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Rivista N°: 3/2017 DATA PUBBLICAZIONE: 30/07/2017 AUTORE: Simone Penasa* IL SERVIZIO SANITARIO UNGHERESE ALLA PROVA DELL’IMMIGRAZIONE: IL DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA DEGLI STRANIERI IN UNGHERIA TRA DIRITTO E FATTO Sommario: 1. Il quadro statistico: evoluzione del fenomeno migratorio e impatto sul sistema di welfare. 2. Il quadro costituzionale dell’accesso all’assistenza sanitaria: diritto (economicamente condizionato) della persona o dovere (finanziariamente circoscritto) del legislatore? 3. Legislazione in materia di assistenza sanitaria degli stranieri: l’Healthcare Act n. CLIV del 1997. 4. Richiedenti asilo e titolari di protezione: tendenziale equiparazione ai cittadini ungheresi ed effettività delle condizioni di accoglienza. 5. Stranieri irregolarmente presenti: accesso alle cure di urgenza e configurabilità di un “contenuto essenziale” del diritto alla salute. 6. Il dovere di assistenza sanitaria economicamente condizionato e legislativamente “ostacolato”: verso una contrazione dell’accesso alle cure per le categorie “deboli” di stranieri. 1. Il quadro statistico: evoluzione del fenomeno migratorio e impatto sul sistema di welfare Prima di affrontare la questione relativa all’impatto che i fenomeni migratori hanno e stanno avendo sul sistema sanitario ungherese, appare opportuno fornire un quadro complessivo dell’andamento della realtà migratoria che ha caratterizzato tale Paese negli ultimi decenni1. Infatti, l’analisi del dato quantitativo e qualitativo di tale fenomeno – e il suo sviluppo nel corso degli anni, fino a giungere all’ultimo periodo caratterizzato da un rilevante afflusso di migranti richiedenti asilo e protezione – può favorire la comprensione dell’approccio * Ricercatore di Diritto pubblico comparato nell’Università di Trento. 1 B. SOLTÉSZ, A. EROSS, D. KARÀCSONYI, A. KINCSES, Hungary: cross-border migration in a fragmented ethnic space, in A. EROSS, D. KARÀCSONYI (eds), Discovering migration between Visegrad countries and Eastern Partners, Geographical Institute, Research Centre for Astronomy and Earth Sciences of the Hungarian Academy of Sciences, Budapest, 2014, pp. 72 ss.; A. KOVATS, E. SIK, Hungary, in A. TRIANDAFYLLIDOU, R. GROPAS (eds.), European Immigration. A Sourcebook, Ashgate, 2007, pp. 155-168. L’Associazione Italiana Costituzionalisti è iscritta al Registro Operatori della Comunicazione dal 9.10.2013 col n. 23897 La Rivista AIC è registrata presso il Tribunale di Roma col n. 339 del 5.8.2010 — Codice ISSN: 2039-8298 (on-line) Rivista sottoposta a referaggio — Rivista inclusa nella classe A delle Riviste scientifiche dell’Area 12 - Scienze giuridiche Direttore Responsabile: Prof. Massimo Luciani — Direttori: Prof. Ginevra Cerrina Feroni, Prof. Emanuele Rossi all’assistenza sanitaria nei confronti degli stranieri adottato in tale ordinamento. Successivamente, si fornirà una descrizione critica del quadro giuridico esistente, evidenziando gli aspetti più interessanti (nonché potenzialmente problematici) relativi all’accesso ai servizi sanitari da parte delle due categorie – spesso difficilmente distinguibili in modo netto dal punto di vista giuridico – che più hanno visto un rilevante aumento rispetto alle statistiche sull’immigrazione in Ungheria: le persone richiedenti asilo e protezione e le persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale. Da tale prisma, la tenuta del sistema di assistenza sanitaria – in termini organizzativi, economici e istituzionali, e la sua compatibilità con i parametri costituzionali ed europei – verrà analizzata, prendendo spunto dalle recenti iniziative legislative che, al fine di rispondere alla cd. “emergenza immigrazione”, mirano a irrigidire le procedure di ingresso e a ridurre l’assistenza sociale e sanitaria alle categorie di stranieri appena richiamate. Il fenomeno dell’immigrazione verso l’Ungheria può dirsi relativamente recente, trovando negli avvenimenti storici che hanno condotto allo scioglimento dell’Unione Sovietica e nella transizione a un regime democratico i suoi primi fattori propulsivi, a cavallo tra gli anni ‘80 e gli anni ‘902. L’immigrazione trova infatti in tale periodo un incremento esponenziale, che vede nei cittadini della Romania, nella maggioranza dei casi di etnia ungherese, il gruppo di stranieri nettamente prevalente in tale flusso3. In termini quantitativi, è possibile individuare diverse “stagioni”, che corrispondono tendenzialmente a eventi storici legati alla transizione alla democrazia di paesi limitrofi (Romania) o all’ingresso da parte dell’Ungheria nell’Unione europea4. All’interno di un trend tendenzialmente stabile tra gli inizi degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000 (da 13-16.000 a 20.000 ingressi all’anno), a partire dal 2005 si assiste ad un ulteriore picco – paragonabile a quello avvenuto nel 1990 – che ha portato il numero degli arrivi fino a 35.000 nel 2008: di questi, almeno 20.000 provenienti da paesi dell’Unione europea. A partire dal 2009, si assiste a una graduale contrazione, probabilmente dovuta alla crisi economica e alla riduzione del numero di permessi per motivo di lavoro5. Alcuni dati risultano di particolare interesse, anche nella prospettiva dell’impatto dell’immigrazione sul sistema di assistenza sanitaria, in particolare quando si considerino, da un lato, i requisiti richiesti per ottenere uno status di residenza legale oltre i novanta giorni e, dall’altro lato, le condizioni di fruizione del servizio sanitario nazionale previste 2 Le statistiche evidenziano l’arrivo di 37.000 stranieri nel 1991. Sui diversi “periodi” dell’immigrazione in Ungheria, A. HARS, Immigration countries in Central and Eastern Europe. The Case of Hungary, IDEA Working Papers, 12, 2009, pp. 45 ss. 3 I. MOLODIKOVA, Hungary and the System of European Transit Migration, in F. DÜVELL, I. MOLODIKOVA, M. COLLYER (eds.), Transit Migration in Europe, Amsterdam University Press, 2014, p. 158. 4 Sull’impatto che l’accesso alla UE ha avuto sulle politiche migratorie in Ungheria, I. RUSU, Migration in Hungary: historical legacies and differential integration, in E. CARMEL, A. CERAMI, T. PAPADOPOOULOS (eds.), Migration and Welfare in the New Europe. Social protection and the challenges of integration, The Policy Press, 2011, pp. 160 ss. 5 I. GODRI, B. SOLTÉSZ, B. BODACZ-NAGY, Immigration or Emigration Country? Migration Trends and Their Socio-Economic Background in Hungary: A Longer-Term Historical Perspective, in Working Papers on Population, Family and Welfare, Hungarian Demographic Research Institute, 19, 2014, pp. 23-25. RIVISTA AIC 2 dall’ordinamento ungherese6. In particolare, occorre sottolineare la percentuale – particolarmente rilevante – di immigrati titolari della cittadinanza ungherese7: pur in calo negli ultimi anni a causa della modificazione “qualitativa” del tipo di immigrazione che caratterizza l’Ungheria, essa permane particolarmente rilevante, attestandosi nel 2008 nel 5.6 % del totale e raggiungendo il picco massimo del 40% nell’anno 2012, a seguito della riforma introdotta nella Legge sulla cittadinanza che ha favorito la naturalizzazione degli “Ethnic Hungarians” che vivevano nei Paesi limitrofi8. Pertanto, almeno fino al 2008, il 70% degli stranieri proveniva dai Paesi confinanti (Romania, Ucraina, ex-Jugoslavia, Slovacchia); questo trend ha iniziato a invertirsi dal 2008, tanto che secondo i dati 2012 solo il 33% del totale ha questa provenienza9. Parallelamente, sono aumentati gli stranieri provenienti dall’Unione europea, che passano dal 10% (2000) al 50-56% del 201210. A partire dal 1995, tra l’82 e l’89% degli stranieri residenti provengono da Paesi europei11. In termini complessivi, occorre rilevare che – soprattutto quando raffrontato con le tendenze che caratterizzano gli altri Stati dell’Unione europea – la percentuale dei cittadini stranieri residenti in Ungheria si attestava – seppur in costante crescita – sulla cifra di 210.000 persone nel 2011, cifra che è stata ridimensionata a 143.197 stranieri sulla base dei risultati del censimento nazionale svoltosi nel medesimo anno12. In termini percentuali, gli stranieri residenti rappresentano il 2.1% del totale della popolazione residente13, ponendo l’Ungheria tra i Paesi intra-UE con la percentuale di stranieri più bassa sul totale della popolazione (solo Romania, Slovacchia e Bulgaria hanno un tasso inferiore). In termini comparati, quindi, se si assiste a un significativo incremento della percentuale di stranieri residenti, le statistiche dimostrano che il tasso di stranieri è basso rispetto alla media europea: nel 2013 quasi il 7% della popolazione dei 27 Stati Membri era cittadino di un altro paese14. Questi dati si divaricano ancora di più se considerati in relazione ai Paesi dell’Europa occidentale, nei quali la percentuale di popolazione straniera raggiunge l’11.3%, a fronte del 4.3% in Ungheria. Secondo le statistiche più recenti fornite dallo Hungarian Central Statistical Office, le 6 Cfr. subito infra, paragrafo 2. Ciò è dovuto al regime di particolare favore per la naturalizzazione di stranieri che abbiano origini etnico-linguistiche ungheresi anche se residenti all’estero, spesso nei paesi limitrofi. 8 Fino al 2010 la percentuale ha raggiunto una fetta tra l’8 e il 13%, cfr I. Godri, B. Soltész, B. BodaczNagy, Immigration or Emigration Country? Migration Trends and Their Socio-Economic Background in Hungary: A Longer-Term Historical Perspective, cit., p. 26. 9 Ivi, p. 26. 10 Ibidem. 11 Ivi, p. 34. Pur attestandosi sul 74% nel 2013, cfr. I. GODRI, International Migration, in P. ŐRI, Z. SPÉDER (eds.), Demographic Portrait of Hungary 2012. Report on the conditions of the Hungarian Population, DRI HCSO, Budapest, 2012, p. 190. 12 Ivi, p. 33-34. 13 1.4% alla luce delle cifre emerse dal censimento del 2011, cfr. I. GODRI, International Migration, cit., p. 197. 14 Se nei paesi UE più della metà sono cittadini di paesi extra-UE, questa percentuale si attesta in Ungheria attorno al 40% (cfr. I. GODRI, International Migration, cit., p. 199). 7 RIVISTA AIC 3 persone straniere regolarmente residenti sono 148.000, corrispondendo all’1.5% del totale della popolazione (il 69% proveniente da Paesi dell’Unione europea). Dal punto di vista dell’impatto sul sistema di assistenza sanitaria nazionale degli stranieri residenti, queste cifre risultano particolarmente rilevanti, se si considera che, per ottenere un permesso di residenza che si protragga oltre i 90 giorni, allo straniero (ed eventualmente alla sua famiglia) è richiesto di dimostrare una adeguata capacità di sussistenza, un contratto di impiego e la copertura sanitaria (cfr. infra). Inoltre, appare significativo il dato secondo cui il tasso di occupazione degli stranieri residenti in Ungheria risulta più elevato rispetto a quello della popolazione ospitante, sia con riferimento alle persone provenienti da un Paese della Ue sia extra-UE15. Una categoria particolare è rappresentata dalle persone richiedenti asilo e protezione, dal momento che queste persone godono di una disciplina ad hoc e rappresentano il fenomeno migratorio più rilevante nel periodo più recente per quanto riguarda l’ordinamento ungherese: è, infatti, rispetto a tale categoria di persone, spesso “confuse” con la diversa categoria delle persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale, che il bilanciamento tra esigenze di garanzia dei diritti riconosciuti a livello internazionale ed europeo e necessità di tutelare l’interesse pubblico alla sicurezza e al controllo delle frontiere raggiunge il punto di attrito giuridicamente più complesso e rilevante16. Appare, infatti, indubitabile che tale fenomeno abbia conosciuto negli ultimi anni un’espansione tale da potere essere qualificato in termini emergenziali17; risulta, inoltre rilevante che la risposta giuridico-istituzionale a tale “pressione” si sia tradotta – da un lato – nel rifiuto dell’applicazione del principio di solidarietà tra Stati Membri attraverso il meccanismo della ricollocazione delle persone richiedenti asilo/protezione18; e – dall’altro lato –abbia condotto le autorità governative a proporre una serie di misure limitative dell’accesso alla procedura asilo/protezione, nonché delle condizioni e servizi di accoglienza, fattore che è destinato ad incidere negativamente sul livello di assistenza garantito a tali persone19. 15 Il 65% contro il 63% tra le persone comprese tra i 20 e i 64 anni, cfr. I. GODRI, cit., p. 198. Sull’evoluzione di tale fenomeno nell’ordinamento ungherese, B. NAGY, Hungary, in R. BYRNE, G. NOLL, J. VEDSTED-HANSEN (eds.), New Asylum Countries? Migration Control and Refugee Protection in an Enlarged European Union, Kluwer Law International, 2002, pp. 138-202. 17 Anche se lo stato di emergenza nazionale è stato dichiarato solo recentemente dalle autorità governative ungheresi (cfr. il Report dello Hungarian Helsinki Committee del 15 febbraio 2017). 18 Sul punto, K. GROENENDIJK, B. NAGY, The Hungarian Parliaments adopts an Act calling for a review of the legality of Council Decision (EU) 2015/1601, in www.eumigrationlawblog.eu; cfr. anche il ricorso alla Corte di giustizia sulla legittimità del programma di relocation (caso C-647/15, Hungary v Council of the European union) e la sentenza della Corte costituzionale ungherese n. 22/2016 del 30 novembre 2016 (per un commento, K. KELEMEN, The Hungarian Constitutional Court enters the dialogue on national constitutional identity, in www.diritticomparati.it, 30 marzo 2017. 19 Direttamente, a causa della riduzione a sei mesi del periodo di godimento automatico dell’assistenza sanitaria di base a seguito del riconoscimento della protezione/asilo; indirettamente, a causa della eliminazione del progetto di supporto all’integrazione dei rifugiati e dei titolari di protezione introdotto nel 2013 ex Capitolo VI/A dell’Asylum Act; cfr. report dello Hungarian Helsinki Committee, 15 giugno 2016. 16 RIVISTA AIC 4 In termini statistici, il numero di richiedenti asilo tra il 2001 e il 2012 ammonta a 40.865 : di questi, l’87% hanno fatto ingresso illegalmente sul territorio ungherese. Occorre peraltro rilevare che – e tale tendenza non risulta essersi significativamente modificata – l’Ungheria è stata tradizionalmente considerata come ‘transit country’, cioè quale tappa intermedia di un percorso migratorio destinato a concludersi in altri Paesi21. A partire dal 2012, l’entità del fenomeno – come detto – ha conosciuto un decisivo aumento, passando dalle 2.157 domande di asilo/protezione del 2012 alle 17.000 presentate nel periodo gennaioottobre del 201322. Il trend di crescita è continuato nel 2014, quando sono state presentate quasi 43.000 domande di asilo/protezione (50% dal Kosovo, 21% Afghanistan, 16% Siria), fino a raggiungere la dimensione attuale, che ha portato le autorità governative ungheresi a “reagire” mediante misure dissuasive e punitive nei confronti di tale categoria di persone. Nel 2016 sono state registrate 29.432 domande di asilo/protezione (a fronte di 38.219 migranti irregolari arrestati alla frontiera) e in gennaio 2017 il numero di richiedenti registrati si è attestato in 536. A fronte di tali cifre, occorre peraltro rilevare che il numero di status riconosciuti nel 2016 è stato di 42523. In termini complessivi, secondo i dati UNHCR nel periodo gennaio 2015-gennaio 2016, un totale di 391.632 migranti e richiedenti asilo/protezione sono stati registrati in Ungheria24. Limitandosi in tale sede a un’analisi meramente quantitativa dei dati relativi al costo dell’assistenza sanitaria affrontata dal servizio sanitario nazionale (o dalla relativa autorità competente, che nel caso dei richiedenti asilo/protezione è l’Office of Immigration and Nationality), nel 2015 la spesa per assistenza sanitaria finanziata dall’Ufficio competente per l’assistenza ai richiedenti asilo/protezione è ammontata a 177.495,33 euro, cifra che comprende cure ambulatoriali, ospedaliere, di trasporto, di medicina generale25. Una recente ricerca26 ha fornito un quadro esaustivo delle tendenze relative all’utilizzo da parte degli stranieri dei servizi di assistenza sanitaria in Ungheria. Da tale studio emerge, ad esempio, che i casi in cui cittadini stranieri utilizzano il servizio di emergenza (National Ambulance Service), al quale hanno accesso in condizioni di sostanziale parità con i cittadini ungheresi (cfr. infra), rappresentano una percentuale molto bassa del totale degli accessi, costituendo mediamente 100-200 eventi sul totale di un milione di interventi garantiti 20 20 I. GODRI, B. SOLTÉSZ, B. BODACZ-NAGY, Immigration or Emigration Country? Migration Trends and Their Socio-Economic Background in Hungary: A Longer-Term Historical Perspective, cit., p. 28. 21 Ibidem. J. TOTH, Migration Law in Hungary, Wolters Kluwer, 2012, p. 21. 22 Ivi, p. 28 (dati Ufficio dell’Office of Immigration and Nationality, cfr. anche I. GODRI, International Migration, cit., p. 194). 23 In dettaglio, 154 rifugiati e 271 protezione sussidiaria. I numeri sono peraltro in linea con le statistiche degli anni precedenti: a partire dal 2002 non più di 200 domande all’anno di asilo/protezione sono state accolte (cfr. J. TOTH, Migration Law in Hungary, cit., p. 21). 24 Secondo l’Hungarian Social Report 2016 (Tàrki), nel 2015 sono stati registrati quasi 180.000 richiedenti asilo. 25 Ibidem. 26 E. G. LUKÀCS, L. GYENEY, G. KOVACS, S. ILLES, Third-country nationals in the Hungarian public health care sector, in New Med, 2015, 19, 1, pp. 29-36. RIVISTA AIC 5 dal servizio. Uno dei risultati più interessanti dello studio consiste nel fatto che gli stranieri tendono ad evitare l’assistenza di base di tipo ambulatoriale e ad accedere al sistema direttamente nei livelli più elevati di intervento27. Secondo i dati forniti dall’Office of Immigration and Nationality, nel 2015 (dati relativi al periodo gennaio-agosto) 27.435 stranieri hanno avuto accesso a trattamenti sanitari (inclusi quelli relativi a screening epidemiologici per rilevare malattie contagiose). Secondo il medesimo organismo, il costo relativo a tali prestazioni, imputabile all’Hungarian National Ambulance Emergency service e al National Health Insurance Fund of Hungary, ammonta a 200 milioni di fiorini ungheresi, equivalente a 646309.74 euro28. Una prima conclusione, alla luce del quadro statistico appena descritto, porta a ritenere che quello migratorio ha rappresentato un fenomeno storicamente circoscritto, il quale ha subito negli ultimi anni un incremento esponenziale in termini quantitativi e una trasformazione in termini qualitativi (rispetto alla “natura” della migrazione), convertendosi in una migrazione quasi esclusivamente irregolare o finalizzata a ottenere forme di protezione all’interno dell’Unione europea. Questa tendenza ha spinto il governo ungherese a introdurre politiche di controllo dell’immigrazione caratterizzate da un approccio rigido di chiusura verso tale fenomeno, in termini tanto di condizioni di accesso (in particolare alla procedura asilo/protezione) e di accoglienza delle persone richiedenti asilo o protezione29, quanto di ostilità nei confronti dei tentativi operati a livello europeo di attuare in tale ambito il principio di solidarietà tra Stati Membri attraverso il meccanismo della relocation30. 2. Il quadro costituzionale dell’accesso all’assistenza sanitaria: diritto (economicamente condizionato) della persona o dovere (finanziariamente circoscritto) del legislatore? Dopo avere descritto il quadro fenomenologico, ci si soffermerà sulla dimensione normativa, prendendo avvio dai principi costituzionali in materia di immigrazione31 e di diritto 27 Ivi, p. 36. Al 31 agosto 2015; fonte: Ministero delle Risorse Umane, cfr. Dailynews Hungary, 8 ottobre 2015 URL: https://dailynewshungary.com/almost-10-000-immigrants-has-undergone-medical-screening-262-of-themhad-infectious-diseases/. 29 Secondo J. TOTH, Migration Law in Hungary, cit., p. 27, fino al periodo più recente, in termini generali l’Ungheria «has neither an explicit nor an implicit migration policy». 30 Su tale meccanismo e la sua attuazione problematica, cfr. C. FAVILLI, L’Unione europea e la difficile attuazione del principio di solidarietà nella gestione dell’«emergenza» immigrazione, in Quaderni costituzionali, n. 3, 2015, pp. 785-788; G. MORGESE, Solidarietà e ripartizione degli oneri in materia di asilo nell’Unione europea, in G. CAGGIANO (a cura di), I percorsi giuridici per l’integrazione, Torino, 2014, pp. 366 ss.; E. GUILD, S. CARRERA, Can the New EU Refugee Relocation System Work? Perils in the Dublin Logic and Flawed Reception Conditions in the EU, CEPS Policy Brief, 2015; M. DI FILIPPO, Le misure di ricollocazione dei richiedenti asilo adottate dall’Unione europea nel 2015: considerazioni critiche e prospettive, in Diritto Immigrazione Cittadinanza, n. 2, 2015, pp. 34-60. 31 Per una ricostruzione storica precedente alla riforma costituzionale del 2011, M. FULLERTON, Hungary, Refugees, and the Law of Return, in International Journal of Refugee Law, 8, 4, 1996, pp. 514 ss. 28 RIVISTA AIC 6 alla salute, per giungere ad analizzare il livello legislativo delle forme e modalità di assistenza sanitaria previste dall’ordinamento ungherese alle diverse categorie di stranieri. A seguito dell’entrata in vigore della nuova Legge fondamentale ungherese del 201132, si assiste all’introduzione di un impianto rigidamente nazionalistico e alla volontà di produrre una discontinuità valoriale, prima ancora che giuridica, con il sistema democratico-costituzionale introdotto dalla revisione del 198933. La Costituzione approvata nel 201134 afferma che «everyone shall have the right to physical and mental health» (art. 20), non condizionando pertanto – da un lato – la titolarità di tale diritto al requisito della cittadinanza ungherese e riferendosi – dall’altro lato – a una concezione molto ampia di “salute”, intesa nella sua duplice dimensione fisica e psichica. Tuttavia, occorre sottolineare, al fine di chiarire la concreta portata garantista di tale norma, come anche la disposizione che afferma tale diritto risente del vero e proprio “ribaltamento” della condizione riservata ai diritti sociali rispetto al regime costituzionale precedente, che rischia di convertire tali disposizioni in mere norme programmatiche la cui attuazione effettiva – se non nell’an, certamente nel quomodo e nel quantum – viene subordinata all’intervento del legislatore. Ciò trova paradigmatica espressione nell’art. 19, terzo comma, nel quale, riferendosi anche al diritto alla salute, si prevede che «la legge può determinare la natura e la misura dei provvedimenti sociali adeguandoli all’utilità per la comunità delle attività della persona»35. Evidentemente, le “categorie deboli” all’interno della società ungherese risultano essere quelle più esposte ad un utilizzo in senso deteriore di tale clausola di rinvio all’attuazione legislativa, che si presta ad un utilizzo in termini limitativi dell’accesso a determinati diritti sociali (quando non evidentemente discriminatorio36). La formulazione, come in termini più generali l’approccio costituzionale al riconoscimento dei diritti sociali, si differenzia da quella contenuta nella Costituzione precedente (1949, come riformata nel 1989), nella quale si affermava il diritto a «highest possible level of 32 M. VOLPI, La nuova Costituzione ungherese: una democrazia dimezzata, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, 3, 2012, pp. 1017-1018, secondo il quale la scelta di utilizzare una formula utilizzata nel 1949 nella Repubblica Federale Tedesca per qualificare la costituzione in attesa della riunificazione del popolo tedesco, possa esprimere la medesima ambizione, esprimendo in tal senso una generale concezione fortemente nazionalistica e tradizionalista che caratterizza l’intero testo del 2011. 33 Su tale ultimo aspetto, P. BLOKKER, New Democracies in Crisis? A comparative constitutional study of the Czech Republic, Hungary, Poland, Romania and Slovakia, Routledge, 2014, in particolare pp. 152 ss. L’Autore, richiamando un’espressione utilizzata da K. L. SCHEPPELE, Counter-constitutions: Narrating the Nation in Post-Soviet Hungary, 2004, definisce l’approccio della Costituzione del 2011 in termini di «counterconstitutionalism» (Ivi, p. 152). K. KOVÀCS, G. A. TÒTH, Hungary’s Constitutional Transformation, in EuConst, 7, 2011, p. 198, affermano che «The Basic Law, and especially its preamble called the ‘National Creed’, changes the characteristics of Hungarian constitutionalism». 34 Per un commento, ex multis A. VON BOGDANDY, P. SONNEVEND (eds.), Constitutional Crisis in the European Constitutional Area. Theory, Law and Politics in Hungary and Romania, Hart, 2015; G. F. FERRARI (a cura di), La nuova legge fondamentale ungherese, Giappichelli, 2012; F. VECCHIO, Teorie costituzionali alla prova. La nuova Costituzione ungherese come metafora della crisi del costituzionalismo europeo, CEDAM, 2013. 35 Cfr. M. VOLPI, La nuova Costituzione ungherese, cit., p. 1022. 36 Ibidem. RIVISTA AIC 7 physical and mental health»37. Il medesimo articolo prevedeva un obbligo per lo Stato di attuare tale diritto anche attraverso l’istituzione di un sistema di assistenza sanitaria. Pur nella sua formulazione enfatica (richiamandosi al massimo livello possibile di salute psico-fisica), l’articolo è stato interpretato in modo “debole” da parte della Corte costituzionale ungherese, che ha escluso la possibilità di interpretarlo quale diritto individuale giustiziabile38; esso viene piuttosto qualificato come obbligo costituzionale dello stato di organizzare il servizio sanitario e garantirne il funzionamento. A giudizio della Corte costituzionale ungherese, il concetto di «highest possible level of physical and mental health» non può essere inteso in senso assoluto, ma piuttosto deve essere interpretato quale livello contingente e “condizionato” alla disponibilità delle risorse economico-finanziarie39. Pertanto, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale40, «guaranteeing the right to the highest attainable physical and mental health worded in Article 70/D of the Constitution means a constitutional state duty that is realized through the systems of state central bodies, local governments and other authorities»41; all’interno di tale quadro istituzionale, lo stato è tenuto a finanziare un sistema di assistenza e organizzare i relativi servizi, restando però alla libertà e responsabilità del legislatore valutare quale sistema e modalità di finanziamento sia più adeguato al fine di adempiere a tale obbligo costituzionale42. Il medesimo approccio caratterizza anche la giurisprudenza costituzionale relativa a un ambito connesso all’assistenza sanitaria. In riferimento alla sicurezza sociale, previsto dall’art. 70/E della Costituzione riformata nel 1989, la Corte costituzionale ungherese ha infatti depotenziato la natura di diritto soggettivo dell’accesso a tali prestazioni, rilevando come per «diritto alla sicurezza sociale» debba intendersi il diritto alla garanzia da parte dello Stato del «livello minimo di vita che è indispensabile per realizzare il “diritto alla dignità umana”»43. 37 Art. 70/D. Sul punto, per un’analisi inserita all’interno di una comparazione delle Costituzioni dell’Europa centro-orientale, cfr. W. SADURSKI, Rights Before Courts. A study of Constitutional Courts in Postcommunist States of Central and Eastern Europe, Springer, 2008, pp. 261 ss., secondo cui si tratta di una «guarantee that deftly evaded any possible challenges due to the vagueness and indeterminacy of the term “highest possible level”» (Ivi, p. 262). 38 Sentenza n. 54/1996; cfr. M. E. FOLDES, Addressing equity in health care at the public-private intersection: the role of health rights enforcement in Hungary, TILEC Discussion Paper, 2013, p. 19. 39 Ivi, p. 20. 40 Cfr. anche sentenza n. 1316B/1995; 261/B/1997. 41 Corte costituzionale ungherese, sentenza n. 1316B/1995. 42 Si riporta l’esatta citazione della sentenza: «Judging what system and financing of health care and medical care is organized by the State to fulfil its obligation from Article 70/D of the Constitution pertains to the freedom and responsibility of the legislator, and constitutional judgment of the system – except for extreme cases (e.g. if certain regions completely lack health care institutions or medical services) - does not have a constitutional standard». 43 Corte costituzionale ungherese, sentenza n. 42/2000, citata da K. KELEMEN, La Corte costituzionale ungherese e la tutela delle minoranze nazionali ed etniche, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, 2, 2008, p. 642. RIVISTA AIC 8 La discrezionalità del legislatore in tale ambito sembra essere pertanto molto ampia, residuando ai giudici costituzionali un margine molto ristretto di valutazione rispetto al merito delle scelte (organizzative, allocative) operate a livello legislativo44. In termini generali, se raffrontata alla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana in materia di diritto all’assistenza sanitaria, la Corte costituzionale ungherese sembra fare riferimento – anche se non espressamente – a una sorta di “dovere economicamente condizionato”45 del legislatore di assicurare un servizio sanitario adeguato ed efficiente, proponendo un’applicazione “debole” del principio di non discriminazione e della gratuità dell’accesso alle prestazioni46: la logica, pertanto, sembra essere opposta rispetto alla teoria del diritto alla salute come “diritto economicamente condizionato” che caratterizza – come noto – la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, all’interno della quale il concetto di contenuto essenziale del diritto svolge una funzione garantista rispetto alle posizioni giuridiche soggettive delle persone in tale ambito47. 44 L’approccio non sembra mutato con l’entrata in vigore della nuova Legge fondamentale, come evidenziato da G. F. FERRARI, Diritti e libertà, in G. F. FERRARI (a cura di), La nuova Legge fondamentale ungherese, cit., p. 58, il quale sottolinea – pur evidenziando che la salute risulta protetta come diritto della persona – che «mancano però disposizioni specificamente attuative del principio» e evidenzia «lo svuotamento del contenuto precettivo delle disposizioni costituzionali» che recepiscono i valori relativi alla tutela della salute e dell’ambiente: «derubricati a standards dell’azione legislativa, non sono tanto “pezzi di Costituzione” grazie alla trasformazione in diritti di terza e quarta generazione, quanto mere direttrici programmatiche» (Ibidem). P. SONNEVEND, A. JAKAB, L. CSINK, The Constitution as an Instrument of Everyday Party Politics: The Basic Law of Hungary, in A. VON BOGDANDY, P. SONNEVEND (eds.), Constitutional Crisis in the European Constitutional Area, cit., p. 80, ritengono che sussista una “sostanziale continuità” tra la Costituzione precedente e la Legge Fondamentale del 2011, in quanto «The new classification of social fundamental rights as mere ‘state purposes’ brought no change in terms of content either, if one looks at the previous interpretation of these rights by the Constitutional Court». 45 W. SADURSKI, Rights Before Courts. A study of Constitutional Courts in Postcommunist States of Central and Eastern Europe, cit., p. 181, ritiene che attraverso la propria giurisprudenza a cavallo degli anni ’80 e ‘90, la Corte costituzionale ungherese «converted the “rights” provisions into targets for the state to pursue», richiamando la sentenza n. 31/1990. L’Autore citato, tuttavia, riconosce come le corti costituzionali dell’area centroorientale dell’Europa siano state molto “proattive” nel valutare la costituzionalità delle leggi in materia di diritti sociali (Ivi, p. 182). 46 Cfr. sentenze n. 517/B/2003 e n. 179/I/2007, sui casi e livello di co-partecipazione alla spesa sanitaria. 47 Concetto che – come noto – ha trovato applicazione anche in riferimento alle persone straniere, anche irregolarmente presenti sul territorio nazionale, cfr. sentenza n. 252/2001 (in dottrina, sul punto, cfr. almeno P. BONETTI, M. PASTORE, L’assistenza sanitaria, in B. NASCIMBENE (a cura di), Il diritto degli stranieri, Cedam, 2004, pp. 974 ss.; F. BIONDI DAL MONTE, Dai diritti sociali alla cittadinanza: la condizione giuridica dello straniero tra ordinamento italiano e prospettive sovranazionali, Giappichelli, 2013; M. IMMORDINO, La salute degli immigrati irregolari tra “certezza” del diritto e “incertezza” della sua effettività, in Nuove autonomie, n. 2-3, 2013, pp. 197 ss.; A. RANDAZZO, Salute degli stranieri, in A. MORELLI, L. TRUCCO (a cura di), Diritti e autonomie territoriali, Giappichelli, 2014, pp. ). Un equivalente funzionale di tale dottrina, seppur con un grado minore di pervasività in termini di profondità dello scrutinio rispetto alle scelte del legislatore, potrebbe essere individuato all’interno della giurisprudenza costituzionale ungherese: ci si riferisce al metodo individuato come standard di scrutinio secondo cui una violazione di un diritto sociale può configurarsi esclusivamente nel caso in cui il beneficio previsto dalla legge sia inferiore al livello (minimo) stabilito dalla Corte costituzionale (cfr. L. SÒLYOM, Introduction to the Decisions of the Constitutional Court of the Republic of Hungary, in L. SÒLYOM, G. BRUNNER (eds.), Constitutional Judiciary in a New Democracy: The Hungarian Constitutional Court, University of Michigan Press, 2000, p. 36). RIVISTA AIC 9 3. La legislazione in materia di assistenza sanitaria degli stranieri: l’Healthcare Act n. CLIV del 1997 Il sistema sanitario ungherese è basato su un meccanismo di assicurazione sociale obbligatoria48 finanziato principalmente da risorse pubbliche49 con forme di co-partecipazione privata alla spesa e si basa sull’Health Insurance Fund50. All’interno di tale schema di assistenza, che copre la quasi totalità della popolazione e può essere considerato a tendenza universale51, il diritto alla salute «is no longer based on citizenship, but instead on fulfilment of entitlement conditions including payment of insurance contributions»52. Pertanto, in condizioni di sostanziale parità tra cittadini ungheresi e cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, il presupposto della titolarità della carta identificativa che consente l’accesso al Fondo nazionale è rappresentato da un permesso di soggiorno e una residenza legale nel Paese53. Il 1997 Healthcare Act, esprimendo in modo formale tale approccio, definisce quale «cittadino ungherese» non solo coloro i quali siano titolari di cittadinanza, ma in termini più ampi anche i cittadini di paese terzo titolari di un permesso di residenza emesso dall’autorità competente e valido nel territorio della Repubblica di Ungheria (stranieri regolarmente presenti), nonché una persona qualificata come rifugiato sulla base del diritto nazionale54. Condizione necessaria per avere accesso al servizio sanitario non è pertanto la cittadinanza, quanto un contratto di lavoro e una residenza stabile sul territorio statale, che può essere ottenuta esclusivamente mediante la titolarità di un permesso di soggiorno, anche in casi diversi dai motivi di lavoro55. In tal senso, l’articolo 4 della legge del 1997 si riferisce in termini neutri alle «persone residenti» quali destinatari del sistema di assistenza sanitaria, seppur rinviando per i livelli concretamente assicurati alle specifiche determinazioni previste 48 Per un’analisi dei diversi modelli di sistemi sanitari in prospettiva comparata, C. CASONATO, I sistemi sanitari: note di comparazione, in G. G. CARBONI (a cura di), La salute negli Stati composti. Tutela del diritto e livelli di governo, Giappichelli, 2012, pp. 5-28; J. LUTHER, Appunti per lo studio giuridico dei sistemi sanitari comparati, in R. BALDUZZI (a cura di), Sistemi costituzionali, diritto alla salute e organizzazione sanitaria, il Mulino, 2009, pp. 299-231. 49 Il 65% nel 2006, cfr. C. B. CUADRA, Policies on Health Care for Undocumented Migrants EU27. Country Report Hungary, 2010. 50 M. E. FOLDES, Addressing equity in health care at the public-private intersection: the role of health rights enforcement in Hungary, cit., p. 3; A. DEN EXTER, Health Care Law-making in Central and Eastern Europe: Review of a Legal-Theoretical Model, Intersentia, 2002, pp. 131 ss. e 143. 51 C. B. CUADRA, Policies on Health Care for Undocumented Migrants EU27. Country Report Hungary, cit., p. 8. 52 M. E. FOLDES, Addressing equity in health care at the public-private intersection: the role of health rights enforcement in Hungary, cit., p. 20. 53 Per una descrizione analitica del sistema sanitario ungherese, P. GAÀL, S. SZIGETI, M. CSERE, M. GASKINS, D. PANTELI, Hungary. Health system review, in Health Systems in Transition, 13, 5, 2011, European Observatory on Health Systems and Policies. 54 La legge definisce «Hungarian citizen» «a person holding Hungarian citizenship, or a non-Hungarian citizen who holds a residence permit issued by the competent authority and valid in the territory of the Republic of Hungary, or a person qualifying as a refugee under a separate piece of legislation». 55 J. TOTH, Migration Law in Hungary, cit. RIVISTA AIC 10 dalla legge e che sono diversamente modulati alla luce dello status effettivamente goduto dalla persona straniera. La predisposizione di un approccio differenziato ai livelli di assistenza sulla base dello status rappresenta uno standard condiviso a livello europeo (cfr. anche la disciplina prevista dagli artt. 33-35 del Testo Unico sull’immigrazione in Italia) e viene espressamente richiamato dalla legge ungherese nella parte in cui prevede la possibilità di introdurre – pur non riferendosi esplicitamente alle persone straniere – un trattamento differenziato nei confronti di «gruppi specifici di persone»56. L’art. 7, dedicato ai diritti dei pazienti, prevede inoltre che il servizio di assistenza sanitaria possa essere considerato conforme al principio di non discriminazione se, nello svolgere servizi di assistenza, i pazienti non siano discriminati per motivi legati alla loro condizione sociale, opinioni politiche, origine, nazionalità, religione, genere, orientamento sessuale, età, disabilità, status («qualification») e qualsiasi motivo non connesso al loro stato di salute (art. 7, quarto comma). Tale principio assume particolare importanza se analizzato nella prospettiva dell’accesso alle cure degli stranieri, in particolare coloro che aspirano a ottenere una forma di protezione (richiedenti) o siano caratterizzati da una particolare condizione personale (minori, disabili, familiari) e coloro che siano irregolarmente presenti sul territorio statale. Appare inoltre configurabile l’esistenza di un contenuto essenziale del diritto57 all’assistenza che copre tutte le persone e che può essere ricondotto all’art. 6 del 1997 Healthcare Act, secondo cui «ciascun paziente ha il diritto di ricevere, in situazione di emergenza, cure salva-vita e finalizzate a prevenire seri e permanenti danni («impairment») alla salute, così come ad avere assistenza rispetto al dolore sofferto, ottenendo una diminuzione della sofferenza». Occorre chiarire che la legge definisce «paziente» «ogni persona che utilizza o riceve servizi di assistenza medica» e «interventi salva-vita» come «un servizio di assistenza medica finalizzato a preservare la vita del paziente in caso di emergenza» (art. 3). Pertanto, il quadro legislativo prevede un servizio strutturato su tre livelli di assisten58 za : a) un insieme di prestazioni di base, che include servizi relativi al controllo delle malattie infettive, al trasporto e all’assistenza di emergenza ed è finanziato interamente dal 56 Art. 4, secondo comma; cfr. anche l’art. 5 sul ruolo dell’individuo all’interno del sistema sanitario. L’art. 8, secondo comma, della Costituzione ungherese riformata nel 1989 prevedeva che «In the Republic of Hungary rules pertaining to fundamental rights and duties shall be determined by statute, which, however, shall not limit the essential content of any fundamental right». Anche la Legge fondamentale del 2011 richiama tale principio (art. I, terzo comma, secondo cui «A fundamental right may be restricted only in order to allow the exercise of another fundamental right or to protect a constitutional value, to the extent that is absolutely necessary, proportionate to the objective pursued, and respecting the essential content of the fundamental right»). Sull’applicazione da parte della Corte costituzionale ungherese di tale principio in termini di tutela di un «relative essential content» che corrisponde al principio di proporzionalità, A. JAKAB, P. SONNEVEND, Continuity with Deficiencies: The New Basic Law of Hungary, in European Constitutional Law Review, 9, 2013, pp. 112-113; P. SONNEVEND, A. JAKAB, L. CSINK, The Constitution as an Instrument of Everyday Party Politics: The Basic Law of Hungary, cit., pp. 80-81. 58 Cfr. M. V. FOLDES, Addressing equity in health care at the public-private intersection: the role of health rights enforcement in Hungary, cit., p. 15. 57 RIVISTA AIC 11 budget ordinario statale (art. 142, secondo comma59), e al quale hanno diritto di accesso tutte le persone presenti in Ungheria anche quando non coperte dall’assicurazione pubblica. Questo insieme di servizi, che sembra richiamare le prestazioni elencate all’art. 35 del Testo Unico sull’immigrazione in Italia, è fruibile anche dai cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio ungherese e i relativi costi sono coperti dal bilancio statale, in condizioni di parità con i cittadini ungheresi; b) un insieme di prestazioni assicurate dal sistema di assicurazione sociale pubblica (cfr. supra), che copre i servizi e le prestazioni inseriti nello schema del Fondo di assicurazione sanitaria nazionale, all’interno del quale è prevista la quasi totalità delle prestazioni60 e rispetto alle quali lo Stato può prevedere forme di co-partecipazione privata alla spesa61; gli stranieri regolarmente presenti e i titolari dello status di asilo o di protezione hanno accesso a tale livello di prestazioni, in quanto soddisfino le condizioni previste dalla legge del 1997 (valido titolo di soggiorno e residenza, necessaria anche per la scelta del medico di famiglia) e tenuto conto che per potere godere di un permesso dalla durata superiore ai novanta giorni la legislazione di settore richiede il possesso di mezzi di sostentamento sufficienti e di una assicurazione sanitaria o, in alternativa, di risorse economiche sufficienti a sostenere i costi dei servizi sanitari62. I cittadini stranieri che risiedono per periodi inferiori sono coperti sulla base di specifici accordi internazionali con lo Stato di appartenenza o sulla base del principio di reciprocità. c) un insieme di prestazioni supplementari, non coperte dal Fondo nazionale, le quali sono a totale carico degli utenti – siano essi cittadini ungheresi o stranieri – anche attraverso forme di assicurazione privata e possono includere trattamenti estetici di natura non terapeutica, vaccinazioni non obbligatorie, interruzione volontaria di gravidanza. Nella prospettiva dei cittadini stranieri, l’art. 77 della legge del 1997 conferma che nelle situazioni di urgenza o emergenza l’assistenza debba essere garantita a prescindere dal fatto che il paziente sia legalmente autorizzato a utilizzare le strutture: nel caso in cui l’esigenza di cure urgenti o di emergenza sia attestata, il paziente deve ottenere l’assistenza di emergenza richiesta dal corrispondente stato di salute. 59 Prestazioni elencate dalla legge e dal regolamento attuativo n. 52/2006, che prevede una lista di trentuno prestazioni qualificate “di emergenza” (cfr. A. DEN EXTER, Health Care Law-making in Central and Eastern Europe: Review of a Legal-theoretical Model, cit., p. 144). 60 Tra le prestazioni comprese in questo gruppo possono essere richiamate in particolare quelle relative alla prevenzione e di natura terapeutica; la scelta di un medico di base, le cure ospedaliere anche specialistiche, i servizi di odontoiatria, nonché le prestazioni relative alla maternità, le cure riabilitative, il trasporto e le prestazioni sanitarie necessarie svolte all’estero. 61 M. V. FOLDES, Addressing equity in health care at the public-private intersection: the role of health rights enforcement in Hungary, cit., p. 17. 62 Come previsto dall’art. 13 dell’Act II of 2007 on the Admission and Right of Residence of ThirdCountry Nationals. RIVISTA AIC 12 La disciplina, quantomeno nella sua dimensione in the books, appare essere in tal senso particolarmente garantista, dal momento che si prevede che la verifica del diritto della persona ad avere accesso a tali cure non a pagamento debba essere svolta solo dopo il trattamento e che, quale principio generale, ogni paziente, a prescindere dal fatto che sia legittimato ad utilizzare i servizi di assistenza medica, debba essere trattato dagli operatori sanitari con la massima cura, nel rispetto delle regole professionali e deontologiche (art. 77, secondo comma). In riferimento a ciò che potrebbe essere individuato come tutela del contenuto essenziale del diritto all’assistenza sanitaria, l’art. 95 prevede che l’accesso al servizio di ambulanza, che nell’ordinamento ungherese corrisponde all’assistenza di emergenza, sia aperto a tutti coloro che si trovino all’interno dei confini statali, a prescindere dalla nazionalità o dall’esistenza di una copertura sanitaria. Questa disposizione ricorda l’art. 35 del Testo Unico sull’immigrazione nell’ordinamento italiano, che disciplina l’ambito delle cure riconosciute agli stranieri «comunque presenti» sul territorio nazionale, nel quale si fa riferimento alle cure necessarie ed urgenti, ancorché continuative, individuandone un elenco non esaustivo63. Analogamente, ma sulla natura chiusa dell’elenco occorrerà soffermarsi infra, la legge ungherese individua in modo apparentemente tassativo i motivi per i quali ogni persona («anyone») è autorizzata a richiedere servizi di assistenza immediata ed eventualmente il trasporto presso il centro medico od ospedale più vicino in grado di garantire l’assistenza necessaria in considerazione del suo stato di salute (art. 94). In particolare, l’art. 94, secondo comma, della legge del 1997 si riferisce a una «situazione o sospetto di essere in condizione di pericolo per la vita», «esistenza di acuti o allarmanti sintomi nel caso in cui la mancanza di assistenza possa comportare a un rischio per la vita, a un danno di salute permanente o a un ricovero prolungato», «esigenza di cure urgenti», stato confusionale acuto, esistenza o sospetto di una condizione che metta in pericolo la salute. In particolare l’ultima condizione, risulta di applicazione potenzialmente molto estensiva, essendo legata alle condizioni concrete del singolo caso64. Inoltre, l’art. 141 richiama la responsabilità dello Stato in relazione allo stato di salute della popolazione, senza riferimenti a nazionalità o cittadinanza ma solo al quadro giuridico delineato dalla legge. Lo Stato è quindi responsabile di predisporre e mantenere le condizioni generali (organizzative, istituzionali, educative, di ricerca) che garantiscano un sistema di assistenza adeguato ed effettivo e che assicuri l’esercizio effettivo del diritto all’assistenza sanitaria da parte delle persone (senza qualificazione in termini di cittadinanza). Ciò deve 63 Secondo l’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale italiana nella citata sentenza n. 252/2001; cfr. da ultimo anche Corte di cassazione, VI sez. civ., ordinanza n. 13252/2016 (la giurisprudenza sul punto è costante: cfr. sentenze della Cassazione nn. 1690/2005; 1531/2008; 14500/2013). Sul punto, A. RANDAZZO, La salute degli stranieri irregolari: un diritto fondamentale “dimezzato”?, in Consulta Online, 6 giugno 2012; L. MASERA, Il diritto alla salute degli stranieri irregolari e il diritto penale, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto in campo sanitario, 2, 2015, pp. 531-543. 64 Cfr. la tendenza a una applicazione discrezionale da parte dei medici e sanitari, su cui infra. RIVISTA AIC 13 avvenire attraverso un sistema di assicurazione sanitaria e la tutela della dignità e autodeterminazione dell’individuo. L’art. 243, terzo comma, infine, conferma che un cittadino di uno Stato terzo, quando necessiti di assistenza di emergenza, deve ricevere un trattamento immediato. Inoltre, un cittadino straniero per il quale sia necessario prevedere un intervento medico («medical intervention») deve avervi accesso in condizione di parità con i cittadini ungheresi. 4. Richiedenti asilo e titolari di protezione: tendenziale equiparazione ai cittadini ungheresi ed effettività delle condizioni di accoglienza L’atto legislativo di riferimento in materia è l’Asylum Act II (2007), nel quale si prevedono tre tipi di protezione: asilo, protezione sussidiaria e temporanea (art. 2)65. In tale atto, soggetto a successive riforme legislative (cfr. da ultimo gli interventi del 2016-2017 a fronte della cd. “emergenza immigrazione”), è possibile individuare anche la disciplina generale dell’accesso ai servizi di assistenza sanitaria dei richiedenti protezione e dei titolari degli status riconosciuti dall’ordinamento ungherese: tale distinzione risulta decisiva, in quanto la copertura garantita nel corso della procedura di asilo o protezione è destinata ad esaurirsi (secondo tempistiche specificate dalla legge) nel caso in cui la domanda non venga accolta, o a consolidarsi e a divenire definitiva nel caso di accoglimento della medesima66. In tal senso, come principio generale, la legge prevede per coloro che abbiano ottenuto una forma di protezione (rifugiati in particolare) una condizione di assoluta equiparazione ai cittadini ungheresi in termini di diritti e doveri, con riferimento anche all’assistenza sanitaria67. Le spese per tali prestazioni sono sostenute dall’Hungarian Migration Board. Tra i doveri dei richiedenti protezione viene previsto anche quello, connesso a ragioni di salute pubblica, di sottoporsi ad analisi finalizzate a determinarne lo stato di salute, a trattamenti medici previsti come obbligatori dalla legge o richiesti dalle autorità sanitarie, comprese le vaccinazioni in caso di rischio di contrarre una malattia68. Relativamente alle condizioni dell’accoglienza, queste ultime sono definite dal Capitolo VI (art. 26) anche per quanto riguarda l’assistenza sanitaria. Quest’ultima, unitamente agli altri servizi connessi all’accoglienza, può essere oggetto di richiesta di coprire personalmente le spese sostenute dalle autorità competenti, nel caso in cui il richiedente protezione abbia un impiego a tempo indeterminato (permanent job), integralmente o parzialmente, o eventualmente di rimborsarle. Nel caso in cui la persona sia qualificata come “in stato di necessi- 65 Cfr. M. DEZSŐ, Constitutional Law in Hungary, Kluwer Law International, 2010, pp. 315 ss. Secondo quanto riportato da G. GYULAI, Practices in Hungary Concerning the Granting of Non-EUHarmonised Protection Statuses, Budapest, 2009, p. 43, «Refugees and beneficiaries of subsidiary protection are entitled to a wide range of public health care services for a period of two years following the recognition of their status, even if they are not employed (in which case, contributions deducted from their salaries would entitle them to have access to the public health care system)». 67 Art. 10 Asylum Act. 68 Art. 5 e 10, quarto comma, lettera b) Asylum Act. 66 RIVISTA AIC 14 tà”, priva cioè di mezzi di sostentamento autonomi e sufficienti, ad essa deve essere assicurato l’accesso gratuito ai servizi di accoglienza, anche sanitaria. Nel caso in cui, al contrario, la persona abbia risorse sufficienti per l’assistenza sanitaria, l’autorità competente deve assicurare i servizi ma può richiedere il rimborso delle spese sostenute (art. 26.4). Pertanto, nell’ordinamento ungherese solo i richiedenti asilo/protezione che versano in stato di indigenza possono godere gratuitamente dei servizi di accoglienza69. L’art. 27, nel definire l’ambito materiale dell’accoglienza, specifica come alla persona richiedente protezione devono essere assicurate condizioni di accoglienza e altre forme di assistenza che corrispondano alle sue condizioni di salute e che soddisfino i suoi bisogni primari («basic needs»), specificati dalla legge e che corrispondono alla assistenza sanitaria di base garantita dalla legge del 1997 agli stranieri legalmente residenti («basic healthcare», ex art. 29/A70). I richiedenti che siano stati identificati «with special needs» (tra i quali rientrano anche i minori non accompagnati) sono destinatari gratuitamente di servizi di assistenza sanitaria, riabilitazione, assistenza psicologica e clinica, trattamento psicoterapeutico, alla luce dello stato di salute della persona71. L’art. 26 del Regolamento attuativo dell’Asylum Act specifica che, in caso di malattia, alle persone richiedenti protezione che non siano coperte dall’assicurazione sociale devono essere comunque garantiti gratuitamente – all’interno di un elenco più ampio – l’assistenza medica di base (cfr. la legge in materia di assistenza sanitaria del 1997) e di emergenza anche ospedaliera (anche chirurgica, se il medico competente ne valuta la necessità), con rimborso da parte dell’Autorità nazionale per i rifugiati alle strutture che abbiano erogato le prestazioni72. L’articolo si chiude significativamente con quella che sembra potere essere qualificata come una clausola di chiusura, nella quale si definisce “emergenza” «a change of the state of health which without immediate medical treatment would result in life-danger or serious or irreversible harm of health»: tale definizione, inserita successivamente all’elenco di trattamenti previsto nel primo comma, può essere interpretata nel senso che il medico responsabile possa valutare – sulla base delle caratteristiche del caso concreto – che sussistano le condizioni di emergenza anche in fattispecie diverse da quelle specificamente elencate73. 69 Asylum Information database (AIDA), Country Report – Hungary, European Council on Refugees and Exiles (ECRE), 2016, p. 56 (URL: http://www.asylumineurope.org/sites/default/files/reportdownload/aida_hu_2016update.pdf). 70 Ivi, p. 64. 71 Cfr. art. 34 del decreto attuativo n. 301/2007. 72 Si tratta del citato decreto n. 301/2007, attuativo del 2007 Asylum Act. 73 L’art. 27 del decreto n. 301/2007 prevede nello specifico che: «(1) Persons seeking recognition shall receive health care provided by a general practitioner at the reception centre or asylum detention. (2) Persons seeking recognition staying in private accommodation shall be entitled to health care provided by the general practitioner with a territorial service provision obligation at the place of accommodation of the person seeking recognition. (2a) The person seeking recognition may use other medical care within the scope of basic medical care within the framework of services provided by the local municipality in which his/her accommodation is located. (3) Health care services listed in Section 26 (1) d) are free of charge if the person seeking recognition RIVISTA AIC 15 Per quanto riguarda l’ambito temporale, queste garanzie si estendono dal momento della presentazione della domanda fino alla chiusura definitiva della procedura, secondo quanto sancito dall’art. 27 della legge in materia di asilo. Una volta ottenuto lo status di rifugiato o titolare di protezione sussidiaria o temporanea, alla persona – in caso di bisogno – devono essere garantite le condizioni materiali di accoglienza per un periodo massimo di trenta giorni a partire dalla data della decisione dell’autorità competente, mentre per i titolari di un permesso di permanenza tollerata («tolerated stay») si parla di un alloggio e sussistenza all’interno di un centro di accoglienza per il medesimo periodo (art. 32). Infine, l’art. 30 introduce i casi nei quali le autorità competenti possono prevedere una limitazione o la revoca delle condizioni dell’accoglienza nei confronti di persone richiedenti asilo, in casi eccezionali e debitamente giustificati. Su tali ipotesi è intervenuta una riforma nel 2016 in senso fortemente restrittivo anche per quanto riguarda l’assistenza e l’accesso ai servizi sanitari74. L’articolo citato prevede la revoca o la sospensione dell’assistenza per motivi connessi al comportamento del richiedente asilo e non per motivi generali legati – ad esempio – a situazioni di emergenza più strutturali. Il quarto comma introduce, tuttavia, una clausola di salvaguardia, secondo la quale l’assistenza medica di emergenza deve essere fornita anche in caso di limitazione o revoca dell’accoglienza. Nel corso del 2016, all’interno delle iniziative governative finalizzate a fare fronte all’arrivo massiccio di stranieri, il Ministro dell’Interno ha presentato una serie di emendamenti dell’Asylum Act nella prospettiva di una drastica contrazione dell’ambito applicativo (tanto sostanziale quanto procedurale) delle procedure di asilo/protezione e dei servizi connessi all’accoglienza. Tra questi ultimi, si prevede la riduzione da un anno a sei mesi della durata della copertura per l’assistenza sanitaria di base successivamente al riconoscimento dello status, oltre che la revoca del sostegno abitativo, educativo ed economico per i richiedenti e i titolari di status75. was referred by a general practitioner or ordered back by a specialist at the policlinic or hospital. (4) Specialised health care may be used from the health care service provider with a territorial service provision obligation. (5) The refugee authority shall reimburse the full cost of medication, bandages and medical appliances or the repair of the latter if such supplies were issued on the basis of a prescription ordered by a doctor entitled to use a stamp for ordering medicaments as defined in a separate legal instrument, the prescription designating the identification number of the humanitarian permission to stay of the person seeking recognition». 74 Ci si riferisce all’Act XXXIX of 2016 on the amendment of certain acts relating to migration and other relevant acts (giugno 2016). Per un’analisi critica, cfr. Asylum Information database (AIDA), Country Report – Hungary, European Council on Refugees and Exiles (ECRE), cit., pp. 57-58. 75 Ci si riferisce alle modifiche al 2007 Asylum Act introdotte dall’Act CXL (On the amendment of certain acts in connection with the mass immigration), adottato dal Parlamento ungherese il 7 settembre 2015. Per un’analisi esaustiva delle misure approvate nel biennio 2015-2016, B. NAGY, Hungarian Asylum Law and Policy in 2015-2016 Securitization Instead of Loyal Cooperation, in German Law Journal, 17, 6, 2016, pp. 1045 ss.; K. KOVACS, Access to Justice? Migration Cases before the Constitutional Court of Hungary, European Commission for Democracy Through Law, 8 giugno 2016, pp. 1 ss. RIVISTA AIC 16 5. Stranieri irregolarmente presenti: accesso alle cure di urgenza e configurabilità di un “contenuto essenziale” del diritto alla salute Occorre innanzitutto rilevare l’assenza di una legislazione ad hoc nella quale si preveda una disciplina specifica per l’accesso ai servizi sanitari degli stranieri irregolarmente presenti in Ungheria. Pertanto, il riferimento deve essere effettuato alla legislazione generale in materia di assistenza sanitaria. Utilizzando la suddivisione in tre livelli di prestazioni delle quali i cittadini possono godere attraverso il Fondo nazionale76, tale categoria di stranieri ha accesso esclusivamente alla prima, sostanzialmente coincidente con l’assistenza di emergenza77. Spesso, anche in tale – ristretta – dimensione, i costi delle prestazioni restano a carico degli stranieri irregolari. Nel caso in cui non siano in grado di coprirli, il sistema prevede che le spese sostenute dalle strutture vengano rimborsate dalla fiscalità generale78. Anche l’acquisto di medicinali è generalmente a carico degli stranieri irregolari, i quali non hanno accesso gratuito ai medesimi, salvo che questi non siano forniti da organizzazioni non governative79. Inoltre, gli stranieri irregolari non sono formalmente esclusi dall’assistenza primaria, ma interamente a proprie spese e rivolgendosi a professionisti privati80. Dalle statistiche a disposizione, l’effettivo rimborso di tali costi risulta particolarmente oneroso, soprattutto rispetto alle tempistiche entro le quali l’effettiva transazione avviene81. Proprio per la particolare gravosità del procedimento amministrativo che le strutture sanitarie devono seguire e per la complessità e lunghezza della procedura, spesso le strutture rinunciano a iniziare la richiesta di rimborso: un effetto indiretto di tale tendenza consiste nella possibilità della negazione dell’accesso alle cure di emergenza agli stranieri irregolari da parte delle strutture82. Viene inoltre costantemente rilevata la sostanziale discrezionalità, in assenza di uno specifico quadro giuridico di riferimento, del medico responsabile del caso concreto nel valutare l’effettiva natura “di emergenza o urgenza” della condizione dello straniero irregolare che richieda una prestazione83. Anche se la fonte regolamentare84 individua un elenco di trentuno 76 Eventualmente integrato – o sostituito, come nel caso delle prestazioni supplementari che non sono coperte dal Fondo nazionale – da forme di co-partecipazione dell’utente alla spesa, pagamenti informali al personale sanitario e assicurazioni private, che sono lo strumento utilizzabile dagli stranieri irregolari o comunque non coperti dal sistema di assicurazione sociale ungherese. 77 Art. 95, Health care Act. 78 EUROPEAN UNION AGENCY FOR FUNDAMENTAL RIGHTS, Migrants in an irregular situation: access to healthcare in 10 European Union Member States, 2011, p. 17. 79 Ivi, p. 20. 80 Act on Health, art. 94, primo comma, e art. 142, secondo comma, nonchè regolamento attuativo n. 52/2006; cfr. S. SPENCER, V. HUGHES, Outside and In: Legal Entitlements to Health Care and Education for Migrants with Irregular Status in Europe Report, COMPAS, University of Oxford, 2015, p. 17. 81 European Union Agency for Fundamental Rights, Migrants in an irregular situation: access to healthcare in 10 European Union Member States, cit., p. 42. 82 Ivi, pp. 42-43. 83 Ivi, p. 48. Nel Report citato si riportano alcuni casi concreti, tra i quali quello in cui «An NGO in Budapest said that it was the doctor who determined ‘urgent’ need, with social workers often finding a need ‘urgent’ RIVISTA AIC 17 prestazioni che rientrano nelle cure di emergenza e salva-vita, la loro concreta individuazione è lasciata spesso al libero apprezzamento dei medici, rispetto alla determinazione della esatta natura del trattamento, potendo ciò causare il mancato accesso da parte dello straniero a tali cure pur a fronte di un dato legislativo univoco sul punto85. Inoltre, in assenza di un riferimento alla dimensione “continuativa” delle cure urgenti e di emergenza, un aspetto particolarmente problematico è rappresentato dalla possibilità per lo straniero irregolare di vedersi garantita l’assistenza immediatamente successiva all’intervento di urgenza86. La continuità delle cure è spesso fondamentale per assicurare l’esito positivo dell’assistenza; tuttavia, nel sistema ungherese tali prestazioni rientrano tra i servizi posti totalmente a carico dell’utente, che vede inevitabilmente in tale requisito un forte disincentivo ad accedere a tali prestazioni87. Occorre peraltro rilevare che, nella prospettiva delle misure che possono favorire l’effettivo accesso di tale categoria di stranieri alle strutture o al personale medico, la legislazione di settore non prevede alcun obbligo di segnalazione da parte degli operatori sanitari della condizione di irregolarità dei pazienti eventualmente trattati, analogamente a quanto previsto dall’ordinamento italiano. Nella prospettiva della individuazione di un “contenuto essenziale” del diritto all’assistenza sanitaria di cui siano titolari anche gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio ungherese – categoria peraltro in continua espansione a seguito della decisione del governo ungherese di qualificare come “irregolari” tutti gli stranieri, anche se richiedenti asilo, che giungono ai confini statali – appare evidente come la realtà applicativa sia molto distante dal quadro giuridico inteso nella staticità delle norme. Infatti, da un lato, l’ordinamento ungherese riconosce la titolarità di tale diritto, prevedendo la possibilità di godere della assistenza sanitaria di urgenza o emergenza, in linea con un approccio che accomuna gli Stati europei (cfr. il già citato art. 35 del TUI in Italia); tuttavia, dall’altro lato, l’ordinamento ungherese non garantisce quelle che sono considerate le condizioni di effettività di tale diritto: ad esclusione del divieto di segnalazione degli stranieri irregolari che si rivolgano a strutture sanitarie, non sono assicurate cure gratuite per gli stranieri indigenti, neppure quelle farmacologiche, né sono espressamente garantite quelle cure che – successive all’intervento di emergenza – risultano funzionali a garantirne l’efficacia terapeutica; inoltre, la nozione di cure di emergenza, anche se prevista a livello regolamentare, si presta ad una applicazione altamente di- only if the person was bleeding. So access to emergency care for a migrant without documents who fails to show signs of an ‘urgent’ need may depend on the doctor’s discretion». 84 Ci si riferisce al regolamento n. 52/2006, cfr. C. B. Cuadra, Policies on Health Care for Undocumented Migrants in EU27, cit., p. 12. 85 C. B. CUADRA, Policies on Health Care for Undocumented Migrants in EU27, cit., p. 13. 86 L’art. 35 del TUI nell’ordinamento italiano ricomprende tra le prestazioni garantite allo straniero “comunque presente” sul territorio nazionale «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative». 87 «Finally, in countries where migrants in an irregular situation only have access to emergency care services, it can be very difficult to arrange for additional examinations or services, as the migrant will be expected to pay», secondo la EUROPEAN UNION AGENCY FOR FUNDAMENTAL RIGHTS, Migrants in an irregular situation: access to healthcare in 10 European Union Member States, cit., p. 49. RIVISTA AIC 18 screzionale da parte del personale sanitario e risulta eccessivamente cristallizzata in una lista “chiusa” di prestazioni, secondo una tendenza che – se rapportata alla giurisprudenza costituzionale italiana88 – risulta certamente recessiva in termini garantistici. Pertanto, il “contenuto essenziale” del diritto alla salute, pur se affermato a livello normativo, risulta – in termini di effettività e prevedibilità dell’assistenza – molto lontano dalla concezione forte che ne ha fornito la Corte costituzionale italiana, che lo qualifica quale «nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto»89. 6. Il dovere di assistenza sanitaria economicamente condizionato e legislativamente “ostacolato”: verso una contrazione dell’accesso alle cure per le categorie “deboli” di stranieri Quello ungherese rappresenta un sistema sanitario caratterizzato da criticità sistemiche dal punto di vista finanziario e organizzativo, condizione che incide inevitabilmente sulla situazione di categorie di soggetti che sono strutturalmente “deboli”, in particolare per quanto riguarda richiedenti asilo e stranieri irregolarmente presenti. Secondo i dati relativi alla spesa in assistenza sanitaria dei Paesi UE forniti da Eurostat90, l’Ungheria si situa tra gli ultimi Paesi in termini di percentuale di PIL investita in spesa sanitaria91. È possibile, sulla base dei numerosi report di organizzazioni nazionali ed internazionali, rimarcare inoltre un tendenziale scollamento – in termini di effettivo accesso al servizio e di qualità del medesimo – tra il quadro giuridico, consolidatosi successivamente all’accesso nella UE e tendenzialmente conforme alle normative europee di settore, e la realtà di fatto, che soprattutto negli ultimi anni (anche a seguito di riforme legislative restrittive rispetto al fenomeno migratorio) dimostra come l’assistenza sia di sempre più difficile attuazione92. Probabilmente, oltre che da una volontà politica di ridurre in modo drastico l’impatto dei fenomeni migratori su un assetto socio-economico già in difficoltà, un fattore incrementale di tale tendenza è rappresentato dalla difficoltà di accesso a rimedi giurisdizionali in caso di violazione delle garanzie legislative. Ciò si inserisce all’interno di un quadro costituzionale rispetto al quale la Corte costituzionale ungherese tende a proporre una lettura “debole” del 88 Ci si riferisce a quanto affermato dalla Corte costituzionale italiana nella sentenza n. 252/2001, secondo cui «La valutazione dello stato di salute del soggetto e della indifferibilità ed urgenza delle cure deve essere effettuata caso per caso, secondo il prudente apprezzamento medico». 89 Corte costituzionale italiana, sentenza n. 252/2001. 90 Gennaio 2017, URL: http://ec.europa.eu/eurostat/statisticsexplained/index.php/Healthcare_expenditure_statistics. 91 Il 7.2%, davanti solo a Estonia, Croazia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Polonia e Romania; l’Italia spende il 9% del PIL. 92 Sottolinea questo aspetto, con specifico riferimento all’accoglienza delle persone richiedenti asilo/protezione, I. MOLODIKOVA, Hungary and the System of European Transit Migration, cit., p. 172. RIVISTA AIC 19 diritto all’assistenza sanitaria, che viene declinato in termini di “dovere” dello Stato – piuttosto che di diritto soggettivo – necessariamente “condizionato” dalle disponibilità economicofinanziarie93. In particolare se comparato al quadro costituzionale italiano in materia, è possibile individuare una duplice tendenza recessiva: la “degradazione” della tutela della salute (attraverso la predisposizione di servizi di assistenza sanitaria) da diritto dell’individuo – anche se straniero – a dovere del legislatore economicamente condizionato; la “sostituzione” della teoria del contenuto essenziale del diritto alla salute costituzionalmente garantito (anche allo straniero irregolarmente presente) con il criterio del “livello minimo” di assistenza legislativamente determinato. Tuttavia, occorre evidenziare come – anche se non risulta che ciò sia stato proposto nell’ambito della tutela della salute degli stranieri, in particolare delle categorie “deboli” tra essi – una teoria consolidatasi all’interno della giurisprudenza costituzionale in materia di diritto all’assistenza sanitaria potrebbe trovare attuazione in una logica garantista in tale ambito, eventualmente anche a livello di giurisprudenza ordinaria. Ci si riferisce alla teoria del cd. “ratchet effect”, introdotta dalla Corte costituzionale ungherese in relazione alla protezione dell’ambiente, secondo cui una volta che la legge abbia previsto un determinato livello di tutela per un un diritto una legge successiva non può ridurne o revocarne la portata: questo “effetto” potrebbe tradursi in termini giuridici – in linea con una concezione della tutela della salute come dovere statale piuttosto che come diritto individuale azionabile – nell’imposizione al legislatore del dovere di conservare il livello di servizi precedentemente previsto94. A un approccio “deferente” della giurisprudenza costituzionale si è venuto a sommare, con l’entrata in vigore della nuova Legge fondamentale, la volontà politica di «reprimere coloro che sono considerati “diversi” alla luce della ideologia maggioritaria», approccio che trova espressione «soprattutto nel netto ridimensionamento dei diritti sociali, concepiti piuttosto come doveri e riconosciuti solo in via residuale e subordinata rispetto alle esigenze di natura economico-finanziaria»95 o, nello specifico ambito delle politiche migratorie, ad esigenze connesse al controllo dell’immigrazione irregolare, alla sicurezza pubblica e alla lotta al terrorismo internazionale. In tale prospettiva, sembra individuabile l’esistenza di un rapporto di stretta derivazione tra la natura del sistema costituzionale introdotto nel 2011 e le recen- 93 Pur riferendosi alla Costituzione precedente alla riforma del 2011 e richiamando una sentenza del 1990 in materia di diritto alla previdenza sociale previsto dall’art. 70E della Costituzione riformata nel 1989 (sentenza n. 31/1990), W. SADURSKI, Rights Before Courts, cit., p. 267, ricorda che secondo la Corte costituzionale ungherese tale disposizione non attribuisce alcun diritto soggettivo giustiziabile, riferendosi ad altri Autori (P. PACZOLAY, Human Rights and Minorities in Hungary, in Journal of Constitutional Law in Eastern and Central Europe, 3, 1996, p. 121, secondo cui «the interpretation of Chief Justice Sòlyom clearly states that social and economic rights are not raised to the rank of subjective rights that can be enforced by the judiciary against the state»); cfr. però lo stesso W. SADURSKI, Rights Before Courts, cit., p. 268. 94 A. SAJO, Implementing Welfare in Eastern Europe After Communism, in J. COTTRELL, Y. GHAI (eds.), Economic, Social and Cultural Rights in Practice: The Role of Judges in Implementing Economic, Social and Cultural Rights, Commonwealth Secretariat, 2004, p. 52. 95 M. VOLPI, La nuova Costituzione ungherese, cit., p. 1025. RIVISTA AIC 20 ti politiche migratorie e i conseguenti effetti sul livello di assistenza sanitaria garantito alle categorie “deboli” di stranieri. Anche nell’ambito dell’assistenza sanitaria agli stranieri (oltre che della gestione dell’immigrazione nel suo complesso), sembra progressivamente imporsi una “cultura” costituzionale96 fondata sulla volontà politica di favorire la repressione di tutte quelle categorie sociali che vengono considerate “altre”, rispetto alla ideologia della maggioranza97. In tale ottica, pertanto, anche l’ambito dell’assistenza sanitaria alle categorie deboli di stranieri può essere considerata come una flag policy98, attraverso la quale l’identità costituzionale ungherese quale riplasmata nel 2011 finisce con il trovare effettiva attuazione99. Gli ultimi interventi legislativi del biennio 2016-2017, finalizzati a bloccare il flusso di immigrazione irregolare100 e a rendere più difficoltoso l’accesso alla procedura asilo/protezione, anche attraverso una riduzione sostanziale dei servizi connessi all’accoglienza (secondo molte ONG e istituzioni europee in palese contrasto con il diritto dell’Unione europea101), possono avere un effetto negativo sul livello di assistenza sanitaria garantita a stranieri irregolari e richiedenti asilo (di cui la maggioranza fa ingresso nel Paese come irregolare), in particolare per coloro che appartengono a categorie con particolari esigenze di protezione («in special need of protection»), quali minori non accompagnati, vittime di tratta e persone con disabilità. 96 P. BLOKKER, New Democracies in Crisis? A comparative constitutional study of the Czech Republic, Hungary, Poland, Romania and Slovakia, Routledge, 2014, 152 ss., utilizza il concetto di «counterconstitutionalism», riferendosi a K. L. SCHEPPELE, Counter-constitutions: Narrating the Nation in Post-Soviet Hungary, 2004, che definisce la Legge Fondamentale ungherese come un caso di «counter-constitutionalism» (Ivi, p. 152). 97 M. VOLPI, La nuova Costituzione ungherese: una democrazia dimezzata, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, cit., p. 1025. P. Sonnevend, A. Jakab, L. Csink, The Constitution as an Instrument of Everyday Party Politics: The Basic Law of Hungary, cit., si esprimono in termini di concezione della Costituzione come «everyday party politics». 98 Sulla natura di “flag policy” dell’approccio alla tutela della salute, C. CASONATO, I sistemi sanitari: note di comparazione, cit., p. 5 e 28, in cui l’Autore individua un collegamento diretto tra identità costituzionale e approccio all’assistenza sanitaria alle persone. 99 B. NAGY, Hungarian Asylum Law and Policy in 2015-2016: Securitization Instead of Loyal Cooperation, cit., p. 1043, utilizza il concetto di “Other” nel descrivere l’approccio al fenomeno migratorio da parte delle autorità ungheresi («The narrative of majority identitarian populism centers on the dividing line between us and the Other»). 100 Cfr. la regola dell’arresto e respingimento automatico degli stranieri irregolari (tra i quali rientrano con tutta evidenza anche gli stranieri entrati illegalmente al fine di presentare una domanda di asilo/protezione) entro otto chilometri dal confine ungherese entrata in vigore nel luglio 2016 mediante un emendamento all’Asylum Act. Questo meccanismo è destinato a essere ulteriormente rafforzato quando un disegno di legge presentato dal governo ungherese – emendativo di una serie di leggi in materia di asilo, immigrazione, controllo delle frontiere e tutela dei minori – verrà approvato dal Parlamento. In tale proposta il governo prevede che qualsiasi cittadino straniero fermato sul territorio ungherese (anche al di fuori dell’area di 8 km dal confine serbo e croato) dovrà essere respinto verso le aree di detenzione predisposte al di fuori del territorio statale, dove potrà presentare richiesta di asilo/protezione, con evidenti rischi in termini di garanzie sostanziali e procedurali (cfr. il report dello Hungarian Helsinki Committee). 101 Sul punto, B. NAGY, Parallel realities: refugees seeking asylum in Europe and Hungary’s reaction, in EU Immigration and Asylum Law and Policy, 4 novembre 2015 (URL: http://eumigrationlawblog.eu/parallelrealities-refugees-seeking-asylum-in-europe-and-hungarys-reaction/). RIVISTA AIC 21 Da ultimo102, sono state introdotte una serie di modifiche all’Asylum Act del 2007, estendendo in particolare le cause che possono legittimare il governo a dichiarare lo stato di emergenza come conseguenza di un massiccio afflusso di migranti («a crisis situation caused by mass immigration») che ponga direttamente in pericolo i confini nazionali o la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico o la salute pubblica nelle zone immediatamente limitrofe al confine103. La dichiarazione di una situazione di crisi provoca la sospensione di alcune disposizioni dell’Asylum Act, alcune delle quali risultano direttamente connesse alle condizioni dell’accoglienza e al trattamento degli stranieri. In particolare, si prevede la sospensione dell’art. 30, nel quale si individuano i casi nei quali le condizioni di accoglienza possono essere sospese o revocate e la corrispondente garanzia dell’assistenza medica di emergenza anche per coloro ai quali sia stata sospesa o revocata l’accoglienza: risulta da chiarire se la sospensione di tale disposizione potrà comportare – contestualmente – la sospensione di tale clausola minima di garanzia, finalizzata a garantire il contenuto essenziale del diritto all’assistenza sanitaria dei richiedenti asilo/protezione104. Inoltre, viene modificato l’art. 62, quarto comma, dell’Act II on the Admission and Right of Residence of Third-Country Nationals (2007), nel senso di prevedere che i costi della permanenza in ciò che la legge qualifica come «community accommodation, reception centre or the transit zone» dovranno essere sostenuti dallo straniero, con la sola eccezione delle persone titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari o di status di protezione internazionale o sussidiaria. Un ulteriore elemento di criticità, connesso direttamente alla natura dei flussi migratori, è dovuto al fatto che l’Ungheria è considerata dai migranti – e tale tendenza è destinata ad incrementarsi anche a seguito delle riforme recentemente introdotte – un paese “di transito”, fattore questo che rende la permanenza sul territorio ungherese tendenzialmente breve (e spesso in condizioni e strutture emergenziali e temporanee) e il contatto con le strutture sanitarie sporadico e difficoltoso. Un dato appare in tal senso particolarmente rilevante: nel periodo tra giugno 2015 e giugno 2016, il 98% dei minori non accompagnati ha abbandonato le strutture di accoglienza per proseguire il proprio tragitto verso altri Paesi europei, in particolare Germania e Paesi 102 Law no T/13976 On the Amendment of Certain Acts Related to Increasing the Strictness of Procedures Carried out in the Areas of Border Management. La proposta del governo ungherese è stata adottata dal Parlamento il 7 marzo 2017: per la versione inglese del Bill, cfr. il sito dello Hungarian Helsinky Committee (URL: http://www.helsinki.hu/en/the-english-translation-of-the-adopted-bill-on-amendments-to-the-asylum-and-stateborder-act/). 103 In generale, sulla disciplina costituzionale di tale istituto, A. VEDASCHI, La disciplina degli stati di eccezione, in G. F. FERRARI (a cura di), La nuova legge fondamentale ungherese, cit., pp. 149-174. 104 Già nel marzo 2016 è stato inoltre approvato un emendamento alla Legge fondamentale, che ha inserito l’art. 51/A sullo «state of terrorist threat». Come evidenziato da K. KOVACS, Access to Justice? Migration Cases before the Constitutional Court of Hungary, Report, 15th Meeting of the Joint Council on Constitutional Justice, Venice Commission, 8 giugno 2016, p. 3, «The argument for adopting this constitutional amendment was that it would be necessary to manage the adverse results from the migration crisis, including also threats of terrorism». Cfr. anche K. KOVÁCZ, Hungary’s Struggle: In a Permanent State of Exception, VerfBlog, 17 marzo 2016, http://verfassungsblog.de/hungarys-struggle-in-a-permanent-state-of-exception/. RIVISTA AIC 22 scandinavi105. Inoltre, secondo i dati riportati dall’OIN, tra l’80 e il 90% delle persone richiedenti asilo o protezione escono dal circuito dell’accoglienza dopo avere presentato la domanda; ciò comporta inevitabilmente un accesso molto più difficoltoso e senza copertura da parte del Fondo nazionale per la salute ai servizi garantiti (cfr. però i report di alcune ONG sull’effettività di tali prestazioni) all’interno dei centri di accoglienza106. In conclusione, il sistema che disciplina l’accesso ai servizi sanitari degli stranieri può essere definito “a copertura sanitaria crescente”, rispetto allo status e alla certezza nonché alla durata del titolo di soggiorno che autorizza lo straniero a risiedere sul territorio ungherese, secondo un meccanismo che può essere considerato comune ai diversi Paesi europei107. Tale sistema, però, sconta l’assenza di una disciplina specifica che definisca in modo omogeneo e organico il livello di assistenza garantito alle categorie più “deboli” di stranieri (irregolari, richiedenti asilo/protezione, stranieri «in special need of protection»108), dal momento che l’incertezza – avvertita in primis degli stessi operatori sanitari – rispetto allo standard di assistenza da assicurare alle diverse categorie di migranti incide sull’effettività dell’accesso e sulla sua gratuità, quando ciò sia previsto (come nel caso delle cure d’urgenza e salva-vita) dal quadro legislativo. Deve pertanto rilevarsi la crescente tendenza a un significativo scollamento tra law in the books e law in action, favorendo una contrazione – sul piano dell’accesso e dell’effettività – dei servizi di assistenza forniti a tali categorie di soggetti, in particolare per quanto riguarda l’assistenza sanitaria d’urgenza e di base all’interno dell’accoglienza dei richiedenti asilo/protezione109. In tal senso, le recenti riforme legislative contribuiranno paradossalmente a ridurre la discrepanza tra la statica delle norme e la dina- 105 Cfr. il 2016 National Social Report, cit. EASO, Description of the Hungarian asylum system, 2015, p. 9. 107 Cfr. ad esempio il sistema delineato dagli artt. 34 e 35 del TUI italiano. 108 In relazione ai minori richiedenti asilo, Z. SZEKERES, The detention of asylum seeking children in Hungary: Dire tendencies in upholding the basic rights of children, in EDAL Journal, 8 marzo 2017 (URL: http://www.asylumlawdatabase.eu/en/journal/detention-asylum-seeking-children-hungary-dire-tendenciesupholding-basic-rights-children). 109 Cfr. la recente sentenza, tra le altre di giudici nazionali stranieri che hanno assunto un approccio analogo, del Consiglio di Stato italiano che ha annullato il provvedimento che ha ordinato il trasferimento di una persona richiedente asilo verso l’Ungheria in quanto ciò lo avrebbe esposto alla possibilità di subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (sentenza n. 4004/2016 del 27 settembre 2016). Cfr. comunque quanto affermato nel Report to the Hungarian Government on the visit to Hungary carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 21 to 27 October 2015, Consiglio d’Europa, 2015, in cui si riconosce che «the delegation gained a generally favourable impression of the health-care facilities and the general health care provided to foreign nationals in all the establishments visited» (Ivi, p. 24), anche se successivamente il Report esprime una serie di rilievi critici su molti aspetti dell’accoglienza. Cfr. anche la giurisprudenza tedesca sul punto, in cui si riconosce una carenza di una assistenza sanitaria e psicologica adeguata nei centri di detenzione per richiedenti asilo dove sono ospitati anche minori, citata nel Case Law Fact Sheet: Prevention of Dublin Transfers to Hungary. January 2016, pubblicato dallo European Council on Refugees and Exiles (ECRE), 2016, p. 11. Da ultimo, la raccomandazione dell’ECRE, Asylum in Hungary: Damaged beyond Repair?, aprile 2017, in cui si raccomanda ai giudici degli altri Stati Membri di non trasferire richiedenti asilo o beneficiari di protezione verso l’Ungheria. 106 RIVISTA AIC 23 mica della loro attuazione, in senso però deteriore in termini di tutele (non solo nell’ambito dell’assistenza sanitaria) garantite agli stranieri richiedenti asilo/protezione e irregolari, contribuendo a rafforzare una politica migratoria tendenzialmente ostile a tali categorie di stranieri e difficilmente compatibile con gli standard derivabili dal diritto dell’Unione europea e dalla corrispondente giurisprudenza internazionale e sovranazionale110. 110 In linea con ciò che G. HALMAI, The Hungarian National(ist) Constitutional Identity, in Quaderni costituzionali, n. 1, 2017, p. 154, definisce «an unconstitutional national constitutional identity». RIVISTA AIC 24