in Journal of Health Psicology, 2018, 23 (2), 263 ss.; L. FIELD, The abortion referendum of 2018 and a timeline of abortion politics in Ireland to date, in Irish Political Studies, 2018, 33 (4), 608 ss. 9 Sul tema del rapporto tra diritti di cittadinanza e interruzione di gravidanza le riflessioni di G. BRUNELLI, L’interruzione volontaria della gravidanza: come si ostacola l’applicazione di una legge (a contenuto costituzionalmente vincolato), in G. BRUNELLI, A. PUGIOTTO, P. VERONESI (a cura di), Il diritto costituzionale come regola e limite al potere. Scritti in onore di Lorenza Carlassare, III, ESI, Napoli, 2009, 815 ss. 2 questi termini: «Lo Stato riconosce il diritto alla vita del nascituro e, con dovuto rispetto dell’eguale diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi di rispettare, e, per quanto possibile, attraverso le sue leggi di difendere e rivendicare tale diritto». A prima vista, l’ottavo emendamento può sembrare innocuo o semplicemente programmatico10. Tuttavia, nel corso del tempo, questa disposizione, che avrebbe potuto essere letta in dozzine di modi, è stata interpretata come divieto quasi assoluto di praticare l’aborto nell’ordinamento irlandese 11. Tale risultato è anche il frutto dell’impostazione giusnaturalista che ha connotato per un lungo periodo la giurisprudenza costituzionale irlandese, secondo cui il diritto statale trova fondamento in un sistema metagiuridico di diritti naturali, alla cui luce è necessario vagliare la validità del diritto positivo 12. Ne è esempio paradigmatico quanto scritto dal giudice Walsh in McGee v. Attorney General13 secondo cui: «in questo Paese, ricade in ultima analisi sui giudici interpretare la Costituzione e nel far ciò determinare, dove necessario, i diritti che sono superiori e antecedenti alla legge positiva, o che sono imprescrittibili e inalienabili […]. La struttura e il contenuto degli articoli che trattano dei diritti fondamentali indicano chiaramente che la giustizia non è subordinata alla legge. In particolare i termini dell’articolo 40.3 subordinano espressamente la legge alla giustizia»14. 10 D.G. MORGAN, Lineamenti di diritto costituzionale irlandese, Giappichelli, Torino,1998, 39 ss. R. FLETCHER, Judgment: Attorney General v. X, in M. ENRIGHT et al (eds.), Northern/ Irish Feminist Judgments: Judges’ Troubles and the Gendered Politics of Identity, Hart/Bloomsbury Publishing, 2017, 450 ss. 12 State (Ryan and others) v. Lennon and others [1935]. Ir. R. 170; 69 Ir. L. T. 125. Sulle origini delle teorie dell’interpretazione costituzionale v. M. FORDE, D. LEONARD, Constitutional Law of Ireland, Bloomsbury, Dublin, 2013, 10 ss.; E. DALY, T. HICKEY (eds.), The Political Theory of the Irish Constitution: Republicanism and the basic law, Manchester University Press, Manchester, 2015, 21 ss. e 145 ss.; D.K. COFFEY, Constitutionalism in Ireland, 1932-1938. National, Commonwealth and International Perspectives, Palgrave, London, 163 ss. 13 McGee v Attorney General [1974] IR 284, 315. Caso in cui la Corte Suprema affermò l’esistenza del diritto alla privacy matrimoniale in ordine all’uso dei contraccettivi, ricondotto agli unenumerated right, e fondando il proprio ragionamento sul richiamo ai valori del diritto naturale. Si trattava di un originalismo “debole” che accoglieva il principio secondo cui il significato della Costituzione è aperto all’evoluzione attraverso l’interpretazione, nella misura in cui «[i] giudici devono, quindi, [alla luce del preambolo] come meglio possono, in virtù del la loro formazione e la loro esperienza, interpretare questi diritti in conformità con le idee di prudenza, giustizia e carità. È naturale che di generazione in generazione le concezioni prevalenti di queste virtù possano essere condizionate dal passaggio del tempo; nessuna interpretazione della Costituzione è destinata a durare sino alla fine dei tempi, essendo data alla luce delle idee e dei concetti prevalenti» [at. 319]. 14 Orientamento che si lega alla dottrina dell’interpretazione armoniosa (Quinn’s Supermarket Ltd v Attorney General [1972] IR 1), delineata dal giudice Henchy in questi termini in The People v. O’Shea [1982] IR 384 at 426: «Ogni singolo diritto o potere costituzionale è solo un componente in un insieme di previsioni interconnesse e interagenti che devono essere considerate una parte di una composizione più larga, e a cui deve essere data una tale integrata interpretazione in modo che possa inserirsi armoniosamente nel generale ordine costituzionale. Si può dire di una Costituzione, più che di ogni altro strumento legale, che “la lettera uccide, lo spirito dà la vita”». L’obiettivo che lo Stato difenda e rivendichi il diritto alla vita del nascituro nel rispetto dell’eguale diritto alla vita della madre, deve essere interpretato in primo luogo, alla luce degli impegni assunti nel preambolo costituzionale (così il giudice Walsh 11 3 Era quindi inevitabile che questo orientamento, portato ai suoi esiti più radicali, potesse determinare effetti paradossali, limitando le libertà individuali e astringendo le forme del pluralismo sociale15. In un settore delicato e complesso come quello attinente ai diritti riproduttivi la Costituzione irlandese, come riformata nel 1983, fa proprio un modello impositivo16, a differenza degli altri ordinamenti europei che hanno adottato una prospettiva volta ad una sorta di «socializzazione dell’intervento interruttivo della gravidanza»17. L’ottavo emendamento tratta il feto come una persona, un soggetto di diritto avente rilevanza costituzionale, separato dalla madre che tuttavia ne ha la rappresentanza legale, potendo vantare un diritto alla vita esattamente equivalente a quello di quest’ultima 18. Ed è proprio questa prospettiva che ha consentito di giustificare l’individuazione in capo al concepito di una forma di soggettività e, dunque, di capacità giuridica che, sebbene latente, viene giustificata dall’esistenza dell’elemento materiale (l’embrione) e dell’elemento formale della qualificazione normativa a livello costituzionale: soggettività i cui effetti sono sospensivamente condizionati all’evento della nascita, ma il cui riconoscimento consente di attribuire una tutela piena ed attuale alle situazioni giuridiche di natura esistenziale di cui è tributario il nascituro 19. Nella stessa prospettiva anche il concetto costituzionale di “vita” è stato interpretato in maniera restrittiva: infatti, piuttosto che riconoscere l’ottavo emendamento come strumento di protezione della vita in tutta la sua ricchezza e profondità, il legislatore e i tribunali si sono accontentati di supporre che proteggesse solo la condizione di vita intesa in senso biologico 20. Gli altri diritti in McGee v The Attorney General [1974] IR 284 (hereinafter McGee); il giudice O’Higgins in State (Healy) v. Donoghue [1976] IR 325), e in secondo luogo alla luce delle altre disposizioni della Costituzione, compresi i diritti fondamentali delle donne ai sensi dell’art. 40 (così il giudice Budd in McGee at 322). 15 Sul punto le aspre critiche di D.M. CLARK, Emergency Legislation, Fundamental rights end art. 28.3.3 of the Irish Constitution, in The Irish Jurist, 1977 (12), 217 ss.; ID., The role of Natural Law in Irish Constitution, ivi, 1982 (17), 187 ss. 16 C. CASONATO, Introduzione al biodiritto3, Giappichelli, Torino, 2012, 121 ss. 17 Sul punto, con uno sguardo ampio alle esperienze comparate, L. BUSATTA, Diritti individuali e intervento pubblico nell’interruzione volontaria della gravidanza: percorsi e soluzioni per la gestione del dibattito in una prospettiva comparata, in M. D’AMICO, B. LIBERALI (a cura di), Procreazione medicalmente assistita e interruzione volontaria della gravidanza: problematiche applicative e prospettive future, ESI, Napoli, 2016, 151 ss., sp. 153. 18 L. SMYTH, Feminism and Abortion Politics: Choice, Rights, and Reproductive Freedom, in Women’s Studies International Forum, 2002, 25 (3), 335. 19 In senso contrario si deve rammentare che quando si sostiene l’esistenza della soggettività dell’embrione o del concepito, si dimentica che la soggettività è una costruzione sociale, che presuppone l’inserimento dell’individuo nella società. È una tecnica di imputazione di situazioni giuridiche (anche di obblighi, che il concepito difficilmente può avere), che però presuppone l’agire di quell’individuo nella società. Cfr. Y. THOMAS, Le sujet de droit, la personne et la nature, in Le Debat, 1998, 85 ss.; sulla complessa definizione normativa M. RIZZUTI, Il problema di definire la vita nascente, in F. CORTESE, M. TOMASI (a cura di), Le definizioni nel diritto. Atti delle giornate di studio del 30-31 ottobre 2015, ESI, Napoli, 2016, 247 ss. 20 K. MCNEILLY, From the Right to Life to the Right to Livability: Radically Reapproaching “Life” in Human Rights Politics, in Australian Feminist Law Journal, 2015, 4 (1), 141; L. SMYTH, Abortion and Nation: The Politics of Reproduction in Contemporary Ireland, Routledge, London, 2017, 27 4 che conferiscono dignità e significato all’esistenza (e che avrebbero potuto giovare a una valorizzazione della posizione della donna in bilanciamento con quella del nascituro) – ovvero i diritti alla privacy, all’uguaglianza, all’autonomia corporea e così via – sono stati sminuiti nella stesura del testo della legge sull’aborto del 2013 che ha dato un’attuazione forzata adottando un’interpretazione assoluta ed escludente dell’ottavo emendamento 21. In questo contesto impera una concezione biologica della vita, restando altresì bandita quella di matrice biografica, ovvero «quel modo di vita che realizza la saldezza dei diversi confini del Sé e insieme ne consente il libero governo; che li presidia in modo adeguato, rendendo presenti le condizioni materiali e morali del rispetto del Sé, e garantendo la piena libertà di quei gesti vitali con cui apriamo ad altri il nostro confine»22. Da questa considerazione derivano due conseguenze. In primo luogo, questa concezione della vita mette a nudo le contraddizioni degli accordi non pienamente teorizzati emergenti dalla mancata od omessa implementazione della clausola “possibilista” contenuta nell’emendamento («l’eguale diritto alla vita della madre»), laddove la stessa ha apparentemente fallito l’obiettivo di razionalizzare la legge e la politica sull’aborto in Irlanda 23. Se infatti l’obbligo posto a carico dello Stato è semplicemente quello di garantire l’esistenza sia della madre che del feto – al di là del dolore, sofferenza o dei rischi che la donna è costretta a sopportare –, allora l’unico limite all’azione statale è dato dal divieto di imporre scelte o doveri che si rivelino “futili” a fronte del fine di preservare la vita fetale 24. In tal modo l’ottavo emendamento ha fornito la copertura legale atta a giustificare incisive intrusioni nella vita privata delle donne sia da parte di soggetti terzi che, agendo in nome del nascituro, avrebbero potuto intervenire per impedire o interrompere l’accesso alla pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza, sia da parte del potere pubblico che, nel rivendicare il ruolo di difensore del diritto alla vita del nascituro 25, ha cercato di interdire, almeno sino alla revisione del 1992, alle donne irlandesi i viaggi “terapeutici” verso la Gran Bretagna, imponendo in certi casi interventi sanitari coattivi aventi medesima finalità26. In secondo luogo, il ripiegarsi della esegesi normativa sulla mera vita biologica ha prodotto un ragionamento giuridico spesso artificioso e astratto che conduce ad equiparare due entità, pur ontologicamente differenti, quali la gestante e il ss. 21 R.A. PEARCE, Abortion and the right to Life under the Irish Constitution, in Public Law, 1993, 388 s.; J.A. WEINSTEIN, An Irish Solution to an Irish Problem: Ireland’s Struggle with Abortion Law, in Ariz. Journ. Int’L. Comp. Law, 1993, 165, 10 s. 22 Pur in riferimento ad altre questioni, P. ZATTI, La dignità dell’uomo e l’esperienza dell’indegno, in Nuova giur. civ. comm., 2012, 6, 379 s. 23 G. HOGAN, Law Liberty and the Abortion Controversy, in A. W HELAN (ed.), Law and Liberty in Ireland, Oak Tree Press, Dublin, 1993, 114 ss. 24 Così Attorney General v X [1992] 1 IR 1; P.P. v. HSE [2014] IEHC 622. 25 Attorney General (SPUC) v. Open Door Counselling & Well Woman Centre Ltd [1988] IR 593; SPUC v Grogan [1989] IR 753. 26 South Western Health Board v K and Anor [2002] IEHC 104; Health Service Executive v F (High Court, ex tempore, Birmingham J., 20 November 2010); Mother A v Waterford Regional Hospital (High Court, Hedigan J., 11 March 2013). 5 feto27, laddove tale rapporto «non è un essere strutturale, ma un darsi relazionale che si costituisce, appunto, in un’unica ed esclusiva relazione interpellante la donna che lo assume in sé. L’evento embrionale, incondizionato eppure radicalmente (e sorprendentemente) dipendente, proietta se stesso nell’ambito della necessità; la posizione della donna si mantiene invece nel mondo del possibile e, dunque, della libertà. È in quest’area dialettica, instabile, conflittuale, limbica, tragica, tra libertà e necessità, tra Sein e Sollen; è in questo “spazio bianco”, in questo “non luogo”, che si iscrive la decisione abortiva e che ne viene posta in risalto l’abissale problematicità etica»28. In questa prospettiva, come opportunamente notato in riferimento al contesto costituzionale italiano, la «maternità non può essere un valore astratto dalla persona che è “madre”, né tanto meno può essere ridotta ad un processo puramente biologico che consente all’embrione di diventare una persona. La maternità costituzionalmente tutelata costituisce il centro della relazione primaria ed essenziale tra le persone umane, quella generativa (riproduttiva), senza la quale l’esperienza esistenziale semplicemente non c’è, non ci può essere. La maternità costituzionalmente tutelata è la maternità in un corpo di donna, l’esperienza esistenziale che attraversa – molto materialmente – il corpo di una donna»29. La legislazione irlandese diversamente non tiene in considerazione questa complessità e per raggiungere il risultato della “sacralizzazione” dell’embrione, propone un ragionamento per sottrazione – volto a disincarnare il rapporto carnale per eccellenza, quello tra donna e nascituro 30 – escludendo tutte le considerazioni che, pur in costanza di un’inestricabile relazione di mutua coappartenenza, rendono la vita della madre diversa e distinta da quella del 27 Sul punto P. VERONESI, Il corpo e la Costituzione. Concretezza dei «casi» e astrattezza della norma, Giuffrè, Milano, 2007, 97, per cui la «relazione tra corpo femminile e vita-corpo nascente non può essere mai dimenticata, trattandosi di un dato che produce notevoli ripercussioni nella mappa dei diritti coinvolti nella fattispecie». 28 F. APRILE, Decisione abortiva e actus debendi: per un’ontologia (debole) dell’evento embrionale, in Lessico di etica pubblica, 2013, 4, 66. In questo senso anche L. PALAZZANI, Dalla bio-etica alla tecno-etica: nuove sfide al diritto, Giappichelli, Torino, 2017, 148 s.; M. GENSABELLA FURNARI, Carol Gilligan: una voce differente, in A. Ales Bello, F. Brezzi, Il filosofare di Arianna, Mimesis, Milano, 2001, 253 ss. 29 In tal senso B. PEZZINI, Nascere da un corpo di donna: un inquadramento costituzionalmente orientato dall’analisi di genere della gravidanza per altri, in Costituzionalismo.it, 2017, 1, 192 s. che sottolinea altresì «da cui emerge la specificità della relazione del nascituro con la madre, senza la quale una tutela è addirittura impensabile, perché non c’è possibilità di sviluppo e quindi aspettativa di vita fuori ed a prescindere da un corpo di donna che accolga l’embrione nella gravidanza fino al termine di questa, fino al momento in cui è possibile una sopravvivenza autonoma» (corsivi dell’Autrice). 30 «Quando si parla di embrione (o di feto, a seconda della fase di sviluppo) si tende a “oggettivizzarlo” oltremodo, a considerarlo quale mera res extensa pressoché aionica, astorica, trascurandone l’intimo vincolo di “appartenenza” alla donna, in simbiosi [Miteinander] con il suo corpo. Non si è forse riflettuto a sufficienza su questo aspetto: l’embrione, senza una donna che lo porti in grembo, non sopravvive; esso, di per sé, più che un sussistere, è un “farsi presente” [Anwesen] privo di autonomo statuto ontologico, che necessita, per essere, di affidarsi a un altro organismo che se ne assuma la cura [Fürsorge]». Cfr. F. APRILE, Decisione abortiva e actus debendi: per un’ontologia (debole) dell’evento embrionale, cit., 65. 6 feto, consentendo così ai tribunali di operare una valutazione che si riferisce al solo criterio del confronto relativo alle chances di ciascuno di rimanere in vita 31. La Corte Suprema irlandese ha, in tal senso, sostenuto che, quando la donna intende interrompere la gravidanza, ciò viene a ledere (o ad annullare) in modo assoluto il diritto alla vita del feto, laddove tale lesione può giustificarsi solamente se la stessa sia in grado di dimostrare che il rischio per la propria vita sia maggiore32. Com’è evidente, una prova diabolica. 2.1. L’ottavo emendamento come norma con funzione conservatrice L’approccio interpretativo che ha irrigidito il senso e l’effetto dell’ottavo emendamento non era inevitabile, ma è stato programmaticamente perseguito33. Si deve infatti rammentare che, all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, in Irlanda non vi era alcun radicato movimento sociale che si battesse per la legalizzazione dell’aborto (che anzi era fatto penalmente rilevante) e la stessa Corte suprema aveva chiarito che, anche se vi era una facoltà, riconosciuta a livello costituzionale, di accedere alle misure di contraccezione, questa non si estendeva analogicamente alle pratiche abortive. Nonostante non vi fosse quindi la necessità di irrigidire ulteriormente la disciplina in materia, il referendum che ha condotto all’introduzione nella Costituzione irlandese dell’ottavo emendamento fu comunque promosso dagli ambienti conservatori 34. L’obiettivo del referendum era quello di garantire lo status quo35 ovvero che, a prescindere dai cambiamenti sociali e da possibili orientamenti libertari nella politica irlandese, un più semplice accesso alle procedure di interruzione della gravidanza sarebbe stato possibile solo a seguito dell’abrogazione tramite referendum dell’ottavo emendamento 36. Come sappiamo, perseguire questo 31 Una diversa prospettazione sarebbe stata possibile alla luce di quanto affermato in The State (C.) v. Frawley [1976] I.R. 365 secondo cui: «The right to bodily integrity as an unspecified constitutional right is clearly established by the decision of the Supreme Court in Ryan v. The Attorney General […] Even though it was there laid down in the context of a challenge to the constitutional validity of a Statute of the Oireachtas which, it was alleged, forced an individual to use water containing an additive hazardous to health, I see no reason why the principle should not also operate to prevent an act or omission of the Executive which, without justification, would expose the health of a person to risk or danger. When the Executive, in exercise of what I take to be its constitutional right and duty, imprisons an individual in pursuance of a lawful warrant of a court, then it seems to me to be a logical extension of the principle laid down in Ryan’s Case that it may not, without justification or necessity, expose the health of that person to risk or danger». 32 Attorney General v X. 33 F. DE LONDRAS, M. ENRIGHT, Repealing the 8th. Reforming Irish Abortion Law, Policy Press, Bristol, 2018, 3 ss. 34 L. CONNOLLY, The Irish Women’s Movement: From Revolution to Devolution, Springer, London, 2001, 163 ss. 35 In questo senso l’ottavo emendamento è stato adottato in reazione e per timore di una possibile affermazione in via giurisprudenziale del diritto ad abortire, sulla scorta di quanto avvenuto negli Stati Uniti. Sul punto v. J. KINGSTON et al., Abortion and the Law, Dublin, 1997. 36 Lo spauracchio che agitava i conservatori irlandesi era la sentenza Roe v. Wade, 410 U.S. 113 (1973). Su cui di recente S. MANCINI, La Corte Suprema degli Stati Uniti e il conflitto sui 7 obiettivo si è dimostrato particolarmente arduo, tanto che, con l’eccezione del referendum svoltosi nel maggio di quest’anno, dal 1983 l’impresa non era mai stata nemmeno tentata. È utile rammentare che, in quel torno di tempo, la pressante campagna organizzata dagli anti-abortisti ebbe importanti riflessi sul versante giudiziario, ponendo in luce il profondo contrasto – anche valoriale – tra giudici nazionali e istanze giurisdizionali sovranazionali. Nel giugno 1985, la Society for the Protection of Unborn Children (S.P.U.C.) aveva avviato un contenzioso contro Open Door Counselling Ltd. e Dublin WellWoman Centre Ltd., due cliniche che offrivano consulenza alle donne alle donne incinte, fornendo informazioni sulle cliniche inglesi che praticavano il servizio di interruzione della gravidanza 37. S.P.U.C. ha contestato l’attività svolta da tali cliniche che era tale da concretare, attraverso le prestazioni rese, una violazione dell’art. 40.3.3 Cost., chiedendo l’emissione di un’ingiunzione per impedirla. La High Court riconobbe, in prima istanza, che le attività di Open Door e Dublin Well-Woman violavano le disposizioni dell’articolo 40.3.3 della Costituzione, così come della legislazione penale nazionale secondo cui costituiva illecito penale procurare od organizzare un aborto o ancora fornire sostanze o strumenti idonei a nuocere alla salute del concepito (Offences against the Person Act, 1861, sezz. 58 e 59 38). Open Door e Dublin Well Woman presentavano ricorso alla Corte suprema irlandese, la quale, nel dicembre del 1988, confermava l’ingiunzione emessa dalla High Court, sottolineando come fornire informazioni sulle pratiche abortive contribuisse all’eliminazione di una vita umana 39. Non vi può essere pertanto bilanciamento diritti riproduttivi: da Roe v. Wade all’approccio anti-stereotipo, in C. MURGIA (a cura di), Scritti in onore di Sara Volterra, Giappichelli, Torino, 2017, 565 ss. 37 Society for the Protection of Unborn Children (Ireland) Ltd. v. Open Door Counselling , [1988] I.R. 593, 600-01 (Ir. H. Ct.), aff'd, [1988] I.R. 618 (Ir. S.c.). 38 Il divieto di aborto è previsto dalle sec. 58 e 59 della legge del 1861 sui reati contro le persone. In base alla sec. 58 «La donna in stato di gravidanza che, al fine di provocare un aborto, assume illecitamente un medicinale o una sostanza comunque nociva della vita del concepito o utilizza illecitamente strumenti o comunque modalità aventi la stessa finalità, e chiunque, al fine di provocare l’aborto di una donna, incinta o meno, le fornisce o le somministra un medicinale o una sostanza comunque nociva o utilizza, con lo stesso intento, strumenti o altre modalità, è colpevole di un reato e, in caso di una pronuncia di colpevolezza, è condannabile alla pena dell’ergastolo». La sec. 59 prevede che «Chiunque fornisce o procura medicinali o sostanze comunque nocive alla vita del concepito, strumenti o altre mezzi comunque destinati a provocare un aborto di una donna, incinta o meno, è colpevole di un reato». 39 Society for the Protection of Unborn Children (Ireland) Ltd. v. Open Door Counselling , [1988] I.R. 618, 624 (Ir. S.C.), in particolare secondo il giudice Finlay afferma: «… il punto saliente in questo caso non verte su ciò che sostiene il Procuratore generale e cioè sull’attività di consigliare o incoraggiare le pratiche abortive. Piuttosto in base alla natura delle garanzie proclamate dall’art. 40.3.3 della Costituzione occorre in primis determinare se le attività delle associazioni imputate si traducano nell’aiutare le donne incinte a recarsi all’estero per abortire. Le associazioni imputate cioè pongono in essere un’attività di assistenza che si ripromette la morte del concepito? Io credo, senza dubbio, che la risposta a questa domanda debba essere positiva, visto che le associazioni imputate hanno ammesso di aiutare le donne che si rivolgevano loro a recarsi in Gran Bretagna per praticare l’intervento. Se una donna desiderosa di interrompere la gravidanza poteva, grazie ai servizi offerti dalle associazioni imputate, 8 tra un diritto assoluto, come quello alla vita, e il diritto alla libertà di espressione rivendicato dalle cliniche convenute in giudizio. L’azione giudiziaria avviata dagli anti-abortisti della S.P.U.C., avendo interessato tutte le organizzazioni che prestavano consulenza in materia di scelte riproduttive, rese il clima ancora più aspro, costringendo queste ultime a rivolgersi alla Commissione europea dei diritti umani per l’asserita violazione dell’art. 10 della Cedu che tutela la libertà di espressione. Nel procedimento che ne è conseguito la Corte di Strasburgo ha sottolineato di non poter condividere «l’interpretazione in base alla quale le restrizioni incriminate tendano alla prevenzione di un crimine: essa ha già affermato che né il fornire informazioni né il praticare l’aborto all’estero costituiscano reato. Tuttavia la protezione assicurata dal diritto irlandese al diritto a nascere si basa sul riconoscimento di profondi valori morali riguardanti la natura stessa della vita che si riflette nell’attitudine della maggioranza della popolazione che, al referendum popolare del 1983 ha votato contro una legislazione favorevole alle pratiche abortive. La restrizione dunque persegue il fine legittimo di proteggere la morale di cui la difesa del diritto alla vita del concepito costituisce certamente un aspetto»40. Tuttavia non si può ritenere che «lo Stato possieda, nel dominio della protezione della morale, un potere discrezionale assoluto e insuscettibile di essere controllato (si veda il caso Norris c. Irlanda, 26 ottobre 1988). È del resto chiaro che le autorità nazionali godono in materia di un ampio margine di apprezzamento, in particolare riguardo una sfera come quella che riguarda la natura della vita umana. […] Non si tratta tuttavia di un potere illimitato, perché la Corte è chiamata a verificare se una restrizione è compatibile con la Convenzione». A tal riguardo – sancì la Corte – l’ingerenza si rivela troppo ampia e sproporzionata, tale da violare l’art. 10 della Cedu. In particolare ciò che più colpisce «è il carattere assoluto della decisione della Corte Suprema [irlandese]: vieta in modo definitivo di comunicare a donne in gravidanza le informazioni sulle possibilità di abortire all’estero senza aver riguardo all’età, allo stato di salute delle interessate, né alle ragioni alla base della richiesta di informazioni»41. Nel frattempo, la S.P.U.C., aprendo un altro fronte, citava in giudizio alcune organizzazioni studentesche che avevano pubblicato nelle guide destinate alle ottenere l’indirizzo di una clinica inglese dove recarsi, il telefono e il modo di comunicare con tale clinica, si deve necessariamente concludere che ci fosse una chiara consapevolezza del risultato. La constatazione del giudice di primo grado, secondo la quale le associazioni imputate aiutavano le donne in gravidanza a recarsi all’estero per ottenere maggiori informazioni sull’aborto e per praticarlo, mi pare dunque solidamente ancorata agli elementi di prova ... ». In dottrina A.M. HILBERT, Comment, The Irish Abortion Debate: Substantive Rights and Affecting Commerce jurisprudential Models, in Vand. Journ. Transnt’l Law, 1994 (26), 1117 ss. 40 C. Edu, 29 ottobre 1992, Open Door et Dublin Well-Women c. Irlanda, ric. n. 14234/88 e n. 14235/88, §. 63. 41 Ibidem, §. 68, 73. Gli effetti della pronuncia furono comunque limitati nella misura in cui l’Irlanda, all’epoca, aveva adottato un modello dualista nei rapporti con il sistema Cedu e non aveva ancora provveduto ad incorporare nel diritto interno la Convenzione, con la conseguenza che la sentenza in esame non costituiva un superamento della giurisprudenza della Suprema corte. 9 studentesse informazioni sulle pratiche abortive 42; queste si difendevano concentrandosi sul profilo economico del diritto ad offrire informazioni, declinato come prestazione di servizi ai sensi del Trattato istitutivo della Cee, piuttosto che far leva sul suo aspetto di diritto fondamentale 43. In particolare le organizzazioni sostenevano la configurabilità di un diritto a diffondere tali informazioni ai sensi della normativa comunitaria poiché la loro pubblicazione e il correlato diritto ad ottenere tali informazioni rappresentava un corollario del diritto di circolare negli altri Stati membri della Comunità al fine di ottenere l’accesso a determinati servizi. La High Court, a fronte di tali eccezioni, negò la concessione dell’ingiunzione, rinviando la questione alla Corte di giustizia ai sensi dell’art. 177 del Trattato Cee. A sua volta la Corte di giustizia, pronunciandosi sulla questione, stabiliva che «l’interruzione di gravidanza, realizzata in conformità del diritto nazionale di dove ha luogo» costituisce «la prestazione di un servizio ai sensi dell’art. 60», tuttavia «il rapporto tra l’attività di informazione sulle pratiche abortive poste in atto dalle associazioni studentesche e la pratica abortiva praticata da cliniche di un altro stato membro» appare «troppo flebile perché il divieto di diffondere informazioni su tale pratica possa essere considerato una restrizione» alla libertà di prestazione di servizi in base all’art. 59 del Trattato». La Corte non ha infine ritenuto opportuno valutare invece se tale divieto si ponesse in violazione dell’art. 10 della Cedu: la legislazione nazionale in discussione non rientra del resto nelle materie di competenza del diritto comunitario 44. In un appello, la Corte suprema irlandese – pur non potendo smentire il pronunciamento della Corte di giustizia – concedeva comunque l’ingiunzione 45 richiesta dalla S.P.U.C., con l’effetto immediato di marchiare come illegittima e proibita qualsiasi attività volta a diffondere informazioni sulle cliniche abortiste inglesi. Sebbene la vicenda apparentemente si fosse risolta a favore degli anti-abortisti, in realtà i principi affermati dalla Corte di giustizia – in particolare laddove si è sottolineato che l’accesso all’interruzione di gravidanza non è solo una questione di diritto interno – sono risultati determinanti e influenti sulle successive pronunce della Corte suprema irlandese 46. Paradigmatica in questo percorso è la sentenza nel caso Attorney General v. X del 5 marzo 199247 in cui la Corte Suprema – di fronte alla richiesta di abortire 42 Society for the Protection of Unborn Children (Ireland) Ltd. v. Grogan, [l989]1.R. 753, 758 (Ir. H. Ct.), aff’d in part, rev’d in part, [1989] I.R. 760 (Ir. S.C.). Sul punto M. KELLY, Censorship and the Media, in Gender and the Law in Ireland, Alpha Connely, Dublin, 1993, 204 s. 43 B. WILKINSON, Abortion, the Irish Constitution and the CEE, in Pubbl. Law, 1992 (20), 24 ss. 44 Corte di giustizia 4 ottobre 1991, Grogan c. Ireland, causa C-159/90, in Raccolta, 1991, p. I4685. 45 Society for the Protection of Unborn Children (Ireland) Ltd. v. Grogan. [1989] I.R. 760. 766 (Ir. S.c.). 46 In particolare ci si riferisce a Attorney Gen. v. X, [1992] 1 I.R. 1, 7 (Ir. H. Ct. 1992), rev'd [1992] 1 I.R. 16 (Ir. S.C. 1992). 47 Case of Attorney General v X [1992] 1 IR 1A. Sul punto si v. A. Baraggia, La sentenza A. B. and C. v. Ireland sotto la lente dell’ordinamento irlandese: osservazioni a prima lettura, in Riv. Aic, 2011, 2, 6 s. 10 avanzata da un’adolescente che era rimasta incinta a seguito di anni di molestie e aveva già tentato il suicidio – ha delineato le condizioni per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, criteri trasfusi poi nel Protection of Life During Pregnancy Act (PLDPA) del 201348. In particolare i giudici irlandesi – in assenza di una legge in materia – hanno ritenuto lecito l’aborto solo in presenza di un rischio reale per la vita della donna che possa essere evitato soltanto attraverso l’interruzione della gravidanza; rischio ravvisabile anche laddove si possano riscontrare tendenze suicide della gestante. La linea guida è chiara: poiché l’attenzione del legislatore si è esclusivamente incentrata sul bene “vita”, se la vita di un feto è a rischio, lo Stato, e per estensione il personale sanitario, deve fare tutto ciò che è possibile per salvarlo. La fuga all’estero è sempre stata un’uscita di sicurezza dai divieti della legislazione irlandese, consentendo alle donne di realizzare all’estero, specie in Inghilterra, ciò che è loro vietato in patria 49. La questione era stata affrontata nel caso X, laddove, a fronte della posizione assunta dal procuratore generale che aveva emesso un’ingiunzione per impedire a miss X di recarsi in Inghilterra, la maggioranza della Corte Suprema riconobbe che alle donne incinte non poteva essere impedito di viaggiare all’estero per praticare l’interruzione di gravidanza. Anche in virtù di quanto sostenuto nella sentenza sul caso X, la libertà di recarsi all’estero è stata infine sancita anche in Costituzione con l’approvazione del tredicesimo emendamento, mentre con il quattordicesimo emendamento si è assicurato il diritto di ottenere o rendere accessibili informazioni relative a servizi sanitari legalmente disponibili all’estero 50. Il tema dell’aborto in Irlanda è stato ignorato a livello politico e legislativo, determinando uno stato di inerzia che ha impedito una responsabile presa di posizione sull’argomento atta a trovare un bilanciamento tra i diritti in gioco ed ha onerato la giurisprudenza del ruolo di risolutore dei conflitti che, caso per caso, le venivano presentati. Lo stallo legislativo in materia si sbloccò nel 1995 con l’approvazione del Regulation of Information (Service outside the State for Termination of Pregnancies) Act, che ha rappresentato lo strumento per porre termine alla battaglia tra tribunali irlandesi e istituzioni europee; ma solo nel luglio 2013, a seguito alla decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso di A, B e C c. Irlanda e alla morte di Savita Halappanavar nel 2012 51, venne approvato il Protection of Life During Pregnancy Act (PLDP) che ha 48 La sentenza in questione fu aspramente criticata dagli anti-abortisti tanto da spingerli ad indire nel 1992 un referendum volto a introdurre un emendamento all’art. 40 della Costituzione per impedire l’aborto anche nel caso di rischio suicidiario della gestante. Referendum che ebbe esito sfavorevole. 49 C. HUG, The Politics of Sexual Morality in Ireland, Springer, London, 2016, 160 s. 50 S. MCAVOY, Vindicating Women’s Rights in a Foetocentric State: The Longest Irish journey, in N. GIFFNEY, M. MARGRIT (eds.), Theory on the Edge, Palgrave, Basingstoke, 2013, 39. 51 Savita Halappanavar, cittadina indiana residente in Irlanda, è morta in un ospedale di Galway nel 2012 perché le è stato negato l’intervento per l’aborto. Savita era alla diciassettesima settimana di gestazione quando sono sorte delle complicazioni che avrebbero reso necessario praticare un aborto per salvarle la vita, intervento che i medici hanno rifiutato di effettuare a causa del battito cardiaco ancora rilevabile nel feto. Quando la notizia è diventata pubblica ci sono state numerose mobilitazioni di protesta in tutta l’Irlanda che hanno dato inizio ad un forte movimento per il diritto all’aborto. 11 attribuito alle donne irlandesi il diritto di accedere all’interruzione di gravidanza se la loro vita è in pericolo, o se c’è un rischio di suicidio, lasciando tuttavia non normati i casi di stupro, incesto o anomalie fetali 52. Questa legge ha autorizzato venticinque strutture sanitarie in tutta l’Irlanda ad eseguire la procedura in casi di pericolo di vita della donna, abrogando le sec. 58 e 59 del Offences against the Person Act. 3. Il caso A, B e C contro Irlanda e le sue conseguenze Determinante, in questo percorso, è stata la pronuncia del 16 dicembre 2010 emessa dalla Grande Camera della Corte Edu nel caso A. B. e C. c. Irlanda, a seguito della quale il legislatore irlandese è stato costretto ad intervenire approvando una specifica disciplina relativa all’accesso all’interruzione di gravidanza. Il caso prende le mosse dal ricorso promosso da tre donne che lamentano la violazione da parte dell’Irlanda degli artt. 2, 3, 8, 13 e 14 della Cedu, dovendosi differenziare la posizione di C da quella delle prime due donne. Per queste ultime, infatti, la decisione di interrompere la gravidanza è stata determinata non da reali condizioni di rischio per la loro vita, ma da motivi inerenti una concezione ampia di salute e di benessere psico-fisico (essendo la prima alcolista e madre di altri minori, affidati ai servizi sociali) ed economico (non essendo in grado la seconda di prendersi cura di un figlio), il che avrebbe impedito loro di accedere in modo legale all’aborto in Irlanda. Differente era, invece, la condizione dell’ultima ricorrente che, essendo affetta da una rara forma cancerosa, lamentava di aver avuto informazioni insufficienti dai medici riguardo l’impatto della gravidanza sulla sua salute e della patologia sul feto. Altresì questa contestava l’assenza di una legge attuativa del dettato costituzionale volta a definire una procedura mediante la quale avrebbe potuto accertare la presenza delle condizioni per praticare un aborto legale in Irlanda. Il giudizio della Corte sovranazionale si concentra sulla compatibilità della normativa irlandese in materia di aborto con l’art. 8 Cedu, disposizione che «cannot, accordingly, be interpreted as conferring a right to abortion» e «cannot be interpreted as meaning that pregnancy and its termination pertain uniquely to the woman’s private life as, whenever a woman is pregnant, her private life becomes closely connected with the developing foetus»53. Ciò non comporta che la condizione giuridica della donna sia considerata priva di tutela, ma che la natura e le forme di tale protezione, pur nella penombra dell’art. 8 Cedu, assumono caratteri peculiari, valorizzando la dimensione procedurale delle garanzie offerte al concetto di vita privata e una valutazione comparativa del complesso degli interessi che entrano in gioco nel bilanciamento 54. 52 Sui problemi che si intrecciano nelle fasi più delicate della vita, tra gravidanza e fine vita – si veda L. BUSATTA, Scelte di fine vita in gravidanza. Incontri e scontri tra diritto e medicina, in L. CHIEFFI (a cura di), La medicina nei tribunali, Cacucci, Bari, 2016, 103 ss. 53 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C c. Irlanda, ric. n. 25579/05, §. 213. 54 E. WICKS, A, B, C v. Ireland: Abortion Law under the European Convention on Human Rights, in Human Rights Law Review, 2011 (11), 560 ss.; L. BUSATTA, La sentenza A, B e C c. Irlanda: 12 In particolare, in relazione all’applicazione dell’art. 8, il bilanciamento derivante dallo speciale rapporto tra donna e feto viene quindi ad incidere sulla determinazione del margine di apprezzamento nazionale e sulla sua applicazione discrezionale, laddove «the article 8 cannot be interpreted as meaning that pregnancy and its termination pertain uniquely to the woman’s private life as, whenever a woman is pregnant, her private life becomes closely connected with the developing foetus»55. Nel sindacare in merito al bilanciamento operato dalle autorità nazionali tra gli opposti interessi in gioco, la giurisprudenza europea ha fatto ricorso alla c.d. dottrina del “margine di apprezzamento” 56, secondo cui le autorità statali godono di un certo margine di discrezionalità nella valutazione della necessità di interferire nella sfera tutelata da un diritto fondamentale 57. Tra i fattori rilevanti ai fini della determinazione dell’ampiezza del margine di apprezzamento la Corte ha menzionato, in particolare, l’esistenza di un consenso di opinioni a livello europeo, ricordando come tale elemento abbia sempre svolto un ruolo propulsivo per un’interpretazione evolutiva della Convenzione, che dev’essere considerata «a living instrument» e letta alla luce delle «present-day conditions»58. Pur ravvisando una sostanziale uniformità di vedute nell’ambito dei Paesi del Consiglio d’Europa quanto alla possibilità di ammettere l’interruzione della gravidanza anche al di fuori dell’ipotesi di rischio per la vita della gestante, la Corte non ha tuttavia attribuito a tale indice una incidenza tale da limitare il margine di apprezzamento riconosciuto in materia agli Stati membri 59. Come nota la Corte «a number of factors must be taken into account when determining the breadth of the margin of appreciation to be enjoyed by the la complessa questione dell’aborto tra margine d’apprezzamento, consenso e (un possibile) monito, in Dir. pubbl. comp. eu., 2011 (2), 445 ss.; S. MCGUINNESS, A, B, and C to D (for delegation!), in Medical Law Review, 2011 (19), 476 ss.; F. DE LONDRAS, K. DZEHTSIAROU, II. Grand Chamber of the European Court of human Rights, A,B & C v Ireland, Decision of 17 December 2010, in International and Comparative Law Quarterly, 2013 (62), 250 ss. 55 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 213 in cui si precisa «The woman’s right to respect for her private life must be weighed against other competing rights and freedoms invoked including those of the unborn child». Cfr. anche il caso C. Edu, 26 maggio 2011, R.R. c. Polonia, ric. n. 27617/04, §. 181 56 J. HARRIS, M. O’BOYLE, C. WARBRICK, Law of the European Convention on Human Rights, Oxford, 2009, 349 ss. 57 L. BUSATTA, Diritti individuali e intervento pubblico nell’interruzione volontaria della gravidanza: percorsi e soluzioni per la gestione del dibattito in una prospettiva comparata, in M. D’AMICO, B. LIBERALI (a cura di), Procreazione medicalmente assistita e interruzione volontaria della gravidanza: problematiche applicative e prospettive future, cit., 155 ss. che sottolinea la trasversalità del criterio del margine di apprezzamento. 58 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 234. Sembra potersi rinvenire una relazione di proporzionalità inversa tra l’esistenza di un consenso a livello europeo e la sua estensione, da un lato, e l’ampiezza della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri, dall’altro. Così il margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati si restringe, quando vi è un consenso di opinioni a livello europeo; mentre ove tale consenso manca, il margine di apprezzamento risulta particolarmente ampio. Si vedano le riflessioni di L. BUSATTA, La salute sostenibile. La complessa determinazione del diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie, Giappichelli, Torino, 2018, 124 ss. 59 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 235-236. 13 State in any case under Article 8. Where a particularly important facet of an individual’s existence or identity is at stake, the margin allowed to the State will be restricted (see, for example, X and Y v. the Netherlands, 26 March 1985, §§ 24 and 27, Series A no. 91; Dudgeon v. the United Kingdom, 22 October 1981, Series A no. 45; Christine Goodwin v. the United Kingdom [GC], no. 28957/95, § 90, ECHR 2002-VI; see also Pretty, cited above, § 71). Where, however, there is no consensus within the member States of the Council of Europe, either as to the relative importance of the interest at stake or as to the best means of protecting it, particularly where the case raises sensitive moral or ethical issues, the margin will be wider (see X, Y and Z v. the United Kingdom, 22 April 1997, § 44, Reports of Judgments and Decisions 1997-II; Fretté v. France, no. 36515/97, § 41, ECHR 2002-I)»60. Nel caso di specie, diversamente, ad emergere, condizionando il giudizio, vi era il particolare contesto politico e culturale irlandese 61, laddove le scelte effettuate dal legislatore in tema di interruzione volontaria della gravidanza si fondano «on the profound moral views of the Irish people as to the nature of life […] and as to the consequent protection to be accorded to the right to live of the unborn»62. Questioni morali che attengono ad un campo, quello della definizione scientifica e legale dell’inizio della vita («when the right to life begins»), in cui comunque, a 60 C. Edu, 10 aprile 2007, Evans c. Inghilterra, ric. n. 6339/05, §. 77 Come ricorda A. COLELLA, Un’importante pronuncia della Corte europea in tema di bilanciamento tra diritti della donna e tutela del nascituro, in Dir. pen. contemp., 11 gennaio 2011 «Nel giugno 2008, il referendum sulla ratifica del Trattato di Lisbona aveva avuto in Irlanda esito negativo. Il Governo irlandese aveva pertanto commissionato uno studio indipendente all’University College di Dublino sulle motivazioni che avevano spinto la popolazione a non andare a votare o a votare in senso contrario alla ratifica del Trattato; studio in esito al quale era emerso che la bocciatura era, tra l’altro, il prodotto di una serie di “misperceptions in the area of abortion, corporate taxation and conscription” (§ 100). Esso aveva allora chiesto e ottenuto, preventivamente alla ratifica del Trattato di Lisbona (avvenuta con referendum il 2 ottobre 2009), una decisione vincolante dei Capi di Stato e di Governo dei ventisette Paesi membri dell’Ue per fugare le preoccupazioni dei cittadini irlandesi in merito alla possibilità che la ratifica dello stesso incidesse sull’art. 40.3 della Costituzione (§ 101). La decisione, entrata in vigore lo stesso giorno del Trattato di Lisbona, recita così: “Nothing in the Treaty of Lisbon attributing legal status to the charter of fundamental rights of the European Union, or in the provisions of that Treaty and the area freedom, security and justice, affects in any way the scope and applicability of the protection of the right to life in Article 40.3.1, 40.3.4 and 40.3.3... provided by the Constitution of Ireland”». 62 Dictum apertamente in contraddizione con quanto affermato in S.H. c. Austria, in tema di procreazione medicalmente assistita, nella quale la Corte europea aveva ritenuto che «concerns based on moral considerations or on social acceptability are not in themselves sufficient reasons for a complete ban on a specific artificial procreation technique such as ova donation» (§. 100). Sul punto F. REY MARTINEZ, ¿Es el aborto un derecho en Europa? Comentario de la sentencia ‘A, B y C v. Irlanda’, del Tribunal Europeo de Derechos Humanos , in Estudios Constitucionales, 2011 (9), 748 ss. 61 14 livello europeo, non vi è un consenso di opinioni 63, mancanza a cui il giudice sovranazionale non può ovviare64. L’intima relazione che si instaura tra la madre e il feto durante la gravidanza conduce a valorizzare questa assenza di consenso sull’inizio della vita umana, indebolendo la sfera dei diritti della donna protetta dall’art. 8 Cedu nella misura in cui «the margin of appreciation accorded to a State’s protection of the unborn necessarily translates into a margin of appreciation for that State as to how it balances the conflicting rights of the mother»65. Dopo aver legittimato l’ampio (anche se «not unlimited»66) margine di apprezzamento nazionale67, la Corte non può che prendere atto del bilanciamento emerso nell’ordinamento irlandese, laddove l’aborto è proibito in caso di rischio per la vita della donna, ma la stessa ha la possibilità di rivolgersi all’estero per abortire, avendo diritto di ricevere informazioni in merito. Un bilanciamento che, secondo la Corte, «struck a fair balance between the right […] to respect for their private lives and the rights invoked on behalf of the unborn»68. 63 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 237. Nemmeno il fatto che «the national laws referred to that most Contracting Parts» abbiano di fatto risolto il conflitto tra posizione giuridica del nascituro e della madre attraverso un bilanciamento «in favour of greater legal access to abortion» rappresenta un fattore decisivo al fine di orientare lo scrutinio della compatibilità dell’approccio irlandese con la Cedu. 64 «The Court recalls that it is not possible to find in the legal and social orders of the Contracting States a uniform European conception of morals including on the question of when life begins. By reason of their “direct and continuous contact with the vital forces of their countries”, State authorities are in principle in a better position than the international judge to give an opinion on the “exact content of the requirements of morals” in their country, as well as on the necessity of a restriction intended to meet them» (C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C c. Irlanda, §. 223). 65 Sul punto le considerazioni di S. PENASA, La Corte europea dei diritti dell’uomo di fronte al fattore scientifico: analisi della recente giurisprudenza in materia di procreazione medicalmente assistita e interruzione volontaria della gravidanza, in Rev. eu. derecho fund., 2013 (21), 235 ss., sp. 257 ss. Anche N.R. KOFFEMAN, Morally sensitive issues and cross-border movement in the EU. The cases of reproductive matters and legal recognition of same-sex relationships, Intersentia, Cambridge, 2015, 31 ss. 66 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 238. 67 Definizione così lata del margine di apprezzamento che si è qualificata tale decisione come forma di «constitutional deference» Cfr. D. FENWICK, ‘Abortion Jurisprudence’ at Strasbourg: deferential, avoidant and normatively neutral?, in Legal Studies, 2014, 34 (2), 223. Nella opinione dissenziente dei giudici Rozakis, Tulkens, Fura, Hirvelia, Malinverni e Poalelungi si sottolinea che «it is the first time that the Court has disregarded the existence of a European consensus on the basis of “profound moral views”. Even assuming that these profound moral views are still well embedded in the conscience of the majority of Irish people, to consider that this can override the European consensus, which tends in a completely different direction, is a real and dangerous new departure in the Court’s case-law». Si veda la ricostruzione e l’analisi di J.N. ERDMAN, The Procedural Turn: Abortion at the European Court of Human Rights, in R.J. COOK, J.N. ERDMAN (eds.), Abortion Law in Transnational Perspective: Cases and Controversies, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 2014, 121 ss. 15 Diverse sono le conclusioni per quanto concerne la posizione della terza ricorrente che lamentava l’omissione nell’attuazione per via legislativa delle regole di accesso alle procedure di interruzione della gravidanza, lacuna tale da comportare una violazione dell’art. 8 Cedu, laddove stabilisce l’obbligo per gli Stati di adottare misure al fine di rendere effettivo il diritto da esso sancito. La Corte sottolinea come, in Irlanda, manchi una disciplina normativa volta a dare attuazione alle scelte legittime operate in Costituzione, chiarendo le condizioni per accedere ad un lawful abortion. Quanto previsto nell’ottavo emendamento della Costituzione irlandese, pur lasciando al legislatore nazionale un ampio margine di discrezionalità nel decidere se e come intervenire, fa insorgere una legittima aspettativa in capo alla donna di avere accesso alle tecniche di interruzione della gravidanza, configurandosi in capo allo Stato un obbligo positivo di assicurare le condizioni procedurali e istituzionali che ne garantiscano effettività 69. L’attenzione della Corte si appunta sul quomodo dell’intervento discrezionale del legislatore che quando «decides to allow abortion, it must not structure its legal framework in way which would limit real possibilities to obtain it»70, dovendo quindi – per non violare l’art. 8 Cedu – garantire «a procedural framework enabling a pregnant woman to exercise her right of access to lawful abortion»71. Come già sancito in precedenza, il giudice europeo si riserva di valutare in concreto le scelte discrezionali del legislatore, indicando una serie di «positive obligations to safeguard the applicant’s right to respect for her private life in the context of a controversy as to whether she was entitled to a therapeutic abortion»72, tra cui: a) «measures affecting fundamental human rights be, in certain cases, subject to some form of procedure before an independent body competent to review the reasons for the measures and the relevant evidence»; b) procedure tali da garantire alla donna «at least the possibility to be heard in person and to have her views considered»; c) la forma scritta della manifestazione di volontà73; d) «the procedures in place should therefore 68 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 241. In questo contesto quindi tale obbligo per lo Stato si declina nella necessità di prevedere «a regulatory framework of adjudicatory and enforcement machinery protecting individuals’ rights and the implementation, where appropriate, of specific measures in an abortion context» (C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C c. Irlanda, §. 245) al fine di evitare che «a discordance between the social reality and the law» (§. 248) incidano irragionevolmente sul rispetto della vita privata delle persone coinvolte. 70 C. Edu, 20 marzo 2007, Tysiac c. Polonia, ric. n. 5410/03, §. 116. Cfr. N. PRIALXU, Testing the Margin of Appreciation: Therapeutic Abortion, Reproductive ‘Rights’ and the Intriguing case of Tysiac v Poland, in European Journal of Health Law, 2009 (15), 361. 71 C. Edu, 26 maggio 2011, R.R. c. Polonia, §. 202 secondo cui lo Stato deve garantire che gli strumenti procedurali, mezzi per rendere effettivo un diritto, siano tali da assicurare la puntualità e tempestività degli esami preliminari all’interruzione della gravidanza, oltre ad una informazione completa e affidabile; C. Edu, 30 ottobre 2012, P. e S. c. Polonia, §. 99 evidenzia lo stretto legame esistente tra l’esigenza di coerenza interna del sistema e la previsione di alcune garanzie procedurali per l’effettività dei diritti. 72 C. Edu, 20 marzo 2007, Tysiac c. Polonia, §. 128. 73 C. Edu, 20 marzo 2007, Tysiac c. Polonia, §. 117. 69 16 ensure that such decisions are timely so as to limit or prevent damage to a woman’s health which might be occasioned by a late abortion»74. La via procedurale consente al giudice sovranazionale di astenersi da valutazioni inerenti la ragionevolezza o l’opportunità politica del merito delle scelte legislative, limitando il proprio sindacato e l’effetto della pronuncia alla verifica della compatibilità delle discipline nazionali con le garanzie volte a rendere effettivi i principi convenzionali, in maniera tale da prospettare la necessità di una politica e di una giustizia attente a rendere disponibili quegli strumenti che sono propri di uno Stato di diritto. Dalla ratifica della Convenzione derivano per lo Stato una serie di obblighi sia negativi che positivi il cui contenuto dipende dal grado di importanza degli interessi in discussione, dal coinvolgimento di valori fondamentali o aspetti essenziali della vita personale e privata, dalla divergenza tra la realtà sociale e il diritto ed infine dal peso che tale obbligo positivo riveste per lo Stato. La Corte riconosce che la legislazione irlandese è lacunosa nel disciplinare i casi in cui l’aborto è lecito, omissione eccepita anche dagli stessi giudici nazionali 75. «Tale indeterminatezza sommata alla rigidità delle norme penali costituiscono un chilling factor per pazienti e medici»76, il che ha giustificato la condanna dell’Irlanda per non avere implementato gli obblighi positivi, tesi ad assicurare il rispetto della vita privata della ricorrente. Alla luce di quanto disposto in sentenza, lo Stato irlandese era tenuto a provvedere dandovi attuazione. Vi è da considerare che la Convenzione europea è stata recepita nell’ordinamento irlandese tramite l’ECHR Act del 2003, legislazione di matrice interpretativa che ha imposto ai tribunali interni di osservare e rendere effettive le garanzie convenzionali 77. Non si è attribuito ai giudici il potere di dichiarare invalida quella parte della normazione nazionale che risulti essere contrastante con i principi affermati dalla Convenzione e dalla sua Corte, potendo al più la High Court (e in appello la Corte suprema) dichiararla incompatibile – ovvero disapplicarla – in determinate circostanze ben limitate. Le disposizioni dell’ECHR Act attribuiscono un ulteriore effetto alla Convenzione nel diritto irlandese, laddove in particolare la sec. 2 (1) prevede che «nell’interpretare o applicare una qualsiasi disposizione statutaria o norma di diritto, il giudice è soggetto, nella misura del possibile, alle norme giuridiche sull’interpretazione e applicazione, dovendolo fare in termini compatibili con gli obblighi assunti dallo Stato ai sensi della Convenzione». Quindi, sebbene la 74 C. Edu, 20 marzo 2007, Tysiac c. Polonia, §. 118. C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C v. Irlanda, §. 40. In particolare McGee v Attorney General [1974] IR 284, 315 secondo il giudice McCarthy «Al momento dell’emanazione dell’ottavo emendamento il popolo aveva il diritto di credere che sarebbe stata promulgata una legislazione per regolare il modo in cui il diritto alla vita del nascituro e quello della madre potevano essere riconciliati; l’incapacità del legislatore per otto anni di emanare una legislazione appropriata con linee guida per tutte le persone interessate è imperdonabile». 76 D. TEGA, Corte europea dei diritti: l’aborto tra margine di apprezzamento statale e consenso esterno nel caso A, B e C contro Irlanda, in Forum Quad. cost., 2 marzo 2011, 3. 77 S. EGAN, The European Convention on Human Rights Act 2003: A Missed Opportunity for Domestic Human Rights Litigation, in Dublin University Law Journal, 2003 (25), 230. 75 17 Convenzione sia considerata parte del diritto interno, essa rimane «subordinata alla Costituzione» (sec. 1)78. Vi era comunque un obbligo di attuazione del dettato della sentenza a carico dello Stato irlandese, tanto che nel giugno 2011 il Governo irlandese ha dovuto presentare al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa un piano d’azione per assicurare l’esecuzione della sentenza nel caso A, B e C c. Irlanda. Piano che, dopo rinvii e impedimenti, ha finalmente trovato attuazione con l’approvazione della normativa (PLDPA) del 2013. 4. Il testo normativo del 2013 sull’interruzione di gravidanza Secondo la sec. 22 del PLDPA – che ha sostituito le previsioni in materia delle sec. 58 e 59 del Offences Against the Person Act del 1861 – accedere o praticare un aborto costituisce un reato, salvo che si possano applicare le cause scriminanti connesse alla necessità di salvare la vita della gestante o al rischio suicidiario della stessa 79. Tale previsione limita fortemente la possibilità per le donne di accedere all’interruzione volontaria della gravidanza in modo legale. La prova di «rischio reale e sostanziale» non è chiaramente definibile: se infatti il rischio per la vita della donna non deve apparire immediato o imminente perché la stessa possa accedere alla procedura abortiva, tuttavia, nella prassi, si richiede ai medici di operare solo ove si sia in presenza di un rischio per la salute della gestante tanto grave da determinare un rischio concreto per la vita della stessa 80. I medici sono così costretti a svolgere, al tempo stesso, una valutazione clinica ed una legale, sicchè l’assistenza sanitaria in gravidanza è fornita sotto minaccia di subire conseguenze penali sia per il medico che per la gestante 81. Questa condizione presenta un ulteriore risvolto negativo laddove si lascia ai medici un ampio margine di discrezionalità (se non di arbitrio), potendo rifiutare il trattamento o ritardare una decisione in modo che la donna possa più essere in grado di accedere all’aborto, anche quando la sua vita è a rischio secondo quanto prescritto dalla legge. Anche in caso di pericolo per la vita della donna, l’aborto non è consentito se il feto ha raggiunto una condizione di vitalità autonoma, potendosi adottare misure coercitive volte a imporre che la gravidanza venga portata a termine 82. Peraltro la proibizione dell’aborto trova applicazione indipendentemente dallo 78 Per un quadro ampio S. EGAN, L. THORTON, J. W ALSH (eds.), Ireland and the European Convention on Human Rights: 60 Years and Beyond, Bloomsbury, Dublin, 2014. 79 In questo senso le opinioni dei giudici McCarthy in Attorney General v X, at 147; in SPUC v Grogan [1989] IR 753, 770, e McKechnie in D (A Minor) v Judge Brennan, the HSE, Ireland, and the Attorney General (High Court, 9 May 2007). 80 Section 22, PLDPA 2013. 81 Sections 7-9, PLDPA 2013. 82 Royal College of Obstetricians and Gyneacologists, Perinatal Management of Pregnant Women at the Threshold of Infant Viability – The Obstetric Perspective, Scientific Impact Paper, n. 41/2014, reperibile in www.rcog.org.uk/en/guidelines-research-services/ guidelines/sip41. 18 stadio di avanzamento della gravidanza e a tutte le forme di interruzione di tipo chirurgico e medico (compresa “la pillola del giorno dopo”) 83. Il PLDPA richiede, per accedere all’interruzione di gravidanza, la certificazione di almeno due medici che dichiarino la sussistenza di un «rischio reale e sostanziale» per la vita che può essere evitato solo ponendo fine alla gravidanza84. Se il rischio per la vita è determinato dal rischio di suicidio, la legge impone ulteriori condizioni di natura procedurale a cui ottemperare 85. Infine, salvo in caso di emergenze, i medici hanno il diritto di rifiutarsi di eseguire l’interruzione della gravidanza, potendo esercitare, in conformità alla legge, l’obiezione di coscienza86. Le rigidità di questo modello legislativo 87 comportano quale eterogenesi dei fini che solo coloro che non abbiano altre opzioni accedono al percorso delineato dalla normativa del 2013, essendo più semplice organizzare un viaggio all’estero88 o ottenere illegalmente la somministrazione di forme di contraccezione d’emergenza89. La legge irlandese sembra quindi sminuire il soggetto – la donna – che dovrebbe essere al centro della relazione di cura e sulla cui esistenza incidono le scelte attinenti alla gestione del corpo e alla riproduzione, non attribuendo alcun ruolo ai desideri o alla voce di quest’ultima. Una volta che la donna ha richiesto di accedere all’aborto – quale atto estremo e doloroso di messa in crisi di un sistema strutturato sul controllo biopolitico dei corpi, facendo emergere la contraddizione insista nelle forme di subordinazione che connotano il contesto sociale90 – tutte le altre decisioni, quasi a voler risanare il vulnus che è determinato dalla sua scelta, sono attribuite a qualcun altro: dai medici agli avvocati, dai tribunali alla pubblica opinione. 83 Section 2.1., PLDPA 2013. In termini critici M. TAYLOR, Women’s Right to Health and Ireland’s Abortion Laws, in International Journal of Gynaecology and Obstetrics, 2015, 130 (1), 93. 84 Sections 6-8, PLDPA 2013. Si veda riguardo la normativa in comment C. MURRAY, The Protection of Life During Pregnancy Act 2013. Suicide, Dignity and the Irish Discourse on Abortion, in Social and Legal Studies, 2016, 25 (6), 667 ss.; H. FELZMANN, Bringing abortion to Ireland? The Protection of Life During Pregnancy Act 2013, in International Journal of Feminist Approaches to Bioethics, 2014 (7), 192 ss. 85 Implementation of the Protection of Life During Pregnancy Act 2013 – Guidance Document for Health Professionals, in www.health.gov.ie/wpcontent/uploads/2014/09/Guidance-Document-Final-September-2014.pdf. 86 Section 17, PLDPA 2013. 87 Normativa di stampo paternalistico, su cui G. MANIACI, Contro il paternalismo giuridico, Giappichelli, Torino, 2012, 47 ss. 88 Secondo i dati del Department of Health, Abortion Statistics, England and Wales: 2015. 89 A. AIKEN et al., Experiences and Characteristics of Women Seeking and Completing At-home Medical Termination of Pregnancy through Online Telemedicine in Ireland and Northern Ireland: A Population-based Analysis, in British Journal of Obstetrics & Gynaecology, 2017, 124 (8), 1208. 90 Sulla prospettiva anti-subordinazione di genere si rinvia a B. PEZZINI, L’uguaglianza uomodonna come principio anti-discriminatorio e come principio antisubordinazione, in G. BRUNELLI, A. PUGIOTTO, P. VERONESI (a cura di), Il diritto costituzionale come regola e limite al potere. Scritti in onore di Lorenza Carlassare, III, cit., 1141 ss. 19 Ne è un riflesso lo stato di eccezione a cui è soggetto l’(altrimenti) inviolabile diritto delle donne a rifiutare qualsivoglia trattamento sanitario 91 che trova, nel Health Service Executive’s (HSE) National Consent Policy, un pesante vincolo. Si sostiene infatti che, in forza dell’ottavo emendamento, seppure «il consenso di una donna incinta sia richiesto per tutti gli interventi di assistenza sanitaria e sociale. Tuttavia [...] c’è un’incertezza giuridica significativa per quanto riguarda il diritto della donna di rifiutare il trattamento in circostanze in cui il rifiuto avrebbe posto la vita del feto a grave rischio. In tali circostanze, si dovrebbe chiedere un parere legale se sia necessaria la presentazione di apposita istanza avanti l’High Court»92. Questa interpretazione dell’ottavo emendamento costruisce il rapporto tra la donna incinta e il feto secondo un modello “avversariale” 93, che si riverbera anche sulle scelte che non sono volte ad interrompere la gravidanza, come ad esempio procedere con il parto naturale anziché tramite taglio cesareo, scelta interdetta qualora l’equipè medica la ritenga rischiosa per il feto. La National Maternity Strategy va ancora oltre, affermando che la decisione di una donna in stato interessante dovrebbe essere rispettata solo «nella misura in cui è sicuro farlo», e che la sua decisione può essere ignorata, non solo ove vi siano implicazioni “per la vita del bambino, ma per la sua salute come accertato dal team degli operatori sanitari che l’assistono”94. In HSE v. B95, la High Court ha chiarito che le donne incinte non possono essere sottoposte ad un intervento chirurgico fortemente invasivo nell’ipotesi in cui i rischi per il feto conseguenti ad un rifiuto di sottoporvisi siano bassi. Tuttavia, non essendovi criteri stringenti, è difficile rappresentare come la previsione dell’ottavo emendamento venga a influire sulle scelte sanitarie quando i rischi della gravidanza siano più elevati. Lo stesso Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha criticato l’uso di trattamenti coercitivi e inutili dal punto di vista sanitario nell’Irish labour wards96 e l’AIMSI reports riferisce che le donne irlandesi sono regolarmente costrette a sottoporsi a test, procedure e trattamenti medici97. Peraltro il rifiuto di sottoporsi a cure mediche da parte delle donne in gravidanza è stato spesso scavalcato tramite provvedimenti giurisdizionali: così, nel caso della sig.ra Y, la cui competence non era in discussione, la High Court ha concesso un provvedimento per sottoporla ad 91 Così Re a Ward of Court (withholding medical treatment) (No 2) [1996] 2 IR 79; JM v Board of Management of St Vincent’s Hospital [2003] 1 IR, 321. 92 South Western Health Board v K and Anor [2002] IEHC 104; Health Service Executive v F (High Court, ex tempore, Birmingham J., 20 November 2010); Mother A v Waterford Regional Hospital (High Court, Hedigan J., 11 March 2013). 93 T. PITCH, Un diritto per due. La costruzione giuridica di genere, sesso e sessualità, Il Saggiatore, Milano, 1998, 70 s. 94 Department of Health, Creating a Better Future Together: National Maternity Strategy 20162026 (2016). 95 [2016] IEHC 605. 96 United Nations Committee on the Elimination of Discrimination against Women (UNCEDAW), Concluding Observations on the Combined Sixth and Seventh Periodic Reports of Ireland, CEDAW/C/IRL/CO/6-7, 9 March 2017. 97 Association for Improvements in Maternity Services – Ireland (2014), reperibile in http://midwivesforchoice.ie/wp-content/ uploads/2017/01/MfC-Submission-to-UN-CAT.pdf, 8-9. 20 alimentazione e idratazione forzata al fine di consentire la prosecuzione della gravidanza, imponendo la procedura del taglio cesareo senza il suo consenso 98. Da questo quadro emerge come l’ottavo emendamento sia parte cruciale di un sistema che legittima quelle scelte del potere pubblico che minimizzano, limitano e potenzialmente sono in grado di danneggiare la sfera giuridica e il diritto di autodeterminazione delle donne, il che – in un ordinamento democratico e pluralista – ne giustifica l’abrogazione. 5. Il referendum: storia di un percorso partecipativo D’ora in poi per le donne irlandesi il 25 maggio rappresenterà una data storica, in cui l’attivismo collettivo e individuale sviluppatosi nel corso degli ultimi decenni ha cambiato il volto della Costituzione, mettendo a nudo le contraddizioni di un dispositivo escludente – rappresentato dall’ottavo emendamento – che veniva ad incidere, in assenza di un giusto bilanciamento, sul nucleo più profondo di uno dei diritti in gioco, ovvero quello all’autodeterminazione. La conseguente pressione sociale dell’opinione pubblica 99 ha peraltro spinto la maggior parte dei partiti politici, nella campagna elettorale del 2016, a prendere posizione sull’ottavo emendamento, pur non trovando un accordo sulla possibile riforma. Dopo le elezioni, il programma per il governo di coalizione 100 tra Fine Gael e Fianna Fàil, concordato nella primavera del 2016, ha incluso un impegno volto ad affidare alla Citizens’ Assembly – quale forma di espressione della partecipazione democratica diretta dei cittadini – la discussione, tra le altre questioni, della riforma dell’ottavo emendamento 101. All’esito di un lavoro istruttorio che si è protratto sino al giugno del 2017, l’Assemblea ha approvato 98 Al contempo la giurisprudenza è ben consapevole della portata restrittiva dei provvedimenti coercitivi, laddove in HSE v. B [2016 IECH 606], il giudice Twomey ha dichiarato che l’imposizione del taglio cesareo ad una donna contro la sua volontà, stante l’uso della forza necessaria per contenerla che si rende necessaria per effettuare la procedura, rappresenterebbe una grave violazione del suo diritto all’integrità corporea. Cfr. R. FLETCHER, Contesting the Cruel Treatment of Abortion-Seeking Women, in Reproductive Health Matters, 2014, 22 (44), 10. 99 Opinione pubblica scandalizzata da una serie di episodi di cronaca, determinati dall’applicazione rigida dell’ottavo emendamento: così si possono ricordare Sheila Hodges, morta nel 1983 dopo che le era stato negato il trattamento per curare il cancro poiché avrebbe danneggiato il feto; la giovane X, a cui fu impedito di recarsi in Inghilterra per porre termine ad una gravidanza frutto di uno stupro; Savita Halappanavar, che nel 2012 morì di sepsi a seguito di un aborto spontaneo in un ospedale di Galway 54, infine Miss Y, che, anche se a rischio di suicidio, non ha potuto accedere all’aborto ed è stata costretta a subire un parto cesareo. 100 Department of the Taoiseach, A Programme for Partnership Government (2016), 153. 101 L’Assemblea dei cittadini (in irlandese An Tionòl Saorànach) è un organo consultivo, composto di cento membri, istituito nel 2016 dal parlamento irlandese (Oireachtas) con il mandato di esaminare un numero determinato di questioni aventi rilevanza costituzionale, dall’aborto all’invecchiamento della popolazione e di formulare delle raccomandazioni e proposte di riforma. In dottrina J. SUITER, D.M. FARRELL, E. O’MALLEY , When do deliberative citizens change their opinions? Evidence from the Irish Citizens’ Assembly, in International Political Science Review, 2014, 37, 2, 198 ss. 21 una relazione in cui raccomandava una revisione dell’ottavo emendamento 102. Nell’ottobre dell’anno 2017, il comitato congiunto dell’Oireachtas ha discusso come dare attuazione alle raccomandazioni dell’Assemblea, confermando la proposta di operare una revisione costituzionale 103 tramite abrogazione della disposizione censurata al fine di offrire l’opportunità di disegnare un nostro approccio alla normazione sull’aborto in Irlanda. Pare utile entrare nel merito delle raccomandazioni sviluppate nel percorso partecipativo che ha preceduto il referendum, all’esito del quale l’Assemblea dei Cittadini ha suggerito che, una volta superato il termine delle 12 settimane 104, l’aborto possa essere praticato legalmente sino alla ventiduesima settimana di gestazione soltanto in presenza di una serie di condizioni, tra le quali: a) ragioni socioeconomiche; b) quando la gravidanza è il risultato di stupro; c) vi è il rischio per la salute fisica o mentale della donna; d) è stata diagnosticata una grave anomalia fetale non letale. Dopo la ventiduesima settimana, la gamma di motivi tassativi per accedere alla procedura si riduce all’ipotesi in cui: a) la salute fisica della gestante sia a rischio (senza necessità che il rischio sia “grave”); b) la salute mentale della gestante sia a serio rischio; c) vi sia un rischio serio e concreto per la vita della gestante per motivi di malattia fisica o mentale o al feto sia stato diagnosticata una anomalia ad esito letale. La definizione di salute diviene pertanto cruciale, soprattutto se si intende far propria una concezione del concetto di tipo olistico, come quella indicata nello Statuto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) 105. Nel concetto di salute come stato di benessere rientra non solo il rischio per la salute fisica o mentale, ma anche quelle ipotesi – come lo stupro, il bisogno socioeconomico o una seria anomalia fetale – in cui la gravidanza e la sua prosecuzione possano influire negativamente sullo stato di salute della donna. Dopo l’Assemblea dei cittadini, il progetto di riforma è stato oggetto di studio da parte del comitato congiunto dell’Oireachtas (JOC) che ha svolto un 102 The Citizens’ Assembly, First Report and Recommendations of the Citizens’ Assembly: The Eighth Amendment of the Constitution (2017). 103 Nella sua proposta il Comitato ha considerato sei opzioni per operare la riforma costituzionale: a) abrogazione dell’ottavo emendamento; b) abrogazione dell’ottavo emendamento e pubblicazione di un progetto di legge volto a liberalizzare l’accesso all’aborto prima del referendum; c) sostituzione dell’ottavo emendamento con una nuova disposizione costituzionale che definisca le “condizioni” per accedere all’interruzione di gravidanza; d) sostituzione dell’ottavo emendamento con una disposizione che configuri come costituzionalmente vincolata la nuova legislazione sull’aborto; e) sostituzione dell’ottavo emendamento con una disposizione che delinea un nuovo equilibrio nei diritti costituzionali della donna e del feto; f) introduzione di una disposizione che attribuisca all’Oireachtas il potere esclusivo di decidere sul contenuto della legislazione sull’aborto, impedendone una revisione da parte degli organi giurisdizionali. 104 Nel prevedere l’accesso all’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza senza particolari restrizioni, l’Assemblea dei cittadini ha cercato di adattare la legislazione irlandese agli standard internazionali. Il termine più comunemente imposto, soprattutto in Europa, è di 12 settimane. Diversi paesi europei, tra cui Belgio, Francia, Germania e Spagna, consentono l’aborto fino a 14 settimane di gestazione, mentre altri, come la Svezia, sino a 18 settimane. 105 V. DURANTE, La salute come diritto della persona, in S. CANESTRARI, G. FERRANDO, C.M. MAZZONI, S. RODOTÀ, P. ZATTI (a cura di), Il governo del corpo, in S. Rodotà, P. Zatti (dir. da), Trattato di biodiritto, I, Giuffrè, Milano, 2011, 579 ss. 22 approfondito lavoro istruttorio, anche tramite l’audizione di esperti e di esponenti delle associazioni, all’esito del quale ha pubblicato un apposito report106. Il JOC ha accolto le raccomandazioni formulate dall’Assemblea dei cittadini volte a depenalizzare l’interruzione di gravidanza, a stabilire la possibilità di accedervi – senza particolari vincoli – nelle prime 12 settimane della gravidanza e per motivi legati ad un rischio per la propria salute dopo tale termine. Il comitato ha proposto una distinzione tra l’ipotesi in cui il feto sia affetto da una anomalia ad esito mortale o meno, laddove nel primo caso non vi è limite gestazionale per l’accesso alla procedura, mentre nel secondo caso, oltre il termine delle 12 settimane, sarà necessario che sussista un serio rischio per la salute della gestante. Diversamente dall’Assemblea, il JOC ha ritenuto inammissibile consentire la pratica abortiva, tra la dodicesima e la ventiduesima settimana, per motivi socio-economici. Compiendo una accelerazione del percorso, il 29 gennaio 2018 il governo ha annunciato l’intenzione di indire un referendum 107 per l’abrogazione dell’ottavo emendamento e la sua sostituzione con una disposizione “facoltizzante” il parlamento ad adottare una apposita disciplina 108, discostandosi dalle proposte del comitato congiunto. A rafforzare tale progetto è intervenuta, in data 7 marzo 2018, la Corte Suprema che si è pronunciata all’unanimità confermando che il nascituro non ha diritti ulteriori oltre quello alla vita sancito all’art. 40.3.3. della Costituzione109. Prima l’analisi e l’approfondimento del tema in seno all’Assemblea dei cittadini, successivamente nel comitato misto parlamentare, ha posto al centro del dibattito pubblico la questione dell’interruzione di gravidanza e la sua “integrabilità” – attraverso un giusto bilanciamento – in un contesto sociale pluralista e democratico. Ciò ha condotto ad una sorta di “seduta di autocoscienza collettiva” che, nel perseguire l’obiettivo di rivisitare i diritti costituzionali delle donne nella sfera riproduttiva, ha affrontato anche il tema strutturale delle modalità in cui una società pensa il senso del diritto e dei diritti e il suo riflesso antropologico nell’immagine di cittadino e cittadina che lo Stato deve garantire conservando l’intangibilità delle scelte in determinate sfere dell’esistenza. 106 The Citizens’ Assembly, Final Report and Recommendations of the Citizen’s Assembly: The Eighth Amendment of the Constitution (2017). 107 La riforma costituzionale in Irlanda è disciplinata dagli artt. 46 e 47 della Costituzione. Il procedimento si divide in due fasi: la prima prevede la presentazione alle Camere di un Bill, che deve essere approvato da entrambi i rami del Parlamento, anche se il Senato ha un compito di puro “freno” morale (artt. 20-22 Cost.). Dopo la firma del Presidente, l’emendamento viene sottoposto a referendum e viene approvato se si esprime a suo favore la maggioranza dei votanti. Non è previsto quorum strutturale. 108 Il quesito prevedeva di sostituire l’art. 4.3.3. con la seguente disposizione: «Provision may be made by law for the regulation of termination of pregnancy». 109 In M. v. Minister for Justice & Ors [2018] IESC 14, §. 10.63 la Corte ha chiarito che i diritti del nascituro sono limitati all’art. 40.3.3. e che il nascituro non può essere considerate un bambino ai fini della disposizione costituzionale. Il feto non è ‘constitutionally invisible’ senza l’ottavo emendamento, nella misura in cui «the State is entitled to take account of the respect which is due to human life as a factor which may be taken into account as an aspect of the common good in legislating». 23 L’ottavo emendamento poneva in condizione antagonista e paritaria il diritto alla vita della donna e quello del nascituro. Oltre che in gravidanza, il diritto alla vita è espressamente protetto nell’art. 40.3.2 della Costituzione, laddove si prescrive «in modo particolare lo Stato deve proteggere nel miglior modo possibile, contro le minacce ingiuste, la vita, la persona, l’onore e i diritti di proprietà di ogni cittadino e, in caso di ingiustizia arrecata, li deve tutelare». Una corretta ermeneutica di tale disposizione, nel delineare nuove forme di bilanciamento, avrebbe potuto condurre a sostenere che qualsiasi legislazione limiti in termini incisivi l’accesso all’aborto sia incostituzionale. Così in McGee v. Attorney General110, caso deciso 10 anni prima dell’introduzione dell’ottavo emendamento, la Corte Suprema aveva sostenuto che una donna il cui stato di salute rende la gravidanza un fattore di rischio per la propria vita, non poteva essere obbligata dalle leggi dello Stato a portarla a termine. In questo senso il giudice Walsh aveva scritto che lo Stato è tenuto in negativo a stabilire eccezioni ai divieti generali di accesso alla contraccezione per le donne e obbligato in positivo a fornire loro assistenza per evitare che la loro vita sia messa in pericolo. Il caso McGee tuttavia non aveva ad oggetto un caso di aborto, sul punto la Corte è stata infatti abbastanza chiara nel sottolineare che «qualsiasi condotta del marito e della moglie o dello Stato volta a limitare lo sviluppo della famiglia, mettendo in pericolo o annientando la vita umana, deve necessariamente non solo essere qualificato come reato contro il bene comune, ma anche contro i diritti personali garantiti dalla vita umana» 111. Tuttavia il contesto che connota gli obiter contenuti in McGee è radicalmente cambiato dopo il referendum, per cui si sarebbe potuto far leva su un’interpretazione analogica di tale sentenza per sostenere che una persona, la cui vita sia messa a rischio dalla gravidanza, può vantare un diritto costituzionale all’aborto e all’assistenza dello Stato per usufruire dei servizi sanitari preposti a tal fine. Pare rilevante sottolineare come, dopo l’abrogazione dell’ottavo emendamento, questo diritto non dovrebbe essere limitato a coloro la cui vita è a «rischio reale e sostanziale»: tale soglia che appare insostenibile è un prodotto dell’ottavo emendamento come interpretato nel caso X112. Diversamente la normazione convenzionale internazionale sui diritti umani riconosce una potenziale violazione del diritto di vita nei casi in cui le restrizioni legali all’accesso all’aborto costringano le donne a subire pericolosi aborti clandestini113, le espongano a procedure sanitarie rischiose o richiedano di rinunciare al trattamento per le malattie pericolose per la vita 114. Questa argomentazione potrebbe essere utilizzata per pretendere una liberalizzazione 110 McGee v Attorney General [1974] IR 284, 315. Tale sentenza ha ricalcato Griswold v. Connecticut, 381 U.S. 479 (1965), avendo entrambe per oggetto la dichiarazione di incostituzionalità delle leggi contro l’utilizzo dei contraccettivi. Si veda anche nt. 7. 111 Ibidem, 312. 112 Attorney General v X [1992] 1 IR 1. 113 UNHRC, CCPR General Comment No. 28: Article 3 (The Equality of Rights Between Men and Women, CCPR/C/21/Rev.1/Add.10, 29 March 2000. 114 Ramírez Jacinto v Mexico, Case 161/02, Inter-American Commission on Human Rights, Report n. 21/07, OEA/Ser.L/V/II.130, doc. 22. 24 più significativa dell’accesso all’aborto che vada oltre la stretta eccezione data dalla salvaguardia del diritto all’esistenza, previsto nel diritto irlandese. Al contempo, l’avvenuta abrogazione dell’ottavo emendamento consentirà di superare una concezione strettamente biologica del concetto di “vita”, aprendo ad una visione olistica che sia volta a tutelare la salute fisica e mentale delle donne, messa a rischio dalla gravidanza. Il diritto all’integrità fisica è uno dei diritti impliciti desumibili dalla Costituzione irlandese, che è stato originariamente riconosciuto in Ryan v. Attorney General115. In quel caso la Corte Suprema ha ritenuto che lo Stato non potesse, senza giustificazione, imporre coattivamente un trattamento nocivo o procedure sul corpo o mettere in pericolo la salute dei cittadini. Il diritto all’integrità fisica non è un diritto assoluto, nella misura in cui lo Stato può attuare politiche che hanno effetti sulla libertà dei singoli di disporre del proprio corpo e della propria salute. Tuttavia qualsiasi ingerenza su tale diritto deve essere proporzionata e volta a perseguire finalità di tutela della collettività116. Tale diritto è strettamente connesso al diritto alla privacy che, diversamente, si configura come astrattamente illimitato. Lo Stato può interferire con esso ai fini della rivendicazione dei diritti altrui, o nell’interesse del «bene comune» 117, ma tali limitazioni devono essere accuratamente individuate in modo tassativo. I diritti all’integrità fisica118 e alla privacy – letti congiuntamente – fanno emergere la rilevanza autonoma del diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario che include il diritto alla libertà in materia procreativa 119. L’accesso all’aborto solleva, non da ultimo, questioni inerenti la garanzia costituzionale dell’uguaglianza120, nella misura in cui leggi restrittive sull’aborto vengono di fatto a discriminare le donne, non solo rispetto agli uomini quanto all’eccesso a servizi connessi all’esercizio di diritti fondamentali, ma anche tra loro per motivi socio-economici121. L’ottavo emendamento, in tal senso, non faceva altro che riflettere e riprodurre le profonde disuguaglianze di stampo paternalista e patriarcale insite nella società irlandese 122. Diversamente garantire l’accesso all’interruzione di gravidanza consente di creare le condizioni in cui le donne possano programmare ed esercitare il loro diritto 115 Ryan v Attorney General [1965] IR 294. Ibidem, 313. 117 MEO v. MJELR [2012] IEHC 394. 118 C. Edu, 22 luglio 2003, YF c.Turchia App., n. 24209/94. 119 UN Women, Fourth World Conference on Women 1995, Beijing Declaration and the Platform for Action, 96. 120 C. Edu, 16 dicembre 2010, A, B e C c. Irlanda, n. 25579/05, §. 232; Com. dir. um., 9 giugno 2016, Mellet c. Irlanda, comm. n. 2324/13; Com. dir. um., 12 giugno 2017, Whelan c. Irlanda, comm. n. 2425/14. 121 UNHRC, Consideration of Reports Submitted by States Parties Under Article 40 of the Covenant. Concluding Observations by the Human Rights Committee: Peru, CCPR/CO/70/PE, 15 novembre 2000, 20. 122 La legge irlandese sull’aborto trasmette l’idea che una donna è “un veicolo e niente di più”, per cui riformare tale normativa potrebbe portare ad un progresso nella posizione sociale delle donne modificando i modelli sociali e culturali per eliminare i pregiudizi di genere e gli stereotipi. Cfr. M. FINE-DAVIS, Gender Roles in Ireland: Three Decades of Attitude Change, Routledge, London, 2015. 116 25 all’autodeterminazione in materia procreativa, il che si rifrange sulle possibilità di prosecuzione degli studi, sull’accesso al lavoro e allo sviluppo di carriera 123. La Costituzione riformata potrebbe essere parte di questo progetto affidando un ruolo influente a quel principio di eguaglianza che la Corte Suprema ha riconosciuto come «l’essenza della personalità umana»124. 6. Principi e direttive per la progettazione legislativa Dopo l’abrogazione dell’ottavo emendamento, per raggiungere l’obiettivo di superare una normativa impositiva, il legislatore irlandese ha ritenuto necessario operare una rottura netta con il modello dettato dalla PLDPA. Si è infatti sostenuto che, in caso di esito positivo del referendum, il PLDPA dovesse essere considerato incostituzionale125. Tuttavia, sino a che non verrà modificato dall’Oireachtas, o dichiarato illegittimo nel contenzioso costituzionale, ne permarrà l’efficacia. Sebbene il Parlamento irlandese si fosse pertanto impegnato a rispondere in tempi brevi alle istanze che sono emerse dall’esito del referendum, strutturando una regolamentazione normativa che bilanciasse la garanzia dei diritti delle donne, con gli interessi del nascituro e il rispetto della autonomia professionale dei sanitari, è stato il governo – a valle del percorso “partecipativo” illustrato nel paragrafo precedente, ad assumere l’iniziativa strutturando una proposta di legge in materia di cui pare utile vagliare criticamente i contenuti, a partire da alcuni aspetti chiave che debbono essere considerati a tal fine. Com’è evidente, è difficile prendere decisioni significative in materia sanitaria quando c’è incertezza sui limiti del lecito e sulle procedure da seguire. Le informazioni in questo senso sono fondamentali per assicurare la consapevolezza della decisione assunta126 da parte del paziente e, al contempo, consolidare la funzione sociale del personale sanitario: un accesso inadeguato alle informazioni sanitarie, specie nel settore di cui si discute, può portare a ritardi che potrebbero determinare gravi violazioni dei diritti umani, inibendo l’accesso al trattamento medico127. 123 L. CULHANE, Reproductive Justice and the Irish Context: Towards an Egalitarian Framing of Abortion e L. SHERLOCK, Towards a Reproductive Model of Reproductive Justice in Ireland, in A. QUILTY, et al (eds.), The Abortion Papers Ireland: Volume 2, Cork University Press, Cork, 2015, 67 ss. e 80 ss. 124 Art. 40.1, Constitution of Ireland. 125 La disposizione introdotta a seguito del referendum facoltizza il Parlamento a dettare una disciplina in materia, apparentemente rilasciando al legislatore una delega in bianco, tuttavia l’evoluzione interpretativa e giurisprudenziale, oltre ai vincoli derivanti dalla garanzia dei diritti a livello sovranazionale, non potranno essere ignorati e rappresentano allo stato un precedente per i giudici. 126 J. ERDMAN, The global abortion policies database-legal knowledge as a health intervention, in The BMJ Opinion, 1 november 2017. 127 C. Edu, 30 ottobre 2012, P e S c. Polonia, n. 57375/08; C. Edu, 26 maggio 2011, R.R. c. Polonia, n. 27617/04. 26 Peraltro, anche se le donne in Irlanda sono titolari di un diritto costituzionale di accedere alle informazioni sull’aborto128, tale diritto è limitato e condizionato da quanto era disposto nell’ottavo emendamento e nella sua legge di applicazione, l’Abortion Information Act, in modo estremamente problematico. La legge del 1995 delinea una rigorosa regolamentazione delle informazioni che possono essere fornite dalle agenzie129 oltre al divieto, sanzionato penalmente, per i medici che offrono indicazioni alle pazienti per accedere all’interruzione di gravidanza in strutture estere 130. Queste limitazioni – che attengono essenzialmente alla fruibilità dei servizi e della formazione/informazione in merito a scelte procreative consapevoli – hanno prodotto una ignoranza diffusa sulla realtà dell’aborto, con un impatto diretto sulla capacità delle donne di assumere decisioni131. Al fine di rivendicare la salvaguardia dei diritti umani in gravidanza dopo l’abrogazione dell’ottavo emendamento, lo Stato dovrà garantire l’accesso delle donne ai servizi e la messa a disposizione di informazioni sanitarie in modo neutro e accurato132, il che presuppone l’organizzazione e il finanziamento di organismi indipendenti di consulenza, compresi servizi dedicati a gruppi e persone vulnerabili, nonché la formazione di personale medico in grado di offrire informazioni appropriate. Infine, raggiungere tale obiettivo presuppone un finanziamento dei corsi sull’educazione sessuale e riproduttiva nelle scuole e nelle comunità, per ampliare la sfera di consapevolezza dei cittadini. La legge non avrà più la finalità di interdire il percorso di accesso alle procedure abortive, ma di consentire alle donne una scelta consapevole. Questo nuovo orientamento teleologico della normativa viene ad influire sul rapporto medicopaziente e sul consenso informato che dovranno subire un processo, anche sociale, di riconcettualizzazione133. La vigente legge irlandese sull’interruzione della gravidanza conduce di fatto a stigmatizzare la donna che chiede di accedervi, il medico che la pratica e delinea una procedura che oggettivizza la persona 134. Lo stigma è impresso in primo luogo dallo stesso linguaggio legislativo, laddove nel PLDPA 135 non viene mai utilizzata la parola «aborto», preferendosi la neutralizzata nozione di «interruzione della gravidanza» che, in Irlanda, è stato interpretato come 128 Art. 40.3.3, come emendato dal 13° emendamento nel 1992. Section 5, Abortion Information Act 1995. 130 Section 8, Abortion Information Act 1995. 131 Sul punto il report del 2010 di Human Rights Watch, A State of Isolation. Access to Abortion for Women in Ireland, reperibile in https://www.hrw.org/report/2010/01/28/state-isolation/accessabortion-women-ireland 132 WHO, Safe abortion: technical and policy guidance for health systems, 2012, 36, 97. 133 R. REBOUCHÉ, The Limits of Reproductive Rights in Women’s Health, in Alabama Law Review, 2011, 63 (1), 1; A. ROSSITER, Ireland’s Hidden Diaspora: The ‘Abortion Trail’ and the Making of a London-Irish Underground, 1980-2000, IASC Publishing, 2009, 28 ss.; R. FLETCHER, Negotiating Strangeness on the Abortion Trail, in R. HARDING et al (eds.), ReValuing Care in Theory, Law, and Policy: Cycles and Connections, Routledge, London, 2017, 14 ss. 134 A. KUMAR, L. HESSINI, E.M.H. MITCHELL, Conceptualising abortion stigma, in Culture, Heath & Sexuality, 2009, 11 (6), 625 ss. 135 Per l’uso del termine si veda sec. 7 Censorship of Publications Act 1946; sec. 10, Health (Family Planning) Act 1979. 129 27 concetto che compendia tutte le forme con cui si porta a termine la gravidanza, compresa la nascita del bambino136. La de-stigmatizzazione dell’aborto potrebbe passare anche mediante l’uso della parola a livello normativo, al che si accompagna l’espunzione dal tessuto legislativo del concetto di «nascituro»137 da sostituire con il correlato termine medico (come il feto o il neonato), evitando la creazione di analogie subliminali tra aborto e omicidio 138. La lingua crea la realtà ed è lo strumento per esprimere noi stessi, rappresentare il mondo, metterci in comunicazione con gli altri e creare relazioni, quindi modificare il linguaggio legislativo potrebbe contribuire a normalizzare l’aborto nel contesto legale e sanitario, consentendo conversazioni aperte ed efficaci sulle opzioni mediche tali da lasciare alle donne quello spazio necessario per esercitare la propria autodeterminazione senza costrizioni di alcun genere. Naturalmente una revisione del linguaggio da sola non è sufficiente per conseguire un ripensamento del rapporto fra il medico ed il paziente nel contesto dell’interruzione di gravidanza. La dissonanza normativa infatti si manifesta anche attraverso lo squilibrio di potere che connota le procedure della legislazione in materia, alla cui base vi è una comunicazione dis-eguale, quella cioè che si intreccia su un telaio di autorità-subordinazione, ovvero una relazione tra un parlante (il medico) che detta le regole della comunicazione e la paziente che ci si deve adattare. La legge subordina infatti il processo decisionale della donna alle invasive procedure di verifica e di certificazione affidate al personale medico che assume il ruolo di gatekeeper delle determinazioni di carattere morale ed esistenziale che le gestanti debbono elaborare. Appare strettamente connessa al tema trattato la questione dell’obiezione di coscienza, riconosciuta anche nel PLDPA che prevede un diritto all’obiezione di coscienza per medici, infermieri e ostetrici che effettuano o assistono all’esecuzione di aborti, eccetto in situazioni di emergenza 139. Come in Italia, solo coloro che sono direttamente coinvolti nell’esecuzione della procedura possono invocare l’obiezione di coscienza, mentre non possono vantare tale diritto coloro che forniscono assistenza infermieristica accessoria, o che lavorano nell’amministrazione ospedaliera140. Il PLDPA richiede inoltre che il medico, qualora voglia esercitare l’obiezione, sia tenuto a indirizzare prontamente la paziente verso un altro sanitario. L’obiezione di coscienza viene inevitabilmente a limitare il numero dei medici disponibili a praticare la procedura abortiva, il che renderà necessario un intervento programmatorio e incentivante dello Stato volto a garantire che i diritti individuali siano realmente 136 Department of Health, Implementation of the Protection of Life During Pregnancy Act 2013 – Guidance Document for Health Professionals, 19 September 2014. 137 Sul termine polisenso G. OPPO, L’inizio della vita umana, in Riv. dir. civ., 1982, I, 499 ss., spec. 501. 138 K. GREASLEY, Arguments about Abortion: Personhood, Morality and Law, Oxford University Press, Oxford, 2017, 35 ss. 139 Section 17, PLDPA 2013. 140 Greater Glasgow Health Board v Doogan & Anor (Scotland) [2014] UKSC 68. 28 resi effettivi all’interno delle strutture sanitarie 141, anche al fine di evitare la disapplicazione della normativa nascente142. La nuova legge in materia dovrà pertanto evitare di rendere indebitamente onerosa od ostativa la procedura per l’accesso all’interruzione di gravidanza, consentendo in questo contesto l’espansione di quel legame di fiducia che dovrebbe connotare la relazione tra medico e paziente nell’ambito di un procedimento comunque garantito143. Vi è un ultimo profilo di cui il legislatore dovrà farsi carico, ovvero la scelta relativa alla depenalizzazione dell’aborto per dar spazio ad una prospettiva che prenda le mosse dai diritti piuttosto che dai divieti. In virtù del PLDPA, è un reato procurarsi un aborto o prestare assistenza ad una donna nell’interruzione di gravidanza, al di fuori dei motivi che scriminano l’aborto delineati dalla legge144 ed inoltre in base all’Abortion Information Act lo è anche la diffusione di informazioni essenziali per l’accesso alla pratica abortiva 145. Per quanto consta, l’ultima imputazione rivolta nei confronti di un medico per l’assistenza all’interruzione di gravidanza risale in Irlanda al 1964 146, e da ciò si potrebbe desumere che la criminalizzazione non sia un problema. Tuttavia, essa produce un processo di stigmatizzazione nei confronti della donna e, al contempo, provoca un irrigidimento – nei termini propri della medicina difensiva – dei sanitari tale da scoraggiare le pazienti. Questa condizione ora appartiene alla storia, laddove, come già notato, il referendum che ha abrogato l’ottavo emendamento, svoltosi il 25 maggio, è stato approvato da una maggioranza del 66,4% degli irlandesi. Conformemente all’art. 46.5 della Costituzione e al Referendum Act del 1994, il Presidente della Repubblica ha quindi sottoscritto il disegno di legge che modifica il testo costituzionale 7 giorni dopo la pubblicazione notiziale della convalida dell’esito del referendum e in assenza di ricorsi avverso l’esito della consultazione popolare. Non siamo tuttavia di fronte ad un foglio bianco; il terreno è stato già dissodato dal lavoro istruttorio dell’Assemblea dei cittadini e dalla commissione 141 Decision of the European Committee of Social Rights, International Planned Parenthood Federation European Network v Italy, n. 87/2012, 10 September 2013. 142 Lo svuotamento dall’interno, tramite l’abuso dell’obiezione di coscienza, della legge sull’interruzione della gravidanza è un rischio effettivo anche in Italia, come denunciato anche dalle decisioni assunte dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali sui reclami collettivi n. 87/2012 (IPPF EN c. Italia) e n. 91/2013 (CGIL c. Italia). Su cui B. LIBERALI, Le problematiche applicative della legge n. 194 del 1978 relative al diritto di obiezione di coscienza ancora a giudizio (Prime osservazioni alla decisione dei Comitato Europeo dei Diritti Sociali nel caso CGIL contro Italia), in Rivista di BioDiritto, 2016, 2, 417 ss.; F. CEMBRIANI, Il Comitato europeo dei diritti sociali, lo stato di attuazione della legge italiana sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza e la sostenibilità pubblica dell'obiezione di coscienza, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2016, 27, 1-30. 143 In questi termini lo Stato dovrà garantire l’accesso alla contraccezione d’emergenza, oggi illegale anche se ampiamente tollerata, disponendo che ciò avvenga sotto controllo medico per ridurre eventuali rischi. 144 Section 22, PLDPA 2013. 145 Section 4, Abortion Information Act 1995. 146 F. DE LONDRAS, M. ENRIGHT, Repealing the 8th. Reforming Irish Abortion Law, cit., 86. 29 parlamentare che ne ha sistematizzato le proposte. Questo percorso ha consentito al ministro della salute, prima del referendum, di pubblicare uno schema generale di una normativa 147 volta a regolare l’interruzione della gravidanza, al fine di fornire all’elettorato i principi direttivi che avrebbero guidato il legislatore in caso di esito positivo del referendum. La regolamentazione, in virtù delle linee guida, dovrebbe prevedere la possibilità di abortire senza particolari restrizioni entro la dodicesima settimana148, non dovendosi operare distinzioni tra rischio per la salute fisica e mentale della donna149. La futura normativa consentirà di interrompere la gravidanza dopo un periodo di riflessione concesso alla gestante 150: a) quando il medico creda in buona fede che vi sia un rischio immediato per la vita della donna e che tale intervento sia il più ragionevole per elidere tale rischio 151; b) quando la condizione fetale sia tale da condurre alla morte del feto prima o dopo la nascita, dovendo tale valutazione essere convalidata da parte di due medici152. In questa ipotesi si prevede non si sia limite gestazionale per dar corso all’aborto153. Si sanciscono una serie di garanzie volte a tutelare la posizione della donna rispetto al potere esercitato dal medico volta a salvaguardare la possibilità di accedere tempestivamente ai servizi connessi alla prestazione dell’interruzione volontaria della gravidanza sia sul territorio irlandese 154 che all’estero155 . Le linee guida prevedono un cambio di verso nella prospettiva inerente la criminalizzazione della pratica abortiva, stabilendo che – pur nella conservazione dell’offence of intentional destruction of the unborn in defined circumstances156 – «termination of pregnancy would be lawful in the circumstances set out in the grounds provided for in the General Scheme»157 e che comunque la donna, soggetto attivo e al contempo passivo del reato, non potrà essere sanzionata penalmente per la sua scelta 158. 147 Policy Paper. Regulation of Termination of Pregnacy, approved by Government on 8 March 2018, in http://www.biodiritto.org/index.php/novita/news. Sul punto il commento di B. LIBERALI, Il referendum irlandese in materia di interruzione di gravidanza: quali prospettive per la futura regolamentazione?, in Diritticompati.it, 11 giugno 2018 che sottolinea le analogie tra la proposta e la legge n. 194/1978. 148 Ibidem, §. 7. 149 Ibidem, §. 2. 150 In senso contrario World Heatth Organization, Safe Abortion: Technical and Policy Guidance for Health Systems, Geneva, 2003 per cui «[w]aiting periods unnecessarily delay care and decreasy safety». In particolare «eliminate waiting periods that are no medically required, and expande services to serve all eligible women promptly». 151 Ibidem, §. 4. 152 Ibidem, §. 6. 153 Ibidem, §. 9. 154 Ibidem, §. 13. 155 Ibidem, §. 15. 156 Per cui nei casi di interruzione della gravidanza non rientranti nella ipotesi scriminate si applicherà comunque la sanzione penale, pur prevedendosi l’abrogazione del Protection of Life During Pregnancy Act, 2013, cfr. §. 21. 157 Ibidem, §. 16. 158 Ibidem, §. 17. 30 Dal cronoprogramma indicato dal governo irlandese la nuova legge in materia dovrebbe essere discussa e approvata non prima della fine di quest’anno, aprendo con il nuovo anno ad un enorme cambiamento culturale che – come ha scritto Claire Pierson159 – ha posto al centro della scena il diritto all’autodeterminazione delle donne, quale fattore decisivo nelle scelte dei cittadini irlandesi. La lotta per i diritti entro la cornice della Costituzione è anche lotta intorno ai diritti, che si sviluppa entro le maglie del tessuto di principi che si presenta come un campo di tensioni destinate a lasciare il segno nel conflitto politicosociale. Come dimostra la vicenda irlandese, quando la lotta per i diritti si svolge nella cornice di un ordinamento positivo costituzionalmente fondato, il conflitto assume la forma di lotta attraverso i diritti volta ad affermarne il carattere espansivo. La Costituzione – che è materia viva e vivente – non chiude una stagione della storia fissando l’assetto dei rapporti di forza, ma delinea un quadro di principi, lasciando alla capacità dei soggetti istituzionali e delle forze sociali di determinare e modificare di continuo i punti di equilibrio. Così sembra dunque che la risposta alle domande emergenti dall’evoluzione sociale soffi nel vento e, scavalcando confini, sussurri nuove narrazioni a chi sia in grado di porgere l’orecchio ed ascoltare, per scrivere nuove pagine in vecchi libri, per ispirare nuove visioni160. ** Dottore di ricerca in Diritto pubblico e tributario nella dimensione europea – Università di Bergamo 159 C. PIERSON, Irland votes to repeal the 8th amendment in historic abortion referendum – and marks a huge cultural shift, in www.theconversation.com, 26 maggio 2018. 160 Ne è recente conferma il recente voto a favore della legge per la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza da parte della Camera del Congresso in Argentina, proposta che tuttavia è stata bocciata dal voto contrario del Senato. Argentina - El aborto sigue siendo ilegal, pero las mujeres no arremen en las calles del Paìs, in www.globalproject.info (23 agosto 2018) 31